LA CULTURA DI WEIMAR Con l`espressione di

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LA CULTURA DI WEIMAR Con l`espressione di
LA CULTURA DI WEIMAR
Con l’espressione di “Repubblica di Weimar” si intende lo
stato repubblicano tedesco nato dalle macerie dell’Impero
tedesco travolto dalla Grande Guerra. Prende il suo nome
dalla città della Turingia in cui si tenne nel 1919
un’assemblea nazionale per il futuro assetto da dare allo
stato tedesco. La repubblica di Weimar termina con
l’ascesa del Partito Nazista (Nazionalsocialista) al potere,
con le elezioni presidenziali del 1933.
Sebbene la Germania, da un punto di vista politicoeconomico, fra il 1919 e il 1933, abbia dovuto confrontarsi
con le problematiche connesse con i termini della
riparazione imposti dal Trattato di Versailles, conosce una
intensa fase di espansione artistica, culturale e scientifica.
Mentre progressivamente l’economia si rimette in moto e
l’inflazione rallenta, Berlino e la Germania diventano un
grande centro di cultura, con uno sguardo particolare al
lavoro e alle tecnologia.
Infatti i quattordici anni della Repubblica di Weimar,
grazie anche al nuovo clima di libertà politica, sono
caratterizzati da una notevole produzione intellettuale.
Si ha un significativo fermento culturale che si manifesta
nei campi della letteratura, dell’arte, dell’architettura,
della musica, nella drammaturgia e, nel nuovo mezzo che
in quegli anni si andava affermando, il cinema. Questo
ampio fermento culturale è stato denominato “cultura di
Weimar”.
Nel campo della letteratura, in cui il genere più diffuso è il
romanzo filosofico, prevale una corrente che esalta la
guerra e un’altra schierata politicamente degli scrittori
appartenenti alla Lega degli scrittori proletari
rivoluzionari, favorevoli all’utilizzo dei nuovi mezzi di
comunicazione di massa. In questo panorama culturale,
scrittori come Alfred Döblin, Erich Maria Remarque e i
fratelli Heinrich e Thomas Mann offrono un freddo ritratto
della crisi della politica e della società.
Nelle arti figurative si impone l’espressionismo, un
movimento culturale europeo circoscrivibile a circa un
ventennio che coincide con i primi anni del ‘900 e
sviluppato in Germania tra il 1905 e il 1925, soprattutto
nelle opere del gruppo Die Brücke (Il Ponte). Nato per
iniziativa di una piccola cerchia di artisti di Dresda i quali
vogliono rappresentare la sofferenza della condizione
umana ed esaltare la spontaneità dell’ispirazione
attraverso una violenta deformazione dei corpi,
l’esasperazione dei colori e un linguaggio incisivo,
immediato, a volte eccessivo. Il linguaggio degli
espressionisti tedeschi si fonda sull’uso di colori violenti e
innaturali e sull’uso di linee dure e spezzate. Essi non
applicano le leggi della prospettiva e non cercano di dare
l’illusione del volume e della profondità; colori e linee
sono sufficienti a comunicare con impetuosa violenza la
visione drammatica e pessimistica che questi artisti hanno
del mondo e della società in cui vivono.
Un altro importante movimento che caratterizza la cultura
di Weimar è la Staatliches Bauhaus, una scuola di
architettura, arte e design che opera dal 1919 al 1925. In
essa viene riunificata l’Accademia di belle arti e la Scuola
di artigianato artistico di Weimar, sotto la nuova
denominazione di Bauhaus statale di Weimar. Erede delle
avanguardie di anteguerra, è una scuola, ma rappresenta
anche il punto di riferimento fondamentale per tutti i
movimenti d’innovazione nel campo del design e
dell’architettura legati al razionalismo e al funzionalismo,
facenti parte del cosiddetto movimento moderno. Nel suo
manifesto-programma viene lanciato un appello a tutte le
manifestazioni artistiche figurative di ricongiungersi in
vista di una nuova grande architettura, una nuova “opera
d’arte unitaria”, capace di riunificare le diverse
manifestazioni dell’arte e, nello stesso tempo, di dare
forma a un’arte popolare e collettiva, non più relegata nei
salotti borghesi o nelle sale severe dei musei.
Il traguardo, reale e simbolico nello stesso tempo, è “un
costruire” (“bauen”) da apprendere appunto nella “Casa
dell’edilizia” (“Bau-Haus”), che sia essenzialmente mezzo
per trasformare la vita.
IDEOLOGIA DELLA GUERRA E RIVOLUZIONE
CONSERVATRICE: LA FILOSOFIA TEDESCA NEL VORTICE
DELLA TRAGEDIA EUROPEA DEL NOVECENTO
Il titolo della conferenza riassume i cardini concettuali
fondamentali su cui si poggia la riflessione di tre autori
come Ernst Jünger, Carl Schmitt e Martin Heidegger;
pensatori che individuano, con notevole lucidità critica,
alcuni degli snodi più problematici dei processi di
modernizzazione ma che nello stesso tempo non
riusciranno mai a fare veramente i conti con il loro
passato e la loro connivenza o complicità, con gradi diversi
di responsabilità, con il criminale regime nazista. Il
percorso, partendo proprio da due testi di Junger (la
Mobilitazione totale del 1930 e l’Operaio del 1932) vuole
riallacciare la Kriegsideologie – tema svolto nella
conferenza dello scorso ottobre- con la Rivoluzione
Conservatrice nel segno della piena attuazione, attraverso
la militarizzazione dell’esistenza, della volontà di potenza
che cerca di riappropriarsi della tecnica per vivificare i
valori sempiterni della tradizione tedesca. Heidegger, che
apprezza moltissimo i testi di Jünger, scommette in quegli
anni proprio sulle capacità rigeneratrici dell’esperienza
nazista, salvo poi, disilluso, richiudersi, nel periodo che
porta alla guerra e poi nella stagione devastante del
conflitto, in una cupa rilettura del presente che accomuna
- nell’orizzonte oblio dell’essere e del trionfo di una
volontà di potenza nichilista - tutte le ideologie
dell’Occidente. Solo che, proprio in quegli anni che
avrebbero preparato le grandi sintesi heideggeriane del
dopoguerra sulla funzione e il destino della tecnica nella
contemporaneità, il filosofo tedesco attraverso i concetti
di "macchinazione” e “desertificazione della terra”
alludeva, in modo per nulla velato, al ruolo e alla
responsabilità dell’ebreo nel meccanismo di
disumanizzazione generato da quei processi, facendo così
eco, se non oggettivamente avallando pur nel suo
oracolare idioletto filosofico, a ben più rozzi e criminali
discorsi e pratiche.
Schmitt si situa dentro questo continente concettuale con
la sua capitale opera del 1950 il Nomos della terra, un
testo che riprende la chiave di interpretazione
heideggeriana sul prevalere, con la sconfitta della
Germania, delle componenti reattive della volontà di
potenza. Con una sorta di chiusura del cerchio, la
mobilitazione totale che Jünger negli anni ’30 vedeva
come un’opportunità di rigenerazione per l’uomo tedesco,
viene reinterpretata, dopo la sconfitta, come il prodotto
perverso degli ideali universalistici dell’1789, il risultato
dell’abbandono del modello dei conflitti regolati e limitati
dell’ancien regime, sostituiti da una guerra totale, basata
sulla demonizzazione dell’avversario che deve essere
annientato proprio perché posto al di là dei confini
dell’humanitas. In questo modo Schmitt ci fornisce di
potenti strumenti, utili per smascherare, a 50 anni di
distanza, l’ipocrisia di certe guerre “umanitarie” di recente
memoria, ma lo fa al prezzo di servirsi di un
corrispettivamente ipocrita doppio standard. Acuto e
incalzante nella denuncia dei rischi delle guerre
combattute in nome dell’umanità, Schmitt si dimostra
sospettosamente distratto nei confronti di quella nazista
espressamente dichiarata contro l’umanità.
In collaborazione con
Università Popolare di Padova
Martedì 10 maggio – ore 16.30
Prof.ssa Giovanna MORI
Storica dell’Arte
L’arte in Germania al tempo della repubblica di Weimar
(1919-1933)
Mercoledì 24 maggio – ore 16.30
Prof. Ferdinando PERISSINOTTO
Ordinario di Filosofia e Storia al liceo “A.Cornaro” di
Padova
Volontà di potenza, macchinazione e nichilismo.
La tragedia della filosofia tedesca di fronte alla seconda
guerra dei trent’anni
PROGRAMMA MAGGIO 2016
Anno II – n. 4
Gli incontri avranno luogo presso il Salone di Rappresentanza del
Circolo Unificato dell’Esercito – Prato della Valle n. 82.
P. Klee: Angelus Novus
Direttore responsabile del progetto
Prof. Achille Olivieri
Coordinatori
Ottaviano Corbi
Salvatore Aiello
I Soci delle Associazioni che aderiscono alle iniziative di
cultur@insieme sono pregati vivamente di voler mostrare
la tessera di iscrizione alla propria Associazione al personale di servizio all’ingresso del Circolo Unificato dell’Esercito.
Aderiscono all’iniziativa (in ordine alfabetico)
Circolo culturale sardo “Eleonora d’Arborea”
Circolo Storici Padovani
Circolo Unificato dell’Esercito di Padova
Federazione Associazioni Sarde in Italia
Università Popolare di Padova
cultur@insieme è un progetto multidisciplinare – senza
alcuna finalità associativa – che intende promuovere,
sollecitare e guidare la collaborazione con le associazioni
culturali del territorio allo scopo di coordinare le loro
diverse e specifiche forze, nel pieno rispetto delle proprie
identità, operando nei settori dell’Arte, del Cinema, della
Filosofia, della Letteratura e della Storia.
Informazioni e programmi
e-mail: [email protected]
sito web: www.culturainsiemepadova.it