newsletter n. 3 luglio 2006 - Unioncamere Emilia
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newsletter n. 3 luglio 2006 - Unioncamere Emilia
NETWORK NEWS ! " # % &'(() ) ) & ! $ ) * ! # " $ % & La Legge 580 del 1993 di riordino delle Camere di Commercio, nel declinarne le funzioni istituzionali ha assegnato agli Enti compiti strettamente orientati alla tutela del mercato. Infatti le Camere di Commercio possono promuovere la costituzione di commissioni arbitrali e conciliative per risolvere i contenziosi tra imprese e tra queste e i consumatori, predisporre e promuovere contratti tipo, attuare forme di controllo sulla presenza di clausole inique inserite nei contratti e possono, inoltre, costituirsi parte civile nei giudizi inerenti i delitti contro l’economia, nonché promuovere azioni per la repressione della concorrenza sleale. Successivamente i Decreti Bassanini sul decentramento amministrativo hanno rafforzato il ruolo camerale per la tutela del mercato, affidando alle Camere di Commercio i compiti prima attribuiti agli Uffici periferici dell’allora Ministero dell’Industria (oggi dello Sviluppo Economico) in tema di metrologia legale, di brevetti, di sanzioni amministrative e prevedendo l’istituzione della figura del “Garante della fede pubblica e del consumatore”. Quest’ultimo aspetto, di fatto, ha ulteriormente confermato l’attenzione che il legislatore ha voluto attribuire al ruolo camerale anche nei confronti del consumatore, ruolo peraltro introdotto già con la legge di riordino, avendo questa previsto nell’ambito del Consiglio uno specifico rappresentante dei consumatori e degli utenti. In questi anni si è lavorato molto in questa direzione, non soltanto prevedendo idonee strutture organizzative specificatamente dedicate alla tematica della tutela del mercato, ma anche mettendo concretamente in atto una nutrita serie di iniziative atte a rendere significativo il ruolo delle Camere di Commercio quali soggetti terzi e garanti della correttezza del mercato sia con riferimento ai rapporti tra imprese, che ai rapporti tra queste e i consumatori finali. Sono state costituite Commissioni di conciliazione, potenziate le funzioni arbitrali, si è in sostanza operato per creare canali più rapidi ed economici, alternativi alla giustizia ordinaria, per la soluzione delle controversie 1 che spesso impediscono al mercato di esprimere tutte le sue potenzialità. Ma la funzione di tutela non si esaurisce certamente soltanto con queste iniziative, ma si esplica anche con tutte quelle azioni volte a garantire la correttezza degli operatori del mercato e a tutelare tutte quelle imprese che svolgono la loro attività nel pieno rispetto delle norme e che potrebbero trovarsi in difficoltà di fronte ad altre imprese non altrettanto corrette, con conseguenze distorcenti delle regole della concorrenza. E’ proprio in questa logica che, quindi, va a collocarsi l’attività camerale in materia metrologica sulla verifica degli strumenti di misura e sul saggio dei metalli preziosi, in materia sanzionatoria, tutte attività volte proprio ad assicurare e a volte a ripristinare le condizioni di parità operativa delle imprese sul mercato. Un altro aspetto che certamente oggi non si può trascurare trattando della tutela del mercato, è rappresentato dal ruolo svolto dalle Camere di Commercio in materia di informazione economica, non tanto per gli aspetti di analisi economiche generali, quanto per tutte quelle informazioni che attualmente scaturiscono dai data-base degli albi, ruoli e registri camerali, in primis dai dati del Registro delle imprese, fonte inesauribile di notizie e dati, essenziali per una più approfondita conoscenza, non solo del mercato, ma soprattutto dei suoi operatori. Grazie ai cospicui investimenti tecnologici operati in questi anni dal sistema camerale, oggi è possibile accedere agli archivi del Registro delle Imprese in modalità decentrata da qualsiasi PC aziendale, opportunamente abilitato con il sistema “Telemaco”, e acquisire direttamente una vasta gamma di informazioni aggregate o puntuali, che permettono, quindi, di assicurare quella trasparenza necessaria a consentire di poter impostare la migliore strategia produttiva e commerciale. !" # # $%% % & ' ( ') , $ & ! ( * + * -. / & 0 ( ' - % 1 1 '( , (( 2 3 4 0 Il 1° luglio scorso è entrato in vigore il d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 avente per oggetto la regolamentazione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Il decreto, corposo documento composto da 257 articoli e da 22 allegati, ha sostituito la “legge Merloni” che ha disciplinato gli appalti e i contratti negli enti pubblici per oltre un decennio. Il nuovo testo normativo – noto anche come “Codice Lise”, dal nome di Pasquale De Lise, presidente del Tar Lazio e della commissione tecnica incaricata di redigere il testo – recepisce le direttive comunitarie 2004/17/CE e 2004/18/CE. Ma quali sono i contenuti del codice con i quali ci dovremo cimentare? 2 La revisione della “legge Merloni” si è rivelata un atto dovuto perché le direttive comunitarie non potevano non essere applicate. L’Unione europea a 25 ci impone di uniformare criteri contabili e modalità di svolgimento degli appalti. Ora che il mercato interno si è allargato accade sempre più di frequente che alle gare pubbliche partecipino anche imprese provenienti da altri Paesi della U.E. Non è più possibile che ciascuno Stato vada ad applicare regole diverse che costringono le imprese a documentarsi su procedure talvolta molto differenti, con enormi aggravi di costi che nell’economia sempre più globalizzata divengono insostenibili. Considerato poi il peso che nella struttura comunitaria è occupato dagli appalti pubblici (all’incirca il 18% del Pil europeo complessivo) comprendiamo come l’entrata in vigore del nuovo codice sia un atto dovuto. Impareremo così ad avere dimestichezza con: – il “dialogo competitivo”, contemplato per appalti particolarmente complessi per i quali l’amministrazione appaltante ritenga che il ricorso alla procedura aperta o ristretta non consenta l’aggiudicazione; – l’”accordo quadro”, procedura che si articola nella fase di conclusione di un accordo quadro con uno o più operatori economici; – il “sistema dinamico di acquisizione”, consistente in un processo di acquisizione di tipo elettronico, utilizzato soprattutto per acquisti di uso corrente; – le “aste elettroniche”, procedure “trasversali” da utilizzare per fasi successive per ribassare i prezzi o per indicare nuovi valori riguardanti la presentazione di un’offerta. Restano tuttavia alcune questioni che non si sono completamente risolte nel codice (ma che sono oggetto di trattazione nel “d.l. Bersani” in corso di conversione). Ci riferiamo ad esempio agli affidamenti “in house”, vale a dire agli appalti commissionati direttamente a società partecipate dal sistema pubblico, nazionale o locale, talvolta per comodità ma anche spesso con prezzi che possono risultare superiori a quelli praticati sul mercato europeo. Gli affidamenti “in house” rischiano infatti di consolidare situazioni di oligopolio o di monopolio, recando nocumento all’economia di mercato ed esponendo maggiormente l’Italia alla concorrenza dei Paesi emergenti. Auspichiamo pertanto che nei prossimi mesi vengano più chiaramente definite una serie di questioni, in modo che si possa applicare entro breve termine la riforma introdotta con il nuovo codice e avere così a disposizione procedure trasparenti e di facile impiego che non differiscono sostanzialmente da quelle utilizzate negli altri Paesi dell’Europa comunitaria. !" ' !# $ " ) ( % &" ' (( $ % * & ' ( L’allargamento del mercato, la specializzazione delle imprese, l’introduzione delle nuove tecnologie, il cambiamento dei consumi hanno investito ogni fase e area dell’agricoltura, dell’industria e della distribuzione alimentare. In questo quadro sono emersi nello stesso tempo nuovi rischi per la salute del consumatore, incertezze per le imprese che compongono il sistema economico di maggiore rilievo e carenze nelle capacità di controllo dei servizi pubblici. L’UE ha affrontato con un nuovo approccio il sistema agroalimentare e dopo l’approvazione del Libro Bianco sulla Sicurezza Alimentare nel 2000, sono stati emanati numerosi Regolamenti che investono l’intero sistema stabilendo regole comuni per l’autocontrollo 3 nelle imprese a monte delle filiere (mezzi tecnici, agricoltura, trasporto, prima trasformazione) e a valle (industria, artigianato, distribuzione alimentare, somministrazione di alimenti e bevande). In questo quadro Unioncamere EmiliaRomagna ha preso l’iniziativa nel 2004 di impostare un progetto per: a) fare crescere delle competenze sulla materia all’interno di ogni CCIAA b) proporre dei criteri omogenei per valorizzare i nuovi adempimenti facendoli diventare un supporto delle strategie di promozione di tipo aziendale e associativo Il progetto di Unioncamere Emilia-Romagna elaborato nel 2004 con la collaborazione di TeTa (Centro Italiano Servizi dalla Terra alla Tavola) e IFOA è stato realizzato nel 2005/2006 con l’apporto di Dintec e CISE. L’iniziativa è stata rivolta alle organizzazioni di settore per approfondire le nuove regole dell’UE, valutare le caratteristiche delle filiere agroalimentari più rilevanti e la possibilità di scambiare i dati tra imprese al fine di valorizzare i prodotti locali. A tale scopo è stato messo in evidenza il contenuto dello standard informativo per lo scambio dei dati e il ruolo della transcodifica realizzata con il codice EAN UCC 128. Per mezzo dei due strumenti si collegano informazioni sulla lavorazione del prodotto sfuso fornite dalle imprese locali (fasi a monte), con i dati che accompagnano a livello mondiale il prodotto confezionato attraverso un unico codice convenuto tra industria e distribuzione alimentare (fasi a valle). La transcodifica dello standard informativo nel codice EAN UCC 128 è stata realizzata da TeTa in collaborazione con INDICOD, la Società che segue in Italia la diffusione del codice internazionale e la sua utilizzazione mediante le barre magnetiche e altri supporti informatici. Attraverso lo standard informativo i dati sulle produzioni locali (ambiente, azienda, prodotto, servizio) possono essere veicolati lungo le filiere. Inoltre, per dare autonomia agli operatori delle fasi a monte, è stato presentato lo strumento della “rete tra sistemi di rintracciabilità” che consente a ogni soggetto della filiera di rendere accessibili dati in forma autonoma e al consumatore finale di accedere alle informazioni in via diretta e non mediata da altri operatori (confezionatore, distributore) Il progetto di Unioncamere Emilia-Romagna potrà avere continuità in sede regionale con nuove iniziative e in ogni CCIAA con i gruppi di lavoro tra esperti per aggiornare e diffondere gli standard informativi per lo scambio dei dati attraverso accordi tecnici tra gli operatori delle imprese agroalimentari. " ( + , ) (( $ % & ( (( Grazie alla banca dati del sistema camerale Stock View, è stato possibile condurre un monitoraggio sull’imprenditoria femminile in Emilia-Romagna. A fine 2005 le imprese a titolarità femminile sono risultate 85.326 sulle 425.225 totali attive, confermando che la nostra regione si caratterizza per la forte presenza femminile nel mercato del lavoro, riscontrabile anche in termini di imprenditorialità. Se guardiamo alla situazione in essere a fine 2003, emerge una crescita delle imprese femminili pari al 3,2%. Ad aumentare sono soprattutto le attività legate ai servizi, in particolare quelle immobiliari, noleggio, informatica, ricerca e sviluppo (+16,0%) oltre ai trasporti, alberghi, ristoranti e commercio, comprese le riparazioni di beni di consumo. Di contro, sono parsi in diminuzione agricoltura, caccia e silvicoltura, (-3,8%) industrie estrattive (5,9%) e manifatturiere; quest’ultimo settore, 4 nel quale si concentrano circa il 12% delle imprese a conduzione femminile, è stato penalizzato soprattutto dalla flessione accusata dalle imprese operanti nella filiera della moda. Un calo sensibile si è riscontrato anche fra le imprese produttrici di macchine ed apparecchiature elettroniche (-15,1%). Per quanto concerne la natura giuridica, le imprese femminili sono caratterizzate da una forte presenza di imprese individuali, in particolare nel commercio (18.607 imprese), in agricoltura (ben 15.096 su un totale di 16.013 imprese) e nei servizi pubblici, sociali e personali (7.768 imprese). L’altra quota consistente delle imprese a presenza femminile è quella delle società di persone, specie nel commercio (4.798 imprese), nei servizi - attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca (4.485 imprese) e nelle attività manifatturiere (2.721 imprese). La presenza delle società di capitale ammonta all’8,3% sul totale delle imprese femminili della regione. In merito alla distribuzione delle cariche ricoperte dalle donne nelle aziende, la più ricorrente è quella delle amministratrici (35% del totale), presenti soprattutto nei servizi e nelle attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca e sviluppo (19.298 unità), nel commercio (17.505 unità) e nelle attività manifatturiere (16.649 unità). Le cariche di titolari d’impresa rappresentano un quarto del totale e sono concentrate in primo luogo nel commercio (18.607 unità), nell’agricoltura (15.096 unità), nei servizi pubblici, sociali e personali (7.768 unità) e nelle attività manifatturiere (6.435 unità). ( ) Le donne che assolvono la funzione di socie nelle società di capitali costituiscono il 12% di quelle con incarichi nelle aziende: la presenza risulta più sensibile nei servizi e nelle attività immobiliari, noleggio, informatica e ricerca (9.714 unità), nelle attività manifatturiere (6.338 unità) e nel commercio (5.565 unità). Nelle altre tipologie di società le cariche ricoperte da donne si attestano intorno al 20%. In questo caso la presenza più elevata si registra nel commercio (11.476 unità), seguita dai servizi e dalle attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca (10.971 unità) e dal settore manifatturiero (8.752 unità). Raffrontando la distribuzione delle cariche attribuite alle donne con la totalità (grafico 1), si evidenzia che la quota dei titolari donne è minore rispetto a quella riferita al totale degli imprenditori (37%). La composizione femminile delle cariche per classe d’età (grafico 3) denota che la maggioranza assoluta (52%) è nella fascia tra i 30 e i 49 anni. La classe successiva - dai 50 ai 69 anni - rappresenta oltre un terzo del totale, mentre la componente con oltre 70 anni e quella tra i 18 e i 29 anni contano rispettivamente per il 7 e 6 %: dal confronto con il complesso dei dati, emerge una sostanziale omogeneità dei dati riferiti al genere femminile rispetto a quelli inerenti il totale degli imprenditori. I dati completi e le tabelle sono disponibili all’indirizzo: http://www.rer.camcom.it/ufficio_stampa/pdf/ imprend-fem.pdf * '' + - ' , % ' ) . , / ) 32 000 2 0 1 ' 5