Made in - Camera di Commercio di Parma

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Made in - Camera di Commercio di Parma
Bollettino UE N° 79 - Edizione Giugno 2015
Lo stato dell’arte sulla questione del “Made in”
Non c'è una maggioranza a favore del “Made in” e neanche una maggioranza tale da far passare il
pacchetto sulla sicurezza dei prodotti senza: siamo quindi in una fase di stallo. Sono queste, in sostanza,
le parole a caldo del vice ministro Carlo Calenda dopo il Consiglio UE “Competitività” che si è svolto a
Bruxelles il 28 maggio 2015 e sul quale l’Italia contava molto. Ora l'exit strategy fissato dalle autorità
italiane è continuare a negoziare, giacché le carte sono ancora tutte sul tavolo, e finché non si trova una
soluzione l'intero pacchetto sulla sicurezza dei prodotti in cui rientra il famigerato articolo 7 sul “Made
in” non va avanti.
Si è ora creata una situazione in cui c'è una maggioranza di blocco dei 28 nei confronti dell'articolo 7
sul “Made in” del provvedimento legislativo sulla sicurezza dei prodotti, sia una minoranza di blocco
sull'intero pacchetto in caso venisse cancellato l'articolo 7.
Non capiamo, dice il viceministro, la posizione del fronte del no che si è confermato negativo anche di
fronte alla proposta della presidenza lettone, che noi consideravamo debole perché riguardava, di
fatto, un settore e mezzo. Ci sono paesi UE che sono diventati paesi trasformatori più che produttori e
quindi hanno meno interesse a tutelare l'industria e di più interesse a tutelare le importazioni ma sulla
pelle dei consumatori. Quindi, si è infervorato il vice ministro, almeno smettano di raccontarsi balle sul
fatto che vogliono crescita e occupazione, ma si racconti solo che si tutelano gli interessi dei grandi
importatori.
I paesi favorevoli si riuniranno ora in veste informale affinché non escano idee stravaganti su un
accordo ulteriormente al ribasso.
Il vice ministro non ritiene nemmeno possibile che la Commissione decida di togliere dal tavolo
l'attuale proposta legislativa e di presentarne una nuova giacché è stato chiarito con il fronte del no
che una cosa che non tenga conto del Made in non passa, e quindi non avrebbe senso.
L'unico paese a spostarsi verso le posizioni pro-made in è stata la Polonia. Rimasti nettamente contrari
Germania, Gran Bretagna, Danimarca, Svezia, Austria, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Slovacchia,
Repubblica Ceca, Irlanda, Finlandia, Ungheria e Lituania.
Decisamente a favore, invece, Francia, Spagna, Romania e Bulgaria, e a sostegno del compromesso
lettone anche Polonia, Croazia, Slovenia, Estonia, Portogallo e Grecia.
Il contesto
Dopo il rapporto presentato dalla Commissione UE lo scorso 6 maggio, che individua l'impatto sui
diversi settori economici dell'indicazione di provenienza per garantire la sicurezza dei prodotti, la
Presidenza lettone ha lavorato su un possibile compromesso partendo dai risultati. Questi identificano,
sui sei settori presi in esame (giocattoli, arredamento, elettronica di consumo, tessile, calzature e
ceramiche), benefici chiari solo per gli ultimi due.
L'Italia punta a tutti ad eccezione dei giocattoli, ma se anche passassero solo calzature e ceramiche
sarebbe un risultato rilevante in quanto verrebbe per la prima volta affermato il principio
dell'identificazione dell'origine dei prodotti venduti in Europa (UE o extra UE), così come del resto già
avviene in Cina e negli Stati Uniti. Nel compromesso avanzato da Riga, c'è anche una revisione delle
norme, che potrebbero in futuro poter eventualmente essere gradualmente estese anche ad altri
settori.
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Parma in Europa
Square de Meuûs 38/40
B- 1000 Bruxelles
Bollettino UE N° 79 - Edizione Giugno 2015
Da segnalare, infine, che l’Italia resta determinata a portare a casa il dossier e come ultima ratio
potrebbe anche minacciare di bloccare tutto il pacchetto se l'articolo 7 relativo al “Made in” - che ha
ricevuto il sostegno del PE e della Commissione17 - non dovesse passare o essere eliminato dal
provvedimento come continuano a chiedere i Paesi contrari.
17
La Commissione Mercato Interno e Protezione dei Consumatori del Parlamento europeo ha approvato il 17 ottobre 2013, a
grande maggioranza (27 voti a favore, 7 contrari e 5 astenuti), la relazione della danese Christel Schaldemose riguardante la
proposta di regolamento sulla sicurezza dei prodotti - COM (2013) 78 del 13.2.2013 - e il famigerato articolo 7 sul “Made
in”. Per la cronaca, il regolamento - chiamato ad abrogare la direttiva 87/357/CEE sulle imitazioni dei prodotti alimentari e la
direttiva 2001/95/CE riguardante la sicurezza generale dei prodotti - fissa una serie di regole per assicurare la piena tracciabilità
de prodotti (vedi in proposito la scheda esplicativa inserita nel Bollettino UE n° 51 di Parma in Europa - Edizione Dicembre 2012,
pag.3). I deputati europei hanno lasciato sostanzialmente invariato l’art. 7, che introduce l’obbligatorietà dell’indicazione di
origine. Si apre, dunque, una nuova fase caratterizzata dall’inizio dei negoziati con il Consiglio (siamo in fase di prima lettura
nell’ambito di una procedura di codecisione) per il raggiungimento di un compromesso.
Le principali novità introdotte dalla proposta di regolamento sono le seguenti:
‐
Gli operatori economici avranno obblighi analoghi quando si tratta di garantire la sicurezza dei prodotti di consumo;
saranno definite con chiarezza le responsabilità di tutti gli attori della filiera: dal produttore all'importatore,
sino al distributore.
‐
Sarà più facile tracciare i prodotti di consumo lungo tutta la catena di fornitura. I produttori e gli importatori
dovranno garantire che sui prodotti sia indicato il paese d'origine. Solo in questo modo si è in grado - in caso di
pericolosità del bene - di risalire all'autorità di sorveglianza del mercato del Paese dove è stato fabbricato e identificare
le misure necessarie per bloccarne la circolazione, responsabilizzando ulteriormente autorità di controllo e produttori. Per
i beni prodotti in Europa, l'impresa potrà scegliere se indicare genericamente “Made in Europe” o più precisamente, ad
esempio “Made in Germany” o “Made in Slovakia” piuttosto che “Made in Italy” o “Made in France”. Questa
disposizione, non discriminatoria, è compatibile con le regole dell'Organizzazione Mondiale del Commercio
poiché si applica allo stesso modo a merci UE e extra-UE. È questa la grande differenza rispetto alla proposta di
regolamento sul “Made in” del 2005, recentemente ritirata, che imponeva la marcatura solo ai prodotti importati dai
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Paesi terzi .
Per consultare la Relazione del PE, si rinvia al sito:
http://www.europarl.europa.eu/committees/fr/imco/draftreports.html?linkedDocument=true&ufolderComCode=IMCO&ufolderLegId=7&ufolderId=11987&urefProcYear=&uref
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