ref. p.21 - imparare a innamorarsi

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ref. p.21 - imparare a innamorarsi
La Genesi. Dall’androgino all’uomo e alla donna di Sara Cattò La traduzione in questo testo è cruciale, per comprenderne risvolti e valenze che altrimenti
rimangono celati. È ormai noto e accettato che le traduzioni della Bibbia risentono di errori, a volte
perfino divertenti (tipo il cammello che dovrebbe entrare nella cruna dell’ago, quando invece si
trattava di una corda), altre volte meno ameni e meno appariscenti e forse più insidiosi, che
rischiano di fuorviare nella corretta comprensione del senso del testo. Per non parlare delle
difficoltà della piena comprensione della valenza dei termini dell’antico ebraico1, “la lingua di Dio”
che, in modo analogo alla lingua degli Egizi, era capace di esprimere almeno tre sensi (che i segni
grafici erano in grado di contenere contemporaneamente) rendendo possibile la trasmissione di
messaggi dai molteplici livelli di significato, con profondità e ampiezza crescenti (senso proprio o
letterale, senso simbolico o figurato, senso sacro o geroglifico)2. Inoltre nelle lingue antiche (egiziano, lingue semitiche e indoeuropee), la stessa radice esprimeva
contemporaneamente significati opposti, come forte/debole, grande/piccolo,3 a testimonianza, come
nota Dethlefsen,4 “della comunità che si cela dietro ogni polarità”.
Tale era il genio dell’antico ebraico, lingua che però già sei secoli a.C. appariva oscura agli stessi
Ebrei, a seguito di varie vicende storiche, culminate nella schiavitù di Babilonia. Ecco che sorsero
allora varie ’scuole’ per l’interpretazione degli antichi testi, che diedero vita ai vari Targum
(versioni) e alla necessità di parafrasare il Sepher (libro) di Mosè nelle sinagoghe.5
Ripercorriamo quindi le tappe principali del racconto della Genesi, in una delle traduzioni
consuete6; ove necessario la integrerò con la traduzione basata sul significato geroglifico, indicando
in parentesi quadra il termine dell’ebraico antico:
1. Genesi 1,1: “In principio Dio [Elohim] creò il cielo e
la terra.”
2. Genesi 1,3-5: “Dio disse: - Sia la Luce! – E la luce
fu. Dio vide che la luce era buona e separò la luce
dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre
notte.”
Il primo atto della creazione stabilisce la prima
grande dualità: il cielo e la terra.7 Poi la luce, in sé unità,
che viene a sua volta dualizzata in giorno (luce chiara) e
in notte (luce oscura o tenebre)8. Da notare che nel senso geroglifico la parola tradotta con “luce”
indica “la potenza del comprendere che ha cominciato a muoversi”9: fin dall’inizio la creazione è
mossa dal potere della comprensione o conoscenza, che ne rappresenta pertanto la moti-vazione.
La tradizione egizia attribuisce la creazione al dio Thoth:
Alla fine della notte, ai limiti della luce,
Thoth si specchiò nelle cose non ancora create dal Tempo.
Allora fu formulato l’universo.10
La prima parola della Genesi, e quindi della Bibbia, è Bereshit o Brashit, in genere tradotta con In
principio. Ma se si analizzano le singole lettere che la compongono e il loro significato nell’ebraico
antico, ecco quale ricchezza semantica si rivela:
Nell’universo la luce del sole fece manifestare la dualità dell’esistenza, esprimendo lo Spirito nei
principi maschile e femminile.11
Il processo continua fino al sesto giorno, in cui Dio decide di creare l’uomo a sua immagine e
somiglianza:
1 1. Genesi 1,26: “E Dio disse: Facciamo l’uomo [adam] a nostra immagine, a nostra somiglianza, e
domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti
i rettili che strisciano sulla terra.”
2. Genesi 1,27: “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li
creò.”
Poi nel settimo giorno Dio suggella il compimento della creazione e la consacra, benedicendola.
Questi esseri, simili a Dio, hanno potere supremo e dominano su tutta la terra, per volontà di Dio
[Elohim] stesso (Genesi 1,26 e 1,28).
A partire dal versetto 2,4, l’antico ebraico introduce un nuovo nome per indicare la divinità:
IHWH o Ihoah. Purtroppo sia Elohim che Ihoah sono tradotti di solito nello stesso modo12, Dio o il
Signore Dio, e se ne perde la differenza che invece il testo antico aveva evidentemente voluto
sottolineare. Come evidenzia Sibaldi, Elohim è un termine plurale collettivo, indica una
molteplicità, e casomai dovrebbe essere tradotto con “tutti gli Dei”; Sibaldi sceglie Tutta-laDivinità13. Antonio Gentili traduce con “Essere divino”.14 Quando si tratta di creare l’uomo, entra
in scena IHWH, Ihoah che tra gli Elohim ha la particolare funzione di
…permettere a Tutta-la-Divinità di essere, di manifestarsi nella realtà terrena, nello spazio e nel
tempo terreno. … Ihoah diventa per noi l’unico Nome personale, l’unico volto della Divinità, nella
nostra realtà terrena è il Dio della terra. Gli Elohim, per noi, rimangono altrove, più su.15
Parfitt è ancora più esplicito e afferma:
se esaminiamo la parola Elohim, di solito tradotta “Dio”, troviamo un affascinante mistero. Il termine
ALHIM in ebraico è composto dal femminile ALH e dal maschile plurale HIM. Quindi la parola
esprime l’unità dei principi maschile e femminile. È solo nel secondo capitolo [della Genesi], quando
la creazione è stata posta in essere, che viene usata la parola IHVH per indicare Dio.16
Gabriele Mandel specifica che il cosiddetto Tetragramma, ovvero le quattro lettere mistiche IHVH,
derivato dal radicale semitico che significa ‘essere’, è alla terza persona sia in forma verbale
semplice (Egli è), sia in forma verbale causativa (Egli fa essere).17
Colui-che-è, ovvero Ihoah, ha il potere di stabilire dei confini, necessari per la definizione delle
forme manifeste; assegna agli adam il compito di imporre un nome a tutti gli altri esseri che
popolano la terra, accettando qualsiasi scelta degli esseri umani: “in qualunque modo l’uomo avesse
chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome” (Genesi 2,19).
C’è una prima stranezza nel passo della Genesi 1,2718 che pare contenere addirittura un errore di
sintassi: “l’uomo … maschio e femmina li creò”; poi in Genesi 2 la narrazione continua con una
seconda stranezza, ripetendo apparentemente ciò che è già avvenuto, ovvero la creazione della
donna tratta dall’uomo:
1. Genesi 2,18: “Poi il Signore Dio disse: Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli
sia simile”.
2. Genesi 2,21: “Allora il signore Dio fece scendere un torpore
sull’uomo, che sia addormentò; gli tolse una delle costole
[tzela]19, e rinchiuse la carne al suo posto.”
3. Genesi 2,22-23: ”Il signore Dio plasmò con la costola che aveva
tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo
disse: Questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie
ossa. La si chiamerà donna [isha] perché dall’uomo [ish] è stata
tolta.”
Le due stranezze segnalate possono essere in realtà indizi per
riconoscere che la narrazione di Genesi 1 e quella di Genesi 2
(dal versetto 18 in poi) si riferiscono a due “livelli” diversi
della creazione e riguardano creature diverse.
In Genesi 1 (e Genesi 2,1-17) si narra infatti della creazione
2 dell’uomo inteso come essere umano (adam significa Umanità20) e tale essere è androgino, cioè
maschio e femmina insieme. L’uomo e la donna, intesi come creature distinte sul piano sessuale,
vengono invece alla luce in Genesi 2,18-22, in seguito alla separazione della parte maschile da
quella femminile dell’androgino originario.
Se questa lettura del testo biblico può sembrarci insolita, vale la pena di ricordare che essa non è
certo nuova21. La tradizione esoterica ebraica ha sempre mantenuto la consapevolezza
dell’androginia di Adam, come si evince da questo passo dello Sepher Ha-Zohar (Il Libro dello
Splendore)22:
Quindi la Scrittura dice: lo benedì e gli diede il nome di Adamo, poiché Dio non benedice che
quando il maschio e la femmina sono uniti. Il maschio solo non merita neanche il nome di uomo,
fintanto che non è unito alla femmina; è per questo che la Scrittura dice: ‘E diede loro il nome di
uomo’.
Analogamente nel Mildrash aramaico del Berešît-Rabbâ23 l’interpretazione biblica è chiara:
Quando il Santo, che Egli sia benedetto, creò l’uomo, lo creò ermafrodita [androgino], come è detto:
maschio e femmina li creò e chiamò il loro nome ‘Adamo’.
I primi cristiani conservavano questa conoscenza che, come ricorda Elemire Zolla24, andò
perdendosi nel periodo intercorso tra San Paolo e sant’Agostino (circa 430 d.C.) e che sopravvisse
negli ambienti gnostici e nella tradizione ermetica (Ermete Trismegisto), per ricomparire
nell’Alchimia.25
Anche Filone d’Alessandria (20 a.C – 50 d.C.) aveva affermato che le due narrazioni si riferiscono
a due livelli o piani distinti della creazione, specificando che il primo si riferisce al piano delle Idee
in senso platonico (l’ideazione divina, il progetto) e al genere maschile e femminile; l’uomo e la
donna, come esseri distinti sul piano sessuale, compaiono nella seconda fase della creazione, quella
in cui dal piano ideativo si passa al piano attuativo o delle forme:
…avendo abbozzato prima il genere uomo, nel quale sono compresi, come dice Mosè, il Genere
maschio e il Genere femmina, da ultimo produce la forma sensibile, che è poi rappresentata da
Adamo26.
A questo punto la somiglianza tra il mito di Platone e la creazione biblica diviene praticamente
totale, perfino nei particolari (come la ricucitura della carne dopo la separazione delle due parti
dell’androgino27), al potere sulla terra (simile a quello divino) che gli androgini hanno. Oltre il già
menzionato Filone d’Alessandria, nel 1500 anche Giuda Abarbanel, detto Leone Ebreo28, mette in
luce il parallelismo tra Platone e il racconto biblico della creazione, svolgendo un’analisi
sorprendentemente intuitiva dell’Adamo bipersonale, e distinguendo Maschile e Femminile da
uomo e donna, attribuendo sia all’uomo che alla donna la polarità interiore dell’Adamo bipersonale.
L’androginia del primo Adam può essere d’altra parte desunta anche dal suo essere a immagine e
somiglianza di un Creatore il cui nome IHVH significa:
(I) il Padre, (H) la Madre e (VH) l’androgino cosmico, o Figlio-e-Figlia…29
Lo Sepher Ha-Zohar esplicitamente afferma:
Rabbi Abba disse “il primo uomo era maschio e femmina insieme poiché la scrittura dice: - E
Elohim disse: facciamo l’uomo a nostra immagine
e somiglianza (Gen. 1,26). È precisamente perché
l’uomo rassomigliasse a Dio che fu creato maschio
e femmina insieme”.30
E prosegue:
…ogni figura che non presenti in sé il maschio e la
femmina non rassomiglia alla figura celeste. … il
Santo non elegge domicilio là dove il maschio e la
femmina non sono uniti.31
Riecheggiano le parole del Cristo: “Dove sono due o
tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”
(Matteo 18,20).
3 Proseguiamo con la narrazione e torniamo ai nostri adam,
ancora indivisi, il cui potere sulla terra è assoluto; sono al centro del
giardino di Eden, di cui sono responsabili32, in piena armonia con la
terra e con Dio, e con loro stanno l’albero della vita e l’albero della
conoscenza del bene e del male.
Questa è la versione a noi nota, ma l’analisi del senso geroglifico
svela significati sorprendenti:
 “Giardino dell’Eden” [GaN-Bi’eDeN MiQeDeM] – “una
cinta (recinzione) nella sfera temporale dell’eternità”33
 “Albero [‘eTZ] della vita e albero della conoscenza del bene
e del male” – “la crescita della vita e la crescita della
conoscenza del bene e del male”. La parola‘eTZ indica “il
tendere di una sostanza verso il suo termine naturale”34.
Ihoah istruisce gli androgini: se crescerete nella conoscenza del
bene e del male, cioè se entrerete nel mondo della polarità, diverrete passibili di morte, ovvero
sperimenterete per prima cosa la polarità della Vita, la nascita e la morte, collegate alla dimensione
del Tempo, nella quale siete stati posti.
Ma Dio (Genesi 2,18) non vuole che l’essere umano, androgino, sia separato da se stesso (solo)35,
ovvero inconsapevole di sé, poiché tutto è mosso dalla volontà di crescita della consapevolezza. Per
conquistare tale consapevolezza, all’essere umano serve “un aiuto che gli sia simile/che gli stia
come di fronte”, che lo rispecchi. Nessuna delle creature può svolgere questo ruolo e Dio allora,
mentre l’androgino si trova in un torpore estatico, separa il suo lato [tzela] femminile da quello
maschile. Da questo momento l’essere umano non è più androgino, bensì uomo e donna, e un’altra
polarità prende forma. L’uomo riconosce la donna come l’altra metà di se stesso: “Questa volta essa
è carne della mia carne e osso del mio osso. La si chiamerà isha, perché da ish è stata tratta.”
(Genesi 2,23).
Dio sancisce quindi l’amore di coppia: “Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si
unirà a sua moglie e i due saranno un essere solo”. (Genesi 2,24).
Fino a questo momento l’uomo e la donna sono ancora in piena unità con Dio, partecipano
della coscienza cosmica senza esserne consapevoli, e come tali non si vergognano della loro nudità.
Ma si risveglia nell’animo umano un desiderio di cibarsi di tale conoscenza (ricordate la tracotanza
di cui parla Platone?) e la femmina, ovvero la parte ricettiva dell’essere umano, accetta di entrare
nel mondo della polarità per poter conquistare la conoscenza: “Dio sa che quando voi ne mangiaste
[dell’albero/crescita della conoscenza del bene del male], si aprirebbero i vostri occhi e diventereste
come Dio [Elohim!], conoscendo il bene e il male”. Il filosofo Giulio Giorello, in modo molto
efficace, descrive questo passaggio dicendo che “Eva (la
prima donna) è stata la prima scienziata dell’umanità”.36
L’essere umano riconosce che la conquista della
conoscenza è cosa buona e desiderabile, al fine di realizzare
la pienezza delle cose e universalizzare la propria
intelligenza, e accetta di immettere in se stesso (attraverso
l’atto simbolico del mangiare) la polarità. Immediatamente
l’essere umano diviene cosciente dell’esistenza della
polarità, prima fra tutte quella sessuale: e la nudità, di cui
prima non si erano resi conto, appare ai loro occhi. Sono ora
consapevoli di sé quali individui separati, distinti gli uni
dagli altri e questo fa loro innalzare attorno a sé uno spesso
velo di pianto.37
Ora che l’essere umano è capace di conoscenza (ora
cioè che la sua coscienza riconosce i due poli della dualità,
4 che come soggetto della conoscenza può percepirsi separato dall’oggetto della conoscenza) anche i
passi del Signore nel giardino diventano udibili e il Signore stesso diventa estraneo, tanto da averne
paura e nascondersi.
“Chi ti ha fatto conoscere la polarità?” (Genesi 3,11) - gli domanda Ihoah. E l’essere umano avanza
un ulteriore passo nella separazione da se stesso e da Ihoah, accusando la parte femminile.
Ihoah maledice il serpente, quale causa di questa scelta degli esseri umani, avverte che la conquista
della conoscenza comporterà per gli esseri umani delle difficoltà, molti dolori, molti tentativi (i
figli), molto duro lavoro.
Ma c’è anche la promessa finale di Dio: dopo tutta questa immane fatica tornerai alla terra
da cui fosti tratto. Ecco il ritorno alla ‘casa del Padre’ (ovvero la legge di evoluzione), che verrà
ribadito dal Cristo38 nella parabola del figliol prodigo. Il ritorno alla casa del padre del figlio che ha
sperimentato la materia in ogni sua forma (“ha divorato tutti i tuoi averi con le prostitute” – Luca
15,30), viene celebrato con grande gioia e feste, “perché questo tuo fratello era mortale ed è tornato
alla Vita Una, era perduto nel mondo della polarità dove ha riconosciuto se stesso e ha fatto ritorno
all’Unità da cui era partito”.39
Note 1
Si vedano Fabre d’Olivet (2002), A.de Souzenelle (1999) e (2000), Sicuteri (1980), Zolla (1989), Sibaldi (2005) e
(2002).
2
Sibaldi (2005) è molto chiaro al riguardo : “Nelle versioni consuete della Bibbia, le parole e i nomi vengono tradotti
soltanto al primo livello, con sporadiche incursioni nel secondo livello, e ciò perché tali versioni si basano su traduzioni
precedenti (dall’ebraico al greco, e dal greco al latino) fatte da traduttori che ignoravano la componente geroglifica
dell’ebraico. In alcuni passi della traduzione dall’ebraico al greco si ha l’impressione che tale ignoranza sia stata
consapevole. Nelle principali traduzioni latine e nelle versioni consuete in lingue moderne tale ignoranza è invece
inconsapevole” (p. XXXVIII).
E specifica che: “In ebraico al primo e la secondo livello la funzione delle lettere dell’alfabeto è soltanto fonetica,
mentre il terzo livello è appunto quello in cui le lettere e le radici da esse composte mostrano che cosa realmente si
nasconda nelle parole, e lo mostrano soltanto nella scrittura (il terzo livello esiste soltanto per gli occhi, può essere
dunque percepito soltanto in prima persona; nel suono della parola pronunciata esso è veramente “nascosto”, come
diceva Erodoto) (p. XXXVIII).
3
Freud (Compendio 1938 in Opere XI, Boringhieri, Torino, p. 595-6) riprese questa particolare caratteristica delle
lingue antiche per spiegare come l’inconscio funzioni nello stesso modo, prendendo spunto da un saggio del filologo
Karl Abel, pubblicato nel 1884 e intitolato Significato opposto delle parole primordiali. Vedi anche A.Carotenuto
(2001), p.9.
4
Dethlefsen (1986), p.32.
5
A.Fabre d’Olivet La lingua ebraica restituita Edizioni Arché (1983), Edizioni PiZeta, Milano, 2002.
6
La Bibbia di Gerusalemme, Edizioni Dehoniane Bologna, 1974.
7
La presenza di due forze complementari nelle cosmogonie di altre tradizioni è messa in luce da Mariella Lancia
(1992), p.54. Si veda anche R. Pettazzoni, Miti e leggende, UTET e Boschi (2003), p. 113-115. E anche la nota 5.
8
Il parallelismo con la cosmogonia cinese è perfetto, come segnala Giulia Boschi (2003) citando il testo taoista
Huainanzi : “l’uno non può generare, perciò si divise trasformandosi in Yin e Yang” (p.113). E prosegue: “In maniera
analoga alle concezioni cosmogoniche di altre culture, il venire in essere del mondo passa attraverso la separazione di
principi opposti e complementari che erano dapprima indistinti. Secondo la Genesi, nel primo giorno della creazione
Dio distinse la luce dalle tenebre. L’etimologia dei caratteri di Yin e Yang rimanda al concetto di ombra e luce; essi
rappresentano graficamente il versante ombreggiato e il versante assolato di una collina” (p.114).
9
“Luce in ebraico è ‘aOR: la prima lettera, l’aleph, è il segno della potenza, la lettera O è il segno dell’intelligenza oltre
che della luminosità, la lettera R è il segno del movimento. Il significato geroglifico della luce che compare all’inizio del
Libro è dunque ‘la potenza del comprendere che ha cominciato a muoversi’” (p.XXXVIII).
10
Boni (2002) p.59.
11
“Beth = una cosa, un contenitore (l’universo)
Resh = il sole
Alef = l’inizio
Shin = lo Spirito
Yod = il principio maschile
Teth = il principio femminile”
5 In Parfitt (1999) p.59.
“Nel fatto che per indicare la Divinità siano usati due nomi, Elohim e IHWH, la totalità dei critici non vede un
significato da penetrare, ma la prova certa che il Libro sia un maldestro accostamento di testi diversi, compiuto da
redattori indifferenti ai problemi della coerenza” in Sibaldi (2005), p. XXVII.
13
Sibaldi (2005), p.5. E a pagina 213 specifica: “ ‘eLoHIM è il plurale della parola ‘eLoH – Dio – che è formata dalla
radice ‘L, il cui significato è: la ‘potenza che si espande intorno e in alto’, ‘la potenza divina’, con l’aggiunta della
lettera H, che è il segno della vita.”
14
Gentili (1987), p.23
15
Sibaldi (2005), p.33-34. A pagina 33: “…è il participio presente del verbo essere, con l’aggiunta della lettera I, che è
il segno del manifestarsi e della durata temporale. “Colui che si manifesta nell’essere” questo significa propriamente il
nome Ihoah.” Annick De Souzenelle (2001, p.21) indica YHWH con “IO SONO in divenire d’essere”.
16
Parfitt (1999), p.59.
17
Mandel (2000), p.141. Nella tradizione indiana troviamo ugualmente due termini distinti per indicare la Divinità.
Come spiega Boni (2002), p.324: “ L’azione, il cambiamento non avviene nella parte di Dio chiamata Purusha, ma in
quella parte del Divino chiamata Prakriti.” E cita la Bhagavad Gita (IV,20): “Purusha non crea il mondo né l’attività né
l’oggetto, né l’unione dell’azione e dei suoi frutti. È Prakriti che crea tutto questo.”
18
Come riporta Gentili (1987), p.44: “La complementarità dei sessi aveva già colpito l’autore di Gn 1,27
(zakar/maschio significa ‘puntuto’ e neqebah/femmina significa ’perforata’”. Questa complementarità è molto
interessante e la esplorermo nel capitolo terzo.
19
Tzela significa involucro, derivando da tzel, lato e anche ombra. Cf. Sibaldi (2005), p.47 e 217.
20
Sibaldi (2005), p.19. Evdokimov scrive: “La creazione di Adam (e Adam in ebraico è un termine collettivo) è la
creazione della cellula umana originaria, dell’uomo come uomo-donna, degli elementi maschili e femminili, nella loro
fusione originaria ancora indifferenziata.” (1980), p.141.
21
Per un approfondimento degli autori che hanno rintracciato nella Genesi l’androgino originario si vedano: Zolla
(1989), Wolff (2003), p.70-87, Sicuteri (1980), p.14.
22
J. De Pauly (a cura di), Il libro dello Zohar, Atanor, 1978, (I,55b). Si veda anche Sicuteri (1980) p.11-18.
23
T. Federici (a cura di), Commento alla Genesi, Berešît-Rabbâ, U.T.E.T., Torino, 1978, p.70.
24
Zolla (1989), p.75.
25
Ai rapporti tra alchimia e psiche Jung ha dedicato un’opera monumentale, Psicologia e alchimia, Boringhieri, Torino,
1981.
26
Vedi Filone d’Alessandria, La creazione del mondo. Le allegorie delle leggi a cura di G. Reale, Rusconi, Milano,
1978, p.215-6. Si veda anche Carotenuto (2001), p.118.
27
Berešît-Rabbâ (vedi nota 26) è ancora più preciso: “Quando il Santo, Egli sia benedetto, creò l’uomo, lo creò bifronte,
lo segò e ne risultarono due schiene, una di qua e una di là”.
28
Di Leone Ebreo è giunta a noi l’opera Dialoghi d’Amore; si veda Scrittori d’Italia, Ed. Santino Caramella, Bari, 1929
29 Zolla (1989), p.65. A pagina 28 Zolla evidenzia il parallelismo con il Vedanta: “Secondo il Vedanta, la donna emerge
nel vuoto lasciato da una contrazione dell’Identità Suprema. L’assoluto (Atman), secondo la Brhadranyaka Upanisad
(I,IV,1-3), era in origine un’unica persona, un’identità ‘io sono’ simile a una coppia uomo-donna congiunti”.
30
J. De Pauly (a cura di), Il libro dello Zohar, Atanor, 1978, citato in Sicuteri (1980), p.12.
31
Op.cit. p.12-13.
32
Genesi II, 15: “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.”
33
Sibaldi (2005) p.37 e 220-221.
34
Sibaldi (2005) p.22 e 215.
35
A.de Souzenelle (2000) p.28
36
Intervista in Le Storie di Corrado Augias, Raitre, 3 aprile 2007.
37
Questo passaggio corrisponde, nelle versioni comuni, alla traduzione, decisamente fuorviante: “intrecciarono foglie di
fico e se ne fecero cinture” – Genesi 3,7. Si veda Sibaldi (2005) p.55 e 224 e A.de Souzenelle 1- (2000) p.225.
38
Faccio spesso ricorso a massime tratte dal Nuovo Testamento con lo stesso spirito espresso da Hermann Hesse: “non
come comandamenti, ma come espressione di una straordinaria, profondissima conoscenza dei misteri dell’animo
umano”. (La cura, p.132).
39
“Perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” - Luca 15, 32
12
Bibliografia
6 Boschi G., Medicina Cinese: la radice e i fiori, Casa Editrice Ambrosiana, Milano, 2003 Carotenuto A., Amare tradire, Edizioni Tascabili Bompiani, Milano, 2001 De Souzenelle A., Il simbolismo del corpo umano. Dall’albero di vita allo schema corporeo, Servitium Editrice, Palazzago, Bergamo 1999 ‐ , L’Egitto interiore, Servitium Editrice, Palazzago, Bergamo 2000 ‐ , Il femminile dell’essere, Servitium Editrice, Palazzago, Bergamo 2001 Evdokimov P., La donna e la salvezza del mondo, Jaca Book Edizioni, Milano 1979 Dethlefsen T., Malattia e destino, Edizioni Mediterranee, Roma, 1986 Fabre d’Olivet A., La lingua ebraica restituita, Edizioni Arché (1983), Edizioni PiZeta, Milano, 2002 Gentili A., Se non diventerete come donne, Ancora Editrice, Milano 1987 ‐ , Le ragioni del corpo, Ancora Editrice, Milano 2007 Mandel G., L’alfabeto ebraico, Mondadori, Milano 2000 Parfitt W., La Cabala, Mondadori, Milano 1999 Sibaldi I., Il frutto proibito della conoscenza, Sperling & Kupfer, Milano, 2002 ‐ , La creazione dell’universo, Sperling & Kupfer, Milano, (1999) 2005 Sicuteri R., Lilith, la luna nera, Astrolabio, Roma, 1980 Wolff H., Gesù, la maschilità esemplare, Queriniana, Brescia, (1979) 2003 Zolla E., L’androgino. L’umana nostalgia dell’interezza, Red Edizioni, Como, 1989 ‐ , L’incontro con l’androgino, Red, Como, 1995 7