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Coro della Facoltà di Musicologia di Cremona Università degli Studi di Pavia Soprani Noemi Ancona, Lea Cavalieri, Eva-Maria Koller, Lærke Kristensen, Silvia Lombardi, Maela Tallec. Contralti Mariam Asatryan, Giuliana de Rose, Alice Fantasia, Livia Krisch, Marina Magdalena Kotsadam, Elena Migliorini, Roberta Ocozia, Sarah-Noemi Schulmeister. Tenori Loris Braga, Riccardo Invernizzi, Francesco Saggese, Francesco Saggio, Davide Viviani. Bassi Renato Dolcini, Diego Leveric, Francesco Pezzi, Riccardo Rocca. Ensemble Silvia Lombardi, soprano Lena Yokoyama, Alberto Napoli, violini Benedetta Zucconi, viola Fausto Solci, violoncello Paolo Giorgi, clavicembalo Enrico Bissolo, organo Direttore Ingrid Pustijanac Per la realizzazione del basso continuo verranno utilizzati il clavicembalo di William Horn (Brescia) e l’organo a cassapanca a tre registri di Walter Chinaglia (Como). PROGRAMMA ALESSANDRO SCARLATTI (1660-1725) Salve Regina coro, violini e basso continuo FRANCESCO DURANTE (1684-1755) Credo coro, violini e basso continuo LEONARDO LEO (1694-1744) Introito pel dì delle Ceneri «Misereris omnium Domine» coro e basso continuo DOMENICO SARRO (1679–1744) Miserere in sol minore coro, archi e basso continuo FRANCESCO MANCINI (1672-1737) Magnificat in re minore coro, archi e basso continuo La revisione dei manoscritti di Domenico Sarro, Leonardo Leo e Francesco Mancini è a cura di Angela Romagnoli; quello di Francesco Durante di Ingrid Pustijanac. "Magnificat anima mea Domino": viaggio nella Napoli sacra del primo Settecento di Angela Romagnoli e Paolo Giorgi I nomi di Francesco Mancini, Leonardo Leo, Domenico Sarro o Francesco Durante dicono poco o nulla al pubblico di oggi, non abituato al repertorio del primo Settecento napoletano; quello di Alessandro Scarlatti forse un po' di più, ma si riesce a malapena a collocarlo in un contesto storico, mentre con la sua musica, come con quella dei suoi contemporanei sopra citati, di fatto non si ha nessuna dimestichezza. La produzione profana di questi autori ha conosciuto negli ultimi anni un timido risveglio di interesse; quella sacra, vuoi per la difficoltà di ricerca, vuoi perché richiede organici spesso robusti, vuoi per la fatica materiale della trascrizione di un corpus tramandato per lo più in parti separate, resta a tutt'oggi molto marginale negli interessi degli esecutori e in genere anche dei ricercatori. I brani napoletani che presentiamo sono una 'riscoperta' dovuta allo stretto collegamento tra ricerca musicologica ed esecuzione che caratterizza l'attività del Coro della Facoltà di Musicologia. Non si tratta però di una riesumazione di valore solo documentario: il sapore speziato dell’armonia, lo stile vocale ricercato, l’attenzione al dettaglio nella scrittura strumentale sono tutti elementi che concorrono a dare interesse anche estetico a queste partiture finora sconosciute, godibilissime all'ascolto e testimoni della ricchezza della tradizione musicale napoletana. Alessandro Scarlatti (2 maggio 1660 - 22 ottobre 1725) è considerato il capostipite della cosiddetta 'scuola napoletana' (concetto molto discusso dalla musicologia degli ultimi decenni ma ancora diffuso nella divulgazione); certamente, a prescindere dalla diatriba sulle definizioni di 'scuola', è uno dei compositori del periodo che hanno rappresentato un modello per la propria generazione e per quelle successive. La sua produzione di opere e cantate è impressionante numericamente, oltre che universalmente lodata per la sua qualità; la musica sacra rappresenta pure un capitolo molto consistente della sua attività di compositore (non dimentichiamo che, oltre a ruoli di rilievo assoluto nel panorama napoletano, Scarlatti servì a lungo anche chiese e committenti romani), ma è restata finora molto in ombra, fatto salvo un'ondata, relativamente recente, d'interesse per gli oratori, da inquadrare però nella più generale passione del pubblico moderno per i generi drammatici. Come autore di musica per la liturgia e le varie forme paraliturgiche e devozionali, Scarlatti utilizza sia lo 'stile moderno', concertato, come l'aveva affinato nell'ambito della musica profana, sia il vecchio, solido contrappunto di tradizione palestriniana, che continua anche nel Settecento a costituire un bagaglio imprescindibile per tutti i compositori di musica destinata all'ambito religioso. Come tutti i suoi colleghi, Scarlatti era anche un ottimo contrappuntista: e se nelle arie di opere, cantate e anche oratori aveva cura di nascondere questa sua qualità, perché l'ars compositiva, pur sempre presente e qualche volta in misura ragguardevole, non offuscasse la necessaria trasparenza e piacevolezza della linea del canto, nella musica sacra questa caratteristica trova il modo di emergere, sia pure con sfumature diverse a seconda del genere in cui di volta in volta si dedica. Proprio l'abilità contrappuntistica, unita però alla capacità di scolpire melodie pregnanti, spesso fortemente intrise di colore armonico disteso in linea orizzontale, è caratteristica generale dei compositori napoletani del periodo. L'arte è più evidente nelle messe o nei grandi mottetti, nelle composizioni per le occasioni liturgiche importanti o per le celebrazioni religiose legati a momenti forti della vita politica e civile; nei brani di profilo meno grandioso o in quelli in cui i testi favoriscono, anche nel sacro, una 'drammatizzazione' degli elementi musicali che, come si diceva, relega in secondo piano la pur presente attenzione al tessuto contrappuntistico. Tracce di questo alternarsi di caratteri e stili espressivi sono presenti nel Salve Regina per quattro voci, due violini e basso continuo in re minore, l’unica composizione edita in programma. Un'eccezione è rappresentata da Francesco Durante (Frattamaggiore, Aversa, 31 marzo 1684 Napoli, 30 settembre 1755), nato in una famiglia di musicisti, formatosi prima in famiglia, probabilmente, e poi nei conservatori napoletani. Autore eminente di musica sacra, oltre che noto e ricercato insegnante, Durante si dedicò invece molto poco all'opera, costituendo un caso quasi unico nel suo ambiente. La sua biografia presenta diverse lacune: come molti compositori del periodo residenti nella capitale partenopea, sembra probabile che parte della sua attività, specie nei momenti in cui la documentazione risulta lacunosa, si sia svolta anche a servizio delle chiese romane. Anche la sua scrittura denuncerebbe influenze romane, ivi compreso il fatto che per lui la centralità del rapporto con la tradizione palestriniana è ancor più evidente che per i suoi contemporanei e conterranei. La diffusione della sua musica nel Centroeuropa può far pensare a suoi soggiorni là; tuttavia i legami politici che univano Napoli dal 1707 in poi all'area asburgica potrebbero essere un'altra spiegazione della disseminazione dei manoscritti durantiani. Infatti, il Credo per quattro voci, due violini e basso continuo in La maggiore che verrà eseguito questa sera, è conservato, insieme ad altri brani di Durante, nel manoscritto Reel 52 di The Music Collection of St. Michael’s College von Tenbury. Il brano segue la struttura del testo, dispiegandosi in più sezioni di metro e carattere contrastante, permeate da percorsi di singolare ricchezza armonica. Importante è stato poi anche il suo contributo in ambito didattico. Le raccolte di solfeggi e di partimenti per la tastiera testimoniano il suo impegno in tal senso, e la lista dei suoi allievi conferma la qualità del suo insegnamento: bastano i nomi di Pergolesi e Paisiello per capire l'importanza del suo contributo alla vita musicale dell'Europa del tempo. Diverso è il discorso per Francesco Mancini (16 gennaio 1672-22 settembre 1737), per Domenico Sarro (24 dicembre1679-25 gennaio 1744) e per Leonardo Leo (5 agosto 1694 - 31 ottobre 1744), tutti grandi operisti, anche se tutti pure dediti intensamente alla produzione di musica sacra. Mancini era figlio d'arte (di padre organista), e studiò con Francesco Provenzale presso il Conservatorio di S. Maria della Pietà dei Turchini a Napoli. All'inizio del Settecento cominciò a inserirsi nelle istituzioni musicali: nel 1704 divenne primo organista della Cappella Reale e nel 1707 (sfruttando il momento politico) venne nominato primo maestro della Real Capella, anche se nel 1708 dovette cedere il posto ad Alessandro Scarlatti, passando al ruolo di vice maestro. Nelle lunghe e frequenti assenze di Scarlatti da Napoli Mancini assunse spesso le funzioni di primo maestro, ottenendo anche una cedola che gli garantiva la successione Scarlatti. Nel 1720 venne eletto direttore del Conservatorio di S. Maria di Loreto, diventando così un punto di riferimento per l’educazione musicale napoletana; alla morte di Scarlatti nel 1725 ne assunse definitivamente il posto, mentre Sarro divenne uno dei suoi vice e Leo primo organista. Mancini manterrà l’incarico fino alla morte, superando indenne i cambiamenti politici dovuti alla riconquista di Napoli da parte di Carlo di Borbone nel 1734. Colpito da apoplessia nel 1735, rimasto semiparalizzato, Mancini morì due anni dopo. Mancini si concentrò soprattutto sulla composizione di drammi per musica e di musica sacra (tra cui il nostro inedito Magnificat), attività che si diradarono con l’aumento degli incarichi istituzionali; accanto a queste troviamo una vasta produzione di cantate, serenate e di oratori. La musica strumentale rimase, come per tutti i compositori napoletani della sua generazione, un interesse marginale, anche se ciò che ci rimane testimonia una scrittura peculiare e ricercata. Dal punto di vista storico, Mancini segna tutte le tappe dello sviluppo dello stile durante il primo Settecento, e rappresenta un ideale punto di osservazione; grazie ai suoi incarichi istituzionali e alla sua presenza continua sulla scena napoletana, Mancini ha certamente dato un contributo di rilievo al processo che vede consegnare alla generazione successiva (quella di Pergolesi) la grande eredità scarlattiana, già però intrisa di elementi ‘galanti’ se non preclassici. Della biografia di Sarro poco si conosce prima del debutto operistico napoletano, avvenuto nel 1702: originario della Puglia, nel suo contratto matrimoniale del 1705 si legge che si era trasferito a Napoli all’età di sei o sette anni per studiare presso il Conservatorio di S.Onofrio. Nel dicembre 1704 Sarro divenne vice maestro di cappella, ma a causa della conquista austriaca di Napoli nel 1707 perse alcuni appoggi politici e (almeno stando alle testimonianze documentarie) dovette scomparire dalla scena napoletana; riapparve solo dieci anni dopo, quando riuscì a lanciarsi in una promettente carriera operistica: tra le opere ricordiamo Didone abbandonata (1724), la prima intonazione del libretto metastasiano. Dopo quest’opera la sua carriera cominciò a declinare, in favore della nuova generazione di compositori (tra cui Vinci e Hasse). Nel 1725 divenne Vice Maestro della cappella di corte napoletana, succedendo come maestro a Mancini nel 1737. Esattamente come Mancini, con cui condivideva gran parte dell’ambiente musicale in cui ricevette la propria educazione, Sarro si pone come uno dei punti di raccordo tra due generazioni di compositori napoletani; nella sua musica comincia a si vede sempre più la tendenza ad una polarizzazione della composizione tra linea melodica del canto e accompagnamento strumentale, tipico di un stile compositivo ‘galante’. Della produzione sacra di Sarro si conosce pochissimo, anche se molte testimonianze dell’epoca ci riportano come fosse molto diffusa e apprezzata, persino in Germania; il Miserere che presentiamo in concerto rappresenta quindi una vera e propria primizia musicale. Anche Leo era pugliese di origine, ed emigrò a Napoli nei primissimi anni del Settecento; cominciò i propri studi musicali presso il Conservatorio di S. Maria della Pietà dei Turchini. Ancora studente venne nominato maestro di cappella ed organista al servizio di diverse istituzioni nobiliari. Il suo debutto teatrale avvenne nel 1714, e da lì inizio una sfavillante carriera teatrale; negli anni Venti scrive anche alcune opere per i teatri veneziani, tentando di esportare il genere della commedia pe’ musica, tipicamente napoletano. Nel 1725 venne assunto come organista presso la cappella reale, e trascurò per alcuni anni il palcoscenico. Dopo la partenza di Hasse da Napoli e la morte di Vinci nel 1730, Leo divenne la principale figura della vita musicale napoletana, diventando anche vicemaestro presso la cappella reale nel ’37 e ottenendo diverse commissioni da molti teatri esteri, compresa la corte spagnola. Una parte consistente delle sua produzione drammatica è formata da opere buffe, in cui dimostra una certa abilità nel trattamento della melodia e delle sezione d’insieme. A partire dai tardi anni Trenta l’attività di Leo si concentra sull’insegnamento; il compositore assunse diversi incarichi presso i Conservatori di S. Onofrio e di S. Maria della Pietà dei Turchini che mantenne fino alla sua morte; in tarda età scrisse anche alcuni trattati di composizione. In tutta la produzione di Leo, soprattutto quella sacra (cui appartiene l’Introito pel Dì delle Ceneri “Misereris omnium Domine”), appare predominante una scrittura contrappuntistica molto accademica, appresa durante i primi anni di educazione musicale e trasmessa poi ai suoi allievi, tra cui ricordiamo Jommelli e Piccinni. L’importanza di Leo nel campo della musica sacra verrà riconosciuta solo alla fine del Settecento, quando le sue composizione furono paragonate ai lavori sacri di Palestrina, facendolo diventare uno dei ‘grandi compositori italiana di musica da chiesa’. Coro della Facoltà di Musicologia di Cremona Il Coro della Facoltà di Musicologia dell’Università di Pavia (sede di Cremona) è stato ufficialmente fondato nel 2002, ma già nel 1999 la passione comune per il canto corale ed in particolare per il repertorio rinascimentale aveva riunito il gruppo vocale. Nel corso degli anni l’attività corale ha registrato continui miglioramenti fino a costituirsi quale esperienza formativa importante nel campo della pratica concreta della musica, attraverso la quale gli studenti della Facoltà arricchiscono il loro corso di studi. Pur comune a tante altre realtà universitarie, l’esperienza del Coro della Facoltà di Musicologia si distingue per la stretta collaborazione con il corpo docente della Facoltà, coordinando così proficuamente ricerca e prassi. Frutto di tale collaborazione sono programmi concertistici d’interesse musicale e musicologico comprendenti opere rare o addirittura inedite. Tra queste spiccano brani sacri dei compositori napoletani del primo Settecento come il Magnificat di Francesco Mancini e il Miserere di Domenico Sarro, entrambi per coro, archi e basso continuo, conservati in un manoscritto della Biblioteca Nazionale di Vienna ed eseguiti in prima esecuzione moderna dal Coro della Facoltà nel Giugno 2006, insieme ad altri brani inediti. Nel Settembre 2008, nell’ambito del festival musicale “Soli Deo Gloria” di Reggio Emilia, è stata invece eseguita l’inedita Missa Dominicalis a cinque voci in alternatim con organo di Giovanni Giacomo Gastoldi, conservata presso l’archivio di Santa Barbara di Mantova. Altre importanti occasioni di esibizione per il Coro della Facoltà di Musicologia sono state il conferimento della laurea honoris causa a Sir John Eliott Gardiner (18 ottobre 2006) e la visita di S.S. Benedetto XVI all’Università di Pavia (22 aprile 2007). A conferma dell’originale interesse per il repertorio a cappella dell’arte polifonica rinascimentale, il gruppo continua a frequentare i capolavori dei maggiori maestri del contrappunto come Josquin Desprez, Guillaume Dufay, Heinrich Isaac e Orlando di Lasso, pur non privandosi di appassionanti excursus nella musica contemporanea che arricchiscono l’esperienza corale e la pratica vocale. Luogo di incontro e scambio di idee, il Coro della Facoltà è nutrito dalla passione di tutti i suoi membri che si traduce continuamente in uno studio attento e paziente, affinché le esperienze concertistiche, in Italia (Venezia, Rovereto, Milano, Reggio Emilia, Parma, Ventimiglia, ecc.) e all’estero (Saint- Etienne, Costanza), si costituiscano come momenti memorabili oltre che formativi. Il Coro della Facoltà ha realizzato progetti di scambio con numerosi cori, tra cui il Coro e l’Orchestra dell’Università di Parma, Coro dell’Università di Saint-Etienne e il Coro dell’Università di Costanza. Ingrid Pustijanac Ingrid Pustijanac dirige il Coro della Facoltà di Musicologia dal 2001. Nata a Pola (Croatia), è laureata in Musicologia e Dottore di Ricerca in Musicologia e Scienze filologiche dell’Università di Pavia (con la specializzazione nella musica della seconda metà del XX secolo). Diplomata in Composizione, Musica corale e direzione di coro, ha studiato direzione d’orchestra con M° Emilio Pomarico e M° Yoichi Sugiyama. In qualità di assegnista di ricerca presso l’Università di Pavia, coniuga da anni la ricerca, l’attività didattica e l’attività concertistica. Oltre al repertorio corale che spazia dal canto gregoriano e musica rinascimentale alla musica contemporanea, ha diretto diversi ensembles strumentali presentando prime esecuzioni di giovani compositori italiani. FRANCESCO MANCINI, Magnificat (manoscritto Vienna, Biblioteca Nazionale) Si ringraziano per la collaborazione: L’EDiSU – Ente per il Diritto allo studio universitario dell’Università degli Studi di Pavia. Il Dipartimento di Scienze musicologiche e paleografico-filologiche dell’Università degli Studi di Pavia. La Fondazione Banca Popolare di Cremona per la concessione del clavicembalo William Horn. L’ORGANA di Walter Chinaglia (Como). La Parrocchia di Sant’Imerio.