dalla Santa Inquisizione - La Rivista della Scuola

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Br uno e Galilei
dalla Santa Inquisizione
Risalenti con molta probabilità al 1589-1590 sono due
raccolte di trascrizioni realizzate da Galileo durante la frequenza di alcune lezioni nel Collegio Romano dei gesuiti,
una sugli “Iuvenilia”, realizzata durante un corso di logica,
ed un’altra sul “De caelo” e sulla “Physica di Aristotele”.
Galileo comunque non trascurò gli studi a carattere letterario, come dimostrano gli scritti “Considerazioni sul Tasso”
e “Postille sull’Ariosto”.
Inoltre, tra il 1587 e il 1588, nell’Accademia Fiorentina, di
cui fu membro dal 1599, tenne due lezioni sui luoghi
dell’“Inferno di Dante” e nel 1605 fu ascritto alla Crusca.
Al 1587 risale un documento che afferma che Galileo
avesse impartito lezioni private a Siena e Firenze.
In quest’ultima città, per un certo periodo di tempo ed in
modo occasionale, fu ospitato dall’amico Ricasoli, affetto
da disturbi psichiatrici; nel maggio del 1589 fuggì da Firenze recandosi prima a Lucca e poi a Genova: in entrambe le
città seguì l’ amico Ricasoli per non lasciarlo solo.
Nel 1590 tracciò, forse per primo, la cicloide e ne misurò l’area in modo meccanico e con una buona approssimazione.
Nel 1591 morì il padre e tale evento, insieme alle ristrettezze economiche e all’ostilità dell’ambiente accademico di
Pisa, lo portarono nel 1592 a cercare e ad ottenere la cattedra di matematica all’università di Padova, dove rimase per
diciotto anni, in un ambiente ricco e stimolante grazie alla
libertà di pensiero garantita dal governo della Serenissima.
Quasi sicuramente, dal 1599 si legò sentimentalmente
alla veneziana Marina Gamba, dalla quale ebbe tre figli:
Virginia (1600), Livia (1601) e Vincenzo (1606). Nonostante
la nascita dei tre figli i due non si sposarono mai né convissero, anzi Galileo fu sempre in dubbio circa la propria reale
paternità sui tre bambini. Riconobbe e legittimò solo Vincenzo nel 1619, ma mai le figlie, anche se con esse mantenne sempre ottimi rapporti; lasciato il Veneto, decideva di
interrompere tutti i rapporti con la Gamba.
Nei suoi corsi universitari a Padova insegnò anche astronomia avanzata con la teoria dei pianeti: in questo periodo
fece ancora riferimento alla teoria geocentrica.
Durante la permanenza veneta Galileo si occupò di varie
questioni, molte delle quali di immediato beneficio civile e
militare per la stessa Repubblica Veneta. Infatti tra il 1593 e
il 1594 pubblicò Il trattato di fortificazione e nel 1597 realizzò “un compasso geometrico e militare”, che fornì funzioni di squadra per artiglieri, usi distanziometrici, altimetrici e
di calcolo. Tale strumento fu venduto privatamente dallo
scienziato con un volumetto di istruzioni pubblicato nel
1606, “Le operazioni del compasso geometrico et militare”.
Circa la priorità della scoperta dello strumento ci fu una
dura disputa con un certo Baldassarre Capra.
Oggetto di studio da parte dello scienziato furono anche
i fenomeni elettrici e magnetici, con particolare attenzione
alla calamita.
Mentre studiava, Galileo continuava anche a fare lezioni
di stampo prettamente tolemaico, i cui contenuti furono
pubblicati nel 1597 nell’ opera “Trattato della Sfera o
Cosmografia”.
Ma gli interessi di Galileo erano tutti rivolti alla dinamica
e alle questioni teoriche dell’astronomia.
Nel 1634 venne pubblicato il trattato “Le mecaniche”, di
evidente impronta archimedea e nel quale lo scienziato
pisano estendeva il principio delle velocità virtuali allo studio delle leve e delle pulegge, allo studio dei piani inclinati
e a tutte le altre meccaniche associate.
In una lettera del 1604, indirizzata a Paolo Sarpi, Galileo
faceva riferimento alla prima, anche se imprecisa, formulazione della legge di caduta dei gravi. Fino al 1604 lo scienziato si dedicò all’astronomia solo per scopi didattici e si
limitò all’analisi classica dei moti orbitali.
Quando poi, nel 1604, ci fu la comparsa di una nuova
supernova, Galileo vi dedicò tre lezioni nelle quali affermò
che la comparsa di quella nuova stella fosse la dimostrazione della validità delle tesi copernicane: fu questa la prima
dichiarazione pubblica dello scienziato a favore delle suddette tesi, attirandosi così aspre critiche dagli ambienti
scientifici più tradizionali.
In realtà le prime adesioni dello scienziato alle teorie
copernicane risalivano già al 1597, quando Galileo in modo
privato confessò in due lettere, una indirizzata a Jacopo
Mazzoni e l’altra a Keplero, il suo cambio di prospettiva in
favore delle teorie eliocentriche, affermando anche di averne solide prove, che tuttavia non rese mai note.
Una svolta importante si ebbe tra il giugno ed il luglio del
1609, quando Galileo venne a conoscenza dell’invenzione
del cannocchiale da parte di occhialai olandesi: senza aver
mai visto il prototipo olandese ed appellandosi solo al proprio intuito, lo scienziato ne costruì prima uno con tre lenti
di ingrandimento e poi un secondo con otto ingrandimenti,
che poi donò al governo veneto per scopi militari e nautici.
Per tale gesto fu ricompensato dalla Serenissima con la
conferma a vita all’università e con uno stipendio cinque
volte superiore rispetto a quello originale, evento questo
inaudito per uno scienziato dell’epoca e che permise al
pisano di risolvere gran parte dei propri problemi economici.
A qualche mese di distanza risale la sua prima osservazione astronomica certa: nel novembre del 1609 Galileo
faceva la sua prima e documentata osservazione con un
telescopio da venti lenti ingrandenti. Risale al gennaio del
1610 l’uso sistematico del nuovo strumento da parte di
Galileo per le sue osservazioni astronomiche: attraverso
tali osservazioni venne a conoscenza del carattere irrego-
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LA RIVISTA DELLA SCUOLA
re anche pubblicamente.
Il 23 marzo del 1611 Galileo partì da Firenze per recarsi
a Roma dal Clavio, dove giunse il 29 marzo, con l’intenzione di poter esporre e difendere personalmente le proprie
scoperte astronomiche presso la comunità scientifica locale ed in particolare presso gli influenti membri della prestigiosa Accademia di matematica dei Gesuiti del Collegio
Romano.
Tale viaggio fu intrapreso con diversi mesi di ritardo
rispetto a quando fu programmato a causa delle precarie
condizioni di salute dello scienziato.
Le conferme ad ogni osservazione galileiana, (ma non a
tutte le interpretazioni che ne fece Galileo), anche da parte
dei matematici del Collegio Romano, che così non si opposero più a quanto sostenuto dallo scienziato pisano, giunsero quando al Clavio arrivarono un potente telescopio
inviatogli da Antonio Santini ed un altro preciso strumento
costruito e perfezionato dal padre Paolo Lembo. Grazie a
questi due mezzi anche a Roma gli studiosi poterono verificare le nuove scoperte in prima persona.
L’ appoggio del Clavio e della comunità scientifica gesuita alle scoperte galileiane furono molto importanti, in quanto contribuirono parecchio ad accrescere la credibilità ed il
prestigio dello scienziato pisano.
In tal senso è emblematico quanto avvenne il 22 aprile
1611, quando il Papa Paolo V non volle che lo scienziato si
inginocchiasse ai propri piedi.
Anche il fondatore dell’Accademia dei Lincei, Federico
Cesi, (detto anche “il Marchese di Monticelli”), appoggiò le
tesi galileiane e il 25 aprile del 1611 ammise lo scienziato
nell’importante Accademia.
Come prova del grande prestigio che Galileo attribuì al
fatto di essere diventato un affiliato dell’Accademia dei Lincei, si può notare dal frontespizio di tutte le sue opere pubblicate dal 1613 in poi, (anno in cui uscì lo scritto “Istoria e
dimostrazioni intorno alle macchie solari”), dove riportava
la propria qualifica di “Accademico Linceo” o semplicemente “Linceo”.
L’ambiente culturale dei Lincei fu sempre favorevole a
Galileo, tanto da sospendere un importante studioso dell’epoca, quale fu L. Valerio, in quanto quest’ultimo fu contrario
alle tesi eliocentriche.
Nel maggio dello stesso anno, in una conferenza indetta
dal Collegio Romano, la “Nuncius sidereus Collegii Romani”, venne affermata l’affidabilità strumentale del telescopio.
lare e montuoso della superficie lunare, dal quale, a suo
dire, dipendeva anche la diversa illuminazione lunare.
In questo periodo Galileo scopriva i quattro satelliti di
Giove, le fasi di Venere e che la Via Lattea altro non fosse
che un ammasso di “minutissime stelle” e di corpi nebulari.
Inoltre, grazie al nuovo strumento, individuò molte altre
stelle che ad occhio nudo non furono mai visibili.
Al marzo del 1610 risale la pubblicazione del “Sidereus
nuncius magna, longeque ad mirabilia spectacula pandens”, opera con la quale lo scienziato rendeva pubbliche
tutte le sue scoperte astronomiche, che non solo fecero
venire meno la veridicità delle teorie aristoteliche, secondo
le quali i corpi celesti erano tutti perfetti, ma soprattutto
esse dimostravano la correttezza del sistema eliocentrico a
danno di quello geocentrico.
Tali scoperte rivoluzionarono la vita di Galileo sia dal
punto di vista professionale che privato: dalle lezioni accademiche e di ripetizioni private Galileo si dedicò, da allora
in poi, in modo particolare e quasi esclusivo, alla ricerca
scientifica, abbandonando così quasi del tutto l’insegnamento. Inoltre Cosimo II, al quale furono dedicati i satelliti
di Giove che presero il nome di “Stelle o Pianeti medicei”,
lo volle a Firenze presso la propria corte, nominandolo “Primario Matematico e Filosofo” del Granducato di Toscana.
I contenuti del “Sidereus Nuncius” provocarono, all’interno degli ambienti scientifici dell’epoca, numerosi dibattiti,
polemiche e divisioni tra chi appoggiò le idee di Galileo e
chi invece le rinnegò.
Tra gli studiosi che si mostrarono resistenti alle nuove
scoperte ce ne furono alcuni che, come Cremonini, si rifiutarono anche solo di guardare attraverso il cannocchiale.
Tra coloro che invece in un primo tempo appoggiarono le
tesi galileiane ci furono anche gli astronomi gesuiti e G.
Keplero che, nella lettera scritta a Praga nel 1610 “Dissertatio cum Nuncio sidereo nuper ad mortales misso a Galilaeo Galilaeo matematico Patavino” ed indirizzata a GaliAnnarita De Socio e Celestino Testa
leo, appoggiò, nonostante
non disponesse di un telescoChiuso in tipografia alle ore 19 di lunedì 3 ottobre 2011
pio, le osser vazioni dello
scienziato italiano; sempre
nel 1610, da Francofor te,
nella “Narratio de observatis
a se quatuor lovis satellitibus”, Keplero confer mò
anche l’esistenza dei pianeti
Girgenti Editore
medicei.
Il dieci luglio 1610 Galileo
venne nominato a vita e senza
obbligo di insegnamento,
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Anno XXXIII, 1/31 ottobre 2011, n.2