antico sentiero melide – carona
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antico sentiero melide – carona
COMUNE DI MELIDE ANTICO SENTIERO MELIDE – CARONA MELIDE 1896 RICERCA STORICA DI BORIS CAVADINI OTTOBRE 1999 – GIUGNO 2000 1 INDICE: 1. BREVE STORIA IN GENERALE E DELLE PIEVI, 2. BREVE STORIA DELLE PARROCCHIE DI MELIDE E CARONA, 3. IL SENTIERO MELIDE – CARONA E LA SITUAZIONE VIARIA GENERALE, 4. LE SEPOLTURE, I PERCORSI PROCESSIONALI E LE CONFRATERNITE, 5. EMIGRAZIONE ED ALIMENTAZIONE, 6. LA LEGGENDA DEL GALLO, 7. LE UNITA’ DI MISURA STORICHE, 8. BREVE CRONOLOGIA DELLA PARROCCHIA DI MELIDE, 9. ARCHIVI E INTERVISTE, 9. 1 ELENCO DEI DOCUMENTI CON MENZIONE MELIDE, 9. 2 ARCHIVIO STORICO COMUNALE DI CARONA, 10. BIBLIOGRAFIA, 2 NOTE D’APERTURA: • La presente ricerca storica, non è stata concepita quale “trattato” per specialisti o storici professionisti, ma unicamente per fornire delle conoscenze in più agli utenti che vogliono approfondire un poco l’argomento, senza la pretesa di farli divenire a loro volta degli storici professionisti, né senza volerli tediare, ponendo loro davanti date, ragionamenti, teorie nuove o vecchie in più rispetto allo stretto necessario, per ogni ambito trattato. • La ricerca è stata concepita per fornire alcuni elementi, forse, sufficienti per una ricerca o una conoscenza un poco più approfondita sull’argomento, ma certo sempre e comunque a livello empirico, perciò non vuole e non deve essere presa quale spunto per creare diatribe o dissertazioni storiche contrastanti a ciò che è lo scopo finale della ricerca stessa, concedere la possibilità di leggere, e quindi conoscere, uno spaccato di vita del nostro passato con alcuni cenni storici che ne permettano una conoscenza minima ed eventuali confronti, anche se assurdi e/o illogici, con la vita attuale. • I temi trattati sono stati sviluppati leggendo, ricercando ed analizzando testi ormai giudicati obsoleti rispetto alle ultime teorie, emerse nel corso di questi ultimi cinque anni. I professionisti del campo, che si troveranno confrontati con la lettura di queste pagine, è bene che tengano ciò in buona considerazione. • Per evitare inutili e sterili polemiche future, s’invitano perciò tutti i professionisti del ramo che volessero leggere comunque queste righe, a svestire l’abito professionale prima di intraprenderne la lettura, cercando di considerarla per il motivo per il quale è stata concepita e non per eventuali propri fini personali e/o professionali. LEGENDA: AP = Archivio Parrocchiale di Melide (se non specificato diversamente). AC = Archivio Comunale di Melide o Carona. AV = Archivio Vescovile, presso la Curia Vescovile di Lugano AS = Archivio di Stato a Bellinzona NB. Le parti evidenziate in corsivo, sono scritte in “volgare”1 dell’epoca, altre parti sono tradotte dal latino, che era lingua ufficiale all’epoca. Di norma, atti notarili e bolle ufficiali antichi, erano stilati o rogati dagli “scriba” (oggi, tale funzione è esercitata dal Notaio) che, per evitare continue ripetizioni di termini o parti di frasi, usavano simboli ed imbreviature, chiaramente, su matrice latina dell’epoca, che sono di difficile o impossibile interpretazione oggi. Boris Cavadini 1 Durante tutto il lungo periodo storico nel quale la lingua ufficiale fu il latino, tutti gli idiomi al di fuori di quello ufficiale, ovvero le varie parlate che il popolo usava nei vari contesti geografici per comunicare fra sé, era definito dai nobili come volgare, appunto perché utilizzato dal popolo non, o poco istruito. 3 TOPOGRAFIA DEL PERCORSO DIDATTICO. 4 1. BREVE STORIA GENERALE E DELLE PIEVI. I primi tempi del cristianesimo presero inizio tra Gerusalemme e Roma. Buona parte dell’attuale Europa, furono province romane, dove il Cristianesimo s’instaurò, in parte, durante gli ultimi periodi dell’impero romano, spesso scatenando ondate di violenze inaudite, provocando così i primi martiri cristiani. Innumerevoli furono i protocristiani gettati nelle arene, fagocitati dai leoni per il puro diletto dei nobili romani. Il nascente culto cristiano, per diversi lustri, fu osteggiato in tutte le maniere possibili sino al 313 d.C., quando gli imperatori Licinio e Costantino, da Milano, manifestarono alle diverse magistrature romane la loro intenzione di liberare l’ormai, trionfante tra i popoli, culto cristiano. La cristianizzazione si espanse poi per l’intera Europa occidentale, svolgendo la sua storia sull’arco di circa un millennio. Successivamente si ebbe, da parte milanese, un discreto sviluppo della cristianizzazione in tutta la Lombardia ad opera di S. Ambrogio. Questi, inviò il primo vescovo a Como nella persona di S. Felice. Da Como poi, il fenomeno cristianizzazione, giunse in gran parte sino alle terre ticinesi, allora appartenenti alla Lombardia, per la maggior parte ad opera del vescovo comasco S. Felice e, per la parte restante, ad opera del vescovo milanese1 S. Ambrogio (Val Capriasca). Dovevano essere i primi dell’anno 1000. Si trovano tracce documentate di un ospizio in Lugano, con annessa chiesa già nel 1208. Nell’arco di tre secoli, la cristianizzazione, si espanse e si affermò in tutto il “territorio vescovile” (oggi Cantone Ticino), „ edificando „ le plebanie2, formanti le pievi3 annesse. Il lago Ceresio ha tre spiagge, tre punti importanti dove, grazie alla pesca, si formarono discreti e sempre più forti agglomerati: riva S. Vitale, Lugano ed Agno4. In questi luoghi, i primi evangelizzatori – indubbiamente fra mille difficoltà ed opposizioni – riuscirono a gettare le basi per le prime ed omonime pievi. Le prime scissioni pievasche si ebbero verso i primi anni del 1400: tra queste vi figura Carona, che chiese ed ottenne tale scissione da S. Lorenzo di Lugano nel 1425, edificando poi la chiesa di S. Giorgio nel 1427, chiesa dalla quale dipendevano pure Melide, Ciona e Carabbia5. D’altro canto, esistono due tendenze di pensiero (quanto verificate, verificabili o da verificare non si sa) riguardo alla formazione delle due vicinie di Carona e Melide. Una tendenza punta a far passare Carona dominante non solo a livello pievasco, ma anche di vicinia. Melide, in questo caso, è considerata come una “prominenza” della vicinia di Carona, nel senso che i primi melidesi, avrebbero dovuto essere dei caronesi “emigrati” a lago poiché da questo dipendeva la loro esistenza, praticando professioni in stretta simbiosi con le acque lacustri come la pesca, il macero in acqua di fibre per la fabbricazione di tessuti e i conducenti di barche e barconi da trasporto. Come si assoderà nel corso del testo (capitolo sull’alimentazione ed emigrazione), la produzione di vino ed il suo consumo erano parte integrante dell’alimentazione quotidiana più di quanto non lo sia oggi. La “povera” alimentazione dell’epoca, rispetto ad oggi, era povera di calorie. Per sopperire a questa mancanza venivano consumate enormi quantità di vino, essendone l’alcool in esso contenuto carico. I melidesi di oggi, non sono però così propensi ad accettare questa tendenza. Secondo 1 Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”. Glossario: Plebania = antico termine usato per definire la chiesa parrocchiale, nel senso di edificio. 3 Glossario: Pieve = antico termine utilizzato per definire le attuali parrocchie, nel senso di popolazione e territorio. 4 Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”. 5 Da “Melide”. 2 5 questi, Melide avrebbe avuto dei natali autoctoni, che crearono la loro vicinia contemporaneamente a Carona e esercitando tutte quelle professioni legate all’acqua del lago in simbiosi con i caronesi. La “sudditanza” da Carona sarebbe attribuibile all’avvenuta assegnazione di privilegi alla vicinia di Carona da parte dei duchi milanesi e, successivamente dalla costituzione di Carona come pieve separata da Lugano. Certo è che i documenti, chiamanti direttamente in causa le due vicinie non fanno alcuna menzione di eventuali “lotte” intercorse tra le due, anzi, su lacune antiche carte caronesi la vicinia di Melide e menzionata con i dovuti rispetti di forme e regole, senza che si possa leggere tra le righe il benchè minimo segno di prevaricazione. Il 1500 fu un secolo cruciale per la storia d’Europa, non smentendo neppure il Ticino per il suo carattere eccezionale. Infatti, non fu solo il secolo del distacco delle terre ticinesi dalla Lombardia e del loro passaggio, come baliaggi, sotto il controllo diretto dei dodici Cantoni Svizzeri, ma fu anche quello d’altri avvenimenti importanti che influirono parecchio sulle popolazioni ticinesi, ed influendo anche a livello di politica internazionale1 , riguardo al controllo dei traffici, durante il loro passaggio attraverso le alpi e le prealpi. Il passaggio avvenne con la promessa del futuro Luigi XII, fatta ai Confederati nel 1495 e nel 1499, per ottenere aiuto contro il Duca di Milano. La Val Lugano fu definitivamente occupata, dopo diverse vicissitudini, nel giugno del 1512; il Duca Massimiliano Sforza rinunciò al possesso in favore dei Confederati il 28 settembre ed il 26 gennaio 1513, il castello di Lugano venne anch’esso occupato dagli stessi confederati. La pace perpetua del 1516 confermò l’occupazione. Dopo la conquista elvetica, Lugano e la sua valle, vennero a dipendere dai 12 cantoni e furono suddivisi in quattro pievi (Lugano, Agno, Riva S.Vitale e Balerna), ognuna avente due reggenti ed un piccolo parlamento. Nel baliaggio2 si contavano pure i comuni separati di Morcote, Vico, Carona, Sonvico, Monteggio, Ponte Capriasca, Vezia, Carabietta, Ponte Tresa e Magliaso. Insomma i 12 cantoni subentranti, avevano lasciato alla popolazione gli antichi privilegi e diritti contenuti negli statuti3. Questi statuti garantivano, “in perpetuo”, privilegi particolari come esenzioni dai dazi e fiscali, che si sarebbero dovuti versare come in tutte le altre vicinie, ai landfogti dei dodici cantoni appena subentrati ai due vescovadi, comasco e milanese. I landfogti elvetici, funzionari d’amministrazione locale o regionale, avevano nelle loro mani il governo, applicandosi però maggiormente all’amministrazione della giustizia. Il perché di ciò andava ricercato nella venialità: infliggendo pene pecuniarie, spesso in conversione a quelle corporali, il landfogto si arricchiva. I 12 cantoni, mantennero la loro supremazia sulle terre ticinesi sino al 1798, anno dei moti luganesi e nel quale il Ticino dovette scegliere se aderire alla Repubblica Cisalpina o alla Confederazione, optando per quest’ultima nel 18034. D‘altra parte, l’influenza lombarda sulle nostre zone non si limitava alla sola area spirituale; quello che un tempo era stato un contado, ora comasco ora milanese, continuava a rappresentare fonte d‘interessi economici sia per Como che per Milano. Anche in Ticino giunsero gli echi degli avvenimenti che si stavano svolgendo oltralpe, come la nascita e la diffusione della riforma protestante e altri fatti come il Concilio di Trento (1545 – 1563), che alla riforma erano legati. 1 Da “Melide”. Glossario: Baliaggio = terre sottomesse al balivo, persona che esercitava potere giudiziario e amministrativo sulle terre sottoposte. 3 Da “Archivio storico comunale di Carona”. 4 Da “Archivio storico comunale di Carona”. 2 6 La formazione di una nuova parrocchia non era un fatto automatico, né che si potesse condurre a termine in tempi brevi; dopo i secoli in cui il clero aveva vissuto in maniera abbastanza incontrollata dalla gerarchia, il Concilio tridentino aveva adottato provvedimenti ed emanato disposizioni che tendevano al controllo capillare e puntuale d’ogni aspetto della vita della chiesa. La paura della diffusione della riforma, sommata al desiderio di rinnovo della vita religiosa, ponendo fine alla corruzione e alla decadenza che si manifestarono ampiamente in precedenza, portò il Concilio di Trento al decreto di nuove norme che impedissero l’ulteriore deterioramento della situazione, indicando non solo lo spirito, ma anche la lettera del nuovo indirizzo di vita al quale la chiesa doveva attenersi. Per ciò che riguardava la fondazione di nuove parrocchie, i decreti del Concilio disposero che: „nelle chiese poi, dove per la distanza dei luoghi o la difficoltà del cammino, i parrocchiani non possano senza grave disagio, recarsi alla chiesa per ricevere i Sacramenti e praticare i divini uffici, i Vescovi possano erigere nuove parrocchie”. [ … ] “A quei sacerdoti poi, che si dovranno preporre alle chiese di recente erette, sia assegnata una rendita dai frutti di qualsivoglia maniera alla chiesa madre; e, se sarà necessario, il Vescovo possa costringere il popolo a fornire i mezzi atti a sostentare la vita dei sacerdoti„. Innanzi tutto occorreva quindi procedere alla costituzione di beni stabili „da cui si possa percepire ogni anno redditi e proventi tanto da poter eleggere, creare e ammettere per tal chiesa un idoneo beneficiato che attenda alla cura e al bene delle anime soggette a questa chiesa e perché lo stesso beneficiato avesse onesto sostentamento“. Si stabiliva, inoltre, che nella chiesa nuova dovevano obbligatoriamente trovarsi un parroco officiante in permanenza, la chiesa doveva perciò possedere una canonica, la quale doveva essere adiacente alla chiesa ma non necessariamente in contatto con lei. Nel sagrato, salvo altrimenti per ragioni di spazio, non si dovevano più seppellire i defunti, come avveniva in precedenza, ma bisognava costruire un cimitero che fosse anch‘esso adiacente alla chiesa ma separato dalla stessa, cinto da muri e con fossa coperta da grata all’entrata1. Tali ordini furono ricalcati nelle disposizioni del „De fabrica ecclesiae„, testo voluto da S. Carlo Borromeo, in ossequio alle disposizioni emanate dal Concilio per il restauro del culto. In tale testo, si può leggere chiaramente che la recinzione muraria dei cimiteri doveva essere effettuata per impedirne l’accesso agli animali; allo stesso modo la fossa all’entrata doveva formare una trappola per gli animali di piccola taglia che cadevano attraverso la grata nella fossa sottostante2. Entrano pure a tenere parte del discorso costitutivo i patriziati e i patrizi in quanto possessori di terreni, i quali – in parti eguali fra loro – cedevano alla costituenda parrocchia terreni, selve, prati ed orti in quantità tali da poter garantire l’introito annuo stabilito a contratto oltre che un modico quantitativo in valuta. In cambio, sovente, potevano godere del giuspatronato, in altre parole di poter eleggere e scegliere il parroco una volta che questi fosse venuto a mancare, o perché il posto era vacante per rinuncia o per altri motivi. Come si può immaginare, la costituzione della dote, per le famiglie locali, non doveva trattarsi di un operazione indifferente: in pratica ognuna di loro sacrificava del terreno, in quantità più o meno elevate, per costituirla e, date le condizioni di povertà generalizzata dell’epoca, tale rinuncia doveva costare non poca fatica. Difficilmente contestabile risulta il fatto che la costituzione della dote testimoniasse il profondo attaccamento alla fede e il gran desiderio del popolo di erigersi a nuova parrocchia, desiderio che, peraltro, la Chiesa assecondava con vigore. 1 2 Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”. Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto” e “Melide”. 7 Osservando le date di fondazione delle parrocchie ticinesi, si rimane colpiti da come buona parte di loro abbia una data di fondazione che risale tra il 1500 e all’inizio del 1600; ben 45 parrocchie delle quattro pievi di Balerna, Riva, Lugano e Agno furono fondate tra il 1570 ed il 1630. Questo fatto indica chiaramente la volontà della Chiesa di rendere più effettiva la cura d’anime attraverso la moltiplicazione delle parrocchie, ossequiando così lo spirito del Concilio tridentino1. Chiesa Parrocchiale - Carona. Tabernacolo in pietra, ca. fine XV secolo. 1 Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”. 8 2. BREVE STORIA DELLE PARROCCHIE DI MELIDE E CARONA. Le prime tracce di una chiesa a Melide (a differenza di quanto erroneamente ritenuto sino al 1992, data dell’ultimo restauro della chiesa Parrocchiale di Melide), risalgono alla seconda metà del VI secolo. Risale ad allora il primo nucleo della chiesa melidese ed era costituito da una sola aula di culto. Successivamente fu ingrandito, dando forma ad una prima chiesa ben identificabile, eretta a prolungamento delle protoaula1. L’ingrandimento sarebbe stimabile tra la seconda metà del VIII secolo ed il IX. Il primo ingrandimento ufficialmente riscontrabile, con il raddoppio della navata2, è situato tra il 1050 ed il 1075, date suffragate dal ritrovo nello scavo di fondamento di una moneta fatta coniare da Arduino da Ivrea tra il 1002 ed il 1015. Pure di quest’epoca è il primo campanile – si suppone alto una ventina di metri - avente anche funzione di punto di riferimento nel territorio, poiché visibile dal lago. La chiesa sarà poi ingrandita e modificata in diverse fasi finché, nel 1525 e per motivi a noi completamente sconosciuti, fu totalmente rasa al suolo per edificare la chiesa parrocchiale attuale dei SS. Quirico e Giulitta 3. Tuttavia la storia della chiesa di Melide, per un buon periodo, non è concepibile separatamente dalla storia della Parrocchia di Carona. Le prime scissioni pievasche si ebbero verso i primi anni del 1400: tra queste vi figura Carona, che chiese ed ottenne tale scissione da S. Lorenzo di Lugano nel 1425, edificando poi la chiesa di S. Giorgio nel 14274. Con la costituzione della dote, la difficoltà maggiore risultava superata: si può quindi affermare che la scissione di S. Giorgio in Carona dalla plebania di S. Lorenzo a Lugano, avvenne in tempi da record, rispetto alla maggior parte delle scissioni successive d’altre parrocchie in altre pievi ticinesi. Si potrebbe ipotizzare che questo accadde perché Carona era una vicinia ricca; quasi certamente anche Carona dovette pagare un prezzo. Le motivazioni principali della scissione si riscontrano nella distanza eccessiva da S. Lorenzo e nell’impossibilità di recarvisi nei mesi autunnali ed invernali, rendendo di fatto impossibile la cura d’anime dei parrocchiani caronesi che – spesso nei mesi invernali ed autunnali – vedevano morire bambini senza battesimo e anziani senza confessione né unzione, rendendo pure impossibile la presenza degli stessi parrocchiani agli uffici settimanali e la conseguente somministrazione dei sacramenti5. Come già affermato, alla metà del XIII secolo le terre ticinesi si trovavano sotto il dominio milanese. La storia di Carona “Ducale”, come la definisce la Collovà Cotti nel suo “Archivio storico di Carona” del 1967, inizia coi primi anni di lotta a fianco del Duca di Milano Filippo Maria Sforza (fine 1300, inizio 1400) per affermarsi solidamente come padrone del ducato. La devozione al Duca milanese, fruttò ai caronesi arma e insegna, oltre che a numerosi privilegi – esenzioni tributarie e maggiori diritti – che contribuirono a fare di Carona (così come per Morcote ed altri comuni ancora) una terra particolare. Glossario: Protoaula = prima aula o aula di prima edificazione. Dal greco πρωτο = primo e αυλε = reggia o sala destinata a riunioni importanti e solenni. 2 Glossario: Navata = area o corpo architettonico il cui soffitto appoggia su pilastri intermedi oltre che sui muri perimetrali. Nelle chiese più semplici, è, di solito, costituita dalla parte centrale dell’edificio. 3 Fonte: AV Lugano; Fondo Melide; Scatola 3 stampa; G.d.P. del 19.02.1992. 4 Da “Melide”. 5 Da “Melide” e “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”. 1 9 Diploma di Galeazzo Maria Sforza del 1435, attestante stemma e privilegi per Carona. I privilegi erano normalmente garantiti in perpetuo, così pure i 12 Cantoni dovettero riconoscerli più volte nel corso dei lustri a venire1. Analogamente a Carona - privilegi a parte -, Giovan Angelo Fontana e Quirico Castelli, sindaci di Melide, nel 1525 chiesero ed ottennero la scissione da Carona da parte del vescovo comasco Scaramuzza Trivulzio, edificando la parrocchiale dei SS. Quirico e Giulitta. A Melide, dal 1495, trova riscontro oggettivo l’edificazione dell’ospizio di S. Spirito e la sua annessa chiesetta2. E’ ipotizzabile che almeno l’ospizio venne edificato negli stessi periodi di quello di Lugano, edificato oltre due secoli prima nel 1208. Chiesa ed ospizio furono fondati per ordine dell’Ospedal Maggiore di S: Spirito in Sassia a Roma, il quale fu fondato su ordine dell’omonima Confraternita di secolari3 fondatasi nel 1160 a Montpellier nel sud della Francia, con lo scopo di soccorrere i poveri e i viandanti, così come pure i pellegrini diretti in Terra Santa o a Roma4. Seguendo un sentiero che s‘inoltra nel bosco, si giunge a Torello. E‘ verosimile che, in origine, questo fosse un luogo d‘osservazione e che vi fosse una torre di segnalazione, dalla 1 Da “Archivio storico comunale di Carona”. E’ ipotizzabile che l’edificio esistesse già ben prima del 1495, e, vista la sua ubicazione (ora al posto dell’edificio si trova il piazzale di carico e scarico merci della stazione FFS), non si può escludere che sia stato un edificio di segnalazione per il traffico lacuale, o – visto l’ospizio di Lugano, esistente dal 1208 – fosse già ospizio a sua volta, ma privo di chiesa. Durante tutto il medioevo, la vicinia predominante e più importante era Carona; non si può nemmeno escludere l’ipotesi che S. Spirito, fosse stata la fermata o l’approdo “ufficiale” per raggiungere la vicinia di Carona pedonalmente. Va anche considerato che il traffico lacuale di quell’epoca era parte integrante della situazione viaria molto di più di quanto non lo sia attualmente. 3 Glossario: Secolari = appartenenti al secolo, cioè allo stato laico o alla vita civile. Persone civili che si dedicavano ad opere di carattere religioso. 4 Da “Melide”. 2 10 quale deriverebbe poi il toponimo1. Successivamente è stata ipotizzata l‘esistenza di una chiesetta più antica, inglobata poi dal nuovo edificio, che potrebbe essere identificabile con la cappella absidata adibita a sagrestia che si apre sulla navata destra della chiesa. La chiesa di S. Maria Assunta e l‘annesso monastero, furono voluti e fondati dal vescovo di Como Guglielmo Della Torre, originario di Mendrisio 2 La solenne cerimonia di consacrazione si tenne alla sua presenza nel 1217. Qui presero dimora i monaci dell‘ordine agostiniano. Il monastero di Torello3 estendeva i suoi diritti su numerose terre vicine; a Grancia possedeva il deposito del grano (dal quale deriverebbe il toponimo del paese), mentre a Pazzallo, Carabbia, Figino, Bioggio e Caslano possedeva i terreni. Le rendite garantivano il mantenimento della comunità monastica. Il convento venne poi soppresso con decreto pontificio nel 1389, ma due monaci vi rimasero fino al 1398, cioè fino alla loro morte. Successivamente, per decreti, concessioni papali e vescovili, la prepositura di Torello venne destinata al Capitolo di S. Lorenzo in Lugano. Tuttavia, il collegio canonicale di S. Lorenzo entrò in possesso effettivo della prepositura solo nel 1578, grazie alla bolla di papa Gregorio VII. Nel 1586, i magistrati ed il popolo di Lugano, inoltrarono al papa una richiesta per ottenere che le rendite di Torello, insieme a quelle degli Umiliati di S. Antonio in Lugano, potessero essere utilizzate per fondare un collegio, da affidare ai padri Gesuiti, per l‘istruzione della gioventù del Luganese. Non avendo i gesuiti accettato, vennero così i padri Somaschi, che ottennero la prepositura di S. Antonio nel 1598 e quella di Torello nel 1621. Nel corso dei secoli questo insediamento divenne così una masseria rimasta in gestione ai Somaschi sino al 1853, quando venne posta all‘asta ed acquistata da una ricca famiglia milanese, i cui discendenti sono gli attuali proprietari. A Carona figurano poi altri due edifici di culto, la cosiddetta Madonna d’Ongero e l’oratorio dei SS Pietro e Paolo che, essendo la sede della costituita Arciconfraternita del Gonfalone di S. Marta della Buona Morte, aggregata alla medesima arciconfraternita madre, con sede a Roma. Processione religiosa a Melide, ca. 1960. 1 .L’origine del toponimo è tuttora incerta e lungi dall’essere definita con esattezza. Sono ipotizzabili due tendenze: L’una lo farebbe risalire al nome di famiglia dei Della Torre; l’altra ipotizza che il toponimo possa derivare dalla presenza di una torre d’osservazione presente in loco in tempi più antichi. 2 .Ciò è pure suffragato da diversi documenti conservati presso l’archivio Parrocchiale di Carona, tutti risalenti a dopo il 1500, che dimostrano introiti da terreni e possedimenti sìti in Valle di Muggio e che, quasi certamente, furono anche parte del patrimonio fondiario dei Della Torre, che, alla morte del vescovo, probabilmente, andarono a costituire parte dei possedimenti lasciati al monastero. Certo è che sui documenti presi in esame, il nome Della Torre, non figura comunque mai. Forse perché estinta nelle località menzionate sui documenti (Cabbio e Muggio), oppure perché date in affitto a braccianti oppure passate di nome per discendenze femminili. 3 Da “Carona, un percorso artistico”. Di Rita Camponovo, ed. Gaggini e Bizzozzero. 11 L’oratorio, che per il popolo era la sede della Santa protettrice della confraternita, fu così conosciuto e chiamato con il nome della Santa e non con i nomi dei Santi patronali ai quali era dedicata.1. Chiesa di S. Marta – Carona. Affresco di una cappella laterale, ca. fine XV secolo. Chiesa di S. Marta – Carona. 1 Da “Melide”. N.B. Per una storia più approfondita della parrocchia di Carona, si rimanda al § 9.2, pagg. 40 – 64, dov’è riportato per intero il testo della Collovà Cotti “Archivio storico comunale di Carona”, testo che reca notizie specifiche ed importanti allo scopo e che sarebbe troppo complesso racchiudere in questo paragrafo. 12 3. IL SENTIERO MELIDE – CARONA E LA SITUAZIONE VIARIA GENERALE. Da tempi ormai remoti, esiste un sentiero che da Melide porta a Carona. I melidesi chiamano questo sentiero „ ol sentee di mort „, dal dialetto locale: il sentiero dei morti. Questa nomea sarebbe dovuta all’usanza (durata dal 1427 sino alla fine del 1600) di portare le salme dei defunti melidesi in corteo funebre sino a Carona per l’ufficio funebre e la successiva tumulazione in loco. L’uso del sentiero è documentabile già molto tempo prima di tale periodo, quale via di comunicazione da e per Carona e come asse di transito (pedestre e con bestie da soma) Nord – Sud. La strada transitante per la forca di S. Martino, risale solo ai primi anni del 1800. Prima di quest’epoca, tutta la costa compresa tra Paradiso e Melide era ritenuta pericolosa, tanto che i prigionieri condannati a morte, erano portati al patibolo utilizzando una barca che da una riva vicina al vecchio pretorio di Lugano (ora sede del Municipio cittadino), portava i condannati fino alla forca posta appunto in zona S. Martino1. I caronesi se ne servivano già da tempo per trasportare i fasci di canapa a macerare nel lago sulle rive melidesi (oltre che per partire o emigrare in direzione meridionale), mentre dai melidesi era usato anche per recarsi in pellegrinaggio o in processione a Torello. Fatto certo è che melidesi e caronesi, durante tutto il medioevo, dovevano scambiarsi un favore reciproco salendo o scendendo sul sentiero. I melidesi che salivano dovevano portare con loro quattro mattoni a testa, in modo da costituire una riserva di materiale da costruzione per i caronesi, mentre questi ultimi, che scendevano a Melide dovevano, in contropartita, portare a Melide lo stesso quantitativo in peso di legna o castagne2 (simbiosi tra i due comuni). Agli inizi del XII secolo s‘accentuò il traffico di merci e persone attraverso i valichi alpini. Le vie del S. Gottardo, Lucomagno e S. Bernardino, come pure quelle comasche, erano preferite, oltre che da mercanti e militari, pure dai pellegrini, rispetto ai valichi del Piemonte e del trentino. I viaggiatori provenienti da Nord, giunti a Bellinzona, avevano la scelta tra alcune strade per recarsi in Lombardia e/o a Milano e Roma. Solitamente, i mercanti con carichi pesanti, muovevano in direzione dei porti lacuali sul Verbano – Magadino e Gordola – che, ad imbarco avvenuto, con chiatte o barconi, via fiume Ticino – Navigli, giungevano a Milano. I mercanti di bestiame ed i militari muovevano in direzione di Taverne, via Monte Ceneri, Alpe del Tiglio, poi seguendo la “strada Regina”, giungevano a Ponte Tresa e da li Milano, via Varese. Avessero scelto la via che da Taverne andava a Lugano, si sarebbero confrontati nuovamente con il problema dell’attraversare il lago, come già successo a Bellinzona.3 1 Segnalazione avuta dal prof. Massimo Colombo, Inventario Vie Storiche Svizzere presso l’Università di Berna. Da “Melide” e cenni della Sig.na Alice Moretti, avuti il 11.10.1999. 3 Le ultime ricerche e gli ultimi lavori in ambito storico, tutte risalenti agli ultimi anni appena trascorsi, dimostrano delle teorie che smentiscono completamente quella ritenuta “più valida” fra tutte fin ad oggi, e che vorrebbe l’asse di transito attraverso il Gottardo come asse più ambito da tutti in assoluto attraverso i tempi, facendo così slittare tutti gli altri contesti viari, parimenti importanti, come “scelte di ripiego”. Ultimamente sono stati rivisitati dei documenti e dei trattati, siglati tra Berna e Milano (ad esempio) durante il 1500, che attestano passaggi di merci e persone (sin da epoche più antiche rispetto alla firma degli stessi trattati) attraverso il Greis. Nelle zone di passaggio di queste carovane, si trovano statuti che regolavano attività e costi dei somieri (questi ultimi erano dei portatori, muniti di bestie da soma) che durante i secoli costituirono anche delle associazioni. Erano parimenti molti altri valichi; non da ultimi il Lucomagno e lo Spluga. Insomma un mercante della Valtellina che doveva recarsi al Nord, di sicuro non avrebbe allungato di proposito la propria marcia unicamente per passare dal Gottardo, ma sicuramente si serviva dello Spluga o altri passi e valichi alpini che si trovavano in zona. Lo stesso esempio valeva per tutti e dappertutto. 2 13 Da un lato l’impossibilità d’imbarcare tutto il bestiame, vista la relativamente esigua flotta lacuale ceresiana, dall’altro – i militari – avrebbero perso troppo tempo e denaro per il trasbordo completo delle truppe da una riva all’altra. Anche i pellegrini, solitamente diretti a Roma o, alcuni, in Terra Santa (Palestina), prediligevano la via del Ceneri sino a Taverne, da li optavano per la variante che andava a Lugano. Pochi sostavano a Lugano presso l’ospizio (edificato nel 1208), imbarcandosi poi successivamente alla volta di Bissone o Riva S. Vitale. La maggior parte però non si fermava nemmeno a Lugano ma, prendeva la strada che da Lugano, passando per Carona arrivava a Melide; alcuni sostavano in S. Spirito, altri s‘imbarcavano alla volta di Bissone, risparmiando così dei soldi preziosi per altri scopi. Da Bissone continuavano poi il percorso verso Sud. Il passaggio da Melide verso sud, ad opera di tanti e diversi viaggiatori, era cosa evidente da secoli. In forza a questi elementi e alla sempre più forte richiesta di passaggi, dopo il 1803, il giovane governo ticinese si prodigò con notevoli sforzi nella politica stradale. Nel 1818, la strada Lugano – Melide (via Forca di S. Martino), fu un fatto compiuto. questa s‘interrompeva però a Melide (zona Romantica, o detta “alla poncia”) e occorreva imbarcarsi per giungere a Bissone. Dopo alcuni scambi di corrispondenza intercorsi tra il Sindaco melidese – che pure faceva le veci, in quest’ambito, di quello bissonese – ed il Consiglio di Stato (Franscini), si ottenne l’approvazione di un progetto, costituente dapprima una corporazione di barcaroli, composta esclusivamente da patrizi locali e costituitasi nel 1818, e poi, a mezzo di un decreto, promulgato nel 1819, si decretarono regole ed incombenze statutarie per lo scopo. Le incombenze riguardavano la presa a carico, da parte dei comuni di Melide e Bissone, delle spese derivanti dalla costruzione della flotta lacuale da trasporto, mentre con gli statuti si proibiva espressamente ai barcaroli di esercitare attività private al di fuori di quella ufficiale, proibendo tassativamente il trasporto di persone, bestiame e merci per proprio conto. Per melidesi e bissonesi si avviava così un periodo d’ottimi auspici, che durò sino al 1848, con l’inaugurazione del ponte – diga, avvenuta il 3 ottobre. L’opera fu costruita su progetto del Lucchini, che si aggiudicò il concorso d’appalto. L’idea di collegare le due sponde in maniera stabile e sicura (senza imbarchi), risaliva comunque già alla seconda metà del 1700, ma non si concretò a causa di dissapori intercorsi tra il sindaco melidese, quello luganese ed il landfogto dell’epoca, ritenuto persona troppo cupida. Se anticamente il concetto temporale era cosa assai relativa, con l’avvento del 1800, il tempo, assunse vieppiù un ruolo di grande importanza e valore. Col 1835, prese avvio, in forma stabile, l’oramai mitico servizio di diligenze Flüelen – Camerlata (CO). Per la corporazione dei barcaroli, ciò significò orari prestabiliti, con cadenze regolari, da rispettare ad ogni costo. Il rispetto di tali orari nella bella stagione non costituiva un grosso problema, la cosa mutava però con la brutta stagione. Freddo, vento e nebbie costituivano seri problemi per la navigazione, oltre che fonte di serio pericolo, infliggendo – a volte – pesanti ritardi sull’ordine di marcia dei postiglioni1 di linea. Di questi inconvenienti fu testimone l’ing. Scalini, esule italiano da qualche anno residente in Ticino, il quale – a mezzo di una missiva – informò il Consiglio di Stato su ritardi e disguidi che si verificavano sulla linea di collegamento ufficiale. Essendo egli ingegnere, che forse in ciò intravedeva una possibilità di lavoro futura, il suo intervento non parve del tutto disinteressato. Nel 1837, il Franscini osservò che era desiderio di molti l’eventuale 1 Glossario: Postiglione = diligenza o carrozza trainata da cavalli, che percorreva una linea fissa prestabilita, che portava, oltre le persone, invii postali. 14 costruzione di un ponte che collegasse le due sponde del Ceresio. Nei mesi ed anni successivi, anche la costruenda ferrovia federale contribuì nel dare un notevole slancio affinché tale progetto si concretasse. D’altro canto, il Franscini, godette pure dell’appoggio di una altro deputato, il prevosto di Mendrisio Franchini, il quale metteva in evidenza l’importanza di un ponte in vista della prospettata costruzione della tratta ferroviaria Milano – Como. All’inizio del 1841, fu aperto il concorso per la progettazione e costruzione del ponte, progetti che dovevano pervenire al Consiglio di Stato entro il Marzo del 1842, si diede così il via alle opere di costruzione1. 1 Da “Melide”. 15 4. LE SEPOLTURE, I PERCORSI PROCESSIONALI E LE CONFRATERNITE. I tre argomenti citati nel titolo, non sono scindibili fra loro, essendo i tre strettamente connessi per diversi motivi come vedremo in seguito. L’uso delle sepolture in chiesa risulta essere una storpiatura di una tradizione religiosa antica, che nulla ha a che vedere con l’uso che ne fu fatto in seguito da parte dei nobili e dei benestanti. Inizialmente erano onorate solo le reliquie di Santi Martiri, che normalmente erano poste e/o conservate presso l’altare o, addirittura, sul loro sepolcro, era edificato l’altare maggiore. I laici, almeno per i primi periodi, di norma venivano sepolti in catacombe. Successivamente si santificarono i primi alti prelati (vescovi, cardinali e papi) che venivano sepolti in chiesa per poter essere a loro volta onorati come reliquie, per mezzo della lapide messa a chiusura del sepolcro. Fu in questo periodo che i nobili, ritenendosi pari o essendo loro stessi alti prelati, si arrogarono il medesimo diritto sepolcrale. Col passare degli anni e dei secoli, questa consuetudine si espanse sino a raggiungere i ceti benestanti che, pagando, ottenevano dalla Chiesa tale diritto. La Chiesa non approvò mai in ogni caso ufficialmente la pratica, ma l’accettò unicamente in viso ai proventi che da essa derivavano. L’uso delle sepolture interne durò per molti secoli e fu abolito ai primi del 1800 da un decreto napoleonico1. In epoche successive alle sepolture nelle catacombe, soprattutto in tutti quei luoghi dove non vi era la possibilità di trovare grotte o spazi naturali per il loro ricavo, s’iniziò a scavare le tombe nel sagrato antistante la chiesa. Tuttavia, per almeno 20 anni, la chiesa dei SS. Quirico e Giulitta, non fu una vera e propria chiesa parrocchiale non possedendo un cimitero; il quale si ottenne solo nel 1545 per mezzo di un decreto d’esproprio, siglato dal landfogto di Zugo Enrico Riffli, ed espropriante un terreno di proprietà di Margherita de Salvi, da destinarsi ad uso pubblico quale cimitero appunto. Tale intervento non servì comunque a mutare la situazione delle sepolture: lo si desume dagli atti di visita dell’inviato episcopale Vescovo Giuseppe Bonomi, che effettuò tale visita nel 1578. Negli atti menzionati è riportato l’ordine di recinzione muraria del cimitero, alla cui entrata doveva costruirsi una fossa coperta da una grata di legno. L’usanza di seppellire i defunti in chiesa, comparve pure a Melide. Lo si apprende dagli atti di visita lasciatici dal Vescovo Archinti nel 1597, il quale scrisse di aver trovato cinque sepolcri interni, dei quali tre privati e due comuni. Nel 1670 avvenne la visita del Vescovo Torriani, il quale mise agli atti che i sepolcri interni erano otto, benché vi fosse un cimitero benedetto attorno alla chiesa. Di tali sepolcri sei erano privati, tanto che ne ordinò la costruzione di due nuovi: uno per le donne „ che non devono seppelirsi confusamente a l’huomini „, e un altro per i sacerdoti. Nel 1684 fu la volta del Vescovo Ciceri. Nei significativi atti della sua visita si legge: „ Cimitero presso la chiesa, cinto da muri, con croce di legno nel centro, ma non vi sono sepolture ! „ Poi durante la visita del Vescovo Neuroni, avvenuta nel 1747, si mise agli atti l’avvenuta costruzione dei due sepolcri ordinati dal Torriani nel 16702. L’uso del sentiero, che i melidesi chiamano „ ol sentee di mort „, sarebbe dovuta all’abitudine (durata dal 1427 sino alla fine del 1600) di portare le salme dei defunti melidesi 1 2 Fonte: Intervista al Parroco di Melide Don Giuseppe Albisetti. Da “Melide”. 16 in corteo funebre sino a Carona per l’ufficio funebre e la successiva tumulazione in loco, oltre che per gli scopi descritti nel paragrafo riguardante la situazione viaria1. Tale ipotesi è pure avvalorata da un’usanza analoga, riscontrabile oggettivamente nella pieve d’Agno (pure nel resto dell’attuale Cantone Ticino però la situazione era identica), nello stesso periodo. In quella pieve – assai estesa poiché partiva da Marchirolo (VA) e si estendeva fino ad Isone – l’unica fonte battesimale e l’unico cimitero della pieve si trovavano presso la parrocchiale d’Agno. Di conseguenza battesimi, ma soprattutto funerali e tumulazioni avvenivano tutte ad Agno2. Nella prima metà del 1500, furono fondate due parrocchie, in modo da diminuire i disagi per le varie funzioni religiose: la parrocchia di Sessa e quella di Bironico (edificazione iniziata nel 1498). Il condizionale resta comunque d’obbligo, per ciò che concerne Melide, poiché esiste anche una tendenza che nega tale usanza, trovando poco probabile l’incamminarsi d’un simile corteo percorrente un sentiero irto e sassoso. Allo stesso modo – sempre secondo la medesima tendenza – appariva ancor meno probabile, prima del 1425/27, il trasporto delle salme sino a Lugano, come invece accadeva nella pieve d’Agno anche per le vicinie molto distanti come potevano essere quelle d’Astano nel Malcantone o, peggio ancora, d’Isone e Medeglia3. Anche se non certificabile con esattezza, l’uso, di recarsi in processione o per visitare il vescovo, a Torello da parte dei melidesi, durante i mesi estivi, risulta ipotizzabile già sin dopo i primi anni dell’avvenuta erezione dell’oratorio. L’uso del sentiero per la traslazione delle salme è pure suffragato da una tradizione popolare che, pur trattandosi di leggenda, reca una data assai precisa, il 15734. In un articolo del G.d.P. del 7 febbraio 1983, trova riscontro la nomina di un parroco per S. Spirito proprio nel 1573, che, oltre le mansioni di cucina e assistenza, avrebbe pure svolto il ruolo d’insegnante per i poveri. Il frate fu mandato dall’ordine degli Spitalieri di Roma per lo scopo. Il giornalista scrisse l’articolo basandosi su una bolla rinvenuta presso gli archivi vaticani a Roma e attestante l’avvenuta nomina di Frate Paolo quale “ospitaliere” per Santo Spirito a Melide. L’utilizzo del sentiero per scopi processionali invece, viene confermato nel 1785; dagli atti di visita del vescovo Mugiasca, il quale decretò la commutazione d’alcuni percorsi processionali, poiché troppo distanti dalla parrocchia. La processione annuale sino a S. Provino ad Agno, fu commutata in processione all’oratorio della B. M. V. del Campiglione5, mentre la processione – assai più antica come tradizione – a Torello, fu commutata in processione all’oratorio della Madonna della Cintura sopra Maroggia. Delle rogazioni minori facevano pure parte altre processioni, come quella all’oratorio di S. Marta sopra Carona o la più conosciuta processione alla Madonna d’Ongero, sempre a Carona6. Ad accompagnare le processioni, oltre al parroco e il popolo, trovavano spazio le cosiddette Confraternite. Le più conosciute risultano essere la confraternita del Santo Sacramento del 1 Da “Melide”. Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”. 3 Fonte: Don Giuseppe Gallizia, storico e archivista presso l’Archivio Vescovile di Lugano, conferma ufficiosamente, riguardo al trasporto salme e tumulazioni, che sia verosimile che ciò che accadeva nella pieve d’Agno all’epoca, sia ipotizzabile per Melide e Carona, e prima ancora verso S. Lorenzo a Lugano. 4 Da “Melide”. 5 .Attuale Santuario della Madonna dei Ghirli a Campione. Fonte: Testo c/o Don Albisetti, “L’oratorio delle Madonna dei Ghirli”. Nel testo figurano diversi toponimi (nomi di località) riferiti all’oratorio, risalenti ad epoche diverse, ma si riscontra solo un toponimo simile a Campiglione, cioè Campellione. 6 Da “Melide”. 2 17 Rosario, la più antica e conosciuta Confraternita di Santo Spirito, che prendeva il nome dall’omonimo ordine, fondato a Montpellier nel 11601, a Carona era pure presente l’arciconfraternita di S. Marta della Buona Morte, la quale si occupava pure di pagare le spese funerarie per i meno abbienti, come risulta da alcune carte cinque e seicentesche trovate nel fornito archivio parrocchiale, oltre che a numerosi legati testamentari, tutti aventi quale beneficiario, appunto, la confraternita di S. Marta.2 Durante le processioni, il porto di tempietti, baldacchini, croci a stile e gonfaloni vari era assicurato dai Confratelli che, oltre a ciò, spettava loro il compito di aiutare il parroco durante tutti gli uffici religiosi, iniziando l’intonazione d’antifone, canti, litanie e orazioni. Essi, per statuto, dovevano vivere degnamente e decorosamente, dovevano pure – saltuariamente – effettuare delle elemosine soprattutto da destinare ai più poveri. Per aderire alle confraternite, inoltre, bisognava versare una tassa annua. Altri compiti erano quelli di tenere in ordine ed efficiente tutto il materiale a loro affidato3. Anticamente, soprattutto alle Confraternite dette della Buona Morte, era affidato il ruolo di becchino, per il trasporto e la tumulazione delle salme, poiché – si dice – nate appunto per questo preciso scopo: per Melide e Carona tale ruolo era assunto – con ogni probabilità – dalla confraternita di S. Marta. A loro, poi, spettavano i proventi delle bussole delle elemosine degli altari minori, soldi che normalmente conservavano per coprire le spese funerarie dei più poveri che non si potevano permettere un funerale né una sepoltura decorosa. Nei registri dei lasciti e legati4, così come in alcuni atti testamentari, appariva consuetudine di lasciare dei soldi – da parte di persone abbienti – per le sepolture dei poveri, oltre che per assicurarsi messe in suffragio, talvolta nel corso d’alcuni anni, nel nostro caso alla Confraternita di S. Marta. Il trasporto si svolgeva in due tappe: da Melide sino al cippo di confine con Carona, il trasporto era assicurato dai Confratelli melidesi, mentre dal cippo sino a S. Giorgio in Carona, di tale trasporto, s‘incaricavano i Confratelli caronesi5. Attualmente, il cippo si trova a circa 150 metri dalla sua posizione d’origine. Fu spostato dopo la prima metà del 1900, perché, al suo posto, furono costruiti dei tralicci per l’alta tensione. Durante lo spostamento del masso, questi si ruppe in tre pezzi, dei quali resta unicamente quello con incisa la croce. L’ipotesi della procedura di coprire le spese funerarie per i più miserevoli, da parte della cassa delle Confraternite, appare maggiormente avvalorata soprattutto prima del 1427, quando il trasporto doveva effettuarsi sino a Lugano 6,con costi sicuramente superiori che non per il solo trasporto pedestre sino a Carona. Pure l’ipotesi nelle sepolture comuni interne alla chiesa, risulta poco probabile in viso ai costi da essa derivanti: quel tipo di sepoltura significava rimuovere la lapide, scavare un nuovo sepolcro nel terreno sottostante rimuovendo parzialmente il pavimento, richiudere il sepolcro riponendo terra e pavimento, ed in fine nuovamente la lapide. Tale sequenza d’operazioni doveva risultare assai più cara di un semplice trasporto. Tantomeno, tale procedura, risultava attuabile in tempi d’epidemia (vedi epidemie di peste del 1595 e del 1631 che sconvolsero e 1 Da “Melide”. Da “Carona, un percorso artistico”, di Rita Camponovo, Arti grafiche Gaggini e Bizzozzero SA, 1996. 3 Da “Melide” e AP Melide, registro delle confraternite. 4 Da AP Melide e Carona, registri lasciti e legati testamentari. 5 Da “Melide”. 6 Don Giuseppe Gallizia, per molti anni archivista e ricercatore presso la curia vescovile di Lugano, conferma ufficiosamente la presenza di un esteso cimitero presso S. Lorenzo in Lugano, forse, d’uso per tutta la pieve. 2 18 decimarono buona parte del popolo d’Europa)1, quando i cadaveri da inumare erano numerosi e quindi la riapertura continua dei tumuli risultava impossibile per lo sviluppo di gas e batteri dovuti alla decomposizione delle salme che, a loro volta, avrebbero potuto scatenare ulteriori epidemie. E‘ perciò più logico ipotizzare che, i sepolcri comuni, fossero utilizzati come ossari, soprattutto prima del Concilio di Trento, quando i defunti venivano sepolti nel sagrato2, quest’ultimo – spesso – assai ridotto di proporzioni. Per creare nuovi spazi di sepoltura era quindi necessario riesumare le ossa e riporle in un ossario, in altre parole il sepolcro comune, in tempi più celeri rispetto ad oggi. Ad avvalorare ulteriormente tale ipotesi, vi è pure il famoso ordine di costruzione di due nuovi sepolcri interni, ordinati nel 1670 dal Torriani3, e sicuramente destinati ad ossari. Questa sequenza d’ipotesi tende ad avvalorare la tesi della traslazione delle salme da Melide a Carona; si potrebbe per cui affermare che detta usanza, non solo avrebbe costituito la realtà, ma che la stessa durò per più di due secoli, dimostrando che non si tratta solo di leggenda ma di un ottimo esempio di storia, tramandata oralmente di generazione in generazione sino ai giorni nostri. D’altro canto, non va neppure dimenticato che inizialmente e per diverso tempo, i morti, venivano sepolti in catacombe appositamente scavate allo scopo. Delle catacombe esistettero pure a Carona, ed erano situate sotto l’antica chiesa di S. Marta. L’antico edificio, probabilmente in stile romanico, pare, fosse dedicato a S. Paolo; più piccolo in dimensioni rispetto all’attuale, aveva l’abside orientato ad Est. Il suo aspetto primitivo venne modificato verso la fine del ‘600, poiché nel 1709 è già verificabile l’esistenza di un nuovo e più grande edificio. Guardando sulla sinistra, salendo per il sentiero che reca al santuario, si può notare un muro in cubi di porfido sostenente il sagrato: osservando attentamente il muro, si potranno intravedere dei massi posti ad arco, che delineano ciò che fu l’accesso alle catacombe. L’accesso fu murato completamente verso il 1930, tanto che alcuni anziani caronesi ricordano ancora di aver visto di persona la camera sepolcrale prima della sua chiusura. Nelle catacombe trovarono certamente sepoltura i confratelli, pure quelli provenienti dalle vicinie lacustri e, forse, pure la gente comune. I corpi venivano disposti verticalmente e avvolti in sudari; venivano poi portati in loco attraverso il sentiero oggetto della ricerca4. Accesso murato alle catacombe di S. Marta. 1 Da “Archivio storico comunale di Carona”. Glossario: Sagrato = spazio o pezzo di terreno consacrato che sta davanti alla chiesa, un tempo usato anche come cimitero. 3 Da “Melide”. 4 Da “Carona, un percorso artistico”, di Rita Camponovo, Arti grafiche Gaggini e Bizzozzero SA, 1996. 2 19 5. EMIGRAZIONE ED ALIMENTAZIONE. Nel 1300, ma già molto prima, l’emigrazione era cosa acquisita da tempo in buona parte del Ticino ma solo per alcune maestranze (altri, anche volendo, non potevano partire poiché erano “servi della gleba”, perciò legati a forza alla “propria” terra essendo considerati appena qualcosa in più che schiavi). Tra gli emigrati melidesi, negli annali della fabbrica del Duomo di Milano nel 1387, vi figurano un Paolo da Melide e un Castello da Melide, l’uno scalpellino e l’altro lapicida1, assieme a molte altre maestranze ticinesi o della zona2. I primi “moti migratori artistici”, risalgono, infatti, a diversi secoli prima e trovano origine tra l’VIII e il IX secolo – periodo nel quale si iniziò ad acquisire maggiore unità costruttiva – iniziando l’affermazione di quei costruttori del lago Ceresio e del lago di Como, chiamati Maestri Comacini, che andarono a formare una corporazione d’architetti, muratori e scultori legati da statuti. Uniti, iniziarono il rinnovamento generale dell’architettura italiana e si sparsero per il mondo a fabbricare, trasmettendosi le regole dell’arte loro, di generazione in generazione. Di questo lontano periodo, ci sono pervenuti solo alcuni nomi di questi maestri, poiché le manifestazioni artistiche dell’epoca erano solitamente collettive: non era l’individuo che contava, ma la corporazione intera alla quale apparteneva. I comacini, iniziarono in Lombardia le loro attività, ma le loro costruzioni si diffusero in breve in molte altre regioni d’Italia. Uno dei primi monumenti nel quale appaiono al di fuori della Lombardia, è rappresentato dalla chiesa di S. Pietro a Tuscania nel Lazio. In questo medesimo periodo, pure a Roma s’avviò un rinnovamento architettonico, e sorsero alcune basiliche. Parimenti, in Francia, si notò lo stesso fenomeno ad opera però d’ordini monastici. Con l’anno 1000, iniziò per l’arte una nuova era, che conseguirà uno splendido sviluppo. Mutarono e migliorarono le condizioni dei popoli cristiani, sorsero i liberi Comuni Italici, diventarono potenti le repubbliche marinare di Venezia, di Genova, d’Amalfi e di Pisa. Il popolo, dopo aver acquistato forza e dignità, sentì il bisogno di liberarsi dagli impacci dei secoli antecedenti, creando forme artistiche nuove. In Francia ed in Italia fu tutto un fervore edilizio. Chiese, monasteri e edifici civili sorsero assieme un po’ ovunque. Nacque così il Romanico, stile prettamente Lombardo, basato su elementi costruttivi saldi e su forme strettamente legate alla costruzione, che conferiranno all’edificio nuova vita, permettendogli l’evoluzione attraverso i secoli, sempre poggiandosi su quelle solide basi. La chiesa che si considera quale chiesa madre dell’architettura romanica italiana, è la chiesa di S. Ambrogio a Milano; altro caposaldo del romanico italiano, è costituito dalla Cattedrale di Modena, consacrata nel 1184. La sua costruzione ebbe inizio nel 1099 ad opera di Mastro Lanfranco, certamente lombardo, forse comasco. Successivamente fu sostituito da Anselmo da Campione. Per due secoli i maestri discendenti da Anselmo, lavorarono alla cattedrale di Modena sino al 1322. Da un documento, che porta la data del 1244, si stabilisce che, Enrico il vecchio ottenne per se e per gli zii Alberto e Jacopo e figli e successori, un aumento di “mercede”, goduta già dal padre Otacio e dall’avo Anselmo, che si obbligò per se e per i discendenti in perpetuo alla lavorazione del duomo modenese. L’ultimo dei campionesi a noi noti, fu Enrico il giovane, che nel 1319 compì la torre del duomo e scolpì il pulpito nel 1322. Lo stesso stile comparirà 1 2 Glossario: Lapicida = dal latino lapis caedere, intagliatore o ornatore di lapidi. Da “Melide” e da “Archivio storico comunale di Carona”. 20 poi anche nelle cattedrali di Piacenza, Cremona e Ferrara. Pure ad Enrico il giovane è attribuito per la prima volta l'uso di due leoni reggenti le colonne del protiro1. Si trovano segni di questa architettura pure in altre città d’Italia e non solo. Nel Piemonte, lo stile lombardo, fu “ingentilito” dal contatto con le influenze francesi. A Genova, sorgono alcune chiese su modelli lombardi, tra le quali S. Maria di Castello. Nel veneto, lo stile lombardo si mescola a quello bizantino, dove ne è maggiore interprete la cattedrale di S. Marco a Venezia. L’arte comacina si diffuse pure in Toscana, dove però fu interpretata in maniera un po’ diversa e originale. Le chiese toscane furono decorate prevalentemente con marmi e videro moltiplicate le archeggiature, soprattutto lungo le facciate; ne è un esempio il duomo di Pisa. Lo schema pisano venne pure esportato in Sardegna, in Corsica e anche – in minor parte – nelle Puglie. I nostri costruttori non emigrarono solo in Italia o verso sud, dove appaiono numerosissimi in diverse regioni, ma anche oltralpe e fin nel più remoto settentrione. Si possono riscontrare i segni dell’arte romanica pure nella cattedrale di Lund in Svezia, costruita da un mastro Lombardo tale Donato. Inoltre già nel XII.o secolo, gli artisti lombardi e comacini furono chiamati in Russia, a Valdimiro, dove venne costruita la cattedrale dell’Assunta. Nel 1139 un maestro comacino edificò a Ratisbona la chiesa di S. Magno, ora scomparsa. Altre rappresentazioni comacine o lombarde le troviamo pure in molte altre e diverse città dell’Austria, della Germania, del Belgio e in Spagna. In Svizzera li troviamo nelle parti più antiche delle cattedrali di Basilea e Neuchatel. Nel Canton Ticino risultano numerosi gli edifici romanici, tra questi vanno senz’altro menzionati il battistero a pianta ottagonale di Riva S. Vitale; troviamo anche diversi edifici, principalmente appartenenti ai secoli XII e XIII. Tra questi sono da annoverare la chiesa di S. Nicolao a Giornico, l’oratorio di S. Vigilio a Rovio, sorto contemporaneamente alla chiesa di Giornico, la chiesina di S. Martino sopra Sonvico e diversi altri ancora2. Molto ancora resterebbe da dire e raccontare di questi nostri avi che continuarono ad operare sino quasi ai giorni nostri in diversi campi e paesi. Per alcuni di loro, l’esercizio di queste professioni era artigianato, per altri più conosciuti e noti, si trattava di portare tradizioni lontane, acquisite nel corso di diverse generazioni, in paesi lontani. Non erano comunque solo gli artisti ad emigrare; l’emigrazione risultava essere un fenomeno legato alla sopravvivenza, cioè il partire per procacciarsi una vita un po‘ migliore rispetto alla miseria dilagante ed endemica presente in Ticino all’epoca3. Restavano così le donne, i vecchi ed i bambini, ancora troppo piccoli per partire coi padri, a sobbarcarsi i duri lavori della terra e a risolvere tutti gli altri problemi che potevano presentarsi. Con la partenza degli uomini dalla patria, questa perdeva pure le sue forze migliori4. 1 Glossario: Protiro = Portico antistante la porta principale di un edificio, coperto da tettoia, sorretto da due colonne laterali appoggiate su due leoni o altre figure scolpite. Dal greco πρωθυρο = portico. Da πρως = prima di; e θυρο = porta, uscio. 2 Da “Breve storia di artisti ticinesi”. 3 Da “Melide”. 4 Da “Melide”, edizione 1992. *Nell’ultimo quinquennio sono emerse nuove teorie, secondo le quali la qualità di vita dell’epoca, almeno per ciò che concerne la nostra ed altre regioni di montagna, era molto meno difficile che altrove. Sul posto erano quasi sempre reperibili, più o meno da tutti, latte, prodotti caseari e (là dove esisteva il lago) pesce; tutti elementi che contribuirono non poco ad eliminare epidemie, riscontrabili altrove, dove queste condizioni particolari non esistevano, come la pellagra che decimavano la popolazione e creava esseri rachitici che andavano ad impoverire le future generazioni locali. 21 Gli altri uomini, pochi, restavano a condurre la dura vita agreste, carica di sacrifici e di pesanti incombenze, in rapporto agli scarsi raccolti dell’epoca1. Fra queste incombenze, facevano parte gli obblighi di decima2 alla parrocchia. In diverse vicinie esisteva l’obbligo di destinare alla chiesa un certo numero di staia di granaglie miste panificabili all’anno. In altre vicinie, pur non esistendo obblighi, vi era consuetudine di fare la stessa cosa. In altre vicinie ancora, la donazione era fatta a scopo d’elemosina da defunti benestanti, che lasciavano nel testamento tale consuetudine. Le granaglie venivano poi macinate e panificate, soprattutto nei mesi invernali, in occasione delle feste patronali oppure in occasione dei funerali, distribuendo poi il pane fra tutti i partecipanti ed i poveri della vicinia. Da tale pratica, scaturisce un dato importante, riguardante l’alimentazione dell’epoca: il pane di mistura che, all’epoca, costituiva la regola3. I cereali più coltivati – costituenti poi la gran parte dell’alimentazione – erano il frumento, la segale, la siligine, il panio, il miglio, l’orzo, il grano saraceno (con il quale si faceva la polenta antica, oltre che con le castagne) e il sorgo. Il pane di mistura giallo, contenente farina di mais, fu introdotto solo molto più tardi assieme alla patata, provenienti dalle Americhe. Ancor peggio fu per la polenta gialla, la cui introduzione nella nostra alimentazione risale paradossalmente solo all’inizio del 1800, probabilmente importata dalla bergamasca. Per variare l’incredibile uniformità dell’alimentazione locale, venivano consumate grosse quantità di castagne e di fave che costituivano così l’integratore, se non addirittura il sostituto, alle granaglie nei mesi invernali o a scorte finite. Altri elementi molto preziosi che facevano parte della nostra alimentazione, erano le olive e le noci, consumate con estrema parsimonia, poiché destinate quasi tutte alla estrazione di olio. Analogo discorso era riservato al pesce – la dove ce n‘era – e al formaggio, prodotti questi quasi tutti destinati alla vendita o per pagare tributi, come nel caso del pesce, almeno per un certo periodo. Una notevole fonte di calorie era costituita dal vino e, durante la primavera e l’estate, si poteva godere di primizie, di verdura e frutta coltivata in loco, anche se non da tutti. E‘ interessante chiedersi cosa significasse, per il popolo, togliersi diverse staia di granaglie all’anno dal già misero prodotto locale. Sapendo che la quantità di pane giornalmente consumata risultava assai ridotta, offrire pane agli altri, per molti, doveva significare un sacrificio insopportabile. Durante il corso del 1800, fu introdotto il riso che, tuttavia, rivestì per molto tempo il ruolo d’alimento di lusso e quindi non accessibile a tutti4. Sostanziali cambiamenti nella nostra alimentazione, si ottennero solo recentemente con l’avvento del turismo – attorno al 1930 – che con loro introdusse i primi concreti cambiamenti5. 1 Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”. Glossario: Decima = la decima parte di raccolto, o del reddito da questo ricavato, pagata come tassa al signore feudale o alla chiesa. In epoca più tarda tassa corrispondente al 10% del guadagno. 3 Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”. 4 Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”. 5 Da “Melide”. 2 22 Pure la carne, anche e solo per i più benestanti, costituiva un raro alimento, solitamente consumato in grandi occasioni festive come il Natale o la Pasqua. Per lo più si trattava di carne suina e, qualche volta, di coniglio o gallina, sempre consumata con infinita parsimonia5. Chiesa di Torello – Territorio di Figino - Barbengo. Consacrazione avvenuta alla presenza del vescovo Guglielmo Della Torre nel 1217. 5 Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”. 23 6. LA LEGGENDA DEL GALLO. Si narra che nel 1573, l’ospedale maggiore di Roma, mandò a Melide, all’ospizio di S. Spirito che da questi dipendeva, un certo Frà Paolo. All’ospizio melidese, egli si occupava di soccorrere i pellegrini ed anche della cucina, per il ristoro dei viandanti. Per tale motivo, Frà Paolo, cadeva spesso nel peccato di gola, ingrassando parecchio durante la sua permanenza nel villaggio lacustre. La popolana Marta gli era molto affezionata, perché il fratone l’ascoltava pazientemente e la consigliava nelle sue necessità. La donna si sdebitava con lui donandogli i prodotti del suo orto. Un giorno regalò al frate anche un galletto, ingrassato appositamente per lui; sfortunatamente la donna morì all’improvviso appena due giorni dopo la donazione dell’animale. Frà Paolo non ebbe il coraggio di uccidere il galletto, ultimo dono della poveretta, e lo tenne sempre con sé come fosse un cagnolino, tanto che la bestiola gli si affezionò moltissimo, seguendolo saltellando dappertutto. Ormai canuto e pieno d’acciacchi, il frate si preoccupava molto della sorte del suo amico animale, nel caso egli fosse venuto a mancare. Si fece allora promettere dai confratelli di S. Spirito che avrebbero risparmiato la vita al volatile, prendendosi cura di lui all’occorrenza. Arrivò il triste momento della dipartita ed i confratelli tennero fede alla promessa. Durante la veglia, l’animale sembrava impazzito dal dolore, tanto che continuava a correre avanti e indietro per l’ospizio sino davanti alla cella del frate defunto. Quando il corteo funebre si snodò su per la strada per Carona, dove il feretro veniva portato secondo l’uso, il gallo zampettò dietro i parrocchiani a chiusura della processione. Giunti poi presso il grande masso – successivamente chiamato il sasso del gallo – i portatori si fermarono un po‘ per darsi il cambio. Tra la meraviglia dei presenti, ecco l’animale avvicinarsi al feretro correndo, lanciò tre striduli ed acuti „ chicchirichì „ e si lanciò a capofitto, con intenzioni suicide verso il masso. La bestiola cadde a terra, priva di vita, a causa del dolore per la perdita dell’amato padrone. Tale masso si trova tuttora lungo il percorso del sentiero1. 1 Da “Melide” e AV Lugano, Fondo Melide, Scatola 3, Stampa: Articolo del G.d.P. del 07.02.1983 che conferma la reale e avvenuta nomina di un prete, da parte di Roma, per S. Spirito, avente anche funzione d’insegnante, oltre quelle di cuciniere e di assistente ai viandanti ed ai poveri. La nomina avvenne attorno al 1573. 24 7. UNITA‘ DI MISURA E VALUTE STORICHE. GLI INIZI DELLA METROLOGIA IN SVIZZERA1. L‘introduzione in Europa del sistema metrico decimale, tutt‘ora in uso nel campo delle unità di misura, è d‘introduzione relativamente recente. Ecco qualche cenno storico, riferito alla Svizzera, che ci permetterà di capire un po‘ meglio le ragioni che spinsero tutte le nazioni ad unificare tali sistemi. Lo scambio di beni, presuppone l‘esistenza di valori convenzionali di riferimento che ne permettano la misurazione. Anche in Svizzera sono sorte perciò, fin dai tempi più antichi, innumerevoli unità di misura diverse. Particolarmente difficile era orientarsi nelle misure di capacità: il Canton Lucerna, ad esempio, riconosceva 7 diversi „quarti“, il Canton Argovia 17 e il Canton Vaud addirittura 20. Quest‘ultimo Cantone, sembra anzi essere stato il più prolifico in materia di unità di misura, contandone infatti almeno 69, mentre ne sarebbero bastate 4. Nel corso del XVIII.o secolo, l‘estendersi delle relazioni commerciali e il progresso della scienza e della tecnica, mostrarono sempre più chiaramente quali e quante difficoltà creva la „giungla“ di unità di misura esistenti. Si giunse così, nel 1801, al primo tentativo d‘introdurre in Svizzera il sistema metrico decimale, adottato ufficialmente in Francia fin dal 1795. Anche se dapprima non coronata da successo – il nuovo sistema si discostava troppo da quelli abituali –, l‘iniziativa aprì la strada ai successivi sviluppi. Nel 1835, dodici Cantoni decisero di adottare il sistema metrico e la scala decimale, conservando però nei limiti del possibile, la terminologia del piede e della libbra. Nel 1851, la Confederazione, basandosi sulla Costituzione promulgata nel 1848, rese obbligatorio in tutta la Svizzera il sistema „misto“ dei 12 Cantoni e nel 1868 dichiarò legittimo, accanto a quello, l‘uso del sistema „metrico“ puro. Per superare le difficoltà create dalla coesistenza dei due sistemi, fu necessario attendere il 1875, quando la Svizzera riconobbe valido solo il sistema metrico decimale e aderì, come uno degli stati fondatori, alla Convenzione Internazionale del Metro. Venne così perfezionato l‘ancoraggio a un sistema di misura più esatto, sviluppato su basi scientifiche, sempre più diffuso sul piano internazionale e ancora oggi valido almeno nei suoi lineamenti essenziali. La Svizzera era perciò entrata a far parte del SI (Sistema Internazionale) a tutti gli effetti. Gli unici a non aderire a questa convenzione furono dapprima gli Inglesi, i quali ancora conservano le vecchie unità di misura. Quali principali „colonizzatori“ degli stati del Nord Americano, imposero di conseguenza tale metodo anche negli attuali Stati Uniti, anche se alcune misure differiscono leggermente tra i due paesi.2 1 2 Da “Piccolo breviario di numismatica e metrologia”, UBS Zurigo, Dipartimento economia e politica, 1986. Glossario: Metrologia = disciplina riguardante le questioni inerenti alla misura delle grandezze fisiche e i problemi relativi alla scelta delle unità stesse. 25 UNITA‘ INGLESI E AMERICANE. Lunghezza Lunghezza Volume Volume Volume Massa Massa 1 inch (pollice) 1 foot (piede) 1 UK pint (pinta) 1 US liquid pint 1 US dry pint 1 Oz (ounce – oncia) 1 lb (pound – libbra) = SI = = SI = = SI = = SI = = SI = = SI = = SI = 25.4 mm 304.8 mm 568.261 cc 473.176 cc 550.610 cc 28.3495 gr 453.592 gr SITUAZIONE METROLOGICA RIFERITA ALLA RICERCA. Nel codice magno degli statuti comaschi del 1335, si trovano bolle attestanti l’obbligo di utilizzare unità di misura ben determinate come i quartari: uno per la misura di biada ed aglio, uno per la misura del sale, una brenta per la misura del vino e una stadera per misurare ferro e formaggio1. Nei vari paragrafi, si può facilmente notare che, 300 anni più tardi, tali unità di misura restano pressoché invariate. Nei medesimi statuti, codice delle decime, figura una lista di paesi che dovevano tributare a Como una certa quantità di pesce due volte la settimana. Nel caso di Melide – che figura in tal elenco - il tributo settimanale ammontava in totale a 70 libbre: un giorno 40 libbre, e l‘altro 30 libbre. In diverse vicinie esisteva l’obbligo di destinare alla chiesa un certo numero di staia di granaglie miste panificabili all’anno2. Nei catasti d’epoca, le misure dei terreni erano espresse in pertiche e tavole, almeno per quanto riguarda il distretto di Lugano e Mendrisio. Riguardo alla situazione delle valute, prima del 1550 ca., si trovano valori espressi in terzole e fiorini, di cui non è stato tuttavia possibile trovarne una suddivisione, né tantomeno stabilirne un valore veniale, rispetto al potere d’acquisto dell’epoca. Dopo il 1550, le terzole non sono più menzionate ma si trovano altre valute come riportato nelle tabelle che seguiranno3. MISURE DI CAPACITA‘ PER I LIQUDI. La misura maggiore per i liquidi era costituita dalla BRENTA, si trattava di un contenitore a forma di cono rovesciato, fatto di legno e trasportabile a spalla per mezzo di cinghie. La brenta di Locarno e Vallemaggia era la più piccola del Ticino, con i suoi 60.5 litri di capienza. La più grande era la brenta leventinese che teneva ca. 109 litri. La brenta milanese conteneva ca. 75.55 litri, mentre quella di Lugano circa 91 litri, così suddivisi4: vedi tabella 1. 1 Da “Melide” e “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”. Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto”. 3 Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto” e AP Carona e Melide, registri lasciti e legati, catasti e libri delle decime. 4 Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto” e “Il vescovo, il clero, il popolo”. 2 26 LE MISURE DI CAPACITA‘ PER I SOLIDI. I solidi – granaglie – erano misurati in litri e non con altre unità di peso d’epoca. L’unità più grossa era costituita dal MOGGIO, che era di due tipi: il moggio milanese, pari 146.23 litri, ed il moggio di Lugano, corrispondente a 162.22 litri così suddivisi1: vedi tabella 2. LE MISURE DI PESO. La misura per pesi maggiori – poco usata – era costituita dal RUBLO MILANESE, di circa 8.16 Kg. A Lugano si trovavano poi due tipi di LIBBRA: la libbra grossa, pari a 0.78 Kg, e la libbretta – comune a tutti i distretti – che era pari a 0.31 Kg. In Ticino erano pure usate la libbra bleniese, pari a 0.98 Kg; la libbra leventinese, pari a 0.93 Kg; la libbra di Locarno e Vallemaggia, pari a 0.87 Kg. La libbretta luganese era uguale a quella milanese, così suddivise2: vedi tabella 3. LE MISURE LINEARI. Il BRACCIO di Milano, corrispondeva a circa 59 cm, mentre il braccio di Locarno e Vallemaggia, detto anche braccio lungo, misurava circa 67 cm ed era usato per la misura di stoffe e scampoli anche nei distretti di Mendrisio, Lugano, Bellinzona e Riviera. Il braccio più lungo era quello bleniese che misurava ben 73 cm ca.. Esistevano pure unità lineari maggiori, quali la pertica, la tesa ed il piede così suddivisi3: vedi tabelle 4 e 4.1. LE MISURE DI SUPERFICIE. Le misure di superficie, invece variavano da distretto in distretto. La pertica di Lugano era così suddivisa dapprima in tavole, le quali si suddividevano in piedi quadrati, gli stessi si suddividevano in once quadrate. La pertica luganese misurava ca. 703.63 mq. La pertica locarnese, che misurava ca. 848.24 mq, era suddivisa in quadretti, che a loro volta si suddividevano in once. La pertica bellinzonese, che misurava 793.63 mq, era suddivisa in gittate, che a loro volta si suddividevano in piedi quadrati così ripartiti4: vedi tabelle 5, 5.1; 5.2. 1 Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto” e “Il vescovo, il clero, il popolo”. Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto” e “Il vescovo, il clero, il popolo”. 3 Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto” e “Il vescovo, il clero, il popolo”. 4 Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto” e “Il vescovo, il clero, il popolo”. 2 27 LE VALUTE D‘EPOCA1. Se le unità di misura erano complicate, le valute – per certi versi – erano ancora peggio. Vigevano contemporaneamente a quelle locali, pure quelle importate da altri regni. Il cambio delle stesse doveva così essere assai complicato. In ogni caso le valute più riscontrabili sono gli SCUDI e le Lire di Milano, in Ticino ancora in uso nei primi anni del 1800: ben inteso ne esistevano pure diverse altre così suddivise2: vedi tabella 6. TABELLE: MISURE DI CAPACITA’ PER LIQUIDI. TABELLA 1 1 Brenta di Lugano 1 Brenta di Lugano 1 Staio 1 Staio 1 Pinta 1 Pinta 1 Boccale = = = = = = = 91 litri 6 Staia 15.6 litri 8 Pinte 1.9 litri 2 Boccali 0.95 litri MISURE DI CAPACITA’ PER I SOLIDI. TABELLA 2 1 Moggio di Lugano 1 Moggio di Lugano 1 Staio 1 Staio 1 Quartaro 1 Quartaro 1 Quartina 1 2 = = = = = = = 162.22 litri 8 Staia 20.28 litri 4 Quartari 5.07 litri 4 Quartine 1.27 litri Da “La parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto” e “Il vescovo, il clero, il popolo”. In alcune carte e documenti, sono menzionate altre valute come FIORINI, GENOVINE e BAIOCCHI. Non è scritto quale sia il valore corrispondente alle altre valute conosciute e riportate nella tabella. Quanto al conio e alla possibile provenienza, per le Genovine è ipotizzabile che fossero così chiamate poiché provenienti da Genova; il Baiocco invece fu una moneta voluta e coniata dallo stato Vaticano (vedi breviario numismatico e metrologico edito da UBS). Attorno al 1400 – 1500, i Fiorini, coniati a Firenze, città che da origine al loro nome, erano già presenti. In diverse altre città quali Roma, Bologna, Mantova e Ferrara, risultano presenti fino a circa alla metà del 1700; il loro valore, a dipendenza della zona, variava dai 2 ai 16 baiocchi, espressi in multipli di 2 (dal “Manoscritto liutario di Giovanni Antonio Marchi” – Bologna). Altro tipo di valuta, più volte menzionata, era la Terzola, presente nelle carte Caronesi e non solo, ma di cui non si conoscono né provenienza né parametri di cambio alcuno. Dal registro dei conti e Decime del comune di Melide, 1793 – 1816, figura una decima annua da retribuire al parroco quale affitto di un chioso. Attiguo alla casa canonica. L’affitto corrispondeva a Lire 1.3/4.1/8; ovvero 1Lira, 15 Soldi e 2 Denari annui. Non si conosce però la superficie esatta del fondo, forse stimabile a 2 tavole e mezza (vedi imbreviatura all’inizio della frase). 28 MISURE DI PESO. TABELLA 3 1 Rublo Milanese 1 Libbra Grossa 1 Libbra Grossa 1 Oncia 1 Oncia 1 Denaro 1 Denaro 1 Grano 1 Libbretta 1 Libbretta 1 Oncia 1 Oncia 1 Denaro 1 Denaro 1 Grano = = = = = = = = = = = = = = = 8.16 kg ca. 0.78 kg ca. 30 Once 26 gr ca. 24 Denari 1.08 gr ca. 24 Grani 0.045 gr ca. 0.31 kg ca. 12 Once 25.8 gr ca. 24 Denari 1.08 gr ca. 24 Grani 0.045 gr ca. MISURE LINEARI. TABELLA 4 1 Braccio Milanese 1 Braccio Milanese 1 Oncia 1 Oncia 1 Punto 1 Punto 1 Atomo = = = = = = = 59 cm ca. 12 Once 4.916 cm ca. 12 Punti 0.41 cm ca. 12 Atomi 0.34 mm ca. MISURE LINEARI MAGGIORI. TABELLA 4.1 1 Pertica 1 Pertica 1 Tesa 1 Tesa 1 Piede = = = = = 3m 10 Piedi 180 cm 6 Piedi 30 cm 29 MISURE DI SUPERFICIE. MISURE DI LUGANO E MENDRISIO, TABELLA 5 1 Pertica 1 Pertica 1 Tavola 1 Tavola 1 Piede 1 Piede 1 Oncia = = = = = = = 703.63 mq ca. 24 Tavole 29.31 mq ca. 12 Piedi 2.44 mq ca. 12 Once 20.35 cmq ca. MISURE DI LOCARNO, TABELLA 5.1 1 Pertica 1 Pertica 1 Quadretto 1 Quadretto 1 Oncia = = = = = 848.24 mq ca. 1848 Quadretti 0.46 mq ca. 12 Once 20.35 cmq ca. MISURE DI BELLINZONA, TABELLA 5.2 1 Pertica 1 Pertica 1 Gittata 1 Gittata 1 Piede = = = = = 793.63 mq ca. 96 Gittate 8.26 mq ca. 6 Piedi 1.38 mq ca. VALUTE D’EPOCA TABELLA 6 1 Doppia d’oro o argento 1 Ducatone 1 Filippo 1 Filippino 1 Scudo 1 Lira di Milano 1 Soldo = = = = = = = 2 Scudi d’oro o argento 8 Lire di Milano 7 Lire di Milano 3.5 Lire di Milano 5 Lire di Milano 20 Soldi 12 Denari 30 Archivio Comunale – Melide. Prima pagina di un catastro d’epoca. 31 8. BREVE CRONOLOGIA DELLA PARROCCHIA DI MELIDE1. 14. 01. 1432 Fonte: Schäfer, § 10, n. 93, AP Carona. Vengono convocate le congregazioni e le vicinie di Carona, Melide e Ciona, convocate per mezzo di rintocchi di campana, davanti alla chiesa di S.Giorgio di Carona per l’elezione di un parroco, nominato nella persona d’Andriolo de Cabiallo. 27. 06. 1545 Fonte: AC, Fondo Melide, scatola n. 2, interno 116. Diploma di una sentenza data in appello dagli Ambasciatori dei XII Cantoni Confederati, riuniti in Lugano, su una sentenza del Landfogto di Zugo Enrico Riffli, circa un’espropriazione per causa di pubblica utilità, avente per oggetto un giardino (orto), situato sopra la chiesa di Melide, richiesto dal comune alla proprietaria, Margherita de Salvi. Il comune dovrà impiegare il terreno occupato da detto giardino, come ha richiesto, per farne un cimitero e dovrà rifondere a Mastro Domenico de Salvi quanto ha sborsato credendo di poterlo acquistare. Documento in tedesco, con sigillo dello scriba Giovanni zum Brunnen, di difficile lettura a causa del deterioramento dei fogli. 25. 05. 1572 Fonte: AC, Fondo Melide, scatola n. 5, interno 230. Notizia dell’elezione di frate Andrea da Bressano a curato rettore spirituale di Melide, con compenso annuo di 26 scudi d’oro, oltre al godimento di un verziere (giardino od orto) e di una vigna, chiamati rispettivamente giardino e vigna di S. Spirito. 11. 04. 1575 Fonte: AC, Fondo Melide, scatola n. 5, interno 231. Istromento di nomina di frate Andrea da Bressano a curato e rettore spirituale di Melide, col beneficio di 34 scudi annui, rogato dal notaio Gian Giacomo de Salvi da Morcote. 18. 04. 1577 Fonte: AC, Fondo Melide, scatola n. 5, interno 232. Istromento di garanzia, rogato dal notaio Bartolo Lobbia di Lugano, con il quale gli uomini di Melide, convocati dal console Francesco Sardi, danno malleveria (garanzia) per un prestito di 60 scudi, richiesto per la fabbricazione di 2 campane per la chiesa parrocchiale. 01. 12. 1577 Fonte: AC, Fondo Melide, scatola n. 5, interni 234 e 235. Copia del 13.06.1614, desunta dalle imbreviature notarili. a) Il sacerdote Camillo de Peregrini, di Como, è nominato curato delle chiese di S: Quirico e S. Spirito di Melide, le cui sedi sono rimaste vacanti per la rinunzia del parroco Giuseppe Quadrio detto del Piatto, di Lugano. La nomina è fatta dalla comunità di Melide radunata nella piazza davanti alla chiesa di S. Spirito. 1 Da “Melide”, capitolo XI, pag. 89 e seguenti. 32 b) Si stabilisce che il sacerdote Camillo de Peregrini avrà come compenso annuo scudi 34, oltre ad uno staio di vino per ogni famiglia e al beneficio delle due chiese. Dovrà per contro pagare Lire 150 all’ospedale di S. Spirito, come annualmente si suole, con l’obbligo di tenere buona condotta nei suoi rapporti con le donne e di non assentarsi dal comune, sotto pena la nullità della sua elezione. Anno 1578 Fonte: AV Lugano, Fondo Visite, Codice Volpi, pp. 150 e 151. [ … ] L’altare per essere consecrato si alzi tutto intiero, et si accomodi con la bradella alla forma. [ … ] Il cimitero si chiuda con muro facendo alla porta una fossa con sopra la crata di legno. 30. 05. 1591 Fonte: AV Lugano, Fondo Visite, Codice Ninguarda, foglio 81 e seguenti. Atti di visita del Vescovo Feliciano Ninguarda. [ … ] Vi è il cimitero murato. 19. 06. 1591 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Codice Ninguarda, foglio 334 e seguenti. Relazione scritta del vice-curato Luca de Mosconi da Crema, parroco a Melide da 18 mesi. [ … ] Questa chiesa parrocchial di San Quirico et Julita non ha intrata alcuna che io sappia, ma mi danno un tanto per fuoco, che in summa risulta 44 scudi in duoi termini, ma molti sono che non voglion’o non ponno satisfarme. Mi danno anco un star di vino per fuoco che saran’in tutto 7 brente facendo la terra 43 fuochi et quelli che non hanno vigna non vogliono darmi niente. Le anime della cura (curia) sono 197 computati tutti li absenti, et li 44 scudi che mi danno, sono non per fuoco ma per testa. Tengo scuola et ho 4 scuolari al presente … et i scuolari mi danno un talento per ciascuno. Nella terra ne cura di Melì non vi ha altra chiesa salvo quella di S. Spirito di Roma qual Hospital l’ha concessa alla comunità de Melì, dandogli per reconicione un scudo l’anno, et havendomi la comunità concesso un certo puoco terreno di quella chiesa qual si affitta Lire 9 ch’io pago il scudo al predetto Hospital, et la comunità gli fa dir messa tutte le prime domeniche del mese et il giorno di Pentecoste et della Consec.ne ma non mi danno niente se non l’avanzo di quelle 9 Lire. 27. 11. 1597 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Pieve di Lugano, Codice Archinti, pagina 525 e seguenti. Atti di visita vescovile. [ … ] In chiesa vi sono 5 sepolcri: 1 dei Fontana, 2 dei Salvi e 2 comuni. Anno 1597 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Codice Archinti, pp. 61 e seguenti. Decreti relativi alla visita. [ … ] Per quanto riguarda il curato: sia tenuto intravenire il sabato santo alla benedizione del fonte che si fa quello giorno nella chiesa Matrice di Lugano, et d’indi levar l’aqua battisimale et portarla con l’ogli sacri alla sua cura, come anco dovrà esser presente alla Processione solenne che si fa il giorno del Corpus Domini in Lugano, se non harà licentia da noi di far altrimenti …. 33 15. 08. 1626 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Codice Carafino, a, pp. 66 – 67. Visita del Vescovo Carafino. Sono trascorsi 29 anni dalle descrizioni lasciateci dall’Archinti. Ci si aspettava di trovare, in questi atti della visita, una documentazione della nuova situazione, dopo i mutamenti avvenuti per opera del Fontana. Non vi sono spunti che lascino intravedere delle trasformazioni. Anno 1643 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Codice Carafino, Pieve di Lugano, b, p. 83. Visita pastorale del Vescovo Lazaro Carafino. [ … ] Verso sera, assolta la visita a Carona, scendemmo gradatamente a Melide, per il fianco del monte. Si trovavano là, per poter vedere e ossequiare il vescovo, alcuni nobili varesini che dimoravano a Campione. [ … ] 13. 04. 1669 Fonte: AP Melide, Registro lasciti e legati. Il quondam Matteo Castelli di Melide, legò nel suo testamento rogato in Pollonia, come da atto mandatomi, consta …. Scudi 8 (moneta de Lugano) per la fabrica del campanile e altri Scudi 8 per far un credenzone per reporvi dentro il confallone del S.mo Rosario. 06. 06. 1670 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Codice Torriani, pp. 121 e seg.; cfr. Don G. Gallizia, Regesto delle visite del Vescovo Giovan Antonio Torriani , 1669 – 1672; tipo. La Buona Stampa – Lugano, pp. 72, 130, 191. Dagli atti di visita. [ … ] Benché vi sia un cimitero benedetto, attorno alla chiesa, racchiuso da muri, nel quali s’innalza una croce lignea, con crata di ferro all’entrata, i morti vengono sepolti in chiesa, dove vi sono 8 sepolcri, di cui 6 privati. [ … ] Gli abitanti emigrano in varie regioni del Piemonte, nel milanese ed in Germania. La terra produce vino, olio e castagne. Le anime sono 180. Anno 1670 Fonte: Come sopra. Dai decreti relativi alla visita del Torriani. [ … ] In chiesa s’aggiunghi una sepoltura per le donne, che non devono sepellirsi confusamente con l’huomini giusta la Visita Apostolica. Et un altro deve fabricarsi per li Sacerdoti. Non lasci il curato di sgridare a quelli che stanno a sentire la Messa fuori dalla chiesa, et esagerare l’irriverenza d’essa con risate, poco silenzio, strilli di bambini con gran disturbo de’Divini officij: et avverti quelli che lavorano in giorni festivi, ecc. 07. 06. 1684 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Codice Ciceri, n. 126. Dagli atti di visita pastorale. [ … ] Cimitero presso l’ingresso della chiesa, cinto da muro, con croce lignea in mezzo, ma non vi sono sepolture. Casa parrocchiale (canonica) composta da 4 locali; necessita di non poche riparazioni. Ha giardino (orto) e pozzo poco distanti dalla parrocchiale. Raramente vi abita il parroco che ha sua casa più adatta. Popolazione: anime da comunione 127, in totale 139; famiglie 42. Gli abitanti vivono della produzione di vino, olio, castagne e della pesca. Altri emigrano in varie regioni per esercitare le arti pittoriche, scultoree e murarie e per cercare migliore fortuna. 34 13. 03. 1686 Fonte: AC Bellinzona, Fondo Melide, scatola n. 5, interno 242. Sentenza di Giovanni Carlo Besler, di Uri, in una causa del comune di Melide contro gli abitanti di Carona, ivi domiciliati, per le spese delle campane della chiesa e altri obblighi. I caronesi sono liberati dal contributo delle campane, ma devono pagare le decime del Parroco e non possono riavere altre taglie già pagate. Anno 1696 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Codice Bonesana, n. 23. Stato della Chiesa parrocchiale di Melide, redatto dal parroco Bartolomeo Lucchese. [ … ] Et per conto de funerali et oficij se ne fano di rado, ma per l’oficij non va altro alla chiesa che 4 candelle, et per funerali parimente se non quando si fa corpo e setima*, ma quando si fa il sol corpo senza l'oficio ne receve solo 2 candelle, ne per altre funcioni la chiesa non ha nessun utile. [ … ] A mia saputa non vi sono scandali, ne abusi forché regna in molti di starsene fuori di chiesa nel tempo della messa, e molte fiate corretti non canggino stile, et tra l’altre cose, che molto mi spiace si retrova un Francesco Sardi, qual è inconfesso, e violatore delle feste, qual entra a pescare tutti li giorni festivi, nel medesimo modo che fa nei giorni feriali senza mai dipendere del foro eclesiastico, ma solo dal foro secolare, per evitare le pene fatte contro quelli che fano oppere servili in giorno festivo, ma questo vien protetto da qualche personaggio d’autorità; et 2 figli segono li amaiestramenti pesimi di suo genitore, et essi parimente son’inconfessi. *Per corpo intende il funerale, mentre la settima è la messa che viene ufficiata, in suffragio, 7 giorni dopo la sepoltura. Anno 1697 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Codice Bonesana, n. 23. Informazione inviata da Don Lucchese al vescovo di Como. 1) Sotto la mia cura de Melide non si trovano sacerdoti, ne chierici, m’io suddetto curato solo, che fui eletto per curato dalli huomini vicini di questo loco l’anno 1658, havendo quelli il jus eligendi (giuspatronato). 4) [ … ] La rendita certa di questa cura consiste annualmente in lire di Milano 200 in dinari contanti, un staro di vino per cadun foco, lire 50 apreciato, et li beni che godo parimente apreciati lire 50 che mi pagano per la (?) 5) [ … ] Vi sono qualche particulari, che restano qualche residui de legatti fatti da defunti, che per la grande penuria dell’anni scorsi non hano potuto compire. 03. 04. 1697 Fonte: AC Bellinzona, Rogato notarile Antonio Castelli da Melide. Bartolomeo Luchesi, vicario di giustizia del baliaggio di Lugano, anche a nome del fratello Carlo Domenico assente dalla patria, espone all’assemblea dei vicini di Melide “come esso et detto suo fratello sono desiderosi di beneficare la chiesa dei SS.ti Quirico e Giulitta” e chiede e ottiene di poter “ornare la capella ed altare della Madonna del Rosario in detta chiesa e porvi la loro arma e stema” e di voler concedere loro di “far fare nel mezzo di detta chiesa una sepoltura per essi fratelli e la loro famiglia in perpetuo”. In compenso “ si esibiscono di fare un donativo a deto comune di 30 scudi da adoperare nella fabrica del campanile”. 35 Anno 1698 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Codice Bonesana. Decreti per la chiesa parrocchiale di Melide. [ … ] Il curato avisi privatamente, et anche dall’altare, Antonio e Donato Sardi fratelli inconfessi, poco osservanti delle feste e del precetto di udir messa, che nel termine di 15 giorni sodisfaccino al precetto dell’annua confessione e comunione, e siano in avvenire più osservanti delle feste e dell’udir messa, e quando siano renitenti, passato detto termine, e non riportando altro in contrario da noi, si interdica dall’ingresso in chiesa. Si diano à gli atti della visita le fedi della sodisfazione di tutti li legati, et il curato avisi tutti li debitori de legati non sodisfatti, acciò nel termine d’un mese compiscano alla loro obbligatione, e se nel detto termine non haveranno sodisfatto, non riportando altro da noi li interdica dall’ingresso della chiesa, e quando sprezzassero l’interdetto il curato ce ne porti notizia, che si procederà a pene maggiori. 28. 05. 1709 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, codice Bonesana, n. 251. Visita del delegato Antonio Maspero, arciprete di S: Giorgio a Como. L’informazione più importante che viene fornita, riguarda l’avvenuta erezione del campanile. 24. 04. 1747 Fonte: AV Lugano, Fondo visite Neuroni La parrocchiale che dista 4000 passi da Lugano è così descritta. [ … ] In chiesa vi sono 10 sepolcri: 8 privati, 1 per fanciulli, 1 per uomini e donne. Anno 1747 Fonte: Come sopra. Atti riguardanti le rendite della parrocchia di Melide. In genaro si paga dal comune al parroco lire100 di Milano. In luglio lire 100 di Milano. Più gli sono assegnati tre pezzi de luoghi vignati vicini alla parrocchiale, ed una selva di castagne, dove si dice Rotondo: il tutto per lire 50 di Milano. Più si paga il medesimo boccali 16 di vino per fuoco in tempo della vendemmia per altre lire 50 di Milano. Più si paga al medemo in tempo della vendemmia 1 brenta di vino per orzoli. Anno 1748 Fonte: AC Bellinzona, Fondo Melide, scatola n. 5, interno 254. Atti riguardanti la costruzione della Cappella di S. Antonio. Disegno dell’altare con spiegazione e dichiarazione dei costruttori Giovan Battista Adamo da Carona e Giovan Antonio Soldati da Melide. 01. 07. 1769 Fonte AV Lugano, Fondo visite, Mugiasca, n. 5. Verbali d’interrogazione del parroco. La domanda posta riguarda l’indole del popolo melidese ed il numero delle anime del comune. Si rispose che il popolo era di indole buona e che le anime erano 142, suddivise in 36 famiglie. Anno 1769 Fonte: come sopra. Dall’elenco degli allegati della visita. Distinta delle processioni. Il giorno 8 marzo, processione annuale a S. Provino in Agno. Il giorno 20 ottobre, processione annuale a S. Salvatore sul monte. Segue elenco di altre processioni annuali e non. 36 13. 07. 1776 Fonte: AV Lugano, Fondo visite Mugiasca. II.a visita pastorale del Mugiasca. Contiene solo una breve relazione del Parroco Don Gio Batta Garovi che fornisce la suddivisione delle anime: 48 uomini, 63 donne, 24 ragazzi, 20 ragazze (ragazzi e ragazze sotto i 14 anni). Totale delle anime melidesi 155. 03. 09. 1785 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Mugiasca. III.a vista del Mugiasca, durante la quale si decreta la commutazione di due percorsi processionali perché troppo distanti dalla parrocchia. La processione del 8 di marzo a S. Provino di Agno viene commutata in processione alla Madonna del Campiglione. La processione annuale all’oratorio di Torello (distante più di 4 miglia di montagna) viene commutata in processione all’oratorio della B.M.V. della Cintura sopra Maroggia. Segue lista di altre processioni. 13. 06. 1791 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Bertieri. Visita del Vescovo Giuseppe Bertieri, conte. Descrizione minuziosa e dettagliata dello stato della parrocchiale , compresa descrizione minuziosa dei sepolcri interni che sono 10. [ … ] In un angolo di facciata vi è il cimitero ben riparato. Anno 1803 fondazione del Cantone Ticino. 10. 08. 1807 Fonte: AC Bellinzona, Fondo Melide, scatola n. 5, interno 265. Giustina Recalcati cede gratuitamente alla congregazione di S. Spirito ed alla chiesa Parrocchiale di Melide una sua proprietà per ampliare il sagrato. 22. 04. 1815 Fonte: AC Bellinzona, scatola n. 5, interno 268. Istromento per una transazione fra la comunità di Melide ed il Parroco della stessa, a proposito del donativo di uno staio e tre boccali di vino da dare annualmente da parte di ogni famiglia, per il quale nascevano delle questioni e anche dissapori. Con il permesso delle autorità ecclesiastiche, tale donativo sarà mutato in lire 3 cantonali da dare al successore di Don Giuseppe Fontana di Tesserete, il quale, per conto suo, rinuncia la beneficio ed alla cura. 09. 08. 1835 Fonte: AV Lugano, Fondo visite, Romanò. Visita del Vescovo. Agli atti lo stato personale del parroco Andrea Salvi, d’anni 63, di Melide. Segue il computo della popolazione totale di Melide che è di 280 anime. 37 9. ARCHIVI E INTEVISTE. ARCHIVIO COMUNALE – MELIDE. 1670 Catasto dei beni e dei nomi del Comune di Melide, iniziato il 03.08.1670 e siglato dal Cavaliere di Lugano Francesco Betschartz. 1765 Catasto del Comune di Melide con conti risultanti in denari, tradotto e riformato dalle terzole alle Lire di Milano, all’inizio dell’anno 1765. 1775 Registro delle entrate e uscite della Chiesa Parrocchiale di Melide. 1793 – 1816 Libro dei conti e decime al Comune di Melide. 1794 Libro delle decime. 1832 Copia del Catasto del Comune di Melide del 1765. ARCHIVIO PARROCCHIALE – MELIDE. 1600 – 1738 Registro battesimi e matrimoni. 1626 Registro lasciti e legati dal 1626. 1641 – 1710 Registro dei conti parrocchiali. Si legge di un prestito, senza ritorno, di 20 scudi alla confraternita di S. Marta di Carona; in sostituzione dei 20 scudi annui che detta confraternita doveva alla Parrocchia di Melide. 1795 Registro delle confraternite. Oltre ai conti delle stesse si trovano riconfermati gli statuti delle stesse. ARCHIVIO VESCOVILE – LUGANO. Scatola 3, Melide, Stampa: Giornale del Popolo del 07.02.1983. S.Titolo: “ In paese già nel ‘500 una scuola per i poveri”. [ … ] “ Uno dei primi curati di Melide (Frate Paolo) venne mandato dall’ordine degli Spitalieri di Roma nel 1573, con mansioni di insegnante oltre che per accudire i poveri e i viandanti dell’ospizio Melidese…..”. Giornale del Popolo del 19.02.1992. Articolo dedicato ai restauri della Chiesa Parrocchiale di Melide appena terminati. Da questo articolo emergono le notizie sui ritrovamenti archeologici della antica chiesa melidese del VI.o secolo e conseguenti. 38 Scatola 2. Melide, Confraternite, Missioni, Pie unioni, Processioni Mariane. Nella scatola si trova unicamente materiale dal 1850 in poi. N.B. Da una breve intervista a Don Giuseppe Gallizia, emerge e conferma la difficoltà nel reperire materiale dall’antichità sino ai primi anni successivi al Concilio di Trento (1545 – 1563). Sconsiglia la visita all’Archivio Vescovile di Como, poiché non vi si trova più materiale di quanto non ce ne sia presso lo stesso archivio di Lugano. Conferma inoltre ufficiosamente la possibilità della traslazione delle salme in epoche antiche – fino a S. Lorenzo, prima del 1427 e fino a Carona per diversi periodi dopo tale data - così come avveniva nella Pieve d’Agno, ma non è in grado di fornire certezze, dunque il condizionale resterebbe d’obbligo, pure nella stesura definitiva del testo. Conferma pure l’esistenza di un ampio cimitero presso S. Lorenzo di Lugano in epoca remota. Chiesa Parrocchiale – Carona. Fonte battesimale in pietra, ca. fine XV secolo. 39 9.1 ELENCO DEI DOCUMENTI CON MENZIONE MELIDE1. 25.05.1427 20.01.1428 08.03.1430 18.03.1430 08.04.1430 14.01.1432 18.01.1432 10.04.1432 04.02.1684 31.07.1692 17.09.1693 Como: Atto della curia per la separazione parrocchiale; bolla minore di Martino V.o per istruire la separazione concessa nel 1425. Carona: atto relativo alla separazione parrocchiale; bolla magna di Martino V.o. Roma: Lettera bollata di Martino V.o per l‘erezione a parrocchia autonoma sotto la direzione della plebania di S. Lorenzo. Como: Riporta per esteso una bolla minore, precedente ancora quella citata nel documento del 1427, e ripete lo svolgimento della causa per la separazione parrocchiale riassumendola: „ Actum in Archiepali audentia in campo s.co eccl. M.lani „; sulla stessa carta segue un atto. Como: atto di cui sopra rogato a Como da Maffiolus de Gichis, come il precedente di conferma della separazione. Carona: Assemblea della vicinia per l‘elezione a curato di Andriolo da Cabiallo. Vengono stipulati gli oneri di lui verso la parrocchia, comprendente Melide, e viceversa. Como: atto della curia vescovile comasca per ratifica del precedente. Documento con sigillo pendente rotto. Melide: Verbale dell‘assemblea della vicinia. Sono congregati uomini e nobili delle vicinie di Carona, Ciona e Melide. E‘ l‘unico atto del XV secolo in cui sono notati per esistenti dei nobili nelle vicinie e/o nella comunità. Carona: Matteo Rezzini di Melide cede a D. Donato Contestabile di Maroggia un fondo. Roga Antonio Castelli. Melide: atto notarile rogato da Antonio Castelli, notevole per l‘onomastica dei melidesi citati. Melide: Atto di vendita a favore di Giorgio Scala. L‘elenco dei documenti riportato nella tabella qui sopra, comprende unicamente quelli menzionanti Melide o che, comunque, sono direttamente in relazione per questioni parrocchiali o di vicinia con il paese. In altre carte e documenti si trova menzionato il paese per questioni private di vendite di terreni o cessioni di beni tra appartenenti alle due vicinie o in altri luoghi ancora. Documenti strettamente comprovanti l‘uso del sentiero per scopi funerari (traslazione di salme tra Melide e Carona) non se ne trovano oppure, molto più semplicemente, non né esistono. Si trovano documenti riguardanti capitolati d‘onere per il mantenimento delle rete viaria dell‘epoca, ma sempre riferiti ad altre vie di comunicazione e non il sentiero. Esistono pure diversi documenti di cause civili riguardo al rispetto di detti oneri, rispetto sul quale diverse vicinie volentieri sorvolavano, scatenando le ire dei caronesi che ricorrevano ai vari capitani luganesi per ottenere soddisfazioni in merito. La vita dell‘epoca, insomma, non sembra discostrasi di molto – almeno in questo ambito – da quella attuale stando alla nutrita documentazione di cause varie di quel periodo. Singolari pure sono alcune „grida“ pubbliche emesse dai capitani luganesi e riguardanti diverse tematiche, come le proibizioni di passare con animali per certe strade o la cacciata degli zingari „portatori di pitocchi et pestilenze“, come venivano definiti dalle autorità settecentesche. 1 Da “Archivio storico comunale di Carona”. 40 9.2 ARCHIVI RIUNITI DI CARONA. ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE DI CARONA, INVENTARIO E REGESTI. Trascrizione completa del volumetto della Signora Anna Maria Collovà Cotti, edito nel 1967: PREMESSA. Questo inventario è stato suddiviso in capitoli ognuno dei quali illumina, a nostro avviso, vari periodi della storia comunale apportandovi una messe di notizie e aiutando a gettarvi luce. Fanno parte del primo capitolo i libri comunali – statuti, libri di caneparia e dei servitori del comune – e anche alcuni relativi alle Confraternite religiose attivissime in Carona e numerose e antiche, sì che a buon diritto essi sono inclusi come un notevole elemento di comprensione della vita comunale. Con lodevole intento conservativo, il Municipio ha permesso che l’archivio comunale storico provvedesse alla rilegatura di tutti questi importanti documenti, così come alla conservazione in scatole speciali di tutte le molte carte – pergamenacee e cartacee – che dopo accurata ricerca e solerte lavoro, formano oggi il prezioso possesso dell’Archivio storico comunale. In questo primo capitolo è stato usato un ordine strettamente cronologico, conveniente all’argomento. Nei seguenti si è provveduto invece alla divisione in periodi: medievale, ducale, svizzero (baliaggi), svizzero (comune) che corrispondono al più vasto tracciato della storia cantonale. All’interno, questi periodi sono divisi a loro volta per materia in: a) atti della storia comunale, b) cause e processi, c) atti privati, d) miscellanea, quest’ultima accettando tutte le carte che meno facilmente corrispondono alle precedenti divisioni. Figurano in seguito: L’elenco dei documenti originali che sono conservati nell’Archivio di Stato a Bellinzona, l’elenco dei documenti di cui si ha notizia da fonti stampate e infine sono notati quei documenti che, vuoi per l’incendio della casa comunale, vuoi per certa accidiosa incuria, vuoi per certa errata gelosia conservativa, sono andati persi o mancano o non sono tuttora ritornati all’Archivio storico comunale di Carona. Nell’inventario non sono indicati particolarmente – se non per i cognomi illustri ripetuti per secoli – le presenze degli artisti caronesi , che saranno oggetto di altro lavoro. Come già feci per la “Guida illustrata di Carona” chiudo questa svelta presentazione con l’augurio che altri siano dall’Inventario invogliati a studiare i molti appassionanti problemi che la storia di Carona offre – studio utile a migliore comprensione della storia del Cantone attraverso quella di uno dei suoi più illustri comuni. E mi congedo ringraziando quanti hanno permesso il mio lavoro d’oggi: il Comune per la sua fiducia, l’Archivio di Stato per la collaborazione precisa e illuminata, e, per l’aiuto e il consiglio amichevole offerti : la Dr. Caterina Santoro di Milano, il Dr. Giuseppe Martinola, Direttore del Bollettino Storico della Svizzera Italiana nel quale questo studio può apparire e il paleografo Prof. Luciano Moroni Stampa. Anna Maria Collovà Cotti. 41 CAPITOLO 1 – LIBRI DEL COMUNE. - Fogli di libri di caneparia. - Foglio di libro del Comune. - Statuti della Comunità1. - Societatis corporis Christi liber. - Libro del magnifico consiglio. - Libro dei servitori del Comune. - Lista delle sorelle viventi (libro di confraternita). - Lista dei fratelli viventi (libro di confraternita). - Libro dei servi del Comune. - Libro dei legati della Parrocchia. - Capitolato tra parroco e comune e liber mortuorum. - Confraternita del S. S. Rosario. - Libro dei servi del Comune. - Libro delle ordinanze dei consoli. - Libro delle sentenze. - Libro delle vicinie e conti. - Libro dei servitori del comune. - Libro comunale dei pegni e delle vendite e difese. - Banco di giustizia. - Libro dei servitori del comune. - Legati di Santa Marta. - Registro delle assemblee. - Lista dei legati perpetui. - Jura statutaria sive decreta cum criminalia comunitatis luganensis. - Libro dei servitori del comune. - Libro dei servitori del comune. - Libro dei servitori del comune e fogli. - Spese e entrate dell’oratorio d’Ongero. - Libro del magnifico consiglio. - Libro delle risoluzioni comunali. - Libro delle confessioni. - Libro di giustizia. - Libro dei servitori del comune. - Libro dei servitori del comune. - Catasto. 1 1423 – 1427. 1467. 1470. 1522 – 1599. 1565 – 1627. 1590. 1611 – 1865. 1614 – 1845. 1600 – 1602. 1617 – 1683. 1626. 1633. 1648. 1614 – 1620. 1630 – 1634. 1643 – 1646. 1654 – 1658. 1665. 1676. 1628 – 1689. 1689 – 1798. 1690. 1695. 1696. 1700. 1704 – 1711. 1711. 1711 – 1740. 1720. 1727 – 1770. 1732 – 1834. 1743. 1750 ca. 1753. 1769. Del libro degli statuti si conserva nell’archivio storico comunale una copia in volgare, non rilegata, del primo ‘500, che non è mai stata pubblicata. Figura invece in Heusler, Abscheide, Neue Folge, XXXV, 449, la trascrizione di una copia in latino oggi persa. Essa è ricordata da una memoria autografa di E. Motta che descrive tale copia. Essa era rilegata con un atto notarile in pergamena, con copertura ad assicelle di legno. L’ultima pagina portava: “Presbiter Salvator Petrinus hoc statutorum volumen transcriptis anno Domini 1750”. L’assicella portava: “Non per dormire poteres / ad alta sedere sed per studere poteris / ad alta venire”. Una nota del Motta avverte che tale copia fu prestata al Prof. Heusler di Basilea. Questi pubblicò il testo e rese il volume all’Archivio di stato di Bellinzona il 22.01.1889. Tale copia è assente e già nel 1904 risultava introvabile. Dalla copia in volgare, presente in Archivio a Carona ha tratto alcune note lo Schäfer, “Il sottoceneri nel Medioevo”. Il libro degli statuti è citato alle pagine 238, 258, 284, 285, 287. Nell’opera citata dello Schäfer, oltre alle note sul libro degli statuti, sono citati altri atti riguardanti il periodo ducale di Carona. Ne diamo l’elenco: pag. 129, 1422 – pag. 152, 275, 1423 – pag. 275, 1427 – pag. 286, 1427 – pag. 202, 237, 276, 1430 – pag. 200, 1435 – pag. 275, 1437 – pag. 58, 1451 – pag. 347 e seguenti, 1458 – pag. 24, 1475 – pag. 85, 1484 – pag. 193, 1489 – pag. 285, 1507. 42 - Libro della vicinanza. - Stato della popolazione. - Libro della caneparia. - Libro delle curatele e udienze e cassa dei poveri. - Registro delle sentenze e appelli ai consoli. - Nuova aggiunta al catasto. - Libro del catasto, probabilmente fine - Tavole del catasto, probabilmente fine - Catasto, probabilmente fine - Stabili del Comune. - Libro spese e ricavata. - Estimi. - Estimi (incompleto). - “Memoria delle lettere che si ricorre e decreti”. - Libro dei debiti e dei crediti. - Libro del catasto con memoria del - Catasto nuovo. - Libro degli incanti. - Estimi. - Registro entrate e uscite. - Libro delle tassazioni. - Libro delle tassazioni. - Protocollo delle assemblee. 1771 – 1805. 1770 – 1830. 1774. 1797 – 1834. 1637 – 1641. 1798 – 1848. 1700. 1700. 1700. 1780. 1814. 1800 –1815 ca. 1800 ca. 1834 –1891. 1836. 1815. 1838 e seguenti. 1845. 1847. 1845. 1851. 1856. 1860. 1876. Carona – Chiesa Parrocchiale dei SS. Giorgio e Andrea, 1427. 43 CAPITOLO 2 – CARONA MEDIEVALE. Carona è paese antico in cui, continuamente, dietro le linee sobrie del rinascimento, si affacciano e si affermano elementi medievali sì che nello sfogliare le carte l’occhio corre a cercare date e fatti di un Medioevo elusivamente presente. Nella accuratissima veste tipografica del “Codex” di Moroni Stampa si offre la “Cartola venditionis” del 926: Atto di vendita tra privati dai nomi latinamente sonanti (Lorenzo, figlio di Lorenzo) o longobardi (Audino, figlio di Lupo). Ben prima del X.o secolo dunque il paese è sorto e si è formato nella ferace zona di viti e di castagni a ridosso del monte, aperto al lago. Quando, non è dato indicarlo; come, nemmeno. Ma certo dalla pazienza attenta di chi lavora e intanto si lega a un paesaggio stupendo e ne toglie, a poco a poco, sostanza di vita comune è nato un paese a gruppi di case strette fra loro un po’ a balzelloni, lì sui pendii al sole. Nel secolo X.o la forza decentratrice della feudalità ha vinto quella centralizzatrice dell’impero carolingio che si è spezzato in più stati, dalla forma mutevole secondo i legami occasionati dalle alleanze e dal vario gioco politico. Fra questi, dal frantumarsi della Lotaringia imperiale, feudi grandi e piccoli e regni e il Regno di Borgogna al cui sovrano Rodolfo II è intitolata la Cartola venditionis caronese. In essa particolarmente va notato che la proprietà venduta, pur sempre libera da ogni servitù e aggravio, è però ancora sottoposta al forigango dominico: sopravvivenza giuridica degna di menzione. Poi si può solo immaginare il paese crescere lentamente intorno a quel centro che oggi le case Andreoli, già Solari, rappresentano chiaramente con eleganti monofore e le bifore alte su una facciata che sembra ricordare tempi bui di lotta. Passano gli imperatori germanici a poca distanza: il rosso Federico scende a lottare contro i comuni lombardi e più tardi ancora la guerra gira tra le contrade lombarde: fazioni, leghe e nel Milanese le sorde e violente ostilità tra la Motta e la Credenza. Le terre nostre partecipano certo a tutto questo; e forse lassù in cima, nella serena conca dell’Arbostora, anche Carona vede passare armati. Sulle terre ticinesi stende intanto il suo imperio – dal sud salendo lento e deciso – il vescovado comasco che spossessa quello milanese. Se le tre valli rimangono ai canonici del Duomo e la Capriasca è oggetto di tardo scambio (1197), se Locarno e Bellinzona restano sempre in bilico (e invece per Locarno ha parola il vescovado di Novara), le terre del Luganese e del Mendrisiotto dopo il XII.o secolo sono certo tutte comasche. Comasche e pacifiche, comasche e riposanti pur nell’agitarsi dell’evo. Ben lo sa il Vescovo Guglielmo della Torre quando nel 1213 – “per aver luogo di riposo, fra le cure della diocesi” – viene a far costruire Torello, limpido monumento romanico cui sulla facciata imprime la sua effigie, in piedi, benedicente. Quando nel 1217 mons. Guglielmo muore, ha poco goduto da vivo la quiete del monastero e quasi a compenso chiede di esservi sepolto. Ma l’ha dotato riccamente di beni della Mensa Vescovile e, compiuto il servizio imposto dalla stretta regola (distolta da quella degli Umiliati), ai monaci resta un gran lavoro di agricoltura e la raccolta è abbondante – maggiorata da decime che si vengono acquistando fino a Carabbia o nel piano Scairolo o finanche a Bioggio, altro territorio iscritto questo non sotto Carona ma sotto la Corte Regia di Agno in cui sono i beni. Chi dice raccolto dice magazzino e uno i monaci ne costruirono in una terra acquistata quasi subito, che dai loro granai proprio ha nome: La Grancia. Dalle carte dei Padri Somaschi, eredi della prepositura di Torello nel 1572 e oggi conservate in Archivio di Stato, esce la storia del convento fino a tutto il XIV.o secolo, poi l’Archivio storico comunale continua a fornire dati. 44 A questo fondo notevole – e in perfetto stato di conservazione – vanno aggiunte le carte trascritte dal Prof. Luigi Brentani1. Infine per il XIII.o e XIV.o secolo vanno tenute presenti le registrazioni dello Schäfer. In nota di chiusura va aggiunto che già nel XIV.o secolo è fitta l’emigrazione dei Caronesi verso i centri lombardi (e forse altrove, ma non esistono documenti a comprova) e già di qualità notevole se, sulla fine del 1300, gli archivi della fabbrica del Duomo di Milano danno tra i molteplici nomi d’artisti quelli di più ingegneri caronesi, e di una fitta maestranza. Nulla del periodo medievale resta oggi nell’archivio di Carona: è necessario, dunque, rintracciare tali documenti presso i vari archivi che per ragioni storiche sono quelli da cui procede ogni studio del nostro paese. Sotto l’indicazione del luogo vengono gli elenchi delle carte con l’indicazione di collocazione, qui nell’inventario inseriti, capitolo per capitolo, entro il limite cronologico stabilito nella premessa. Avvertiamo inoltre che in Archivio a Carona sono conservate invece le fotocopie di tali documenti affinché la consultazione in loco, oltre che più completa, sia più agevole. Gli originali sono in Archivio di Stato, Bellinzona, Scatola n. 208 Torello (12 carte relative ai beni posseduti o comperati dal Monastero di Torello); Archivio di Stato, Como, Archivio Vescovile, Como. Carona – Loggia Comunale. 1 Per una più agevole consultazione delle pergamene riguardanti il medioevo caronese diamo elenco di quanto è pubblicato nel “Codice diplomatico ticinese” di Luigi Brentani, con la data delle pergamene in ordine cronologico. CDT I, pag. 71, 14.09.1261; CDT I, pag. 75, 01.04.1264; CDT I, pag. 127, 14.05.1280; CDT I, pagg. 149 – 153, 07.05.1298; CDT I, pag. 162, 29.12.1300; CDT I, pag. 200, 1335 Codice delle misure di Como. CDT IV, pag. 117, 20.12.1335. Nella stessa opera si trovano altre notizie riguardanti Carona e il suo circondario. CDT I, pagg. 210, 211. CDT II. Pag. 83. CDT I, pag. 201. Sempre sul medioevo caronese, alcune note sono presenti nello Schäfer. Particolarmente importante la trascrizione dell’atto di vendita del San Salvatore, oggi mancante. 45 ARCHIVIO CANTONALE – BELLINZONA. FONDO PERGAMENE – TORELLO, SCATOLA N. 8. 13. 09. 1261 Atto di vendita: Petracius Guidonis vende al preposito di Torello terreni in Bioggio. 29. 12. 1301 Il preposito di Torello fa livello a Guglielmo detto Fusale di Viganello di beni siti in Bioggio. 29. 07. 1309 Il preposito di Torello fa livello a Enrico de Doneda di beni siti in Bioggio. E’ il primo atto noto in cui compare il luogo La Grancia come dipendenza del monastero. 01. 12. 1315 Atto di vendita con approvazione e concessione vescovile sempre per beni del monastero di Torello, E’ il più antico atto oggi noto in cui compaiono nomi di famiglie caronesi. 22. 01. 1431 Livello e confesso, dal procuratore di Torello al Castellano di Morcote, di beni in Bioggio. 10. 09. 1435 Esposto a proposito di molestie che i fittanti di Torello hanno subito dall’esattore del vescovo di Como. 10. 04. 1460 Atto di vendita tra Bertramino di Sessa e il preposito di Torello per beni siti in Caslano. 16. 08. 1460 Atto di vendita tra certi di Carabbia e il preposito di Torello, per beni siti a Carabbia. 26. 06. 1465 Investitura a Lanfrancolo de Botis di Breno di vari beni in territorio di Magliaso. 03. 01. 1474 Confesso riguardo alla decima di Cabbio, Bruzella, Monte e Muggio dovuta al monastero di Torello. 18. 06. 1515 Sentenza di G. Gold di Zurigo, capitano di Lugano per questioni di investiture livellarie su beni del Monastero di Torello. Dicembre 1520 Livello a Carlo de Fagnano per beni del Monastero di Torello giacenti in Pura. 01. 02. 1526 Confesso fatto dal preposito di Torello per ricevuta della decima del Comune di Bruzella. 17. 05. 1533 Livello ai sindaci di Morcote di una casa in Morcote appartenente al Monastero di Torello. 02. 11. 1537 Livello a Giacomo da Vezio e Cristoforo da Caslano di un prato con viti e alberi da frutto appartenente al Monastero di Torello. 27. 04. 1540 Carlo da Fagnano fa confesso al canepario Giorgio fu Giovanni di Aprile di Carona della decima che Carona deve al Monastero di Torello. 46 CAPITOLO 3 – CARONA DUCALE ( 1414 – 1512 ). Si apre il periodo illustre e maggiormente documentato della storia caronese. Ma vale una precisazione: già dalla fine del XIII.o secolo si è affermata la dominazione territoriale milanese sulle terre ticinesi a coprire quelle diverse appartenenze diocesane che abbiamo detto. Terre di confine le nostre, chiavi dei passi alpini già in epoca romana se per le nostre contrade corse una delle strade che sale al Lucomagno e se da Bellinzona “huius mediolanensis urbis castrum” (Gregorio da Tours: Historia Francorum) sono passati e Goti e Longobardi e Franchi. E dunque terre da assicurarsi subito e il meglio possibile, magari concedendo franchigie che, per via d’interesse, rinsaldino la fedeltà morale. Così come nel medioevo alto, nel pieno di esso, Milano ha saputo la necessità di garantire ai suoi traffici sicure strade verso il Nord: quelle che passano per il nostro paese sono tra le migliori. Perciò sale ben presto a dominare tutto il versante sud delle alpi, e lì si ferma. La lezione politica dell’odiato Barbarossa sembra non sia stata intesa: eppure Federico sapeva che entrambi i versanti di un passo vanno posseduti per potersi tenere garantiti. E forse questa è l’idea prima che informa – abile e lungimirante, pur tra le inaudite crudeltà – certa politica Italiana dello Svevo. Ma almeno fino al piede delle alpi Milano arriva. E a mezzo del XIII.o secolo le terre ticinesi sono milanesi; e poi legate al vicariato imperiale dei Visconti. Ma se tanto è per la storia cantonale, per quella caronese ci piace meglio fare iniziare la storia Ducale di Carona da quei primi anni di lotta necessari a Filippo Maria per assestarsi solidamente padrone e signore del dominio. Non per comodità di data ma quasi a rendere omaggio, attraverso le carte che sono storia loro, a quei caronesi che in simili “tempi di perturbazione” decisero di mettersi a capo della fazione viscontea insieme con Morcote e Sonvico. Nella fedeltà senz’ombra e nel riconoscimento ducale non mai smentito, ci pare di riscontrare un inizio aderente a questo brillante periodo. In ognuno dei caronesi, sia esso in paese o per il ducato a operare o all’estero a illustrarsi con edifici e pitture, c’è fisso il pensiero della soave terra: e “ad augendum territorium” lavorano tutti e magari pagano con la vita l’attaccamento ai Visconti. Forse non scevra da calcolo di interesse, questa devozione frutta al comune l’arma e l’insegna e poi privilegi, esenzioni e maggiori diritti che ne fanno certo una terra particolare, quasi da comparare a Morcote che, sede di un castello forte a guardia del lago, è in partenza in miglior posizione. Cade qui, alla luce di uno spoglio completo dell’archivio storico comunale, di indicare che Carona possiede, già documentati dal XIV.o secolo, alcuni cespiti familiari: De Bono, Piracurte, Adami, Aprile, Scala, Casella, Solari. Sono tra questi i cognomi di quei soldati che perdono la vita per far trionfare la causa viscontea: a loro viene dato un certo numero di privilegi (prima l’arma familiare, poi particolari esenzioni che le famiglie avocheranno a sé nei secoli seguenti: e anche quando certi cespiti scompariranno, gli altri li conserveranno difendendoli con ostinata certezza del proprio diritto). Tre sorte di privilegi sono dunque presenti nella terra caronese: 1) Quelli di arma e insegna (comunale e singolarmente quelli delle varie famiglie). 2) Quelli di esenzione fiscale al comune. 3) Quelli di esenzione fiscale che, per esser dati ai capifamiglia che allora costituiscono collettivamente gli “homines” di Carona, sono dalle famiglie stesse mantenuti più tardi in proprio. E poiché essi erano concessi in perpetuo, le famiglie caronesi (o tutte quelle che rimangono vive nel comune) ne fanno stato anche quando l’autorità che li emanò è decaduta politicamente, anche sotto gli Svizzeri, anche all’estero, sotto altre autorità. Pagati con la vita i privilegi han da valere tutta la vita, allungando i termini di questa a un concetto estremo – e tanto tipico del paese ancor oggi- di vita personale fusa in quella della famiglia. 47 “Pro Charona ad augendum” per tutto il XV.o secolo sembra restare – ormai fissato per la nostra indagine sulle carte – questo, e non altro, il motto dei caronesi del periodo ducale. ELENCO CRONOLOGICO DEI REGESTI. A 13. 01. 1414 10. 08. 1423 20. 05. 1427 20. 01. 1428 20. 01. 1428 28. 01. 1429 08. 03. 1430 18. 03. 1430 08. 04. 1430 14. 01. 1432 18. 01. 1432 10. 04. 1432 10. 02. 1435 25. 01. 1437 02. 03. 1437 Milano – Lettera patente di Filippo Maria per la concessione di arma e insegna per la fedeltà dimostrata dagli uomini del comune. Carona – Verbale d’assemblea della vicinia, per il pagamento delle decime comunali, il giorno di San Martino, al Capitolo di San Lorenzo. Como – Atto della curia per la separazione parrocchiale: riporta la bolla minore di introduzione per istruire la separazione concessa da Papa Martino V nel 1425. (Questa bolla è assente e non è notificata nemmeno a Roma né all’archivio vaticano, né in quello di Stato). Carona – Atto relativo alla separazione parrocchiale. Riporta la bolla di Martino V del 1425. Carona – Liste di pagamenti in denaro ed in natura, per servizio del comune. Contiene moltissimi cognomi degli abitanti del comune dell’epoca. Como – Riporta la sentenza letta a Como al 1428 dicembre 27, rogata dal notaio Jacopo de Bossis. In essa per la vicinia è presente Pietro Solari. Vi si stabilisce l’erezione a parrocchia autonoma. Notai: Giorgio de Blanachis e Abbondio de Zobiis. Roma – Lettera bollata di Martino V per l’erezione a parrocchia autonoma sotto la direzione della plebania di San Lorenzo. Como – Riporta per esteso una bolla minore, precedente ancora quella citata nel documento del 1427, e ripete lo svolgimento della causa per la separazione parrocchiale riassumendola. “Actum in Archiepali Audentia in campo s.co eccl. M.lani”. Sulla stessa carta segue un atto. Atto di cui sopra, rogato in Como da Mafiolus de Gichis, come il precedente di conferma della separazione. Carona – Verbale dell’assemblea della vicinia: elezione a curato di Andreolo da Cabiallo. Vengono stipulati gli oneri di lui verso la parrocchia e viceversa. Como – Atto della curia vescovile comasca per ratifica del precedente. Con sigillo pendente rotto. Melide – Verbale dell’assemblea della vicinia. Sono congregati uomini e nobili della vicini di Carona, Ciona e Melide. E’ l’unico atto del XV.o secolo in cui sono notati per esistenti dei nobili nella comunità. Carona – Verbale dell’assemblea della vicinia: elezione di 4 rappresentanti per l’estimo dei beni degli eredi di Comolo de Casella. Sono notificati i nomi dei vicini di Carona e Ciona. Notaio: Jacobus de Salvi da Melide. Carona – Verbale dell’assemblea della vicinia: nomina di estimatori. Carona – Verbale dell’assemblea della vicinia: nomina di estimatori dei beni di tre defunti. Sono scelti 5 tra i migliori e più degni di cui non viene fatto il nome. 48 18. 03. 1451 29. 03. 1451 18. 02. 1452 08. 03. 1458 27. 11. 1458 18. 01. 1462 27. 11. 1464 15. 02. 1467 24. 07. 1467 15. 02. 1472 10. 02. 1477 26. 04. 1480 12. 02. 1482 09. 02. 1483 12. 02. 1491 18. 02. 1493 24. 03. 1501 Ve. 20. 1506 04. 01. 1507 09. 03. 1468 Carona – Verbale dell’assemblea della vicinia. E’ tenuta “in domo ipsius communis sita juxta ecclesia Sancti Georgi”. Vi appare la prima menzione della loggia comunale. Comporta l’elenco delle prebende e doveri del curato. Carona – Verbale dell’assemblea della vicinia: nomina di estimatori e funzionari. Carona – Verbale dell’assemblea della vicinia: nomina di estimatori e funzionari. Lugano – Lettera patente di Barnabò e Ugo Sanseverino, signori di Val Lugano, che confermano l’unione tra i comuni di Carona e Ciona e quelli di Morcote e Vico Morcote come stabilito nei capitoli conclusi tra i detti comuni. I Sanseverino ripetono la conferma e la camera ducale approva. (Si noti che la lettera esce dalla cancelleria luganese dei Sanseverino). Milano – Atto notarile che riporta la lettera di conferma del capitolo di unione tra Carona e Morcote e il benestare ducale. Lugano – Lettera patente dei Sanseverino, signori di Val Lugano, che concede il privilegio di condono del censo annuo di 50 fiorini d’oro ai comuni di Carona, Ciona, Morcote e Vico Morcote, in perpetuo. Milano – Lettera patente di Francesco Sforza che conferma i privilegi; con le armi viscontee all’inquartato del biscione con l’ingollante e all’aquila imperiale su teca bronzea con due imprese incise. La teca in bronzo dorato è di finissimo lavoro. Milano – Lettera patente di Bianca Maria e Galeazzo Maria Sforza che conferma genericamente, riassumendoli, i privilegi caronesi. Si noti la teca di bronzo dorato con il sigillo di Stato. Milano – I maestri delle ducali entrate straordinarie non confermano le lettere patenti del 1462, mentre confermano i privilegi di esenzione fiscale a Carona. Pavia – Lettera patente con la quale il duca Gian Galeazzo conferma i privilegi e la concessione dell’arma. Sulla plica, l’arma comunale a colori. Milano – Lettera patente di Bona e Gian Galeazzo Sforza che conferma, riassumendoli, i privilegi precedenti sia ducali che sanseverineschi. Milano – Lettera patente con la quale Roberto d’Aragona di Sanseverino, signore di Val Lugano, a istanza del comune, conferma i privilegi anteriori riassumendoli. Milano – Lettera patente del duca Gian Galeazzo Maria Sforza con la quale ripete la conferma dei privilegi. Milano – Lettera patente del Cardinale Ascanio Sforza Visconti con la quale vengono confermati i privilegi. Carona – Atto notarile per una vendita di beni Solari. Milano – Lettera patente di Ludovico il Moro con la quale riconferma i privilegi, riassumendoli. Milano – Lettera patente con la quale Luigi XII di Francia, come duca di Milano, conferma i privilegi caronesi genericamente. Con sigillo pendente da cordicella bicolore, in parte rotto, raffigurante S. Luigi in piedi. Verbale dell’assemblea della vicinia. Verbale dell’assemblea della vicinia. Lugano – Causa per il dazio sul pane di frumento. Causa Carona contro Lugano. La stessa è risolta in favore di Carona. 49 1467 1506 09. 03. 1506 1506 1506 13. 03. 1506 1506 a) b) c) 21. 08. 1506 14. 01. 1448 25. 01. 1453 10. 04. 1470 05. 02. 1483 12. 09. 1485 12. 02. 1491 19. 11. 1496 27. 04. 1504 11. 1506 1506 / 1511 06. 06. 1508 1 gennaio, venerdì – a); gennaio 20, sabato – b); gennaio 26, venerdì – c); gennaio 26, venerdì – d). Causa tra Carona e La Grancia per la manutenzione delle strade. A) esposto, b) notifica, c) sentenza, d) copia della sentenza in volgare. La causa è risolta in favore di Carona. Como – Sentenza lata a Como per un Casella. Roga Raphael de Comis. Carona – Copia di sentenza. Giovan Battista Casella contro il comune. Lugano – Sentenza del capitano di Lugano, G. de Castilliono per la causa di Giovan Battista Casella contro il comune di Carona. Roga Bernardino de Ossuti di Lugano. Lodo arbitrale su un fondamento di diritto con acclusi due fogli sullo stesso argomento (trascrizione in volgare). Si tratta della causa di Giovan Battista Casella contro il comune di Carona. Lugano – Causa di Giovan Battista Casella di Giorgio contro il comune di Carona, essendo console Giovan Battista Casella, di Giovan Antonio. Roga un notaio Somazzi. Una supplica a); più una lettera b); più altre carte sull’argomento c). Il capitano di Lugano alla camera regia ducale. Al capitano di Lugano per la stessa causa. E’ la supplica di G. B. Casella che, tramite il capitano di Lugano, presenta le proprie ragioni. 4 copie di cancelleria di atti relativi alla stessa causa; supplica non datata per l’esposizione da una delle due parti delle proprie ragioni. Milano – Udienza pubblica per la causa del Casella. Carona – Contratto dotale Aprile – Solari. Mascaranico (Val Chiavenna) – Atto notarile per una vendita di beni posseduti da alcuni caronesi. Carona – Atto notarile per una vendita di beni Aprile. Atto notarile doppio per una vendita di beni tra Rusconi e Casella. Carona – Testamento di Tommaso Casella. Roga Guglielmo del Masa. Carona – Atto notarile per una vendita di beni Solari. Carona – Testamento di Bertino Casella. Atto notarile – sciupato. Sindacato per un estimo. Causa di Giovan Battista Casella contro Ursina Casella sua sorella. Duca regnante: Luigi XII re di Francia. Si tratta di 10 carte riunite tutte sullo stesso argomento1. Atto notarile (sciupato). Roga Albertus de Caxella. Nel “Codice Diplomatico Ticinese” del Brentani sono pubblicate le seguenti carte sul periodo ducale caronese, indicate per volume e pagina. CDT IV, pagg. 96 e 97. CDT IV, pag. 116. CDT IV, pag. 186. 50 CAPITOLO 4 – CARONA BALIAGGIO SVIZZERO. “[ … ] Promessa dal futuro Luigi XII ai confederati nel 1495 e nel 1499 per averne aiuto contro il duca di Milano, Val Lugano fu, dopo alterne vicissitudini, definitivamente occupata nel Giugno 1512; il duca Massimiliano Sforza rinunciò il possesso ai confederati il 28 settembre, e il 26 gennaio 1513 il castello di Lugano, venne occupato anch’esso. La pace perpetua del 1516 confermò tale occupazione. Dopo la conquista svizzera, Lugano e la sua Valle vennero a dipendere dai 12 Cantoni, e vennero divisi in quattro pievi con due reggenti ognuna e un piccolo parlamento. Il baliaggio contava inoltre i comuni separati di Morcote, Vico, Carona, Sonvico, Monteggio, Ponte Capriasca, Vezia, Carabietta, Ponte Tresa e Magliaso. Genericamente parlando, i cantoni, avevano lasciato alla popolazione i suoi antichi privilegi, contenuti negli statuti [ … ]”, dal “Dictionnaire Biographique et Historique de la Suisse”, vol. 6, pagg. 491 e 492. Ma tale concessione non avvenne senza questioni: la storia di Carona come baliaggio svizzero è la storia delle cause che la comunità privilegiata sostenne, sia sola, sia unita alle altre comunità dette più sopra e ugualmente privilegiate, per non cedere nessuno dei suoi antichi diritti. Quando essi vennero limitati, si trattò sempre di questioni fiscali e, tali limitazioni, concludono cause annose, che per un centinaio di anni talvolta Carona ripresenta ostinatamente. In questo sforzo, si esaurisce quasi la vita comunale di questi secoli: e, quasi null’altro sia più possibile fare, la vita interna ristagna, cede l’impeto della migrazione artistica. Il paese sembra sonnolento: chiuso tra la lotta per i privilegi e le necessità di migrare per guadagnare, si restringe in sé, forse, conservandosi così più integro e intatto nella stesura architettonica antica, e mantenendo le tradizioni e le forme, quasi a documentare a se stesso l’antica tradizione di gloria. A 1513 17. 05. 1519 04. 1519 1547 19. 07. 1575 10. 02. 1534 15. 06. 1538 06. 07. 1545 06. 07. 1546 02. 1548 01. 03. 1548 16. 07. 1566 Pergamena in tedesco dei XII Cantoni che conferma i privilegi caronesi dai Landfogti. Giuseppe Salla di Lugano quondam Aloysio salda il conto di 3 anni e mezzo per la buona memoria di suo fratello prete, Don Giovanni Giacomo Salla , vice parroco di Carona. Ultimo sabato del mese. Lugano – Atti per la causa per la chiesa del San Salvatore. Abschiede (divisione) della Dieta fatta in Baden il giorno di Santa Caterina del 1547: vi si tratta dei privilegi caronesi. Atto per la causa tra la comunità di Val Lugano e le terre privilegiate di Carona, Sonvico, Ponte Capriasca, Ponte Tresa e Monteggio. Notevoli i nomi dei delegati e testi. Ricevuta di Giovan Antonio de Quadrio a Francesco della Scala, canepario del comune. Conto dei fabbriceri della chiesa. Conferma dagli ambasciatori dei XII Cantoni dei privilegi, statuti e regole. Conferma dagli ambasciatori dei XII Cantoni dei privilegi, statuti e regole. Conferma dagli ambasciatori dei XII Cantoni dei privilegi, statuti e regole. Conferma dagli ambasciatori dei XII Cantoni dei privilegi, statuti e regole. Conferma dagli ambasciatori dei XII Cantoni dei privilegi, statuti e regole. 51 08. 08. 1547 28. 12. 1547 05. 07. 1547 02. 1548 1548 21. 01. 1574 1590 26. 11. 1620 1620 / 1621 25. 07. 1631 07. 08. 1631 08. 1632 08. 01. 1632 27. 06. 1640 08. 07. 1642 17. 08. 1660 17. 05. 1660 07. 03. 1664 27. 08. 1669 05. 09. 1675 23. 08. 1667 31.08.1694 01. 1696 02. 03. 1734 23. 03. 1735 30. 05. 1776 Atto notarile per una cessione di beni. Atto in tedesco introdotto dai landscriba giurati dei XII Cantoni per la conferma dei privilegi del Santo Patrono ligneo. Il landscriba giurato introduce la sentenza di riconferma dei privilegi. Atto in tedesco. Atto dei landscriba intorno ai privilegi caronesi. Assemblea della vicinia per la lettura degli atti per la causa del San Salvatore. Atto notarile riguardante i privilegi caronesi. Conti di pagamento del comune a messi mandati a congregare il Consiglio; 6 fogli. Pagine staccate di un libro dei servitori del Comune. Assemblea della vicinia di Ponte Capriasca (vedi azione comune delle terre privilegiate) con un atto sullo stesso argomento e con due atti sulle stesse. Lugano – Per le terre separate di Sonvico, Ponte Tresa, Ponte Capriasca, Carona e Monteggio. Roga Francesco de Domomagna. Con sigillo aderente e sotto autentica notarile del 21 gennaio 1632, di Jo Paolo Canevali per gli Abati del venerabile collegio, con sigillo aderente “Lugani + Abbatum”. Riva – Risposta della pieve di Riva S. Vitale per la questione delle terre separate. Per i privilegi: lettera del Comune di Carona per una causa istituita a difesa dei propri privilegi. Due mandati di comparizione al Comune di Carona e 4 Luglio per una causa con il preposito di S. Antonio di Lugano e di Torello. Il canepario di Lugano, Quadri, stabilisce che il Comune di Carona è libero dalla taglia pagata dalle comunità di Val Lugano. Roga Pompeo Salvi di Morcote. Per l’extraterritorialità dei privilegi dati alle 4 famiglie caronesi superstiti e viventi. Per l’azione separate di Carona, Morcote, Vico, Ponte Tresa, Ponte Capriasca, Sonvico, Monteggio e Vezia. La comunità accusa i consoli in carica e li dimette per non aver fatto il loro dovere. Per i privilegi sugli estimi e le tasse. Roma – A. Scotto informa Francesco Aprile cancelliere della comunità di Carona dell’invio di un atto in latino. Atto notarile relativo agli estimi. Si noti il sigillo aderente perfetto della cancelleria di Lugano. Gli ambasciatori dei XII Cantoni, udito il parere del procuratore Giovanni Battista Somazzo e dei consoli di Carona, lasciano continuare la terra di Carona nel suo antico costume “ di far veto, dimandar pegno et far esenzioni per mezzo delle loro servitrici”, e ciò avendo esaminato “li loro antichi libri e protocolli insieme d’altre scritture vecchie”. Perciò ordinano che “in ogni tempo venturo mantenghino e proteghino la sopradetta terra [ … ] in tale antico solito et continuato quieto possesso”. Un foglio volante dei servitori del comune. Carona – Atto comunale per il pagamento di una polizza con rinnovi posteriori fino al 1807. Lugano – Arbitrato delle spese fatte per sostenere il privilegio di giudicatura. Carona – Memoria di un appello emessa per gli estimi del 1664. 52 04. 05. 1789 Sentenza di liberazione a favore della comunità di Carona. B 07. 03. 1567 25. 01. 1597 13. 03. 1540 1556 04. 02. 1556 10. 05. 1572 1573 1573 1574 12. 1597 04. 08. 1601 17. 02. 1609 11. 02. 1630 04. 11. 1630 14. 01. 1632 06. 06. 1646 08. 08. 1647 1665 Lugano – In contrada di Carona. Il capitano di Lugano Giovan Escher da Turego, per la causa tra il Comune di Barbengo e Giorgio Antonio di Cipriano, abitante in piano Scairolo, causa le bestie di detto Casella. Ultimo di gennaio. Lugano – In contrada di Carona. Atto della causa tra il comune di Carona e un Casella. Atto per la causa di Giacomo Casella contro il comune. Due scritture della lite innovata per il Monte San Salvatore contro Melide e Carabbia. Ultimo martedì di giugno. Sentenza nella causa tra Lugano e Carona per i diritti di terratico ed altri sul Monte San Salvatore. Doppio tabellionato: Jo Petr. Rusca e Ant. Jopias. Ultimo martedì di marzo. Verbale di assemblea della vicinia per la causa tra Lugano e Carona a proposito del monte San Salvatore, contenente moltissimi cognomi. Ultimo giovedì di settembre. Il Consiglio del Borgo di Lugano – sono notificati i cognomi dei rappresentanti – è convocato per la causa tra il Comune di Lugano e Battista di Annibale Casella e Sebastiano di Giorgio Casella per i diritti sul monte San Salvatore. Sentenza del capitano di Lugano per una causa in cui figura Antonio Lamberti de Carona. Lugano – Lo scriba di Lugano arbitra nella causa tra Morcote e Vico Morcote da una parte e i Comuni di Carona, Sonvico, Ponte Capriasca, Ponte Tresa e Monteggio dall’altra. Aloisio quondam Jacobi de Vancello della Grancia per sé e per i suoi famigliari ratifica e approva un sindacato per la causa per le strade avuta con Carona. 4 atti legati. Il capitano di Lugano per una causa riguardo a certi beni confiscati della eredità di Battista Solari detto “Calloni” di Carona. Lugano – Atto stabilito davanti al luogotenente per la causa tra Giovanni Pietro Scala e Bartolomeo Lobia da Bissone. Lugano – Atto per la causa tra Bernardino Casella e la Comunità di Carona. Lugano – Atto notarile per una causa con un Lucchesi di Pambio. Approvato per una causa. Gli ambasciatori dei XII Cantoni esaminano la causa tra Gio. Batt. Casella e Giacinto Solaro, come consoli di Carona, e Gio. Ant. Casella di Cesarino contro i deputati di Lugano. Poiché per i privilegi ottenuti “li beni tanto situati tra li confini del loro territorio quanto qualmente altri beni situati fuori delli detti confini” non sono tenuti a pagare le taglie – come da conferma del 1548 – si conclude e si stabilisce che non si paghino taglie per tutti i beni acquistati prima del 1660. 53 13. 08. 1672 30. 03. 1675 18. 08. 1677 31. 10. 1692 27. 01. 1746 Lugano – Actum in contrata Carona. Roga Bartolomeo Adamino per la causa riguardo le strade tra Carona e Barbengo: tocca a quelli di Barbengo accomodarla in modo da passare a piedi e a cavallo. Per la causa del Comune contro i Casella. Lugano – Due atti in copia per la causa tra Carona e Lugano in quanto agli estimi. Lugano – Roga Antonio Casella. A proposito di una lite non citata (lites et causas tam notas) tra Giov. Batt. Casella e Carlo Francesco Scala, assente. Carona – Parere per la causa del molino. C 07. 09. 1530 16. 02. 1542 1556 24. 02. 1565 25. 11. 1580 12. 09. 1592 15. 03. 1597 17. 07. 1604 18. 02. 1605 08. 02. 1608 19. 03. 1612 28. 11. 1622 06. 03. 1624 01. 02. 1626 27. 02. 1627 24. 07. 1627 26. 11. 1629 19. 01. 1632 10. 03. 1634 31. 10. 1636 12. 11. 1639 30. 01. 1646 Testamento di Battistina de Casella, di Carona. Tra i testi di Carona figurano i noti cognomi cui si aggiunge un De Orlando. Atto notarile in lingua tedesca. s.d. Sentenza per una vendita alla presenza del Capitano di Lugano. Ricevuta di Giovan Michele Casella al console del Comune. Causa per un testamento impugnato. Battista Solari di Ghirla lascia erede Margherita sua figlia, sposa a Giorgio de Piracorte e i fratelli si oppongono. Lugano – Il capitano di Lugano è venuto a sapere che Giorgio di Martino del Sasso di Cevio ha detto con un convallerano che, siccome il parroco di Carona, Matteo del Galeazzo di Canobbio, lo odia, egli lo avvelenerà. Perciò diffida il valmaggese dal mettere in atto tale proposito. Atto riguardante una vendita di bestiame, con i nomi dei testimoni. Cadepiano – Testamento di Francesco Casella di Barbengo. (V. Gilardoni). Carona – Atto notarile per una vendita. Roga Jo Pietro Scala di Vico Morcote. Atto notarile. Roga Antonio Salvi de Morcote. Dichiarazione d’essere stato teste al testamento di Giulia Basino, fatta da Pietro Solaro, contro gli atti per la causa di Domenica Basino contro la chiesa di San Giorgio. Roga Jo Petrus Scala de Vico. Testamento di Maddalena dell’Orso (Vallemaggia, Virgilio Gilardoni). Testamento di Bartolomeo quondam Pietro Solari. Carona – Giorgio Scala, con i fratelli e i figlioli di Giovan Battista Scala, si riconosce debitore di Diego Maderno de Lugano. Carona – Atto di vendita. Roga Giovanni Antonio Solari di Morcote. Investitura di Giov. Batt. Casella di Bernardo da Carona di un feudo legale. Lugano – Atto notarile riguardante G. B. Casella. Carona – Dalle imbreviature notarili del rogante per un debito non risolto. Roga Paolo Canevali. Ricevuta di debito di Giacomo Solari. Don Aloisio Morosini, canonico e vicario foraneo, statuisce per l’istanza di Giov. Batt. Casella sul giuspatronato attivo della cappella della Beata Vergine. Lugano – Per un’esenzione fiscale basata sui privilegi posseduti dai rappresentanti di Bernardus Casilinus de Carona. Testamento di Daniele Casella rogato in Genova da Gerolamo Castagnero, notaio. Il documento è importante per le indicazioni di lavori eseguiti e di proprietà del possidente. 54 30. 01. 1646 21. 03. 1660 04. 02. 1684 09. 01. 1685 31. 07. 1692 30. 08. 1692 21. 01. 1693 21. 01. 1693 17. 09. 1693 23. 01. 1703 04. 02. 1706 15. 04. 1707 08. 02. 1710 11. 02. 1710 26. 02. 1714 10. 01. 1722 19. 01. 1724 18. 02. 1726 02. 03. 1726 23. 01. 1730 08. 01. 1734 27. 02. 1734 30. 12. 1735 04. 03. 1738 20. 03. 1741 12. 02. 1749 30. 03. 1749 14. 02. 1750 14. 02. 1750 27. 03. 1754 05. 02. 1759 15. 05. 1761 24. 02. 1763 21. 02. 1767 13. 01. 1768 04. 02. 1769 15. 01. 1770 20. 09. 1770 28. 03. 1782 28. 01. 1784 07. 01. 1788 Testamento in più copie del N. H. Daniele Casella (vedi precedenti alla stessa data). Carona – Testamento di Margherita, figlia di Domenico Scala e moglie di Giorgio Scala. Carona – Matteo Rezzini di Melide cede al D. Donato Contestabile di Maroggia un fondo. Roga Antonio Castelli. La signora Caterina, moglie abbandonata del signor Francesco Aprile di Frulano, dichiara di aver ricevuto dal signor Giorgio Scala 4 genovine (prob. Monete provenienti da Genova) per avergli venduto della terra nel territorio di Carona. Melide – Atto notarile rogato da Antonio Castelli, notevole per i cognomi di Melide. Carona – Domenico Scala, figlio di Giovan Battista, lascia al fratello maggiore Giorgio tutti i suoi beni. Carona – Atto di vendita a favore di Giorgio Scala. Carona – Vendita libera a favore di Giorgio Scala. Melide – Atto di vendita a favore di Giorgio Scala. Carona – Atto di vendita di un terreno. Carona – Atto di vendita di un terreno di un Guido Mistrocho, bleniese, alla chiesa. Carona – Atto di vendita. Notevoli i nomi dei fondi citati con i coerenti. Atto notarile di difficile lettura. Atto notarile. Atto di vendita libera. Carona – Atto di vendita libera. Carona – Atto di vendita. Lugano – Atto di vendita. Carona – Atto di vendita libera. Carona – Atto di vendita libera. Carona – Atto di vendita. Carona – Atto di vendita. Carona – Atto di vendita libera. Carona – Atto notarile di difficile lettura. Carona – Atto di vendita libera. Carona – Testamento di Francesco Maria Scala. Carona – Atto di vendita libera. Carona – Seconda copia del testamento di Francesco Maria Scala. Carona – Donazione in vivo al figlio di Fr. Mar. Scala. Carona – Atto di vendita. Anche qui una moglie abbandonata reclama parte dei beni maritali e il ritorno della dote. Lugano – Atto di donazione di beni. Carona – Atto notarile per divisione di beni. Carona – Convenzione di emancipazione tra i figli di Francesco Scala. Carona – Divisione di beni tra i figli di Francesco Scala. Polizza verso la comunità. Atto di vendita. Carona – Atto di vendita libera. Atto di vendita libera. Vendita di un pezzo di bosco. Carona – Contratto d’affitto. Carona – Atto di vendita libera. 55 08. 04. 1795 10. 09. 1799 Carona – Atto di vendita. Lugano – Inventario dei beni di Giorgio Scala. D 31. 01. 1548 12. 02. 1549 15. 11. 1550 02. 01. 1555 1556 1557 15. 05. 1557 13. 02. 1561 1561 20. 10. 1562 17. 07. 1565 03. 03. 1572 1580 01. 12. 1584 1587 1568 1562 1567 1579 21. 06. 1590 20. 07. 1597 1608 12. 04. 1690 14. 04. 1611 02. 1612 09. 01. 1613 11. 03. 1613 15. 11. 1613 27. 05. 1616 27. 06. 1618 24. 01. 1632 29. 01. 1637 Riconoscimento di obbligazione di Simone quondam Alberti de la Rugia al comune di Carona. Roga Aloisio de Castilliono. Atto notarile per vendite. Atto notarile per vendite. Atto notarile per vendite. Atto notarile per vendite. Atto notarile per vendite. Ricevuta di un versamento. Riconoscimento attestativo di un pagamento fatto al comune di Carona. Atto notarile per pegno e vendita. Atto notarile per la prepositura di Torello. Atto notarile per vendita. Atto notarile per vendita. Como – Atto della curia per la compagnia del S. Rosario. Vedi Virgilio Gilardoni. Foglio volante dei lasciti alla chiesa di San Giorgio e di Santa Marta. Conti della chiesa parrocchiale. Atto notarile per lascito alla chiesa parrocchiale. 601 – Oboli a Santa Marta. 602 – Oboli a Santa Marta. Raccolti i fondi della colletta e quelli del Corpus Domini, vengono versati per pagare “chopi, chalcin e quadrelli”. Atto notarile per vendita. Calende di dicembre – Ricevuta di Sebastiano Beroldingen per un prestito fatto. Conti (V. Gilardoni). “Cum sit quia boni judici de Carona venditione facerunt de beni a Seb. Beroldingen de Uri”. Don Giovanni Battista Solari vice curato di Carabbia certifica aver amministrato il sacramento della penitenza a Giulia Basino di Carona in assenza del curato, e ne riporta i lasciti: 2 atti. Carona – Atto notarile di vendita. Roga Jo Battista Casella tabellionato. Atto di vendita. Carona – Riconoscimento di debiti alla fabbriceria di San Giorgio. Carona – Per fare avere il permesso di fare la processione del S. Sacramento il giorno del Corpus Domini. Alla curia vescovile comasca. Lugano – A proposito di taglie ed estimi. Sonvico – Il console e il servitore del Comune di Sonvico sono citati a proposito dell’amministrazione di Sonvico che è in discussione. Roga Bernardo del Sasso per il Comune e Giovan Paolo Canevali per gli abati del venerabile collegio di Lugano. Como – Per ricostruire il cancello della cappella della Beata Vergine in chiesa parrocchiale. 56 28. 02. 1637 02. 04. 1640 02. 01. 1644 09. 01. 1646 03. 01. 1653 1644 06. 05. 1671 23. 11. 1673 19. 07. 1674 27. 03. 1675 27. 03. 1675 1677 26. 04. 1679 17. 12. 1680 09. 03. 1681 23. 05. 1668 22. 02. 1686 1654 / 1688 1680 / 1690 09. 03. 1692 03. 1685 06. 04. 1696 Lugano – Per il cancello della cappella della Beata Vergine in chiesa parrocchiale. Roga Jacopo de Salvi de Morcote. Gli uomini di Carona al vescovo perché il curato sia in grado di assistere il Sabato Santo alle udienze delle confessioni. Atto di vendita. Atto notarile di vendita. Roga Paolo Paleario (tablonato). Carona – Nota per gli estimi. Estimi di Sonvico. Carona – Atto notarile relativo alle taglie ed estimi. Roga Bartolomeo Adamino. L’atto cita don Marco Antonio Solaro, canonico della collegiata di Santa Eufemia in Val Gallina. Carona – Breve atto relativo alla causa per la cappella della Beata Vergine: esposto per la causa. Lugano – Strumento notarile (citati parecchi cognomi) relativo alla causa precedente. Roma – Aloysio de Aquino, protonotario apostolico, esaminata la questione se sulla cappella della Beata Vergine del Rosario, nella parrocchia di Carona, i Casella, nella persona di Don Giuseppe Casella e consorti, abbiano o no uno jus, nega lo juspatronato attivo e ogni diritto di proprietà, ma conferma e statuisce che ai Casella compete lo “jus honorificum” e l’uso della cappella con il diritto di esercitarvi tutti quegli atti di cui sono capaci i laici. Copia della sentenza promulgata a Roma da Monsignor Panciatico, luogotenente dell’auditore della camera apostolica nella quale si conferma e si statuisce il solo juspatronato onorifico dei Casella sulla cappella della Beata Vergine. Vedi Virgilio Gilardoni. Carona – Strumento notarile per causa. Atto notarile, vedi precedente. Inventario per la chiesa di San Giorgio e Andrea. Inventario per la chiesa di Ciona. Note relative alla chiesa parrocchiale. Pagine staccate di un libro dei legati a Santa Marta. Elenchi di legati alle chiese contenuti in 4 fogli rilegati. Capitoli da osservarsi dal sacrestano di San Giorgio. Carona – Ricevuta di pagamento per una vendita di terreni. Carona – Obbligazione di beni contro prestito. Roga Bartolomeo Casella. 57 ORIGINALI IN ARCHIVIO DI STATO – BELLINZONA. 07. 10. 1564 25. 12. 1567 17. 02. 1608 09. 02. 1645 05. 12. 1672 28. 03. 1673 19. 09. 1673 18. 08. 1677 Roma – Battista Casella ai consoli di Carona: manda una bolla (non esistente negli archivi) di indulgenza con spiegazione della stessa e unisce il disegno della cornice per incorniciarla secondo l’uso romano. Copia dell’arbitrato per i limiti territoriali tra Carona e Pazzallo fatta da Battista Gorino e Bernardino Zozi. ( da” Compria sotto la fornace verso il sasso di sotto e Valmaggiore alla Fonda dov’è Rosaia”). Carona – Testamento di Paolo Aprile. Atto per la causa per la cappella della B. V. del Rosario in S. Giorgio e Andrea a Carona e per il juspatronato di essa: dà gli stucchi come opera di Jo Batt. Casella. Como – Causa per la suddetta cappella. Torino – Causa per il juspatronato della cappella. Ancora per la causa della cappella. Causa: Carona contro Lugano. 1) Spese fatte: accettata la riduzione da L. 14.50 a L. 10.00 a favore di Carona. 2) Vendita di beni: sgravata secondo l’estimo. 3) Per beni acquistati dopo il 1660 paga solo le taglie secondo il nuovo estimo. 4) Per tutto il resto valgono i privilegi. CAPITOLO 5 – CARONA COMUNE. Aprile 1798: agitazione, torbidi, discussioni… il Ticino deve prendere posizione tra la Cisalpina e la Confederazione. Lassù in cima al monte, Carona, continua la sua tranquilla vita; la minuta cronaca dei fatti di ogni giorno domina tra le note brevi che si riferiscono ai più grandi fatti esterni. 15 Aprile, Carona partecipa con tre soldati ai moti luganesi…Come siamo lontani dalla lotta accesa dei tempi viscontei ! Più tardi eccola dirsi “contenta di stare con li boni Svizzeri”. Così, senza quasi dar peso alla cosa, Carona diviene Comune. Adesione tranquilla, vita tranquilla, secolo tranquillo…L’ha aperto del resto il Vescovo servita Casella divenendo Cardinale: e tranquillamente anche lui, se il suo titolo alla storia europea è d’esser stato segretario del Card. Consalvi, presente alla firma del concordato napoleonico con la Santa Sede. Lo chiude il dott. G. Casella con la illustre carriera d’uomo politico e di studioso quasi a sigillare nell’800 che l’antico valore non è ancora morto. A 1810 20. 03. 1832 10. 02. 1833 04. 01. 1836 Decreto del tribunale di prima istanza di Lugano. Lugano – Il tribunale civile di prima Istanza ad istanza di Pietro Calori di Vico Morcote comanda a Giorgio Casella di comparire nella sala delle udienze. Carona – Atto di capitolazione del pastore per la cura delle bestie. Carona – Per la manutenzione delle strade. 58 24. 01. 1836 18. 03. 1838 21. 09. 1839 03. 04. 1855 13. 08. 1863 09. 05. 1853 23. 07. 1853 12. 03. 1853 06. 09. 1854 Carona – Capitolato per il mantenimento del manzo. Carona – Ricevuta della Municipalità di Carona per la consegna di tre carte. Il maestro di scuola, fra Bernardino Scala, viene pagato da Giacomo Scala fu Domenico tramite la Municipalità. Bellinzona – Decreto del Consiglio di Stato della Repubblica e Cantone Ticino per l’incorporazione in qualche comune. Morcote – L’ispettore delle scuole del IV Circondario comunica il giorno degli esami. Lugano – Il Commissario di Governo del Distretto di Lugano avvisa di ritirare dai coscritti gli effetti militari. Lugano – Il commissario di Governo del Distretto di Lugano ingiunge perentoriamente di allestire il rapporto delle curatele. Lugano Il Commissario di Governo invita la municipalità di Carona ad accettare la presenza di un certo Andrea Cattaneo di Pietro. Lugano – La Municipalità invita quella di Carona a dichiarare se riconosce la curatela della famiglia del fu Pietro Fraschiroli. B 09. 04. 1801 Carona – Domenica di Andrea Aprile vende a Giorgio Scala il prato “Bellagna”. La figlia di Giorgio desidera che di tale vendita sia fatto Istromento pubblico. Roga il notaio Francesco Aprile abitante nella casa “ posta sopra la Piazza della Torre”. 30/31. 12. 1801 Tre atti della curia di Como per l’Oratorio privato di casa Casella in Carona. A istanza di Pietro Teresa e Anna Casella. 22. 11. 1805 Circolare del Piccolo Consiglio del Cantone Ticino indirizzata agli eredi del fu Giorgio Scala con l’invito di versare L. 125 per il prestito forzato. 08. 04. 1807 Carona – Riconoscimento di debito da parte della Municipalità verso Vincenzo Adami. 25. 01. 1809 Carona – Il calzolaio Giuseppe Casella presenta un conto a Giorgino Casella. 30. 03. 1809 Carona – Dichiarazione di prestito da parte della Municipalità verso Bonaventura Solari quondam Andrea. C 15. 03. 1810 06. 02. 1811 06. 02. 1811 06. 02. 1811 Carona Dichiarazione di prestito da parte della Municipalità verso Bonaventura Solari quondam Andrea. Obbligo di tutti i particolari del Comune di Carona e della terra di Ciona a debito del cittadino Bonaventura Solari. Roga: Aprile Notaro. Carona – Obbligo del comune di Carona a debito del cittadino Alessandro Adami quondam Salvatore. Roga: Aprile notaro. Carona – Obbligo del comune di Carona a debito della cittadina Maria Francesca Scala vedova del quondam Antonio Casella. Roga: Aprile notaro. 59 18. 03. 1811 02. 04. 1811 03. 04. 1811 31. 03. 1812 31. 01. 1815 01. 10. 1815 30. 05. 1816 10. 02.1816 26. 02. 1817 12. 10. 1817 21. 03. 1820 25. 02. 1825 12. 01. 1826 11. 10. 1826 17. 04. 1827 09. 01. 1829 09. 01. 1829 15. 01. 1829 21. 08. 1834 10. 09. 1839 10. 09. 1839 20. 10. 1840 15. 11. 1842 15. 03. 1844 Cessione di eredità da parte di Carla Maria Margherita, figlia di Antonio Casella sposa a Giacomo Pocobelli di Prospero, da Melide. Roga Francesco Aprile. Mendrisio – Giambattista Torriani, procuratore, rilascia ricevuta a Domenico Ferrari di Pietro, di Arzo. Carona – Obbligo del comune di Carona e della terra di Ciona verso Bonaventura Solari quondam Andrea. Idem verso il cittadino Bartolomeo Cassani. Idem verso il cittadino Vincenzo Adami. Besazio – Giuseppe Fontana, parroco di Besazio, rilascia ricevuta a Giorgio Scala. Acquisto e cambio d’un pezzo d’orto in Prada acquistato da Giuseppe Cattaneo. Giuseppe Casella, abitante in Lugano, quale curatore dei minorenni figli del fu Andrea Casella fa acquisto di una pezza di terreno. Acquisto di un pezzo d’orto in Prada da Giuseppe Casella quondam Paolo. Arzo – Conto a Francesca e figlio Giorgio Casella. Giovanni Solari costituisce suo procuratore speciale Giorgio Casella nella causa contro Giuseppe Cattani e sua moglie Lucia. Carona – Maria Lucia Casella vende a Giorgio Casella un fondo detto Camino. Roga: Aprile. Carona – Acquisto di un pezzetto di fondo a Camino di proprietà dei pupilli di Giuseppe Scala della Piossa. Atto di vendita da parte dei fratelli Giuseppe e Vincenzo quondam Pietro Paolo Scala di un pezzo di selva al sig. Giorgio Casella. Atto di vendita di Giuseppe Aprile a Giorgio Casella quondam Antonio. Lugano – Atto di donazione di Giorgio Casella a Domenico Cattani, di Antonio. Atto d’acquisto per un pezzo di selva. Carona – Giuseppe Aprile vende un fondo “congrivo e brughii”. Carona – Atto di acquisto di un pezzo di fondo a Pancio a favore di Giorgio Casella. Salvatore Aprile di Luigi – presente la moglie Lucia – fa cessione di due pezzetti di fondi a Giorgio di Antonio Casella. Atto di credito. Margherita del fu Giorgio Casella, moglie di Vincenzo Bernasconi fu Vincenzo (di Torello) rinuncia a favore del fratello don Antonio Casella, parroco di Rivera (anche in nome del fratello Giacomo assente, dimorante in Oleggio, Regno Sardo e del fratello minorenne Pietro) con l’accordo di Francesca Canzani, vedova Giorgio Casella all’eredità di detto Giorgio Casella. Roga Carlo Patocchi notaio in Lugano. Lugano – Atto di rinuncia di Margherita Bernasconi figlia di fu Giorgio Casella a favore del fratello parroco di Rivera. Carona – Vincenzo Bernasconi riceve un prestito dalla signora Bianca Cattaneo, vedova Solari, di Carona. Sul retro: il sacerdote don Giovan Batt. Adami in nome della signora Bianca Solari riceve dal parroco di Rivera don Antonio Casella un versamento. Sul pagamento dei fitti di metà di una dote. Atto di vendita dei fratelli Francesco e Guglielmo fu Gaetano Guglielmi di Gandria, tramite Carlo Giuseppe Taddei di Gandria, al signor D. Antonio Casella, fu Giorgio di Carona. 60 27. 11. 1844 26. 08. 1845 11. 01. 1848 07. 05. 1851 06. 08. 1858 30. 04. 1862 16. 01. 1863 10. 03. 1863 31. 03. 1863 07. 09. 1863 10. 09. 1863 08. 01. 1866 25. 10. 1892 06. 03. 1894 24. 10. 1899 Ratifica del contratto di vendita della legna del bosco “De centenari sotto Ongero” fatta dal parroco di Carona, Don Costantino Ghezzi, fu Carlo di Lamone con l’assenso della Municipalità e della Fabbriceria della Chiesa Parrocchiale a Battista Martinelli, comune di Barbengo. Carona – Atto di vendita di un pezzetto di fondo per opera di Bianca Solari fu Pietro Cataneio di Ciona. Quota in usufrutto spettante a Francesca Scala. Ratifica d’incanto. Rancate – Carlo Torriani, fu Domenico, di Rancate lascia a don Martino Casella, parroco di Rivera, e ai figli minorenni del fu dottor Giacomo Casella di Carona il fondo detto “Vigna Lunga” in Rancate. Pietro Solari vende al parroco don Antonio Casella, parroco in Carona, un fondo detto “camino”. Acquisto di un fondo denominato “Camino” acquistato dai coniugi Antonio e Maddalena Bernasconi da Carona. Atto di compera di un campo e “bruia”. Carona – Giovanni fu Carlo Aprile vende un fondo dove si dice a “Luggia o Bellagna”. Carona – Atto di vendita di un terreno boschivo ove dicesi “Cantarana”. Carona – Atto di vendita di un terreno boschivo ove dicesi “Cantarana”. Atto di libera vendita di fondi. Lugano – Atto notarile tra Maria Adami in Cattaneo e arch. Costantino Scala di Carona. Melide – Atto notarile tra Aless. Laurenti e Cattaneo Giuseppe di Giuseppe da Carona. Lugano – Atto notarile tra Angiolina Portugalli e Cattaneo Giuseppe di Giuseppe. D 13. 11. 1821 19. 06. 1837 24. 08. 1839 21. 01. 1840 10. 03. 1841 27. 02. 1842 16. 12. 1846 21. 08. 1856 02. 08. 1863 29. 07. 1864 Lettera della Confraternita di Santa Marta. Carona – Ricevuta per versamento stipendio. Capitolato da sottoporre al nuovo parroco di S. Andrea e da osservarsi da lui e dalla comune di Sigirino. Fattura del negozio di carta e oggetti di cancelleria e libri rustici di Giuseppe Bianchi, tipografo in Lugano. Sondrio – Obblighi del Signor curato di Sigirino, risalenti al Concilio di Trento. Rivera – Ricevuta del Comune di Rivera per la restituzione di una carta; (1610, marzo 18, assemblea della vicinia a Rivera). Decreto N.o 2009 della Curia di Como. Ratifica del contratto di vendita della legna del Bosco Centenari, redatto da Cattaneo il 27.02.1844 da parte del parroco di Carona, don Costantino Ghezzi. Firmato: Carlo Vescovo Del Apostolico. Aggiunta pressoché illeggibile. Rivera – Don Antonio Casella indirizza alla Municipalità di Melide una lettera con cui spiega che non accetta l’incarico. Capitolato per la costruzione del campanile del Santuario d’Ongero. Inventario per l’oratorio di Ciona. 61 25. 01. 1874 Ode saffica per la festa della Conversione di S. Paolo Apostolo essendo priori dott. Giorgio Casella e Clemente Solari (seguono altri versi). Pescatori davanti alle cantine melidesi; inzio 1900 ca. 62 FONDO IN MEMORIA DI GIORGIO CASELLA. In questo fondo, figurano i documenti che le figlie Rina e Maria Casella hanno voluto concedere all’Archivio Storico Comunale di Carona, in memoria del padre On. Dott. Giorgio Casella, il più illustre caronese della seconda metà del XIX.o secolo. A 1660 26. 02. 1734 1783 e segg. 26. 02. 1796 (Posteriore). Carta Incompleta unita con un’altra con note posteriori. Riguarda l’esenzione delle taglie ed estimi. Carona – In merito a campo e bruga per l’estimo. Fogli staccati e quinterni di conti, note e ricevute, notevoli per i nomi. Lettera del landfogto di Lugano al Consiglio di Carona. B 08. 03. 1701 18. 08. 1781 18. 08. 1781 01. 03. 1796 11. 03. 1796 Lugano – Sentenza del landamano Sebastiano Miller di Unterwalden, per la causa di Francesco Maria, quondam Antonio Scala di Cadepiano, contro i Sindaci della chiesa di S. Antonio a Cadepiano. Lugano – Sentenza a favore di Carona contro Barbengo per la manutenzione delle strade. Sentenza a favore della comunità di Carona contro la comunità di Barbengo, in tedesco, sempre per la manutenzione delle strade. Allegazione e proposito del precetto in giorno di udienza. Cassazione dello stesso precetto di cui sopra. C 04. 11. 1700 27. 06. 1704 1727 1728 03. 01. 1727 17. 08. 1728 Supplica al vescovo che il cappellano di S. Maria non celebri più messa grande festiva in Oratorio proprio prima della messa parrocchiale. Con ordinanza del Vescovo di Como a conferma. Il vescovo di Como, mons. Bonesana costituì con una bolla la compagnia di S. Orsola in Carona. Acclusi i fogli restanti di un libro di conti della Compagnia, prezioso per i nomi femminili che contiene. Erezione della Confraternita del Gonfalone. [ Trascrizione Gilardoni ]. Lettera che menziona l’acquisto di candelieri a Torino. Trascrizione e pubblicazione del Gilardoni. Carona – La confraternita del Gonfalone indirizza al vescovo di Como una supplica per avere crediti onde poter benedire un altare. Torino – Si approva la “commissione de li candelieri per la chiesa parrocchiale a G. Cesare Manino che li provede in forma”. 63 24. 01. 1731 02. 1738 20. 02. 1738 16. 03. 1744 09. 03. 1744 16. 03. 1744 13. 04. 1754 20. 01. 1756 19. 02. 1767 25. 02. 1770 27. 10. 1772 28. 04. 1772 18. 07. 1779 22. 03. 1775 14. 03. 1795 Carona – Atto di vendita. Bartolomeo di Michelangelo Casella di Ciona, come procuratore del figlio Michele, vende a Francesco Maria di Giorgio Sala una brughiera con bosco, stimata da Giovan Battista Scala. Terzo venerdì. Lugano – Compare Solario di Baldassare come curatore dei beni di Antonio Maria Solari per una parte, e Francesco Maria di Giorgio Scala per l’altra; e stabilite le modalità per un cambio con Pompeo Solari, curatore in nome della Scala. Notaio Francesco Zaverio Jamossio. Carona – Andrea di Carlo Gabriele Casella e Antonia di Alberto Casella sua moglie con l’assistenza del curato don Giovan Battista Aprile (suo parente) e con il figlio Gabriele Casella, fa atto per una questione dotale. Carona – Cessione. Essendo procuratore Giorgio de Casellis, Michele Casella cede beni a Giorgio Scala come risulta da una lettera del 19.02.1744 scritta “in civitate Toscanetta Romane jurisdictionis”. Roga Carlo Emanuele Petrini quondam Lorenzo, notaio in Carona. Carona – Cessione di beni alla figlia Maria Margherita da Giuseppe Antonio Petrini quondam Marco Antonio. Cessione per procura. Dominus Giorgio di Giacomo di Piazola di Carona, procuratore di Giorgio Scala di Francesco e Maria Maddalena Scala di Giovan Battista Scala, vende per loro conto alcune pezze di terreno. Roga Carlo Emanuele Petrini. Assegnazione a favore di Giorgio Scala. Carona – Per un prelegato del testamento di Francesco Maria a favore di Giorgio Scala. Roga Fabrizio Bianchi, notaio, Lugano. Carona – Divisione delle terre fra i fratelli Giorgio e Battista Scala di Francesco. Atto di vendita libera a favore di Margherita Scala. Cessione per procura. Roga il notaio Fossati da Carona. Testamento di Giorgio Scala. Variante al testamento precedente. Giorgio Scala delega sua moglie a rappresentarlo. Carona – Maddalena Cattaneo e la sorella Anna maritata in Scala vendono una pezza di terra dove si dice “alla via”. 2 atti. D 1652 1699 09. 03. 1704 08. 02. 1710 20. 02. 1713 30. 01. 1713 (1703 – 1750) Conti di fabbriceria riguardanti le campane. Atti pubblicati in “Archivio Storico”, regesto e trascrizione del Gilardoni. Don Salvatore Aprile chiede per testimonio di essere sepolto in chiesa, tra la sacrestia e il campanile. Il pittore Giuseppe Antonio Petrini quondam Marco Antonio, di Carona, cede beni a Margherita, figlia e moglie del sig. Giorgio Scala. Carona – Istromento di vendita. Testamento di Don Salvatore Aprile. Caterina di Giorgio Scala, moglie di Bartolomeo di Michele Angelo Casella con il di lui consenso, alla presenza di testimoni, fa fare una quietanza di rinuncia a certi beni elencati. 64 14. 03. 1716 25. 02. 1726 03. 04. 1726 26. 08. 1726 08. 03. 1727 01. 04. 1727 1757 1760 10. 04. 1785 13. 12. 1796 Carona – Giacomo di Martino Adamo come curatore di Marco Laurenti vende a Francesco di Giorgio Scala i terreni alla “Caspina”. Roga il notaio Bartolomeo di Pietro Casella. Carona – Francesco di Carlo Scala vende a Francesco di Giorgio Scala un pezzo di bosco dove è detto “Pontin”. Estimazione del fondo detto “Casina”. Carona – Cessione d’eredità da Alessandro e Fabrizio Adami a Francesco Scala. Fra i testi: padre Bernardo Petrini. Carona – Caterina figlia di Giorgio Casella vende tutti i suoi possessi al fratello Francesco Scala. Vendita fatta da Mons. Giovan Battista Stoppani, vicario di giustizia, come procuratore degli eredi di Domenico Scala. Lettera del parroco ai canonici di Lugano per il voto del pane. Pubblicato in “Archivio Storico Ticinese”, trascrizione V. Gilardoni. Atto relativo alla sacrestia nuova. Pubblicato in “Archivio Storico Ticinese”, di V. Gilardoni. Per la bussola in legno davanti al portale della chiesa parrocchiale, all’interno. Pubblicato in “Archivio Storico Ticinese”, di V. Gilardoni. Carona – Per fornitura di un materasso. DOCUMENTI NON DATATI E DI DUBBIA DATAZIONE. (Dalla grafia acclusi al XVII e XVIII secolo). - - - Nota delle scritture delle comunità di Carona e Ciona. Conti del Comune. Memoria di lavori fatti per la comunità di Carona. Trascrizioni ed elenchi di privilegi ducali e di diete e sentenze dei XII Cantoni. Petizione delle terre libere che difende i loro diritti “perché se non si fidano di noi, manco noi si fidiamo di loro e massimamente come sopra”. Memoriali per la questione degli obblighi delle quattro famiglie privilegiate. Per l’impostazione di una tassa sui grani. Le streghe a Carona. (1 foglio degli atti del processo). Atti notarili del XVIII secolo. Contengono nomi di famiglia. Lasciti alla chiesa di S. Marta, di S. Giorgio, alla Madonna d’Ongero. (Si tratta del foglio terminale di un testamento che conserva il tabellionato notarile di Giov. Battista Casella notaio in Carona). Riporta la menzione della Compagnia del Corpus Domini. Per una processione con la statua di S. Castolo. E’ l’unico atto in possesso dell’Archivio Storico Comunale, in cui si fa menzione della statua del Santo, che dal 1678 sta in una bara lignea dorata sotto l’altare e che è stata mantenuta in tale posizione fino ad oggi. Nella statua stanno le reliquie del Santo. I sigilli già interi, recentemente frantumati, erano stati apposti dalla curia comasca per autentica. Con date varie: 20 carte legate tutte relative alla causa a favore della comunità di Carona e contro i comuni di Carabbia, La Grancia e Berina in merito alle strade. (Un documento è di bellissima scrittura e due carte parlano dei diritti d’extraterritorialità dei caronesi). 65 10. BIBLIOGRAFIA. Sono qui riportate per intero le bibliografie occorse per la stesura di tutti i volumi utilizzati ai fini delle presente ricerca. 1) Di Mario Agliati, Giuseppina Ortelli Taroni, Mario Redaelli; “MELIDE”; ed. TRELINGUE. Bibliografia: oltre agli autori citati singolarmente nelle note sono stati consultati: - G. C. Bascapè; “Le vie dei pellegrinaggi medievali attraverso le alpi centrali e la pianura Lombarda”. In “Archivio storico della Svizzera Italiana”, 1936, pp. 126 – 169. - Hans Bosshard; “Saggio di un glossario dell’antico lombardo”. Firenze 1938. - “Bollettino Parrocchiale di Melide”. - Luigi Brentani; “Codice Diplomatico Ticinese. Documenti e regesti”. Vol. 1, Como 1929; Vol. 2, Como 1931; Vol. 3, Como 1943; Vol. 4, Lugano 1954; Vol. 5, Lugano 1956. - Luigi Brentani; “Miscellanea storica ticinese”. Vol. 1, 1926. - Claude Campiche; “Die Communalverfassung von Como in 12. Und 13. Jahrhundert”. Zürich 1929. - Oscar Camponovo; “Sulle strade regine del mendrisiotto”. Bellinzona 1976. - Giorgio Casella; “Bissone e alcune terre vicine”. In “La svizzera italiana nell’arte e nella natura”. Società ticinese per la conservazione delle bellezze naturali ed artistiche. Fascicolo XII. Lugano 1922, pp. 11 – 18. - Antonio Ceruti; “Monumenta historiae patriae iussi regis Caroli Alberti edita”. Tomo XVI. - “Liber statorum consulum cumanorum justiciae et negociatorum”. Col. 9 – 122. Approvati nel 1281: con date dal 1184 al 1292. - “Liber statorum comunis Novocomi”. Col. 123 – 258. Con date dal 1184 al 1292. - Aldo Crivelli; “Artisti ticinesi in Italia e appendice con gli artisti ticinesi oltre i mari. Catalogo critico”. Ed. UBS 1971. - Pietro De Angelis; “L’ospedale di S. Spirito in Saxia e le sue filiali nel mondo”. Roma 1958. - S. Carlo Borromeo; “Arte sacra. De fabrica ecclesiae”. Versione e note a cura di Mons. Carlo Castiglioni e Don Carlo Marcora, Milano 1952. Titolo originale dell’opera: “Instructionum fabricae et supellectilis ecclesiasticae libri duo”. Caroli S. R. E. Borromei iussu ex provinciali Decreto editi, Mediolani, Apud Pacificum Pontium, 1577. La compilazione dell’opera fu affidata a Mons. Lodovico Moneta, collaboratore del Borromeo. - Du Colombier; “ Les Quattre – Couronnés, patrons des tailleurs de pierre”. In “Les chantiers des cathédrales”. Appendice III. - Virgilio Gilardoni; “Il romanico. Catalogo dei monumenti nella Repubblica del Cantone Ticino”. Bellinzona 1967. - E. Gruber; “Die Gotteshäuser des alten Tessin”. In “Zeitschrift für Schweiz. Kirchengeschichte”. Jahrg. XXXII, Hefte I – IV, Stans 1939, Verlag Josef Von Matt. - Massimo Guidi; “I Fontana di Melide”. Estratto dalla rivista “Roma”, Palombi 1928, pp. 433 – 446 e 481 – 494. - Alessandro Lattes; “Gli statuti di Lugano e del suo lago”. Milano 1908, Bellinzona 1930. - Alessandro Lattes; “Il diritto consuetudinario delle città lombarde”. Milano 1899. 66 - - Jacobus de Voragine; “Legenda aurea”. Versione tedesca di Richard Benz, Jena 1925. “Liber Notitiae Sanctorum Mediolani”. Edito a cura di Marco Magistretti e Ugo Monneret de Villard, Milano 1917. Don Isidoro Marcionetti; “La chiesa di San Lorenzo in Lugano. Storia e simbologia”. Lugano 1972. Pietro Monti; “Vocabolario dei dialetti delle Città e Diocesi di Como”. Milano 1845. Gian Alfonso Oldelli; “Dizionario storico - ragionato degli uomini illustri del Canton Ticino”. Lugano 1807. Giuseppina Ortelli Taroni; “S. Spirito di Melide”. Varese 1979, 16 pagine e 6 illustrazioni. Pietro Pavesi; “I pesci e la pesca nel Cantone Ticino”. Lugano, Tipo Veladini, 1871 – 1872. Estratto da ”L’agricoltore ticinese”. Paul Schäfer; “Il sottoceneri nel Medioevo”. Lugano 1954. “Vocabolario dei dialetti della Svizzera Italiana”. 2) Di Don Giorgio Pugliese, Giuseppe Devincenti, Luigi Paltenghi, Marco Andina, Massimilla Paltenghi, Maria Ripamonti, prof. Giancarlo Zappa; “Per il 400esimo di fondazione della Parrocchia di S. Nazaro in Castelrotto, 1582 – 1982”. Tipo artigiana di R. V. Franchi, Varese 1982. Bibliografia: - Enrico Maspoli; “La pieve di Agno”. Scuola tipografica Casa divina provvidenza, Como 1917. - Massimo Marcocchi; “La riforma cattolica, documenti e testimonianze”. Ed. Morcelliana, Brescia 1967. - Documenti dell’archivio Parrocchiale di Castelrotto. - Giovanni Paolo II; “Catechesi tradendae”. Ed. Ancora, Milano 1980. - Paolo VI; “L’impegno di annunciare il Vangelo”. Ed. L. D. C., Torino 1975. - Conferenza episcopale italiana; “Il rinnovamento della catechesi”. Ed. C.E.I., 1970. - Capitolo II, Atto di fondazione della parrocchia, firma la stesura Don Giuseppe Gallizia. - Per le ricerche storiche in archivio, firma la stesura Giuseppe Negro. - Nel capitolo “Note generali e particolari”, firma la stesura Don Giuseppe Gallizia. - Nel capitolo “Pesi, misure e monete”, la stesura è curata da Enrico Merlini. - La supervisione è affidata al prof. Giancarlo Zappa. 3) Di Sandro Bianconi e Brigitte Schwarz; “Il vescovo, il clero, il popolo”. Ed. A. Dadò 1991. Atti della visita del Vescovo Feliciano Ningurada alle pievi comasche sotto gli Svizzeri nel 1591. Fonti: Archivi diversi. Fondi visita Ninguarda. 4) Di Anna Maria Collovà Cotti; “Archivio storico del comune di Carona. Inventario e regesti”. Ed. Arti grafiche A. Salvioni, Bellinzona 1967. (Testo a tiratura limitatissima e non in commercio) Bibliografia e relativi cenni di riferimento: 67 - - - - - - L. Moroni Stampa; “Codex paleographicus Helvetiae Subalpinae”. La lettura dell’introduzione giova allo studio generale del Medioevo ticinese. Nell’opera è riportata la riproduzione della più antica carta ad oggi che citi il nome di Carona, seguita da una perfetta trascrizione. L. Brentani; “Codice Diplomatico Ticinese”. Nei cinque volumi dell’opera sono presenti varie carte relative a Carona, parte in trascrizione completa, parte in sunto o regestate in nota. P. Schäfer; “Il sottoceneri nel Medioevo”. Lugano 1944. Parecchi sono gli accenni a Carona in quest’opera, tra cui notevole per ampiezza l’escussione degli Statuti. L’opera soggiacendo ai criteri di informazione generale secondo le linee dichiarate dai vari capitoli è di consultazione non facile per una storia comunale, ma giova invece poiché inserisce detta storia in un più ampio contesto. C. Santoro; “I registri di provvisione”. Entrambi i volume nella loro sistematica presentazione e per la precisione stupenda dei regesti e delle note, sono estremamente utili per una chiarificazione dei problemi che possono insorgere esaminando il periodo visconteo – sforzesco della storia caronese. “Bollettino Storico della Svizzera Italiana”. Più volte nella rivista si presentano trascrizioni – più o meno complete – di documenti riguardanti Carona, cui segue generalmente una presentazione del problema posto dal singolo documento. Pur non essendo organica, tale serie di articoli permette di avere notizie di parecchie carte oggi non più rintracciabili. “Archivio Storico Ticinese”. Sono presenti in questa rivista alcune trascrizioni di documenti, tra cui figura quella di una delle lettere patenti, con una premessa intorno alla questione delle terre privilegiate; e inoltre vi figurano alcuni documenti oggi catalogati nell’Archivio storico di Carona, come atti privati o interessanti le chiese. 5) Di Teodoro Amadò; “Il monitore ecclesiastico della diocesi di Lugano”. Luglio 1999, pp. 490 – 501. “La parrocchia di Bedigliora: gli edifici sacri, gli economi spirituali e i parroci”. Conferma le tendenze di sepoltura e relativi “viaggi” delle salme verso i rispettivi cimiteri delle pievi di destinazione, attorno al 1400 – 1500. L’uso dei sagrati quali luoghi di sepoltura in antichità. Uso di fosse comuni in tempo di peste: epidemia del 1595 e del 1631. Si trova conferma che tali procedure fossero cosa normale pure per tutte le altre pievi dell’epoca. 6) Di Ugo Donati “ Breve storia di artisti Ticinesi”. Prima stampa edizioni Salvioni – Bellinzo1936. Seconda stampa (ristampa) arti grafiche Slatkine Ginevra, Novembre 1993. 7) Di Rita Camponovo, “ Carona, un percorso artistico”, Arti grafiche Gaggini e Bizzozzero Sa. Notizie riguardanti oratorio di S. Marta in Carona. 68 Per le parti riguardanti la numismatica e la metrologia sono inoltre stati consultati: 8) “Piccolo breviario di numismatica e metrologia”, UBS Zurigo, Dipartimento economia e politica, anno 1986. 9) Di Roberto Regazzi, “Il manoscritto liutario di Giovanni Antonio Marchi”, edizione Arnaldo Forni, Bologna 1986. Si ringraziano: - L’On. Sindaco Aldo Albisetti di Melide, per la disponibilità dimostrata. Il Consiglio Parrocchiale di Carona, per aver gentilmente messo a disposizione il nutrito Archivio Parrocchiale e Comunale. Il Parroco di Melide Don Albisetti, per il suo tempo prezioso accordatomi. Lo studio d’ingegneria Ryf di Torricella, senza il quale la ricerca non si sarebbe potuta svolgere. Il prof. Massimo Colombo, Inventario Vie Storiche Svizzere. Tutti coloro che hanno contribuito, anche in minima parte. La Signora Giuseppina Ortelli Taroni, per le notizie riguardanti la strada della forca di S. Martino “Cumbal” con vela rettangolare sulle acque del Ceresio. Boris Cavadini, Ottobre 1999 – Giugno 2000. 69