1 chiocciole filettate in martinetti a vite rotante

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1 chiocciole filettate in martinetti a vite rotante
CHIOCCIOLE FILETTATE IN MARTINETTI A VITE ROTANTE: MODELLI
ANALITICI, NUMERICI E RISCONTRI SPERIMENTALI
S. Baragetti1, A. Maggioni2, A. Terranova3
1
Facoltà di Ingegneria, Università degli Studi di Bergamo, viale Marconi 5 – 24044 Dalmine -Bg2
Unimec S.p.A., via del Lavoro 28 – 20040 Usmate-Velate -Mi3
Dipartimento di Meccanica, Politecnico di Milano, via Bonardi 9 – 20133 Milano
SOMMARIO
Oggetto del presente studio è la valutazione dello stato di sollecitazione in chiocciole filettate per martinetti a vite
rotante [1]. Le condizioni di esercizio di questo componente sono tali da renderlo l’organo critico di queste trasmissioni
meccaniche. Non sono noti agli autori studi che analizzino profondamente la materia, sebbene esistano lavori pregevoli
che descrivono modelli analitici e numerici di accoppiamenti filettati [2-3-4]. Tenendo in dovuta considerazione le
informazioni ricavate da questa bibliografia, è stato sviluppato un modello numerico che riproduce nel dettaglio la
connessione tra asta filettata e chiocciola, ricavando l’andamento dell’RFL (Ratio of Flank Load, parametro
comunemente utilizzato nello studio degli accoppiamenti filettati). A questa modellazione è seguita una serie di prove
sperimentali volte a verificare l’aderenza del modello alla realtà. Le prove, condotte su chiocciole dal profilo “a T” sotto
carico statico, hanno prodotto risultati tali da confermare la validità del modello numerico. Infine, dopo aver individuato
i parametri costruttivi della chiocciola, essi sono stati modificati uno ad uno, così da poter rilevare la loro influenza
sull’andamento dell’RFL. Il parametro più significativo è risultato lo spessore della chiocciola stessa. Modificando
quindi il profilo della madrevite in una forma definita “a Y”, si è vista una riduzione del carico sul filetto più sollecitato
pari al 35 % rispetto alla geometria commercialmente più diffusa.
IL MARTINETTO A VITE ROTANTE E LA CHIOCCIOLA
Il martinetto a vite è una trasmissione meccanica irreversibile, un meccanismo in grado di spostare carichi anche di
grande entità e di mantenerli nella posizione desiderata solo grazie a fenomeni d’attrito intrinseci: questo comporta un
rendimento della macchina intorno al 20-30 %. Il martinetto a vite rotante, la cui sezione è riportata in figura 1, è
costituito da una vite senza fine (A) accoppiata ad una ruota elicoidale (B) solidale con un’asta filettata (C). Ad una
rotazione della vite consegue, secondo un rapporto di riduzione, una rotazione dell’asta. La madrevite esterna (D),
comunemente denominata chiocciola, si muove di moto elicoidale per effetto dell’inclinazione del filetto;
predisponendo un contrasto alla rotazione si ottiene la pura traslazione della madrevite e del carico ad essa associato.
[fig. 1]
Da questa breve descrizione si può evincere come la chiocciola sia il componente critico dell’intera trasmissione. Infatti
è interamente sottoposto al carico da traslare, è tipicamente di bronzo (materiale dalle ottime caratteristiche
antigrippanti, anche se dalle qualità meccaniche inferiori rispetto all’acciaio), la lubrificazione delle superfici di contatto
con l’asta filettata è spesso insufficiente e il sistema di guida è abitualmente realizzato su strutture non in grado di
garantire l’assialità del sistema. Per tutti questi motivi si è deciso di approfondire lo studio di questo componente oltre
lo stato dell’arte attuale.
Il soggetto del presente lavoro è la chiocciola di serie del modello TPR 306, prodotto da Unimec S.p.A. , azienda
specializzata nella progettazione e realizzazione di martinetti meccanici. Il modello 306 è, tra le 12 grandezze
disponibili di serie, quello commercialmente più venduto. Le caratteristiche geometriche di quest’elemento sono
riportate in figura 2. La struttura, assialsimmetrica, presenta una flangia di rinforzo superiore (di 14 mm di spessore) che
le conferisce una forma a “T”. L’altezza totale è pari a 48 mm, e il foro centrale presenta una filettatura secondo i criteri
delle norme UNI-ISO 2901÷04 [5]; in particolare presenta un diametro nominale ed un passo pari rispettivamente a 30 e
6 mm: conseguentemente la chiocciola presenta 7 filetti. Le quote dei diametri esterni misurano 46 e 80 mm, mentre il
raccordo tra flangia e corpo cilindrico presenta un raggio di 3 mm. Il materiale costitutivo è una cuprolega all’alluminio
(CuAl9Fe3) la cui composizione chimica è riportata in dettaglio nella norma UNI 5273 [6]. Le caratteristiche
1
meccaniche di questo materiale sono dei carichi di rottura e di snervamento rispettivamente pari a 500 e 180 N/mm2; la
durezza assume invece il valore di 110 HB. Esistendo una bibliografia piuttosto scarna a riguardo, le grandezze del
modulo elastico e di Poisson sono state ricavate sperimentalmente.
[fig. 2]
Le prove sono state condotte su una pressa meccanica Istron nei laboratori del Politecnico di Milano, una macchina di
prova controllata in forza in grado di esercitare una spinta massima di 100 kN. Oggetto di questa sperimentazione è
stato un cilindro cavo in CuAl9Fe3 colato in conchiglia, alto 48 mm e dai diametri esterno ed interno pari
rispettivamente a 46 e 25 mm. Due estensimetri sono stati posti nella zona centrale della superficie laterale esterna,
orientati uno assialmente e uno lungo la direzione circonferenziale. Sono state condotte due prove di compressione a 50
e 78 kN, ed ogni prova è stata ripetuta quattro volte ruotando la chiocciola di 90°, al fine di evidenziare eventuali effetti
di flessione conseguenti ad un non perfetto parallelismo tra i piani della pressa. Mediando tra i quattro risultati ottenuti
abbiamo ricavato il valore dello sforzo assiale. Lo stato di sforzo monodimensionale all’interno del cilindro consente di
relazionare direttamente la deformazione assiale con lo sforzo stesso, ottenendo in questo modo il valore del modulo
F
elastico: E =
. Il valore del coefficiente di Poisson si ricava dal rapporto tra la deformazione circonferenziale e
Aε a
εc
. I valori ottenuti in corrispondenza dei due carichi applicati differiscono tra loro in una
εa
percentuale inferiore al 4 %; mediando tra questi si ottengono i seguenti risultati: E ≈ 106˙000 MPa, ν ≈ 0,265.
quella assiale: υ =
I MODELLI ANALITICI
Il primo passo da compiere nella comprensione di un fenomeno fisico è la creazione o l’adozione di un modello
analitico. Sebbene sia spesso caratterizzato da approssimazioni semplificative, esso si rivela fondamentale
nell’individuare le variabili di input e di output del sistema, nel connetterle tra loro, nell’identificare i parametri di
controllo e gli obiettivi da raggiungere. Nello studio di accoppiamenti filettati è comunemente adottato un parametro
percentuale denominato RFL, acronimo inglese per Ratio of Flank Load ed indica la percentuale del carico totale
sopportata da un singolo filetto. In seguito, riferendoci alla chiocciola oggetto di studio rappresentata in figura 2,
identificheremo il filetto più alto come il “primo filetto” (numericamente 1), mentre, per contro, il filetto più basso e più
lontano dalla flangia sarà denominato “ultimo” (o numero 7).
Il modello comunemente adottato nella prima fase di progettazione prevede il carico uniformemente ripartito tra i filetti,
cioè un andamento dell’RFL costante. Si suppone inoltre che la superficie di contatto tra vite e madrevite coincida con
quella calcolabile geometricamente. È facilmente intuibile come questa situazione sia quella ideale, che rappresenta
l’uniformità dello stato di sforzo e la perfezione costruttiva a cui tendere. La scarsa aderenza alla realtà è la prova delle
eccessive semplificazioni introdotte da questo modello. Infatti, secondo diversi autori [7,8], i fenomeni di usura, sia
adesivi che abrasivi, sono direttamente proporzionali al valore del carico normale alle superfici in contatto. Poiché,
dopo molte ore di lavoro, le chiocciole mostrano segni di usura maggiori sull’ultimo filetto [9], si può dedurre che il
corrispondente valore di RFL sia maggiore rispetto agli altri. A seguito di questo si è rivolta l’attenzione a modelli
analitici più raffinati, e particolare attenzione è stata rivolta al lavoro di Sophwith [4]. Sebbene la struttura analizzata sia
profondamente diversa da quella oggetto del nostro studio (madreviti statiche a filettatura triangolare, con particolare
attenzione alle filettature Whitworth), si possono dedurre alcuni aspetti importanti. In primis l’andamento dell’RFL non
è uniforme, ma presenta un sovraccarico sui filetti corrispondenti agli “ultimi” del nostro modello. Inoltre la superficie
di contatto si riduce sensibilmente rispetto ai valori geometrici, quasi giungendo alla definizione di carico concentrato.
I MODELLI NUMERICI
La complessità del problema e la conseguente difficoltà nel ricercare una soluzione analitica coerente, e priva di troppe
approssimazioni, ha portato alla scelta di elaborare dei modelli numerici. Molti autori, di fronte al problema degli
accoppiamenti filettati, hanno fatto ricorso alla modellazione ad elementi finiti [2,3,10,11,12,13,14,15]. Sebbene tutti
questi lavori trattino strutture profondamente differenti dalla chiocciola del martinetto (giunzioni coniche, bulloni e
dadi, etc.), le problematiche che affrontano sono facilmente riconducibili alla situazione in studio, costituendo così una
solida base bibliografica.
2
Creare un modello il più possibile aderente alla realtà significa costruire una struttura tridimensionale geometricamente
coincidente con il componente reale. Esso però è costituito da una parte assialsimmetrica (il corpo cilindrico e la flangia
superiore) su cui si sviluppa una struttura elicoidale (filetto). Data la differente natura delle due geometrie, risulta
impossibile progettare una mesh parametrica coerente per l’intera struttura. In alternativa si poteva pensare di far
eseguire una mesh automatica dal calcolatore, con l’utilizzo di elementi tetraedrici. In questo caso però non si sarebbe
potuta garantire la corretta rappresentazione delle superfici di contatto tra vite e madrevite. Anche la modellazione con
elementi di tipo SHELL è da considerarsi inappropriata. Considerando inoltre che l’angolo d’inclinazione dell’elica è
sempre inferiore ai 5° (in ordine di garantire l’irreversibilità della trasmissione), si è optato per ridurlo a zero,
riconducendo i filetti ad una serie di dischi. Le implicazioni di questa approssimazione, riportate negli studi di Rhee
[13], sono state tenute in debita considerazione. In questo modo si è ottenuta una struttura perfettamente
assialsimmetrica. Il software da noi utilizzato per l’elaborazione a computer [16] permette di trattare le strutture
assialsimmetriche con un modello bidimensionale, rappresentando solo metà di una sezione lungo un piano contenente
l’asse geometrico, e facendo coincidere quest’ultimo con l’asse Y del sistema di coordinate. Inoltre, il siffatto modello è
caratterizzato da un’elevata semplicità gestionale, che consente di modificare agevolmente i parametri di progetto. È
stata simulata solo la situazione di carico statico, dato che, con le strutture sperimentali a disposizione, sarebbe stato
molto difficile effettuare dei test con strutture in movimento.
La figura 3 rappresenta il modello che è stato elaborato. L’asta filettata, in nero, è costituita da 1644 elementi PLANE
2D, appartenenti alla sottocategoria SOLID-AXISYMMETRIC. La chiocciola, rappresentata in blu, è composta da
2076 elementi appartenenti alla stessa categoria di quelli descritti in precedenza. Le proprietà associate a questi elementi
sono il modulo elastico E e il modulo di Poisson ν: per l’asta sono stati adottati i valori 206˙000 MPa e 0,3, mentre per
la chiocciola i valori corrispondenti sono 106˙000 MPa e 0,265. Il carico si trasmette da un componente all’altro tramite
azioni che si manifestano laddove i filetti entrano in contatto tra loro. Questo tipo di problema, denominato appunto
“del contatto”, comporta una soluzione non lineare, e necessita di opportuni elementi che fungano da “ponti
infinitamente rigidi” in grado di trasmettere lo stato di sollecitazione. Questi elementi appartengono alla categoria GAP,
sottoclasse NODE-LINE. Sono definiti 10 elementi GAP per disco (per un totale di 70), coincidenti con i nodi
appartenenti alla linea inferiore del profilo del filetto, ed essi possono trasmettere la sollecitazione in un qualunque
punto matematico della linea di contatto (indicata in magenta nell’ingrandimento in figura 3, ed appartenente al filetto
opposto a quello su cui giacciono gli elementi GAP). Da questo si evince che, rispetto alla più comune categoria GAP
NODE-NODE, gli elementi da noi utilizzati simulano meglio la situazione di contatto reale, in quanto trasmettono le
sollecitazioni solo se il nodo-elemento, durante gli step dell’analisi non-lineare, viene ad appartenere geometricamente
alla linea di contatto. Inoltre, non essendo a priori definiti i punti di trasmissione degli sforzi, essi variano in funzione
delle deformazioni e degli spostamenti dell’intera struttura.
[fig. 3]
Una volta modellata la struttura dell’accoppiamento, si è cercato di simulare i carichi e i vincoli in una situazione di
carico statico perfettamente centrato. Con riferimento alla figura 4, supponendo che l’asta sia sufficientemente lunga, in
3
assenza di flessioni, il carico sulla superficie inferiore dell’asta (A) può essere rappresentato senza errori da una
pressione uniformemente distribuita, il cui modulo sia pari al rapporto tra forza e area di nocciolo.
Spesso, nella realtà, l’oggetto da movimentare trasmette il suo carico alla chiocciola mediante azioni di puro contatto.
Pertanto esso è stato simulato mediante una piastra (B) molto rigida (E=600˙000 MPa) modellata tramite elementi
PLANE 2D SOLID-AXISYMMETRIC sulla cui linea inferiore sono stati posizionati elementi GAP NODE-LINE
analoghi a quelli descritti in precedenza.
Al fine di evitare divergenze numeriche durante la computazione, è necessario avere una struttura non labile; da qui
l’esigenza di vincolarla correttamente, facendo inoltre in modo che i tre componenti, inizialmente senza alcun punto in
comune tra loro, possano entrare in contatto. Si spiega così la presenza delle due molle C (in rosso), la cui rigidezza
deve essere tale da non far divergere il sistema senza alterare i risultati in modo significativo. Tutte le variabili
numeriche di un problema assialsimmetrica sono riferite all’unità di radiante. Tutti i valori in seguito riportati sono
quelli risultanti dall’analisi al calcolatore moltiplicati per 2π.
[fig. 4]
L’analisi non lineare, in 10 step ad incremento costante, è stata condotta per un carico di 50 kN, pari a due volte il
carico consigliato dal costruttore in condizioni di moto, corrispondente ad una pressione di 115,27 N/mm2. La rigidezza
globale della molla posizionata sull’asse è pari a 1885 N/mm, mentre quella relativa alla chiocciola assume il valore
1570 N/mm. La figura 5 e la tabella a fianco riportano l’andamento dell’RFL per questa situazione di carico.
25
Filetto
1
2
3
4
5
6
7
RFL %
20
15
10
5
0
0
1
2
3
4
5
6
Filetto
[fig. 5]
4
7
8
RFL (%)
14,74
11,97
11,17
12,59
12,94
14,77
21,83
Questo risultato è molto soddisfacente in quanto conferma alcune delle ipotesi analitiche che trovavano riscontro nelle
applicazioni pratiche, come ad esempio, il sovraccarico sull’ultimo filetto, pari al 52,6 % in più rispetto alla situazione
ideale di carico uniformemente distribuito. La presenza delle molle non è in grado di inficiare la validità dei risultati, in
quanto esse scaricano sui nodi vincolati a terra una forza complessiva di 298 N, pari allo 0,59 % del carico totale.
LE PROVE SPERIMENTALI
Prima di proseguire con lo studio del modello numerico, è necessario verificarne l’aderenza alla realtà mediante un
confronto con risultati sperimentali. È stata utilizzata la stessa macchina di prova utilizzata per il calcolo del modulo
elastico della chiocciola, schematizzata in figura 6. La pressa (A) è dotata di una traversa superiore mobile (B), cui è
solidale una cella di carico (C) connessa ad un computer (D). E’ quindi possibile controllare la corsa della traversa in
funzione della forza trasmessa. Sulla chiocciola oggetto del test è stata incollata, secondo lo schema di figura 7, una
catena estensimetrica modello GX 4021 (E), costituita da 5 estensimetri assiali e 5 circonferenziali alternati; essa è
collegata ad una centralina di rilevamento analogica (F). La madrevite (G) è stata montata su di una struttura in grado di
ridurre al minimo eventuali effetti di flessione indotti da errori di parallelismo tra traversa e base inferiore della pressa.
Questa costruzione presenta, nella parte superiore, uno speciale tornito (H) che svolge la funzione di sede per uno snodo
sferico a contatto obliquo (I) con accoppiamento acciaio-PTFE, modello SKF GAC 40 F [17]. Questo speciale snodo
può sostenere un carico statico fino a 65,5 kN, e grazie alla sua geometria, è in grado di trasformare gli effetti flettenti in
azioni puramente assiali, svolgendo le funzioni di cerniera tridimensionale. Lo snodo si appoggia alla chiocciola G, la
quale presenta tutti i filetti accoppiati con l’asta L. Infine, il vincolo nella parte inferiore è un’altra madrevite (M),
montata a rovescio, in grado di fungere anch’essa da cerniera grazie ad un minimo di gioco presente
nell’accoppiamento.
[fig. 6]
[fig. 7]
Sapendo che il primo estensimetro della catena è posizionato a 20 mm dalla flangia, e che i successivi distano tra loro 2
mm, è stato possibile individuare gli elementi corrispondenti del modello numerico, così da poter confrontare le
deformazioni reali con quelle ricavate dall’elaboratore.
Ogni prova eseguita consta di una misurazione iniziale a carico zero, cui seguono quattro rilevamenti effettuati in
corrispondenza di quattro posizioni angolari sfasate tra loro di 90°, al fine di verificare e contrastare la presenza di
effetti flettenti. A queste misurazioni ne segue una sesta, ancora a carico nullo, per poter confrontare lo scostamento
dalla situazione iniziale. I risultati relativi alla deformazione circonferenziale non sono stati riportati in quanto i valori
di tale entità sono fortemente condizionati dalla geometria elicoidale del filetto [13], parametro che è stato fortemente
modificato nella modellazione. Inoltre l’ordine di grandezza di tali deformazioni è dell’ordine di poche decine di µm/m,
molto vicino all’incertezza delle misurazioni. Sono state condotte 5 serie di prove: la prima e la seconda in condizioni
diverse dalla terza e dalla quarta, mentre la quinta prova differisce da tutte le precedenti. I dettagli delle tre differenti
strutture di prova sono descritti in seguito.
5
∆ tra le due misure zero [ µ m/m]
In figura 8 sono riportate le differenze tra i valori di tensione rilevati prima e dopo le misure sotto carico. Sebbene più
della metà di questi dati sia inferiore a 3 µm/m, l’intervallo di oscillazione ha i suoi limiti in -9 e 11 µm/m, valori che
saranno considerati l’incertezza delle nostre misurazioni.
15
10
5
0
0
1
2
3
4
5
6
-5
-10
Prova
[fig. 8]
Un’ulteriore elaborazione dei dati sperimentali ha prodotto il diagramma in figura 9. Esso rappresenta, in µm/m, la
differenza tra due deformazioni rilevate sotto carico ruotando la chiocciola di 180°, avendo cura di mantenere sempre
tutti i filetti in presa e di non toccare altri componenti della struttura di prova. In base a questo valore è possibile
valutare l’entità degli effetti flettenti nel piano cui apparteneva la catena nel momento delle misurazioni. Si può notare
come solo 5 misurazioni siano al di fuori dei limiti di incertezza definiti in precedenza. La situazione nel piano normale
a quello cui si riferisce il diagramma non vi differisce di molto. Questi dati confermano la capacità della struttura di
prova, ed in particolare dello snodo sferico, di annullare le flessioni indotte dal mancato parallelismo tra i piani della
pressa, e quindi di avere componenti attive dello stato di sforzo esclusivamente assiali ed assialsimmetriche, così come
simulato nel modello numerico. È possibile notare come le migliorie apportate alla struttura sperimentale dalla prova
numero 3 in poi abbiano contribuito a ridurre il delta tra le misure in un campo di ampiezza ± 4.
∆ tra misure a 180° [ µ m/m]
15
10
5
0
0
1
2
3
4
5
6
-5
-10
-15
Prova
[fig. 9]
Le prove 1 e 2 sono state svolte secondo lo schema riportato nel riquadro di destra di figura 6. La figura 10 riporta in
linea continua l’andamento delle deformazioni assiali (εy) calcolate all’elaboratore, mentre in rosso sono indicati i valori
sperimentali. I risultati numerici sono indicati nella tabella sottostante: si può notare come tutte e tre le serie presentino
una diminuzione progressiva del modulo della deformazione. Si può notare come la massima divergenza si abbia in
entrambe le prove per l’estensimetro 2, il più caricato. La curva numerica approssima molto bene l’andamento
sperimentale 2, in particolar modo nella zona centrale. L’errore sul primo estensimetro è solo pari al 17 %, mentre, per
quanto concerne la griglia 10, siamo in presenza di valori di deformazione molto bassi, dove la precisione dello
strumento di misura può iniziare a vacillare; il dato importante è che, sia la simulazione numerica che la prova reale
tendono a presentare uno stato di deformazione assiale prossimo allo zero intorno ai 40 mm di distanza dalla flangia. È
tuttavia evidente una differenza tra i primi due rilevamenti sperimentali. Si è quindi cercato un possibile fattore che
potesse essere “fuori controllo” nel momento in cui è stata realizzata la prova 1.
La struttura utilizzata per le prime due prove è caratterizzata dallo snodo sferico in contatto con tutta la superficie della
flangia superiore. Un’area di possibile contatto così ampia costituisce, in fase di simulazione numerica, un elemento
che, anche con l’ausilio di elementi GAP NODE-LINE, può non essere modellato correttamente. Dall’analisi del
modello si è potuto vedere come la zona di contatto si estenda solo fino ad un raggio pari a 29,56 mm, cui corrisponde
una superficie di contatto pari al 47 % di quella teoricamente disponibile.
6
Modello numerico
Prova 1
Prova 2
Deformazione [µm/mm]
50
0
-50 18
22
26
30
34
38
42
-100
-150
-200
-250
-300
Distanza dalla flangia [mm]
[fig. 10]
Distanza dalla
flangia
Estensimetro
[mm]
22
26
30
34
38
2
4
6
8
10
Deformazione Deformazione Deformazione
prova 1
prova 2
numerica
[µm/m]
[µm/m]
[µm/m]
-117
-110
-65
-20
5
-220
-192
-118
-19
29
-259
-177
-104
-46
-19
Si è quindi pensato di interporre tra snodo e flangia un anello sottile, realizzato in C40, in modo che l’area di contatto
coincidesse perfettamente con lo spessore radiale dell’anello. Due prove sono state svolte con un anello di diametro
esterno ed interno rispettivamente 70 e 60 mm e altezza 5 mm. In queste condizioni la pressione di contatto (supposta
uniformemente distribuita) raggiungerebbe i 50 N/mm2, valore che ci consente di lavorare con un coefficiente di
sicurezza di 3,6 sullo snervamento della cuprolega. I risultati sono riportati nel diagramma e nella tabella sottostanti.
Modello numerico
Prova 3
Prova 4
Deformazione [µm/m]
50
0
-50 18
22
26
30
34
38
42
-100
-150
-200
-250
-300
-350
Distanza dalla flangia [mm]
[fig. 11]
Distanza
Estensimetro
[mm]
22
26
30
34
38
2
4
6
8
10
Deformazione Deformazione Deformazione
prova 3
prova 4
numerica
[mm/m]
[mm/m]
[mm/m]
-255
-196
-12
2
-50
-235
-183
-161
-119
-62
-304
-190
-90
-29
-17
Si può notare come la curva numerica approssimi abbastanza bene le rilevazioni corrispondenti agli estensimetri 2 e 4,
mentre altrettanto non si può dire per i numeri 6 e 8. Tuttavia la cosa non è preoccupante in quanto, per queste
misurazioni, non possiamo parlare di piena attendibilità: infatti, oltre allo strano andamento della prova 3 (decremento e
successivo incremento del modulo della deformazione), possiamo notare, dalla figura 8, come questa sia stata la
7
sperimentazione dove più alta è stata la variabilità tra le misurazioni a carico nullo. Possiamo infine notare come la
presenza dell’anello riduca di molto le incertezze di contatto e, conseguentemente, gli effetti flettenti (vedi figura 9).
L’ultima prova, identificata con il numero 5, è stata condotta con un anello geometricamente differente da quello
utilizzato per le prove 3 e 4. I diametri interno ed esterno sono pari a 35 e 42 mm, mentre l’altezza è rimasta invariata a
5 mm. L’area di contatto si riduce a soli 423 mm2, cui corrisponde una pressione di 120 MPa, valore che ci permette di
lavorare ancora sotto il limite dello snervamento del bronzo (pari a 180 N/mm2). I risultati sono riportati nel diagramma
e nella tabella sottostanti.
Modello numerico
Prova 5
Deformazione [µm/m]
0
18
22
26
30
34
38
42
-50
-100
-150
-200
-250
Distanza dalla flangia [mm]
[fig. 12]
Distanza
Deformazione Deformazione
prova 5
numerica
Estensimetro
[mm]
22
26
30
34
38
2
4
6
8
10
[µm/m]
[µm/m]
-191
-191
-76
-35
-38
-224
-163
-100
-46
-29
La corrispondenza tra i valori della prova 5 e il modello numerico è la migliore tra tutte le misurazioni effettuate.
Significativo è il fatto che questa sia l’unica prova che presenta scostamenti pari a zero tra le misure a carico nullo ed
effetti flettenti contenuti nell’intervallo [-1;4].
Di tutti i punti sperimentali sono state calcolate le linee di tendenza (polinomiali del secondo ordine), e sono state
calcolate le differenze tra queste parabole e quelle calcolate per i corrispondenti modelli numerici. Per le prove numero
1 e 4 si è rilevato uno scostamento medio assoluto pari a 54 µm/m, mentre, per le prove 2, 3 e 5, i rispettivi valori sono
16, 32 e 5. Valori così bassi indicano che, nonostante incertezze empiriche a volte imponderabili, i fenomeni fisici
sperimentali sono correttamente simulati nei modelli ad elementi finiti che presentano una struttura concettuale come
quella rappresentata in figura 4.
LE ANALISI NUMERICHE
Dopo la convalida del modello ad elementi finiti, è possibile analizzare, tramite analisi numeriche, l’influenza dei
parametri costruttivi della chiocciola sull’andamento dell’RFL, la cui uniformazione resta il nostro obiettivo primario.
Primo filetto
Filetto centrale
Ultimo filetto
RFL uniforme
25
RFL %
20
15
10
5
0
4
5
6
7
8
9
Numero di filetti
[fig. 13]
8
10
11
12
13
La prima variabile studiata è il numero di filetti, e, di riflesso, la lunghezza della chiocciola. La figura 13 riporta alcuni
valori dell’RFL per una geometria a T il cui numero di filetti varia da 5 a 12. In questo frangente non ha senso trattare i
filetti per numerazione cardinale, ma verranno analizzati i valori del primo filetto, dell’ultimo e di quello centrale. La
linea rossa rappresenta il valore dell’RFL in caso di carico uniformemente distribuito tra tutti i filetti. Da un’iniziale
convergenza tra i dati, scontata dato che il basso numero di filetti non consente dispersioni, si assiste ad un decremento
lineare del carico agente sul filetto centrale, mentre di contro, le linee che rappresentano i valori sui filetti estremi
diventano quasi asintotiche al 15 %. Da questo si evince che è inutile cercare di migliorare le prestazioni della
chiocciola aumentando il numero di filetti, poiché il sovraccarico sugli estremi resta sempre di un’importanza tale da
poter innescare fenomeni di usura rilevanti.
La seconda serie di prove di computazione ha avuto per oggetto la variazione dello spessore. La flangia superiore non è
stata modificata in alcun modo, essendo necessaria la presenza di una consistente base di appoggio per il carico. Lo
spessore della parte cilindrica compresa tra il terzo e il settimo filetto è stato variato da un valore minimo di 3 mm al
massimo di 12 mm. Le figure 14 e 15 riportano l’andamento dell’RFL, parametrizzato per numero del filetto, in
funzione dello spessore.
fil. 1
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30
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25
25
20
RFL %
RFL %
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20
15
15
10
10
5
5
2
3
4
5
6
7
8
9
10 11 12 13 14
2
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5
6
7
8
9 10 11 12 13 14
Spessore [m m ]
Spessore [m m ]
[fig. 14]
[fig. 15]
Per bassi spessori i primi filetti sono più caricati degli ultimi, ed in particolare il numero uno presenta un sovraccarico
del 100 %. Questa situazione è invertita per alti valori della larghezza della chiocciola. Il filetto centrale, il quarto,
presenta un andamento dell’RFL invariante nei confronti dello spessore. Tutti i filetti presentano, per valori superiori ai
13 mm, un comportamento asintotico, rendendo inutili ulteriori irrobustimenti della struttura. Il fenomeno meccanico
che spiega il sovraccarico dell’ultimo filetto per alti spessori è da ricercarsi nell’eccentricità del carico agente sulla
flangia rispetto ai vincoli di contatto chiocciola-asta. La presenza di piccoli spessori tende a ridurre tale eccentricità,
concentrando gli sforzi in prossimità dei filetti. Viceversa, una chioccola molto robusta, al limite cilindrica retta,
permette di trasferire uno stato di sforzo eccentrico anche ben lontano dalla flangia, annullandolo solo in corrispondenza
dell’ultimo filetto disponibile.
Le analisi numeriche hanno quindi portato alle seguenti considerazioni:
• Il numero di filetti non deve superare il valore 9, dato che oltre tale limite non vi sono benefici per l’RFL.
• L’andamento dell’RFL che meglio approssima la situazione di carico uniforme si ha per un numero di filetti
pari a 7. In ragione di questo dato è inutile modificare la lunghezza della chiocciola.
• Sfruttando opportunamente i risultati ottenuti sull’analisi degli spessori si evince che la situazione ideale
sarebbe una chiocciola con alto spessore sui primi filetti e con piccolo spessore sugli ultimi, in modo che si
possano minimizzare i valori estremi di RFL. Il filetto centrale, grazie al suo comportamento “spessoreinvariante”, ben si presta come punto di riferimento.
Sulla base di questi risultati è stata progettata una struttura che rispondesse ai requisiti sopra descritti. Alcuni parametri
geometrici di tale madrevite sono rimasti immutati rispetto a quelli del modello in commercio, in quanto scarsamente
influenti sull’andamento dell’RFL. Pertanto, il numero di filetti è rimasto pari 7, e anche la flangia superiore presenta le
medesime misure radiali. Ne è stato invece ridotto lo spessore, in funzione di un nuovo dimensionamento a flessione,
riducendo il valore da 14 mm a 6 mm. In questa nuova geometria si è utilizzato quanto appreso dall’analisi dello
spessore: per ridurre lo stato di sforzo sull’ultimo filetto è necessario ridurre il diametro esterno della madrevite. Per
connettere questa geometria alla flangia superiore (elemento irrinunciabile per consentire l’applicazione dei carichi), si
è pensato ad un corpo troncoconico. La struttura risultante è una chiocciola la cui sezione in un piano di simmetria
presenta una forma “a Y”. La figura 16 riporta lo stato di sforzo assiale per uno stato di carichi e vincoli identico alle
altre simulazioni numeriche. In aggiunta a quanto già descritto, è possibile notare la presenza di una piccola cava sulla
flangia superiore in corrispondenza del foro centrale. La sua funzione è regolare il flusso dello stato di sforzo al primo
filetto. Modificando la larghezza di tale cava è possibile tenere sotto controllo le forze trasmesse ai primi filetti, ed in
particolare il controllo sul primo filetto è pressoché totale. La figura 16 riporta lo stato di sforzo assiale agente su quella
geometria ad Y i cui parametri costruttivi minimizzano gli scostamenti della curva dell’RFL rispetto alla distribuzione
ideale. In figura 16 è anche riportato l’andamento dell’RFL per la chiocciola “a Y”. È possibile confrontare questo
risultato con quanto ottenuto per la chiocciola “a T”. La riduzione dell’RFL sull’ultimo filetto è pari al 35,2 %
(calcolata sul valore iniziale), e la distribuzione presenta 5 filetti su 7 il cui scostamento dalla situazione ideale (carico
9
equamente distribuito tra i filetti in ragione del
14,28 %) è inferiore allo 0,5 %. I restanti due
filetti presentano un sovraccarico pari al 2,65
% e un sottocarico del 3,07 %.
In termini assoluti il massimo valore raggiunto
sui filetti si è ridotto di 4,88 punti percentuali
assoluti. A tale risultato corrisponde un
decremento relativo del 22,5 %, il che
significa, per quanto detto a pagina 2, avere
un’aspettativa teorica di vita utile maggiorata
proprio di tale valore.
20
RFL %
15
10
5
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
Filetto
[fig. 16]
CONCLUSIONI
Le conclusioni di questo lavoro consistono nell’aver convalidato, mediante prove sperimentali, un modello numerico.
Con queste premesse è stato possibile realizzare un “banco di prova virtuale”, così da poter provare l’efficacia di nuovi
modelli ai nostri scopi senza la necessità di costruire un prototipo. Dopo aver compreso l’influenza dei parametri
geometrici sulle variabili oggetto di studio, è stata modellata una struttura, denominata “chiocciola a Y”, che presenta
caratteristiche innovative. Il passo successivo dovrebbe essere lo studio sperimentale, anche in condizioni dinamiche,
della suddetta madrevite; le prove dovrebbero essere condotte cercando di simulare le differenti condizioni di esercizio,
dall’eccentricità dei carichi alla scarsità di lubrificazione, alla misura del tasso di usura. Solo in questo modo è possibile
ottenere la convalida del componente prima della sua commercializzazione.
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