Giovedì4ottobre 2007 www.cdt.ch

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Giovedì 4 ottobre 2007
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Corriere del Ticino
GIOVEDÌ 4 OTTOBRE 2007
SPECIALE ECONOMIA
Investimenti alternativi
3
di Stefano Soldati
Hedge Funds: maghi o nuovi demoni?
Un’industria da duemila miliardi di dollari oggi sempre più sotto i riflettori
L
a crisi innescata
dai mutui subprime negli Stati
Uniti quest’estate ha
messo sotto i riflettori
uno degli strumenti
che più negli ultimi anni ha suscitato l’interesse del mondo della
finanza, gli Hedge
Funds. Da strumento
ammirato dagli investitori, oggi è additato
proprio per le sue caratteristiche, in primis
per l’ampio utilizzo
della leva finanziaria.
) Gli Hedge Funds da strumento finanziario superambito a demone del mercato? La domanda è oggi più che lecita in quanto la crisi estiva innescata dai
mutui subprime ha portato a
mettere in discussione uno degli strumenti finanziari che più
negli ultimi anni ha attirato l’interesse degli investitori, gli Hedge Funds appunto. Questi ultimi, che si differenziano dai fondi tradizionali per la loro attitudine a generare performance
assolute in contrapposizione ai
fondi d’investimento tradizionali che invece mirano a produrre performance relative rispetto a un benchmark, sono
sempre stati guardati con una
certa diffidenza dai regolatori
internazionali per via della loro poca trasparenza, ma comunque da loro rispettati. Gli
investitori, da parte loro negli
ultimi anni li hanno osannati,
investendo fortemente in questi strumenti che negli ultimi 45 anni si sono moltiplicati esponenzialmente. Si calcola che oggi circolino oltre 10mila fondi Hedge e che questi gestiscano asset per una cifra superiore ai
duemila miliardi di dollari. Ancora poco più di quindici anni fa gli asset in gestione non arrivavano ai 100 miliardi di
dollari (dati del 1992). Si tratta di cifre
molto importanti che però dicono poco della reale attività degli
Hedge Funds.
S
monio del fondo, realizzando così un
allineamento dei loro interessi a quelli dei sottoscrittori. In passato si diventava gestori di hedge fund gestendo i
patrimoni della famiglia e di amici stretti. A livello di gestione, come detto, non
esiste un benchmark, per cui il gestore di un Hedge Fund è libero di investire senza limiti in azioni, obbligazioni, valute, derivati, con posizioni lunghe e corte,
Negli ultimi anni gli concentrando i rischi su
Cosa sono
singoli investimenti, setHedge Funds sono tori.
gli Hedge Funds?
In sostanza viene
Per capire meglio l’attivi- cresciuti molto: og- usato un mix di soluzioni
tà degli Hedge Funds cergi sono attivi circa finanziarie, per lo più inuchiamo quindi di riassutilizzabili dai fondi di in10 mila fondi hed- vestimento più tradizionamere dapprima a grandi
linee cosa sono e come
ge che gestiscono li essendo questi sottopoagiscono. Essenzialmenasset per duemila sti a regolamentazioni
te, come spiegano Marco
molto rigide, estremamiliardi di dollari
Liera e Andrea Beltratti
mente complesso da canel libro dal titolo «Capipire anche per i più esperre la borsa» edito dal «Il
ti finanzieri. Tutto questo
Sole 24 Ore», si tratta di strumenti spes- viene svolto, e questa è una delle più
so rischiosi, non liquidabili «a vista» importanti caratteristiche degli Hedge
come i fondi d’investimento tradizio- Fund, facendo uso della leva finanzianali, ma hanno finestre di uscita gene- ria, ossia impegnandosi per capitali asralmente mensili o trimestrali, a volte sai superiori a quelli conferiti dai clienpure triennali e quinquennali, e che ti, in sostanza indebitandosi. In ottemquindi richiedono un orizzonte di in- peranza alla definizione stessa del tervestimento di media/lunga durata. Mol- mine hedge che in inglese significa coto spesso sono gestiti da gestori/im- perto/protezione, questi strumenti hanprenditori indipendenti dai grandi no una natura protettiva perché possogruppi del risparmio gestito, che impe- no muoversi anche controcorrente:
gnano anche i propri capitali nel patri- comprando e vendendo senza rete, in-
Caratteristica comune la massima libertà nella scelta
di posizione lunghe e corte per ottenere
unaposizioneneutralerispettoall’andamento del mercato.
w Convertible Arbitrage: l’arbitraggiosuititoli convertibili sfrutta i profitti generabilidallarelazionetrailprezzodell’obbligazioneconvertibileeleazionisottostanti.Ititoliconvertibilisonotitoliibridiche
presentano le caratteristiche peculiari
delle azioni e dei titoli di debito.
w Merger Arbitrage: questa strategia si basa sul rischio di fusione (merger arbitrage appunto), si basa quindi sulle operazioni di concentrazione tra imprese. In
praticaigestoridiquestiHedgeFundsacquistano le azioni della società target in
corso di fusione o acquisizionee vanno
corti sui titoli delle società acquirente.
w Distressed Securities: strategialegataall’investimento in azioni e/o obbligazioni di società che stanno attraversando
momenti di crisi, che però hanno ancora importanti potenzialità.
w Event Driven: questi Hedge Funds adottanostrategieatteasfruttareglieventisignificativichesiverificanonelciclodivitadiun’impresa, ossiafusioni,scorporo,
ristrutturazioni, fallimenti.
w Macro: i fondi macro operano in qualsiasi mercato e con qualsiasi strumento
(azioni, obbligazioni, valute, merci e derivati).SonogliHedgepiùfamosi.Cerca-
debitandosi e operando allo scoperto
possono infatti contenere le perdite nei
momenti bui dei mercati. A livello pratico la regola degli Hedge Fund è quella «di non avere regole».
Negli Stati Uniti questi strumenti godono di ampia libertà, non sono tenuti ad essere registrati presso l’organo
di sorveglianza della borsa americana,
la Sec, in quanto sono generalmente
accessibili a sottoscrittori qualificati
per livello di reddito e di patrimonio.
In considerazione dei rischi che comportano, anche per effetto della leva,
gli hedge fund prevedono tagli di investimento minimi molto alti (diverse
centinaia di migliaia di franchi almeno). A livello di costi viene applicata
una commissione diretta di gestione
che si aggira tra l’1 e il 2%, più un’altra e decisamente più consistente attorno al 20-25% calcolata sulla performance, sul rendimento assoluto del
fondo. I costi sono un po’ più diffcili
da definire quando si tratta di fondi di
fondi hedge, i cosidetti Fund of Funds.
Una particolare categoria di fondi Hedge, di cui parliamo dettagliatamente
nel box sotto, che investono il patrimonio in singoli Hedge Funds.
L’incubo di un caso
ben più grave di quello LCTM
Negli ultimi anni il fatto che i tassi d’interesse sia negli Stati Uniti, sia in Europa fossero scesi a livelli storicamente
Fund of Funds per tutti, o quasi
Strategie molto diverse
) Spesso parlando di Hedge Funds si incorre in un grossolano errore pensando
che seguono tutti la stessa strategia. Ma
nonècosì.Cisonoinfattinumeroseedecisamente diverse tra loro strategie d’investimentonelmondodegliHedgeFunds.
La caratteristica che unisce tutti gli Hedge Funds è fondamentalmente la massimalibertànellasceltadelleattivitàoggetto dell’investimento. Di conseguenza la
modalitàconcuiquestalibertàvengapoi
attuata in concreto dai gestori permette
diaverepolitiched’investimentodecisamente diverse fra loro. Capire le singole
strategieèmoltoimportanteperchérendimenti, volatilità e rischio variano molto a seconda delle singole strategie adottate. Essenzialmente è possibile identificare gli Hedge Funds che adottano strategienondirezionali,legatecioèalleoscillazioni di qualche specifico mercato e gli
HedgeFundsche,alcontrario,sonolegati alle fluttuazioni dei differenti mercati.
Essenzialmentelediversestrategiesono:
w Arbitraggio su titoli a reddito fisso: questa
strategia raggruppa gli Hedge Funds che
assumonoposizionilungheecorteinobbligazioni a reddito fisso e sui loro derivati per sfruttare temporanei disallineamenti dei livelli dei prezzi.
w Equity Market Neutral e Long/Short: questa strategia si basa sulla combinazione
bassi ha dato un impulso notevolissimo allo sviluppo degli
Hedge Funds. Sfruttando quindi l’effetto leva, indebitandosi
quindi, gli Hedge Funds hanno potuto moltiplicare anche
di dieci volte il loro potenziale
d’azione diventando uno strumento finanziario particolarmente appetito dagli investitori nonostante la sua complessità e la sua poca chiarezza. Oggi sono proprio tutte queste caratteristiche, insite in questi
strumenti finanziari, che hanno portato molti a additare gli
Hedge Funds come demoni del
mercato. Se saltasse un hedge
fund molto grande sarebbe diverso dal fallimento di una normale impresa industriale di
grandi dimensioni. Il fallimento di un Hedge Fund, proprio
per l’effetto leva tramite cui si
alimenta e per la poca chiarezza dei prodotti derivati di cui
fanno largo uso, avrebbe importanti ripercussioni non solo su chi li finanzia.
Poco meno di dieci anni fa scoppiò il
caso del fondo Hedge, Long Term Capital Management (LTCM), gestito da
due premi Nobel per l’economia Robert
Merton e Myron Scholes. Questi ultimi
nel 1998 nello spazio di pochi mesi persero 4,6 miliardi di dollari. Solo grazie
all’intervento della Federal Reserve, che
organizzò un gruppo di banche, si riuscì a contenere l’estendersi del crac. Il
caso LCTM ancora oggi nel profondo
di ogni finanziere viene ricordato come
un incubo. Il timore ora è che questo
incubo torni a manifestarsi. Se così fosse il problema oggi avrebbe conseguenze ben maggiori che allora per le dimensioni assunte dagli Hedge Funds.
Sono passati quasi sessant’anni da
quando il giornalista americano, ma australiano di nascita, Alfred Winslow Jones fondò (nel 1949) il primo Hedge
Fund con un portafoglio composto da
titoli lunghi e titoli corti (long - short).
Da allora questa industria finanziaria
ha dimostrato di poter funzionare bene raggiungendo le attuali notevoli dimensioni. Il meccanismo è però molto
delicato, funziona adeguatamente finché c’è molta liquidità in circolazione
(effetto leva), se viene a mancare come
è successo con la crisi innescata lo scorso mese di agosto dai mutui subprime,
allora si crea più di un grattacapo e non
solo per chi investe direttamente negli
Hedge Funds.
no di sfruttare i movimenti «macro» sul
mercato.
w Short Selling: in questa strategia si costituiscono portafogli di sole posizioni
corte.
Un Fund of Funds è un fondo hedge che
mira a identificare i migliori Hedge
Funds e combinarli in un portafoglio
con altri veicoli d’investimento
accessibile anche a chi milionario non
è. Il taglio minimo d’entrata, infatti, a
differenza degli Hedge Funds veri e
propri, si aggira in Svizzera all’incirca
tra i 10 e i 50 mila franchi. Il Fund of
Funds semplifica il processo di
selezione degli hedge fund mescolando
Hedge Funds
Pregi
Difetti
k Politiche di investimento
flessibili
h Poca trasparenza sui prezzi
k Correlazione medio/bassa
con i mercati azionari
k Strumento di diversificazione
h Poca trasparenza sulla
politica d’investimento
h Minimi d’entrata
generalmente elevati
k Utilizzo di opzioni per compra- h Non sono liquidabili nel breve
re o vendere allo scoperto
periodo
k Utilizzo della leva finanziaria
k Spesso i gestori sono soci
dell’hedge fund stesso
(Fonte THALÌA/CdT)
i fondi per soddisfare il rapporto
rischio/performance e al contempo
dividendo i rischi tra una varietà di
fondi. Il mescolare le differenti
strategie ha come scopo unico il
ritorno più alto possibile a fronte di un
minor rischio. Tra i vantaggi dei fondi di
fondi si segnala la possibilità di
controllare in qualche modo
rendimenti e rischi. Per usare una
metafora è un po’ come preparare
una torta dove usando gli stessi
ingredienti (singoli Hedge Funds) si
possono ottenere torte differenti a
dipendenza di come e in che quantità
vengono mescolati gli ingredienti.
Per quanto riguarda i costi, come
detto, va considerato che i tagli
d’entrata sono decisamente inferiori
a quelli dei più «tradizionali» Hedge
Fund, occorre comunque considerare
che vi è un intermediario in più da
remunerare, ossia il gestore che si
occupa della selezione dei singoli
fondi. Essenzialmente in Svizzera ci
sono due modalità di pagamento: la
prima prevede una commissione di
gestione attorno all’1,5-2% e una
commissione legata alla performance,
generalmente attorno al 10%. La
somma di questi ultimi due costi e
rende l’investimento abbastanza
oneroso. Una seconda modalità di
pagamento prevede invece una
commissione un po’ più alta attorno
al 2-2,5%, senza però commissione
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GIOVEDÌ 4 OTTOBRE 2007
SPECIALE ECONOMIA
Prodotti strutturati
5
di Roberto Giannetti
Investire sì, ma capendo bene i rischi
I nuovi strumenti finanziari stanno assumendo sempre più importanza
A
lla fine dello
scorso mese di
marzo nei depositi titoli bancari in
Svizzera figuravano
prodotti strutturati per
ben 329 miliardi di
franchi. Per i piccoli risparmiatori questi
strumenti possono essere interessanti.Tuttavia occorre capire
bene il loro funzionamento per poter giudicare la loro convenienza.
) In questi ultimi anni l’ingegneria finanziaria ha conosciuto uno sviluppo
estremamente veloce. Basti considerare che alla fine dello scorso mese di marzo nei depositi titoli bancari in Svizzera
figuravano prodotti strutturati per ben
329 miliardi di franchi (per dare un’idea
delle cifre in gioco, anche se si tratta di
un confronto poco indicativo, ricordiamo
che l’intero Pil della Svizzera ammonta a
460 miliardi di franchi). Per giunta, questo montante è in fortissima crescita: del
33,2% rispetto alla media del 2006 e del
9,7% rispetto all’inizio dell’anno, e ora
rappresenta il 6,4% di tutti i depositi nelle banche svizzere.
Per dare un’idea del peso di questi strumenti finanziari all’interno dei portafogli in Svizzera, a fine marzo come detto vi
erano sui depositi 329 miliardi di prodotti strutturati, contro 1’936 miliardi di
azioni, 1’228 miliardi di obbligazioni,
1’523 miliardi di parti di fondi di investimenti e 76 miliardi di investimenti monetari. I prodotti strutturati si trovano
nella misura del 40% nelle mani di pri- ossia venduti sotto forma di un prodotvati e del 51% di istituzionali, e il restan- to alla clientela.
te 9% di clienti commerciali. L’Associa- Essi si suddividono in tre categorie prinzione Svizzera per prodotti strutturati cipali: i certificati, i prodotti con rendi(SVSP), che fornisce queste cifre, stima mento massimo prestabilito e i prodotche la crescita nei prossimi due o tre an- ti a capitale protetto. Per chiarezza, i cerni si aggirerà attorno al 20% annuo.
tificati sono strumenti che riproducono
Solo nello scorso mese di
l’evoluzione del valore di
aprile, sulla borsa SWX
un sottostante (azioni, inSwiss Exchange sono stati
Piccoli investitori dici, tassi di interesse o mascambiati prodotti struttuprime, o combinazioPer chi fosse inte- terie
rati per 5,93 miliardi di
ni fra questi). Invece i proressato a questi
franchi, in aumento del
dotti con rendimento mas57,3% rispetto ad un anno prodotti, esiste an- simo prestabilito sono proprima. Sulla borsa svizze- che la possibilità di dotti con i quali a partire
ra a fine aprile erano a dida una determinata soglia
sposizione 15 mila diversi costruirseli da soli, si rinuncia al potenziale ulma senza sottova- teriore guadagno in camprodotti strutturati, ossia il
71,6% in più rispetto a un
lutare le difficoltà bio di un indennizzo che
anno prima.
può assumere la forma di
La piazza finanziaria svizuno sconto o del pagamenzera rappresenta una delto di una cedola (ossia di
le principali piazze mondiali, assieme a un interesse). Infine, i prodotti a capitaquella tedesca e a quella italiana, nella le protetto garantiscono all’investitore il
«produzione» e nella contrattazione di rimborso alla scadenza di una parte preprodotti strutturati. Chiaramente que- stabilita del capitale investito.
sta particolarità è da collegare con l’importanza che il private banking ricopre I reverse convertible
nel nostro paese, e sempre più anche i Per semplificare abbiamo scelto di anapiccoli risparmiatori si vedono offrire lizzare un prodotto strutturato, il reverquesti strumenti dai loro consulenti.
se convertible, che oggi è fra quelli maMa cosa si intende esasttamente con il giormente offerti e pubblicizzati dagli
termine «prodotto strutturato»? Si tratta istituti finanziari. Infatti questo strumendella combinazione di titoli tradiziona- to potrebbe assomigliare ad una obbligali come le azioni e le obbligazioni con zione ad alto rendimento, anche se in redegli strumenti finanziari derivati (ossia altà implica un rischio di tipo azionario.
forwards, futures, swaps o opzioni). I sin- Infatti promette al sottoscrittore un ingoli elementi vengono combinati in uno teresse particolarmente elevato su un
strumento finanziario e cartolarizzati, dato capitale, con il rischio però di rice-
vere alla scadenza, al posto del capitale
inizialmente versato, un numero di azioni il cui controvalore è inferiore all'investimento originario. Infatti, questo strumento cela in realtà un investimento in
strumenti derivati, dato che il sottoscrittore versa un capitale beneficiando di
un interesse elevato, ma allo stesso tempo però vende all'emittente una opzione
put su un titolo azionario.
Ora, la difficoltà di valutazione del prodotto risiede nel fatto che l'elevato rendimento deve essere valutato in rapporto
al fatto che l'emittente della reverse convertible, con l'acquisto dell'opzione put,
alla scadenza ha la facoltà di consegnare al posto del capitale ricevuto dall'investitore, un quantitativo di azioni prestabilito dal contratto. Ovviamente, l'emittente avrà interesse ad esercitare questa
facoltà solo nel caso in cui il valore dell'azione di riferimento scenda sotto un
livello predeterminato (barriera).
Pertanto, chi acquista una reverse convertible confida che il valore dell'azione
sottostante aumenti leggemente oppure
diminuisca senza toccare la barriera, dato che, a differenza delle obbligazioni, i
reverse convertible non garantiscono la
restituzione del capitale investito. Anzi,
teoricamente, il capitale investito può
anche azzerarsi (fermo restando la percezione degli interessi), nel caso limite
in cui il valore dell'azione sottostante si
annulli alla scadenza. Questa caratteristica deve essere attentamente valutata
da coloro che si avvicinano a questo strumento finanziario.
Le recenti emissioni di reverse conver-
tible presentano spesso delle clausole
supplementari, che in questa sede non
consideriamo per mancanza di spazio.
Ma per un piccolo risparmiatore è davvero possibile capire il rischio insito in
questo strumento? Qual è la reale probabilità che la quotazione di una data
azione tocchi entro un anno una data
barriera? Su che basi è possibile calcolarlo? Inoltre, chi è in grado di capire
quanto è vantaggioso il tasso di interesse offerto rapportato al livello della barriera? Non sono quesiti di facile soluzione. Infatti le reverse convertible presenta due componenti: una di tipo obbligazionario (nominale più cedola ) e l'altra
derivativa (opzione put ). Per comprendere appieno cosa si compra è utile fare
l'unbundling, e cioè scomporre il titolo
nelle sue varie componenti.
Il valore della componente obbligazionaria è oggettivamente determinabile
attraverso l'utilizzo della funzione di attualizzazione di un flusso finanziario atteso ai tassi del mercato monetario: ossia, se oggi per esempio il cliente paga
2000 franchi e fra un anno riceverà 2300
franchi, e il tasso di interesse su questa
scadenza ammonta al 5%, il valore attualizzato ammonta a 2’190 franchi.
Il fatto che il risparmiatore abbia pagato
solo 2000 franchi non implica affatto una
particolare vantaggiosità dell'investimento; la differenza di 190 franchi, infatti, rappresenta il prezzo che l'emittente paga al cliente per l'acquisto dell'opzione put. Ma il prezzo di 190 franchi può
essere considerato congruo?
Per rispondere a questa domanda, si deve calcolare il valore teorico dell'opzione. Occorre precisare che, a differenza
della determinazione della componente obbligazionaria, la valorizzazione di
una opzione implica l'individuazione di
alcuni dati (quali, in primo luogo, la volatilità) il cui valore deve essere stimato.
I dati di volatilità del titolo o del settore
di appartenza possono essere desunti
dalla stampa o da siti internet specializzati. Ci sono inoltre ulteriori elementi da
considerare come il livello di liquidità
del sottostante, la qualità dell’emittente, il termine di sottoscrizione, e via dicendo. In conclusione, come visto non
è per niente facile capire se conviene o
meno acquistare un reverse convertible.
Inoltre, per gli investitori non bisogna
escludere anche un’altra possibilità per
chi voglia migliorare i propri guadagni
senza passare attraverso troppi intermediari: sarebbe infatti possibile costruirsi da soli un prodotto strutturato, tenendo bene a mente che anche questo non
è poi così facile come sembra.
«Non bisogna lasciarsi abbagliare»
Intervista con Helen Tschümperlin Moggi, del Centro di Studi Bancari
L’INTERVISTA
’’
) Come orientarsi nella complicata
giungla dei prodotti strutturati? Non è
facile per chi non li conosce a fondo. Diciamo pure che si tratta di un tipico ambito specialistico, dove per giunta i confronti fra prodotti simili sono estremamente difficili. Per i neofiti è quindi meglio farsi consigliare, capendo se questi
prodotti trovano posto all’interno della
propria filosofia di investimento. Ne abbiamo parlato con Helen Tschümperlin
Moggi, CFA - Responsabile Area Finanza del Centro di Studi Bancari (nella foto a lato).
Da dove deriva il termine di prodotto strutturato?
«Un prodotto “strutturato” si definisce
tale perché è composto da più elementi.
Il titolo sottostante può essere costituito
da azioni, obbligazioni o indici a cui vengono aggiunti degli strumenti finanziari derivati, quali ad esempio opzioni. La
combinazione di questi elementi permette la creazione di soluzioni di investimento su misura, secondo il profilo di
rischio e rendimento desiderato».
Il mercato dei prodotti strutturati è stato caratterizzato negli ultimi anni da una crescita
considerevole. Come si spiega questo fenomeno?
«Effettivamente la crescita di questo settore è impressionante: dall’aprile 2006
al marzo 2007 il mercato dei prodotti
strutturati è passato da una cifra di 234
miliardi di franchi svizzeri a 329 miliardi di franchi svizzeri, evidenziando una
crescita del 41%. Secondo le stime dell’Associazione Svizzera per Prodotti
Strutturati (SVSP) questo mercato crescerà nei prossimi due, tre anni ad una
media superiore al 20%. Questo fenomeno può essere spiegato innanzitutto
dal fatto che i prodotti strutturati offrono all’investitore privato delle nuove
possibilità di investimento, impensabili fino a pochi anni fa. Soddisfano quindi un’esigenza della clientela che può
sia accedere più facilmente a prodotti
derivati aventi i più svariati sottostanti,
sia disporre di prodotti con profili di rischio/rendimento diversi da quelli già
presenti sul mercato. Un ulteriore motivo di questa forte crescita è costituito
dal fatto che i prodotti strutturati rappresentano un’interessante fonte di guadagno per le banche».
Quali sono le opportunità e i rischi connessi
ai prodotti strutturati?
«Combinando i vari elementi costitutivi di un prodotto strutturato, l’investitore può ridurre, eliminare o rafforzare i
rischi di mercato, secondo le sue esigenze specifiche e aspettative di mercato.
Egli può inoltre speculare su mercati al
rialzo, con trend laterali o al ribasso. Bisogna tuttavia analizzare criticamente il
profilo di rischio e rendimento del prodotto strutturato in cui si investe. Alcuni
prodotti sono simili ad investimenti azionari, quindi con un potenziale di utile
ma anche di perdita illimitato, altri invece sono più simili a prodotti obbligazionari, quindi a capitale protetto ma
con un limite all’utile massimo conseguibile. Bisogna inoltre essere consapevoli che investendo in un prodotto strutturato ci si espone ad un rischio di controparte, rappresentato dall’emittente
del prodotto stesso».
Quali sono gli aspetti da considerare, qualora si volesse investire in prodotti strutturati?
«I prodotti strutturati vanno inseriti all’interno di un portafoglio ben diversificato, costruito in base ad una politica di
investimento orientata al lungo termine. Molti investitori sbagliano perché acquistano prodotti strutturati senza un
chiaro concetto. In alcuni casi, non bisogna lasciarsi “abbagliare” da alte cedole, ma considerare il profilo di rischio
complessivo del prodotto. Nel caso di
prodotti a capitale protetto, bisogna inoltre ricordare che la protezione è valida
solo alla scadenza e non durante la durata dell’investimento. Un altro elemento da considerare è il trattamento fiscale del prodotto strutturato, che può variare a seconda degli elementi costitutivi dello stesso».
In Svizzera vengono emessi in media 500 nuovi prodotti strutturati alla settimana. Ogni
emittente usa nomi propri, aumentando in tal
modo la complessità. Come ci si può orientare in questa «giungla»?
«Effettivamente è molto difficile mantenere la visione su di un mercato così
complesso, anche per gli specialisti del
settore. Proprio per migliorare la trasparenza in questo settore e per diffondere
la conoscenza di questi prodotti, la SVSP
(Associazione Svizzera per Prodotti Strutturati) ha suddiviso i vari prodotti strutturati in base al loro profilo di rischio e
rendimento in 4 categorie e 18 sottocategorie. La “Swiss Derivative Map 2007”
elenca tutte le diverse tipologie di prodotti evidenziandone per ciascuna le caratteristiche salienti e le rispettive aspettative di mercato. Rispondendo ad una
specifica esigenza della piazza finanziaria ticinese, il Centro di Studi Bancari
(www.csbancari.ch) ha tradotto la “Swiss
Derivative Map 2007” in italiano e la rende disponibile gratuitamente a chi ne fa
richiesta».
Quali aspetti bisogna considerare quando si
paragona un prodotto strutturato ad un altro?
«La SVSP fornisce un aiuto anche in questo senso. Accanto alla categorizzazione di un prodotto, fornisce anche un
elenco d’investimenti offerti da altri emittenti, caratterizzati dallo stesso profilo
rischio/rendimento. È tuttavia spesso
difficile paragonare prodotti tra loro, anche facenti parte della stessa categoria.
Di fatto saranno diverse alcune caratteristiche fondamentali, quali ad esempio
i prodotti sottostanti, la durata e l’emittente».
equilibrio
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GIOVEDÌ 4 OTTOBRE 2007
SPECIALE ECONOMIA
Grandi capitali alla conquista del mondo
7
di Mario Tettamanti
Private equity e la bolla del credito
È la leva finanziaria il collante del «matrimonio d’interesse» con le banche
I
fondi private equity,
grazie all’aiuto fornito dalle banche
attraverso la leva finanziaria, negli ultimi
anni sono riusciti ad affermarsi nel grande
business delle fusioni e
acquisizioni. Le modalità con cui questi fondi
operano sul mercato
unitamente alle banche
è stata una delle cause
della creazione della
bolla del credito che
aleggia sui mercati.
) I fondi private equity sono chiamati
in causa, insieme ai «mutui subprime»,
alle Conduit, alle SIV (veicoli speciali
d’investimento), agli hedge fund e ad altri strumenti finanziari derivati e strutturati creati dalle banche d’investimento, quali primari responsabili della crisi
finanziaria in atto. L’incredibile successo ottenuto negli ultimi anni da questi
strumenti non è un caso, ma è fortemente dipendente dalla creatività messa in
mostra dalle banche e dall’eccesso di liquidità in circolazione che ha mantenuto il costo del denaro a livelli estremamente bassi. Inoltre, questi fondi e questi strumenti si basano su un uso spregiudicato della leva finanziaria (ossia dell’indebitamento concesso dalle banche)
per moltiplicare l’entità delle loro scommesse sui mercati finanziari. Per comprendere i motivi di questa «accusa di
corresponsabilità» dei fondi private equity per la crisi in atto è necessario spiegarne nel dettaglio l’operato e, in particolare, spiegare le modalità di finanziamento (rapporto con le banche) utilizzate per procedere all’acquisizione di società quotate e non quotate che negli ultimi anni hanno assunto proporzioni gigantesche. Operazioni che hanno portato alcuni osservatori a tacciare i fondi
private equity di moderne «locuste».
Queste acquisizioni hanno registrato un
vero e proprio boom nei primi mesi del
2007. I fondi private equity hanno raccolto capitali per circa 200 miliardi di
dollari il che significa che, grazie alla leva pari a tre volte il capitale, hanno portato le forze finanziarie da mettere in
campo a circa 600 miliardi di dollari.
Acquisizioni miliardarie
grazie all’uso della leva
I fondi private equity si riforniscono di
capitali attraverso il concorso di grandi
risparmiatori privati e istituzionali. Questi apporti di capitale permettono la creazione di un nocciolo duro di fondi attraverso cui operare nell’attività di acquisizione di aziende. Ma normalmente i capitali raccolti non sono sufficienti per
operare su media o larga scala. Negli anni Ottanta per procurasi la liquidità necessaria alle acquisizioni di aziende, i
fondi private equity chiedevano e ottenevano così prestiti dal mercato dei capitali attraverso l’emissioni di obbligazioni con rating inconsistenti detti «junk
bond». A partire dagli anni Novanta le
Private equity sempre
più presenti nelle
operazioni di fusione
) La partecipazione dei fondi private
equity al «party» delle operazioni di
M&A non è sempre stata imponente come quella registrata negli ultimi anni.
Fino ai primi anni 2000 la maggior parte di queste operazioni era effettuata da
aziende che acquistavano altre aziende ed era guidata, in particolare, dall’utilizzo di capitale proprio attraverso
l’emissione di azioni. Le statistiche rammentano che la partecipazione dei fondi private equity al «party delle M&A»
era attorno al 5-7% del totale. L’elemento centrale che ha portato all’imponente entrata in gioco dei fondi private
equity è stata la diminuzione dei tassi
d’interesse e di riflesso al momento magico del «credito facile». A partire dalla fine del 2003 i fondi private equity
hanno partecipato al totale delle operazioni di M&A con una percentuale del
31% (vedi tabella a fianco). Va da sé che
le aziende che acquistano un’altra
azienda hanno un approccio diverso da
quello dei fondi private equity. In particolare le aziende che comperano altre aziende, spesso e volentieri si adoperano per trovare le giuste sinergie per
migliorare la redditività dell’azienda acquisita e inglobata. L’azienda che acquista e incorpora l’altra aziende nel suo
bilancio non avrà nessun vantaggio ad
operare con una forte leva finanziaria
e in particolare non avrà vantaggio a indebitare l’azienda acquisita perché questo vorrebbe dire indebitare se stessa.
Come ben si vede dunque l’operatività
ad alta leva finanziaria sotto osserva-
banche d’investimento hanno capito che
l’attività dei fondi private equity poteva
essere una fonte importante di guadagno e hanno deciso che l’affare doveva
essere «gestito in famiglia». Il rapporto
tra fondi private equity e banche si è così trasformato in un micidiale «matrimonio d’interesse», una sorta di «win win
situation» in cui per fornire le linee di
credito le banche chiedono ai fondi private equity laute commissioni, mentre i
fondi, attraverso l’utilizzo dell’immensa leva finanziaria accordata loro dalle
banche, possono moltiplicare le scommesse sui mercati finanziari.
nanziamento e le condizioni delle stesso, tra cui il grado della leva finanziaria
che la banca è disposta a concedere. Le
operazioni di questo tipo vengono definite in gergo finanziario di «leverage
buyout» (Lbo) che significa acquisizione
di un’azienda riducendo al minimo
l’esborso di capitale di rischio e facendo
ampio ricorso a finanziamenti ottenibili sulla base del valore patrimoniale delle attività della società da acquisire. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad operazioni di acquisizione fondate su indebitamenti che spesso superavano l’80%
del valore del capitale dei fondi private
equity.
Un oliato meccanismo
Se il problema dei fondi private equity
di rientro dal credito
consiste nel procurarsi i finanziamenti
Tutto ha inizio con l’individuazione da per le acquisizioni, per le banche il proparte dei gestori del fondo private equi- blema è quello di poter recuperare al più
ty della società da acquistare. Il venta- presto i capitali prestati. Un problema
glio delle opportunità non ha limiti: va che banche e fondi private equity handalle aziende in difficoltà a quelle che no risolto egregiamente attraverso tecstanno generando utili molto buoni, da niche diverse: per esempio indebitando
quelle non quotate a quelle quotate, da l’azienda acquisita (emissione di una obquelle i cui azionisti e manager attendo- bligazione), o vendendo parti dell’azienno l’opportunità di vendere a quelle in da stessa per procurasi la liquidità necui azionisti e manager non hanno nes- cessaria a chiudere il debito con la bansuna intenzione di cedere
ca. Va da sé che le due tecalle lusinghe degli acquiniche possono essere usarenti. Negli ultimi tempi
te in modo congiunto.
Più disciplina
tutti i settori hanno attratL’iter dell’acquisizione di
Il private equity in aziende da parte dei fondi
to l’attenzione dei fondi
futuro dovrà moprivate equity: da quelli
private equity presenta per
meno redditizi come le
strare più discipli- le banche quello che in
compagnie aere a quelli na. Meno finanza e gergo automobilistico popiù interessanti come le
tremmo definire un peripiù managerialità coloso «angolo morto». In
banche o le assicurazioni.
Definito il target, il fondo per non essere tac- pratica un lasso di tempo
private equity decide a
non coperto tra la messa a
ciati di «locuste»
quale prezzo è disposto ad
disposizione del credito e
acquistare l’azienda. Se la
la costruzione del meccasocietà è quotata, i gestori
nismo in grado di permetdel private equity offrono un prezzo d’ac- tere alla banca di coprirsi adeguatamenquisto al quale gli azionisti difficilmente te. La soluzione che i fondi private equipotranno rifiutare. Abbiamo assistito ne- ty e le banche hanno trovato per coprire
gli ultimi anni ad offerte d’acquisto con questo delicato momento consiste nelpremi del 30-40% superiori all’ultima l’emissione di un credito ponte (credito
quotazione. L’avvicinamento al mana- iscritto nei bilanci delle banche) e assigement e al consiglio di amministrazio- curato attraverso l’emissione di accettane dell’azienda da acquistare è il passo zioni bancarie, strumenti di corto termisuccessivo. Un management e un con- ne piazzate sul mercato presso i risparsiglio di amministrazione «accondiscen- miatori. Come dice il temine, si trattava
dente» rappresentano un punto a favore di «crediti ponte», vale a dire momentadel private equity nel suo tentativo di nei (normalmente 30-60 giorni), in attescalata alla società.
sa che l’acquisizione dell’azienda vada
A questo punto diventa fondamentale la in porto e che il credito ponte possa trarelazione con la banca, o un pool di ban- mutarsi nell’emissione di un’obbligazioche, al fine di avere l’appoggio per il fi- ne garantita dalla società acquistata , a
questo punto detenuta dal fondi private
equity. Di fatto dunque, quel credito
ponte iscritto a bilancio della banca, venga tramutato in un affare fuori bilancio e
distribuirlo presso gli investitori.
La crisi dei mutui subprime
ha rovinato «la festa»
del private equity
La crisi dei mutui subprime è scoppiata
in un momento delicato per le banche e
i fondi private equity. Le banche impegnate, allo stadio dei «crediti ponte», in
operazioni di Lbo si ritrovano infatti con
i rischi in portafoglio. Si stima che al momento dello scoppio della crisi circa 350
miliardi di dollari di prestiti ponte legati ad operazioni di leverage buyaout sono rimasti nelle mani delle banche d’investimento senza che avessero il tempo
di tramutarli in obbligazioni da piazzare
sul mercato dei capitali garantite dalle
società acquisite (o da acquisire). È il caso, giusto per citare i «volti più noti», dell’acquisizione di First Data da parte del
fondo di private equity Kohlberg Kravis
Roberts (Kkr), di quella della Chrysler
Group e della Alliance Boots.
Nelle condizioni attuali in cui la liquidità per poter distribuire il rischio di finanziamento è venuta meno, le banche si
trovano di fronte a un’alternativa in cui
nessuna delle due opzioni è particolarmente appetibile: tenersi i prestiti sui
propri libri o disfarsene a sconto. A questo punto, anche tenendo conto che su
una parte di queste esposizioni le banche sono coperte da hedging, è inevitabile che ci siano ripercussioni sugli utili
delle banche più coinvolte in operazioni di Lbo.
zione in questi giorni è quella dei grandi fondi private equity e del loro rapporto privilegiato con le grandi banche
d’investimento. Questo non significa
che non vi siano da parte dei fondi private equity capacità manageriali ma come si dice «sono solo una minima parte dell’equazione».
I fondi private equity non sono
tutte locuste ma buonaparte…!
Quando i fondi private equity acquistano una società entrano nei gangli vitali dell’azienda stessa allo scopo di riorganizzarla, renderla redditizia, eventualmente spezzettarla e sicuramente
rivenderla. Il tutto normalmente accade in un lasso di tempo di circa 4-5 anni. Non si tratta dunque del «mordi e
fuggi» che caratterizza il normale investimento di borsa (o di quello dei normali fondi d’investimento e dei loro cugini hedge fund).
Per certi versi, dunque, il private equity
è un investimento che si avvicina all’economia reale, nel senso che questi fondi
prendono possesso di parti sostanziale di
un’azienda (diventano azionisti di riferimento o comunque molto importanti), guardano da vicino l’operato dei manager dell’azienda stessa (spesso sono
loro a nominarli) e intervengono nel corso delle assemblee degli azionisti nel tentativo di controllarne l’operato. Questo
è l’aspetto positivo degli investimenti private equity. Di positivo vi è anche il fatto che in molti casi società decotte destinate alla bancarotta sono state rimesse in grado di funzionare grazie alla perentoria iniezione di capitali e la sostituzione di manager incompetenti e di
procedure di lavoro nuove e valide.
Non tutto è però così trasparente e tranquillo nell’operato di questi fondi. In effetti, vista la loro immensa forza contrattuale dovuta alla grande disponibilità di
capitale proprio e alla possibilità di moltiplicarlo grazie alla leva finanziaria generosamente concessa dalle banche, il
loro impatto sul mercato può anche risultare destabilizzante. Succede così che
da un momento all’altro aziende anche
di una certa grandezza (quotate e non
quotate) passino da un mano all’altra
senza controllo alcuno. Succede che i lavoratori, impiegati, manager, fornitori,
clienti e azionisti minoritari di un’azienda non sappiano più quali siano le istituzioni o le persone di riferimento dell’azienda stessa.
I private equity sotto osservazione di
questi tempi, corresponsabili della crisi
finanziaria in atto, sono piuttosto i mega
fondi che tra i loro ranghi, in qualità di
apportatori di capitali o di consulenti,
possono contare personaggi della politica, dell’economia e della finanza americana i quali a loro volta sono in grado di
farsi non solo aprire ma persino spalancare le porte dei salotti e del credito delle banche che contano negli Stati Uniti.
Solo così si spiega la possibilità di questi
fondi di farsi prestare dalle banche somme di capitali tanto ingenti per operazioni così sproporzionatamente grandi.
Questi fondi private equity non sono interessati all’economia reale. Il loro scopo
è quello di acquistare, spezzettare e vendere con guadagno la società acquisita.
Una crisi che obbligherà,
forse, a una maggiore disciplina
L’allarme dei mutui subprime e il minor
accesso alla liquidità frenerà e disciplinerà l’aggressività degli operatori finanziari con la conseguente riduzione del numero di quotazioni in borsa, delle acquisizioni a leva spinta e degli investimenti in generale a maggiore rischio. Meno
finanza, dunque, e più managerialità.
Tutto sommato un bene: il nuovo private equity avrà modo se lo vorrà, scrollarsi di dosso l’etichetta di «locusta». Lo
scoppio della bolla del Lbo è presumibile che il mondo del private equità cambierà fisionomia e filosofia. I motivi sono
diversi: innanzitutto le banche saranno
meno propense a mettere in piedi «crediti ponte» di dimensioni uguali a quelle viste alla fine dell’epoca doro e prima
dello scoppio della bolla.
In secondo luogo non sarà più così facile per i fondi private equity rientrare dal
debito contratto con le banca vendendo
le società acquistate a pezzettini. Questo significa che dovranno abituarsi a
convivere più a lungo con l’investimento nelle aziende acquistate. Inoltre, con
le opportunità di il credito meno abbondante, i fondi private equity non potranno più partecipare o suscitare operazioni così importanti come in passato. I rendimenti attesi dalle operazioni di Lbo
tenderanno a scendere, perché i costi del
finanziamento saranno più alti. Per finire, i fondi di private equity faranno più
fatica in futuro a piazzare in borsa le loro azioni. La scottatura con la Ipo di
Blackstone non è piaciuta agli investitori che hanno capito che la scelta dei dirigenti di questi fondi private equity di
quotarsi in borsa era dovuta al fatto di
aver anticipato momenti meno rosei per
i fondi stessi.
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ASG: UN ORGANISMO DI
RIFERIMENTO NEL PANORAMA
FINANZIARIO SVIZZERO
Il settore dei servizi finanziari ha un grande rilievo per la Svizzera e, al suo interno,
gestione patrimoniale e consulenza finanziaria ne costituiscono il tradizionale
punto di forza. Stabilità socio-economica, competenze consolidate, assenza di
restrizioni valutarie, naturale orientamento internazionale negli impieghi, discrezione, hanno portato la piazza finanziaria svizzera ad essere depositaria, secondo
stime attendibili, di circa un terzo dell’intero private banking mondiale.
Se i protagonisti principali di questo scenario in continua evoluzione sono le
istituzioni bancarie, un ruolo sempre maggiore è svolto dai gestori patrimoniali
indipendenti. Si può stimare come nel corso degli ultimi quindici anni la loro quota
di mercato sia passata dal 3% al 14% degli averi gestiti in Svizzera, il che significa
un volume di circa 690 miliardi di franchi: una crescita determinata soprattutto
dalla loro visione ampia, dall’indipendenza operativa, dalla personalizzazione dei
profili di gestione e, forse in primis, dalla qualità del servizio prestata alla clientela.
Un interlocutore qualificato nella gestione indipendente di patrimoni
Questi traguardi sono il risultato di fattori tecnici e relazionali, ma un contributo
rilevante è venuto di certo dall’associazione di categoria istituzionalmente
preposta a promuoverne l’immagine ed a svilupparne le condizioni operative.
L’ASG - Associazione Svizzera dei Gestori di Patrimoni nasce già nel 1986, con lo
scopo di rappresentare e sostenere i propri affiliati nelle loro funzioni delicate e
diversificate, assicurando in particolare informazione continua e formazione sulle
evoluzioni legislative e normative, svizzere ed internazionali, con cui il gestore
patrimoniale è sempre più confrontato. L’ASG può essere definita per certi aspetti
un’istituzione pionieristica in quanto, attraverso i suoi Statuti e le sue Regole deontologiche (imperative per gli associati), non solo ha tenuto sistematicamente il
passo con il procedere normativo e con la prassi a livello svizzero ed internazionale, ma spesso ha addirittura recepito delle tendenze in anticipo rispetto ad altre
organizzazioni di categoria facenti parte dell’universo finanziario, giungendo a
fornire oggi ai propri aderenti uno standard elevato di qualità, professionalità e
livello etico.
ASG vuol dire oggi, concretamente, presenza in tutta la Confederazione, tre uffici,
a Zurigo, Ginevra e Lugano, 790 soci attivi e più di 60 istituti bancari iscritti quali
soci passivi, uno staff qualificato di specialisti interni e di consulenti, il ruolo di
controparte primaria per le Autorità cantonali e federali, così come per tutti gli altri
soggetti della piazza finanziaria svizzera.
ASG organismo di autodisciplina
E’ questo un percorso che ha fatto guadagnare all’ASG, oltre ad un elevato prestigio quale associazione di categoria, anche il riconoscimento ufficiale di Organismo
di Auto-Disciplina (OAD), già a partire dal 1999.
Negli ultimi decenni l’evoluzione della normativa sull’intermediazione finanziaria e,
in particolare, sul riciclaggio di denaro, è stata notevole ed ha condotto la Svizzera
ad una posizione di avanguardia nel confronto internazionale. Il punto miliare è la
Legge sul riciclaggio di denaro (LRD) del 1° aprile 1998, la quale, fra l’altro, ha
imposto a tutti gli intermediari finanziari non regolamentati da una legge specifica,
quindi anche a tutti i gestori e consulenti finanziari che effettuano investimenti, di
richiedere all’Autorità di controllo un’autorizzazione ad hoc per esercitare la
propria attività, oppure di aderire ad un OAD che fosse ufficialmente riconosciuto,
come era il caso dell’ASG.
Il cuore del dispositivo di autoregolamentazione di ASG è costituito dalle “Regole
Deontologiche relative all’esercizio della professione dei gestori di patrimoni”. Tali
disposizioni concretizzano gli obblighi di diligenza degli intermediari finanziari
sanciti nella LRD e, nel contempo, fissano dei principi professionali per l’esercizio
della gestione indipendente di patrimoni indispensabili al fine di garantire
un’attività irreprensibile.
Un impegno, questo, non da poco, sia per l’ASG, investita di una grande responsabilità e di pesanti impegni informativi, formativi e di consulenza, sia per la
categoria dei gestori indipendenti, confrontati giorno per giorno non solo con
mercati sempre più ampi e complessi, cui si unisce spesso una galassia di servizi
diversificati forniti alla clientela in materia legale, successoria, fiscale,…, ma anche
con adempimenti normativi in continua evoluzione, nuove esigenze di compliance
e di assetto strutturale sempre più sofisticato. Le sfide che tutto ciò ha imposto
negli anni sono state raccolte e adeguatamente affrontate, con un impegno che ha
consentito al private banking svizzero di confermarsi, nonostante le molte Cassandre ed i molti detrattori, più o meno pretestuosamente disinformati, ai più alti livelli
mondiali, e, in tutto ciò, un contributo non da poco è venuto anche dall’ASG, da chi
in essa ha creduto a partire da anni ormai lontani, e da chi ha contribuito e contribuisce giorno per giorno alla sua affermazione.
Una gestione patrimoniale
efficace e personalizzata
Elenco dei soci attivi ticinesi affiliati all’Organismo di Autodisciplina
(aggiornato il 30.09.2007)
Lugano:
ACTIVPERFORMANCE SA
A.M.&C. FINANCE SA
AMBROMOBILIARE (SUISSE) SA
ANTONIO CARBONE CONSULENZE FINANZIARIE
APERTA GESTIONI PATRIMONIALI SA
ARGO ASSET MANAGEMENT SA
ARNER WEALTH ASSET MANAGEMENT SA
ATTIFID SA
BAXFIN SA
BERFID SA
CARTHESIO SA
COMPASS ASSET MANAGEMENT SA
CONSIGLIA SA
CORAFID INVEST SA
CORNARO & ASSOCIATI SA
CROSSINVEST SA
CS & Cie (Suisse) SA
DF-ASSET ALLOCATION ADVISORY LTD
DOMINION RISK MANAGEMENT SA
DOTT. DANTE SIMONESCHI GESTIONI FINANZIARIE E
FIDUCIARIE
EGPM GESTIONI PATRIMONIALI SA
EMMGI FINANZIARIA SA
EUFINGEST SA
EXTRAFID SA
FINANCIAL STRATEGY SA
FINANZIARIA INDOSUEZ INTERNATIONAL SA
FINIMEX SA
FINPROMOTION SOCIETE DE PROMOTION FINANCIERE SA
FRANCESCO BERNARDAZZI
G.A.F.I. SA
GAFIN SA
GESIRO SA
GFI SERVIZI FINANZIARI SA
GLEN FIDUCIARIA SA
GLINKO SA
GMINVEST SA
HAEFLIGER GESTIONI PATRIMONIALI SA
HENRY HEYDEN SA
HORIZON ADVISORS SA
KAIROS ASSET MANAGEMENT SA
IMA INVESTMENTS MANAGEMENT & ASSETS SA
INVESTOFID SA
IPM PORTFOLIO MANAGEMENT SA
ISIS PARTNERS SA
LIMFID SA
LIVOLSI E ASSOCIATI PRIVATE SA
LMF SERVIZI FINANZIARI SA
MONTI FIDUCIARIA-FINANZIARIA SA
PENTAGRAM SA
PER4M SA
PER4M CONSULTING SA
PRIMUS GESTIONE PATRIMONIALE SA
PROMITRUST SERVICES LTD
RASINI & C. SA
RGB CONSULENZE SA
R. ZUERCHER CONSULENZE SA
SARASIN COLOMBO GESTIONI PATRIMONIALI SA
SECTRAM PARTNERS SA
SIMIS SA
SOAVE ASSET MANAGEMENT LTD
SRP ASSET MANAGEMENT SA
STEFID, WEALTH MNGMT SA
STUDIO A. CIOCCA SA
STUDIO FIDUCIARIO GUIDO F. BIANCHI
STUDIO SERGIO BASSI CONSULENTE FINANZIARIO
TAURUS ASSET MANAGEMENT SA
TM INVESTMENT SOLUTIONS SA
TP INVESTMENT CONSULTING SA
TUMAGEST SA
UNIFIDA FINANCE SA
UNIFINANCE TRUST LTD
VG SA
WULLSCHLEGER MARTINENGHI MANZINI GESTIONI
PATRIMONIALI SA
ZIMMERMANN INVESTMENT CONSULTING
ZION TRUST SUISSE SA
Agno:
ALPHA PORTFOLIO MANAGEMENT SA
Chiasso:
AJ CAPITAL MANAGEMENT SA
ALTERINVEST SA
ANIRGEST SA
GESTFINANZ SA
NICOLA CEPPI
PRISMAFIN SA
PRIVATGEST SA
PROFESSIONAL TEAM ADVISORS SA
SC STUDIO CONSULENZE SA
STELINVEST SA
SURGEST SA
VILLIGER FRANCA SA
Mendrisio:
DOGE SA
EGO SYSTEM SA
MASSINVEST SA
PHARUS MANAGEMENT SA
Novazzano:
LANFRANCO MURA GESTIONI PATRIMONIALI
Vacallo:
STUDIO FIDUCIARIO E. GALFETTI
Tel. 091 922 51 50 Fax 091 922 51 49
Ufficio regionale di Lugano: Via Landriani 3, 6900 Lugano
Geschäftsstelle:
Bahnhofstrasse 35, 8001 Zürich
Tel. 044 228 70 10 Fax 044 228 70 11
Bureau régional de Genève: 13, Avenue Krieg, 1208 Genève 12 Tél. 022 347 62 40 Fax 022 347 62 39
Ricordiamo ai lettori che il volume «Lessico Finanziario», edito dall’Associazione Svizzera di Gestori di
Patrimoni (ASG) in collaborazione con il Centro Studi Bancari, Vezia, è ottenibile al prezzo di Fr. 30.- (IVA e
spese di spedizione escluse) presso l’ufficio regionale di Lugano di ASG, tel. 091 922 51 50, fax 091 922 51 49,
e-mail: [email protected]
Il precitato volume raggruppa, in un solo libro, la totalità degli articoli che settimanalmente, dal lontano 1991,
sono apparsi sulle pagine del CdT e si prefigge lo scopo di presentare ad un vasto pubblico di «non addetti ai
lavori» temi, terminologie, prodotti e strumenti del mercato finanziario e del mondo degli investimenti in genere.
Corriere del Ticino
GIOVEDÌ 4 OTTOBRE 2007
SPECIALE ECONOMIA
Nuove tendenze
9
di Roberto Giannetti
Securitization, il centro della crisi
Come funziona il meccanismo su cui si fonda il mercato dei mutui subprime
L
a securitization
è uno dei fenomeni più importanti sviluppatosi negli
ultimi anni in ambito
finanziario. Prima della crisi dei mutui subprime gli strumenti nati da questo meccanismo venivano considerati estremamente sicuri. Oggigiorno, invece, tutto il settore versa
in difficoltà, anche perchè il rischio si è diffuso nel sistema in modo
poco trasparente.
) La securitization è stato uno dei fenomeni più importanti sviluppatosi negli
ultimi anni in ambito finanziario, e si
tratta di un termine di cui si sente parlare molto data la sua importanza nelle
turbolenze avvenute sulle borse mondiali in questi ultimi mesi.
Ma cosa si intende con questo termine
che in italiano viene tradotto con «cartolarizzazione»? Si intende quel procedimento attraverso il quale una banca raccoglie degli attivi, li fa confluire in un veicolo finanziario, e sulla base di questo
emette delle obbligazioni e che poi vende sul mercato.
I prodotti nati dal processo di cartolarizzazione vengono chiamati Asset Backed
Securities (ABS). Con questo termine si
intendono titoli, «securities» in inglese,
che sono sostenuti, «backed», da classi
di beni, ossia «asset».
Negli effetti questi titoli sono simili alle
obbligazioni, poichè pagano al possessore cedole a interesse prefissato, fisso
o variabile. Schematicamente, il processo di cartolarizzazione funziona in questo modo: una banca che ha in portafoglio crediti cede gli stessi ad un’altra società costituita allo scopo (la società vei- tecari, oppure da asset di qualsiasi nacolo), la quale, a sua volta, emetterà del- tura, quali ad esempio canoni di leasing,
le obbligazioni con lo scopo di collocar- royalties, contratti di assicurazione, flusle presso gli investitori finali al fine di ri- si futuri di incassi e così via. Per questo,
pagare l’acquisto dei crediti stessi. I cre- a seconda delle attività alla base dell’opediti ceduti, infine, sono costituiti a ga- razione di cartolarizzazione le ABS asranzia del pagamento delle obbligazio- sumono nomi diversi. Se l’attività finanni emesse. In sintesi il proziaria oggetto della securicedimento di creazione di
tization è costituita da muun ABS è l’atto con cui una
Strumenti in voga tui ipotecari, si costituiscosocietà scorpora dal suo bino le Mortage-backed selancio una serie di crediti, li Si calcola che i tito- curities (MBS); se ha per
li che vantano ga- oggetto le obbligazioni, si
«impacchetta» adeguatamente e li cede sul mercaranzie immobiliari parla di Collateralized
to, assieme ai flussi finanobbligation (CBO);
ammontano al 23 bond
ziari che essi generano, per
quando il collateral è costiil tramite della società vei- per cento del debi- tuito da prestiti bancari si
colo, con l’obbiettivo di ot- to negoziabile negli parla di Credit loan obligatenere liquidità. Oppure
tion (CLO); quando la carStati Uniti
ancora, in altri termini, la
tolarizzazione ha come
securitization consiste nelcollateral sia obbligazioni,
la trasformazione di attivisia prestiti commerciali
tà finanziarie non negoziabili (principal- erogati da banche, l’ABS prende il nome
mente crediti) in valori mobiliari nego- di Collateralized debt obligation (CDO).
ziabili.
Così, per Mortgage Backed Securities
Le asset-backed securities si distinguo- s’intende un titolo obbligazionario per
no dagli altri strumenti finanziari poi- il quale i pagamenti delle cedole e della
ché il loro rendimento deriva appunto parte di capitale sono garantiti da un
da quello delle attività o dei beni «carto- complesso di mutui ipotecari.
larizzati» a fronte dei quali sono stati La transazione non comporta alcun
emessi.
cambiamento sul piano delle relazioni
I titoli emessi possono essere garantiti con la clientela, poiché la banca mantieda crediti commerciali o da mutui ipo- ne la responsabilità dell’amministrazio-
ne e della consulenza per i crediti interessati dalla cartolarizzazione, dei quali trasferisce unicamente il rischio. Quindi
nulla cambia per i debitori e per i collaboratori della banca.
Come detto questi strumenti hanno assunto via via maggiore importanza, e
all’interno della «famiglia» degli Asset
Backed Securities una quota importante è senza dubbio rappresentata dalle
Mortgage Backed Securities (MBS).
Queste ultime oggi rappresentano infatti il segmento più grande del mercato obbligazionario americano, e alla fine del 2006 coprivano il 23% del debito negoziabile totale statunitense. Questo tipo di obbligazioni ha conosciuto
uno sviluppo fortissimo, con un incremento medio annuo del 16% a partire
dal 1986. Ed essendo estremamente liquide esse rappresentano pure uno dei
titoli più trattati all’interno del mercato: per dare un’idea diciamo che nel
2006 i titoli maggiormente trattati sul
mercato dei capitali americano erano i
titoli del Tesoro, con 523 miliardi di dollari al giorno in media, mentre al secondo posto venivano appunto gli MBS
con 230 miliardi di dollari, nettamente
sopra ai 74 miliardi delle istituzioni e ai
23 miliardi delle società.
Bisogna dire che prima delle turbolenze di borsa causate dalla crisi subprime
americana, le ABS venivano considerate una delle asset class più sicure.
Ma quali sono i vantaggi che una banca ottiene attraverso il processo di securitization? I vantaggi sono numerosi.
Innanzitutto riesce ad assicurare il rischio connesso ad un portafoglio di crediti ipotecari o commerciali. Inoltre riesce a liberare capitale proprio che altrimenti sarebbe rimasto bloccato in queste operazioni. Capitale proprio che deve essere accantonato per assicurare il
rispetto dei requisiti di copertura necessari, requisiti, ricordiamo, che negli
ultimi anni sono stati resi più severi attraverso le regole di Basilea 2. A sua volta il capitale liberato può essere utilizzato per effettuare altre operazioni ed
espandere ulteriormente l’attività della
banca. Infine, la banca riesce a rendere liquidi degli attivi illiquidi, e quindi
a disporre di un ammontare maggiore
di cash. Sull’altro versante dell’operazione, ossia quello degli investitori, questi ultimi hanno la possibilità di diversificare i propri portafogli e di ottenere
rendimenti superiori, il che è interessante in un periodo di tassi bassi come
negli ultimi anni.
Tuttavia sugli investitori ricadono anche le sorti dei crediti usati a garanzia
degli strumenti finanziari emessi e ad
altre garanzie prestate da terzi. Se i debitori non pagano dovranno sobbarcarsi una perdita. Per valutare la qualità
del credito di solito si affidano al giudizio di una agenzia di rating e riconosciute a livello internazionale. Dal momento che la decisione degli investitori si fonda sulla capacità del credito di
generare degli introiti a lungo termine
fino alla scadenza degli MBS (valore del
patrimonio netto), una corretta valutazione di valore del bene immobile è di
fondamentale importanza in questo
contesto. E proprio a questo livello ci
sono state gravi carenze da parte delle
agenzie di rating, che hanno accordato
un rating «AAA» (ossia ottimo) a strumenti che in realtà avevano una forte
componente a rischio subprime.
Anche questo ha contribuito proprio in
questi ultimi mesi alla crisi subprime,
che si è estesa anche ai mercati finanziari e rischia di toccare anche l’economia
reale. Infatti molti processi di securitization riguardavano mutui ipotecari di
clienti a rischio (subprime, appunto),
che hanno messo in forse la qualità e la
solvibilità delle obbligazioni MBS emesse negli ultimi anni.
«Alcuni strumenti hanno perso il 70%»
Intervista con Christoph Schaer, Head of Structured Finance della Gottardo
L’INTERVISTA
’’
) Ma cosa sta succedendo sul mercato
con la crisi subprime? Quanto perdono
effettivamente gli strumenti creati attraverso la securitization? Per capire meglio la situazione abbiamo rivolto alcune domande a Christoph Schaer, Head
of Fixed Income and Structured Finance
della Banca del Gottardo di Lugano, uno
specialista che segue quotidianamente il
mercato.
Prima di questa crisi le Asset Backed Securities (ABS) venivano considerate degli strumenti abbastanza sicuri. Ci può spiegare la
situazione di mercato di questi strumenti?
«Le ABS per anni sono state considerate
strutture molto stabili e investimenti difensivi, e questo giudizio non è privo di
fondamento in quanto storicamente sono avvenuti meno fallimenti di strutture
ditipoABSchediobbligazioniemesseda
società private. Putroppo nello specifico
comparto delle strutture costruite sulla
basediipotechesubprimenegliStatiUniti, le agenzie di rating (Sandard&Poor’s,
Moody’s e altre) hanno nettamente sottovalutatoillivellodirischiodiquesteipotecheediriflessoconcessodeiratingtroppo alti. I dubbi che sono emersi da quest’erroreiniziale,assiemealloshockrap-
presentato dal quasi fallimento di due
hedge funds del gruppo Bear Stearns le
cui valutazioni sono scese brutalmente
ad inizio giugno, hanno creato una crisi
di fiducia sull’intero settore delle Asset
Backed Securities. Numerosi investitori
durante l’estate hanno chiesto il rimborso dei loro investimenti in fondi o hedge
funds coinvolti in questosettore. Di conseguenza, il mercato in agosto ha subito
pesantisvalutazioniinquantoquestifondi hanno dovuto forzatamente vendere
per far fronte alle richieste di rimborso.
Alfinedisalvaguardarel’interessedeiloro investitori alcuni fondi – tra cui alcuni
Fondi di BNP Paribas – hanno congelato
le domande di rimborso durante la fase
piucriticadellacrisi.Pernumeroseemissioni su cui opero regolarmente è stato
per tanti giorni impossibile trovare prezzi trattabili, e ancora oggi soltanto i compartipiuliquididelmercatohannoprezzi trasparenti».
A quanto ammontava il differenziale di rendimento rispetto al Libor prima della crisi? E a
quanto ammonta adesso? Quanto hanno perso in valore le Asset Backed Securities sul
mercato?
«L’occhio del ciclone è rappresentato
dalle ipoteche residenziali di tipo subprime negli Stati Uniti dove per anni è
stato offerto credito a debitori con poche risorse economiche in un mercato
che ha conosciuto una crescita dei prezzi immobiliari molto forte. I rendimen-
ti sono aumentati di circa 100 punti base sopra il Libor per le tranche AAA e di
oltre 2000 punti base per le tranche BBB, il che rappresenta, per quest’ultima
tranche, una perdita pari al 70% dell’investimento effettuato. Notiamo che per
le tranche BBB- esiste il forte rischio di
non venire mai rimborsate. Invece, per
il resto del mercato, che è fondamentalmente sano ma che si è svalutato di fronte alle vendite forzate di agosto, le perdite sono molto minori. Per esempio una
tranche AAA di un’emissione costruita
sullabasediipotecheolandesisièsvalutata di circa l’1,5%, ossia una variazione
di30puntibasedirendimento.Notiamo
che in Europa le ABS di ipoteche residenziali (RMBS) inglesi e olandesi vengono
considerate i riferimenti in quanto rappresentano la massa piu importante sul
mercato. Attualmente la performance
degli oggetti sottostanti è ottima e registra tassi di insolvenze e di perdite molto bassi. Nonostante queste buone performances fondamentali i tassi su questi strumenti sono saliti di circa 40 punti base per le tranche di rating AAA e di
140 punti base per le tranche di rating
BBB. Invece i tassi sui RMBS spagnoli e
in misura minore italiani sono saliti in
modo più forte in quanto le dinamiche
interne del mercato immobiliare sono
state più marcate negli ultimi anni, il che
rende anche maggiore un rischio di caduta dei prezzi immobiliari. Il resto del
mercato europeo degli strumenti basati su Car leasing e ipoteche commerciali è rimasto da agosto molto poco liquido con un’assenza totale di trasparenza
sui prezzi. Comunque, anche su questo
mercato sono stati osservati movimenti della stessa ampiezza».
Chi erano gli acquirenti di questi titoli? Fra
questi figuravano anche privati o piccoli risparmiatori?
«I piccoli risparmiatori e i privati in generale non hanno investito direttamente
su emissioni di tipo ABS. Sono stati invece colpiti da investimenti indiretti nel
settore, per esempio sottoscrivendo fondi monetari investiti parzialmente in
ABS. Gli ABS sono stati maggiormente
sottoscriti da istituzionali, e generalmente dalle gestioni molto specializzate, come hedge funds, tesorerie di banche, e
via dicendo. Tra gli investitori istituzionali, ancora oggi non si sa esattamente
chi ha investito nel comparto subprime
americano e questo problema è alla base dell’attuale crisi di fiducia sul mercato interbancario».
Come si devono comportare coloro che hanno questi strumenti in portafoglio?
«Da alcune settimane alcuni interventi sono stati determinanti nello stabilizzare il mercato. Citiamo per esempio il
taglio dei tassi da parte della Federal
Reserve americana, le iniezioni di liquidità di tutte le banche centrali, l’allargamento dei criteri di eliggibilità per le
operazioni di repo con le banche centrali (ossia il fatto che queste ultime accettano anche ABS su mutui subprime per
concedere liquidità alle banche). Inoltre il flusso di notizie negative legate a
strutture in difficoltà si è interrotto. Si
può dunque ritenere che il periodo più
turbolento sia passato. Per cui per i detentori di ABS di emittenti europei è realistico pensare che sarà possibile nei
prossimi mesi un ricupero – anche parziale – delle perdite».
Vista l’eccessiva penalizzazione di classi di
asset molto solide e di altri paesi al di fuori degli Stati Uniti, oggi non si sono create addirittura delle occasioni di acquisto?
«Sicuramente. Con un’accurata analisi
dei rischi e una valutazione corretta dei
singoli strumenti si possono identificare numerose opportunità in un mercato sul quale le vendite forzate di agosto
non sono ancora state completamente
digerite».
Corriere del Ticino
GIOVEDÌ 4 OTTOBRE 2007
SPECIALE ECONOMIA
10
Il dibattito
“
ALFONSO TUOR
«Mi risulta difficile pensare che questa crisi sia finita perché è la crisi di
una bolla del credito»
“
L
a crisi innescata
in agosto dai
mutui subprime
continuerà a singhiozzo. Su questo punto sono dello stesso avviso
Antonio Foglia, direttore della Banca del Ceresio, e Alfonso Tuor,
vicedirettore del Corriere del Ticino, che nel
dibattito che riportiamo di seguito esprimono idee in parte contrastanti sulle cause,
sugli insegnamenti da
trarre e sui rimedi necessari per evitare il ripetersi di questi eventi.
L’INTERVISTA
Subprime: «Si tratta di una
A confronto le opinioni di un banchiere, Antonio
’’
) La crisi innescata in agosto dalle difficoltà
dei mutui subprime è finita?
Alfonso Tuor: È difficile dire se la crisi è
finita. A mio parere questa è una crisi a
singhiozzo, [e quindi prima o poi ci saranno nuovi singhiozzi. Mi risulta difficile pensare che questa crisi sia finita] perché non è una crisi di liquidità, ma una
crisi di una bolla del credito, non solo
del subprime e del mercato immobiliare. Poi per quanto riguarda tutta una serie di investitori che apparentemente
non sono entrati in crisi finora, pensiamo
agli hedge fund, o ai fondi private equity, molto probabilmente le grandi banche d’investimento stanno elargendo linee di credito per continuare a farli sopravvivere cercando di fare in modo che
attraverso l’evoluzione del mercato essi
possano recuperare parte delle perdite.
Di fatto questi hedge fund prima o poi
dovranno comunque presentare il loro
stato di salute, e quindi emergeranno
delle perdite che non sono ancora emerse, tranne che nel caso dei tre grandi hedge fund della Bear Sterns che all’inizio
hanno provocato la crisi. Per concludere questa crisi è solo apparentemente
chiusa, andrà avanti a singhiozzo. Molto probabilmente si trasformerà anche
in una crisi del dollaro.
Antonio Foglia: Sono d’accordo che si
tratti di una crisi a singhiozzo, nel senso
che è possibile che vengano fuori altre
notizie relative a operatori in difficoltà.,
Penso però che la portata della crisi sia
più ridotta rispetto a quanto ritiene Alfonso Tuor, nel senso che gli eccessi nel
mercato del credito che hanno assunto
dimensioni patologiche sembrano confinati in alcune sacche limitate come appunto quella dei mutui ipotecari americani. Ovviamente un inasprimento delle condizioni a cui il credito è reso disponibile a seguito della crisi comporterà
una rivisitazione di tutti i business plans
basati sul debito e quindi ad un certo rallentamento di tutta una serie di attività
sul mercato: pensiamo ai private equity, ai leverage buy out, e via dicendo. Mi
sembra che nuova situazione renderà,
forse giustamente, più difficili una serie
di operazioni che erano in cantiere, ma
che non necessariamente andrà a incri-
vano le banche centrali. C’è un aspetto
però che non sottovaluterei: le cartolarizazzioni che fanno le banche per scaricare i loro bilanci sono state per lo più
comprate da investitori istituzionali preparati e quindi da persone che dovrebbero avere le basi tecniche per valutare bene il rapporto rischio/rendimento di
quanto offre loro il mercato finanziario.
Il problema è che molto spesso i professionisti a cui abbiamo dato in gestione
il risparmio forzoso sono a loro volta sottoposti ad una serie di regolamentazioni che non li rendono sufficientemente
liberi di svolgere il loro compito di attori importantissimi sul mercato dei capitali. La normativa spesso li obbliga ad
acquistare per una fetta importante del
loro portafoglio della carta di altissima
qualità magari in un momento in cui i
deficit dei governi non crescono e le
aziende migliori non si indebitano ulteriormente. La domanda degli investitori è stata quindi soddisfatta creando con
le cartolarizzazioni dei triplo A che forse non lo erano, anche se è presto per tiAlfonso Tuor, vicedirettore del Corriere del Ticino.
(foto Maffi) rare questa conclusione.
Alfonso Tuor: Mi permetta una piccola
nare la solidità di quelle che erano già sia condannata a viaggiare di bolla in replica. Il problema non è tanto una nostate concluse. Per quello che riguarda bolla. Da una parte questa è una tautolo- stalgia per gli anni Cinquanta/Sessanta,
invece l’accenno agli hedge funds non si gia, nel senso che l’umanità progredisce ma il problema è che l’economia dovrebpuò generalizzare , perché hedge funds attraverso un processo di scoperta che be trasferire gli aumenti di produttività
sono tutti i fondi che non sono regola- passa per nuovi tentativi e errori. Lei si da una parte in diminuzione del prezzo
mentati e quindi in questo ambito c’è di rifà agli anni Cinquanta-Sessanta, ebbe- dei beni che vende, dall’altra distribuentutto.
ne alla fine degli anni Sessanta è partita dolo in utili e salari. Questa dovrebbe esQuali sono le cause della recente crisi?
una crisi estremamente grave che ha in- sere la regola d’oro. In parte negli anni
Alfonso Tuor: Bisogna chiedersi, par- ciso sulla vita di tutti molto più di quel- Cinquanta e Sessanta ciò fu fatto abbatendo da questa crisi, se la nostra eco- lo che hanno inciso la crisi del 1998 del stanza bene. Nella seconda metà degli
nomia non può che vivere passando di fondo LTCM, lo scoppio della bolla spe- anni Novanta abbiamo registrato un balbolla in bolla. Mi spiego: noi abbiamo culativa borsistica della tecnologia e l’at- zo della produttività che si è tradotto sovissuto una bolla negli anni Novanta, poi tuale crisi del credito. Forse viviamo in stanzialmente solo in un aumento degli
abbiamo avuto lo scoppio del mercato un mondo che si sta abituando a gesti- utili. L’aspetto paradossale è che questi
azionario all’inizio di questo decennio. re delle crisi magari con una frequenza utili non sono spesso serviti per finanAllora sono stati abbassati i tassi d’inte- superiore, ma con un’intensità inferio- ziare investimenti, ma per finanziare proresse e si è fatta una politica monetaria re rispetto alle crisi del passato.
grammi di riacquisto di azioni proprie.
espansiva. Questa ha prodotto i suoi ef- Per quanto riguarda le disuguaglianze Una società che riacquista azioni è una
fetti in primo luogo, come accade sem- dei redditi, credo che bisogna fare delle società che non sa dove investire, non sa
pre, attraverso il rilancio dell’edilizia e differenze enormi tra paese e paese e ri- cosa fare dei soldi, per cui ricompra le
del settore immobiliare sia in Europa sia cordarci che, almeno per quello che ri- azioni dagli azionisti. Indubbiamente è
negli Stati Uniti. Oggi questo settore im- guarda i paesi avanzati, alla disugua- meglio che sprecarli. Deve però preocmobiliare dimostra di essersi gonfiato glianza dei redditi fa riscontro una com- cupare che non sa dove investire i capitroppo. Si pongono dunque due proble- pressione enorme della disuguaglianza tali che ha guadagnato. Oggi di fatto abmi: perché l’economia non riesce più ad nelle condizioni di vita. Faccio un esem- biamo delle situazioni paradossali: si
avere una crescita sana come quella de- pio: sono stato ad una presentazione di pensi agli Stati Uniti dove le famiglie dogli anni Sessanta o Cinquanta? Non c’è Netjets, la società di leasing di jet priva- vrebbero rappresentare un settore che
forse un problema di ridistribuzione dei ti di Warren Buffet che spiegava come risparmia, e invece sono sempre più inredditi che è diventata sempre più ine- ormai perfino lui, che è il secondo o ter- debitate; vi è il settore industriale che
guale e che paradossalmente nuoce alla zo uomo più ricco degli Stati Uniti, man- dovrebbe essere un settore che prende
stessa economia? Le forze che si muo- gia le stesse cose, si veste allo stesso mo- a credito e che invece risparmia; c’è il
vono in questa direzione sono chiare: la do ed ha in casa il medesimo letto e i me- settore statale che è classicamente in deglobalizzazione che ha frenato la dina- desimi servizi igienici di
ficit di risparmio. Siamo inmica salariale; tagli delle tasse che han- quelli del 90% degli amerisomma veramente di fronno favorito indubbiamente le persone cani. Sosteneva quindi che
te a situazioni del tutto
Antonio Foglia
più abbienti; la diffusione dei sistemi di l’unica cosa che lo differennuove che non riguardano
«È possibile che
risparmio forzato/ pensionistici, che zia dai suoi collaboratori è
solo gli Stati Uniti, ma anvengano alla luce
hanno favorito l’accumulazione di ri- il modo in cui viaggia, fache l’Europa. Dal punto di
sparmio; inoltre abbiamo anche il feno- cendo uso dei suoi jet pri- altre notizie, penso vista economico bisogna
meno della finanza stessa che aiuta chi vati. In una società come però che la portata dunque chiedersi se queha a non pagare più facilmente il dovu- quella attuale dove molti
sto trend economico è sodella crisi sia ridot- stenibile. Credo che finora
to. Qui risiedono secondo Greenspan, le dei bisogni primari sono
cause principali di questo savings glut, soddisfatti e la qualità del- ta rispetto a quanto abbiamo superato questi
di questo eccesso di risparmio che si è la vita è migliorata per tut- ritiene Alfonso Tuor» squilibri creando delle bolmanifestato sui mercati. Anche la Cina, ti, una certa diversità dei
le: si pensi alla bolla di Inl’India e i paesi arabi hanno contribuito redditi ai livelli più alti poternet, a quella dell’immoad allargare queste tendenze, ma chi più trebbe essere necessaria
biliare, e così via. Vi è quevi ha contribuito è la finanza stessa. C’è per mantenere lo stimolo all’imprendi- sta carenza di capacità di consumo, di
stata una creazione di liquidità artificia- toria ed al rischio nella fascia di popola- coloro che avrebbero la voglia di consule attraverso la stessa finanza. Tutti que- zione che a questo stimolo può risponde- mare e lo possono fare solo indebitansti strumenti, che il dottor Foglia difen- re. Da questo punto di vista poi va ricor- dosi. E vi è d’altra parte questo eccesso
de e rappresenta, sono diventati gli stru- dato che in paesi come la Svizzera non di risparmio che si scarica sui mercati fimenti attraverso cui noi abbiamo mol- mi risulta vi siano degli aumenti enormi nanziari, e una industria finanziaria che
tiplicato il credito bancario. Facciamo delle disuguaglianze e comunque la fi- crea liquidità artificiale. Questa è una riun esempio: quando io faccio un pro- scalità colpisce gli imprenditori ormai cetta di continui sussulti. Oggi il problecesso di cartolarizzazione delle ipote- in una maniera fortemente penalizzan- ma di giustizia sociale diventa anche ecoche, da una parte creo due grossi pro- te con delle aliquote effettive confisca- nomico. Bisognerà vedere se un’econoblemi: uno che come banca non ho più torie oltre il 60%, che sicuramente sono mia che vive grazie alle bolle finanziarie
la responsabilità del credito perché lo un fortissimo deterrente alla nascita o non ci porterà adn una crisi ben più gracedo a altri, quindi mi interessa la som- all’insediamento di nuovi imprenditori. ve di quella degli anni Settata.
ma di ipoteche che elargisco, non la bon- Per quanto riguarda il risparmio forzoso, Antonio Foglia: Partiamo dalla produttà dei prenditori di ipoteche. In secon- Alfonso Tuor ha fatto riferimento ad un tività, che come lei ben sa è una variabido luogo, in questo modo vendendolo possibile eccesso di liquidità nel mon- le residua, fondamentale da un punto di
sul mercato, io libero il mio bilancio ban- do con un’eccessiva formazione di ri- vista teorico, ma su cui vanno a convercario, e quindi creo altra moneta. Di fat- sparmio e un’eccessiva formazione di gere tutti gli errori di una scienza imperto cosa è successo negli anni Duemila: credito. Da questo punto di vista posso fetta come è quella della contabilità nacon una politica monetaria espansiva, essere d’accordo in quanto da un lato zionale. È insomma una variabile sembassi tassi d’interesse, diffusione dell’in- stiamo creando risparmio forzoso a ci- predaprendereconlepinze.Èundatodi
gegneria finanziaria, si è creata una li- fre doppie attraverso i contributi alle cas- fatto che il primo modo in cui tutti ci apquidità enorme, si è creata una monta- se pensioni, mentre dall’altro le nostre propriamo dell’aumento di produttività
gna di credito, che non è solo subprime, economie avanzate evolvono verso un èattraversoladiminuzionedeiprezzidei
e che non riguarda solo il mercato im- peso sempre maggiore dei servizi, che beni. È innegabile che ne stiamo godenmobiliare. Per questo credo che questa tutto sommato hanno un bassoassorbi- do tutti , e non solo grazie alle importacrisi verrà risolta, ma solo creando le pre- mento di capitale e che necessitano di zioni a buon mercato dalla Cina, ma gramesse per un’altra, ossia creando un’al- investimenti molto limitati rispetto a ziealcontinuomiglioramentodellaquatra bolla. In ogni caso smaltire la crisi del quelli che erano gli investimenti neces- lità dei prodotti che consumiamo tutti i
credito sarà un lavoro lungo e faticoso.
sari in passato per lo sviluppo del setto- giorni. Per l’altra parte, quella che viene
Antonio Foglia: Lei ha detto molte co- re industriale. È altresì vero che la crea- distribuita tra utili e salari, è vero che la
se: su alcune sono d’accorso su altre me- zione di credito bancario si è in buona quota degli utili, come percentuale dei
no. Partiamo dall’idea che l’economia parte affrancata dal controllo che ne ave- redditi nazionali in diversi paesi, è vici-
Corriere del Ticino
GIOVEDÌ 4 OTTOBRE 2007
SPECIALE ECONOMIA
11
di Stefano Soldati
Foglia e di Alfonso Tuor, vicedirettore del CdT
na o oltre i massimi registrati in periodi sono strumenti di cui non si conosce anstorici precedenti. D’altra parte però di cora il prezzo di mercato. Ci sono struchisonoquestiutili?Anchequinonsipuò menti che la finanza vende e che hanno
dimenticare che, molto di più che in pe- prezzi basati su modelli matematici, per
riodi storici precedenti, oggi le aziende iqualinonesistequindiunprezzodimersono possedute da noi tutti e, soprattut- cato. Abbiamo una finanza che ha proto nei mercati che da questo punto di vi- dottosuun’ipotecabenseistrumentidestasonopiùavanzatiecheleisembracri- rivati: in pratica su un’ipoteca di 100.000
ticare come il mercato americano, una franchisisonocostruitiseistrumentidequotaestremamenteelevatadelleazien- rivati, che poi sono stati venduti sul merde è detenuta dai fondi pensione e quin- cato. Io mi chiedo come si possa andare
di indirettamente dai lavoratori stessi. Il avanticosì.Indubbiamentecisonoiteorisparmio dei lavoratori americani è di- rici che dicono che questa finanza perventato negativo anche perché, a diffe- mette una accelerazione della crescita,
renza dei lavoratori di molti altri paesi, perchépercosìdiremoltiplical’effettolegli americani sanno che possono fidarsi va e quindi permette di realizzareoperadel loro fondo pensione, vedono il suo zioni che prima necessitvano di capitali
valore crescere, e quindi non vedo per- reali. Oggi però siamo in una situazioni
ché dovrebbero risparmiare quello che incuiabbiamounaliquidità,comehadetgli arriva in busta paga dal momento che tolostessopresidentedellaBNSRoth,arilrisparmioègiàstatofattoamonte.D’al- tificiale.Unasituazioneincuituttisirentra parte sembrano in corso delle modi- donocontocheilcastellopotrebbecadefiche nei flussi dell’economia di merca- re. Il castello sta in piedi e starà in piedi,
to, rispetto a come era stata studiata da maciònonvuoldirechenonsitrattidiun
personalitàcomeKeynes.Noisiamocre- castello di carta.
sciuti con l’idea che i privati risparmia- Antonio Foglia: Lei ha fatto due accenni
no e le aziende investono.
diversi,suunosonoperfetMa non è detto che questa
tamented’accordo,mentre
sia una legge economica
sull’altrono.Iniziamoconil
Alfonso Tuor
fondamentale. Può darsi
punto in cui sono in disac«Credo che con la cordo. Parte degli sviluppi
benissimo che il sistema
recente crisi sia
possafunzionarealtrettanfinanziari degli ultimi deto bene in una situazione emersa la «foffa» di cenniavevanocomeobietcompletamentecapovolta. questa nuova finan- tivo una migliore distribuPer quello che riguarda il
zionedeirischinelsistema.
riacquistodiazioni,vadet- za che parla di tra- Per quello che abbiamo vito che dal punto di vista
sparenza, quando sto fin’ora anche in questa
economico equivale al pa- invece non ve ne è» crisi,ladistribuzionedeirigamento dei dividendi. Le
schi nel sistema c’è stata ed
aziende preferiscono una
hafunzionato.Loabbiamo
forma rispetto all’altra solvisto anche nel crollo della
tanto in funzione della fiscalità dei per- bolla della Tecnologia che tutto sommacettori. Chele aziende distribuiscano di- to non ha avuto scossoni impossibili per
videndi importanti quando non vedono il sistema finanziario. La situazione mi
nei loro settori delle opportunità di inve- sembramoltodiversaperesempiorispetstimento mi sembra essenziale per il to a quella che era stata la crisi delle Sabuonfunzionamentodelsistemaperché vingsandLoansBanksnegliStatiUnitinei
permette agli azionisti di prendere risor- primianni‘90dovedifronteaunfenomesedalleaziendechehannocapitali inec- no che non era molto diverso rispetto a
cesso, per indirizzarle verso i settori che quellochestiamovivendo,laconcentramaggiormente hanno bisognodi capita- zionedelrischionelsettorebancarioamele e garantiscono quindi rendimenti più ricano, aveva portato per diversi anni ad
interessanti.Quindilovedocomeunpro- una paralisi dell’economia americana.
cesso virtuoso e sicuramente più traspa- Sull’altro punto da Lei sollevato, cioè la
rente ed efficiente rispetto a processi già completamancanzaditrasparenzaechiavistiinpassatodoveinveceleaziendecre- rezzaneiprezzisonoassolutamented’acscevano trattenendo i capitali, diversifi- cordo. Il problema è che una parte tropcando le attività al di fuori della loro area po larga del mercato finanziario oggi è
di competenza con strutture di potere ed confinata su mercati opachi, i cosidetti
organizzative opache e largamente più overthecounter,chesonomercatioligoinefficienti di quelle che vediamo ades- polistici dominati da una mezza dozzina
so nei mercati più avanzati.
di banche d’affari internazionali che ne
Quali insegnamenti dobbiamo trarre dalla re- sonoilpernoperchéhannoilcreditomicente crisi?
gliore solo perché sono garantite in soAlfonso Tuor: Credo che sia emersa la stanzadallelorobanchecentrali.Inque«foffa» di questa nuova finanza. Si è det- stomercatoestremamenteopaconefanto che la nuova finanza rende il sistema nodituttiicolorisiadalpuntodivistadei
più sicuro poiché distribuisce i rischi, ci prodottichesiinventano,siadalpuntodi
siamo resi conto che i rischi sono di fatto vistadelladisinvolturaconcuisimuovoritornati alle banche. La nuova finanza no,sostanzialmentefacendodelfrontrunparla di trasparenza e di chiarezza dei ningsuglialtrioperatori,ossiavendendo
prezzi. La chiarezza non c’è stata, anzi ci o comprando davanti ai loro clienti.
“
“
crisi a singhiozzo»
ANTONIO FOGLIA
«Gli eccessi nel mercato
del credito sono diventati
patologici solo in alcune
sacche limitate»
bancariaumentandolavigilanzaegarantendoli dal fallimento. I mercati dei futures,dicuiparlavamoprima,sonomercati aperti, trasparenti ed autoregolamentati dove ogni operatore è responsabile
della propria solvibilità ed il mercato è
protetto dall’insolvenza di ogni singolo
operatore che quindi può muoversi se
vuole in modo avventato, ma deve poi
sopportarne in proprio le conseguenze.
Da questo punto di vista gli hedge fund
sonolaprovacheladirezioneincuibisogna andare è quella di una minore regolamentazione. Ricordo che hedge fund
vuol dire tutti i fondi che non sono regolamentati,equindisitrattadiuninsieme
estremamentevariegato.Inquestoinsiemeabbiamoavutonellastoriaunnumero di frodi straordinariamente modesto
rispetto a quello che abbiamo avuto, per
esempio, nelle società vigilatissime ammesse alla quotazione in borsa. Il che ci
mostra che il mercato, se sfrutta bene le
proprie caratteristiche di autostabilità,
può dare risultati sorprendenti. Non sono preoccupato, e salvo casi particolari,
nonmiaspettodelleenormicrisinelmercatodeglihedgefund.Nellamaggiorparte di questi fondi il gestore dovrebbe essereuninvestitoreimportante,conlaquasi totalità dei suoi mezzi investiti nel fondostesso.Salvolapossibilità,semprepresente,diunmatto,odialcuniprodotticome i fondi di Bearn Sterns che avevano
l’etichetta hedge fund, ma che in realtà
erano prodotti in leva creati per giocare
unanicchiaspecifica,nonmiaspettodellesorpreseparticolari.Proprioperchégli
hedgefundssonooperatoriestremamente liberi sì, ma anche totalmente responsabili ed esposti in primissima persona a
Antonio Foglia, direttore della Banca del Ceresio.
(fotogonnella) differenza delle principali banche d’investimento e dei loro funzionari.
Questotipodiarchitetturadelsistemafi- mentati non crea alcun problema, anzi il Come possiamo dunque correggere questi pronanziariointernazionalenonèassoluta- mercato funziona perfettamente. In se- blemi?
mente necessaria. Abbiamo sperimen- condo luogo bisogna aggiungere che bi- Antonio Foglia: In teoria con l’impalcatatonegliultimiannidelleformealterna- sogna tirare le orecchie anche a Basilea tura che abbiamo creato con gli accordi
tive di mercato che andrebbero attiva- II,alleautorità,eallebanchecentraliche diBasileaII basterebbepocopermodifimente promosse da parte delle autorità. hanno voluto Basilea II, alle autorità di care in modo radicale la struttura del siPer esempio, per restare nel campo dei sorveglianza bancarie, e pure ai rappre- stema finanziario internazionale. Bastederivati, abbiamo visto che sui derivati sentanti delle banche che vi hanno con- rebbedirecheperleoperazionisvoltesui
trattati sui mercati regolamentati dei fi- corso. Dopo il caso Enron il Congresso mercati trasparenti e regolamentati vi è
nancial futures non abbiamo mai avuto Usaavevadecisochenoncidovevanoes- unassorbimentodicapitaleinferiore,riuna crisi come quella che stiamo viven- sereveicolifuoribilancio.Oraveniamoa spetto a quelle svolte su mercati over the
dosulmercatodelcreditooverthecoun- scoprire, grazie alla recente crisi, che le counter. Automaticamente vedremmo
ter. Naturalmente sono mercati in cui gli banche stesse hanno veicoli fuori bilan- sparire i mercati over the counter e sviintermediari guadagnano di meno, ma cio.Sipuòveramentepensarechesiamo lupparsi enormemente i più trasparenti
mi trovo completamente d’accordo con nelmondodellafolliaodelladelinquen- mercati regolamentati.
Leinelpensarecheforsequestiinterme- za. Le banche hanno veicoli fuori bilan- Che dire quindi delle conduit e siv.Questi strudiarioligopolisticihannogodutofintrop- ciochefinanzianodeicreditialungacon menti andranno quindi vietati?
poalungodiunarenditadiposizionega- dei finanziamenti a breve, quando già al Antonio Foglia: Su questo fenomeno derantita loro dalle autorità che li dovreb- primoannodieconomiaall’Universitàti vo dire che mi trovo tra gli operatori sorbero regolamentare.
insegnano che è la ricetta del disastro. Ci presi. Conoscendo bene gli assetti regoÈ necessaria dunque una maggiore regolamen- dobbiamoveramentechiederequindiin lamentari a cui è sottoposta la nostra
tazione?
che mani siamo. Ci sono poi gli hedge banca e i rapporti con la società di reviAlfonso Tuor: Io penso di sì. Credo che fundchesonodellespeciedinuoveban- sione mi sembrano aberrazioni inveroquestomercatooverthecounterèl’equi- che,nonregolamentate.Sìdicecheattra- simili. Lascia perplessi che alcune banvalente della giungla. Non aiuta il pove- verso le banche d’investiche, come nei due casi tero investitore che viene letteralmente mento possono essere condeschi, siano state addispennatosenzachesenerendabencon- trollati, ma di fatto sono delrittura incoraggiate dal
Antonio Foglia
to.Inoltreèdimostratochelaregolamen- le nuove banche non regolaproprio regulator a spin«Assolutamente
tazione nel mercato dei derivati regola- mentate che fanno un uso
gersi in settori non di lospregiudicato della leva, che non bisogna regola- ro competenza, attraverèilcredito,cheèquestaliquimentare, anzi dob- so queste strutture opaditàartificiale.Usanodifatto
Torna però a essere
biamo smantellare che.
il credito per fare scommesun argomento a favore di
gli attuali regolase che se vanno bene moltimeno regolamentazione
plicano i guadagni, ma se menti che sono alla e vigilanza che sono attivannomalemoltiplicanoinvità fatte da uomini non
base della crisi»
vece le perdite.
meno fallibili dei loro reAntonio Foglia: Assolutagolati e vigilati. Preferisco
mente non bisogna regoladi gran lunga la disciplina
mentare di più. Anzi, dobbiamo sman- imposta da una maggiore trasparenza di
tellarequeiregolamentichesonoallaba- operatori e mercati, che non la situaziose delle crisi di cui parliamo. Vanno fatte ne attuale relativamente opaca di rapdelleregolediverse,moltopiùsemplicie porti magari troppo stretti tra vigilanti e
trasparenti.Abbiamoimparatochel’eco- vigilati, soprattutto quando i vigilati sonomiadimercatofunzionaalsuomeglio no le banche più importanti che non
quando vi è una vivace concorrenza e possono essere lasciate fallire. Spero viquando gli attori sono responsabili delle vamente che la crisi attuale dia l’occadecisioni che prendono. L’impalcatura sione per fare in finanza lo stesso tipo di
di regolamentazioni che abbiamo co- pulizia che era stata fatta nel mondo sostruito in questi anni ha creato soggetti cietario americano a seguito della crisi
bancari, in particolare la mezza dozzina Enron e delle altre crisi societarie emerdisoggettioligopolistici,cheinteoriasa- se attorno al 2002. Purtroppo ho l’imrebberosottopostiastrettavigilanzaere- pressione che in campo finanziario c’è
golamentazione,mentreinrealtàabbia- una prossimità tale tra i principali attomovistochenonnecessariamenteleau- ri e i loro controllori per cui la lungimitoritànesannopiùdinoi.Leautoritàhan- ranza e la forza politica necessaria per
no permesso o non hanno visto la crea- superarla rischiamo di essere insufficienzione di veicoli conduit e siv a lato delle ti. Anche se è incoraggiante che in alcubanche in totale disprezzo rispettto alla ni documenti rilasciati dalle autorità in
trasparenza che sarebbe necessaria. Ciò mesi recenti e prima della crisi era emerha chiaramente minato la fiducia crean- so chiaramente che stavano prendendo
doilproblemadellebanchechenonsifi- coscienza della insostenibilità a lungo
davanopiùdellebanche.Questoèilfrut- termine dell’attuale architettura finanLA VOLATILITÀ dell’indice Smi della Borsa svizzera da agosto è decisamente aumentata sintomo dell’instabilità che vi è sui todiunaregolamentazionesbagliatache ziario e della necessità di una sua promercati finanziari internazionali innescata dalla crisi dei mutui subprime negli Stati Uniti.
ha teso a deresponsabilizzare i soggetti fonda revisione.
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Corriere del Ticino
GIOVEDÌ 4 OTTOBRE 2007
SPECIALE ECONOMIA
Misure per non implodere
13
di Mario Tettamanti
Nuove regole per evitare il caos
Leva finanziaria e trasparenza sono gli aspetti più delicati da monitorare
N
on si rischia di
sbagliare affermando che
quanto successo sui
mercati finanziari internazionali è più di una
semplice e momentanea
«turbolenza» ma assomiglia molto a una «crisi sistemica».A questo
punto è lecito chiedersi
se i luoghi (mercato dei
capitali e mercato monetario), le procedure e
gli strumenti utilizzati
non necessitino di nuove regole.
) C’è chi l’ha definita «forte turbolenza
dei mercati finanziari», c’è chi invece afferma che stiamo affrontando una vera e
propria «crisi sistemica». Un dato è certo, solo i massicci interventi delle banche centrali occidentali misurati in alcune centinaia di miliardi di dollari di
crediti di corto termine, hanno permesso al sistema finanziario internazionale
di non piegarsi su se stesso (implodere)
e al settore bancario privato di superare
la crisi di liquidità dovuta alla sfiducia
tra le banche stesse e alla sfiducia degli
investitori nelle banche.
Ma non è finita: anche se la crisi finanziaria, grazie all’intervento delle banche
centrali, si risolverà nel migliore dei modi, rimane aperto l’interrogativo su quali saranno le ripercussioni sull’economia
reale americana e di seguito, grazie al
probabile contagio di un dollaro sempre
più debole, su quella europea.
A questo punto, vista la gravità e la complessità della situazione, si tratterà di vedere se gli istituti finanziari (le banche
in particolare) che del mercato finanziario fanno il loro «orto dei miracoli», decideranno o meno di autoimporsi severe regole di comportamento. Regole che
non sarebbero rivolte unicamente a salvaguardare «l’incolumità» dei loro clienti (i risparmiatori privati e istituzionali)
ma pure la sopravvivenza dello stesso
settore bancario.
E’ evidente che se l’auto imposizione di
regole, che potrebbe passare da una rivi- in cui negli ultimi anni hanno fatto la lositazione delle regole di Basilea 2, che si ro apparizione strumenti finanziari di
sono rivelate assolutamente inadegua- dubbia reputazione.
te ad evitare l’implosione del mercato fi- La genesi della crisi finanziaria è da attrinanziario, non dovesse realizzarsi, ad in- buire al fatto che una parte delle banche
tervenire dovranno essere
si è liberata dai propri rile autorità monetarie interschi sui prestiti ipotecari
nazionali che a questo Mercato dei capitali trasferendoli a terzi. Lo
punto dovranno prendere
hanno fatto impacchettanin mano la situazione. Ri- Al centro dell’atten- do i propri crediti in proschiare un crisi sistemica zione dei regolatori dotti finanziari collocati sul
del settore finanziario in- dovrebbe esserci il mercato finanziario presternazionale con conseso acquirenti attratti dagli
guenze recessive sull’eco- mercato dei capita- alti rendimenti confusi dalli diventato ormai la complessità degli strunomia occidentale nel solo intento di permettere al- una specie di «orto menti stessi, spesso inconle istituzioni finanziarie di
sapevoli del rischio che asdei miracoli»
lucrare il massimo possibisumevano.
le attraverso dubbie pratiLa necessità di definire reche finanziarie e strumengole è diventata ancora più
ti finanziari fuori di testa, sembra un’ipo- impellente per il fatto che la crisi finantesi inverosimile.
ziaria in atto ha superato la barriera dei
Al centro delle (eventuali) regole da de- crediti ipotecari subprime, che sono stafinire e applicare vi è il mercato dei ca- ti il detonatore della crisi, ma che ci si
pitali, teatro in cui si «recita il processo» accorge ora che rappresentano soltanto
della cartolarizzazione del debito, vale una piccola parte della bolla creditizia
a dire il trasferimento del rischio dalle creata dal sistema finanziario negli ultibanche a terzi (investitori privati e isti- mi anni. Di questa bolla fanno parte antuzionali). Vi è poi il mercato monetario che veicoli fuori bilancio delle banche
è la grande nebulosa delle linee di credito agli hedge fund e dell’esposizione
delle banche nei confronti dei derivati e
degli strumenti nuovi creati negli ultimi
anni dalla finanza globale.
Ma nuove regole stanno strette a molti. In
effetti, in queste settimane c’è stata una
corsa da parte dei banchieri privati ad
attribuire a destra e a manca le colpe della crisi finanziaria. Innanzitutto agli individui che hanno sottoscritto ipoteche
senza averne i mezzi, le banche nazionali che hanno attuato una politica del
credito facile, le società di rating che non
sono state in grado di valutare la pericoIL PALAZZO
losità di determinati strumenti, le stesDELLA BRI
se regole di Basilea 2 che hanno favorito
A BASILEA
la nascita di veicoli fuori bilancio in moI banchieri
do da ridistribuire i rischi sul mercato
centrali, che
dei capitali, ecc. Un gioco alla scaricasi riuniscono
barile che lascia perplessi: la gravità delmensilmente
la crisi finanziaria in atto meriterebbe
presso la Banca
infatti ben più seria riflessione.
dei Regolamenti
Chi non vuole le regole afferma che il
Internazionali
mercato è in grado di autoregolarsi e che
con sede nella
se regole ci vogliono bisogna mantenerCittà sul Reno,
le (al massimo) a livello di norme di bipotrebbero
lancio bancario. Tutto giusto, il probleessere uno dei
ma è che da una parte il mercato ha digremi suggeritori
mostrato di non sapersi imporre regole
di nuove regole
di comportamento e che il problema non
per il mercato
è ciò che appare nei bilanci delle bandei capitali
che, quanto quello che non si vede: e coe il mercato
sì, ancora una volta si torna al mondo
monetario.
sotterraneo delle Conduit, dei Silver, dei
(Conduit, Silver, SIV) creati dalle stesse SIV creati dalla straripante fantasia opebanche per sottrarsi alle regolamenta- rativa e lessicale della nuova alchimia
zioni bancarie e per evadere le tasse ba- finanziaria. Strumenti che le regole di
sati sul principio di finanziare crediti a Basilea 2 da una parte avevano considelunga con una raccolta di capitale a bre- rato valide ma che dall’altra affermava
ve. In questo caso nuove
(già nel 2001) essere motiregole sono doppiamente
vo crescente di preoccupaimportanti perché l’utilizzo
La leva finanziaria zione l’uso che alcune
di questi strumenti fuori bibanche facevano di tali
C’è chi ritiene che strutture per evitare di
lancio si è rivelato estremamente pericoloso: in effet- le autorità moneta- mantenere livelli patrimoti il rischio che si pensava
niali commisurati alle prorie internazionali
di aver ridistribuito sugli
prie esposizioni. È succesdebbano poter in- so così che le raccomandainvestitori è ritornato improvvisamente nei bilanci tervenire sullo stru- zioni del Comitato di Basidelle banche a causa del- mento della leva fi- lea sono state ascoltate sol’impossibilità di piazzare
lo a metà nel senso che le
nanziaria
sul mercato monetario il fitecniche suggerite sono
nanziamento degli investistate adottate ma la raccomenti di lungo termine.
mandazione di moderarL’altra fonte di preoccupazione sono i ne l’uso è rimasta lettera morta. È suc«crediti ponte» forniti dalle banche d’in- cesso così che il rischio che le banche,
vestimento ai fondi private equity per ef- attraverso l’utilizzo di questo veicoli,
fettuare, attraverso l’uso della leva finan- pensavano di aver messo fuori dalla porziaria, le grandi acquisizioni societarie. Si ta è invece rientrato invece dalla finestra
stima che siano più di 300 i miliardi di a causa sia della complessità nella valudollari che le banche hanno dedicato a tazione dei rischi insiti in questi struquesti «crediti ponte» e che non riesco- menti, sia per l’utilizzo a volte sconsideno più a piazzare sul mercato. Infine vi rato dei veicoli stessi.
C’è chi ha già fatto proposte
I ricercatori del FMI pensano a cinque aree d’intervento
) Per evitare situazioni come quella che
stiamo vivendo servono riforme strutturali del mercato, incisive e definitive anche se costose: crescere meno (forse) ma
fare in modo che la crescita sia più sana
e duratura. La finanza fine a se stessa, è
stato sperimentato in molte occasioni,
arricchisce pochi nei momenti buoni e
penalizza tutti in quelli cattivi.
Regolamentarelafinanzaèdunquediventatoundovereperchésiècapitocheindeterminate occasioni la finanza (o meglio
sarebbe dire, l’incuria dei finanzieri) rischia persino di distruggere se stessa ma
quello che importa maggiormente è che
una crisi finanziaria può avere terribili ripercussioni sull’economia reale, quella
che lavora e che produce e che non merita di soccombere a causa dei giochi e deglistrumentifuoriditestamessiinattonon
daiveribanchierimadaspeculatoriintenzionatiaguadagnaretantoesubitosenza
curarsidiquantopotrebbesuccederedopo. In questi anni la competizione della
finanzasulcreditohapenalizzatoirisparmiatori e rischia di penalizzare in seguito,attraversocondizionidicreditopiùdure, il mondo delle imprese. È importante
dunquerafforzarestrutturalmentelacapacitàdiindirizzoedicontrollodelleautorità monetarie.
Alcuni pensatori indipendenti hanno
ipotizzato l’introduzione di regole più
rigide, per esempio: 1) Sulla leva finanziaria: che non dovrebbe essere superiore a un certo livello percentuale. La
valutazione del livello di leva verrebbe
attribuita alle autorità monetarie che,
modificandola periodicamente, potrebbero governare in anticipo eccessi incompatibili con una crescita ordinata;
2) Sulla liquidabilità degli strumenti finanziari e, quindi, sulla loro quotazione
nei mercati regolamentati. La quotazione degli strumenti permetterebbe inoltre un puntuale riscontro del loro valore
oltre, ovviamente, alla loro agevole liquidazione; 3) Sulla trasparenza: obiettivi
d’investimento chiari e delineati, con
profili di rischio comprensibili, 4) Con
la presenta di un valutatore, un certificatore, che rispondano fino a quando il
prodotto è sul mercato in termini reputazionali, civili e penali.
Regole anche dall’FMI
Dalle turbolenze dei mercati e dagli scossoni dello scorso agosto, «ci sono lezioni sia per il settore privato sia per i regolatori e supervisori dell’arena finanziaria». Le affermazioni sono del Global Financial Stability Report, il rapporto sulla salute finanziaria mondiale fatto dal
Fondo Monetario Internazionale. Il re-
port, in particolare, elenca cinque aree
d’intervento. 1) La prima fa capo alla necessità di maggiori informazioni, la cui
tempestività nella circolazione sui mercati è l’unica via per differenziare e prezzare propriamente in rischio; 2) La seconda è costituita dalla comprensione
dell’innovazione finanziaria nelle attuali turbolenze; 3) Al terzo punto, figura la
posizione delle agenzie di rating (restano ampi problemi di metodologie e processi di valutazione dei prodotti di credito strutturato) e sui loro criteri di assegnazione dei giudizi; 4) Quarta area è
quella degli strumenti complessi che,
non avendo mercato secondario, sono
di difficile determinazione in termini di
prezzi; 5) In ultima istanza si pone la questione governance, per le banche e loro
controllori, in quanto c’è il consolidamento del perimetro del rischio più largo di quello che dovrebbe estendendosi anche a entità legalmente separate.
Le riflessioni della Banca
Nazionale Svizzera
Secondo la BNS, la Svizzera non è al riparo dalle ripercussioni negative generate
dall’attuale crisi dei crediti. «I rischi crescono all’aumentare della durata delle
turbolenze». Davanti a questa situazione,
l’istituto d’emissione ha definito «tre
priorità». La prima consiste in una «stretta collaborazione» tra la BNS e la Commissione federale delle banche (CFB)
nel controllo dei dati provenienti dal sistema bancario. Secondariamente, la
banca centrale vuole esaminare nel corso delle prossime settimane e mesi le
conseguenze della crisi del credito sull’economia reale. Infine, la politica monetaria continuerà ad essere condotta in
modo da assicurare la stabilità dei prezzi in modo duraturo.
Il vero nocciolo del problema – affermano i dirigenti della Banca Nazionale Svizzera – è il cambiamento strutturale dei mercati finanziari che ha creato della liquidità artificiale attraverso
un alto livello di indebitamento e attra-
verso la convinzione dei mercati che i
rischi erano minimi. Per questi motivi
sono stati concessi crediti con grande
facilità a condizioni estremamente attraenti, in cui il premio di rischio veniva praticamente azzerato. Dunque vi è
stata un’euforia sui mercati finanziari.
Che sia stata una bolla oppure no è una
questione che in fin dei conti non è rilevante. Quello che è importante è che
vi era una situazione di euforia con un
appetito per il rischio molto forte. Abbiamo sempre sostenuto che il settore
bancario, che è il ponte tra il settore deregolamentato e i risparmiatori, deve
avere una capacità di gestire i rischi che
sia all’altezza delle sfide dell’attuale
mondo finanziario.
14
Corriere del Ticino
GIOVEDÌ 4 OTTOBRE 2007
SPECIALE ECONOMIA
Responsabilità della crisi
di Roberto Giannetti
Il nocciolo del problema è Basilea 2
Intervista con Giovanni Barone-Adesi, direttore dell’Istituto di finanza all’USI
L
e turbolenze avvenute ultimamente sui mercati finanziari, che
hanno anche provocato i massicci interventi
da parte delle banche
centrali, sono dovute al
cattivo impianto normativo creato da Basilea 2, ossia da un accordo politico raggiunto fra banchieri centrali che in realtà non
si erano mai occupati
prima di questioni legate al rischio.
) La crisi attuale che si manifesta nel mercato interbancario e nel mercato monetario da
cosa è stata causata?
«È causata dagli effetti perversi della riallocazione dei crediti. Infatti sono stati
messi a punto dei sistemi molto efficaci
per distribuire il rischio di credito. Ma
l’economia per funzionare bene richiede che la gente capisca cosa fa. Invece in
questo caso moltissimi manager e piccoli investitori si sono ritrovati sulle spalle rischi che non avevano compreso bene, e quando se ne sono accorti è scoppiato il panico».
Le banche invece capivano cosa stavano facendo. Non risiede qui il problema?
«Questa affermazione è troppo ottimistica. Credo che la maggior parte delle
banche non capisse cosa stesse facen- pur restando da noi non dovrebbe provocare
do. Il motivo è un po’ generazionale e un crisi di questo tipo.
po’ che la regolamentazione internazio- «Resta da noi ma cerca anche dei rendinale, ossia Basilea 2, dopo duecento pa- menti più alti, e spesso lo fa basandosi
gine di sciocchezze sulla statistica dedi- su immagini falsate del rischio. In altre
ca un paragrafo alla formazione del per- parole, se il mondo funzionasse bene il
sonale».
capitale dovrebbe andare a finanziare
Non le sembra un’affermazione grave dire che nuove fabbriche in Asia. Dato che l’inuna Goldman Sachs o una Lehman Brothers certezza normativa in quei paesi scoragnon capisse cosa stava facendo?
gia l’investimento diretto, molti rispar«La Goldman Sachs credo lo capisse, e i miatori e manager convogliano i loro
suoi brillanti risultati lo tefondi verso i titoli a rendistimoniano. Non credo si
mento più alto senza conpossa dire lo stesso della
siderare il rischio, sopratNorthern Rock, di IKB e
tutto quello del mercato
delle altre vittime degli
immobiliare».
eventi recenti».
Lei dice che gli investitori non
Il Presidente della BNS, Jeanconsideravano il rischio.Ma esPierre Roth, sostiene che il
si acquistavano strumenti spesnocciolo del problema è la
so «tripleA»,quindi formalmencreazione di liquidità artificiate di ottima qualità,che poi inle avvenuta negli ultimi anni e
vece si sono rivelati rischiosisrealizzata grazie agli strumensimi. Non crede che ci sia stati della nuova ingegneria finanto anche un problema abbaBarone-Adesi
ziaria. Non crede che la politistanza grave con le valutazioni
ca espansiva delle banche cenMolte banche che delle agenzie di rating?
trali all’inizio di questo decen- trattavano i prodot- «Sì, ma questo è un problenio, volta a superare i temuti
me che avevamo sottolieffetti negatiti derivanti dal ti legati al mercato neato criticando veemencrollo delle borse, cui si devo- dei mutui subprime temente l’impostazione di
no aggiungere l’afflusso di cain realtà non capi- Basilea 2 quando era stato
pitali dai paesi asiatici e dai
proposto. Le valutazioni
vano bene cosa
paesi produttori di petrolio verdelle agenzie di rating ai
stavano facendo
so il mercato statunitense, siavecchi tempi erano delle
no stati ulteriormente amplimisure relative. Se una
ficati dalla nuova ingegneria
agenzia diceva che un’obfinanziaria, creando quello che Ben Bernan- bligazione era doppia A anzichè A, voke, ha chiamato un «savings glut» (quindi un leva dire che sembrava migliore. Non
eccesso di risparmio)?
«impegnava» assolutamente l’agenzia
«Non credo che ci sia un eccesso di ri- nel predire le perdite attese o la probabisparmio. Il problema è che abbiamo del- lità di default o cose del genere. Tutti quele difficoltà a convogliare il risparmio sti concetti sono stati legati al rating da
verso le aree di forte crescita, soprattut- Basilea 2, che è stato un accordo raggiunto asiatiche, perchè le istituzioni in quei to attraverso la mediazione politica fra
paesi ancora non sono molto mature».
banchieri centrali che non si erano mai
E questo cosa comporta? Questo risparmio occupati di queste questioni».
LA CRISI della
Northern Rock
in Inghilterra
ha portato i
risparmiatori
ad «assalire»
gli sportelli della
banca per ritirare
i propri risparmi.
Sotto invece
un cliente vuole
fare un
versamento.
(Foto Key)
Quindi la colpa della crisi è di Basilea 2.
«Indubbiamente. Perchè a quel punto,
sulla forza di questi rating, le banche e
gli investitori si sono ritenuti autorizzati ad acquistare obbligazioni di dubbia
qualità. E tutto era perfettamente in regola con la normativa internazionale raggiunta attraverso gli studi delle commissioni che hanno redatto quell’ignobile
documento, ossia Basilea 2. Quel tipo di
strumenti non doveva assolutamente finire nel sistema di rifinanziamento delle banche o nel mercato monetario. Il
mercato monetario per sua natura non è
in grado di sopportare dei rischi di credito notevoli».
Ma non è stato Basilea 2 a farli finire nel mercato monetario, però...
«Sì, lo è stato indirettamente perchè sostanzialmente Basilea 2 afferma che tutto quello che ha un rating tripla A non
ha praticamente nessuna probabilità di
default. E quindi questo ha permesso a
manager che non capivano la vera natura di questi titoli di mettere ad esempio
delle obbligazioni a lungo termine con
pochissime probabilità di essere ripagate in fondi di liquidità».
L’industria finanziaria era convinta che attraverso il processo di cartolarizzazione sarebbe riuscita a distribuire il rischio su più soggetti. Questa crisi non ha dimostrato la fallacia di questa tesi, poiché il rischio è ritornato nel sistema bancario?
«Questo è successo appunto a causa di
banche che si sono fatte ingannare da
questo impianto regolamentare viziato.
Moltissime altre banche invece ne sono
rimaste fuori».
Ma lei crede veramente che le banche non
capissero quello che stavano facendo?
«Guardi, sono certo che moltissime banche non sono in grado di capirlo. Naturalmente ci sono anche delle banche che
conoscono bene questi strumenti».
Ma scusi, allora tutti questi discorsi sul risk
management che si fanno oggi, che senso
hanno se non le banche capivano la pericolosità di questi strumenti?
«Ma infatti questo è uno dei grandi limiti di Basilea 2. In pratica è come metter su
una sala chirurgica e poi non garantirsi
che chi va a operare abbia studiato medicina. Possiamo per esempio citare il
background del CEO della Northern
Rock, che aveva fatto un Bachelor triennale in cui aveva appreso solo nozioni
elementari di economia».
Quello che lei sta dicendo è comunque molto
grave. Lei sta accusando di incompetenza delle istituzioni finanziarie importanti. La Northern Rock è l’ottava banca britannica.
«Non sto dando dell’incompetente. Semplicemente se qualcuno all’ospedale di
Lugano operasse dopo aver preso un corso di biologia al liceo, forse non saremmo
d’accordo. Nel mondo della finanza invece questo sarebbe permesso».
Molti sostengono che non è necessaria una
regolamentazione specifica per i nuovi strumenti finanziari, che vanno dagli hedge funds
alle «conduit» delle banche e via dicendo.
Qual è la sua opinione in merito?
«Il problema non è regolare gli strumenti. Il problema è regolare le istituzioni.
Perchè sarà sempre possibile trovare degli strumenti per combinare guai. L’importante è che ci sia una strategia coerente, basata sulla conoscenza dei mercati, e un’attenta verifica delle condizioni nelle quali gli intermediari operano».
E chi dovrebbe controllare queste condizioni?
«Probabilmente sarebbe bene che smantellassimo questa pseudo rete di sicurezza che serve solo a fare guai e dicessimo
ai risparmiatori di informarsi sulla qualità del management e della governance degli intermediari che usano, invece
di dire che gli intermediari sono in regola con questa normativa di Basilea 2 e
che quindi i risparmiatori possono stare
tranquilli. Se mi consente, Basilea 2 era
nata, con tutti i suoi limiti politici, come
compromesso su uno standart minimo
internazionale. È invece diventato il modello da seguire per tutte le banche. E
questa è una confusione estremamente
pericolosa. Anzi sono lieto che questa
crisi tutto sommato modesta abbia portato alla luce questa inconsistenza senza creare danni irreparabili».
Scusi, ma come fa un piccolo risparmiatore
a informarsi sulla solidità o sulla competenza dei manager di una banca?
«Esistono dei media che possono effettuare queste valutazioni. E nel dubbio
vale la massima che il piccolo risparmiatore debba utilizzare titoli di Stato o assicurarsi di avere un deposito protetto
da un’assicurazione pubblica».
«Consideriamola una crisi di crescita»
Occasione per cambiare l’accordo di Basilea 2, inadatto per i mercati finanziari
) I titoli legati al settore subprime non sono
stati comprati da piccoli risparmiatori, ma da
istituzionali come hedge funds, ossia da persone che dovrebbero essere molto informati
sui rischi.
«Ma gli hedge funds sono disegnati per
prendere quel tipo di rischi. Se un hedge fund decide di scommettere sui subprime e perde 100 milioni di dollari, i
suoi clienti per definizione sono degli
investitori sofisticati, e hanno preso un rischio e hanno perso. È la logica del mercato. Non credo che ci sia nulla di disdicevole. Quello che è stato drammatico è
che alcuni titoli di questi tipo sono finiti per esempio nei fondi di liquidità della Banca Nazionale di Parigi, o nei conti
di pensionati e famiglie che cercavano
di spuntare una frazione dell’uno per
cento su quanto offrivano i titoli di Stato,
e che erano stati assicurati che quei fondi erano stati assolutamene sicuri. Il problema non sta nel prendere i rischi, perchè i mercati finanziari servono alla gente per prendere i rischi che desiderano.
Il problema è quando le fanno prendere
dei rischi dei quali non è informata. Perchè quando se ne accorge naturalmente perde la fiducia nel sistema».
Lei è un grande studioso del rischio. La crisi
attuale non ha dimostrato che il calcolo del rischio delle grandi banche si è dimostrato as-
solutamente insufficiente e che non ha preso
in considerazione un’evoluzione dei mercati
finanziari simile a quella che si è prodotta in
queste settimane?
«Direi di no. Direi che il problema è di
nuova sull’ampiezza di interpretazioni
permesso da Basilea 2. Ad esempio se
lei guarda il Value at Risk della Goldman
Sachs giorno per giorno nel terzo trimestre, vedrà che hanno fatto un ottimo lavoro nel valutare la loro esposizione e i loro risultati sono in linea con
il loro modello».
Ma quanto gioca Basilea 2 in questa crisi?
«Moltissimo. Una crisi di questo tipo non
sarebbe potuta avvenire prima dello sviluppo dei mercati dei derivati del credito, che a loro volta non si sarebbero potuti sviluppare prima dell’arrivo di Basilea 2. Tuttavia penso anche questi mercati abbiamo molti aspetti positivi, dato
che offrono la possibilità di diversificare
i rischi. Se vuole può anche pensare che
questa sia una crisi di crescita. Ma occorrerà cambiare Basilea 2, se vogliamo
imparare dagli errori commessi».
E come modificherebbe lei Basilea 2?
«Ovviamente è un discorso un po’ complicato. Però probabilmente introdurrei
una norma che prescriva che certi tipi di
prodotti sono riservati strettamente agli
intermediari per i portafogli proprieta-
ri, e in più li permetterei anche agli hedge funds, ma in quel caso introducendo
una separazione molto netta fra gli investimenti permessi agli hedge funds e
gli investimenti dei piccoli risparmiatori, perchè se consentiamo ai piccoli risparmiatori di prendere dei rischi che
non capisono, quando ci sono dei problemi è inevitabile che si generino ondate di panico».
Come si fa a calcolare il rischio quando alcuni prodotti della nuova ingegneria finanziaria
non hanno prezzi di mercato, ma solo prezzi
prodotti da modelli di simulazione matematica?
«In quel caso bisogna avere il coraggio
di dire che non esiste un mercato e che il
prodotto è illiquido. In realtà dato che le
retribuzioni dei manager spesso sono legate ai risultati conseguiti, molti di essi
mostrano un eccesso di ottimismo nel
valutare i propri portafogli».
Quindi non è un problema legato al calcolo
del rischio in sè...
«Ci sono vari problemi. Uno di questi è
dare gli incentivi giusti, perchè qualsiasi regolamentazione venga prescritta, se
la gente ha un incentivo a cambiare le
carte in tavola troverà il modo di farlo.
Esiste un modo abbastanza ragionevole
per scrivere dei contratti per i manager
che garantiscano la loro fedeltà all’azien-
da e agli azionisti. E la maggior parte delle banche di successo conosce bene questi metodi e li applica. Ma non è assolutamente un uso universale».
Le banche centrali continuano ad intervenire
iniettando decine e decine di miliardi nel mercato monetario e nel caso della Federal Reserve anche abbassando i tassi. Questa politica
è a suo giudizio corretta?
«Penso che come lei dice i nodi verrano
la pettine. Il fatto che ci sia liquidità sul
mercato non rende esigibili i mutui inesigibili. Quello che aiuta è organizzare
l’attività delle banche e degli altri intermediari in modo che non debbano liquidare attività sane sotto la pressione
di queste perdite. L’intervento delle banche centrali è giustificato da questo. Sul
fatto che sia stato giustificato in queste
condizioni, direi che il governatore della Banca d’Inghilterra ha cercato di non
intervenire ed è stato sconfessato violentemente dai fatti. Non intervenire
adesso sarebbe come non gettare acqua
su un incendio perchè si teme di danneggiare i mobili. Se c’è un incendio in
corso bisogna prima di tutto spegnerlo».
Non crede che con questa politica si farà
quanto si è fatto all’inizio di questo decennio, ossia si supererà questa crisi dovuta allo scoppio di questa bolla del credito, creando un’altra bolla?
«Ma è possibile che già esistano altre bolle. È sempre più facile parlare di bolle
dopo che sono scoppiate. Il problema
fondametale delle banche centrali e dei
governi è di assicurare la stabilità dei
prezzi e la crescita economica. E sono
anche disposti a tollerare delle bolle
quando sentono che è minacciata la salute economica del paese»
Secondo lei quali misure bisognerebbe prendere per risolvere questa crisi?
«Per quanto riguarda questa crisi credo
che sostanzialmente le banche centrali
stiano facendo tutto in modo ragionevole e che probabilmente saranno necessari altri tagli ai tassi di interesse. tuttavia dovranno dosare gli interventi. Sarebbe un peccato se esagerassero oltre
il dovuto».
Corriere del Ticino
GIOVEDÌ 4 OTTOBRE 2007
SPECIALE ECONOMIA
Hedge Funds
15
di Alfonso Tuor
«Non sono i responsabili della crisi»
Secondo Alberto Di Stefano, CEO di Thalìa Hedge Funds Manager di Generali
L
a crisi attuale è
stata causata
dal nuovo «business model» delle
maggiori banche, che
originano crediti per
poi distribuirne all’esterno il rischio. Non
sono stati quindi gli
Hedge Funds a causare la crisi. E’ stato il sistema bancario a diffondere il contagio.
Quest’ultimo ha manifestato sintomi di fragilità che meritano grande attenzione da parte
delle autorità.
fici per l’intero sistema finanziario.Questa crisi non dimostra esattamente il contrario, poichè gli hedge Fund sono fortemente indebitati
L’INTERVISTA
per sostenere le loro scommesse e sono quindi
costretti in circostanze come quelle attuali a
vendere i loro assets a qualsiasi prezzo?
) Gli Hedge Fund figurano tra i protagonisti di «Inaprileèstatopresentatoillavorocomquesta crisi per l’uso disinvolto dello strumen- missionato dal G7 (il Gruppo dei 7 paesi
to della leva.Si può dire che gli Hedge Fund so- piùindustrializzatidelmondo)alFinanno stati uno dei più importanti veicoli attraver- cial Stability Forum proprio sugli Hedge
so cui si è creata quella liquidità artificiale che Fund, sull’uso che fanno di prodotti deha permesso e ha favorito la creazione di que- rivatiesuilororapporticonilsistemabancario. Ebbene, il Forum dà un apprezzasta enorme bolla del credito?
«Sebbene una caratteristica di alcuni mentopositivo sulruolodiquestioperaHedge Fund sia l’uso della leva finanzia- torinelfunzionamentodeimercatiinterrianoncredocheessisianoiveicoliattra- nazionalienell’averefavoritolosviluppo
verso cui si è generata la liquidità artifi- di prodotti atti a meglio gestire e diversiciale, né tanto meno hanno favorito la ficareirischi.Enoncredochequantosuccreazione della bolla del credito cui lei fa cessoapartiredalugliosiasufficienteper
riferimento. Gli Hedge Fund rappresen- rivedere queste conclusioni. Gli avvenitano una realtà consolidata formata da menti più recenti mettono in evidenza
come un utilizzo di questi
oltre9’000fondichehanno
prodotti,adesempioideriingestionecirca2trilionidi
dollari americani. Va detto Alberto Di Stefano vati legati al mercato del
credito,noncoerenteconil
che questa cifra, seppure
imponente,vaconfrontata Non credo che l’at- motivo per cui sono stati
conicirca150trilionididol- tuale crisi produrrà ideati, può creare situazioni di turbolenza. È chiaro
lariamericanichesecondo
un ridimensionachestrumentiideatipercola società di consulenza
mento
dell’induMcKinsey&Cocostituiscoprire i rischi di credito non
stria degli Hedge
no il totale della ricchezza
devonoessereutilizzatiper
finanziaria nel mondo.
Funds, ma un suo aumentarne i volumi, maSecondounastimadiFitch
gari concedendo prestiti a
consolidamento
del settembre 2006, le 10
debitori di qualità inferioprincipalibanchemondiare (gli oramai famosi Ninja
li rappresentavano l’85%
loan, prestiti concessi con
dell’ammontare totale di prodotti deri- “no verification of income, job status or
vati sui crediti in essere, mentre gli Hed- assets”)nellasperanzadicederepoi il rige Fund costituivano circa il 20% del vo- schio ad altri. Se ciò avviene aveva ragiolumedellecontrattazioni.Questoperdi- ne Charles Dickens a definire il credito,
reche,puressendogliHedgeFundunim- ben prima della comparsa degli Hedge
portante attore sul mercato dei derivati Fund,comeunsistema“concuiunapersuicrediti,nonpossiamoaddossarealo- sona che non può pagare trova un’altra
roresponsabilitàcheinvecerisiedonoal- persona che non può pagare che garantrove. È anche necessario ribadire che il tisce che può pagare”.
livello di leva degli Hedge Fund dipende Ilmeccanismoditrasmissionecuifarifein ultima istanza dal credito loro offerto rimentoleièlegatoaquantodicevosopra
dalsistemabancario,principalmenteat- suirapportifraHedgeFundesistemabantraverso le grandi banche di investimen- carioepassaattraversoilrischiodicredito. Non si tratta quindi di una misura de- to e di controparte. Le banche aprono licisa unilateralmente e disinvoltamente needicreditoagliHedgeFund,iqualiutidai gestori Hedge».
lizzano quelle linee per aumentare, a seSi è detto che gli Hedge Fund aiutano a fluidifi- condadelrischiochevoglionoassumere
care i mercati e che quindi hanno effetti bene- versodeterminatimercati,lapropriaespo-
’’
sizione al di là del proprio capitale. A dipendenza degli strumenti finanziari utilizzatipercrearequelleesposizionilebancherichiedonoaifondiHedgedeimarginiodellegaranzie.Incondizioniditurbolenzalebanchetendonoarichiederemaggiori margini o garanzie e questo può generare situazioni di difficoltà presso vari
operatori, tra cui anche gli Hedge Fund,
che sono quindi costretti a vendere. Ovviamente a quel punto c’è il rischio che
tutti vogliono vendere gli stessi titoli, in
genere quelli più liquidi, allo stesso momento.Inagostoilrischiodiunaumento
delleinsolvenzehaprovocatounadrasticariduzionediliquidità:nondiquellamonetaria, abbondante oggi come un anno
fa, ma di quella di mercato, intesa come
possibilità di vendere e acquistare strumenti finanziari senza provocare forti
escursioni dei prezzi.
Sebbene questo meccanismo possa talvolta generare situazioni di estrema volatilità,idannipergliinvestitorifinalisono stati per il momenti piuttostolimitati.
Per tranquillizzare i lettori desidero aggiungere che non si tratta di fenomeni
ignotiachioperainquestomestiere.Una
delle aree di maggiore analisi che societàcomeThalìaeffettuanoèproprioquella dei rapporti fra Hedge Fund e sistema
bancario per capire quale è il rischio di
incorrerenelfenomenochehocercatodi
descrivere sinteticamente».
Si è detto che la nuova ingegneria finanziaria,e
soprattutto la cartolarizzazione dei crediti favoriva la diversificazione dei rischi.Di fatto,come
dimostra questa crisi,gli Hedge Fund non sono
stati uno dei principali canali attraverso cui i rischi sono tornati sulle spalle delle banche?
«Recentemente Luigi Spaventa, già Presidente della Commissione Nazionale
per le Società e la Borsa (CONSOB) e docentepressol’UniversitàdiRoma,hadato un’interpretazione secondo me convincentediquantoèsuccesso.Lacrisiattuale è da ricercare nel nuovo business
model delle maggiori banche: originare
prestitiedistribuirneall’esternoilrischio.
“Questomodello,allabasedelgrandecastello dei derivati di credito, consente allebanchedispogliarsidipartedelrischio
eaoperatoriterzi,chenonsonointermediari finanziari, di partecipare al mercato del credito. La diffusione del rischio di
credito fra soggetti non bancari dovrebbefavorireunamaggioreimmunizzazione del sistema dagli shock”.
Purtroppo così non è stato. I regolatori si
sonooccupatiattentamentedelrischiodi
controparteneirapportifinanziari(diprestitoedibrokeraggio)frabancheehedge
funds. Non altri, che oggi divengono palesi. Penso in particolare alle entità connesse alle banche, ma collocate fuori bilancio (conduits e Siv - structured investment vehicles), che investivano nelle
obbligazionistrutturatedicredito,finanziandosi a breve grazie a linee di credito
concesse da parte delle banche. Quando
il prezzo delle obbligazioni è crollato, si è
chiusoancheilmercatobreveelebanche
sonostatecostretteaintervenire,evidenziando in bilancio i crediti erogati.
Non sono quindi d’accordo con quanto
leidiceemipermettadiriprenderealcuneconclusionidiLuigiSpaventa“Ilsistema bancario dunque, diversamente da
quanto ci si attendeva, è stato un portatoredelcontagio:unportatoreancoraabbastanza sano, dopo anni di alti profitti e
di consolidamento della situazione patrimoniale;maconsintomidifragilitàche
meritano attenzione”».
Non mi risulta che le banche di investimentositrovinoinquestasituazioneead
oggi non esiste evidenza empirica della
sua affermazione. Una cosa è la capacità
di stabilire il prezzo, altra cosa è trovare
un acquirente disposto a pagarlo. Penso
cheoggiilproblemaserioperalcunioperatori sia il secondo!».
La realtà non è diversa? Non le sembra che le
grandi banche di investimento stiano concedendo prestiti agli Hedge Fund,in pratica estendendo le linee di credito già aperte,nella speranza che un miglioramento die mercati finanziari permetta un risanamento della loro redditività?
«Noncredochelebanchediinvestimento stiano operando in questo modo senza valutarne i relativi rischi. Come dicevosopraiprimiinteressatianonriportare perdite sui crediti concessi sono loro.
Peraltrononcirisultanessuntipodicomportamentodiquestogenereconigestori di altissmo livello con cui intratteniamo relazioni d’affari».
Questa crisi non provocherà ridimensionamento dell’industria degli Hedge Fund?
«Come ho già detto non credo che gli
Hedge Fund siano l’attore principale della crisi in corso, e quindi non ritengo che
assisteremo ad un ridimensionamento
di questa industria legata a quanto sta
succedendo. Ogni industria importante
è in continua evolouzione, e sicuramente anche in quella dei fondi Hedge vedremo fenomeni di ridimensionamento e di ampliamento né più e né meno
delle altre. È vero che la dimensione media di un Hedge Fund è intorno ai 50 milioni di USD e che forse si tratta di una
taglia troppo piccola per sopravvivere.
Ma questo è un altro problema, non legato alla crisi in corso».
Un’ultima domanda.Gli Hedge Fund non sono
in realtà strumenti creati per ottenere grasse
commissioni per le banche che le vendono e
per i loro gestori piuttosto che per ottenere risultati migliori per i portafogli die clienti?
«Sel’industriadegliHedgeFundèpassata da 40 miliardi di USD agli attuali 2.000
nonèperilmotivocheevocalei.Neglianniseguentiallabolladelledot.comgliinvestitori,siaprivaticheistituzionali,sisono resi conto che era necessario immettere nei loro portafogli posizioni non direttamente correlate all’andamento dei
mercatifinanziari.IgestoridifondiHedgesonostatiingradodidareunarisposta.
Equestiveicolidiinvestimentosonocresciutiinmanieracosìimportante.Sicuramente le banche hanno molti altri strumentisucuilaredditivitàèmaggiore:pensiamo ai prodotti strutturati che, a differenzadegliHedgeFund,sonoampiamentepubblicizzatisuigiornalicomesesitrattasse di strumenti di consumo qualsiasi!
Mi permetta di concludere con una interessanteaffermazionecheriprendosempre dal recente studio della CFB e che dà
forse un’idea più equilibrata di quanto
l’industriadegliHedgeFundsiadiventata importante, anche per la piazza finanziariaelvetica:“Lapiazzafinanziariasvizzeraèinteressataall’insediamentodiquesto tipo di attività con elevato potenziale
di valore aggiunto. L’adeguamento delle
condizioni-quadro fiscali, attualmente
poco attrattive, a quelle in vigore nelle
piazze finanziarie predominanti in questosettore,favorirebbel’insediamentodi
manager di Hedge Fund nel nostro Paese.SecondolaCFBunamodificaintalsensosarebbeauspicabile.Ladecisionecompete tuttavia alle autorità politiche, che
devono valutare anche altri interessi”».
Vi sono «relazioni pericolose»
Tra gli Hedge Funds e le grandi banche di investimento
) Gli Hedge Fund non sono sottoposti ad alcuna regolamentazione e non pagano nemmeno le tasse.Questa crisi non dimostra che questi strumenti finanziari debbano essere regolamentati?
«I fondi Hedge pagano le imposte come
qualsiasi altro intermediario finanziario
asecondadellapropriadomiciliazionee
nonsonoinquestodiversidaqualsiasialtrasocietàdigestione.Perquantolaregolamentazione, è un tormentone che vieneallaribaltaognivoltachesiverificauna
crisi. Purtroppo non credo che la regolamentazione sia una garanzia sufficiente
perevitarequestifenomeni.LaEnronera
unasocietàquotatainborsa,epureregolamentate sono le banche tedesche e la
NorthernRockBankchehannopersoparecchi miliardi nelle ultime settimane.
Questononhaevitatolapresadirischieccessivi.Comedicevabenerecentemente
Jean-Pierre Roth, presidente della BNS,
in un’intervista su questo giornale non è
questo il problema. Dello stesso avviso è
la CFB: “La regolamentazione indiretta
degli Hedge Fund attraverso la sua interfacciaconlebancheconsentediimpedirecheunacrisiprovocatadaHedgeFund
si estenda all’intero sistema finanziario.
Attualmente non vi è motivo di pensare
che gli Hedge Fund siano più suscettibili
ad abusi di mercato rispetto ad altri operatori di mercato e che quindi necessitino di una regolamentazione particolare.
AncheinSvizzerapergliHedgeFundvalgono le stesse regole di comportamento
sul mercato come per gli altri operatori”.
Laquestioneimportanteèquindipiuttosto legata alla capacità degli istituti bancari di valutare i rischi assunti».
E però le grandi banche di investimento non sono in realtà i più grandi Hedge Fund?
«Sicuramentre le grandi banche di investimentohannodeicomportamentimolto simili a quelli degli Hedge Fund nella
gestione dei propri fondi. RecentementePhilippHildebrand,vicepresidentedella Banca Nazionale Svizzera, ha posto la
questionedellegrandibanchediinvestimento che sono sicuramente gli operatoripiùattivisuimercatifinanziariinternazionali. Basti pensare che la somma
delle posizioni di trading delle maggiori
cinque banche di investimento superano la dimensione totale degli Hedge
Fund».
Non esiste in questo ambito un grave problema che rende fragile l’intero sistema finanziario? Infatti le grandi banche di investimento sono contemporaneamente market makers,giocatori sul mercati con i mezzi propri,produttori di strumenti finanziari e i principali erogatori di linee di credito agli hegde Fund.Non bisogna quindi rompere questi connubi che si stanno rivelando estremamente pericolosi?
«Ilegamifra gli operatorifinanziarisono
semprepiùcomplessi.Sicuramenteèimportanteinterromperele“relazionipericolose” cui lei accenna laddove si creano. Nessuno ha però finora trovato una
ricettamiracolosaperrisolvereinmanierachiaraquesteambiguità.Infinanzacome in molte altre attività umane!».
Gli Hedge Fund,secondo alcuni indici,sembrano non avere perso molto nel corso del mese di
agosto,ma questi dati non sono poco attendibili, poichè è da vedere come sono state contabilizzate molte posizioni?
«È utile ricordare innanzitutto che gli
Hedge Fund operano in un contesto in
cuivisonovariattorichecontribuiscono
a definire il valore delle quote. Una verificafondamentalecheuninvestitoredevesemprefareèchequestiattorisianofra
loro indipendenti in modo da ovviare a
spiacevoli situazioni. Sebbene vi possa
esserequalcheproblemadivalutazione,
in genere prontamente segnalato, i numeri sono certamente attendibili ed evidenziano la realtà di un sistema solido a
prescinderedalsensazionalismoconcui
purtroppo quest’industria viene spesso
trattata dalla gran parte dei mezzi di comunicazione.LamaggioranzadegliHedgeFundoperanosuimercatiregolamentatiedacquistanotitoliquotati.Ilproblemadieventualidatipocoattendibilinon
toccherebbe solo loro ma tutti gli operatori coinvolti. È vero che una parte degli
strumenti finanziari in circolazione non
sono quotati in borsa, perché si tratta di
contratti cosiddetti over-the-counter, in
cui il prezzo è determinato secondo metodi diversi. Il mercato più importante di
questo tipo è il mercato dei cambi: con
scambigiornalieridell’ordinedei2trilioni di dollari».
Come fa a dire questo quando tutt’ora è sconosciuto il valore di mercato di molti strumenti?
«Come detto in precedenza non credo
che ci siano strumenti per i quali non è
disponibile un valore di mercato. A dimostrazione di quanto dico ci sono le
numerose transazioni che anche in situazioni di mercato molto tese gli operatori più abili sono in grado di realizzare. Il mese di agosto per alcuni Hedge
Fund è proprio stato caratterizzato dall’acquisto di posizioni sugli strumenti
più complessi sia da altri gestori che da
banche di investimento».
Quanto lei dice non appare credibile,poichè le
stesse grandi banche di investimento sostengono che per alcuni strumenti non riescono a
stabilire dei prezzi.
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