Addio Thatcher. «Svecchiò il Regno Unito

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Addio Thatcher. «Svecchiò il Regno Unito
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MARTEDÌ
9 APRILE 2013
LA MORTE DI SANDS E L’ATTENTATO DELL’IRA
RIVOLUZIONE LIBERISTA VERSO IL BOOM
DUE REGINE PER UN SOLO REGNO UNITO
C
a rivoluzione conservatrice di Margaret Thatcher
svecchiò brutalmente lo stato sociale della società
britannica, aprendola a un’economia ultraliberista e
competitiva che anche i laburisti di Tony Blair hanno difeso,
in alcune parti. Privatizzazione fu la parola d’ordine per le
aziende pubbliche, mentre mano libera veniva data alle
imprese, in particolare in termini di licenziamenti ed
assunzioni. Il risultato, accanto ad una super-flessibilità del
mercato del lavoro, fu anche uno sviluppo tumultuoso
dell’economia nazionale, che tornò a crescere dopo una
lunga stagnazione. Una vera e propria svolta che non ha
mancato, però di attirarsi anche delle critiche. I suoi
detrattori, infatti, ritengono che la rivoluzione della
Thatcher ha reso molto più marcati i fossati economici tra
ricchi e poveri nel Regno Unito, con conseguenze anche sui
valori sociali.
L
iverse, diversissime. Eppure così simili per classe, attitudine
al comando, attaccamento al Paese, anche per un po’ di
presunzione, se si vuole. Elisabetta II e Margaret Thatcher, le
«due regine» dell’Inghilterra degli anni Ottanta. Un rapporto
ambiguo, il loro. Non certo quello di due amiche, semmai di due
persone che si sono rispettate e che hanno avuto stima l’una
dell’altra. Non è un caso se ieri Elisabetta ha subito espresso
«tristezza» per la morte di colei che aveva innalzato al rango di
baronessa. Nonostante ciò, c’è chi racconta che non tutto fu
rose e fiori nel loro rapporto. Tanto che la regina, secondo
alcune fonti, una volta si lasciò scappare un «la detesto
cordialmente» nei confronti dell’allora premier, mentre il
principe Filippo arrivò a definirla «la figlia del droghiere», per le
sue umili origini.
hiamatelo understatement britannico. Certo è che definirli solo «troubles», «problemi»,
quegli attentati, quelle bombe, quel perenne clima di tensione che pervadeva il Regno
Unito negli anni Ottanta era un vero eufemismo. L’Ira, nell’era Thatcher, era il passato che
ritornava, era la strenua lotta di chi non ne voleva saperne di arrendersi a Londra. A costo di
battaglie durissime e di proteste che travalicarono le frontiere e sconvolsero il mondo per le
loro conseguenze. Nel 1981 molti prigionieri dell’Ira iniziarono uno sciopero della fame per
riottenere lo status di prigionieri politici che era stato eliminato dal precedente governo e
contro le dure condizioni carcerarie. La Lady di ferro non cedette alle loro richieste e dieci
detenuti morirono di fame, primo tra i quali il 27enne Bobby Sands. All’epoca Sands non era
solo un volontario della Provisional Ira. Era stato infatti anche eletto membro del
Parlamento britannico mentre era detenuto nel carcere di Maze, a Long Kesh, dove morì il 5
maggio 1981. Solo dopo 217 giorni e grazie all’intercessione delle famiglie dei prigionieri, lo
sciopero della fame fu interrotto e parte dei diritti furono reintegrati per i prigionieri
paramilitari. I rapporti della Thatcher con l’Ira restarono ovviamente segnati da questa
vicenda. L’organizzazione provò anche a uccidere l’allora premier, con un attentato nel 1984
contro il suo hotel a Brighton, mentre era in corso il congresso del partito conservatore.
D
(a cura di Paolo M. Alfieri)
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IL SIMBOLO
DI UN’ERA
Addio Thatcher. «Svecchiò il Regno Unito»
L’ex primo ministro britannico è stato colpito da un ictus all’età di 87 anni
Cameron: «Perdiamo un grande leader». Adams: ha fatto soffrire gli irlandesi
Abbiamo dovuto combattere il
nemico fuori dalle Falklands. Ma
dobbiamo essere sempre vigili sul
nemico che è all’interno (1984)
La società
non esiste:
esistono
individui,
uomini, donne
e famiglie
(1987)
A casa
è dove si va
quando
non si ha
niente
di meglio
da fare
(1991)
Margaret Thatcher si è
spenta a 87 anni (Ap)
morta ieri per un ictus all’età di 87 anni
Margaret Thatcher, la storica Lady di ferro
che dal 1979 al 1990 fu la prima (e finora unica) donna a guidare il governo britannico. La
regina Elisabetta II si è detta «triste» per la scomparsa dell’ex premier conservatore, a cui ieri hanno dedicato un pensiero moltissimi capi di Stato.
Il governo britannico ha spiegato che la data dei
funerali non è stata ancora fissata e che, anche se
non «di Stato», si tratterà di funerali con onori militari che verranno celebrati nella cattedrale di
Saint Paul nel cuore di Londra.
Il premier David Cameron ha interrotto il suo
viaggio in Europa, partito proprio ieri da Madrid,
ed rientrato in Inghilterra. «Abbiamo perso un
grande leader, un grande primo ministro ed una
grande britannica», ha detto Cameron. Con la
morte di Margaret Thatcher gli Stati Uniti «perdono una vera amica», una «paladina della libertà» ed un esempio per le donne in tutto il mondo, ha commentato da parte sua il presidente Usa Barack Obama. L’ex cancelliere tedesco, Helmut
Kohl, ultimo leader sopravvissuto dell’era Thatcher, ha ricordato con nostalgia la ex «collega» elogiando «il suo amore per la libertà, la sua incomparabile disponibilità, onestà e schiettezza».
Duro, invece, il commento del leader repubblicano nordirlandese, Jerry Adams: «Margaret Thatcher ha provocato molte sofferenze al popolo irlandese e britannico quando era primo ministro,
la classe operaia britannica è stata devastata dalle sue politiche».
L’African National Congress, il partito di governo
sudafricano, ha ricordato invece che la Thatcher
si rifiutò di imporre le sanzioni al regime dell’apartheid e definì il partito di Nelson Mandela «una tipica organizzazione terroristica». (P.M.Al.)
È
DI VITTORIO E. PARSI
fin troppo facile e ingeneroso rinfacciare,
oggi, a Margaret Thatcher la responsabilità
degli eccessi del liberismo all’origine della
crisi mondiale di questi anni. Pur con i limiti che
l’eredità della sua impostazione mostra in questi
anni, la Lady di Ferro, piaccia o meno, ha già il suo
posto nella storia, qualunque cosa possano dire i
suoi avversari e i suoi critici. Perché seppe reagire
a un clima opprimente che gravava sul suo Paese e sull’Europa.
D’altronde Margaret Thatcher
divise in vita e continua a dividere nel momento della sua
morte, in questo coerentemente al principio da lei sempre proclamato di preferire la “politica
dei forti convincimenti” a quella del “facile consenso”.
Quando nel 1979 divenne primo ministro a Downing Street,
la Gran Bretagna era un Paese
rassegnato, avviato a un declino
che appariva ineluttabile, dalle
finanze pubbliche dissestate,
con un’ingombrante e inefficiente presenza pubblica nell’economia, un sindacato aggressivo e prepotente del quale il
Partito laburista era diventato la
mera “cinghia di trasmissione”. La sua lotta in favore della restaurazione di un’economia di mercato
e per l’edificazione di un nuovo “capitalismo popolare” va inquadrata nell’epoca storica che la vide protagonista. E la deriva degli anni successivi alla sua premiership (che si concluse nel novembre
del 1990) non può essere imputabile a lei, alle sue
convinzioni o alle sue battaglie, quanto piuttosto
alla mediocrità dei suoi epigoni,
che non seppero immaginare
nulla di altrettanto originale.
Era una donna di salde convinzioni, Margaret Thatcher, che
tutta la vita lottò per realizzarle
in fatti concreti, anche a costo di
attirarsi l’odio di tanti, sempre
pronta a combattere per un’idea
quando era convinta di essere
nel giusto. La sua ascesa al vertice del Partito conservatore fu
tutt’altro che agevole. Nessuno
avrebbe scommesso una ghinea
sul fatto che la figlia di un droghiere di provincia sarebbe riuscita a scalare un’organizzazione sessista e snob come i Tories
degli anni Settanta. Per riuscirci
e per spiazzare le ricorrenti fronCon il marito Denis e il figlio Mark
de interne, la futura baronessa di
È
Non ha mai
amato
il facile
consenso,
ispirando
forti passioni
di amore
e odio
e segnando
un’epoca con
le sue idee
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Figlia di un droghiere di provincia
Mamma con tanti «grattacapi»
DI ELISABETTA DEL SOLDATO
pensare che non veniva neanche dai quartieri alti.
Suo padre era un droghiere, e per acquistare quell’accento tanto sofisticato la giovane Margaret dovette andare a scuola di dizione.
Già da piccola si capiva che non l’avrebbe fermata nessuno. Viveva assieme alla sorella più grande, Muriel, e ai genitori in un piccolo appartamento sopra la bottega del padre a Grantham, nel Lincolnshire. Studiava sempre, incurante del rumore dei treni che sfrecciavano a pochi metri
da casa. I suoi hobby erano il pianoforte, la poesia e le camminate. E quando nel febbraio del 1951 conobbe il suo futuro marito, Denis Thatcher, un uomo d’affari, aveva le i-
E
dee già molto chiare. Nel 1953 diede alla luce i due gemelli Mark e Carol, e nello stesso anno terminò gli studi e divenne avvocato fiscalista. Ma se in politica ebbe grandi successi, in famiglia non fu sempre facile. Il figlio Mark non cessò mai di farla preoccupare. Nel 1982 si perse per sei giorni nel deserto del Sahara in una Parigi-Dakar e qualche anno più tardi venne indagato in Sudafrica per uno scandalo di prestiti concessi a tassi di usura. Nel 2004, infine, venne arrestato a Città del Capo con l’accusa di aver finanziato un golpe nella Guinea Equatoriale. Fu condannato a 15
anni: una pena che non scontò mai grazie al pagamento di
una multa di circa 500mila dollari. Nel 2003, per la Thatcher l’enorme dolore: la scomparsa dell’amato marito.
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Con Reagan un’alleanza indistruttibile
DI PAOLO M. ALFIERI
a foto li ritrae a Camp David,
nel Maryland, anno di grazia
1986. Lui avanza spedito,
giubbotto corto in stile militare,
piglio sciolto, accompagna le parole con ampi gesti delle mani.
Lei, stretta nel suo cappottino grigio, tiene il passo, ascolta attenta
e cammina spalla a spalla con lui,
ben accorta a non farsi distanziare, a tramandare al mondo l’immagine di una coppia affiatata,
giammai quella di un premier che
ha attraversato l’Atlantico solo per
prendere ordini dal presidente.
Ronald Reagan e Margaret Thatcher, immortalati in quella posa
plastica oltre un quarto di secolo
fa, sono l’emblema di un rapporto, quello tra Usa e Gran Bretagna,
L
Con Reagan a Camp David nel 1986
l’asse
La relazione tra Londra
e Washington si rinsaldò
in funzione antisovietica
E anni dopo ne
«approfittò» anche Bush
che ha vissuto con loro due al potere un momento particolarmente felice come non accadeva dai
tempi di Roosevelt e Churchill.
Non fu un caso se Londra, all’epoca, fu l’unica a partecipare al
bombardamento statunitense
sulla Libia del 1986, fornendo all’alleato basi aeree a terra e portaerei, differenziandosi dagli altri
Paesi europei come Francia, Spagna e Italia. Non esitò, la Lady di
ferro, a sacrificare i rapporti con
il suo ministro della Difesa, pur di
avere legami ancora più stretti con
gli Stati Uniti. Entrambi fortemente anticomunisti, Reagan e la
Thatcher portarono avanti nei
confronti dell’Unione Sovietica una politica di deterrenza che contribuì in maniera decisiva alla vittoria della Guerra Fredda.
Basti pensare, oltre all’installazione di missili in Gran Bretagna,
alla decisione condivisa del lancio del programma Strategic Defense Initiative, iniziativa anche
nota come scudo spaziale antimissile e che risultò fondamentale nell’evidenziare la differenza tra
Occidente e Urss sul piano della
sfida strategica. E il rapporto restò
saldo anche con l’avvento al
Cremlino di Mikhail Gorbaciov: la
perestrojka andava sostenuta e in
questa direzione l’asse ReaganThatcher non mostrò esitazioni.
La lady di ferro non poté non mostrarsi leale anche con il successore di Reagan: condivise infatti
con George H. W. Bush la scelta di
mettere insieme una coalizione
internazionale per liberare il
Kuwait invaso da Saddam Hus-
sein nel 1991. Anni dopo, a sfruttare il rinsaldato rapporto tra Washington e Londra, fu il figlio di
quel presidente Usa. All’indomani degli attentati dell’11 settembre, con i laburisti a Downing
Street, Bush jr. non ebbe molte
difficoltà a convincere Tony Blair
della necessità di dare il suo contributo militare prima in Afghanistan e poi in Iraq. Londra, differenziandosi ancora una volta da
altri Paesi europei, non ebbe la
minima esitazione, tanto che ci fu
chi arrivò a definire Blair il «cagnolino di Bush». Un’immagine
offensiva, quest’ultima, che nessuno aveva mai osato accostare
alla Lady di ferro nonostante il ripetuto sostegno allo storico alleato americano.
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Kesteven seppe con maestria giocare la parte della
“housekeeper” piccolo borghese e della politica sagace e dal pugno di ferro.
Una volta divenuta primo ministro (nel 1979), Margaret Thatcher fece quello che aveva promesso di
fare: lanciò un vasto programma di privatizzazioni, mise nel mirino l’inflazione e la spesa pubblica
e deregolamentò il mercato del lavoro e quello dei
capitali. I costi sociali furono altissimi: basti pensare
che la disoccupazione toccò il livello record di 3 milioni nel 1983, per iniziare a ridursi solo nel 1986.
Nel 1984, l’allora potentissimo sindacato dei minatori iniziò uno sciopero che sarebbe durato oltre
un anno per cercare di provocarne la caduta. Ma alla fine non ottenne pressoché nulla e dovette cedere.
Fu l’anno orribile di Maggie il 1984, lo stesso in cui
l’Ira (la formazione terrorista che combatteva per
la secessione dell’Ulster dal Regno Unito) riuscì
quasi ad eliminarla con uno spettacolare attentato
dinamitardo al Grand Hotel di Brighton. La forza,
la determinazione e il coraggio mostrati nelle prime ore dopo l’esplosione seppero conquistarle il
rispetto di sostenitori e avversari. L’attentato rinsaldò la sua determinazione a combattere con ogni
mezzo contro gli indipendentisti irlandesi, come
del resto aveva dimostrato di saper fare già tre anni prima, quando neppure lo sciopero della fame
protratto fino alla morte di 10 militanti dell’Ira (che
chiedevano venisse loro nuovamente riconosciuto
lo status di “prigionieri politici”) la spinse a recedere
dalle sue decisioni.
La morte ha intrecciato spesso la sua strada con
quella della “Dama di ferro” – come i sovietici l’avevano iniziata a soprannominare nel 1976, quando ancora sedeva tra i banchi dell’opposizione, a seguito di un durissimo discorso contro la politica
della distensione (un vero e proprio “appeasement”)
nei confronti dell’Urss. Quando nel 1982 la giunta
militare argentina capeggiata dal generale Galtieri
ebbe la pessima idea di invadere le isole Falkland/Malvinas per strapparle alla sovranità britannica, la signora Thatcher non ebbe nessuna esitazione a ordinare alle forze armate britanniche di liberare quello sperduto arcipelago nei pressi del mare australe, lontano molte migliaia di miglia dalla
madrepatria. Fu una campagna breve e sanguinosa, combattuta in condizioni estreme, che in qualche modo “lavò l’onta di Suez”, (la fallimentare e anacronistica aggressione tripartita nei confronti
dell’Egitto di Nasser nel 1956) e che chiarì al mondo intero di che tempra era fatta la nuova inquilina di Downing Street.
Grande protagonista della fase finale della Guerra
Fredda, acerrima avversaria del comunismo e della sua incarnazione sovietica, amica personale di
Ronald Reagan, Lady Thatcher non fu mai docile
“junior partner” del presidente americano. Nessuno, per intenderci, neppure tra i suoi nemici più accesi si sarebbe mai sognato di dipingerla come un
“cagnolino accoccolato sulle ginocchia del presidente americano”, sorte invece riservata al premier
laburista Tony Blair in occasione dell’invasione dell’Iraq nel 2003.
Eppure, fu la prima a concedere fiducia a Mikhail
Gorbaciov, quando questi lanciò la sua perestrojka,
e a credere nella sincerità delle sue intenzioni di
trasformare l’Urss. Decisamente non europeista come tutti i leader britannici, la signora Thatcher tentò
di procrastinare l’unificazione tedesca, fu fieramente contraria all’euro e irriducibilmente avversa all’idea di Europea federale. E sarebbe beffardo
se la sua scelta sinceramente antieuropeista di allora dovesse oggi risultare più prudente e saggia per
le sorti dell’Unione di quella di tanti suoi apodittici cantori.
Come molti altri grandi protagonisti della storia,
fatto il suo tempo divenne rapidamente anacronistica e usci definitivamente di scena. Una regola
democratica, questa, che a noi cittadini italiani –
sempre alle prese con “intramontabili mediocri” –
deve sembrare un “privilegio inglese”. Proprio in
quest’Europa contemporanea nella quale non si
scorgono leader politici capaci di meritarsi molto
di più che una gelida indifferenza, credo si debba
ricordare l’epoca in cui una donna alla guida di
un’antica democrazia seppe ispirare forti passioni,
di amore e di odio: e tributarle il rispetto e l’onore
che, sempre, si deve alla grandezza.
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