relazione introduttiva i settimana teo
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relazione introduttiva i settimana teo
Settimane Teologiche di Camaldoli 2012 «Se fosse un profeta»? (Lc 7, 39). Profezia e testimonianza cristiana oggi. 22 – 28 Luglio Relazione introduttiva a cura della Presidenza nazionale della F.U.C.I. «Sentinella, quanto resta della notte?» La sentinella risponde: «Viene il mattino, poi anche la notte; se volete domandare, domandate, convertitevi, venite» (Is 21, 11-12) 1. La profezia di Gesù Le Sacre Scritture ci svelano in molte occasioni l'importanza del profeta. L'ascolto della Parola del Signore viene mediato da questa fgura, la sola in mezzo al popolo capace di rivelare la volontà di Dio svolgendo una ruolo centrale nella guida di Israele. Sin da Mosè, fgura profetica per eccellenza, il popolo ebraico ha riconosciuto nella parola dei profeti una voce autorevole alla quale persino i re e sacerdoti – uomini di governo e di comando in Israele – hanno prestato ascolto in senso di obbedienza 1. Ai profeti è stato affdato il dono di conoscere e il compito di comunicare la vera immagine di Dio e liberarla così dall'errata concezione che il potere regale o religioso spesso generavano. Alla base di questa autorevolezza risiede la convinzione che il vero profeta «stabilisce un collegamento fra la religione della libertà di Dio e la politica della giustizia umana»2. Quali sono le false immagini di Dio che oggi, pur con le migliori intenzioni, rischiamo di assumere e proporre? La prima comunità cristiana ha riferito a Gesù i principali passi profetici. «Egli è Gesù, cioè il salvatore; è il Cristo, cioè il Messia, discendente di Davide, il fglio Emmanuele annunciato da Isaia e il Figlio dell'uomo di origine celeste annunciato da Daniele» 3. Tuttavia in molte occasioni i vangeli ci mostrano la diffcoltà di credere che Gesù sia – anche solo – «un» profeta. La formula interrogativa «Se fosse un profeta»? (tratta del versetto Lc 7, 39) può aiutarci a rifettere e a comprendere almeno due strade interpretative. La prima permette all'uomo di fede – in continuità con la storia della salvezza di Israele – di aprirsi alla possibilità di vedere in Gesù di Nazareth un profeta per poi riconoscere in esso il Messia ed iniziare quindi un percorso di sequela. Una seconda strada porterebbe invece a non accogliere l'aspetto profetico di Gesù poiché in contrasto con gli studi, le regole, le usanze e le aspettative (attese del Messia) dei maestri della legge. In un certo senso entrambe le strade ci aiutano a conoscere e comprendere l'identità del Maestro di Nazareth. Se il profeta, infatti, secondo la tradizione presente nell'AT, è colui che rimanda alla parola del Signore, in che senso Gesù può considerarsi un profeta se egli agisce con autorità propria4? E fno a che punto possiamo considerare Gesù «solo» un profeta? L'evento di Cristo rivela infatti un'importante novità ed elemento di differenza rispetto alla tradizionale azione profetica e cioè che «non vi è mai una perfetta corrispondenza tra profezia e suo compimento» dato che «il compimento cristologico trascende la profezia, perché la compie» 5! 1 2 3 4 P. BOVATI, Il profeta fratello (Dt 18, 9-22), in Parola, Spirito e Vita, quaderno n.41 (2000), pp. 28-29 W. BRUEGGEMANN, L'immaginazione profetica, p. 34 Introduzione al libro dei Profeti, La Bibbia di Gerusalemme. R. VIGNOLO, «Amen, io vi dico!». Una formula originale del «profeta» Gesù, n Parole, Spirito e Vita, quaderno n.41 (2000), p. 124 5 G. SEGALLA, Il compimento della profezia nel NT, in Parole, Spirito e Vita, quaderno n.41 (2000), p. 117 Alla luce di ciò – vale a dire della Resurrezione di Cristo come compimento della promessa – si basa la differenza tra linguaggio profetico e linguaggio apocalittico. Se il primo parte dal valore del tempo presente (leggere i segni dei tempi) per annunciare una speranza nell'oggi capace di cambiare la storia, la teologia dell'Apocalisse di Giovanni ci mette davanti ad un'attesa della fne del tempo presente basata su un riscatto certo, «già» rivelato, ma situato nel futuro del «non ancora». Quale sguardo deve assumere il cristiano per essere più fedele alla novità del Vangelo? Un contributo notevole ci è stato offerto dal Concilio Vaticano II quando afferma che «essi (i laici) dimostrano di essere fgli della promessa, se, forti nella fede e nella speranza, mettono a proftto il tempo presente e attendono con pazienza la gloria futura» 6. Non soltanto le loro parole, ma le loro azioni, la loro vita, tutto è profezia. (La Bibbia di Gerusalemme, Introduzione al libro dei Profeti) 2. Profezia è testimonianza Il profeta che non vive la parola annunciata rende vana ed anzi annulla la parola profetizzata «in nome di» sino a rivelarsi egli stesso un falso profeta, poiché rivelatore di una parola non vissuta e non vivibile. In una parola il profeta è tale solo se è anche testimone. Questa esigenza, incarnata nell'eredità trasmessa da Cristo, impone l'abbandono di una concezione della testimonianza o puramente intellettuale – che intrappola all'inazione – o puramente individualistica - legata solo alla sfera del sentire soggettivo. Qual è dunque la giusta chiave di lettura per un'autentica testimonianza? Le Scritture del Nuovo Testamento ci mostrano come l'annuncio – fatto di insegnamenti e guarigioni – passa sempre attraverso la relazione triadica tra testimone, testimoniato e destinatari7. Ma in cosa consiste oggi l'impegno a cui il cristiano è chiamato per far si che la testimonianza diventi relazione? Come in ogni periodo della storia, il cristianesimo negli ultimi due secoli ha incontrato dei rischi che hanno cercato di fare da ostacolo alla trasmissione del messaggio evangelico. Da una parte l'istanza della modernità secondo cui la testimonianza dovrebbe coincidere con la sola sfera personale poiché il coinvolgimento dell'Altro rappresenterebbe un'usurpazione della sfera pubblica. In un contesto di questo tipo è facile riconoscere il risultato della violazione di questa «tolleranza religiosa»: un confitto sterile tra comunità cristiane e società civile permeato da stereotipi e accuse reciproche. Dall'altra parte alcuni teoremi postmoderni hanno ridotto il cristianesimo a religione esoterica rivolta al benessere del singolo (che potrebbe essere considerata come conseguenza e assuefazione del teorema moderno); o, ancor peggio, a religione civile che ha come scopo primario il riconoscimento e il consenso del tessuto sociale a discapito della sua autenticità8. Una testimonianza autoreferenziale, idolatrica e rivolta più al successo, non tiene conto della libertà umana (che ammette anche il rifuto o l'indifferenza verso la Buona Notizia) e si allontana sempre più dalla sua vera origine. Quale distanza tra religione e società il cristiano dovrà riconoscere per essere un testimone profetico? E quale differenza è chiamato a incarnare affnché la salvezza di Gesù possa raggiungere ogni uomo e donna del nostro tempo? Nella complessità del mondo contemporaneo esiste un' «inattualità»9 della testimonianza che se da un lato la rende imperfetta dall'altro la spinge ad essere il più profetica possibile? 6 Lumen Gentium, 35 7 M. NERI, La testimonianza cristiana, G.Angelini e S.Ubbiali, p. 31 8 A tal proposito appare quanto mai attuale l'appello di S.Ilario di Poitiers, contro l’imperatore Costanzo nel IV sec. d.c. “ Noi non abbiamo più un imperatore anticristiano che ci perseguita, ma dobbiamo lottare contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che lusinga; non ci flagella la schiena ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni (dandoci così la vita), ma ci arricchisce per darci la morte; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l’anima con il denaro”. 9 G. ANGELINI, La testimonianza cristiana, pp. 233-265 3. Il cammino comune: la chiesa La splendida immagine della sentinella offerta da Isaia rivela un compito delicato affdato a tutta la comunità cristiana «La risposta è enigmatica e forse anche deludente […] Forse il profeta non sa, neppure oggi, indicare quando verrà il mattino, ma ne attesta la sicura venuta […] e chiede che, nel frattempo, si continui a domandare, a interrogare e a interrogarsi sul giorno e sulla notte, dunque sul senso del tempo, della storia e della vita, perché questa attività di rifessione e interrogazione non è estranea al movimento della conversione, del ritorno a Dio» 10. Il Concilio Vaticano II non ha dimenticato di affdare ad ogni membro della Chiesa le dure prove di uno sguardo profetico e le esigenze della testimonianza 11. Quanto la dimensione comunitaria è necessaria per essere profeti e testimoni del nostro tempo? Numerosi testimoni della storia del Cristianesimo antico e più recente ci hanno trasmesso l'urgenza di non considerare la sequela radicale di Cristo alla portata di pochi casi singolari ma al contrario il loro esempio ha coinvolto migliaia di uomini in un cammino comune, concreto e pienamente umano. Se la testimonianza per il cristiano non rappresenta un mero adempimento formale al comandamento di Cristo e se la Chiesa stessa rifugge la tentazione all'autoreferenzialità che ruolo ricoprono l'attesa, il silenzio e la preghiera e il discernimento nascosto per l'annuncio cristiano oggi? Con questi interrogativi ci disponiamo ad ascoltare i contributi dei relatori che ci accompagnano in questa settimana e che fn d’ora ringraziamo. 10 E. Bianchi, editoriale di Parole, Spirito e vita, quaderno n. 41, (2000) 11 «Non vi è dunque alcune membro che non abbia parte nella missione di tutto il corpo, ma ciascuno deve adorare Gesù nel suo cuore, e custodire la testimonianza a Gesù con spirito di profezia». Presbyterium ordinis, 2