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L’uomo che passava attraverso i muri Le leggi dei nostri desideri sono dadi senza piaceri. Robert Desnos L’anno 1600 cominciava appena. Da qualche tempo l’Inquisizione si mostrava spietata verso gli eretici. Giordano Bruno, cavaliere errante del sapere, fu condannato a finire la sua vita in cima a una fascina. La sentenza fu eseguita il 17 febbraio a Campo de’ Fiori, a Roma. Legato a un palo, ebbro di odori empireumatici, vestito come un bifolco, con la lingua in una mordacchia, l’ex domenicano non poté pronunciare nell’istante supremo le parole definitive che aveva preparato in onore dei suoi giudici. Dopo sette lunghi anni di segreta nella prigione dei Piombi, costantemente sollecitato da un gruppo di sette preti di quattro ordini differenti che tentavano di estorcergli un’autocritica in debita forma, morì da martire silenzioso, colpevole semplicemente di aver osato contemplare, andando controcorrente, una moltitudine di mondi possibili. Tutto aveva interessato quell’infaticabile viaggiatore: algebra combinatoria, alchimia, poesia, magia, ermetismo, infinito, arti della memoria. Ma la sua co7 L’uomo che passava attraverso i muri smologia poco ortodossa aveva indispettito ben oltre il nervosismo gli ecclesiastici più aperti. Ritenendo che la Terra fosse un corpo celeste equivalente a qualunque altro e che l’Universo fosse privo di centro, Bruno aveva proposto di abbandonare ogni nozione di gerarchia nell’Universo. Inoltre, pensando che Dio non potesse avere un rapporto privilegiato con questa o quella regione dello spazio, aveva supposto che la situazione dell’uomo nell’Universo fosse irrilevante. Ritenendo infine che la potenza divina fosse necessariamente infinita, aveva affermato che essa non aveva potuto produrre che un universo a sua volta infinito, consistente in un’infinità di sistemi solari simili al nostro e nei quali la vita era necessariamente presente. Questa idea di una pluralità di mondi era già stata discussa dai teologi del Medioevo, che avevano ritenuto si trattasse di una semplice possibilità che Dio non aveva giudicato opportuno prendere in considerazione. Bruno, invece, l’aveva presa sul serio. La sua audacia, argomentata da una lingua sciolta, gli costò la vita. Paulus Elpino, vecchio compagno di Giordano Bruno, assistette sopraffatto dal dolore all’orribile supplizio. Con gli occhi fissi sul corpo rosseggiante che si contorceva tra le fiamme, udì a malapena i monaci della Compagnia di San Giovanni Decapitato cantare senza sosta litanie per la salvezza dell’anima del suo amico. Per lunghi anni i due compari avevano condiviso l’amore sfrenato per la vita in tutte le sue forme: stelle, baccanali, congetture, donne, libri. Grandi demolitori di balordaggini patentate, denigratori accaniti degli sputasentenze, appassionati donnaioli, accademici di nessuna accademia, provocatori nati, non si erano sottratti a nessuno dei certami nei quali la mente, e talora il corpo, doveva esporsi. Le argomentazioni, le 8 L’uomo che passava attraverso i muri congetture, le polemiche, la bagarre, questo amavano. Dissidenti senza tregua e scomunicati ovunque, non avevano paura di osare. Non conoscevano la prudenza. Non avevano bisogno, per accettare di discutere di una nuova idea, di sentire prima il suo ticchettio, di toccare con mano i suoi ingranaggi o di conoscere il profumo che avrebbe sprigionato nell’aria del tempo. La vera vita del pensiero non consiste forse nel ruminare teorie, sputare assiomi, diffondere tesi e farle piroettare sul dorso agitato del reale, poiché lo scopo è di mantenervele il più a lungo possibile? Né la routine, né la paura, né la voglia di piacere ai potenti o ai dotti possono servire da scusante alla debolezza di spirito dei benpensanti. Ma l’epoca era tormentata, i roghi mai distanti e le prigioni sempre pronte. Un po’ di freddezza verso la Chiesa e un po’ di calore verso la dissolutezza fisica si pagavano ancora, se li si rivendicava apertamente, a costo di qualche morte orribile, lingua strappata con la tenaglia, arti trattati come volgare gomma, corpo stremato ai lavori forzati. Nascevano scienze, si cancellavano certezze, vacillavano dogmi. Un mondo chiuso, in ordine, spiegabile e vecchio cominciava a crollare. Nessun altro era pronto a sostituirlo, da ciò forse la crudele inquietudine di quei tempi. Allo spettacolo della messa a morte del suo migliore amico, Paulus, coperto da una tunica di pesante tela grigia rattoppata, fu colto da fortissime convulsioni. Si sciolse in lacrime, mise un ginocchio a terra e crollò dal dolore. Il suo immenso turbamento attirò subito l’attenzione. Tutti lo guardavano ma lui, in stato di shock, si sentiva solo al mondo, come se un vuoto lo avesse improvvisamente separato dalla folla. Mentre questa cominciava a disperdersi, degli uomini in armi, 9 L’uomo che passava attraverso i muri approfittando della confusione, andarono ad arrestarlo furtivamente. Lo rinchiusero subito in una tetra prigione del Sant’Uffizio, con tutti i rumori onomatopeici in uso in quei casi. Accusato di essere un fervente discepolo di Bruno e di avere, come lui, diffuso tesi contrarie a quelle della Chiesa, Paulus fu sottoposto a un lungo giudizio. Era un uomo coraggioso e risoluto. Confessò spontaneamente di credere all’esistenza degli atomi. Lo interrogarono sull’entità del credito che accordava alla tesi di Epicuro e di Lucrezio, che alcuni ecclesiastici consideravano eretici. «La materia è fatta di atomi e di vuoto» spiegò ai suoi giudici, articolando le parole in modo dolce e cerimonioso. «Null’altro esiste in essa. Ecco a cosa credo. La sostanza dei corpi è discreta e non continua. Costituita da piccoli granelli, somiglia più alla sabbia che all’acqua». «Ma di che cosa sono fatti questi granelli?» gli chiese uno dei suoi giudici, evidentemente assai ben istruito. «Sono sprovvisti di tutte le proprietà che attribuiamo solitamente alle cose. Non hanno colore, non sono né caldi né freddi, errano, privi di suono e di sapore, e non emanano alcun odore particolare. Non sono frangibili, non sono friabili, non sono né molli né duri, né rigidi né flessibili. Solo le loro proprietà geometriche sono reali». «Ma gli atomi sono invisibili, vero? Allora come potete sapere tutto ciò?». «Riflettete» disse Paulus. «Se la divisibilità della materia non avesse limiti, se ognuna delle sue parti potesse a sua volta essere sezionata all’infinito, allora nulla avrebbe consistenza, la materia sarebbe indefinitamente comprimibile e non potrebbe esistere alcun corpo 10