Barolo Cannubi 1998
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Barolo Cannubi 1998
Divinis® Bar à Vins è lieto di proporvi “La Vertigine del Tempo” Martedì 15/11/2011 Il Barolo Cannubi dei Poderi Luigi Einaudi Barolo Cannubi 1996 Poderi Luigi Einaudi ~ Dogliani (CN) Barolo D.O.C.G. ~ Nebbiolo ~ 14° ~ Euro 48,00 Barolo Cannubi 1998 Poderi Luigi Einaudi ~ Dogliani (CN) Barolo D.O.C.G. ~ Nebbiolo ~ 14° ~ Euro 165,00 (magnum) Barolo Cannubi 1999 Poderi Luigi Einaudi ~ Dogliani (CN) Barolo D.O.C.G. ~ Nebbiolo ~ 14° ~ Euro 165,00 (magnum) Barolo Cannubi 2000 Poderi Luigi Einaudi ~ Dogliani (CN) Barolo D.O.C.G. ~ Nebbiolo ~ 14° ~ Euro 150,00 (magnum) Barolo Cannubi 2001 Poderi Luigi Einaudi ~ Dogliani (CN) Barolo D.O.C.G. ~ Nebbiolo ~ 14° ~ Euro 68,00 Barolo Cannubi 2004 Poderi Luigi Einaudi ~ Dogliani (CN) Barolo D.O.C.G. ~ Nebbiolo ~ 14° ~ Euro 130,00 (magnum) Esclusivamente in occasione della serata a chi desidera acquistare i vini per l’asporto, riserviamo uno sconto del 10%. Le nostre iniziative sono dirette a favorire un consumo moderato e consapevole del vino. Qualità e non quantità. Cannubi La più antica bottiglia delle Langhe è conservata in Bra presso la famiglia Manzone e porta la scritta "CANNUBI 1752". Tale prezioso cimelio sta a dimostrare come il Vigneto Cannubio (o Canubbio o Cannubi) fosse già famoso e valutato prima dell'avvento del vino Barolo. Il prestigio dei Cannubi non ha mai conosciuto disgrazia, anzi è sempre servito a dare lustro alle case vinicole che ne acquistavano le uve o, meglio ancora, ne possedevano piccoli appezzamenti. Per molti anni è stato stampato sulle etichette il nome Cannubi anche quando non si trattava di vino di quella provenienza: era, insomma, un piccolo e sicuro blasone. È interessante notare come i piccoli produttori di un tempo abbiano quasi sempre utilizzato le uve provenienti da questa zona in assemblaggio con altre di vigne meno importanti. Le testimonianze in merito all'assemblaggio con questo grande cru sono numerose, e ne citiamo alcune: «Pira [prestigioso produttore scomparso nel 1980] metteva assieme Cannubi e Vignane, perché Cannubi si ammorbidisce prima e profuma prima, invece Vignane non matura mai, è più crudo» (Natale Ronzano, detto Talin). «Una volta la vecchia famiglia Donati miscelava Cannubi con Le Coste perché, specialmente nelle annate siccitose, si migliorava il vino dei Cannubi» (Donato Camerano). «Nelle annate di siccità bisogna mescolare Cannubi con altre zone perché fa pochi gradi e manca di qualcosa; quando piove è il miglior vino che si possa fare» (Bruno Boschis). Saremmo cattivi cronisti se non segnalassimo, nel caso dei Cannubi, una indiscussa e consolidata primogenitura tra le zone ad alta vocazione. Da sempre i prezzi di queste uve sono superiori a quelli degli altri vigneti e l'esperienza di molte vendemmie ha evidenziato le qualità del prodotto. «Cannubi non sbaglia mai, può sbagliare come quantità, ma non come qualità» (Natale Ronzano). Se sul pregio di questa zona crediamo non vi possano essere discussioni, le cose si complicano nel momento in cui si va a definire la delimitazione della medesima. Forse proprio il prestigio del nome e la particolare vocazione dell'intera area hanno nel tempo portato a un'interpretazione estensiva della zona, che, a detta degli anziani, non corrisponde all'originale ubicazione. «Per me la collina Cannubi va dalla proprietà Viganò alla ex vigna di Canonica sopra il cimitero» (Donato Camerano). Quest'opinione così ben circostanziata è condivisa da tutti i nostri intervistati e noi come tale la riportiamo sulla nostra mappa. È altrettanto vero, tuttavia, che da molti anni è invalsa tra la gente di Barolo un'interpretazione territoriale più ampia nel modo di dire "andare in Cannubi". Ecco allora che l'originale zona di Monghisolfo assume nel tempo pure il nome di Cannubi Boschis, come si evidenzia dalla preziosa Monografia sulla viticoltura ed enologia nella provincia di Cuneo redatta da Lorenzo Fantini sul finire del secolo scorso. Ecco allora che, in anni più recenti, per l'esattezza nel 1972, Renato Ratti premette il termine Cannubi alla tradizionale zona Muscatel. Non solo, ma in questa prima mappa del Barolo Ratti accorpa in un'unica denominazione, Cannubi per l'appunto, l'intera fascia collinare che da Muscatel arriva a Monghisolfo classificandola come "sottozona viticola storica di tradizionale vocazione". È indubbio che ci troviamo di fronte a differenti interpretazioni, che con il passare del tempo si sono contrapposte imponendo ora l'una ora l'altra definizione. Noi prendiamo atto di questa situazione, partendo tuttavia da un'affermazione sulla quale vi è totale conformità di vedute e che, a nostro avviso, è l'elemento più importante e determinante del contendere: l'assoluto prestigio qualitativo delle uve provenienti da queste zone. La qualità delle uve raccolte in Muscatel, Valletta, San Lorenzo, Cannubi, Monghisolfo è praticamente simile, semmai all'interno delle stesse zone vi sono vigne che per giacitura sono meno fortunate. «Una volta le aziende avevano anche la vacca o il bue e quindi al fondo di Cannubi o della Valletta o di altre zone simili mettevano prati o mais, poi hanno iniziato a mettere pescheti e poi hanno messo nebbioli fino in fondo. In queste zone, le uve negli ultimi 50-60 metri in annate normali tribolano un po' a maturare». Questa l'interessante dichiarazione di Bruno Boschis, detto Brunone, un contadino da tutti riconosciuto come grande conoscitore della zona del Barolo per avervi operato quale viticoltore e innestatore per oltre 60 anni; ebbene, questa dichiarazione evidenzia con chiarezza il progressivo mutamento della geografia produttiva di questa particolare parte della Langa. Oggi, nella zona di fondo dei Cannubi, dove inizia un terreno quasi pianeggiante, sono coltivate in parte uve barbera. Ma, tornando al problema dell'esatta ubicazione dei Cannubi, la presenza di due concezioni - una dettata dalla tradizione, che circoscrive in modo restrittivo le zone, e l'altra che le concepisce in modo estensivo in virtù degli alti requisiti delle uve e di più attente valorizzazioni commerciali - determina un po' di confusione. Alcuni produttori, seguendo l'interpretazione estensiva di Ratti, producono Barolo Cannubi con uve di Monghisolfo o di Muscatel; altri chiamano a buon diritto Cannubi Boschis lo stesso Monghisolfo, altri ancora, come già detto, usano le uve dei Cannubi in assemblaggio con altre per ottimi Baroli. Le numerose testimonianze da noi raccolte concordano nel collocare la zona dei Cannubi tra la statale Alba-Barolo e la strada della Crosia, comprendendo le cascine Ferrere e Viganò. La parte migliore, si dice da queste parti, guarda verso il cimitero; una piccola parte esposta ad ovest era un tempo coltivata a dolcetti e barbere. Pur descrivendo quella che per correttezza si ritiene l'esatta ubicazione dei Cannubi, non possiamo non considerare che l'uso estensivo di questo termine è stato ed è il risultato di uve e vini prestigiosi. Il nome Cannubi - seppur disordinatamente - ha dato nobiltà ad altri cru meritevoli, così come in Borgogna il vigneto di Romanée ha poi denominato anche Romanée Conti e Romanée Saint-Vivant. Occorre pertanto prendere atto che questa piccola e circoscritta collina, estesa su una quarantina di giornate piemontesi (15 ettari), ha saputo valorizzare il territorio circostante come non è avvenuto in nessun'altra zona d'Italia. Tratto da “Atlante delle Vigne di Langa” edizioni Slow Food I commenti di Maurizio Landi Se per i Baroli di La Morra abbiamo potuto constatare che lo stile del produttori sembrava sovrastare, quando non prevaricare, le caratteristiche delle vigne, in questo caso mi sento di dire che lo stile del produttore è perfettamente al servizio della vigna. Era qualche tempo che non assaggiavo il Cannubi di Einaudi ed ho avuto una piacevolissima sorpresa. Quale precisione, quale qualità e quale rispetto per il terroir. Veramente grandi vini! Austeri, come si conviene, densi e tannici; la classica nota di liquirizia nera che vira verso il goudron con gli anni, in bella evidenza. Tutta l’eleganza e la complessità dell’annata nel 1996; fresco e balsamico, ha una persistenza impressionante, anche per un Barolo. Più delicato e sommesso il 1998, riserva però una piacevolissima sorpresa nel fina. Quando ci si aspetterebbe che la degustazione finisca, si concede in slancio finale incedibilmente lungo di luquirizia e di eucalipto. Veramente emozionante! Il 1999 è veramente impressionante di materia e di struttura. Ancora chiuso ed ermetico, dopo una lunga areazione mostra note, forse un po’ anomale, di amarena sotto spirito che fanno pensare più ad un Pinot Nero che ad un Nebbiolo. Comunque il vino ha stoffa e potrà indubbiamente esprimere il meglio di se nei prossimi anni. Il 2000 è un po’ sotto tono, com’era prevedibile vista l’annata più piccola. Piacevole, pronto, si concede con grazia e rassicura ad una bevuta immediata. Man mano che ci avviciniamo nel tempo i vini diventano più difficili da leggere; sia il 2001 che il 2004 sono ancora un po’ segnati dal legno ed hanno una materia piena ed impenetrabile, ma mostrano grande personalità. Più morbido e godibile il 2001, si potrebbe già bere adesso, se il tannino non fosse così denso. Mentre il 2004 ha bisogno di tempo per addomesticarsi un po’: grande materia e personalità. Un super-vino!