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RABIH ALAMEDDINE IO, LA DIVINA Traduzione di Licia Vighi ROMANZO BOMPIANI AlAmeddine, RAbih, I, the Divine: A Novel in First Chapters Copyright © 2001 by Rabih Alameddine First published in the USA as Norton paperback 2002 All rights reserved © 2015 Bompiani / RCS Libri S.p.A. Via Angelo Rizzoli, 8 – 20132 Milano ISBN 978-88-452-7828-0 Prima edizione Bompiani febbraio 2015 A Raya Capitolo uno Mio nonno mi chiamò così per la grande Sarah Bernhardt. Considerava il fatto di averla conosciuta di persona l’avvenimento più importante della sua vita. Parlava di lei in continuazione. A cinque anni, ero in grado di ripetere parola per parola ognuna delle sue storie. Ed è quello che facevo. Mio nonno era un uomo alla buona 7 Capitolo Uno All’età di tredici anni, l’età della scoperta, venni trasferita da una scuola cattolica femminile a una scuola maschile. Mio padre decise che, anziché il francese, doveva essere l’inglese la mia prima lingua, così mi mandò nel miglior istituto della città. Prima del mio arrivo, erano tutti quanti maschi. Volevano che diventasse una scuola sperimentale, e io ero la cavia. E che cavia! Non ero l’unica femmina della scuola, ma ero l’unica della mia classe, l’unica delle cinque sezioni. Le altre quattro femmine erano nelle classi superiori. Si trattava di uno shock culturale assolutamente sconvolgente. Nell’ottobre del 1973, arrivai per il mio primo giorno di scuola 8 Capitolo Uno Il millenovecentosettantatré fu un anno strano. Mi tagliai i capelli corti, cosa che fece ammattire la mia matrigna. L’esercito libanese perse la ragione e cominciò a bombardare l’olp, preannunciando l’arrivo di altre cose. Abbandonai quelle strambe suore carmelitane e mi iscrissi a una scuola finanziata dagli americani in cui ero l’unica femmina in tutta la classe. Conobbi anche Fadi, che cambiò per sempre la mia vita. Ero sempre stata un po’ originale, cosa per la quale la gente dava la colpa a mia madre, sebbene lei non avesse alcuna responsabilità. Le mie sorelle erano normali. La gente non poteva dare la colpa a mio padre. Le mie sorellastre si rivelarono più normali del normale. Salvo il fatto che era omosessuale, il mio fratellino era probabilmente il più normale di tutti noi. Ero io quella strana. Quando ero piccola, in casa avevamo una tata delle Seychelles di nome Violet. Mi ricordo che ci mostrò una fotografia della sua famiglia – dei suoi genitori e di tutte le sue sorelle. Indicai una ragazza bianca nell’immagine, chiedendole chi fosse. Lei disse che era sua sorella. Sorpresa, le domandai come poteva essere. Lei rispose, “Mia madre perse la retta via.” Quella frase mi rimase fortemente impressa nella mente. Avevo sempre 9 creduto che mia madre “avesse perso la retta via” durante il mio concepimento. Ero diversa, sebbene non mi avvicinassi minimamente al livello di Fadi. Ci conoscemmo in classe il mio primo giorno di scuola. Arrivai pronta per la battaglia in jeans e felpa, pronta a sfidare qualunque ragazzo osasse prendermi in giro. Cosa che Fadi fece. Quando mi accomodai dietro di lui, Fadi si voltò e sussurrò, “Se sei lesbica, conosco il bar che fa per te.” Rimasi a bocca aperta. Questi ragazzi dovevano essere la crème de la crème. Com’era riuscito a intrufolarsi questo qui? Era disarmante. Il suo viso mostrava una combinazione di malizia e innocenza che anche oggi trovo attraente. Non era bello, ma gli occhi brillavano di un’intelligenza inaudita. Il loro bagliore si sarebbe smorzato anni dopo, e dopo essere stato picchiato a sangue dai gendarmi una benda avrebbe coperto uno dei due. Diventò l’ombra di se stesso, un fantasma ambulante. Cerco di ricordarmelo com’era a quattordici anni, il ragazzo che sconvolse il mio mondo. 10 Capitolo 1 A tredici anni, l’età della scoperta, venni trasferita da una scuola cattolica femminile a una scuola maschile. I miei genitori avevano ritenuto che un’istruzione inglese sarebbe stata migliore di una francese. Per l’istituto si trattava del primo anno di sperimentazione, e per i primi due anni fui l’unica femmina della mia classe. A scuola, conobbi due persone destinate a esercitare un influsso fondamentale sulla mia vita: Fadi, il mio primo fidanzato, e Dina, la mia migliore amica, che fece la sua comparsa due anni più tardi. Conobbi Fadi il mio primo giorno di scuola. Mi sedetti dietro di lui, e la prima domanda che mi rivolse fu, “Sei lesbica?” Io gli risposi prontamente: “La fica di tua madre, fratello di una troia.” Il dialetto libanese pullula di deliziose imprecazioni, una lingua voluttuosa di cui ero una vera poetessa, istruita nientemeno che da mio padre. Lui considerava l’utilizzo che i bambini facevano delle parolacce degli adulti assolutamente divertente, ed educò tutti i suoi figli all’arte dell’insulto. Diventai un’accanita professionista. La reazione di Fadi si materializzò in un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro, mentre le mani si univano in un applauso, e in uno sguardo con il quale pareva darmi il benve11 nuto nel suo mondo. Diventammo amici rapidamente, all’inizio perché non voleva lasciarmi da sola. Per i primi due giorni, non riuscii a muovermi da nessuna parte senza che lui mi seguisse passo a passo, cercando di tirarmi dentro in qualche piano che stava tramando. Diventammo amici e compagni di malefatte. Fadi non era un bel ragazzo, e non sarebbe diventato nemmeno un bell’uomo. Aveva un viso lungo e pallido, con capelli neri di lunghezza media, eternamente in disordine, leggermente crespi. A seconda di come erano illuminati dai raggi del sole, si scorgevano singoli capelli spuntare liberamente dalla chioma disordinata. Il naso era lungo, rivolto all’ingiù, non all’infuori, come i nasi nei dipinti dell’antica Grecia. Il petto, ossuto e incavato, come se malnutrito. Era carino; tutto sommato, un bocconcino non particolarmente erotico, ma io ho sempre avuto dei gusti peculiari, un po’esotici. Fra tutti i ragazzi della classe, e potevo scegliere chi volevo, visto che ero l’unica ragazza, mi sentii attratta da Fadi. Il sorriso era il suo tratto migliore e indimenticabile. Apparentemente piuttosto naturale, in realtà era accuratamente studiato, la sua evidente innocenza perfezionata nel tentativo di confondere chiunque potesse crederlo capace di uno qualunque degli atti che commetteva. Ben presto mi feci ingannare dalla sua apparenza. Diedi per scontato che fosse un ragazzo dolce, incredibilmente intelligente e studioso. Per certi versi, era tutto questo, ma come disse una volta la nostra insegnante di scienze, la signorina Nahhas, era anche l’incarnazione del diavolo. L’intelligenza di Fadi era notevole. Eravamo entrambi gli alunni migliori della classe, ma la differenza tra il primo, lui, e il secondo, io, era incommensurabile. La sua capacità di comprendere la matematica rasentava il genio. Anche io eccellevo in matematica, ma non arrivavo neanche lontanamente al suo livel12