I sanguinamenti del tratto digestivo inferiore

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I sanguinamenti del tratto digestivo inferiore
concetti chiave
PERCORSI DIAGNOSTICO-TERAPEUTICI
IN ENDOSCOPIA DIGESTIVA
VOLUME
3
Felice Cosentino
Supplemento a Select - Anno III - N.5
I sanguinamenti del tratto
digestivo inferiore
concetti chiave
PERCORSI DIAGNOSTICO-TERAPEUTICI
IN ENDOSCOPIA DIGESTIVA
VOLUME
3
Felice Cosentino
I sanguinamenti del tratto
digestivo inferiore
Dott. Felice Cosentino
U.O. di Endoscopia Digestiva
Ospedale San Paolo
Milano
I SANGUINAMENTI DEL TRATTO DIGESTIVO INFERIORE
Per emorragie del tratto digestivo inferiore (TDI) si intendono convenzionalmente quelle che originano
a valle del legamento di Treitz, anche se nella maggior parte dei casi, con tale termine si indicano sanguinamenti che si verificano a livello del colon. Un’emorragia che origina tra legamento di Treitz e valvola ileo-ciecale è considerata un’emorragia a carico del piccolo intestino.
Le modalità di presentazione dell’emorragia digestiva inferiore dipendono dall’entità della perdita,
dalla velocità con cui essa avviene e dalla sede. Si parla di sanguinamento macroscopico se nelle feci
si riscontra la presenza di sangue rosso vivo o rosso brunastro, mentre il sanguinamento è occulto se
la presenza di sangue nelle feci non è apprezzabile a occhio nudo, ma viene rivelata mediante test specifici di laboratorio.
Il termine ematochezia (che significa “defecazione di sangue”) indica l’emissione di sangue rosso vivo
o brunastro frammisto alle feci o adeso ad esse, di diarrea sanguinolenta o di coaguli. In genere l’ematochezia riconosce una causa nel tratto digestivo inferiore, ma nel 20% circa dei casi la lesione è
situata nel tratto digestivo superiore o nel piccolo intestino associato ad un tempo di transito accelerato. Per proctorragia (o rettorragia) si indica, anche se il termine si riferisce alla sola sede rettale,
un sanguinamento che proviene dal colon sinistro, retto e canale anale. Il sangue è rosso vivo e non
commisto a feci. Per melena si intende l’emissione di feci scure, brillanti, appiccicose e fetide per l’effetto della conversione dell’emoglobina in ematina ad opera dei batteri intestinali. Solitamente la melena consegue ad un sanguinamento del tratto digestivo superiore o del piccolo intestino. Non bisogna
però dimenticare che la melena può ugualmente essere determinata da un sanguinamento del colon
destro se associato ad un transito rallentato.
INQUADRAMENTO CLINICO
Nella maggior parte dei casi tali sanguinamenti sono di lieve entità e non sono necessari provvedimenti
diagnostico-terapeutici d'urgenza; in un ridotto numero di casi si tratta di eventi emorragici gravi o gravissimi (emorragia massiva) che richiedono un inquadramento diagnostico tempestivo ed un trattamento, talora, anche di tipo intensivo.
Al fine di un corretto inquadramento clinico e della successiva gestione diagnostico-terapeutica è indispensabile ottenere informazioni sull’episodio emorragico (modalità del sanguinamento, numero di scariche, entità, caratteristiche del sangue emesso), su eventuali terapie in atto o recenti (anticoagulanti,
FANS), malattie associate, l'esistenza di anamnesi familiare positiva per neoplasie (poliposi familiare, S.
di Lynch, ecc.). Utile anche indagare su eventuali pregressi interventi chirurgici (un pregresso intervento
per aneurisma dell’aorta addominale può suggerire la possibile presenza di fistole aortoenteriche).
Con l’esame obiettivo è possibile evidenziare la presenza di masse addominali o segni peculiari di altra
patologia digestiva. Infine l'esplorazione rettale, con il riscontro di sangue rosso o piceo, permette una
prima grossolana distinzione tra emorragie del tratto digestivo basso o alto. Tale manovra, inoltre, può
permettere di rilevare la presenza di emorroidi o di masse endorettali.
Infine gli esami ematochimici (emocromo, azotemia, elettroliti ematici, conta piastrinica, esami di funzionalità epatica, tests emocoagulativi ecc.) possono fornire utili informazioni sull’entità della perdita
ematica e sulle condizioni generali del paziente.
Tale inquadramento preliminare consente la distinzione tra sanguinamento digestivo alto e basso,
acuto o cronico, indirizza verso un'ipotesi diagnostica e permette di identificare i soggetti per i quali la
situazione di scompenso emodinamico richiede, in modo prioritario, un trattamento intensivo. Da questi elementi nasce l’algoritmo delle indagini strumentali tra le quali l’endoscopia occupa un posto di
rilievo.
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MANIFESTAZIONI DI SANGUINAMENTO
E’ opportuno distinguere le emorragie digestive inferiori in acute e croniche.
• Sanguinamento acuto
L’emorragia acuta del TDI viene definita come la perdita di sangue recente dal retto per una durata
inferiore ai tre giorni e che comporta anemizzazione, instabilità emodinamica e necessità di trasfusioni ematiche.
Tali emorragie, che rappresentano il 20% di tutti gli episodi emorragici acuti gastrointestinali, si arrestano spontaneamente nel 36-85% dei casi. Circa il 29% dei pazienti però, soprattutto di età superiore ai 60 anni, va incontro a recidive emorragiche. Il paziente deve essere seguito sulla base della
pressione sanguigna, del polso, della coscienza e della diuresi. Si stima che un calo di pressione di
10mmHg o un aumento della frequenza cardiaca di 10puls/min corrispondano ad una perdita di 1 litro
di sangue, cioè il 20% della massa ematica circolante. Il sanguinamento acuto può essere a sua volta
suddiviso in un sanguinamento moderato e severo.
• Sanguinamento acuto moderato
Si intende una perdita di sangue che determina: riduzione dell’emoglobina inferiore a 2g/dl e con
valori assoluti superiori a 10g/dl; frequenza cardiaca e pressione arteriosa normali o che si modificano di poco in ortostatismo. Il sanguinamento moderato è caratterizzato da una perdita ematica intensa che cessa spontaneamente dopo un breve periodo, ma può essere anche modesto con una durata più lunga. La maggior parte dei sanguinamenti del TDI ha tali caratteristiche.
Essendo modesta la compromissione dell’equilibrio emodinamico, i pazienti possono essere sottoposti immediatamente all’indagine colonscopica dopo aver effettuato la preparazione intestinale con le
soluzioni di polietilenglicole (3-4 litri somministrati per os o per sondino naso-gastrico). È importante
un’attenta esplorazione dell’ano e del retto (anche con manovra di retroversione), ma la presenza di
una lesione ano-rettale (emorroidi, ragadi, ulcera del retto, colite o neoplasie del retto), specialmente se non attivamente sanguinante al momento dell’esame endoscopico, non esclude una causa di
sanguinamento nei tratti più prossimali. Pertanto si dovrebbe sempre programmare una pancolonscopia. In caso di negatività dell’indagine sarà eseguita una seconda colonscopia alla ripresa del risanguinamento.
• Sanguinamento acuto severo
In caso di perdita del 15% o più del volume plasmatico (riduzione dell’emoglobina oltre 2g/dl con valori assoluti inferiori ai 10g/dl) i pazienti presentano sempre un’instabilità emodinamica (frequenza cardiaca sup. a 100mmHg; pressione sistolica inf. ai 10mmHg; caduta della pressione sistolica in ortostatismo superiore a 20mmHg). Tale quadro clinico impone la stabilizzazione del paziente mediante infusione di liquidi ed eventualmente di emotrasfusioni.
La diagnosi endoscopica
Nell’intraprendere l’iter diagnostico bisogna considerare che nel l’11% circa dei pazienti ammessi con
diagnosi di sanguinamento acuto del tratto digestivo inferiore, la causa del sanguinamento è localizzata nelle prime vie digestive. Questo dimostra che la prima manovra da eseguire sia sempre l’introduzione di un sondino nasogastrico allo scopo di accertare la natura del contenuto gastrico. La presenza di liquido misto a bile fa escludere una causa di emorragia alta, mentre la presenza di liquido
ematico o chiaro (quest’ultimo in presenza di sospetto clinico di patologie alte), impone un’esofago-gastro-duodenoscopia.
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Oltre a escludere un’emorragia digestiva superiore è indispensabile eliminare i dubbi (anamnesi, anoscopia ed eventualmente rettoscopia) di un sanguinamento basso (emorroidi, neoplasie rettali, ecc.)
prima di decidere l’iter successivo. Se trattasi di un paziente con instabilità emodinamica, nonostante
le misure rianimatorie, è indicata l’esecuzione di un’arteriografia che può avere anche finalità terapeutiche. Se tale indagine non ha dato esito positivo (sede di sanguinamento non individuata o fallito
tentativo terapeutico) e il sanguinamento persiste è da valutare la soluzione chirurgica immediata con
eventuale panendoscopia intraoperatoria.
Nel caso, invece, di un paziente stabilizzato dopo le preliminari misure rianimatorie, l’indagine di scelta
è la pancolonscopia previo lavaggio intestinale. Per la pulizia del colon i migliori risultati si ottengono con
soluzioni elettrolitiche al glicole polietilenico (PEG) da somministrare per os o via sondino nasogastrico al
dosaggio di 1 litro ogni 45-60 minuti fino a che dal retto non fuoriesce materiale chiaro, non fecale e
non ematico. In genere ciò si ottiene dopo la somministrazione di 3-4 litri di soluzione. La somministrazione di procinetici e.v. riduce la nausea e facilita lo svuotamento gastrico. Le soluzioni PEG vanno somministrate a temperatura ambiente in modo da mantenere costante la temperatura corporea.
I vantaggi dell’esecuzione della colonscopia in urgenza sono:
• Possibilità di individuare la lesione sanguinante nel 75-90% dei casi;
• Possibilità di attuare un trattamento endoscopico definitivo nel 25-30% dei casi;
• Possibilità di identificare con maggiore accuratezza, rispetto ad angiografia e scintigrafia, lesioni che
abbiano cessato si sanguinare al momento dell’esame.
Nell’eseguire l’esame colonscopico bisogna ricordare che la visualizzazione di una lesione non sanguinante, ma potenzialmente causa di emorragia (emorroidi, diverticoli, ecc.) non esclude la presenza di
una patologia più a monte; per cui l’indagine dovrà essere completa fino al cieco. Nella tabella 1 sono
evidenziati i criteri per la diagnosi colonscopica di sede o livello di emorragia.
Qualora l’esame endoscopico, eseguito in modo accurato e completo, abbia escluso una causa di sanguinamento dal grosso intestino, allora bisognerà valutare l’opportunità di proseguire l’iter diagnostico con lo studio del tenue mediante enteroscopia. Tale indagine potrà rilevare la causa del sanguinamento che sarà trattata endoscopicamente (piccole angectasie, lesioni di Dieulafoy, ecc.) o chirurgicamente (neoplasie, lesioni vascolari diffuse, ecc.). Un esito negativo dell’enteroscopia dovrà necessariamente indicare l’esecuzione di un’arteriografia selettiva.
Nel caso invece che la colonscopia sia stata inefficace nella ricerca di lesioni, (sanguinamento attivo,
difficoltà di completare l’esame, ecc.) sarà necessario far ricorso direttamente all’angiografia selettiva
addominale, preceduta o meno da una scintigrafia con emazie marcate. Il successivo esito diagnostico/terapeutico di tale indagine ci farà considerare un eventuale ricorso alla chirurgia.
Tab. 1. Criteri per la diagnosi colonscopica di sede o livello di emorragia
1.
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3.
4.
5.
6.
Sanguinamento attivo da una sede ben definita (angectasia, vaso visibile, diverticolo, ecc.)
Vaso visibile non sanguinante
Coagulo adeso
Sangue rosso localizzato ad un segmento del colon
Ulcerazione su diverticolo con sangue nel distretto
Assenza di materiale ematico nell’ileo e presenza di sangue recente nel colon
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Le cause del sanguinamento
Foto 1 - Angiodisplasia del cieco.
Le cause più frequenti di emorragia digestiva inferiore sono
riportate nella tabella 2 e si riferiscono all’esperienza del CURE
Hemostasis Research Group. La causa principale risulta il sanguinamento da lesioni vascolari (Foto 1-2) e da diverticoli (Foto
3). Tale primato è confermato dalla maggior parte delle casistiche, mentre in secondo piano compaiono cause diverse come
polipi o neoplasie, malattie infiammatorie e lesioni rettali. Tra le
patologie vascolari meritano particolare attenzione le lesioni di
Dieulafoy. Per lesione di Dieulafoy si intende un’arteria sottomucosa di calibro insolitamente grande (si pensa siano arterie
persistenti sottosierose) che si trova a stretto contatto con la
superficie mucosa. L’erosione della mucosa può comportare
emorragie massive e spesso recidivanti. Le lesioni di Dieulafoy
possono essere riscontrate in tutto l’ambito intestinale, anche
se la sede di predilezione è la regione sottocardiale gastrica
(Foto 4). Endoscopicamente tale lesione può presentarsi come
un vaso visibile sanguinante o come un sanguinamento attivo,
attraverso una minima soluzione di continuo della mucosa. Tale
secondo aspetto rende particolarmente difficile se non impossibile la diagnosi al di fuori dal sanguinamento attivo proprio
per la mancanza di lesioni residue macroscopicamente evidenti della mucosa. Le lesioni di Dieulafoy riscontrate nella nostra
esperienza si localizzavano preferenzialmente al retto (Foto 5)
e sigma distale (Foto 6).
Tab. 2. Causa di sanguinamento in 100 pazienti con ematochezia
severa (dati del CURE Hemostasis Research Group)
Foto 2 - Angiodisplasia del tenue rilevata
con Videocapsula Given (enteroscopia
capsulare).
Foto 3 - Diverticolo sanguinante del
sigma. È visibile del sangue rosso vivo
che fuoriesce a flusso dal diverticolo.
SEDE DELLA LESIONE
NUMERO PAZIENTI
Colon
74 (74%)
Ectasia vascolare
30 (41%)
Diverticolosi
17 (23%)
Polipi o tumori intestinali
11 (15%)
Colite
9 (12%)
Lesioni rettali
4 (5%)
Altre
3 (4%)
Tratto gastrointestinale superiore 11 (11%)
Intestino tenue*
9 (9%)
Sede non specificata
6 (6%)
(*) La diagnosi di sanguinamento presunto dall’intestino tenue è
stata posta quando EGDS e colonscopia sono risultate negative,
ma il sangue fresco o i coaguli (o entrambi) provenivano dalla valvola ileo-ciecale.
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RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO
1. NOME DELLA SPECIALITÀ Pantopan 20 2. COMPOSIZIONE
QUALITATIVA E QUANTITATIVA Una compressa rivestita, gastroresistente contiene: Pantoprazolo sodico sesquidrato 22,6 mg (equivalente a pantoprazolo 20 mg) 3. FORMA FARMACEUTICA
Compresse rivestite gastro-resistenti 4. INFORMAZIONI CLINICHE
4.1 Indicazioni terapeutiche Trattamento della malattia da reflusso di grado lieve e dei sintomi correlati (ad es., pirosi, rigurgito
acido, disfagia). Trattamento a lungo termine e prevenzione delle
recidive delle esofagiti da reflusso gastroesofageo. 4.2 Posologia e
modo di somministrazione -posologia consigliata Trattamento
della malattia da reflusso di grado lieve e dei sintomi correlati (ad
es., pirosi, rigurgito acido, disfagia). La posologia consigliata è di
una compressa rivestita gastroresistente di Pantopan 20, al giorno,
per via orale. La risoluzione della sintomatologia si ottiene, generalmente, in 2-4 settimane; la guarigione della esofagite associata
richiede generalmente un periodo di trattamento di 4 settimane. Se
tale periodo non è sufficiente, la guarigione si otterrà normalmente,
prolungando la terapia per ulteriori 4 settimane. Trattamento a
lungo termine e prevenzione delle recidive delle esofagiti da reflusso gastroesofageo. Per il trattamento a lungo termine, si consiglia
una posologia di mantenimento con una compressa rivestita gastroresistente di Pantopan 20 al giorno, aumentando a 40mg di pantoprazolo al giorno in caso di recidiva. Per questi casi è disponibile
Pantopan da 40mg. Dopo guarigione della recidiva la posologia può
essere ridotta nuovamente a 20mg di pantoprazolo. In caso di trattamento a lungo termine, trattamenti superiori ad un anno dovrebbero essere adottati solo dopo attenta valutazione del rapporto
rischio/beneficio, poiché non si hanno ancora sufficienti esperienze
che confermano la sicurezza del farmaco anche per periodi di trattamento prolungati e continui per parecchi anni. Note Nei pazienti
con funzionalità epatica gravemente compromessa non si dovrà
superare una dose giornaliera di 20 mg. Non è necessario un aggiustamento posologico in pazienti anziani o con funzionalità renale
ridotta. -istruzioni generali: Le compresse rivestite gastro-resistenti di Pantopan 20 non devono essere masticate o frantumate,
ma vanno deglutite intere con un po’ d’acqua prima di un pasto. 4.3
Controindicazioni Pantopan 20 non deve essere impiegato in casi
di ipersensibilità individuale accertata verso il principio attivo e/o
verso gli altri componenti di Pantopan 20. 4.4 Avvertenze speciali
e speciali precauzioni d’uso Avvertenze speciali nessuna Speciali
precauzioni d’uso Nei pazienti con funzionalità epatica gravemente
compromessa, durante la terapia con pantoprazolo si dovrà eseguire un controllo regolare degli enzimi epatici, in particolare durante
trattamenti a lungo termine. In caso di aumento dei livelli sierici di
questi enzimi, si dovrà sospendere Pantopan 20. Nota Prima della
terapia, è necessario escludere l’eventuale natura maligna di una
ulcera gastrica o di una malattia esofagea dato che il trattamento
con pantoprazolo può, alleviando la sintomatologia, ritardare la diagnosi. I pazienti che non rispondono al trattamento dopo 4 settimane dovrebbero essere sottoposti ad opportune indagini diagnostiche. Non sono disponibili al momento esperienze cliniche sull’uso di
pantoprazolo nei bambini. 4.5 Interazioni con altri farmaci e altre
forme di interazione Pantopan 20 può ridurre o aumentare l’assorbimento di farmaci la cui biodisponibilità è pH-dipendente (ad
es., ketoconazolo). Pantoprazolo è metabolizzato nel fegato dal
sistema enzimatico del citocromo P450. Un’interazione di pantopra-
zolo con altri farmaci metabolizzati attraverso lo stesso sistema
enzimatico non può essere esclusa. Tuttavia, in test specifici, non si
sono osservate interazioni clinicamente significative con alcuni di
questi farmaci (o composti), precisamente carbamazepina, caffeina,
diazepam, diclofenac, digossina, etanolo, glibenclamide, metoprololo, nifedipina, fenprocumone, fenitoina, teofillina, warfarin, e un contraccettivo orale. Inoltre non si sono evidenziate interazioni con
antiacidi somministrati contemporaneamente. 4.6 Uso in gravidanza ed allattamento L’esperienza clinica in donne in gravidanza
è limitata. In studi di riproduzione nell’animale, si sono osservati
segni di minima fetotossicità a dosi superiori a 5mg/kg. Non si
hanno dati sull’escrezione di pantoprazolo nel latte umano. Le compresse di pantoprazolo dovrebbero essere somministrate solo
quando il beneficio alla madre sia considerato maggiore del rischio
potenziale per il feto o il bambino. 4.7 Effetti sulla guida e sull’uso di macchine Non sono noti effetti sulla capacità di guida e sull’uso di macchine. 4.8 Effetti indesiderati Il trattamento con
Pantopan 20 può occasionalmente provocare cefalea, disturbi
gastrointestinali quali dolore all’addome superiore, diarrea, costipazione o flatulenza, e reazioni allergiche quali prurito, rash cutaneo
(in casi isolati anche orticaria, angioedema o reazioni anafilattiche,
incluso shock anafilattico). Sono stati riportati rari casi di nausea,
vertigini o disturbi visivi (offuscamento della visione). Sono stati
riportati, in casi isolati, edema periferico, febbre, depressione o
mialgia che si riducono al termine della terapia, come pure un
aumento dei livelli degli enzimi epatici (transaminasi, γ-GT) e dei trigliceridi. 4.9 Sovradosaggio Non sono noti sintomi da sovradosaggio nell’uomo. Dosi fino a 240 mg sono state somministrate per via
endovenosa in due minuti e sono state ben tollerate. In caso di
sovradosaggio con segni clinici di intossicazione, si adottino gli
schemi usuali per il trattamento di una intossicazione. 5.
PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche
Pantoprazolo è un derivato benzimidazolico che inibisce la secrezione di acido cloridrico nello stomaco, con azione specifica sulle
pompe protoniche delle cellule parietali. Pantoprazolo viene convertito nella forma attiva nei canalicoli acidi delle cellule parietali, ove
inibisce l’enzima H+,K+-ATPasi, cioè lo stadio finale della produzione
di acido cloridrico nello stomaco. Tale inibizione è dose-dipendente
ed interessa la secrezione acida sia basale che stimolata. Nella
maggior parte dei pazienti, la sintomatologia si risolve in due settimane. Analogamente ad altri inibitori della pompa protonica e ad
inibitori del recettore H2, il trattamento con pantoprazolo determina
una riduzione dell’acidità a livello gastrico e conseguentemente un
aumento di gastrina, proporzionale alla riduzione dell’acidità.
L’incremento di gastrina è reversibile. Poiché pantoprazolo si lega
all’enzima in posizione distale rispetto al recettore cellulare, questa
sostanza può agire sulla secrezione di acido cloridrico indipendentemente dalla stimolazione di altre sostanze (acetilcolina, istamina,
gastrina). L’effetto è lo stesso dopo somministrazione del prodotto
sia per via orale che endovenosa. I valori di gastrinemia a digiuno
aumentano durante il trattamento con pantoprazolo. In trattamenti a
breve termine, nella maggioranza dei casi non superano i limiti
superiori della norma. Durante trattamenti a lungo termine i livelli di
gastrinemia, nella maggior parte dei casi, raddoppiano. Un eccessivo aumento, tuttavia, si verifica solo in casi isolati. Di conseguenza,
durante il trattamento a lungo termine, in una minoranza di casi, si
osserva nello stomaco un aumento, da lieve a moderato, del numero di cellule endocrine specifiche (ECL) (iperplasia da semplice ad
adenomatoide). Tuttavia, in base agli studi sinora eseguiti, la formazione di precursori carcinoidi (iperplasia atipica) o di carcinoidi
gastrici -come trovati negli esperimenti sull’animale (v. punto 5.3)può essere esclusa per pazienti sottoposti a trattamenti di un anno.
Sulla base degli studi nell’animale, non si può escludere l’influenza
dei trattamenti con pantoprazolo a lungo termine -superiori ad un
anno- sui parametri endocrini della tiroide e degli enzimi epatici. 5.2
Proprietà farmacocinetiche - Farmacocinetica generale Pantoprazolo viene assorbito rapidamente, ottenendosi concentrazioni plasmatiche massimali già dopo una singola dose orale di
20mg. Le massime concentrazioni sieriche (intorno a 1-1,5 µg/mL)
vengono raggiunte, in media, 2-2,5 ore dopo la somministrazione, e
tali valori rimangono costanti dopo somministrazioni ripetute. Il
volume di distribuzione è di circa 0.15 L/kg, la clearance intorno a
0.1 L/h/kg. L’emivita della fase terminale è di circa 1 ora. Si sono
osservati alcuni casi di rallentata eliminazione del farmaco. A causa
dello specifico legame del pantoprazolo alle pompe protoniche delle
cellule parietali, l’emivita di eliminazione non si correla con la durata d’azione (inibizione della secrezione acida) che è molto superiore. Le caratteristiche farmacocinetiche non si modificano dopo
somministrazione singola o ripetuta. Nell’intervallo di dosi tra 10 e
80mg, le cinetiche plasmatiche di pantoprazolo sono lineari dopo
somministrazione sia orale che endovenosa. Il legame di pantoprazolo alle proteine sieriche è di circa il 98%. La sostanza viene metabolizzata quasi esclusivamente a livello epatico. L’eliminazione
renale rappresenta la principale via di escrezione (circa 80%) dei
metaboliti di pantoprazolo, il rimanente viene escreto con le feci. Il
principale metabolita, sia nel siero sia nelle urine, è il desmetilpantoprazolo, sotto forma di sulfoconiugato. L’emivita del metabolita
principale (circa 1.5 h) non è molto più elevata di quella di pantoprazolo - Biodisponibilità Pantoprazolo è completamente assorbito dopo somministrazione orale. La biodisponibilità assoluta delle
compresse è circa il 77%. La assunzione concomitante di cibo non
influenza AUC, massima concentrazione sierica e, quindi, la biodisponibilità. Solo la variabilità del lag-time sarà aumentata dalla contemporanea assunzione di cibo. - Caratteristiche in
pazienti/gruppi particolari Non si richiede una riduzione del
dosaggio in pazienti con ridotta funzionalità renale (compresi
pazienti in dialisi). L’emivita di pantoprazolo è breve come si osserva nei soggetti sani. Pantoprazolo è scarsamente dializzabile.
Sebbene l’emivita del principale metabolita sia moderatamente
aumentata (2-3 h), l’escrezione è nondimeno rapida e dunque non
si verifica accumulo. Sebbene nei pazienti con cirrosi epatica (classe A e B secondo Child), l’emivita aumenti fino a 3-6 ore ed i valori
di AUC siano di 3-5 volte maggiori, le concentrazioni sieriche massimali del farmaco sono solo modestamente aumentate di 1.3 volte
rispetto ai soggetti sani. Un leggero aumento dei valori di AUC e Cmax
che si osserva nei volontari anziani rispetto al gruppo dei volontari
più giovani è anch’esso clinicamente non rilevante. 5.3 Dati preclinici di sicurezza Dai dati preclinici non emergono particolari rischi
per l’uomo, sulla base degli usuali studi di sicurezza, farmacologia,
tossicità per somministrazioni ripetute e genotossicità. Negli studi di
carcinogenesi a 2 anni nel ratto -che per questo animale corrisponde al trattamento per tutta la vita- sono stati evidenziati tumori neuroendocrini. Inoltre; in uno studio nella parte superiore dello stomaco dei ratti, si sono trovati papillomi a cellule squamose. Il meccanismo con cui i derivati benzimidazolici inducono la formazione di
carcinoidi gastrici è stato accuratamente studiato, portando alla
conclusione che si tratti di una reazione secondaria allo spiccato
aumento della gastrinemia che si verifica nel ratto nel corso del trattamento cronico. In studi a 2 anni sui roditori, si è osservato un
aumento del numero di alterazioni neoplastiche a livello epatico nei
ratti (in un solo studio sul ratto) e nel topo femmina, interpretato
come dovuto alla elevata metabolizzazione di pantoprazolo nel
fegato. Un leggero aumento di alterazioni neoplastiche della tiroide
è stato osservato nel gruppo di ratti trattati con la dose più alta
(200mg/kg) in uno studio a due anni. L’insorgenza di tali neoplasie
è associata alle modificazioni, indotte da pantoprazolo, nel catabolismo della tiroxina a livello epatico nel ratto. Poiché la dose terapeutica per l’uomo è bassa, non sono da attendersi effetti secondari alle ghiandole tiroidee. Si può escludere che pantoprazolo abbia
potenziale genotossico in base a studi di mutagenesi, test di trasformazione cellulare ed uno studio di DNA-binding. Gli studi effettuati non hanno dimostrato alcuna influenza negativa sulla fertilità
né effetti teratogeni. Il passaggio transplacentare, studiato nel ratto,
aumenta con il progredire della gestazione. Di conseguenza, la concentrazione fetale di pantoprazolo aumenta subito prima della
nascita. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE Una compressa rivestita gastro-resistente contiene: principio attivo: pantoprazolo sodico sesquidrato 22,6mg (equivalente a pantoprazolo 20 mg) 6.1
Lista degli eccipienti: sodio carbonato mannitolo crospovidone
povidone K90 calcio stearato ipromellosa povidone K25 glicole propilenico acido metacrilico-etilacrilato copolimero (1:1) polisorbato
80 sodio lauril solfato trietilcitrato titanio biossido E 171 ossido di
ferro giallo E 172 inchiostro di stampa (shellac, ossido di ferro
rosso, nero e giallo E172, lecitina di soia, titanio biossido E171, antischiuma DC 1510) 6.2 Incompatibilità Non applicabile 6.3 Validità
3 anni 6.4 Speciali precauzioni per la conservazione Nessuna.
6.5 Contenitore, confezione e prezzo Confezioni flaconi (contenitore in HDPE con chiusura in LDPE) e blister (blister in ALU/ALU e blister in PVC/PVDC/ALU) da 14 e 15* compresse rivestite gastroresistenti. 28 e 30* compresse rivestite gastroresistenti. 56 e 60* compresse rivestite gastroresistenti. 100* compresse rivestite gastroresistenti. Confezioni ospedaliere: flaconi (contenitore in HDPE con
chiusura in LDPE) e blister (blister in ALU/ALU e blister in
PVC/PVDC/ALU) da 140* compresse rivestite gastroresistenti 140*
(10x14*) (5x28*) compresse rivestite gastroresistenti 700 (5x140*)
compresse rivestite gastroresistenti 280 (20x14*) (10x28*) compresse rivestite gastroresistenti *autorizzate nello Stato Membro di
Riferimento. Non tutte le confezioni elencate vengono commercializzate in Italia Flacone 14 compresse rivestite gastroresistenti Prezzo t 13,24 6.6 Speciali istruzioni d’uso nessuna 7. NOME,
RAGIONE E SEDE SOCIALE DEL TITOLARE DELLl’A.I.C. PHARMACIA ITALIA S.p.A. - Via Robert Koch, 1.2 – MILANO 8. A.I.C. N.
Flacone 14 compresse rivestite gastroresistenti - A.I.C. n.
031835097/M Blister 14 compresse rivestite gastroresistenti A.I.C. n. 031835022/M (*) Flacone 28 compresse rivestite gastroresistenti - A.I.C. n. 031835111/M (*) Blister 28 compresse rivestite
gastroresistenti - A.I.C. n. 031835046/M (*) Flacone 56 compresse
rivestite gastroresistenti - A.I.C. n. 031835135/M (*) Blister 56 compresse rivestite gastroresistenti - A.I.C. n. 031835061/M (*) (*) confezioni non commercializzate 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE 29 Maggio 2000 10. TABELLA DI APPARTENENZA D.P.R.
309/90 Non pertinente 11. REGIME DI DISPENSAZIONE AL PUBBLICO Da vendersi dietro presentazione di ricetta medica 12. DATA
DI REVISIONE (PARZIALE) DEL TESTO Luglio 2002
1. NOME DELLA SPECIALITA’ MEDICINALE PANTOPAN 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA Una compressa
gastroresistente contiene: Principio attivo: Pantoprazolo sodico
sesquidrato 45,1 mg (equivalente a pantoprazolo 40 mg). 3.
FORMA FARMACEUTICA Compresse gastro-resistenti per uso
orale 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche
eradicazione di H. pylori in combinazione con due antibiotici
appropriati (vedasi Posologia) in pazienti con ulcera peptica, allo
scopo di ridurre le recidive di ulcera duodenale e gastrica causate da questo microrganismo. ulcera duodenale ulcera gastrica
esofagite da reflusso di grado moderato e grave 4.2 Posologia e
modo di somministrazione - posologia consigliata - I pazienti positivi per Helicobacter pylori e affetti da ulcera gastrica o duodenale, dovranno essere sottoposti ad eradicazione del batterio
con una terapia combinata. Si consiglia l’adozione di uno dei
seguenti schemi di terapia per l’eradicazione di H. pylori, in funzione del tipo di resistenza: 1) Pantopan, una compressa gastroresistente due volte al dì + amoxicillina 1000 mg due volte al dì
+ claritromicina 500 mg due volte al dì 2) Pantopan, una compressa gastro-resistente due volte al dì + metronidazolo 500 mg
due volte al dì + claritromicina 500 mg due volte al dì 3)
Pantopan, una compressa gastro-resistente due volte al dì +
amoxicillina 1000 mg due volte al dì + metronidazolo 500 mg due
volte al dì. Nei casi in cui la terapia combinata non sia di scelta,
ad es. nei pazienti negativi per Helicobacter pylori, si consiglia la
monoterapia con Pantopan, nei seguenti dosaggi Trattamento di
ulcera gastrica e duodenale e di esofagite da reflusso: una compressa gastro-resistente di Pantopan al giorno. In casi particolari,
in special modo quando non si sia ottenuta risposta ad altri trattamenti, la posologia potrà essere aumentata a due compresse di
Pantopan al giorno. In caso di funzionalità epatica gravemente
compromessa la posologia deve essere ridotta a 1 compressa (40
mg di pantoprazolo) a giorni alterni. Inoltre, durante la terapia con
Pantopan si dovrebbero eseguire controlli regolari degli enzimi
epatici; in caso di aumento dei livelli sierici di questi enzimi, si
dovrà sospendere il trattamento con Pantopan. Non si dovrà
superare la dose giornaliera di 40 mg di pantoprazolo nei pazienti anziani o nei pazienti con ridotta funzionalità renale.
Un’eccezione è rappresentata dalla terapia combinata per l’eradicazione di H. pylori, nella quale anche i pazienti anziani dovranno assumere pantoprazolo al dosaggio pieno (2 x 40 mg pro die)
per 1 settimana. - Istruzioni generali - Le compresse
gastro-resistenti di PANTOPAN non devono essere masticate o
frantumate, ma deglutite intere con un po’ di acqua al mattino
un’ora prima della colazione. Durante la terapia combinata per
l’eradicazione dell’infezione da H. pylori, la seconda compressa di
Pantopan dovrà essere assunta prima del pasto serale. La terapia
combinata va generalmente effettuata per 7 giorni e può essere
prolungata fino ad un massimo di due settimane. Se, per assicurare la cicatrizzazione dell’ulcera, è indicato un ulteriore trattamento con pantoprazolo, si dovrà adottare la posologia raccomandata per il trattamento dell’ulcera gastrica e duodenale.
Nell’ulcera duodenale, la cicatrizzazione della lesione ulcerosa si
ottiene generalmente entro 2 settimane dall’inizio del trattamento. Se tale periodo non è sufficiente, la guarigione si verifica nella
quasi totalità dei casi, dopo altre 2 settimane di terapia.
Nell’ulcera gastrica e nell’esofagite da reflusso, la durata del trattamento richiesto per la cicatrizzazione è in genere di 4 settima-
ne. Se tale periodo non è sufficiente, la guarigione si ottiene nella
quasi totalità dei casi, prolungando la terapia per altre 4 settimane. La durata di un ciclo di terapia con PANTOPAN non dovrebbe
superare le 8 settimane, poichè l’esperienza con trattamenti a
lungo termine nell’uomo non è sufficiente. 4.3 Controindicazioni
Pantopan non deve essere generalmente impiegato in casi di
ipersensibilità individuale accertata verso uno dei componenti di
Pantopan o dei farmaci assunti con la terapia combinata.
Pantopan non deve essere impiegato in terapia combinata per
l’eradicazione di H. pylori nei pazienti con disfunzioni epatiche o
renali da moderate a gravi, poichè al momento non sono disponibili dati di efficacia e tollerabilità di Pantopan in terapia combinata in questi pazienti 4.4 Avvertenze speciali e speciali precauzioni per l’uso Pantoprazolo non è indicato per il trattamento di
disturbi gastrointestinali lievi come si può verificare nella dispepsia nervosa. In caso di terapia combinata, dovrà essere osservato quanto riportato nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto
dei rispettivi singoli farmaci. Prima dell’inizio della terapia è
necessario escludere la possibilità della natura maligna di un’ulcera gastrica o di una malattia esofagea, dato che il trattamento
con pantoprazolo può, alleviando la sintomatologia, ritardare la
diagnosi. La diagnosi di esofagite da reflusso dovrebbe essere
confermata endoscopicamente. Non sono disponibili al momento
esperienze cliniche sull’uso di pantoprazolo nei bambini. 4.5
Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione
Pantopan può ridurre l’assorbimento di farmaci la cui biodisponibilità è pH-dipendente (ad es., ketoconazolo). Pantoprazolo è
metabolizzato nel fegato dal sistema enzimatico del citocromo
P450. Un’interazione con altri farmaci metabolizzati attraverso lo
stesso sistema enzimatico non può essere esclusa. Tuttavia, in
tests specifici, non si sono osservate interazioni clinicamente
significative con alcuni di questi farmaci, precisamente caffeina,
carbamazepina, diazepam, diclofenac, digossina, etanolo, fenitoina, fenprocumone, glibenclamide, metoprololo, nifedipina, teofillina, warfarin e un contraccettivo orale. Inoltre non si sono evidenziate interazioni con antiacidi somministrati contemporaneamente. Sono stati condotti nell’uomo studi di interazione farmacocinetica con somministrazione concomitante di pantoprazolo e dei
riferiti antibiotici (claritromicina, metronidazolo, amoxicillina). Non
sono state evidenziate interazioni significative. 4.6 Gravidanza
ed allattamento L’esperienza clinica in donne in gravidanza è
limitata. In studi di riproduzione condotti nell’animale, si sono
osservati segni di lieve tossicità a dosi maggiori a 5 mg/kg. Non
sono disponibili dati sull’escrezione di pantoprazolo nel latte
materno. Le compresse di pantoprazolo dovranno essere somministrate solo quando il beneficio per la madre sia considerato
maggiore del rischio potenziale per il feto o il lattante. 4.7 Effetti
sulla capacità di guidare e di usare macchinari Non sono noti
effetti sulla capacità di guida e sull’uso di macchine. 4.8 Effetti
indesiderati Il trattamento con PANTOPAN può occasionalmente
provocare cefalea, disturbi gastrointestinali quali dolore all’addome superiore, diarrea, costipazione o flatulenza, e reazioni allergiche quali prurito, rash cutaneo (in casi isolati anche orticaria,
edema angioneurotico o reazioni anafilattiche incluso shock anafilattico). Sono stati riportati rari casi di nausea, vertigini o disturbi visivi (offuscamento della visione). Sono riportati, in casi isolati, edema periferico, febbre, depressione o mialgia che si riducono al termine della terapia. 4.9 Sovradosaggio Non sono noti
sintomi da sovradosaggio nell’uomo. Dosi fino a 240 mg sono
state somministrate per via endovenosa in due minuti e sono
state ben tollerate. In caso di sovradosaggio con segni clinici di
intossicazione, si adottino gli schemi usuali per il trattamento dell’intossicazione. 5. PROPRIETA’ FARMACOLOGICHE 5.1
Proprietà farmacodinamiche Pantoprazolo è un derivato benzimidazolico che inibisce la secrezione di acido cloridrico nello stomaco, con azione specifica sulle pompe protoniche delle cellule
parietali. Pantoprazolo viene convertito nella forma attiva nell’ambiente acido delle cellule parietali, ove inibisce l’enzima
H+,K+-ATPasi, cioè lo stadio finale della produzione di acido cloridrico nello stomaco. Tale inibizione è dose-dipendente ed interessa la secrezione acida sia basale che stimolata. Analogamente
ad altri inibitori della pompa protonica e a inibitori del recettore
H2, il trattamento con pantoprazolo determina una riduzione dell’acidità a livello gastrico e conseguentemente un aumento di
gastrina, proporzionale alla riduzione dell’acidità. L’incremento di
gastrina è reversibile. Poichè pantoprazolo si lega all’enzima in
posizione distale rispetto al recettore cellulare, questa sostanza
può agire sulla secrezione di acido cloridrico indipendentemente
dalla stimolazione di altre sostanze (acetilcolina, istamina, gastrina). L’effetto è lo stesso dopo somministrazione del prodotto sia
per via orale che endovenosa. 5.2 Proprietà farmacocinetiche Farmacocinetica generale - Pantoprazolo viene assorbito rapidamente, ottenendosi concentrazioni plasmatiche massimali già
dopo una singola dose orale di 40 mg. Le massime concentrazioni seriche (intorno a 2-3 mcg/ml) vengono raggiunte, in media,
2,5 ore dopo la somministrazione, e tali valori rimangono costanti dopo somministrazioni ripetute. Il volume di distribuzione è di
circa 0.15 l/kg, la clearance intorno a 0.1 l/h/kg. L’emivita della
fase terminale della curva concentrazione plasmatica/tempo è di
circa 1 ora. Si sono osservati alcuni casi di rallentata eliminazione del farmaco. A causa della attivazione specifica delle cellule
parietali, l’emivita di eliminazione non si correla con la durata d’azione (inibizione della secrezione acida) che è molto più lunga. Le
caratteristiche farmacocinetiche non si modificano dopo somministrazione singola o ripetuta. Nell’intervallo di dosi tra 10 e
80mg, le cinetiche plasmatiche di pantoprazolo sono praticamente lineari dopo somministrazione sia orale che endovenosa. Il
legame di pantoprazolo alle proteine seriche è di circa il 98%. La
sostanza viene metabolizzata quasi esclusivamente a livello epatico. L’eliminazione renale rappresenta la principale via di escrezione (circa 80%) dei metaboliti di pantoprazolo, il rimanente
viene escreto con le feci. Il principale metabolita, sia nel siero sia
nelle urine, è il demetilpantoprazolo, sotto forma di sulfoconiugato. L’emivita del metabolita principale (circa 1,5 h) non è molto più
elevata di quella di pantoprazolo. - Biodisponibilità Pantoprazolo è completamente assorbito dopo somministrazione
orale. La biodisponibilità assoluta delle compresse è circa il 77%.
L’assunzione concomitante di cibo non influenza AUC, massima
concentrazione serica e, quindi, la biodisponibilità. Solo la variabilità del lag-time sarà aumentata dalla contemporanea assunzione di cibo. - Caratteristiche in pazienti/gruppi particolari Non si richiede una riduzione del dosaggio in pazienti con ridotta
funzionalità renale (compresi pazienti in dialisi). L’emivita di pantoprazolo è breve come si osserva nei soggetti sani. Pantoprazolo
è scarsamente dializzabile. Sebbene l’emivita del principale
metabolita sia moderatamente aumentata (2-3 h), l’escrezione è
non di meno rapida e dunque non si verifica accumulo. Sebbene
nei pazienti con cirrosi epatica (classe A e B secondo Child), l’emivita aumenti fino a 7-9 ore ed i valori di AUC siano di 5-7 volte
maggiori, le concentrazioni seriche massimali del farmaco sono
solo modestamente aumentate (circa 1,5 volte) rispetto ai soggetti sani. Un leggero aumento dei valori di AUC e Cmax che si
osserva nei volontari anziani rispetto al gruppo dei volontari più
giovani è anch’esso clinicamente non rilevante. 5.3 Dati preclinici di sicurezza Dai dati di preclinica, basati su studi convenzionali di tollerabilità, farmacologia, tossicità per somministrazioni ripetute e genotossicità, non emergono particolari rischi per
l’uomo. In uno studio di carcinogenesi a 2 anni nel ratto - che per
questo animale corrisponde al trattamento per tutta la vita - sono
stati evidenziati tumori neuroendocrini. Inoltre, nella ampolla esofagea dei ratti, si sono trovati papillomi a cellule squamose. Il
meccanismo con cui i derivati benzimidazolici inducono la formazione di carcinoidi gastrici è stato accuratamente studiato, portando alla conclusione che si tratti di una reazione secondaria allo
spiccato aumento della gastrinemia che si verifica nel ratto nel
corso del trattamento cronico. Negli studi a 2 anni si è osservato
un aumento del numero di alterazioni neoplastiche a livello epatico nel ratto e nel topo femmina, attribuito alla elevata metabolizzazione di pantoprazolo nel fegato. Da studi di mutagenesi, test
di trasformazione cellulare e da uno studio di DNA-binding, si è
concluso che pantoprazolo non ha potenziale genotossico. Un
leggero aumento di alterazioni neoplastiche della tiroide è stato
osservato nel gruppo di ratti trattati con dose più alta.
L’insorgenza di tali neoplasie è associata alle modificazioni, indotte da pantoprazolo, nel catabolismo della tiroxina a livello epatico
nel ratto. Poichè la dose terapeutica per l’uomo è bassa, non sono
da attendersi effetti indesiderati sulla tiroide. Gli studi effettuati
non hanno dimostrato alcuna influenza negativa sulla fertilità nè
effetti teratogeni. Il passaggio transplacentare, studiato nel ratto,
aumenta con il progredire della gestazione. Di conseguenza, la
concentrazione fetale di pantoprazolo aumenta subito prima della
nascita. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Lista degli
eccipienti: Una compressa gastroresistente contiene Principio
attivo: Pantoprazolo sodico sesquidrato 45,1 mg (equivalente a
pantoprazolo 40 mg). Eccipienti: Sodio carbonato, D-mannitolo
(=0,0036 BU), polivinilpirrolidone insolubile, polivinilpirrolidone
K90, calcio stearato, idrossipropilmetilcellulosa 2910, polivinilpirrolidone K25, titanio biossido E 171, ossido di ferro giallo E 172,
glicole propilenico, poli (etilacrilato, acido metacrilico) 1:1, polisorbato 80, sodio laurilsolfato, trietilcitrato, inchiostro di stampa.
6.2 Incompatibilità Nessuna 6.3 Validità 3 anni a confezionamento integro. 6.4 Speciali precauzioni per la conservazione
nessuna. 6.5 Natura e contenuto del contenitore Flacone e
tappo in politene Confezioni da 14 compresse gastroresistenti.
6.6 Istruzioni d’uso Nessuna 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO PHARMACIA ITALIA
S.p.A. - Via Robert Koch 1.2, MILANO 8. NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO 14 compresse
gastroresistenti 40 mg - 031835010/M 9. DATA DI PRIMA AUTORIZZAZIONE Maggio 1996 10. TABELLA DI APPARTENENZA
SECONDO IL D.P.R. 309/90 Non soggetto al DPR 309/90. 11.
REGIME DI DISPENSAZIONE AL PUBBLICO Da vendersi dietro
presentazione di ricetta medica. DATA DI REVISIONE DEL TESTO
Luglio 2002
Circa l’85-90% dei sanguinamenti inferiori si arresta spontaneamente, ma nel 10-15% dei casi il sanguinamento recidiva
in modo importante. Questi pazienti che sanguinano sono più
anziani di quelli con emorragia digestiva superiore, ma la mortalità, che si attesta attorno al 5-10%, è diminuita negli ultimi
anni grazie ai progressi delle misure rianimatorie ed alla disponibilità di tecniche diagnostiche e terapeutiche. Tra queste,
senza dubbio, l’endoscopia occupa un posto di primo piano sia
nel settore diagnostico, come già riportato, sia in quello terapeutico.
La terapia endoscopica
Si valuta che in circa il 25-30% dei casi le lesioni sanguinanti
siano suscettibili di trattamento endoscopico. Le tecniche di
emostasi endoscopiche più frequentemente utilizzate sono illustrate nella tabella 3.
Foto 4 - Lesione di Dieulafoy della regione sottocardiale gastrica. Si rileva un sanguinamento a getto senza evidente soluzione di continuo della mucosa.
Tab. 3. Tecniche di emostasi endoscopica
EMORRAGIE DEL TRATTO DIGESTIVO INFERIORE
Tecniche di emostasi endoscopica
TERAPIA INIETTIVA
Sol. Adrenalina 1:10.000 / 1:20.000
TERAPIA TERMICA
Coagulazione bipolare
Heater probe
Argon Plasma Coagulation
TERAPIA MECCANICA
Clips
Loops
Foto 5 - Lesione di Dieulafoy del retto. È
evidente un vaso visibile rilevato senza
zone ulcerative alla base.
La scelta della tecnica da utilizzare, da sola o in combinazione,
dipende fondamentalmente dalla lesione da trattare.
Per la terapia iniettiva vengono utilizzati aghi da 21G o 23G e
l’adrenalina in soluzione 1:10.000 o 1:20.000. La quantità di
sostanza iniettata (1-2ml per iniezione) varia a seconda dell’entità del sanguinamento, comunque non vengono riportate
in letteratura complicanze sistemiche o locali legate all’impiego
dell’adrenalina in quantità comprese fra i 10 e i 20ml di soluzione. L’effetto emostatico è dovuto all’azione meccanica del
ponfo, alla vasocostrizione ed all’aggregazione piastrinica favorita dall’adrenalina. Tale terapia è quella più frequentemente
utilizzata e può essere impiegata da sola (sanguinamenti diverticolari, emorragie post-polipectomia, ecc.) o in associazione
ad altre tecniche di emostasi. Non trova, invece, indicazione nei
sanguinamenti da angectasie, specie se multiple.
Tra le terapie termiche viene data preferenza all’Argon Plasma
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Foto 6 - Lesione di Dieulafoy del sigma
distale. Si evidenzia un vaso visibile con
sanguinamento a flusso.
Coagulation (APC) in quanto è un mezzo “non da contatto” e perché consente il controllo della profondità di penetrazione (max 4mm). L’APC si è andata affermando come la metodica più sicura ed efficace soprattutto per le angectasie isolate o diffuse (teleangectasie post-attiniche).
Le terapie meccaniche sono di più recente applicazione. Le clips metalliche, utilizzate soprattutto per
clampare vasi visibili, consentono un’emostasi definitiva con minimo o assente danno tissutale. Trattasi,
però, di un mezzo di non facile impiego e che necessita di un adeguato training per operatore ed assistente. L’endoloop viene utilizzato solitamente per i sanguinamenti post-polipectomia (polipi peduncolati) o per prevenire l’emorragia se applicato preliminarmente alla sezione endoscopica del polipo.
La terapia endoscopia si dimostra efficace ed in mani esperte consente un’emostasi immediata nel 6699% dei casi. La recidiva emorragica è compresa tra il 4 e 20% e la mortalità fra il 3 e 5%.
• Sanguinamento cronico
Si intende una perdita attraverso il retto generalmente di modesta entità ed intermittente, perdurante
oltre tre giorni. I sanguinamenti cronici sono di gran lunga i più frequenti e riconoscono come cause
più comuni: le emorroidi, i polipi, la RCU, i carcinomi, il morbo di Crohn e le ischemie intestinali. Le
emorroidi costituiscono in assoluto la causa più frequente di rettorragia e talora l'erronea attribuzione
di un sanguinamento a tale patologia può rappresentare la causa di ritardata diagnosi di una neoplasia colo-rettale.
La perdita ematica si può manifestare come:
a) sangue occulto nelle feci;
b) episodi occasionali di melena;
c) perdita di piccole quantità di sangue rosso vivo.
Sangue occulto nelle feci. Nei pazienti al di sopra dei 50 anni la presenza del sangue occulto positivo
nelle feci deve far sospettare ad una neoplasia del tratto intestinale ed in particolare del colon. In presenza di una negatività dell’esplorazione ano-rettale si ritiene opportuno comunque un esame completo di tutto il colon che nel 20-40% dei casi mette in evidenza una patologia (lesioni infiammatorie,
polipi o carcinomi). Perché la colonscopia è preferibile al clisma opaco? I motivi sono i seguenti:
1) il clisma a doppio contrasto presenta un 20-40% di falsi positivi;
2) la colonscopia consente atti terapeutici (polipectomia; emostasi di lesioni sanguinanti);
3) la colonscopia deve necessariamente seguire un clisma opaco che ha rivelato lesioni da biopsiare.
In caso di negatività dell’esame colonscopico e di persistenza della perdita ematica è necessario procedere nell’esplorazione del tratto digestivo superiore e, in seconda istanza, allo studio del piccolo intestino.
Melena intermittente. La presenza di una melena intermittente pone l’indicazione ad un’esofagogastro-duodenoscopia ed in caso di negatività per lesioni si procederà alla colonscopia. Qualora l’esplorazione del colon risultasse negativa si dovrà decidere, prima di intraprendere uno studio del tenue,
se ripetere gastroscopia e colonscopia. La necessità di ripetere tali indagini è legata al fatto che nel
30% circa dei casi la lesione responsabile del sanguinamento può non essere rilevata alla prima esplorazione. Quindi, o si è certi che l’iniziale esplorazione sia stata condotta in modo accurato e da personale esperto, o altrimenti le indagini dovranno essere ripetute. L’attuale orientamento è quello di ripetere la colonscopia (al momento della ripresa del sanguinamento) da altro operatore e procedere successivamente, in caso di conferma di negatività per lesioni coliche, ad una nuova gastroscopia. In mancanza di patologie emorragiche diventa allora indispensabile indagare il piccolo intestino.
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Lo studio del tenue può essere effettuato con enteroscopia push o con enteroscopia con capsula
(Videocapsula). L’enteroscopia push, eseguita con endoscopio di 250cm, pur non permettendo l’esplorazione completa del piccolo intestino (mediamente consente l’esplorazione oltre il Treitz per circa
50-150cm) ha una resa diagnostica del 38-75%, mentre l’enteroscopia con capsula consente l’esplorazione completa del piccolo intestino senza alcuna invasività e senza rischi con una resa diagnostica
che può raggiungere l’80%. Lavori recenti di confronto fra enteroscopia push ed enteroscopia con
videocapsula assegnano a quest’ultima una resa diagnostica nettamente superiore nella ricerca dei
sanguinamenti oscuri. L’enteroscopia push può comunque trovare indicazioni in un eventuale tempo
terapeutico (emostasi di lesioni dopo il Treitz). In considerazione, però, della scarsa esperienza internazionale nel settore non c’è ancora comune accordo sull’iter da seguire dopo la negatività dell’esplorazione del tratto digestivo superiore ed inferiore. Nel nostro protocollo, comunque, preferiamo
eseguire l’enteroscopia push prima della videocapsula. In tale modo l’enteroscopia ci consente una
seconda esplorazione del tratto digestivo superiore (evitando la seconda gastroscopia) e permette l’individuazione e il trattamento immediato delle lesioni emorragiche subito dopo il Treitz (sede più frequente di lesioni emorragiche del piccolo intestino). L’iter diagnostico della ricerca di un sanguinamento cronico, qualora tutte le indagini precedenti risultassero negative, dovrà concludersi con la
T.A.C. del piccolo intestino in quanto, nella nostra esperienza, tre neoformazioni (1 adenocarcinoma e
2 tumori stromali) non sono stati rilevati dalla videocapsula. L’atto diagnostico finale, ovviamente
tenendo conto delle condizioni cliniche del paziente, è costituito dalla chirurgia con eventuale enteroscopia intraoperatoria.
Ematochezia di modesta entità. L’emissione cronica intermittente di piccole quantità di sangue rosso
vivo dal retto rappresenta la forma più comune di sanguinamento digestivo inferiore. L’anamnesi è
indicativa nel porre una diagnosi di sospetto. Le emorroidi comportano l’emissione indolore di un una
scarsa quantità di sangue sulla carta igienica o nell’acqua della toilette, mentre il sanguinamento delle
ragadi si associa ad un forte dolore, durante e dopo la defecazione. La valutazione diagnostica di tali
pazienti si basa sull’ispezione anale, nell’esplorazione digitale del retto e nello studio con rettosigmoidoscopia flessibile. Da non dimenticare, nell’uso di quest’ultima indagine, la retroflessione dello strumento nell’ampolla rettale per una più completa ed ottimale osservazione della giunzione ano-rettale.
In caso di negatività di questa prima condotta diagnostica si procederà, persistendo il sintomo, all’esplorazione completa del colon. La pancolonscopia dovrà, invece, essere immediatamente presa in
considerazione nei soggetti sopra i 45 anni con sanguinamento di breve durata e con l’emissione di
sangue mista alle feci. Tali elementi sono suggestivi di una patologia più grave che nel 7-10% dei casi
è rappresentata da una neoplasia colorettale.
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ALGORITMO DIAGNOSTICO
NEL PAZIENTE
CON EPISODI SALTUARI
DI MELENA
ALGORITMO DIAGNOSTICO
NEL PAZIENTE
CON SANGUINAMENTO
ACUTO SEVERO
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FONTI BIBLIOGRAFICHE
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A02BC02
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Dep. Min. Sal. 19/6/2003
ZR203PA0017