La Strategia della Via della Seta o l`esercizio del potere USA

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La Strategia della Via della Seta o l`esercizio del potere USA
15 febbraio 2006 - Idea e traduzioni di Nicoletta Forcheri
La Strategia della Via della Seta,
Legge US (H2867) per controllare le risorse dei paesi del Bacino del
Caspio e dell’Asia Centrale
Uno squarcio del surrealista esercizio del potere al Congresso americano
Nel febbraio del 1998, alla Commissione Affari internazionali, sottocommissione Asia/Pacifico, del
Congresso statunitense, presente il vice presidente di Unocal Maresca, ecco a spezzoni quel che si
diceva:
BEREUTER (presidente della seduta, membro del Congresso). Vorrei procedere sul tema
dell'udienza di oggi, gli interessi statunitensi nelle Repubbliche dell'Asia centrale. (..). Un secolo fa,
l'Asia centrale era teatro di un ampio gioco con protagonisti la Russia zarista, la Gran Bretagna
coloniale, la Francia napoleonica e gli Imperi Persiano e Ottomano. (...). Un secolo dopo, il crollo
dell'Unione Sovietica ha provocato un’altra grossa partita dove gli interessi della East India Trading
Company sono stati sostituiti da quelli dell’Unocal e della Total, e di altre organizzazioni e imprese.
Oggi la sottocommissione esamina gli interessi di un nuovo contendente in questo gioco, gli Stati
Uniti. I cinque paesi che costituiscono l 'Asia centrale, Karzakistan, Kirghizistan, Tagikistan,
Turkmenistan e Uzbekistan sono diventati indipendenti nel 1991 e hanno attirato l'attenzione del
mondo intero per le fenomenali riserve di petrolio e di gas che vi si trovano. Nel loro anelito a
raggiungere una stabilità politica e l'indipendenza economica e la prosperità, queste nazioni sono
ansiose di allacciare rapporti con gli Stati Uniti che hanno risposto inviando il Segretario di Stato
per l'Energia Frederico Pena, a novembre scorso, in una missione presidenziale nell'area per
condurre delle discussioni. (...)
Gli obiettivi dichiarati degli S.U. riguardanti le risorse energetiche comprendono la formazione di
Stati indipendenti e di legami con l'Occidente, spezzando in tal modo il monopolio russo sulle rotte
di trasporto petrolifero e di gas, la promozione della sicurezza energetica dell'occidente attraverso la
diversificazione dei fornitori, la promozione della costruzione di oleodotti est-ovest che non passino
dall'Iran, e la negazione all'Iran della possibilità di esercitare qualsiasi pressione pericolosa
sulle economie dei paesi dell'Asia centrale.
Inoltre, come è stato osservato dal vice Segretario di Stato Strobe Talbott, gli Stati Uniti
tendono a scoraggiare qualsiasi altro paese di guadagnare il controllo dell'area, ma sollecita
tutti gli Stati responsabili a cooperare per lo sfruttamento delle risorse locali, petrolifere e di gas.
(...) D'altra parte alcuni dubitano dell'importanza dell'area per gli interessi statunitensi e altri
contestano il significato delle sue risorse per gli interessi di sicurezza nazionale statunitensi. Altri
avanzano che ci vorrà molto tempo e molti fondi per portare queste risorse sui mercati mondiali.
Mentre altri ancora sottolineano i conflitti etnici e civili in Tagikistan e Afghanistan come ragione
sufficiente per evitare qualsiasi coinvolgimento che superi una presenza diplomatica minimalista
nell'area
BERMAN (membro democratico della Commissione, NdT):
So che alcuni osservatori credono che il recente tentativo di assassinio del presidente
georgiano Edward Shevardnadze e le dimissioni forzate del presidente armeno Ter-Petrossian siano
connessi. Alcuni credono che movimenti dai programmi diversi pensino che la distrazione
dell'attenzione del mondo sull'Irak offra un'opportunità per destabilizzare l'Asia Centrale, con i
consueti giochi di spionaggio, tradimento e inganni nel tentativo di dominare l’area. Gli interessi
americani nell'area sono semplicemente di garantire lo sviluppo politico ed economico e di evitare
che cada sotto il giogo di qualsiasi potere esterno, che sia l'Iran o la Russia (ma come siamo
buoni...NdT).
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Questa udienza costituisce l'opportunità per richiamare questo obiettivo e per ribadire a tutti che ci
atteniamo ad esso, sebbene si sviluppino crisi altrove. La collocazione geografica dell'area, le sue
enormi risorse energetiche ci stanno particolarmente a cuore. Faremo il nostro possibile per
aiutare nello sfruttamento delle risorse in modo che ne possano beneficiare i popoli dell'area....(...)
GEE (ministro per l'Energia):
Abbiamo interesse a massimizzare le opportunità commerciali per le ditte statunitensi e per gli USA
e altri investimenti esteri nello sviluppo energetico dell’area.(…) Quattro fattori inquadrano la
nostri politica: primo, la promozione di molteplici rotte per l’esportazione. (…) Conseguentemente
il nostro governo ha promosso lo sviluppo di molteplici oleodotti e reti d’infrastrutture diversificate
per aprire e integrare questi paesi nel mercato globale e creare cooperazione regionale. (…) Un
corridoio di trasporto energetico eurasiatico che inglobi il segmento trans-Caspio con una rotta da
Baku, in Azerbaigian, attraverso il Caucaso e la Turchia verso il Mediterraneo, al porto di Ceyhan, è
compreso nel progetto (…). Secondo, l’enfasi sulla commerciabilità. Se riconosciamo l’influsso
regionale della politica sullo sviluppo delle rotte di esportazione, abbiamo anche bene in mente che
saranno pure considerazioni commerciali a determinare dei risultati concreti. Questi progetti devono
essere competitivi dal punto di vista commerciale di fronte al settore privato e alla comunità
finanziaria internazionale. Il nostro sostegno agli oleodotti come quello Baku-Ceyhan o le rotte
trans-Caspio di petrolio e gas non è mosso da alcuna volontà di intervenire nelle decisioni
commerciali private. Piuttosto deriva dalla nostra conclusione che non è interesse delle compagnie
che operano i quegli Stati né fa parte degli interessi strategici degli Stati ospiti dipendere da un
unico maggiore operatore per i diritti di transito. In genere sosteniamo quelle soluzioni di trasporto
commercialmente praticabili e affrontiamo le nostre preoccupazioni ambientali e gli obiettivi
politici. (…) Abbiamo sollecitato i Turchi ad adottare azioni precise per rendere la rotta Baku
Ceyhan un’alternativa attraente dal punto di vista commerciale.
(...) Quarto, isolare l'Iran. La nostra politica sull’Iran non cambia. Il governo si oppone agli
oleodotti attraverso l'Iran. Lo sviluppo dell'industria petrolifera e di gas e di oleodotti dal bacino del
Mar Caspio a sud verso l'Iran minerebbero seriamente lo sviluppo dell'infrastruttura (oleodotti,
NdT) est-ovest e offrirebbero all'Iran un controllo inopportuno sulle economie del Caucaso e
dell'Asia centrale. Per di più, dal punto di vista della sicurezza energetica, non ha senso stanziare
più risorse energetiche attraverso il Golfo Persico, potenziale punto caldo o strozzatura di bottiglia.
Dal punto di vista economico, l'Iran compete con il Turkmenistan per il lucrativo mercato del gas
turco. Il Turkmenistan potrebbe fornire il gas per costruire l'oleodotto solo per vedersi spiazzato poi
dalle esportazioni di gas dello stesso Iran.(…).
Come applicare la politica statunitense? Primo, abbiamo iniziato a impegnarci con i governi
regionali a livello ministeriale e con visite di alto livello e abbiamo stabilito dialoghi formali da
governo a governo.(…) Secondo, stiamo perseguendo una strategia aggressiva presso i governi
locali. (…)
Si continua con uno squarcio di che cosa gli USA intendano per "libero mercato": libertà di imporre
il loro monopolio ovunque e libertà di rovesciare i regimi che resistono; nonché il motivo reale delle
sanzioni all'Iran (e tante altre), e come in Iran desse fastidio la rivale Total (Fina Elf):
BERMAN. L’ultimo governo turco (prima del colpo di Stato militare del 1997, NdT) credo che
avesse annunciato un accordo con l’Iran per costruire un oleodotto, non sono sicuro se fosse da
questa
zona
ma
so
che
era
un
oleodotto
trans-iraniano.
GEE. Si
BERMAN. Attraverso la Turchia per finire penso nel Mediterraneo. Non ne ho più sentito parlare.
A che punto è l’accordo?
GEE. Lei si riferisce all'accordo di comprare gas turkmeno (...) da parte della Turchia e trasportarlo
poi attraverso l'Iran. Da quel che capisco questo accordo è ancora in vigore. E' uno di quei progetti
ai
quali
ci
opponiamo
(con
le
buone
o
con
le
cattive...NdT)
La transazione è già in vigore e dipenderà dalla creazione delle infrastrutture necessarie per
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trasportare
il
gas
dal
Turkmenistan
all'Iran.
BERMAN. Mi faccia immaginare uno scenario. Vorrei capire le implicazioni cui Lei si riferisce.
Immaginiamo, ad esempio, che i francesi e i russi decidano di effettuare un grosso investimento
energetico in Iran e che prosegua senza nessuna sanzione da parte degli Stati Uniti. Prevede che in
tal caso ci sarebbero altre compagnie petrolifere o energetiche che cercherebbero di impegnarsi nel
progetto di un oleodotto iraniano per trasportare il petrolio e il gas dell'Asia centrale attraverso
l'Iran?
GEE. Lei mi sta chiedendo se ciò succederebbe nell'evenienza che non ci fossero sanzioni imposte
dagli Stati Uniti?
BERMAN. Si.
GEE. Si, in assenza di sanzioni ILSA1 o di una decisione US di non imporre sanzioni che è
adesso pendente.
BERMAN. Immaginiamo che ci sia una deroga alle sanzioni. Lei pensa che tale deroga
incoraggerebbe le compagnie petrolifere a perseguire più seriamente il trasporto attraverso l'Iran del
petrolio dell'Asia centrale?
GEE. E' una domanda difficile da rispondere.
BERMAN. Perché? Sembra facile.
GEE. Perché, tra le altre cose, abbiamo parlato a numerose compagnie private che ci hanno
indicato che anche nell’ipotesi in cui gli Stati Uniti avessero normalizzato le relazioni con l'Iran,
anche in assenza di sanzioni ILSA, persisterebbe un qualche rischio nell'investire in Iran a causa
dell'inaffidabilità
del
processo
decisionale
iraniano.
Credo che in fin dei conti una decisione commerciale nel settore privato sarà da prendersi,
preventivando
tutti
questi
fattori.
Io
non
sono
nel
settore
privato.
BERMAN. Beh, quella della Total non è stata un’operazione torbida. Capisco che è stato un
lucrosissimo investimento.
GEE. Le posso dire solo basandomi sulle discussioni con gli esponenti del settore privato che ci
hanno segnalato che non sarebbe certo che investirebbero in Iran, anche in assenza di sanzioni.
BERMAN. Proviamo a dirlo in altre parole: Lei crede che una deroga alle sanzioni o
l'insuccesso ad imporle, aumenterebbe la probabilità che queste compagnie considerino più
seriamente
l'idea
di
investire
in
un
oleodotto
trans-iraniano?
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ILSA o Iran-Lybia Sanction Act è la legge passata nel 1996 sotto l’amministrazione Clinton, con scadenza nel 2001 e
prorogata da Bush, che si prefigge di sanzionare le imprese che investano in Iran per più di 20 M di dollari o in Libia
per oltre 40 M di dollari. Essa accordava al Presidente degli SU la possibilità di applicare due delle sei sanzioni
previste, ossia: il divieto di ottenere crediti e mutui dalle banche per le esportazioni negli USA; il divieto di ottenere
l’autorizzazione di esportare negli USA materiale militare e paramilitare; il divieto di ottenere prestiti dalle banche
statunitensi di oltre 10 M di dollari; se l’impresa è un istituto finanziario, il divieto di erogare servizi relativi ai buoni
del tesoro US e/o di fungere da deposito per fondi governativi statunitensi; il divieto di accordare appalti governativi
statunitensi a dette ditte; restrizioni alle importazioni negli USA. La legge prevedeva delle eccezioni, la prima ove
fosse in ballo l’interesse nazionale statunitense e la seconda se il paese della multinazionale decideva esso stesso di
applicare tali sanzioni. Nell’estate del 2001 la legge fu prorogata a schiacciante maggioranza per cinque altri anni, e
resa più severa riducendo il limite d’investimento accettabile in Libia da 40 a 20 M di dollari e ampliando la nozione
d’investimento in modo da comprendere tutti gli accordi precedenti al momento di dovere essere rinnovati. Davanti alle
proteste degli alleati europei che consideravano detta legge, assieme a quella di Helms-Burton relativa a Cuba, come
extraterritoriali, Clinton ne ammorbidisce l’applicazione fino a tollerare alcune eccezioni di cui si parlerà nel testo: un
contratto di 20 miliardi di dollari tra la Total e l’Iran e i suoi partner, nell’aprile del 1997, e lo sviluppo delle fasi due e
tre da parte di Gazprom della Russio e di Petronas della Malesia in cambio dell’impegno formale di tali governi di non
sostenere il terrorismo internazionale e di frenare lo sviluppo dell’energia nucleare iraniana. Altri accordi “tollerati”
sono: 1999 ENI e Elf-Aquitaine per lo sfruttamento di giacimenti petroliferi in Iran; nel 2000 il permesso per ENI di
sviluppare le fasi 3 e 4 dei giacimenti di gas nel sud della Persia; nel 2001 un accordo con l’ENI di sviluppare il
giacimento petrolifero di Darkhovin in Iran. La domanda è se sotto la minaccia di non ammettere più deroghe all’Atto
ILSA per gli investimenti di ENI in Iran, il governo italiano non sia stato costretto, dal ricatto, ad accettare la base di
Vicenza e la maggiore presenza in Afganistan, pena le sanzioni sulle esportazioni di materiale militare Beretta…
Ricatto al quale la Francia non è sensibile visto la sua forza nucleare…
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GEE. So che sarebbe un fattore. Non so se sarebbe preponderante, in ultima analisi, per
propendere per una decisione in tal senso.
BERMAN. Viste le nostre sanzioni sulle nostre compagnie americane, la conseguenza che altre
compagnie europee e non, investano in detto oleodotto, sarebbe di creare uno svantaggio
competitivo per le compagnie americane?
GEE. Vorrei dire che dipende. Dipende sia da esattamente quante altre opportunità vi siano
riguardanti altri grossi investimenti da fare nel Caspio. Sia da come ogni singola compagnia valuta
il rischio-paese in Iran. Se una compagnia ha determinato che il regime iraniano esistente, o il
regime iraniano nel futuro prossimo è intrinsecamente inaffidabile per quel che riguarda i grossi
investimenti, potrebbe concludere benissimo che esiste un mercato competitivo che desidera
esplorare anche se altri nel settore privato hanno raggiunto le conclusioni opposte.
BERMAN.
Mi fermo con le mie domande. Capisco la sua posizione.
GEE. Corretto.
BERMAN. Ma penso che sia giusto affermare che le azioni americane volte a scoraggiare gli
europei ed altri dall'investire in Iran non siano mosse dalla preoccupazione che queste
compagnie possano cercare d'impegnarsi in imprese rischiose dal punto di vista commerciale
e in un paese inaffidabile. Bensì dall'intento di conseguire obiettivi politici economici e di
sicurezza importanti, pensiamo, per gli Stati Uniti che quei paesi dovrebbero condividere.
Non è un'iniziativa per convincere le compagnie europee che esistono dei rischi commerciali
(...).
GEE. Capisco. Mi faccia aggiungere che credo che qualsiasi compagnia che presuma che una
deroga da parte degli Stati Uniti sulle compagnie straniere coinvolte in questa transazione segnali la
non volontà degli S.U. di applicare le sanzioni conformemente a ILSA, procederà a suo rischio e
pericolo. Non credo infatti che sia ragionevole concludere necessariamente che qualsiasi compagnia
statunitense salterebbe a pie' sospinto sull'occasione. Dovrebbero prima di tutto assodare se il
governo statunitense considererebbe positiva la loro attività nell'area.
BERMAN. No, certo capisco. Proprio come pensavo, le compagnie US non si trovano in uno
svantaggio concorrenziale considerevole (...)"
Quando interviene Starr, esperto del John Hopkins University, trova giusto aggiungere un dettaglio
dimenticato, ossia di mettere le mani anche sull'acqua dell'area. Parlando della legge HR 2867 o
cosiddetta Legge della Strategia della Via della Seta dice:
STARR. (...) Appare che la cosiddetta Legge della Strategia della Via della Seta va ben al di là
di qualsiasi Legge ufficiale precedente del governo statunitense nel tradurre in azioni i nostri
principi
relativi
a
quest'area
del
mondo.(...)
Per il sostegno alle infrastrutture, la Legge H.R. 2867 elenca vari settori in cui possiamo fornire
impianti. (…) Secondo, vorrei suggerire che va aggiunta l'acqua. Sapete che l'Asia centrale è molto
arida. Per secoli i conflitti sull'acqua sono stati tra i più cruenti dell'area. Vi sono molte conoscenze
che possiamo portare sulla risoluzione dei problemi idrici (...) Saremo entusiasti di farlo. (...).
Terzo, per quel che riguarda sempre i progetti d’infrastrutture: la legislazione si riferisce
semplicemente al termine “energia” e al sostegno a progetti di trasporto di petrolio e di gas, ma non
parla di elettricità. Vorrei suggerire di farlo. I due paesi più poveri dell’Asia Centrale in termini di
risorse sono il Tagikistan e il Kirghzistan, ambedue ricchi di acqua e di potenziale idroelettrico.
Tutto quel che possiamo fare per aiutarli a sviluppare queste risorse, li farà andare a passi da gigante
verso economie solventi” (In pratica si stanno ponendo le basi per il maggiore monopolio mondiale
energetico e di trasporto di acqua, gas, elettricità e petrolio, NdT).
Poi è il turno di Maresca, vice presidente delle relazioni internazionali dell'Unocal
Corporation, una delle maggiori compagnie di sviluppo di progetti e di risorse energetiche al
mondo.
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MARESCA. (…) Apprezzo il Suo invito a farmi parlare oggi in questa sede. Ritengo che queste
udienze siano tempestive e pertinenti. Mi congratulo con Lei per concentrare l’attenzione sulle
riserve di gas e di petrolio dell’Asia centrale e del ruolo che svolgono nel dar forma alla politica
statunitense. Vorrei concentrami oggi su tre argomenti: primo, la necessità di diversificare le rotte di
oleodotti per il petrolio e il gas dell’Asia centrale. Due, la necessità per gli USA di sostenere le
azioni internazionali e locali volte a ottenere risoluzioni durature ed equilibrate ai conflitti nell’area,
ivi compreso in Afganistan. Tre, la necessità di assistenza strutturata per incoraggiare le riforme
economiche e lo sviluppo di ambienti adatti per l’investimento nell’area. A tal riguardo, sosteniamo
specificatamente l’abrogazione o la rimozione della sezione 907 della Freedom Support Act.2”
Poi esponendo al Congresso le opzioni di rotta di oleodotti in quella parte del mondo, dichiara che
una seconda possibilità sarebbe di costruire una rotta dall’Asia Centrale all’Oceano Indiano.
Passando normalmente dall’Iran “ma questa possibilità essendo preclusa alle società americane a
causa della sanzioni US, l’unica altra alternativa è l’Afghanistan, che presenta sfide peculiari. Il
paese è stato coinvolto in guerre sanguinose per almeno due decenni. Il territorio che l’oleodotto
attraverserebbe è controllato dai Talebani, un movimento islamico non riconosciuto in quanto
governo dalla maggior parte delle nazioni. Dall’inizio abbiamo chiarito che la costruzione del
nostro proposto oleodotto non poteva iniziare in assenza di un governo riconosciuto che avesse la
fiducia degli altri governi, istituti di credito e delle nostre società. (...) “Nonostante tutto, la rotta
afgana appare la soluzione migliore con il minor numero di ostacoli tecnici. E’ la rotta più breve
verso il mare e ha un terreno relativamente favorevole per la costruzione dell’oleodotto. La rotta
verso l’Afghanistan è quella che porterebbe il petrolio dall’Asia centrale più vicino ai mercati
asiatici e nel modo più economico in termini di trasporto. Unocal prevede la creazione di un
Consorzio "Central Asian Oil Pipeline", e l’oleodotto diventerebbe parte integrante di un sistema
regionale di oleodotti che raccoglierà il petrolio dalle infrastrutture di oleodotti esistenti in
Turkmenistan, Uzbekistan, Kazakistan e Russia.”
Nel discorso, il Vice Presidente di Unocal evidenzia come il mercato asiatico aumenterà il consumo
di petrolio nei prossimi due decenni, comportando la possibilità di guadagni enormi :
“In netto contrasto con gli altri tre mercati, quello Asiatico/Pacifico ha una richiesta crescente di
petrolio e presenta previsioni di aumenti demografici significativi. Prima della recente turbolenza
nelle economie di vari paesi asiatici, avevamo previsto che la domanda di petrolio di questi paesi
sarebbe raddoppiata entro il 2010. Sebbene l'aumento a breve termine della domanda non soddisferà
queste previsioni, Unocal si attiene alle sue stime di lungo termine. La crescita di domanda di
energia rimarrà forte per una ragione cruciale: le previsioni sono che la popolazione dell’area
crescerà di 700 milioni entro il 2010 (dal 1998, NdT). Ne va dell’interesse di tutti che ci siano
risposte adeguate alle richieste crescenti di energia dell’Asia. Se la sua domanda di energia non è
soddisfatta, questi paesi eserciteranno pressioni su tutti i mercati mondiali, facendo aumentare i
prezzi ovunque. “
E continua:
MARESCA. L'oleodotto non potrà essere costruito fino a quando non vi sarà un governo afgano
unico. E' la risposta più semplice. Non vorremmo trovarci nella situazione in cui potremmo
diventare i bersagli dell'altra fazione. Ad ogni modo, a causa della situazione finanziaria i crediti
non saranno disponibili fino a quando non vi sarà un governo riconosciuto afgano.(…) Stiamo
seguendo molto da vicino i negoziati e speriamo che porteranno qualche frutto. Tutte le guerre
finiscono prima o poi. Penso che sia una regola universale. Uno di questi giorni questa guerra finirà
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Il Freedom Support Act, votato nel 1992, si prefigge di aiutare gli ex paesi dell’Unione sovietica nella transizione alla
democrazia, in pratica legalizza i doni in denaro in cambio di cambiamenti di regime nel senso indicato dagli USA, in
particolare in modo che diventano ambiente “friendly” per il loro business….
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e credo che l'oleodotto sarà sicuro. Per la Sua altra domanda vorrei rispondere dicendo che
l'industria dell'energia è un'attività molto lungimirante. Dobbiamo considerare periodi di tempo di
10 o 20 anni nel futuro perché i progetti sono molto vasti. Ci vuole tempo. Dobbiamo anticipare i
volumi tra vent’anni. E' quel che abbiamo fatto per tutto questo comparto industriale, e non solo per
Unocal. In quanto tempo i volumi petroliferi supereranno la capacità di qualche oleodotto? Difficile
da dire. Certamente i primi due oleodotti saranno velocemente saturi. Dopo di che, penso che
il terzo e il quarto e il quinto che saranno costruiti in quell'area diventeranno anche saturi. In
fin dei conti diventa una questione di quale oleodotto funzionerà per primo e quale fornirà la strada
meno cara. Ed è per questo che la questione delle entrate nette è così importante. Il netback è
essenzialmente una misure dell'incentivo del produttore ad utilizzare un determinata rotta perché
misura il suo beneficio netto. Ed è la ragione per cui fino a certa misura questi oleodotti
entreranno in concorrenza tra loro, su una base commerciale.
BEREUTER. Grazie, Sig. Maresca. Volevo far notare che il Segretario di Stato Gee rimane, che
apprezzo
molto
perché
non
succede
sempre.
ROHRABACHER (un esperto). Mi ricordo una barzelletta dove viene chiesto a Dio quando ci
sarà la pace in Medio Oriente e risponde: "Non finché vivrò”. Temo che sarà lo stesso anche per
l'Afghanistan. Anzi ho più speranze per il momento, che sono di ritorno da un viaggio in Medio
Oriente e Asia Centrale, che ci siano più probabilità di pace tra Israele e i suoi vicini che non la
pace in Afghanistan. E conosco l'Afganistan probabilmente meglio di qualsiasi persona in questo
Congresso. Mi dispiace dirlo. Ma vorrei porre qualche domanda. Non ci saranno oleodotti fino a
quando un governo internazionalmente riconosciuto e accettato dal suo popolo (...) non deve
solamente essere riconosciuto internazionalmente ma anche accettato dal suo popolo, giusto?
MARESCA. Dipende da chi considera popolo. Immagino che qualsiasi sarà il governo, ci
saranno sempre degli oppositori.
ROHRABACHER. Interessante. (...) Allora il governo non deve necessariamente essere
accettato dal popolo afgano fintanto che sia riconosciuto internazionalmente?
MARESCA. Certo che deve essere accettato dal suo popolo. Volevo dire che ci saranno sempre
delle fazioni in Afghanistan. Ci saranno sicuramente anche quando si sarà formato un governo. Ma
un governo riconosciuto dalla comunità internazionale dovrà essere sicuramente riconosciuto dal
suo popolo, no?.
ROHRABACHER. Il governo attuale afgano o il gruppo di persone che controllano Kabul,
penso che si debba dire così, e circa il 60 per cento del paese sono Talebani. Che tipo di relazioni ha
la sua compagnia con i Talebani?
MARESCA. Le stesse che abbiamo con le altre fazioni, ossia abbiamo parlato con loro, li
abbiamo istruiti, li abbiamo invitati nella nostra sede generale per vedere i progetti.
ROHRABACHER. Giusto.
MARESCA. Esattamente le stesse cose che abbiamo fatto con le altre fazioni
ROHRABACHER. Tuttavia i Talebani adesso controllano il 60 per cento dell'Afganistan, mi
saprebbe dire dove si produce l'oppio in Afganistan? Nelle zone talebane o nelle regioni
settentrionali dell'Afganistan?
MARESCA. Non lo so con precisione ma penso che sia prodotto in tutto l'Afganistan.
ROHRABACHER. Si. Per l'esattezza si produce nelle regioni talebane. Lei sta parlando con
qualcuno che ha studiato il fenomeno. E' invece discutibile il fatto che ci sia una piccola quantità di
eroina e di oppio prodotta nelle altre regioni. Certo un po' si trova altrove ma le maggiori
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coltivazioni di oppio si trovano nelle aree sotto controllo talebano. E che ne è del rifugio di
terroristi internazionali? Ve ne è uno saudita che è noto per finanziare il terrorismo nel mondo
(Bin Laden, NdT). Si trova nella regione talebana o con le popolazioni settentrionali?
MARESCA. Se è la persona a cui penso, si trova nell'area talebana.
ROHRABACHER. Giusto. E’ nella zona settentrionale rispetto alla regione sotto controllo
talebano, Lei pensa che vi siano migliori risultati nel rispetto dei diritti umani delle donne che negli
altri?.
MARESCA. Per le donne, si. Ma non penso che in nessuna fazione vi sia un rispetto chiaro e
netto dei diritti per dirLe la verità.
ROHRABACHER. Beh, una cosa è dire che nessuno ha risultati netti di rispetto dei diritti civili
o umani e poi ignorare il fatto che metà delle persone di cui Lei parla nega del tutto i diritti umani
della metà della popolazione. Voglio dire nelle regioni non talebane, vi sono violazioni dei diritti
umani, ma è un fatto diffuso e nelle aree talebane, metà delle popolazione, ossia le donne, non
godono
di
alcun
diritto.
E' come dire che Hitler è uguale a questi altri dittatori e ignorare il fatto che voleva anche uccidere
il popolo ebraico. Deve entrare in considerazione, no? Il fatto che metà della popolazione afgana sia
trattata come se non avesse alcun diritto e oppressa brutalmente? Non c’entra nell'equazione? Lei
non può semplicemente dire che sono concetti etici equivalenti perché sono entrambi cattivi.
MARESCA. Onorevoli deputati, non sono qua per difendere i Talebani. Non è il mio ruolo.
Siamo
una
compagnia
che
cerca
di
costruire
un
oleodotto
nel
paese.
ROHRABACHER. Condivido il suo parere. E per inciso, Lei ha ragione. Tutte le fazioni
concordano che l'oleodotto sarà qualcosa di positivo. Ma vorrei metterla in guardia che se
l'oleodotto sarà costruito prima che sia insediato un governo accettato dal popolo generalmente
parlando, e non solo a livello internazionale, il Suo oleodotto verrà esploso. Non ci sono dubbi.
Sono stato varie volte in Afganistan negli ultimi quindici anni. E’ un popolo molto coraggioso. Se
pensano che saranno calpestati, come hanno constatato i sovietici, ti scacceranno. Non si
piegheranno e non si lasceranno mettere i piedi in faccia. Se il governo che riceverà i fondi di cui
Lei sta parlando sarà un governo non accettato dal popolo afgano, continueranno ad esserci
problemi. Lei dice di avere avuto contatti positivi con tutte le fazioni. E' quello che ci presenta oggi.
Vi è stato un grosso terremoto in Afganistan. L'Unocal si è proposto per inviare aiuti nelle zone
disastrate?
MARESCA. Sissignore.
ROHRABACHER. OK. Alcune persone hanno esitato a recarsi sulla zona disastrata affermando
che era troppo caotica. Ma la sua compagnia ha deciso di andare avanti con quel tipo di assistenza
umanitaria, vero?
MARESCA. Stiamo sostenendo sia la Croce Rossa sia l'agenzia ONU di coordinamento
ROHRABACHER. E stanno ricevendo già le forniture nella zona disastrata?
MARESCA. Queste due organizzazioni sono già attive e stiamo sostenendole (...)
ROHRABACHER. OK. Si parlava prima di un processo di pace onusiano. Lei sa che ho seguito
le cose da vicino. Sono andato alla frontiera uzbeko-afgana e ho incontrato dei dirigenti. Di quale
processo di pace parlava? Perché non vedo alcun segno di un processo di pace onusiano.
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MARESCA. Parlavo dei colloqui a New York sotto la presidenza dell'ex ministro degli Esteri
algerino Brahimi, che nonostante le difficoltà pensiamo ce la farà. Per lo meno è l'iniziativa più
importante che sia mai compiuta fino a oggi.
ROHRABACHER. Mi faccia semplicemente osservare, benché sembrerò un po' polemico, che
l'oleodotto sarà un bene grandissimo per il popolo afgano e per l'area. Come dicevo la maggiore
parte delle persone lo ammette. Ma l'oleodotto non è indipendente da tutto il resto che succede in
Afganistan,
ovviamente.
MARESCA. Sono d'accordo al cento per cento
ROHRABACHER. (...) in Afganistan i talebani sono la peggiore forma di oppressione. Esiste un
qualunque impegno verso delle elezioni democratiche o un processo democratico per legittimare un
governo
in
Afganistan?
MARESCA. Da parte di Unocal?
ROHRABACHER. Quando Lei dice che vuole un governo internazionalmente riconosciuto,
accettato dal popolo, e che non tutti nel popolo lo accetteranno, esiste un impegno per dire che parte
del processo deve comprendere in un certo qual modo delle elezioni accettate o controllate dalla
comunità internazionale?
MARESCA. Dall'inizio dei nostri contatti con le fazioni in Afganistan li abbiamo incoraggiati ad
andare in questa direzione. Non siamo un governo. Non siamo un'organizzazione internazionale
(Allora che ci fate in Congresso a determinare le sorti non solo di un popolo ma del mondo
intero??? NdT). Siamo una compagnia, ma fino a quando potremo avere questo tipo d’influenza è
quel che cercheremo di fare.
ROHRABACHER. OK. Vorrei semplicemente osservare che molte persone hanno parlato con i
paesi attorno all'Afganistan ma pochissime hanno tentato l'opzione democratica perchè significava
sempre dovere discutere con le persone che controllano Kabul. Questo deputato non capisce perchè
il popolo afgano o altri paesi siano incapaci di un qualsiasi tipo di elezioni per determinare il loro
destino. Semplicemente perché vi sono tante persone che girano armate li non dovrebbe significare
che non vogliano posare le armi, se si garantisce loro un qualche tipo di processo democratico…. Si
sappia che i Talebani dovrebbero semplicemente comunicare agli afgani che terranno delle elezioni
tra diciotto mesi e il conflitto finirebbe...Ma non lo hanno mai fatto. Controllano Kabul e ne sono
capaci mentre le altre fazioni no. Allora se non vogliono impegnarsi, sarei molto esitante a stanziare
un investimento di $2,5 miliardi perché senza detto impegno, non penso che ci sarà mai la pace in
quella
terra.
MARESCA. Esitiamo anche noi, onorevoli deputati. Apprezzo il fatto che Lei ha letto molto
sull’argomento. Credo possa concordare con noi che “la comunità internazionale” debba
concentrarsi di più su questo problema. Ci piacerebbe vedere la comunità internazionale
concentrarsi sul problema e sollecitare questa risoluzione pacifica che ha descritto
ROHRABACHER. Se la comunità internazionale non pensa solamente per sé stessa ma
anche per i diritti del popolo afgano, concordo con Lei. A questo punto, Lei ha i pachistani e i
sauditi da una parte, e gli iraniani dall'altra. Ogni piccola fazione ha qualcuno che la sostiene da
fuori. Mi lasci aggiungere di nuovo che credo che Unocal è una bella compagnia. Penso che stiano
tentando di fare buon viso a cattivo gioco. Se riescono nel loro intento e se sorge la democrazia, o
per lo meno la pace in Afganistan, l'oleodotto porterà con sé un grande boom per il popolo di quel
paese. Le auguro buona fortuna nel progetto. Farò del mio meglio per aiutare alla realizzazione del
progetto. Ma nel contempo penso che dobbiamo imprimere i nostri sforzi per liberare e pacificare
l'Afganistan. (…) (traduzione NF)
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La Strategia della Via della Seta, uno squarcio tragicomico dell’esercizio del potere al
Congresso statunitense, analisi linguistico-politica:
E’ buffo osservare come gli Stati Uniti confondano la nozione di “Comunità internazionale” con sé
stessi, e come l’espressione “sicurezza energetica nazionale” sia un leitmotiv/idolo della nazione
che giustifica qualsiasi azione. Interessante anche constatare come gli Stati Uniti abbiano dei
confini molto precisi, delimitati anche da un muro a Sud, rispetto a tutti i potenziali immigranti,
mentre non abbiano confini quando si tratta di andare a fare i loro interessi/business nel mondo.
Interessante constatare anche come pensino che il loro regime sia il migliore del mondo e come,
candidamente, o in mala fede, dicano di volere il bene dei paesi che invadono. Invadere equivale a
“doing business”, è la stessa cosa per loro. Interessante constatare come tutti questi conflitti siano
creati per ostacolare economicamente e geopoliticamente tutti i loro rivali in affari, ossia paesi dalle
multinazionali potenti o dalle ingenti risorse energetiche che vogliono fare business liberamente con
chi gli pare in un mercato che dovrebbe essere libero: Russia, Francia, Iran e Iraq (all’epoca) i
maggiori, ma anche Libia, Malesia, Siria e tutti gli altri paesi poco “cooperanti”; tutto ciò per
conseguire quel monopolio privato tanto aborrito da tutti, dai liberali ai comunisti, e più di tutti da
loro stessi quando si tratta del monopolio degli altri. Interessante infine il titolo della Legge che ha
creato tutto questo scompiglio: Strategia della Via della Seta, offensivo per Marco Polo e per gli
italiani in genere. Non hanno inventato né scoperto niente ma si arrogano tutti i diritti di proprietà,
che essi stessi hanno inventato per vivere di rendite. Poi buffa la domanda al vice presidente
dell’Unocal se si sia impegnato in un qualche processo di democratizzazione del paese, più che
buffa, conforme alla realtà, dimostra la realtà della sedicente prima potenza mondiale: governata
dalle multinazionali. Per poi schernirsi, Maresca, preso da (falso?) imbarazzo: “Siamo una
compagnia privata”. E allora che cosa ci fa al Congresso ad esporre i suoi progetti di espansione
“energetica” nei paesi dell’Asia Centrale e del Mar Caspio, creando tutto questo vespaio
mondiale?
La verità è che gli interessi dei governanti degli Stati Uniti sono oramai coincidenti con quelli delle
loro multinazionali. Non più con quelli del loro popolo né tanto meno con quelli dei popoli invasi.
Loro sono un regime oligarchico plutocratico cartellizzato e noi vi stiamo scivolando di corsa.
Per esulare dall’analisi linguistica, interessante constatare che la Unocal aveva già intrapreso dei
contatti con i Talebani, fingendo d’ignorare che ospitavano Bin Laden, perché è di lui che si parla in
un paragrafo (siamo nel 1998), che sebbene secondo la mia modesta opinione, e non solo,
probabilmente egli non sia responsabile degli attentati dell’11 settembre, era considerato già
colpevole di numerosi attentati nel mondo.
Gli Stati Uniti, che vogliono sostituire gli interessi dell’imperialista Gran Bretagna coloniale East
India Trading Company con quelli dell’Unocal, sono proprio una potenza imperialista, o
“neocoloniale” – quasi anacronistica per l’Europa - e affermare questo è semplicemente affermare
quello che essi stessi, da questo spezzone di discorso al Parlamento, dicono, e non significa in alcun
modo essere comunisti radicali. Dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti. Ma la stampa non fa bene il
suo lavoro. Ragione per cui i grilli parlanti tentano di sopperire alla carenza di buon lavoro
effettuato nelle opportune sedi e tanti cittadini si danno da fare con blog e forum vari sul net.
Interessante anche osservare come, senza alcuna ombra di senso di colpa, essi tendano, al governo e
al Congresso, ad approvare e concepire leggi che ostacolino le multinazionali basate in Europa o
altrove. E per fare questo siano disposti a sanzionare dette multinazionali, e a influenzare la politica
mondiale in modo da applicare embarghi e sanzioni ai paesi che non sono “cooperanti” o, come
dicono con un eufemismo “non amichevoli”… Appunto perché, in un delirio di onnipotenza,
pensano di rappresentare la comunità internazionale…
In quello che potrebbe sembrare un lapsus in un discorso che è tutto improntato alla megalomania,
traspare tutta la loro volontà di potenza su tutti i paesi della terra ed è quando un membro
democratico (!) ammette: “Penso che sia giusto affermare che le azioni americane volte a
scoraggiare gli europei ed altri d'investire in Iran non siano mosse dalla preoccupazione che
queste compagnie possano cercare d'impegnarsi in imprese rischiose dal punto di vista
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commerciale e in un paese inaffidabile, bensì dall'intento di conseguire obiettivi politici
economici e di sicurezza importanti, pensiamo, per gli Stati Uniti, che quei paesi dovrebbero
condividere.” Insomma gli altri paesi, volenti o nolenti, devono condividere i loro stessi obiettivi
commerciali. Non c’è libertà, non c’è scampo, soprattutto non c’è il loro tanto decantato
liberalismo, o libero mercato. O se non altro, esso va imposto a suon di cannoni, di supposte
missilistiche e di militarizzazione crescente…(vedi base di Vicenza).
Infine, in questo discorso non appare, ma la storia vuole che gli americani, vedendosi sfilare per un
attimo l’autorizzazione per l’oleodotto perché i Talebani firmano un accordo con la Bridas,
multinazionale argentina (centra qualcosa poi la crisi argentina…?), decidono di sanzionarli e
abbandonano definitivamente l’idea di corteggiarli, come volevano fare per farli diventare i nuovi
sauditi dell’area… Insomma decidono di invaderli e di attaccarli, con l’aiuto stratosferico della
Nuova Pearl Harbour, o 11 settembre…(cfr. Documento del Pnac, Nuovo ordine mondiale, nel
2000)
I risultati della Strategia della Via della Seta, la testimonianza della deputata afgana Malalai
Joya:
Il resto lo conoscete, sono la guerra in Irak, il Patriotic Act che sopprime le libertà personali, le
“extraordinary renditions” con voli e prigioni nascoste della CIA in Europa, Guantanamo, Abu
Ghraib, e tutti i regimi fantocci messi nei punti nevralgici per le risorse energetiche. Il bavaglio o le
minacce a chi confuta le teorie ufficiali dell’11 settembre. Chi resiste è chiamato terrorista, o
fiancheggiatore dei terroristi.
La nostra presenza in Afganistan, lungi dal rappresentare una presenza pacifica per fare rispettare il
diritto delle donne, in realtà non fa altro che appoggiare chi sostiene i signori della guerra e
dell’Alleanza del Nord che ricevendo milioni di dollari dagli S.U. e altri, spadroneggiano, stuprano,
ammazzano sotto gli occhi, per non dire con la complicità, dei soldati statunitensi (e alleati), in
Afghanistan.
Secondo la testimonianza della deputata afgana Malalai Joya, di questo principio di anno (2007) gli
“americani hanno rimosso il medievale regime dei Talebani e i loro capi di Al Qaeda ma hanno
riportato al loro posto i capi dell'Alleanza del Nord che hanno le stesse basi ideologiche e che sono
altrettanto antidemocratici, se non di più. (...) Durante il regime dei Talebani, il ministero dei vizi e
della virtù divenne un simbolo famoso di abusi arbitrari soprattutto a discapito delle donne e delle
ragazze. Attualmente il Consiglio dell'Afghanistan ha deciso di ripristinare questo orribile
ministero. Invece di processare i Signori della guerra, il presidente Karzai – ex consulente
dell’Unocal, vissuto negli USA, NdT - affida a questi criminali cariche sempre più elevate.
Quest'anno, ad esempio, ha collocato tredici ex comandanti legati a spaccio di droga e criminalità
organizzata in posizioni di comando nelle forze di polizia. Il popolo afgano lo odia e lo
considera responsabile della situazione. Persino la Cia ha ammesso che ha perso il controllo della
situazione. Cari amici, il governo degli USA continua a ripetere di non volere ripetere l'errore del
passato di sostenere i fondamentalisti ma la verità è che sta commettendo lo stesso errore e sta
generosamente sostenendo i fondamentalisti, ora più che mai, gli Usa sostengono l'Alleanza del
Nord che dal 1992 al 1996 ha trasformato il paese in un inferno (...). Il paese è guidato da individui
che hanno ucciso migliaia di persone e che proteggono i traffici di droga. Tutta la popolazione
afgana, che spera nella giustizia, e molte organizzazioni per i diritti umani, chiedono che i Signori
della guerra e gli ex componenti del regime fantoccio sovietico vengano processati. Tuttavia essi
non vengono portati in tribunale ma al contrario vengono loro spudoratamente offerte cariche
sempre più elevate e hanno così l'opportunità di inserirsi nel Parlamento con il sostegno degli USA
e dei loro alleati (...). Ci sono 34 membri del partito al parlamento del partito di un terrorista
dichiarato tale dagli USA. Gli USA sostengono i fondamentalisti proamericani e combattono solo i
fondamentalisti antiamericani, per questo la popolazione afgana ride della guerra al terrorismo. Le
elezioni parlamentari sono state una vergogna per la democrazia. Più del 70% è composto da
elementi accusati di crimini di guerra, inclusi membri del precedente regime fantoccio sovietico, da
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trafficanti di droga, da talebani e da assassini dell'Alleanza del Nord. Gli USA non si preoccupano
della causa principale che sta alla base del terrorismo in Afghanistan. Perciò la nostra gente non
considera gli USA una nazione liberatrice. Loro stessi hanno ucciso migliaia di civili innocenti
durante quella che viene definita "guerra al terrorismo" e tuttora continuano a prendere di mira la
popolazione civile."
Questa è la guerra in Afganistan e ritirarsi equivarrebbe a non sostenere più chi finanzia i Talebani
proamericani, i criminali dell’ex regime fantoccio sovietico, e i signori della guerra, vorrebbe dire
togliere un sostegno a questi brutali trafficanti di droga dell’Alleanza del Nord, che come dice la
deputata afgana, siedono in un Parlamento dove sono la maggioranza. Ritirarsi vorrebbe dire
screditare Karzai, ex consulente Unocal messo dagli americani alla presidenza dell’Afganistan, che
il popolo odia, e che è corrotto fino al collo. Ritirarsi vorrebbe infine dire riaffermare la nostra
personalità di italiani, naso del Mediterraneo, culla di Marco Pollo, e di europei, e in quanto tali
rimetterci sotto l’ombrello dell’asse franco-tedesco.
E soprattutto vorrebbe dire non tradire lo spirito di Marco Polo, nella scoperta della storica Via
della Seta.
(Idea, redazione e traduzioni di Nicoletta Forcheri)
Bibliografia:
*Conferenza della deputata Malali Joya, L'Afganistan è tuttora prigioniero di terroristi e sanguinari
fondamentalisti, video presentato da arcoiris.tv
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Downloads&d_op=viewdownload4&lb=20 http://www.malalaijoya.com/index1024.htm
*CRS Report for Congress, The Iran-Lybia Sanction Act.
http://fpc.state.gov/documents/organization/23591.pdf .
*US interests in the Central Asian Republics, dibattito al Congresso Americano il 12 febbraio 1998.
http://commdocs.house.gov/committees/intlrel/hfa48119.000/hfa48119_0f.htm .
*Pipelines to 9/11, articolo di Rudo de Ruijter
http://www.courtfool.info/fr_Pipelines%20vers%20le%2011%20septembre.htm
*Rebuilding America’s Defenses, september 2000, del PNAC, Project for the New American
Century . http://www.newamericancentury.org/RebuildingAmericasDefenses.pdf
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