Sintesi Interventi - AXA Assicurazioni
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Sintesi Interventi - AXA Assicurazioni
SINTESI INTERVENTI AXA Ricerca sulla pensione 2007 “La pensione nella vita e nell’immaginario degli italiani” Terza Edizione GIULIANO CAZZOLA Docente di diritto della previdenza sociale nell’Università di Bologna Senior Advisor del Centro Studi Marco Biagi Modena Editorialista e saggista La questione del cosiddetto “scalone” e dell’allungamento dell’età pensionabile è oggi al centro del dibattito politico. Nel programma dell’Unione, in particolare, si criticano le modalità con le quali si vuole realizzare l’obiettivo dell’innalzamento, non l’innalzamento in sé. Non sembrerebbe, dunque, contraria alle indicazioni programmatiche una soluzione dettata da un’elementare ragionevolezza: “spalmare” lo strappo in un arco temporale più lungo, partendo da 58 anni nel 2008 e salendo gradualmente fino a raggiungere 62 anni per i dipendenti e 63 per gli autonomi, come previsto, quale esito finale, dalla riforma del 2004. E’ importante, però, che non si torni indietro e che il nuovo limite minimo, raggiunto nel sistema retributivo, divenga altresì il piede di partenza del range di pensionamento flessibile vigente nel modello contributivo. Per compensare, almeno in parte, gli effetti finanziari di questa “spalmatura”, si potrebbe aumentare progressivamente l’età pensionabile di vecchiaia per le lavoratrici, fino a 62 anni per quelle alle dipendenze e a 63 anni per quelle autonome. Tale aumento potrebbe avvenire in due tranche: dal 2014 e dal 2016 per le prime; in tre, con un altro scatto dal 2018, per le seconde. L’analisi di quella che potrebbe essere la futura età per andare in pensione si lega a quanto emerge dalla ricerca AXA, un’indagine che tra l’altro fotografa l’Italia di chi oggi è già in pensione. Le risposte raccolte confermano gli squilibri territoriali, squilibri che caratterizzano non solo l’economia e la società, ma anche il campo previdenziale. La composizione delle entrate e delle uscite nelle tre macroaree (Nord, Centro e Sud) è rimasta sostanzialmente immutata da decenni: i contributi sono versati in misura del 65% dal Nord, esattamente come nel 1980; del 21% nel Centro (20% nel 1980); del 14% dal Sud (15% nel 1980). Per quanto riguarda le prestazioni, la relativa spesa è destinata in misura del 54% al Nord (55% nel 1980), del 19% al Centro (18% nel 1980), del 27% al Sud come nel 1980. Dalla ricerca AXA emerge che la questione del pensionamento e delle sue regole è in cima ai pensieri degli italiani e di gran parte dei cittadini europei dei Paesi continentali (diverso è l’atteggiamento delle nazioni anglo-americane). Questo è indubbiamente un segno del declino del Vecchio Continente e dell’Italia (nella Ue-15 il 38% delle famiglie vive prevalentemente di trasferimenti monetari di carattere sociale e in Italia solo l’11% delle famiglie ha una persona di riferimento di età inferiore ai 35 anni). Relativamente alla questione dell’età, quando si chiede agli italiani quale sarebbe l’età per andare in pensione; la maggioranza risponde citando i requisiti vigenti (57-58 anni). Se si chiede di fare una previsione sull’evoluzione futura, la grande maggioranza dà atto che la prospettiva non può che essere quella di un aumento del requisito anagrafico ed indica quel limite dei 62-63 anni che altro non è se non il punto di arrivo (nel 2014) delle regole introdotte dalla riforma del 2004. L’altro punto cruciale chiama in causa la valutazione sull’adeguatezza del trattamento pensionistico. La maggioranza degli intervistati ne denuncia l’insufficienza per far fronte alle normali esigenze di vita e, addirittura, quantifica in circa 300 euro mensili il gap da colmare. Eppure, in generale la vita del pensionato è descritta, in altri casi, come un ritorno all’Eden, non solo da chi vi aspira, ma anche da chi vi si trova, essendo abbastanza sereno, in buona salute. Del resto, sono le statistiche ufficiali a confermare che, in Italia, le famiglie con un anziano come persona di riferimento o comunque con un anziano tra i componenti del nucleo che versano in condizione di povertà sono in misura minore rispetto alle altre tipologie familiari. Appendice statistica intervento prof. Cazzola INPS: Pensioni vigenti al 1° gennaio 2006 Fondo pensioni lavoratori dipendenti Maschi Vecchiaia e 1.509.225 (40,2%) prepensionamenti Anzianità 1.482.811 (82,5%) Coltivatori diretti (Cdcm) Maschi Vecchiaia 142.621 Anzianità 324.995 Femmine 2.243.839 (59,8%) Totale 3.753.064 313.558 (17,5%) 1.796.369 Femmine 478.023 151.725 Totale 620.644 476.720 Maschi 190.375 468.708 Femmine 232.735 37.021 Totale 423.110 505.729 Maschi 183.613 221.750 Femmine 386.211 46.601 Totale 569.824 268.351 Artigiani Vecchiaia Anzianità Commercianti Vecchiaia Anzianità Fonte: Indicazioni di carattere statistico (allegate al Bilancio preventivo Inps per il 2007) FPLD: Distribuzione % per categoria di pensione Categoria Nord Nord Est Centro Sud e Totale Ovest Isole Vecchiaia e 40,5 41 40,2 35 39 prepensionamenti Anzianità 25,2 20 14,6 10,7 18,1 Invalidità e 7,7 10 16,6 24,3 14,5 inabilità Superstiti 26,6 28,9 28,6 30 28,4 Complesso 100 100 100 100 100 Fonte: Inps, 2005 Tab. 3 – Households relative poverty rate, national definition based on consumption 2003 2001 2002 Italy Italy North Centre South Italy Households with at least one elderly (65 years and over) One elderly 13.8 13.4 6.5 6.1 25.2 12.6 Two elderly 17.8 17.4 10.7 12.5 28.7 16.7 or more Total (at 15.1 14.7 7.8 8.4 26.3 13.9 least one) Households with elderly head of household (HH) Living alone Living in couple Total (elderly HH) HH retired All households Fonte: Istat 13.5 13.3 7.4 4.2 25.7 12.7 16.5 15.7 9.3 11.8 28.2 15.6 15.2 14.9 8.0 8.6 26.5 14.1 13.4 12.3 7.1 8.0 23.9 12.0 12.0 11.0 5.3 5.7 21.3 10.6 Share of low income population, EU definition of at-risk-of-poverty rate (persons with equivalised disposable income below 60% of national median)* 1998 2000 2002 Persons aged 65 years and over Gender Male Female Household type Living alone male female Living in couple (both elderly) Other type Region North Centre South Tenure status Owner occupied Rented Total population 65 and over Not including imputed rent Total population 75 and over Total population 60 and over Total population less than 65 Total population less than 75 Total population less than 60 Total population Not including imputed rent 17.2 18.2 15.4 17.5 13.4 16.7 25.4 23.3 25.9 11.7 18.6 22.5 18.1 23.8 11.1 18.1 23.3 16.0 25.2 8.9 15.4 9.6 8.4 33.3 5.6 6.6 34.3 6.0 7.5 30.9 14.9 31.0 17.8 19.8 16.6 17.9 21.3 21.0 21.5 20.7 21.2 13.9 32.5 16.6 18.3 18.0 16.8 20.5 20.0 20.8 19.8 19.6 11.4 35.6 15.3 15.6 15.7 14.8 21.2 20.5 21.8 20.1 20.0 * not official figures; calculation based on microdata from Bank of Italy, SHIW. Income include imputed rent for owner occupied. L’anzianità con la riforma Maroni (2004) Data di pensionamento 2004-2005 2006-2007 2008-2009 2010-2013 Dal 2014 2006-2007 1.1.2008-30.6. 2009 1.7.2009-31.12. 2010 1.1.2011-30.6. 2012 1.7.2012-31.12. 2013 Dal 2014 • Minimo di contributi più età Anni di contributi senza età Dipendenti Autonomi Dipendenti Autonomi 35 + 57 * 35 + 58 38 40 35 + 57 35 + 58 39 40 35 + 60 35 + 61 40 40 35 +61 35 + 62 40 40 35 + 62 35 + 63 40 40 Le possibili correzioni (requisiti ordinari) 35 + 57 35 + 58 39 40 35 + 58 35 + 59 40 40 35 + 59 35 + 60 40 40 35 + 60 35 + 62 40 40 35 + 61 35 + 63 40 40 35 + 62 35 + 63 40 40 Nel biennio 2004-2005, per alcune categorie tutelate, gli operai (e qualifiche equivalenti) e i cosiddetti "precoci", ossia coloro che hanno versato un anno intero di contributi prima dei 19 anni di età, l'età anagrafica era ridotta a 56 anni. Le possibili correzioni (deroghe per dipendenti operai e “precoci”) 1.1.2008-31.12.2009 35 + 58 40 (a qualunque età) 1.1.2010-31.12.2011 1.1.2012-31.12.2013 1.1.2014-31.12.2015 1.1.2016-31.12.2017 35 + 59 35 + 60 35 + 61 35 + 62 Età di vecchiaia delle lavoratrici Decorrenza Lav. dipendenti 1.1.2014 61 1.1.2016 62 1.1.2018 62 40 40 40 40 Lav. autonome 61 62 63 N.B. Dal 1° gennaio 2018 nel sistema contributivo a ndrebbe a regime un pensionamento di vecchiaia flessibile in un range da 62 a 67 anni, a cui corrisponderebbero i relativi coefficienti di trasformazione da sottoporre a revisione periodica. FABRIZIO FORNEZZA Vice Presidente Eurisko Obiettivo di AXA Retirement Scope è sondare e comprendere gli atteggiamenti nei confronti della pensione confrontando i risultati tra lavoratori e tra chi è già in pensione. Quest’anno la ricerca, giunta alla sua terza edizione, ha coinvolto ben 16 tra i Paesi più importanti della nostra economia mondiale, comprendendo per la prima volta anche la Cina. La ricerca ha preso in esame due target: da un lato gli individui adulti, dai 25 anni in su, professionalmente attivi, e dall’altro i pensionati fino ai 75 anni. Sono state realizzate in totale 11590 interveste, in media 600 per ognuno dei paesi coinvolti. In Italia sono state intervistate 622 persone, suddivise equamente tra i due target, in un periodo compreso fra il 13 e il 27 luglio. I singoli campioni nazionali sono stati stratificati per quote e resi rappresentativi dei rispettivi universi per età, sesso, area geografica ed ampiezza centri. Uno dei risultati che emerge è che la terziarizzazione dell’economia è evidente in tutto il paese e non solo nelle aree sviluppate I progetti di vita sono sempre più contemporanei e trasversali e seguiranno sempre meno le tradizionali fratture del ciclo di vita: i giovani viaggiano, gli anziani sono invece a casa davanti alla tv, etc. Ne esce un mondo di pensionati sempre meno descrivibile solo con i luoghi comuni della marginalità (purtroppo esistente e ancora importante nella categoria). Non va dimenticato che nelle analisi patrimoniali il 40% delle famiglie da private banking - oltre i 500.000 € di asset - hanno un decisore finanziario pensionato, anche fra quelli con modeste pensioni (es da lavoro autonomo). La categoria dei pensionati è già cambiata al punto che la tradizionale trasmissione di patrimonio non solo è rallentata per effetto dell’allungamento della vita, ma non è la prima priorità per la maggior parte degli stessi pensionati. Solo il 31% dichiara di avere un esplicito obiettivo di trasmissione del patrimonio; gli altri hanno altre priorità: spendere per sé i soldi risparmiati o aspettare per valutare meglio lo scenario futuro. In fondo su questi aspetti il ciclo di vita sembra pesare molto meno; lavoratori e pensionati concordano più sul “tutto e subito” e sulla propria qualità della vita che sul “figliolo tutto questo un giorno sarà tuo”. DÉSIRÉE FACCIO Responsabile comunicazione e immagine AXA Assicurazioni Oggi i lavoratori immaginano che andranno in pensione a 62 anni, ossia quattro anni dopo l’effettiva età di ritiro attuali pensionati. Questi ultimi ritengono dal canto loro di essere andati in pensione al momento giusto, mentre per i lavoratori l’età ideale del ritiro dovrebbe essere 57 anni. I lavoratori attuali percepiscono la pensione come un momento ricco di progettualità e immaginano che si dedicheranno a viaggi, hobby e la famiglia, o che continueranno a lavorare con forme come il part time. Molti di questi desideri sono però, almeno oggi, destinati a non realizzarsi. Nel confronto internazionale gli italiani, sia lavoratori che pensionati, sono coloro che associano alla pensione meno immagini positive e più negative. Se si traccia un bilancio della qualità della vita di chi è già in pensione, il 19% la ritiene migliorata, il 32% peggiorata e il 48% la considera invariata. Il 69% di chi è già in pensione ha visto diminuire il proprio reddito, il 23% lo ha mantenuto e l’8% lo ha aumentato. Il 67% dei lavoratori prevede che il suo reddito diminuirà una volta andato in pensione, ma solo il 20% ritiene che anche la sua qualità di vita peggiorerà. La diminuzione del reddito non corrisponde quindi necessariamente alla percezione di una qualità di vita diminuita, sebbene le due variabili siano collegate. Per il 49% dei lavoratori il reddito da pensione sarà insufficiente, realtà sperimentata dal 57% dei pensionati di oggi. Sull’importo futuro delle pensioni vi è molta ignoranza: solo il 26% dei lavoratori italiani, ne conosce l’ammontare. In Germania, invece, gli informati sono il 54% e in Cina il 35%. Il 64% dei lavoratori è contrario ad innalzare l’età del pensionamento. Quando si chiede, però, fino a che punto si possa innalzare tale età, i lavoratori rispondono fino a 62 anni, e i pensionati fino a 63 anni. I lavoratori ritengono che si è in grado di lavorare fino a 66 anni, e i pensionati fino a 68 anni. Per questi ultimi, inoltre, la vecchiaia inizia a 75 anni, mentre per i lavoratori a 73 anni. Per i pensionati americani, invece, la vecchiaia inizia a 81 anni. Sono pochi gli italiani che hanno iniziato a prepararsi alla pensione: appena il 37% dei lavoratori contro l’85% degli americani e il 74% degli inglesi. La grande maggioranza di chi si è già iniziato a preparare utilizza però strumenti obbligatori di legge (84%). Il 29% dei lavoratori ha sottoscritto una polizza di assicurazione e il 24% ha attivato una pensione aperta o un piano di risparmio individuale. Il 34% dei lavoratori ritiene che il singolo individuo potrebbe essere responsabile dell’erogazione del proprio reddito da pensione. Allo stesso tempo, l’85% dei lavoratori ritiene che debba essere sempre lo Stato il responsabile dell’erogazione della rendita previdenziale. MASSIMO MICHAUD Presidente e A.D. AXA Italia Gli italiani hanno cominciato a prendere in mano il loro futuro e a progettarlo in prima persona. L’attenzione ai temi dell’ambiente, evidenziata dalla ricerca, ne è un indice, così come altre risposte che rivelano una nuova capacità progettuale. E’ chiara ad esempio la consapevolezza che l’età del pensionamento debba essere innalzata: l’età ideale resta a 57 anni, ma l’86% dei lavoratori si attende entro i prossimi dieci anni una radicale riforma delle pensioni, e due lavoratori su tre sono convinti che tale riforma riguarderà proprio l’allungamento del periodo lavorativo. Gli italiani sono disponibili a lavorare anche più a lungo, ma vorrebbero essere loro a scegliere il quanto e il come. Le decisioni devono essere spontanee, e non imposte. Emerge la richiesta di una maggiore flessibilità: il 26% dei lavoratori vorrebbe poter continuare ad avere una qualche forma di lavoro retribuito anche dopo il pensionamento. Il contesto socioculturale è mutato, e la pensione non è più considerata come il termine di ogni forma di lavoro retribuito, ma come un periodo di vita attiva che deve essere sfruttato. Gli italiani sono anche consapevoli del problema del gap tra ultimo stipendio e reddito pensionistico: il 67% dei lavoratori dichiara infatti di sapere che percepirà un assegno previdenziale inferiore e quasi il 50% ritiene che il reddito futuro sarà insufficiente, anche perché è in questo periodo della vita che si presentano più frequentemente problematiche legate alla salute che possono influire pesantemente sulla qualità e sul tenore di vita. Più di un terzo dei lavoratori reputa quindi che la singola persona debba essere responsabile del suo cammino previdenziale. La richiesta di flessibilità si accompagna così a quella di una maggiore responsabilità individuale, in una logica che comprende però sempre l’integrazione con lo Stato. Sono in molti, infatti, ad essere convinti che ad interessarsi delle pensioni debbano essere sia lo Stato che l’individuo. E’ qui che entra in gioco il ruolo degli assicuratori, il cui compito è quello di predisporre strumenti che possano aiutare a colmare il gap tra ultimo stipendio e reddito da pensione non per sostituire il pubblico, ma per affiancarlo. Contrasta con la logica dell’autonomia e della responsabilità il fatto che gli italiani sono tra coloro che, nel confronto internazionale, si preparano più tardi alla pensione, conservando un atteggiamento che sembra essere quasi di passività. Una delle possibile cause di questa passività potrebbe essere ricondotta alla mancanza di chiarezza legislativa. La flessibilità deve allora accordarsi con strumenti finanziari che diano chiarezza, che permettano di calcolare agevolmente le rendite future, ma che devono anche aiutare a superare ogni sensazione di insicurezza. Gli italiani combattono le loro insicurezza con una proposta, ossia l’adesione del 66% dei lavoratori e del 77% dei pensionati a un progetto di sistema previdenziale comune in Europa. La proposta è lungimirante perché interpreta anche quel modello di mobilità lavorativa tra i Paesi dell’Unione che si sta affermando, ma che ancora una volta manifesta la necessità di regole certe e condivise da tutti. In campo previdenziale gli italiani sono dunque consapevoli dei problemi, desiderano più flessibilità, più sicurezza, e chiedono regole certe: richieste sensate, alle quali occorre dare una risposta. Nota: tutti i dati citati sono estratti dalla copia completa della ricerca AXA Retirement Scope contenuta nel CD distribuito in cartella stampa. In particolare, sono state utilizzate le diapositive delle pagine: 12; 15; 17; 40; 43; 49; 50; 51; 52; 55; 57; 62; 66; 90