L`amore fa fronte a tutto

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L`amore fa fronte a tutto
L’amore fa fronte a qualsiasi minaccia
(cfr Amoris laetitia, 90ss)
“La carità è magnanima, benevola è la carità;
non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio,
non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse,
non si adira, non tiene conto del male ricevuto,
non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità.
Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.”
(1 Cor 13, 4-7)
L’inno alla carità di san Paolo si conclude con 4 “tutto”: tutto scusa, tutto crede, tutto
spera, tutto sopporta. L’amore vero è dunque capace di fare fronte a tutto quello che lo
minaccia. L’amore vero – quello che Dio ha infuso nei nostri cuori per mezzo dello
Spirito, la carità che è dono di Dio – vince tutte le sfide che trova sul suo cammino. La
Scrittura, infatti, continuamente ci ripete che l’amore è forte e potente: “Forte come la
morte è l’amore”, “in tutte queste cose non siamo più che vincitori grazie a Colui che ci
ha amati”, “non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene”
Di conseguenza c’è da pensare che il grande fallimento della vita cristiana e di tutte le
vocazioni ecclesiali sta nel non credere più alla potenza dell’amore o – peggio ancora –
di porre resistenza alla forza dell’amore. Quando non ci sono più quei quattro “tutto”,
per cui si scusa, si crede, si spera, si sopporta ma ormai solo in parte o a metà…, siamo
vicini al fallimento.
Papa Francesco nell’Amoris Laetitia si sofferma a commentare l’inno alla carità. Quello
che gli scrive agli sposi, penso che possa valere anche per noi. Nella vita fraterna e
comunitaria di noi religiosi è necessario coltivare un amore forte che ci permetta di
lottare contro il male dell’indifferenza o del rancore. L’ideale cristiano è “l’amore
malgrado tutto”. Questo “amore malgrado tutto” non è un sentimento, non è buonismo a
360°… Qui si tratta della carità soprannaturale infusa nei nostri cuori dallo Spirito
Santo. È una virtù soprannaturale che richiede di essere praticata giorno dopo giorno con
l’esercizio delle virtù “feriali” che fanno crescere l’amore e lo abbelliscono. Solo così il
nostro stare insieme potrà essere animato da un amore che non sappia di mondanità.
Nell’inno alla carità prima dei quattro “tutto” ci sono però undici caratteristiche
dell’amore vero che potremmo paragonare ad una scala ascendente per arrivare sino a
quel grado di amore che è “l’amore malgrado tutto”. E anche se non è una parola
“moderna” e gradita ai nostri tempi, è necessario parlare di “ascesi” dell’amore. L’amore
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va al di là del sentimento e delle buone intenzioni. Esso si incarna nelle azioni
quotidiane, nelle nostre giornate e nelle relazioni ordinarie. Spero che queste riflessioni
possano aiutarci a vivere le nostre relazioni alla luce dell’”amore malgrado tutto”!
1. L’amore tutto scusa
Secondo Papa Francesco qui il verbo “scusare” è messo in relazione con quello che la
Scrittura chiama il timone dell’uomo: la sua lingua. Chi è capace di frenare la sua lingua
ha in mano il timone del proprio cuore, mentre qui sparla, è in balia delle onde come una
nave senza più capitano. “Tutto scusa” è dunque il versante positivo del precetto biblico
“Non dite gli uni male degli altri”. Io scuso il mio fratello tutte le volte che colloco le
sue debolezze e i suoi peccati all’interno di un contesto più vasto: egli non è solo questo
peccato, questo difetto. Quando sparlo del mio prossimo – anche per motivi oggettivi o
fatti accaduti – non dico mai tutta la verità. Magari dico cose vere, racconto cose
accadute… ma è solo una parte della verità, perché nessuno di noi ha mai in mano il
quadro d’insieme della vita di un fratello. Per questo la Scrittura unisce strettamente il
non sparlare con il non giudicare.
Che cosa si nasconde dietro lo sparlare o la critica velenosa? L’indignazione. È una
reazione interiore e violenta; è un modo sbagliato di difendermi dal male commesso dal
fratello. L’indignazione e l’ira sono il segno che il male ha già contaminato anche me.
Indignandomi ho contratto quel male che poco prima avevo abborrito. Per questo il
primo passo per arrivare a scusare tutto è quello di reagire non contro il fratello che ha
peccato bensì contro la violenza interiore, l’ira e il turbamento che mi assalgono al
vedere il peccato del fratello. “Adiratevi, ma non peccate” ci raccomanda l’Apostolo. Se
è quasi inevitabile che ci sia un primo moto d’ira, resistere invece è sempre possibile con
la grazia di Dio.
Il “tutto scusa” però è collegato non solo alla carità che non si adira, ma anche alla carità
che non tiene conto del male ricevuto. Se covo rancore e mi tengo legato al dito per anni
le offese ricevute… non sarò mai capace di scusare tutto. Tante volte quando uno sparla
è perché non ha perdonato o dimenticato una offesa ricevuta anni prima. In apparenza si
sparla di quel piccolo difetto di oggi (o dell’altro ieri), ma quello che duole è ancora
l’offesa ricevuta vent’anni fa!
Che cosa fare per riuscire a perdonare agli altri? Il perdono risulta più difficile per chi
non ha mai fatto l’esperienza di essere stato perdonato gratuitamente da Dio o da un
fratello. E qualche volta bisogna anche perdonare a se stessi, convivere serenamente con
i propri limiti per poter perdonare ai fratelli. Il “tutto scusa” è la meta, ma prima di
arrivarvi c’è la lotta quotidiana contro l’ira e il turbamento per non dare spazio al
diavolo che è il divisore e l’accusatore dei nostri fratelli. C’è la lotta per riconoscere
umilmente che anch’io devo essere scusato e perdonato, da Dio e dai fratelli.
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2. L’amore tutto crede
Che cosa significa che l’amore tutto crede? Il senso più banale ed immediato è questo:
chi ama crede sempre che l’altro è veritiero, che le cose stanno proprio come dice lui.
Dico al fratello “ho fiducia nella sua sincerità”. Ma questa fiducia iniziale deve essere
ampliata: l’amore dà fiducia e rinuncia a controllare. Chi ama non fa la spia, anzi lascia
uno spazio di libertà all’altro perché ha fiducia che saprà usarlo per il meglio. L’opposto
del “tutto crede” è dunque “tutto controlla minuziosamente”.
La fiducia concessa dall’amore vero esige però trasparenza e sincerità: se so che gli altri
mi concedono la loro fiducia, cercherò di esser sincero e trasparente, vivendo alla luce
del giorno. Ma è vero anche l’opposto: si concede più facilmente la propria fiducia a chi
abitualmente è trasparente e sincero e non fa le cose sotto banco. Quello che è certo è
che né il controllo né la doppiezza fanno bene all’amore. Il sospettare l’altro e la doppia
vita sono il segno che l’amore è già gravemente malato.
Facciamo un passo in avanti e chiediamoci che cosa si nasconde nelle profondità di quel
“tutto crede”. L’amore tutto crede nella misura in cui il cuore è sgombro da ogni forma
di invidia e gelosia. Per dare fiducia al mio fratello non devo temere la sua riuscita, il
suo successo. L’invidioso non né mai capace di fiducia perché guarda con sospetto ogni
relazione, ogni amicizia; blocca tutte le iniziative per timore di essere sorpassato. Per
dirla in breve: l’invidioso essendo fondamentalmente un egoista che vive ripiegato su di
sé, non crede a nulla e non riesce a concedere la sua fiducia a nessuno.
3. L’amore tutto spera
Qui “l’amore malgrado tutto” si spinge al di là della vita presente e si congiunge con la
virtù della speranza. Si tratta, infatti, di sperare contro ogni speranza che l’altro possa
cambiare: non vuol dire che tutto cambierà in questa vita, ma che forse Dio scrive diritto
sulle righe storte di questo fratello. Se dunque guardo ogni mio fratello con occhi
solamente “umani”, allora in certi casi e con certe persone c’è proprio da disperare:
umanamente posso dire “egli non cambierà mai!”. Lo sguardo della speranza cristiana
invece vede però oltre e sa che questo fratello che tante volte mi fa disperare è anche lui
chiamato al Regno, con tutte le sue debolezze. E posso sperare che un giorno riceverà la
sua pienezza nel Regno dei cieli. Pazienza dunque!
L’amore che vince ogni minaccia si fonda sulla certezza che Dio comunque guida la vita
di ogni uomo e che nella sua misericordia egli si serve anche dei nostri poveri limiti.
Come è importante custodire questo sguardo soprannaturale sui fratelli, vederli nella
prospettiva dell’eternità per sperare malgrado tutto. Vederli come li vede Dio.
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Una parola sull’amabilità: “l’amore malgrado tuto” non manca di rispetto. L’amore
fraterno quando è come Dio comanda è cortese, evita le maniere rude, smussa gli
spigoli, evita parole e gesti taglienti. Scortesia e durezza non sono frutti dell’amore. Ma
la cortesia e il rispetto presuppongono uno sguardo amabile. La carità tutto spera nella
prospettiva dell’eternità perché coltiva uno sguardo ottimista sul fratello. Chi ha uno
sguardo pessimista e vede solo errori e difetti, come potrebbe sperare per il futuro?
Se spero che anche il peggiore possa cambiare un pochino in questa vita, allora divento
capace di incoraggiare. L’amore dà forza, mentre il pessimismo è distruttivo. Il Vangelo
è pieno di parole di incoraggiamento che Gesù rivolge alle persone che incontra sul suo
cammino. Educarsi a pronunciare parole di incoraggiamento, parole amabili vuol dire
educarsi a riconoscere che quel fratello già ha fatto qualcosa di buono, che per un verso
è già sulla buona strada.
L’amabilità si tramuta poi in gioia: quando la nostra comunità è senza speranza e vi
regna il pessimismo, essa diventa una comunità triste. L’amabilità, le parole cortesi, uno
sguardo positivi fanno della comunità il luogo in cui tutti quello che fanno qualcosa di
buono – anche se poco - sanno che i fratelli lo festeggeranno. Speranza, amabilità e gioia
vanno di pari passo. Laddove manca la gioia dello stare insieme è probabile che manchi
anche l’amabilità e la speranza. Uno sguardo aspro o amaro genera tristezza e
pessimismo. Non si tratta di gioire per cose sciocche (l’amore si rallegra della verità),
ma di gioire anche per quel poco di bene compiuto da ciascuno di noi: questo poco di
bene appartiene alla nostra verità e lo vediamo quando mettiamo le nostre vite davanti a
Dio.
4. L’amore tutto sopporta
Che cosa è la sopportazione a cui allude l’apostolo? Non è soltanto uno stringere le
spalle in attesa che quella prova termini o che quel fratello sia trasferito altrove! Qui si
tratta di una sopportazione positiva, una resistenza dinamica. È una medaglia con due
facce.
L’amore sopporta tutto perché “la carità è paziente”, come Dio che è lento all’ira.
Questa lentezza di Dio (egli non parte in quinta, non ci risponde per le rime…) è lo
spazio che egli concede per il nostro pentimento e la nostra conversione. Essere lento
all’ira appartiene all’essenza di Dio, è un attributo della sua Misericordia.
Questa lentezza di Dio non implica alcuna complicità con l’ingiustizia, nessuna
tolleranza verso il male… In questa prospettiva, la pazienza è la virtù che ci permette di
non trasformare le relazioni fraterne in un campo di battaglia. Abbiamo sempre buoni
motivi per perdere la pazienza. La pazienza invece è educazione del cuore perché sia
come il cuore di Dio: lento all’ira. La pazienza è l’ascesi che mortifica la nostra
impulsività, tiene a bada l’asprezza e lo sdegno. Per natura siamo tutti pronti all’ira e
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lenti a scusarci… mentre la pazienza ci chiede di invertire i termini: essere lenti a l’ira e
pronti a scusarci. “L’amore malgrado tutto” mette il freno a mano all’ira, mentre quando
si tratta di chiedere perdono parte in quinta.
Ma perché l’amore sopporti tutto non basta che sia lento all’ira. “L’amore malgrado
tutto” genera, infatti, una resistenza dinamica, perché la carità è anche benevola… La
benevolenza è quell’atteggiamento positivo che ci porta a fare del bene ai fratelli.
L’amore è benefico, creativo perché è un donarsi senza misura al nostro prossimo. Se
sono paziente, lento all’ira, disposto a soffrire tutto per amore del fratello, ma poi non
faccio nulla di positivo, nulla di concreto per il suo bene… allora è più che probabile che
non sono ancora giunto alla carità che tutto sopporta. Si sopporta il fratello non solo con
la pazienza, ma anche con la benevolenza. In caso contrario questa pazienza eroica non è
ancora “amore malgrado tutto”.
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