110 contributo causale Cass pen 19 dicembre 2008 n 15264
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110 contributo causale Cass pen 19 dicembre 2008 n 15264
DeJure Archivio selezionato: Sentenze Cassazione penale Autorità: Cassazione penale sez. IV Data: 19/12/2008 Numero: 15264 Classificazioni: PROVA PER IL GIUDIZIO PENALE - Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni - - utilizzazione LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MARINI Lionello - Presidente Dott. MARZANO Francesco - Consigliere Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Consigliere Dott. BEVERE Antonio - Consigliere Dott. IZZO Fausto - Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: 1) L.C.G., n. in (OMISSIS); 2) C.G., n. in (OMISSIS); 3) M.F., n. in (OMISSIS); avverso la sentenza del 23/9/2003 della Corte di Appello di Caltanissetta; udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Fausto Izzo; sentite le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del Dott. Vincenzo Geraci, che ha concluso per l'annullamento con rinvio dell'impugnata sentenza nei confronti di C.G. e rigetto degli altri ricorsi; sentiti gli Avv.ti Manfredo Rossi e Giovanni Palermo (per C. G.), Avv. MANAGO' Antonio (per L.C.G.), Avv. Pietro Nocita (per M.F.), che hanno concluso per l'accoglimento dei ricorsi. Si osserva: Fatto FATTO E DIRITTO 1. Con sentenza del 6/4/2002 il Tribunale di Enna condannava L.C. ed altri imputati per la violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 (fatti commessi in (OMISSIS)), alla pena di anni 8 e mesi 6 di reclusione ed Euro 35.000,00= di multa, assolvendolo dal relativo delitto associativo; assolveva con formula piena, inoltre, C.G. e M. F. dalle imputazioni di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74. 2. Con sentenza del 23/9/2003 la Corte di Appello di Caltanissetta, adita dagli imputati e dal P.M. confermava la condanna per il L. e condannava il C. per i delitti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74 alla pena di anni 7 di reclusione (nel dispositivo erroneamente viene citato solo l'art. 74); il M. per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 alla pena di anni 6 di reclusione ed Euro 20.000,00= di multa, confermando nel resto la sentenza impugnata. Osservava la corte territoriale a sostegno delle condanne che sicuri elementi di prova erano desumibili da attività di intercettazione e relative perizie foniche e trascrittive espletate; da dichiarazioni di collaboratori di giustizia e testimoni; dalla sentenza irrevocabile del GUP del Tribunale di Caltanissetta del 25/l/2000, emessa nei confronti dei fratelli N.A. ed N. D., che aveva accertato l'esistenza di un'associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga nella zona (OMISSIS). 3. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso i difensori degli imputati deducendo: 3.1. Per L.C.G.: a) la nullità della sentenza per le violazioni di cui all'art. 606 c.p.p., lett. c) e art. 268 c.p.p., comma 3, e art. 271 c.p.p., in ragione della inutilizzabilità delle intercettazioni ambientali effettuate sull'auto Fiat Brava in uso a N.A. per insufficienza della motivazione dei decreti autorizzativi e di proroga circa l'utilizzazione per la captazione delle conversazioni di impianti esterni alla Procura. Invero la motivazione faceva un generico riferimento alla indisponibilità ed inidoneità tecnica degli impianti fissi installati presso la Procura, nonchè all'esigenza di organizzare ed eseguire prontamente eventuali paralleli servizi di P.G.; b) la nullità della sentenza per la violazioni di cui all'art. 606 c.p.p., lett. e), per insufficienza ed illogicità della motivazione in relazione alla valutazione degli indizi i quali, per avere valenza probatoria devono esse precisi, gravi e concordanti. Nel caso di specie non poteva essere che dubbio il riconoscimento fotografico effettuato dal teste Ba. (della P.S.) in danno del L., avvenuto in ora pomeridiana ed a distanza; peraltro sottoponendogli una sola foto. Il teste aveva indicato la persona riconosciuta come di corporatura "normale", mentre invece il L. era alto solo 164 cm. Inoltre altro indizio non certo era costituito dalla identificazione della voce del L. nelle intercettazioni effettuate sull'auto Brava; tale certezza difettava, in quanto il consulente, in ragione della non eccelsa qualità della registrazione, si era pronunciato in termini di mera "compatibilità". Infine, anche a voler ammettere la presenza sul luogo del L., che aveva aiutato a spingere con la Fiat Brava la auto Citroen CX rimesta in panne e su cui poi era stata trovata la droga, la mera presenza in un luogo ove era stata consegnata una partita di droga, non poteva automaticamente far desumere una sua condotta concorsuale; c) La violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. e) in relazione all'art. 62 bis c.p., per insufficienza della motivazione sul diniego delle attenuanti generiche, facendo riferimento ai "precedenti giudiziari ed alla elevata capacità criminale", senza fornire alcuna ulteriore argomentazione. Il difensore presentava motivi aggiunti ribadendo le censure alla sentenza impugnata e lamentando che il giudice del merito non aveva motivato sul perchè non aveva tenuto conto della consulenza di parte del prof. F., che aveva escluso la somiglianza della voce del L., con l'interlocutore presente sulla Fiat Brava unitamente al N.D.. 3.2. Per M.F., la nullità della sentenza per le violazioni di cui all'art. 606 c.p.p., lett. c) ed e) per mancanza, insufficienza ed illogicità della motivazione. Invero la corte territoriale aveva acriticamente recepito i motivi di appello del P.M. ed aveva riformato la sentenza di assoluzione sulla base di argomentazioni illogiche ed apodittiche. A fronte della dichiarazione del teste R., il quale aveva riferito di aver visto un'auto chiara (presumibilmente dell'imputato) alle ore 13.40 del (OMISSIS) (e non le 14.40), orario incompatibile con un presunto appuntamento telefonico preso dal M. con il N. alle 13.31 (per l'impossibilità di fare in pochi minuti il viaggio (OMISSIS)), la corte aveva liquidato la dissonanza affermano trattarsi di un "lapsus". Peraltro il difetto di riconoscimento dell'imputato era avvalorato dalle dichiarazioni dei verbalizzanti i quali non lo avevano visto di persona e non avevano rilevato la targa dell'auto. Quanto al riconoscimento della voce del M. da parte dei verbalizzanti, si trattava di un apprezzamento soggettivo che non dava certezza. 3.3. Per C.G., la nullità della sentenza per le violazioni di cui agli artt. 606 e 192 c.p.p. per la mancata specificazione dei criteri utilizzati per la valutazione della prova ed in ogni caso per la violazione dei criteri di valutazione della prova indiziaria. Invero nessuno degli elementi segnalati nella sentenza come validi indizi avevano il crisma della certezza. In particolare, il rifiuto all'accompagnamento del 2/2/1999 dimostrava che il C. non era a disposizione dei N.; ciò era avvalorato dalla circostanza che in detta data l'imputato non aveva partecipato alla commissione comunale di cui era componente, sicchè se avesse voluto avrebbe potuto accompagnare i N.. Inoltre nulla provava che il viaggio rinviato dai N. il (OMISSIS) avesse la stessa finalità illecita di quello del (OMISSIS). Infine, relativamente al viaggio a (OMISSIS), l'imputato lo aveva giustificato con interessi di gioco a (OMISSIS); circostanza questa avvalorata dalle deposizioni dei testi F.G. e T.M. che il giudice di primo grado aveva valutato attendibili. Quanto alla frequenza di alcune telefonate, ciò era giustificato dal fatto che il C. era l'elettrauto dei N.. Con motivi aggiunti, il difensore rilevava la contraddizione tra dispositivo della sentenza e la motivazione, laddove nel primo la condanna era pronunciata solo per il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, mentre in motivazione si giustificava la condanna anche per il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e si aumentava la pena per la continuazione. 4. Il ricorso del L. è solo in parte fondato. 4.1. In ordine all'eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni ai sensi dell'art. 271 c.p.p., in quanto captate in violazione dell'art. 268 c.p.p., comma 3, con impianti situati presso la Polizia Giudiziaria e non presso gli impianti della Procura della Repubblica, con una motivazione carente in ordine alla insufficienza ed indisponibilità di impianti presso l'ufficio del P.M., va osservato che tale censura è infondata. In via preliminare va ricordato che questa Corte, ha più volte ribadito che qualora venga eccepita in sede di legittimità l'inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, siccome asseritamente eseguite fuori dai casi consentiti dalla legge o qualora non siano state osservate le disposizioni previste dall'art. 267 c.p.p. e art. 268 c.p.p., commi 1 e 3, (art. 271 c.p.p., comma 1), è onere della parte indicare specificamente l'atto che si afferma essere affetto dal vizio denunciato e curare che tale atto sia comunque effettivamente acquisito al fascicolo trasmesso al giudice di legittimità, magari provvedendo a produrlo in copia nel giudizio di cassazione. In difetto, il motivo è inammissibile per genericità, non essendo consentito al giudice di legittimità di individuare l'atto affetto dal vizio denunciato (Cass. 4, 32747/2006, imp. Pizzinga, rv. 234809). Nella specie, nel ricorso il decreto è indicato nei suoi estremi come "decreto autorizzativo del GIP 656/98 del 3/12/1998, così come quello esecutivo del P.M. in pari data ... decreti di proroga in data 12/1 e 1/2/1999". Pertanto si richiama con sufficiente chiarezza il provvedimento del GIP, ma non anche i decreti del P.M. che disponevano le intercettazioni. Inoltre detti decreti non risultano acquisiti agli atti, nè il ricorrente li ha prodotti in copia, venendo meno, pertanto, al rispetto dell'onere di autosufficienza del ricorso. 4.2. Indipendentemente dal dato formale, in ogni caso la censura formulata è infondata. Come viene riportato nei motivi di ricorso, il decreto del P.M. motiva l'utilizzazione degli impianti esterni alla Procura, giustificandola con le parole "stante l'indisponibilità e la inidoneità tecnica degli impianti fissi installati presso questa Procura, nonchè l'esigenza di organizzare ed eseguire prontamente eventuali paralleli servizi di P.G.". Orbene è noto che per derogare all'utilizzo degli impianti siti presso la Procura, e necessario che concorrano, contemporaneamente, due requisiti: la loro insufficienza o l'inidoneità e le eccezionali ragioni di urgenza. E' inoltre necessario che tali presupposti siano esplicitati nel provvedimento del P.M., non potendo essere consentiti "recuperi di motivazione" ex post, da parte del giudice di merito O di legittimità (cfr. Cass. SS.UU. 30347/07, imp. Aguneche, rv. 236755). Va ricordato che nella nota sentenza 26/11/2003, n. 919, Gatto, le Sezioni Unite di questa Suprema Corte, in maniera pregnante rispetto al tema che qui interessa, hanno affrontato la questione del contenuto della motivazione del decreto del pubblico ministero circa la insufficienza o inidoneità degli impianti della Procura della Repubblica, affermato che "non è neppure ipotizzare la formulazione di una regola specifica che, o si risolverebbe in generiche espressioni, o, se penetrante, sarebbe inadeguata e anche arbitraria", le Sezioni Unite hanno rilevato che "è l'esistenza di una obiettiva situazione di insufficienza o di inidoneità che deve emergere dalla motivazione del Decreto e non la sola valutazione conclusiva operata in proposito dal pubblico ministero". Invero, "la motivazione ha la funzione di dimostrare la corrispondenza tra la fattispecie concreta considerata dal giudice o dal pubblico ministero e la fattispecie astratta, che legittima il provvedimento, e di indicare i dati materiali e le ragioni che all'autorità giudiziaria hanno fatto ritenere esistente la fattispecie concreta"; essa "può richiedere uno svolgimento diffuso o poche parole", ed è assolto l'obbligo motivazionale "con la semplice enunciazione relativa alla indisponibilità di linee presso la locale Procura", giacchè "queste parole... non ripetono la formula legislativa, ma indicano una situazione obiettiva, riconducibile al concetto normativo di insufficienza degli impianti, e sono idonee a rappresentare la fattispecie concreta e la sua corrispondenza con quella astratta". Posto che "è la situazione obiettiva che rileva ai fini della motivazione, ed essa ben può essere attestata dal pubblico ministero presso il quale sono installati gli impianti di intercettazione.... è solo entro tali limiti che può riconoscersi un valore attestativo al Decreto del pubblico ministero", il quale "può attestare fatti che ricadono nei propri poteri di cognizione diretta, ma non situazioni, come l'insufficienza o l'inidoneità, che costituiscono il frutto di una qualificazione incontrollabile, se non si conoscono i fatti che l'hanno giustificata; fatti che, ad esempio, non possono essere taciuti nei casi... in cui l'inidoneità viene fatta dipendere non dalle condizioni materiali degli impianti, ma da particolari esigenze investigative". Hanno osservato le SS.UU. che in conclusiva sostanza, "non basta l'asserzione che gli impianti sono insufficienti o inidonei, ma va specificata la ragione della insufficienza o della inidoneità, anche solo mediante una indicazione..... contenuta nel provvedimento in esame, senza che in questo caso occorrano ulteriori chiarimenti sulle cause della indisponibilità". La successiva giurisprudenza di legittimità delle sezioni semplici di questa Suprema Corte, formatasi dopo la cd. sentenza Gatto, ha confermato la espressa lettura ampia del significato di insufficienza o inidoneità degli impianti in uso all'ufficio di Procura, evidenziando, in sostanza, una nozione di "inidoneità di tipo funzionale" di tali impianti, comprendente non solo una obiettiva situazione di fatto che renda necessario il ricorso ad impianti esterni (come la indisponibilità di linee o di apparecchiature presso l'ufficio, o il non funzionamento materiale delle stesse), ma anche la concreta inadeguatezza al raggiungimento dello scopo, in relazione al reato per cui si procede ed alla tipologia di indagine necessaria all'accertamento dei fatti, in relazione, cioè, alle caratteristiche concrete delle operazioni captative e alle finalità investigative perseguite (Sez. 6^, 9 dicembre, 2004, n. 163/2005, Foti; Sez. 6^, 9 dicembre 2004, n. 165/2005, Leanza; Sez. 1^, 3 febbraio 2005, n. 115255, P.M. in proc. Gallace; Sez. 1^, 23 giugno 2005, n. 34814, D'Agostino ed altri; Sez. 1^, 14 novembre 2005, n. 1033/2006, cerchi ed altri; Sez. 1^, 17 febbraio 2006, n. 11576, Vecchione ed altro; Sez. 4^, 19 ottobre 2006, n. 38018, De Carolis; Sez. 2^, 11 gennaio 2007, n. 7380, Messina ed altro; Sez. 6^, 8 marzo 2007, n. 21861, Morabito ed altri; Sez. 6^, 15 novembre 2005, n. 25255, Bove ed altri). Tale orientamento è stato condiviso nella successiva già citata sentenza delle Sezioni Unite del 2007 (cass. ss.uu. 30347/07, imp. Aguneche, rv. 236755) con la quale si è precisato che l'eventuale carenza motivazionale non può essere corretta ex post dal giudice di merito o di legittimità. Ciò premesso, nel caso di specie, il Pubblico Ministero ha adeguatamente motivato la scelta dell'utilizzo degli impianti esterni alla Procura, facendo riferimento, attestandola, della loro "indisponibilità", ed in ogni caso della loro inidoneità in ragione del tipo di indagine in corso (su un'associazione per il traffico di stupefacenti), che imponeva l'organizzazione di eventuali immediati servizi paralleli di P.G. (l'attuale processo trae spunto proprio da un sequestro di droga a riscontro delle intercettazioni), valutando quindi anche un'inidoneità di tipo funzionale degli impianti del suo Ufficio. Quanto all'altro presupposto, quello delle eccezionali ragioni di urgenza, di cui peraltro il ricorrente non si è doluto, nel caso di specie, la motivazione è integrata con il richiamo al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, reato permanente, ed alle indagini svolte in un contesto in cui si ipotizzava come imminente il compimento di reati- fine. La formulata eccezione di inutilizzabilità è pertanto infondata. 4.3. In ordine alla lamentata insufficienza ed illogicità della motivazione, nell'esaminare le doglianze formulate dai ricorrenti, attinenti alla tenuta argomentativa della sentenza, è utile ricordare, in via preliminare, i rigorosi limiti del controllo di legittimità sulla sentenza di merito. Invero, ai sensi di quanto disposto dall'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non concerne nè la ricostruzione dei fatti nè l'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. Con l'ulteriore precisazione, quanto alla l'illogicità della motivazione, come vizio denunciarle, che deve essere evidente ("manifesta illogicità"), cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese, le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento (Cass., Sez. 1, 26 settembre 2003, Castellana ed altri). In altri termini, l'illogicità della motivazione, deve risultare percepibile ictu oculi, in quanto l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Cass., sez. 4, 4 dicembre 2003, Cozzolino ed altri). Inoltre, va precisato, che il vizio della "manifesta illogicità" della motivazione deve risultare dal testo del provvedimento impugnato, nel senso che il relativo apprezzamento va effettuato considerando che la sentenza deve essere logica "rispetto a sè stessa", cioè rispetto agli atti processuali citati nella stessa ed alla conseguente valutazione effettuata dal giudice di merito, che si presta a censura soltanto se, appunto, manifestamente contrastante e incompatibile. Con i principi della logica (Cass., Sez. 4, 2 dicembre 2004, Grado ed altri). I limiti del sindacato della Corte non paiono mutati neppure a seguito della nuova formulazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), intervenuta con la L. 20 febbraio 2006, n. 46, laddove si prevede che il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve mirare a verificare che la motivazione della pronuncia: a) sia "effettiva" e non meramente apparente, cioè realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia "manifestamente illogica", in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell'applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente "contraddittoria", ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo" (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi del suo ricorso per cassazione: cd. autosufficienza) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico. Alla Corte di cassazione, infatti, non è tuttora consentito di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti magari finalizzata, nella prospettiva del ricorrente, ad una ricostruzione dei medesimi in termini diversi da quelli fatti propri dal giudice del merito. Così come non sembra affatto consentito che, attraverso il richiamo agli "atti del processo", possa esservi spazio per una rivalutazione dell'apprezzamento del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamento riservato in via esclusiva al giudice del merito. In altri termini, al giudice di legittimità resta tuttora preclusa - in sede di controllo della motivazione - la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perchè ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa: un tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell'ennesimo giudice del fatto. Pertanto la Corte, anche nel quadro nella nuova disciplina, è e resta giudice della motivazione. 4.4. Nel caso di specie va anche ricordato che per il L., ci si trova dinanzi ad una "doppia conforme" e cioè doppia pronuncia di eguale segno (nel nostro caso, di condanna) per cui il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l'argomento probatorio asseritamene travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado. Invero, sebbene in tema di giudizio di cassazione, in forza della novella dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di travisamento della prova, che si ha quando nella motivazione si fa uso di un'informazione rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prova decisiva, esso può essere fatto valere nell'ipotesi in cui l'impugnata decisione abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di cd. doppia conforme, superarsi il limite del "devolutum" con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d'appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (Cass., n. 5223/07, ric. Medina, rv. 236130). Nel caso di specie, invece, il giudice di appello ha riesaminato lo stesso materiale probatorio già sottoposto al tribunale e, dopo avere preso atto delle censure degli appellanti, è giunto alla medesima conclusione di affermazione della responsabilità. 4.5. Orbene, fatta questa doverosa premessa e sviluppando coerentemente i principi suesposti, deve ritenersi che la sentenza impugnata regge al vaglio di legittimità, non palesandosi assenza, contraddittorietà od illogicità della motivazione, ovvero travisamento del fatto o della prova. In particolare il giudice di merito ha già risposto con adeguata motivazione a tutte le osservazioni del ricorrente, che in sostanza ripropongono motivi di fatto. Sia la sentenza di primo grado che quella di appello hanno rimarcato che, quanto al L., era stata provata da parte sua la cessione, in concorso con il nonno B.G., di un kg. di cocaina in favore dei fratelli N., fatto verificatosi in (OMISSIS), all'interno del ristorante "(OMISSIS)", il (OMISSIS) (capo B). Le prove si desumevano: - dalla circostanza che dalle intercettazioni era emerso che N. D. doveva recarsi a (OMISSIS) per prelevare un rilevante quantitativo di droga; - la droga doveva essere consegnata presso il ristorante " (OMISSIS)"; - presso il locale erano sopraggiunte due auto, una Fiat Brava con all'interno N.D. ed una Citroen AX condotta da un giovane successivamente individuato per M.A.; - verso le ore 16.45 le due macchine uscivano ed in particolare la Citroen era sospinta dalla Fiat, probabilmente perchè in panne; - la Fiat era condotta da un giovane indossante un giubbotto con la scritta Nike ed al cui fianco vi era N.D.; la Citroen era condotta dal M.A.; - successivamente la Fiat era tornata al ristorante con a bordo solo N.D. e B.G.; - successivamente le due auto si erano allontanate dal ristorante dirigendosi verso l'autostrada. Fermata dai verbalizzanti al Citroen, al suo interno venivano rinvenuti un chilogrammo di cocaina; - i verbalizzanti agenti di P.S. Ba. e S., individuavano il giovane che era stato visto a bordo della Fiat insieme al N., in L.C.. La difesa ha contestato l'attendibilità del riconoscimento dell'imputato come la persona che si trovava alla guida della Fiat Brava insieme con il N.. La corte territoriale, ha adeguatamente motivato sul punto richiamando il riconoscimento effettuato all'udienza del 14/3/01 dai verbalizzanti Ba. e S.. Tale riconoscimento, ha ritenuto il giudice del merito, ben si riscontrava con la perizia fonica svolta sulla voce del soggetto intercettato sull'auto del N. ove era in corso l'intercettazione ambientale. Il perito ha concluso per la "compatibilità" della voce con quella del L., precisando che la totale attendibilità dell'accertamento tecnico non era possibile affermarla, in ragione della pessima qualità della registrazione. Come osservato dalla corte di merito, i due dati probatori (deposizioni, giudizio tecnico di compatibilità della voce), incrociandosi, fornivano la certezza della presenza del L. sull'auto del N. il pomeriggio dei fatti. Tale certezza era avvalorata dal contenuto dei colloqui del N. con il B.G. (nonno dell'imputato), intercettati a bordo della Fiat Brava nello stesso giorno del (OMISSIS). In tale occasione il N. aveva chiesto informazioni sul giovane, avendo dal B. G. la risposta:".... E' il figlio di mia figlia.....è "spirtu" (scaltro, furbo).... già ha sparato a due...". Ha argomentato la corte che tali frasi avvaloravano ed enfatizzavano presso il N. le qualità criminali del L. (che la P.G. accertava effettivamente essere il nipote del B.G.). La concordanza dei tre dati probatori sopra indicati (riconoscimento da parte della P.G., perizia fonica e conversazione del B.G. con il N.), ha indotto il giudice del merito a valutare implicitamente la inattendibilità della consulenza di parte che aveva escluso la somiglianza delle due voci. Inoltre, tenuto conto che l'intervento dell'imputato nella vicenda non era durato a lungo, ed era avvenuto in ora pomeridiana, ciò era compatibile con un'assenza dal luogo di lavoro (pasticceria) per un breve arco di tempo. In ordine alla qualificazione della condotta del L., mera connivenza o concorso, i giudici del merito hanno ritenuto la sua piena partecipazione all'attività criminosa desumendola dalle seguenti circostanze: - l'incontro per la consegna della droga era stato preparato da tempo e ad esso pertanto dovevano ragionevolmente partecipare persone pienamente consapevoli della cosa; - la presenza nell'auto del N. presso il ristorante "(OMISSIS)" al momento della consegna della droga; - la circostanza che il nonno ( B.G.), aveva avvalorato la capacità criminali del nipote presso il N.; - le risultanze delle intercettazioni all'interno della Fiat Brava, durante l'operazione di soccorso alla Citroen in panne; nel corso della conversazione il L. dice al N.: "... ora lo sai che facciamo? Andiamo a comprare l'ammoniaca e ci prendiamo quella cosa, ti faccio vedere come ci sbrighiamo...". La condotta concorsuale sussiste indipendentemente dal fatto che non sia stato accertato con sicurezza se il L. abbia materialmente consegnato lo stupefacente al N., in quanto egli ha certamente dato un contributo rilevante alla commissione del fatto. Sul punto va rilevato che questa Corte ha più volte ribadito che "ai fini della configurabilità del concorso di persone nel reato, il contributo concorsuale assume rilevanza non solo quando abbia efficacia causale, ponendosi come condizione dell'evento lesivo, ma anche quando assuma la forma di un contributo agevolatore, e cioè quando il reato, senza la condotta di agevolazione, sarebbe ugualmente commesso, ma con maggiori incertezze di riuscita o difficoltà. Ne deriva che, a tal fine, è sufficiente che la condotta di partecipazione si manifesti in un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l'agevolazione dell'opera degli altri concorrenti, e che il partecipe, per effetto della sua condotta, idonea a facilitarne l'esecuzione, abbia aumentato la possibilità della produzione del reato, perchè in forza del rapporto associativo diventano sue anche le condotte degli altri concorrenti" (Cass. 4, n. 24895/2007, imp. Di Chiara, rv. 236853). La valutazione del giudice del merito, circa il pieno coinvolgimento del L. nel fatto, appare pertanto adeguatamente motivata e si sottrae quindi a censure di insufficienza od illogicità. 4.6. Il ricorso va accolto, invece, limitatamente al diniego delle attenuanti generiche, motivato in modo stringato in relazione ai precedenti giudiziari ed alla gravità del fatto. Tale diniego è basato su una circostanza, l'essere il L. pregiudicato, che non corrisponde al vero. L'imputato è infatti incensurato. Sul punto, pertanto, si impone l'annullamento con rinvio della sentenza. 5. Il ricorso del M. è infondato. L'imputato è stato assolto in primo grado sulla base della valutazione che gli elementi di prova a carico non erano sufficienti per ritenere il suo inserimento nell'associazione con il compito si smerciare droga a (OMISSIS). In sede di appello, a seguito di impugnazione del P.M., è stato condannato per il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 (capo G); l'assoluzione è stata invece confermata per l'imputazione di cui all'art. 74. Ha osservato la corte territoriale che era stato provato il suo coinvolgimento nel traffico di droga, quale acquirente della sostanza dal N.A.. Le prove si desumevano: - da attività di intercettazione telefonica da cui emergevano che alcune conversazioni tra il M. ed il N., nonostante il linguaggio criptico, erano riferibili a stupefacenti; - dopo le conversazioni con il M., il N. chiamava il nipote " Mi.", incaricandolo di preparare i quantitativi richiesti; - l'identificazione dell'imputato era certa, in quanto effettivamente abitava a (OMISSIS), come da lui stesso riferito al N. per telefono; a lui erano riconducibili l'utenza mobile contattata, nonchè l'utenza fissa intestata alla suocera ( C.S.) ma sita nell'abitazione dell'imputato; era stata vista, dopo le telefonate, un'auto chiara innanzi alla casa del N., simile alla Fiat Uno bianca intestata alla moglie del M.; peraltro lo stesso N. in dibattimento aveva dichiarato di conoscere l'imputato in ragione della vendita di una moto o di un'auto. 5.1. Secondo la corte di merito le intercettazioni intercorse tra N.A. e " F." il "(OMISSIS)" ( M.F., di (OMISSIS)), sono inequivocabili. Nell'intercettazione del (OMISSIS) (ambientale sull'auto del N.), il F. dice al N. "...Sono rovinato stasera, minchia stasera c'è la festa del liceo di (OMISSIS).... i ragazzi stanno "catuniannu" (brontolando), ... allora per domani si può fare niente?... perchè è bagnato non si può fare niente, il piatto è caldo... è umida non si può allargare..,". Il N. nel corso della conversazione risponde a F. che ".... se tornano io me la faccio cambiare .... è umida, è umida ....". Il significato della conversazione è stato ritenuto particolarmente evidente, trattandosi di una fornitura di droga dal N.A. al M., che non può essere fatta con immediatezza ed in vista di una festa di giovani liceali di (OMISSIS), in quanto la sostanza è "umida" e quindi non è possibile "allargarla" (tagliarla). In tale conversazione i due interlocutori fanno anche riferimento ad un precedente incontro tra loro avvenuto "per la motocicletta" (circostanza questa confermata dal N. il quale ha dichiarato di conoscere il M. in ragione della vendita di un'auto o di una moto: cfr. dich. dibatt. del 30/10/01). Il (OMISSIS), alle 13.35, il N. riceve da un telefono pubblico di (OMISSIS) (sito in corso (OMISSIS)) una chiamata. Successivamente alle ore 15,57 viene intercettato un colloquio tra il N. e la stessa persona che precedentemente aveva telefonato, nel corso della quale il "(OMISSIS)" consegna L. due milioni al N., chiedendogli "l'hai preparata ora?". Il (OMISSIS), alle 13.31, il N. riceve dall'utenza intestata alla suocera del M. una telefonata e subito dopo ordina al nipote Mi. di prendere "quella cosa che è rimasta"; alle ore 14.30 circa successive giunge innanzi alla abitazione del N. un'auto utilitaria chiara, il conducente poco dopo si allontana seguito da un'auto condotta dal N.. La convinzione che l'auto fosse condotta dal M. il giudice di merito la trae dalla circostanza che sua moglie risulta intestataria di una Fiat Uno bianca (tg. (OMISSIS)). Che le conversazioni avessero per oggetto fornitura di droga, secondo la corte, lo si evince da una precedente telefonata (del (OMISSIS)) tra il " F." ed il N., nel corso della quale il "(OMISSIS)" si lamenta con l'interlocutore che da un quantitativo precedente mancavano due grammi e mezzo. 5.2. Sulla base di tali conversazioni, la corte distrettuale ha ritenuto provati i plurimi rapporti di fornitura di droga dal N. al " F." che poi l'avrebbe smerciata a (OMISSIS). La difesa ha censurato la motivazione della sentenza laddove aveva ritenuto di individuare nel " F." l'attuale imputato M.. Sul punto il giudice del merito ha fornito una esaustiva e convincente motivazione, evidenziando, come già detto, che l'identificazione dell'imputato era certa, in quanto effettivamente abitava a (OMISSIS), come da lui stesso riferito al N. per telefono; a lui erano riconducibili le utenze mobili contattate, nonchè l'utenza fissa intestata alla suocera ( C.S.) ma sita nell'abitazione dell'imputato; era stata vista, dopo le telefonate, un'auto chiara innanzi alla casa del N., simile alla Fiat Uno bianca intestata alla moglie del M.; peraltro lo stesso N. in dibattimento aveva dichiarato di conoscere l'imputato in ragione della vendita di una moto o di un'auto. Sul punto, pertanto, la difesa esprime un dissenso di merito nei confronti della ricostruzione logica di segno opposto operata dalla corte territoriale, che questo giudice di legittimità non può sindacare, tenuto conto della tenuta logica della motivazione della sentenza impugnata. 5.3. Nei motivi di ricorso viene censurata la motivazione del giudice di appello laddove, a fronte della dichiarazione del teste verbalizzante R., il quale aveva riferito di aver visto un'auto chiara (presumibilmente dell'imputato) alle ore 13.40 del (OMISSIS) (e non le 14.40), orario incompatibile con un presunto appuntamento telefonico preso dal M. con il N. alle 13.31 (per l'impossibilità di fare in pochi minuti il viaggio (OMISSIS)), la corte aveva liquidato la dissonanza affermano trattarsi di un "lapsus". Peraltro il difetto di riconoscimento dell'imputato era avvalorato dalle dichiarazioni dei verbalizzanti i quali non lo avevano visto di persona e non avevano rilevato la targa dell'auto. Orbene, premesso che tale motivo afferisce esclusivamente alla vicenda dell'incontro del (OMISSIS) e non intacca il quadro probatorio desumibile dalle altre intercettazioni, va osservato che anche in questo caso la Corte di merito, ha adeguatamente motivato la sua affermazione evidenziando che uno dei due verbalizzanti, il Ca., aveva indicato l'orario nelle ore 14.30, l'altro dopo avere in un primo tempo indicato le ore 14.29, aveva successivamente indicato le ore 13.30 probabilmente per una mera svista, tenuto conto della precedente dichiarazione e della coincidenza con quanto riferito dal collega. Peraltro, l'identificazione sempre nella medesima persona dell'interlocutore che colloquiava da (OMISSIS) con il N., è stata attestata dall'ispettore di P.S. c.. L'attendibilità di tale deposizione è avvalorata dagli altri indicati riscontri, quali la riconducibilità al M. delle utenze in entrata ed in uscita delle conversazioni e il pregresso rapporto di conoscenza tra il N. e l'imputato. Va ricordato che questa Corte regolatrice ha statuito che "in tema di intercettazioni telefoniche, qualora sia contestata l'identificazione delle persone colloquianti, il giudice non deve necessariamente disporre una perizia fonica, ma può trarre il proprio convincimento da altre circostanze che consentano di risalire con certezza all'identità degli interlocutori, e tale valutazione si sottrae al sindacato di legittimità, se correttamente motivata (fattispecie in cui l'individuazione è avvenuta tenendo conto dei nomi e dei soprannomi delle persone menzionate nel corso dei colloqui, nonchè sulla base del riconoscimento delle voci da parte del personale di polizia giudiziaria, che le aveva ascoltate e individuate nel corso di precedenti intercettazioni)" (Cass. 6, n. 17619/2008, imp. Gionta, rv. 239725). Per quanto detto, la non contraddittorietà ed illogicità della motivazione dell'impugnata sentenza impone il rigetto del ricorso. 6. Il ricorso del C.G. è fondato e la sentenza, relativamente alla sua posizione, deve essere annullata con rinvio per un nuovo giudizio (su conforme richiesta del P.G. in udienza). L'imputato (elettrauto domiciliato ad (OMISSIS)) in primo grado era stato assolto dalle imputazioni di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 (capo A) ed D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 (capo D), non essendo stata raggiunta la prova che questi fungesse da corriere dell'organizzazione, in particolare trasportando la sostanza a (OMISSIS) da (OMISSIS). A seguito di appello del P.M., la corte territoriale ha riconosciuto la sua colpevolezza in ordine ad entrambi i reati, condannandolo alla pena di anni sette di reclusione. Va osservato che nel dispositivo della sentenza, per mero errore materiale, è indicato il solo art. 74, ma nella motivazione della sentenza e nella quantificazione della pena, ove si procede all'aumento per la continuazione, si fa riferimento esplicitamente anche all'art. 73. Provvedere quindi il giudice di rinvio a correggere l'errore materiale. Ciò premesso, va osservato che la Corte distrettuale ha ritenuto provato il suo coinvolgimento nella associazione dedita al traffico di droga ed ai reati fine, ciò risultando: - dalla circostanza che dalle intercettazioni dei colloqui dei N., emergeva che il C.G. per motivi di partecipazione alle sedute del Consiglio Comunale di (OMISSIS), aveva rifiutato di partecipare al viaggio del (OMISSIS): tale rifiuto, però era indizio della sua disponibilità per pregressi e futuri viaggi; - dalle intercettazioni del (OMISSIS) risulta che i N. avevano avvertito il C.G. del rinvio di un viaggio, in ragione di un controllo di polizia effettuata su altro complice; - dai tabulati telefonici e dai relativi tracciamenti, da cui si evinceva che il giorno (OMISSIS) il C.G. era andato a (OMISSIS), negli stessi orari in cui vi era andato anche N. D.; - dai tabulati telefonici e dai relativi tracciamenti, da cui si evinceva che il giorno (OMISSIS) il C.G. era andato a (OMISSIS) (aeroporto), partendo da (OMISSIS) (come emergeva anche dalia lista passeggeri), ed appena giunto a (OMISSIS) era stato contattato dall'utenza in uso a N.A.; il viaggio veniva giustificato dall'imputato con interessi di gioco al casinò di (OMISSIS). - dal rilevante traffico telefonico intercorso tra il C.G. ed i N., incompatibile con un mero rapporto di amicizia. 6.1. Orbene la motivazione della sentenza non appare sufficientemente motivata in relazione all'asserita funzione di corriere del C. G. e del conseguente suo stabile inserimento nell'organizzazione criminale dei N.. In relazione al trasporto di droga del (OMISSIS) (poi svolto dai M.A., capo B), cfr. posizione del L.), a fronte di una richiesta di disponibilità a recarsi a (OMISSIS), il C.G. opponeva un rifiuto adducendo di essere impegnato preso il Consiglio Comunale di (OMISSIS) ove svolgeva il ruolo di consigliere. Nella impugnata sentenza non si da conto di un esplicito dialogo per fatti di droga tra i N. ed il C. G., ma in ogni caso l'imputato non aderisce alla richiesta, così dimostrando di non essere a disposizione dell'associazione. Nè la sua disponibilità si evince dall'episodio del (OMISSIS), allorquando per conto dei N. il C.G. era partito da (OMISSIS) per recarsi a (OMISSIS), venendo poi fermato ad (OMISSIS) da una telefonata probabilmente del N.D., in quanto quest'ultimo, appena partito, in zona (OMISSIS) era stato fermato dai Carabinieri e trovato in possesso di L. 18.900.000= ed aveva quindi deciso di rinviare il viaggio, sospettando di essere pedinato. Che il viaggio fosse finalizzato all'acquisto di droga non emerge con certezza dalla motivazione della sentenza, sebbene il rinvenimento indosso al C.G. di un'ingente somma di danaro induca a seri sospetti. Inoltre il contenuto di eventuali colloqui diretti tra C.G. ed i N. è ignoto, in quanto l'esistenza di contatti è attestata solo dall'analisi dei tabulati. I sospetti pertanto, non raggiungono il rango della gravità indiziaria. Nella sentenza di condanna un altro elemento probatorio è stato desunto dal viaggio effettuato nel pomeriggio del (OMISSIS) dal C. a (OMISSIS) (aeroporto di (OMISSIS)). In tale circostanza risulta dai tabulati che, appena giunto a (OMISSIS), il C.G. riceve alcune telefonate dall'utenza di tale P.A. in uso al N.A.. Da ciò ne ha dedotto la Corte che tale viaggio ere finalizzato al traffico di droga. Anche in tale caso nella sentenza non vengono esplicitate le ragioni da cui desumere con apprezzabile sicurezza lo scopo illecito del viaggio e quale fosse lo specifico mandato conferito al C.G. dal N.. Inoltre non viene superato il dato probatorio difensivo costituito dalle deposizioni dei testi F.G. e T.M., che in dibattimento hanno dichiarato che il viaggio era stato da loro organizzato unitamente al C.G. per andare a giocare al Casinò di (OMISSIS). In definitiva dal tessuto argomentativo della sentenza impugnata emergono supposizioni e leciti sospetti, che non raggiungono, nella loro esposizione, il rango di gravi e concordanti indizi probatori, tali da consentire un giudizio di colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio. Per quanto detto, si impone l'annullamento con rinvio della sentenza. Consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente M.F. al pagamento delle spese processuali. Diritto PQM P.Q.M. La Corte annulla la sentenza impugnata nei confronti di C. G., nonchè, limitatamente al diniego delle attenuanti generiche, nei confronti di L.C.G., con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Caltanissetta. Rigetta nel resto il ricorso di L.C.G. e rigetta altresì il ricorso di M.F. e condanna quest'ultimo al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2008. Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2009 Note Utente: MASSIMO BEVERE www.iusexplorer.it - 18.11.2013 © Copyright Giuffrè 2013. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156