Progetto Euriclea: il percorso assistenziale nella presa in carico dei

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Progetto Euriclea: il percorso assistenziale nella presa in carico dei
Indice
Background ..................................................................................................... 5
Razionale ........................................................................................................ 8
Obiettivi ......................................................................................................... 9
Il gruppo di lavoro ........................................................................................... 10
Metodologia di lavoro ..................................................................................... 11
Ruolo degli infermieri e risorse strutturali ......................................................... 14
Proposte del gruppo di lavoro ......................................................................... 15
Il percorso assistenziale .................................................................................. 18
L’accoglienza
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Accoglienza durante l’iter diagnostico (pre-conferma diagnostica)
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Accoglienza dopo la comunicazione della diagnosi
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L’informazione/educazione
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L’accertamento
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La diagnosi infermieristica ............................................................................... 26
Pianificazione degli interventi proattivi ............................................................ 26
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L’aderenza alla terapia con TKI ......................................................................... 27
Gestione del paziente in terapia con TKI.......................................................... 29
Effetti collaterali 30
Effetti collaterali ematologici e biochimici 31
Effetti collaterali extra-ematologici 32
Interazioni 35
Valutazione del processo e indicatori ............................................................... 42
Bibliografia ..................................................................................................... 45
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BACKGROUND
La Leucemia Mieloide Cronica (LMC) è una neoplasia mieloproliferativa cronica che in
Europa colpisce circa 10-15 persone ogni milione di abitanti/anno, senza sostanziali
differenze geografiche o etniche [1]. L’età media alla diagnosi è compresa tra i 60 e i
65 anni [2]. È una malattia che ha la massima incidenza tra i 50 e i 60 anni (rari i casi
pediatrici) e colpisce prevalentemente i soggetti di sesso maschile [3].
In Italia vengono diagnosticati 600-900 nuovi casi/anno (1-2 ogni 100.000 abitanti)
[4, 5]. Non vi sono sicuri fattori in grado di determinare da un punto di vista eziologico
tale patologia; l’unico fattore predisponente si pensa possa essere l’esposizione alle
radiazioni ionizzanti. La prevalenza di LMC è in costante aumento a causa del notevole
prolungamento della sopravvivenza che è stato raggiunto con le attuali terapie mirate a
base di inibitori della tirosin-chinasi (TKI) [6].
Le cellule leucemiche sono caratterizzate nel 95% dei casi dalla presenza nel loro nucleo di un cromosoma anomalo, detto “cromosoma Philadelphia” derivato dalla traslocazione reciproca del braccio lungo del cromosoma 9 e di una parte di quello del
cromosoma 22 (t 9;22) da cui deriva il gene ibrido BCR-ABL, a elevata attività tirosin-chinasica e responsabile del processo leucemogenico [7].
La diagnosi in molti casi è occasionale e può avvenire anche dopo mesi dall’esordio
della malattia a causa della aspecificità dei sintomi [8]. In assenza di sintomatologia e
in corso di indagini di routine si possono riscontrare una modesta leucocitosi neutrofila
e/o lieve splenomegalia [2].
L’introduzione delle terapie target a base di TKI, inducendo spesso risposte citogenetico-molecolari complete e persistenti nel tempo, ha modificato gli outcome clinici
e la storia naturale della LMC [9]. Grazie all’efficacia di questi farmaci, nell’80-90% dei
casi si può posticipare il timing del trapianto allogenico nell’algoritmo terapeutico dei
pazienti giovani anche se con donatore familiare HLA compatibile [10]. La terapia della
LMC è di lunga durata, per cui anche effetti collaterali considerati poco impattanti, ma
persistenti e ricorrenti, possono determinare intolleranza da parte dei pazienti in relazione anche alla modificazione delle soglie di accettazione dei vari effetti collaterali nel
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tempo. Sebbene tali effetti siano in genere facilmente gestibili, hanno comunque una
ricaduta importante sulla qualità di vita e, di conseguenza, sull’aderenza terapeutica
dei pazienti, soprattutto quelli più giovani. L’importanza di fattori socio-economici e le
influenze dell’assistenza sanitaria sugli esiti sono aree di ricerca in corso.
L’assunzione e il dosaggio continuo e adeguato delle terapie sono condizioni essenziali
per raggiungere risultati ottimali [11, 12] ma per il paziente affetto da LMC la terapia
con TKI non rappresenta sempre e solo una “soluzione” alla malattia. Parimenti ad altri
contesti, infatti, può connotarsi nel tempo come una transizione a “una nuova vita”
[13] che coinvolge varie sfere, tra cui quella sociale e psicologica, determinandosi nelle
sue accezioni negative in termini di cambiamenti di stile di vita, complessità del regime
terapeutico, alterazioni dell’immagine di sé, problemi nella sfera sessuale e riproduttiva,
modificazione o reinterpretazione del proprio ruolo sociale, problemi di gestione del
coping e delle emozioni [14, 15].
In un recente studio multicentrico [16], avente come obiettivo primario l’esplorazione
della percezione dello stato di salute del paziente, in trattamento con imatinib, rispetto
alla valutazione del medico curante, è stato osservato che per sintomi quali dolore
addominale, diarrea, edema, stanchezza, mal di testa, crampi muscolari, dolore muscolo-scheletrico, nausea e problemi cutanei, i pazienti hanno riportato valori di gravità
maggiori rispetto a quelli rilevati dai medici, in particolare per quanto riguarda l’affaticamento, i crampi muscolari e il dolore muscolo-scheletrico. Questo lavoro riporta inoltre
che lo stato di salute è stato sovrastimato dai medici nel 67% dei casi. Risultati attuali
come questi parrebbero supportare l’affiancamento ai tradizionali sistemi di strumenti
di “self-assessment” e di misure di outcome riferite dai pazienti come valide opportunità
per migliorare la gestione di chi è affetto da LMC [17].
Alcuni studi [18-20] hanno evidenziato una correlazione statisticamente rilevante tra i
fattori bio-psico-sociali (età, sesso, grado d’istruzione, etnia, ruolo sociale/occupazione, conoscenza della patologia, durata della terapia, effetti collaterali, personalità, supporto sociale e finanziario, relazione medico-paziente, vissuto con la patologia cronica,
sessioni educative, depressione, etc.) e l’aderenza alla terapia.
L’importanza dell’aderenza terapeutica e le implicazioni per la pratica clinica sono am-
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piamente descritte nel documento redatto dallo European Bone Marrow Transplant
Nurses Group (EBTM NG) dal titolo “Aderenza alle terapie farmacologiche anti-tumorali
per via orale” del 2013 [21]. Santoleri F. et al. (2013) [22] concludono affermando che la
perdita di aderenza, indipendentemente dal farmaco utilizzato, rimane un grosso problema per i pazienti affetti da LMC e può essere minimizzato da un progetto orientato
al paziente che includa medici, infermieri, farmacisti e caregiver (CG). La LMC colpisce
principalmente i soggetti con età media intorno ai 60 anni che, secondo l’OMS, sono
definiti “giovani anziani”. La persona anziana è un soggetto “fragile” che presenta un
equilibrio di salute instabile legato alla vulnerabilità correlata all’età unitamente alla sinergia tra età e malattia [23].
Alcuni studiosi riconoscono una crescente attenzione al tema del coinvolgimento del
paziente (patient engagement) nella costruzione dei percorsi di cura. Questo nuovo
atteggiamento deriva dalla convinzione che l’intervento dei professionisti sanitari costituisca solo una parte dello sforzo necessario ad aiutare le persone di fronte alla malattia
o alla disabilità che la malattia ha causato [24] o, ancora, agli effetti collaterali che le
terapie producono.
La riabilitazione da una malattia o la convivenza con alcuni suoi effetti, la terapia da gestire (soprattutto la terapia orale che il paziente deve assumere a casa per lungo tempo)
unitamente ai suoi effetti possono infatti essere affrontati solo con la partecipazione
attiva della persona, dei suoi familiari e della rete sociale in cui è inserita [25].
Studi recenti [26, 27] che hanno esaminato la natura del coinvolgimento del paziente nella pianificazione/programmazione socio-sanitaria rilevano che la maggior parte
delle attività “partecipative” si limita a forme di consultazione, invece che dare luogo
a veri e propri processi decisionali interattivi. Dalla letteratura ci viene tuttavia indicato che molte persone desiderano svolgere un ruolo attivo nella tutela della propria
salute: quando sono in forma vogliono sapere come proteggere e migliorare la loro
condizione; quando sono malate chiedono informazioni sulle opzioni di trattamento
e le probabilità di riuscita della cura. Perciò, oltre a cercare consulenze rapide ed efficaci quando ne hanno bisogno, le persone vogliono sapere cosa possono fare per
aiutare se stesse [28].
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Inoltre, il report annuale 2013 dello European Patient Forum [29] indica la partecipazione del paziente nel processo decisionale e nella gestione del proprio percorso di cura
come punto fondamentale tra i 5 goal strategici per ridurre le disuguaglianze all’accesso
alle cure e per fornire un servizio più equo e patient-centred. Anche nelle raccomandazioni sottoscritte dalla Intenational Alliance of Patients’ Organizations, nella Declaration
on Patient Centred Healthcare (2006) [30] vengono sottolineati 5 principi che i decisori
politici, i professionisti sanitari, le industrie farmaceutiche e tutti gli stackeholder devono
mettere al centro delle loro politiche: Rispetto, Scelta ed Empowerment, Coinvolgimento del paziente, Accesso e supporto, Informazione.
La priorità di fornire risposte appropriate alla domanda di salute del cittadino/utente,
tenendo conto della multidimensionalità del concetto di salute correlato all’aumento
dell’indice di vecchiaia della popolazione nonché ai cambiamenti dell’attuale contesto
familiare, implica l’attuazione di forme assistenziali innovative [31].
RAZIONALE
Il paziente affetto da LMC in terapia con TKI, per le sue peculiarità, offre ai sanitari la
possibilità di uscire dalle sabbie di una “Sanità di attesa”, in cui il Servizio Sanitario
“aspetta” il paziente in ospedale, per orientarsi verso un approccio “d’iniziativa”, in cui
il Servizio Sanitario “si muove” verso il paziente. Parlare di “Sanità d’Iniziativa” nella
LMC vuol dire sviluppare un “modello assistenziale proattivo” per la presa in carico del
paziente che sia in grado di soddisfare il bisogno assistenziale, di salute e sociale della
persona garantendo interventi personalizzati, in rapporto al livello di rischio del singolo,
con azioni di educazione e partecipazione attiva del soggetto nel processo di cura
nonché integrazioni con i servizi territoriali [31].
La LMC, per il suo specifico impatto sulla qualità di vita del paziente, presenta una speciale complessità nella gestione della terapia orale e negli aspetti psicologici che possono ulteriormente amplificare il senso di smarrimento dei pazienti stessi. In tale contesto
il paziente affetto da LMC può percepirsi particolarmente solo e in balia di servizi e di
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Position Statement - Il percorso assistenziale nella presa in carico dei pazienti affetti da LMC
informazioni poco accessibili nonostante gli sforzi messi in atto dal personale sanitario.
In questo senso il Progetto Euriclea nasce per fornire una possibile risposta “Evidence
Based Practice” alle istanze generate dal confronto tra i professionisti coinvolti nei processi assistenziali rivolti ai pazienti affetti da LMC (opinione di esperti), nel tentativo di
amalgamare le indicazioni della letteratura scientifica (evidenze), i desideri e i bisogni dei
pazienti (rappresentanze dei pazienti), le necessità di una sempre maggiore sostenibilità
delle cure, per dar vita a una proposta di percorso assistenziale che possa risultare
quanto più applicabile possibile nella realtà quotidiana e che, al contempo, possa fornire risposte adeguate alle necessità dei pazienti.
OBIETTIVI
Il Progetto Euriclea ha come obiettivo l’armonizzazione della presa in carico dei
pazienti affetti da LMC attraverso il suggerimento di una serie di indicazioni applicabili nella realizzazione della parte assistenziale di “Clinical Pathway (CP)” diretti
ai pazienti affetti da LMC. Il Clinical Pathway è un percorso clinico ben definito nel
tempo; è un metodo per la gestione della cura di un gruppo di pazienti. Tale percorso clinico afferma esplicitamente gli obiettivi e gli elementi fondamentali di cura sulla
base di prove scientifiche (EBM/EBN) e sulle aspettative del paziente, facilitando la
comunicazione, coordinando ruoli e sequenziando le attività del team di assistenza multidisciplinare, dei pazienti e dei loro familiari, documentando, monitorando e
valutando le variazioni cliniche e fornendo le risorse necessarie al progetto di cura,
monitorandone i risultati.
L’obiettivo di un percorso clinico è quello di migliorare la qualità delle cure, ridurre i rischi, aumentare la soddisfazione del paziente e aumentare l’efficienza nell’utilizzo delle
risorse [32].
Il gruppo di esperti ha individuato come obiettivi primari il maggiore coinvolgimento
degli infermieri nei processi, l’implementazione di percorsi e strumenti per garantire
una informazione puntuale e appropriata, il coinvolgimento attivo dei pazienti, l’intro-
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Progetto Euriclea
duzione di strumenti gestionali e organizzativi adeguati, il miglioramento dell’aderenza terapeutica e della gestione di effetti collaterali e complicanze, la sostenibilità e
applicabilità del sistema.
IL GRUPPO DI LAVORO
È stato costituito grazie all’interazione tra le rappresentanze di AIL Pazienti LMC e della
Federazione Italiana dei Collegi IPASVI, in collaborazione con esponenti infermieristici
del Gruppo Italiano Trapianto di Midollo osseo e Terapia Cellulare (GITMO) e le rappresentanze della Società Italiana di Ematologia (SIE). Sono stati invitati a partecipare ai
lavori del gruppo infermieri italiani esperti nella gestione dei pazienti affetti da LMC.
Il gruppo è così composto:
Irene Rosini (Team Leader) - Rappresentante Federazione IPASVI
Felice Bombaci
Presidente Gruppo AIL Pazienti LMC (membro CML
Advocates Network) - Torino
Paola Bordiga Infermiera UO Ematogia - AO Spedali Civili - Brescia
Stefano Botti
Infermiere di Ricerca - ASMN-IRCCS Reggio Emilia
Cristiana Caffarri Coord. Inf. UOC Ematologia - ASMN-IRCCS Reggio Emilia
Lorella Cappucciati Coord. Inf. Ematologia e Centro Trapianti, Ospedale Guglielmo
da Saliceto - Piacenza
Antonella Diodati Infermiera Ematologia Clinica - Ospedale Santo Spirito Pescara
Gianpaolo Gargiulo
Responsabile Sez. Inf. GITMO - AOU Federico II Napoli
Mariamarcella Lionetti Coord. Inf. SC Ematologia e CTM AOU Città della Salute
e della Scienza - Torino
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Adriana Pignatelli Responsabile Assicuratore Qualità SITRA IFO - Quality
Coordinator Nurse RTN - Roma
Emanuela Samarani Coord. Inf. TMO Adulti - AO Spedali Civili - Brescia
Daniela Torino Infermiera SOD Ematologia - AOU Careggi - Firenze
Position Statement - Il percorso assistenziale nella presa in carico dei pazienti affetti da LMC
METODOLOGIA DI LAVORO
Sono state effettuate numerose riunioni del gruppo di lavoro per presentare l’idea di
fondo e condividere obiettivi, strumenti, percorsi e per strutturare il progetto.
È stata condotta una ricerca bibliografica sui percorsi clinici e assistenziali del paziente
con LMC con revisione critica della letteratura da parte del gruppo di lavoro.
In seguito si è deciso di raccogliere e condividere materiale proveniente dalle realtà
assistenziali italiane relativo all’assistenza al paziente con LMC: procedure, protocolli,
materiale informativo, istruzioni operative, percorsi clinici, etc.
In ultima istanza si è concordato di esplorare la pratica quotidiana su scala nazionale
attraverso la redazione di un questionario ad hoc, realizzato sulla base delle indicazioni
della letteratura internazionale e messo a punto tramite focus group, somministrato agli
infermieri dei centri ematologici italiani che si occupano della cura dei pazienti affetti
da LMC. Il questionario si proponeva di eseguire una fotografia dell’esistente fornendo
dati su vari aspetti quali: le caratteristiche dell’Ospedale/Servizio/Struttura, i dati di attività, la percezione degli infermieri nei riguardi dei percorsi di cura per pazienti affettio
da LMC, la gestione dei percorsi e i modelli assistenziali, l’accoglienza, l’aderenza,
gli aspetti di informazione/educazione, il monitoraggio del paziente, la formazione del
personale infermieristico.
Risultati del questionario “Percorso clinico assistenziale del paziente affetto da Leucemia Mieloide Cronica (LMC): survey multicentrica”
Allo studio hanno aderito 25 centri adeguatamente distribuiti su tutto il territorio nazionale (mediamente uno per ciascuna regione italiana, a esclusione di Sicilia e Sardegna). 24 centri (96%) confermano che i pazienti con LMC afferiscono principalmente
alle Unità Operative (UU.OO.) di ematologia (76%) od onco-ematologia (20%), attraverso una gestione a livello di DH (16;64%), poliambulatorio aziendale (2;8%) o di altre
strutture ambulatoriali (6;24%).
I pazienti con LMC possono inoltre usufruire di supporto anche a livello territoriale attraverso reti di assistenza domiciliare specialistica ematologica (10;40%), di assistenza
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domiciliare non specialistica (1;44%), oltre al supporto dei medici di medicina generale
(15;60%) e di servizi di assistenza privata (1;4%).
In riferimento alla disponibilità di linee guida, procedure, protocolli e istruzioni operative,
in 20 centri (60%) sono presenti documenti per la diagnosi e il trattamento, mentre solo
13 centri (52%) dispongono di documenti specifici per l’assistenza ai pazienti con LMC.
Dal punto di vista organizzativo in 21 centri (84%) il paziente con LMC viene seguito in
regime ambulatoriale; il modello assistenziale adottato nei day hospital risulta principalmente quello per compiti/attività (20 centri;80%). Il primary nursing è programmato in 3
centri (12%), 2 centri sono organizzati secondo altri modelli non specificati. Se 23 centri
(92%) prevedono un medico ematologo dedicato alla cura dei pazienti con LMC, un
solo centro (4%) prevede la presenza di infermieri dedicati, di infermieri case-manager
o specialisti per la gestione dei pazienti con LMC. In generale, i pazienti affetti da LMC
a livello ambulatoriale sono di norma seguiti anche da un infermiere in 7 centri (28%),
mentre in 16 centri (64%) sono visitati solo da un medico.
L’accoglienza ai pazienti con LMC è strutturata e pianifica dall’infermiere solo in 3 centri
(7%); in 7 centri (28%) non è pianificata dall’infermiere, in 10 (40%) la fase di accoglienza non è strutturata, mentre in 5 centri (20%) non vi è una vera e propria accoglienza.
A tal fine un solo centro (4%) dispone di un processo di accoglienza con strumenti
specifici per la LMC (schede in cartella informatica, check list, etc.), 10 centri (40%)
dispongono di documenti utilizzati anche per altre tipologie di patologie e 14 centri
(56%) non dispongono di tali documenti. Nella fase di accoglienza solo 5 centri (20%)
valutano specificamente il livello di rischio di scarsa compliance nella terapia con TKI,
10 centri (40%) effettuano una valutazione generica e 10 centri (40%) non effettuano
alcuna valutazione di tale problematica.
In considerazione della loro rilevanza, è stata verificata la disponibilità di documenti per
il monitoraggio degli effetti collaterali della terapia con TKI in 10 centri (40%) rispetto ai
15 (60%) in cui non è presente. Tale attività di monitoraggio è praticata dagli infermieri
solo in 4 centri (16%), rispetto ai 21(84%) in cui non sono coinvolti gli infermieri.
Il supporto informativo ed educativo al paziente in cura per LMC è eseguito di norma
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dall’infermiere nella fase di accoglienza in 2 centri (8%), al bisogno ovvero senza programmazione in 13 centri (52%), mentre in 10 centri (40%) non viene praticato. Per il
monitoraggio dell’aderenza alla terapia domiciliare con TKI 2 centri (8%) dispongono
di un diario terapeutico compilato dal paziente o dal CG, 11 centri (44%) affidano il
controllo dell’aderenza al CG, 2 (8%) effettuano controlli telefonici, mentre 10 centri non
prevedono alcuna attività di monitoraggio.
Infine è stata verificata la realizzazione di interventi formativi diretti a infermieri sugli
aspetti assistenziali e terapeutici della LMC negli ultimi 3 anni, rilevando che 4 centri
hanno previsto programmi formativi per tutti gli infermieri, 5 (20%) solo per alcune unità
di personale e 16 (64%) nessun intervento formativo.
In sintesi, pur in considerazione di un campione ridotto, dalla survey emerge una estrema disomogeneità nell’approccio e nella gestione dei pazienti affetti da LMC, in cui l’infermiere ha un ruolo di secondo piano nell’assistenza ai pazienti gestita prevalentemente
dai medici e frequentemente senza una adeguata pianificazione degli interventi capaci
di supportare il paziente e i CG nelle diverse fasi del processo terapeutico. I dati raccolti
confermano pertanto la necessità di definire un diverso approccio al paziente con LMC
attraverso una visione olistica della cure e la multidisciplinarietà degli interventi.
Dall’analisi globale dei risultati del gruppo (ricerca bibliografica, condivisione degli strumenti operativi, questionario, brainstorming di esperti) sono state individuate le aree
focali del processo assistenziale:
• Ruolo dell’infermiere e risorse strutturali
•Accoglienza
•Informazione/educazione
• Accertamento/raccolta dati
• Diagnosi infermieristica
• Pianificazione “proattiva” degli interventi
• Aderenza alla terapia
• Gestione degli effetti collaterali
•Valutazione
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RUOLO DEGLI INFERMIERI E RISORSE STRUTTURALI
Il percorso dei pazienti affetti da LMC spesso si articola in una fase diagnostica, che
inizia con il primo contatto dei pazienti con la struttura specialistica e si conclude con
la comunicazione della diagnosi e l’inizio delle terapie, e una fase terapeutica che prevede l’inizio delle terapie con TKI e il follow-up tipico di una malattia cronica, di solito
condotto inizialmente in regime di day hospital (DH) o ambulatorio per poi proseguire
ambulatorialmente. Dai risultati della survey e dall’analisi della documentazione, nel
panorama italiano la figura infermieristica nei contesti ambulatoriali, salvo in rare occasioni, è pressoché assente. Laddove presente, spesso assolve unicamente a funzioni
burocratiche. In regime di DH gli infermieri non vengono impiegati in maniera dedicata
nella cura dei pazienti affetti da LMC; il tempo di cura è solitamente suddiviso su tutti i
pazienti ematologici in base alla gravità del quadro clinico e alla complessità dei trattamenti e sono rarissime le realtà dove è stato possibile realizzare percorsi e individuare
figure infermieristiche dedicate ai pazienti con LMC. Il focus assistenziale ai pazienti affetti da LMC in questa situazione è dunque spesso a completa gestione medica. Inoltre
si aggiunga che nella quasi totalità dei centri non esistono ambulatori dedicati e che in
molte realtà i regimi di accesso non prevedono una disponibilità giornaliera. I contatti
telefonici possono essere molto complessi a causa di linee telefoniche comuni e intasate, attività dei servizi frenetica, medici fisicamente indisponibili, mancanza di possibilità
di pianificazione o limitazione a fasce orarie stabilite, assenza nel fine settimana e festivi.
Da un’analisi sul campo dei tempi di una “giornata tipo” presso una delle realtà dove è
presente un ambulatorio dedicato ai pazienti con LMC, il tempo di cura dedicato per
ogni paziente è stato stimato intorno ai 15-20 minuti. In questo tempo è prevista solitamente l’esecuzione di una serie di rilevazioni cliniche programmate miranti a valutare
l’andamento della malattia, gestire eventuali effetti collaterali delle terapie ed eventuali comorbilità, programmare attività diagnostiche e clinico assistenziali, aggiornare la
documentazione, eseguire interventi di counseling, promuovere l’alleanza terapeutica,
consegnare materiale info/educativo, “switchare” le strategie di cura, e atro ancora.
Tutto questo in taluni momenti, si pensi al momento del primo incontro, può essere
ulteriormente complicato dalla necessità di eseguire interventi prolungati info/educativi,
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Position Statement - Il percorso assistenziale nella presa in carico dei pazienti affetti da LMC
dalla necessità di stabilire una relazione positiva, di raccogliere dati in grande quantità,
dal bisogno di interazione del paziente, nonché dalla necessità di coinvolgerlo nelle
decisioni e nelle scelte.
Esaminando quanto sopra riportato, il gruppo di lavoro si è posto alcune semplici domande: Il tempo a disposizione è sufficiente? È possibile in questo contesto garantire
una relazione di aiuto di qualità?
Quale figura professionale può rispondere adeguatamente alle necessità assistenziali del paziente affetto da LMC?
Appare evidente un “gap assistenziale” notevole: il Gruppo Euriclea sostiene che la relazione assistenziale deve vedere coinvolto in prima persona l’infermiere; la gestione del
tempo dedicato all’utente è approssimativa e spesso esistono criticità organizzative/
ambientali che rendono difficile la comunicazione e l’accoglienza. In questo contesto
un infermiere dedicato potrebbe costituire la soluzione ottimale alle necessità assistenziali dei pazienti. Accoglienza e counseling ma anche “Ascolto attivo, Comunicazione,
Informazione, Educazione alla salute, Relazione” saranno i cardini su cui si svilupperà il
progetto del “nuovo” percorso assistenziale.
PROPOSTE DEL GRUPPO DI LAVORO
All’inizio di questo documento abbiamo parlato di un “modello assistenziale proattivo”
per la presa in carico del paziente con LMC. È opinione del Gruppo infatti che per
superare il gap assistenziale e far fronte alle criticità di cui sopra è necessario virare da
un paradigma bio-medico (visione meccanicistica) a un paradigma bio-psico-sociale
(visione olistica della persona).
Si può raggiungere questo obiettivo attraverso implementazioni mirate di tipo strutturale e organizzativo:
• Lo sviluppo e l’inserimento dell’Infermiere Clinico Esperto nella gestione della LMC
nel percorso clinico assistenziale.
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• L’attivazione di un ambulatorio infermieristico dedicato per la gestione della persona
nell’ottica del “to care”.
• L’inserimento di canali comunicativi dedicati: il Call Center.
L’introduzione di un Infermiere Clinico Esperto Dedicato o dell’Infermiere Case Manager (ICM) può far sì che i pazienti affetti da LMC possano ricevere le informazioni e il
sostegno di cui hanno bisogno in maniera coordinata e mirata. L’ICM inoltre, essendo
un facilitatore nella gestione della terapia, assume anche il compito di coordinare il
percorso nei vari servizi di cui necessita il paziente, assicurando una corretta risposta ai
suoi bisogni e facilitando la relazione, il contatto con gli altri operatori e la fruizione dei
servizi della struttura sanitaria.
L’ICM dovrà essere in possesso dell’expertise necessario e di specifica formazione,
con acquisizione di competenze che dovrebbero essere tracciate in relazione al loro
mantenimento, sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo, come normalmente avviene per i più comuni programmi di accreditamento. Il ruolo, le attività, la
formazione dell’ICM dovrebbero essere tracciati, documentati e definiti da specifiche “job description” o “profili professionali”, facenti parte della documentazione di
accreditamento del Servizio o Unità Operativa in cui il paziente affetto da LMC viene
accolto.
L’ICM diventa il garante della risposta assistenziale, secondo un protocollo di intervento, dell’efficacia e dell’appropriatezza delle prestazioni, dell’efficienza dei percorsi
assistenziali, dell’ottimizzazione delle risorse, dell’integrazione tra bisogni e realtà assistenziale e dell’umanizzazione dell’assistenza. In questo contesto, anche l’attività del
medico ne trae inevitabilmente vantaggio potendosi concentrare maggiormente sugli
aspetti e sulle attività prettamente clinici.
L’individuazione di uno spazio temporale e fisico dedicato ai pazienti con LMC
(ambulatorio dedicato) consente all’Infermiere Clinico Esperto di svolgere a pieno il
proprio lavoro e ai pazienti di avere a disposizione un riferimento non solo professionale ma anche fisico e strutturale a cui rivolgersi, nelle modalità e nelle tempistiche concordate all’interno del “contratto di cura”. Una situazione di questo tipo
è in grado di consentire, a parere del Gruppo Euriclea, di minimizzare il senso di
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Position Statement - Il percorso assistenziale nella presa in carico dei pazienti affetti da LMC
smarrimento del paziente, ridurre la complessità di accesso, prevenire la mancata
compliance terapeutico-assistenziale, aumentare la sicurezza dei pazienti, ridurre il
lavoro del medico.
I vantaggi attesi dall’introduzione dell’ICM e dell’ambulatorio dedicato possono consistere nella possibilità di sviluppo di specifiche “life skill” sia con/per il paziente, sia
in relazione alla struttura/organizzazione; nel superamento della frammentazione del
percorso di cura verso un modello favorente una continuità assistenziale coordinata;
nel coinvolgimento del paziente, che diventa “protagonista attivo” dell’intero percorso,
favorendo l’eliminazione di “bias” comunicativi (informazioni distorte e/o contradditorie);
nell’attivazione di risorse professionali, sociali e sanitarie adeguate alla storia/condizioni
della persona e della famiglia/caregiver.
In molti ospedali esistono Call Center che fungono da interfaccia con i vari servizi,
che forniscono indicazioni e spiegazioni all’utenza su come muoversi fisicamente e
burocraticamente e altro ancora. Il Call Center può essere costituito da un canale
telefonico dedicato a cui accedere in caso di necessità e per controlli e comunicazioni di routine tra ICM e pazienti, una sorta di “linea preferenziale” a uso dei pazienti
con LMC (sarebbe consigliabile creare linee preferenziali per tutti i tipi di patologia),
ma può essere molto più articolato. Potrebbe essere utilissimo ai pazienti con LMC
poter avere la possibilità di raggiungere telefonicamente, naturalmente in fasce orarie stabilite, il personale di riferimento (medico e ICM) per le necessità urgenti. Un
servizio di front office a disposizione dei pazienti affetti da LMC (ma anche di altre
figure: CG, medici di medicina generale) che necessitino di comunicare con il personale medico-infermieristico.
Chiaramente occorre trovare accordi e strategie per consentire la migliore funzionalità del servizio di Call Center evitando che venga sovraccaricato da richieste
non appropriate. È possibile stabilire “a priori” quali siano le modalità di accesso
al Call Center: necessità burocratico-organizzative (appuntamenti, esenzioni, accessi, etc.), problemi clinici nuovi o urgenti, comunicazione dell’esito di esami vari
(sarebbe utile in questo caso anche un servizio fax), e quanto venga stabilito dalle
istanze del servizio.
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Progetto Euriclea
IL PERCORSO ASSISTENZIALE
Le fasi del percorso assistenziale nelle relative aree d’intervento devono vedere l’Infermiere come professionista attivo in tutti gli step dal momento della diagnosi al follow-up.
L’accoglienza
Molti manuali di accreditamento per le organizzazioni sanitarie pongono l’accento sui
“processi di accoglienza” come indicatori di qualità dell’assistenza erogata [33], dell’organizzazione della struttura, della presa in carico globale dei pazienti, dell’attività degli
infermieri. Così, ad esempio, la presenza di protocolli di accoglienza è considerata uno
degli indicatori di struttura mentre l’attivazione di procedure e/o protocolli e la raccolta
dell’anamnesi del paziente nelle prime 24 ore rappresentano uno degli indicatori di
processo; il gradimento del paziente per le modalità dell’accoglienza e dell’inserimento
in un reparto/servizio è uno degli indicatori di esito.
Prima di ogni considerazione occorre pensare il termine “accoglienza” come il contenitore, imprescindibile, entro cui sviluppare e armonizzare la “relazione di aiuto”, intesa
come “il modo di gestire la relazione interpersonale volto a liberare le capacità dell’assistito di vivere in modo pieno il momento del primo contatto” [34]. Le azioni dell’accoglienza devono mirare a garantire rassicurazione, orientamento e ottimizzazione dei
tempi; dedicare una particolare attenzione e ascolto a questi aspetti è sinonimo di attenzione e rispetto per l’utenza. È pertanto impossibile scindere il tema dell’accoglienza
dal concetto di umanizzazione delle cure con tutte le sue implicazioni di carattere sociologico, psicologico, strutturale, organizzativo e ambientale [35].
Il processi di accoglienza non può delimitare un’azione definita nel tempo, ma deve
necessariamente accompagnare il paziente in maniera “longitudinale” durante il percorso e “trasversalmente” a tutti gli operatori e CG. Inoltre non può prescindere da
precisi aspetti di formazione e competenza degli operatori stessi, dalla compliance del
paziente e dei suoi CG, ma nemmeno da quel lato dell’arte di assistere che, ancor
oggi, è difficilmente controllabile e uniformabile a livelli, per così dire, standard: la predisposizione alla relazione. Al processo di umanizzazione contribuiscono infatti tutti gli
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Position Statement - Il percorso assistenziale nella presa in carico dei pazienti affetti da LMC
operatori sanitari che, attraverso il loro operato, contribuiscono a loro volta a definire
“l’identità” stessa dell’organizzazione sanitaria [35]. Il ruolo di promotore ricoperto dalla
Federazione IPASVI all’interno del Progetto Euriclea presuppone una riflessione da parte
degli autori sul Codice Deontologico degli Infermieri italiani [36]. All’interno del Codice le
parole “accoglienza” o “accogliere” non vengono mai utilizzate, ma è importante notare
che è possibile ritrovarvi, con estrema puntualità e precisione nelle definizioni, l’intero
lotto di azioni e atteggiamenti che un infermiere dovrebbe adottare per rispondere
alle necessità di accoglienza dei pazienti. Lo stesso concetto in analisi, pur avendo
caratteristiche definite, presuppone una quantità tale di relazioni sfumate di confine che
risulta difficile, a volte, poterne racchiudere la vastità dentro un solo preciso contenitore.
L’accoglienza dei pazienti affetti da LMC, al pari di tutti gli altri pazienti, risulta essere
dunque un processo complesso, influenzato dai rapporti interpersonali, dalle informazioni scambiate, dal comfort strutturale e ambientale e dall’organizzazione del lavoro.
Il primo contatto sarà quello che rappresenterà il cardine su cui verterà la relazione empatica tra operatore e paziente. Occorre tener sempre presente che il nostro corpo comunica e quindi il nostro atteggiamento e il modo di muoverci trasmetteranno chiusura
o apertura. Mai mostrarsi fugaci né dare nulla per scontato: il paziente sta elaborando
“un lutto” e la sua condizione è cambiata, è spaventato, vive un disagio psicologico
importante e diverse emozioni si avvicendano selvaggiamente; non ha ben chiaro ciò
che dovrà affrontare e soprattutto come dovrà farlo, spesso il suo pensiero sarà rivolto
alla famiglia: ha appena ricevuto la diagnosi ed è confuso, talvolta può apparire euforico
quasi distaccato, come se si parlasse di qualcun altro. Particolare rilievo deve essere
riservato all’ambiente che accoglie il paziente e pertanto sono necessari uno spazio dedicato e personale competente. Sviluppare un modello assistenziale basato sul “qui e
ora”, focalizzando e contestualizzando il problema così come è percepito dal paziente,
porta a orientare la relazione verso obiettivi condivisi.
Accoglienza durante l’iter diagnostico (pre-conferma diagnostica)
Nella quasi totalità dei casi, i pazienti arrivano al primo contatto con il personale sanitario di ematologia accompagnati da un sospetto diagnostico relativamente al quale
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Progetto Euriclea
dispongono in genere di scarse o nulle informazioni. Il processo di accoglienza inizia
pertanto prima della conferma diagnostica con il primo accesso alla struttura specialistica di ematologia.
In questi casi dunque occorre che l’infermiere dia il via al processo in una fase preliminare, comune a tutti i pazienti, costituita da un colloquio generale in cui si inizia la raccolta di dati anamnestici, clinici, assistenziali, delle informazioni personali e sull’assetto
socio-culturale dei pazienti tramite specifiche check list. Risulta fondamentale in questa
fase dare inizio alla relazione di aiuto e gestire lo stato d’ansia prodotto dall’incertezza
sul futuro e sugli sviluppi del programma diagnostico.
Accoglienza dopo la comunicazione della diagnosi
Contestualmente alla comunicazione medica della diagnosi definitiva, si completa il
percorso preliminare di accoglienza e inizia il percorso specifico per pazienti affetti da
LMC. In questo momento è essenziale individuare un infermiere esperto di riferimento
per ogni paziente.
I pazienti pertanto verranno intercettati subito dopo la comunicazione della diagnosi
per un colloquio con l’infermiere esperto (o infermiere di riferimento o ICM). In questo
colloquio l’infermiere fornirà informazioni sul perché venga adottato un percorso specifico per LMC e ne illustrerà i contenuti, gli obiettivi e definirà gli outcome attesi, dando
importanza anche a quelli definiti dal paziente.
Questa fase dell’accoglienza dovrebbe essere strutturata e pianificata dall’infermiere
di riferimento in merito a tempi, spazi, luoghi e modalità del colloquio. L’infermiere
in questa fase dovrà interfacciarsi preventivamente con il medico per condividere le
informazioni date ai pazienti nel momento della comunicazione della diagnosi, per
ricevere informazioni che possono facilitare il colloquio, per concordare la linea da
seguire.
Infine il colloquio dovrà garantire l’interfaccia tra l’infermiere e i pazienti ma anche i
parenti e/o CG. Il primo contatto con l’infermiere di riferimento rappresenta spesso il
cardine su cui poggerà l’intera relazione infermiere-paziente.
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Position Statement - Il percorso assistenziale nella presa in carico dei pazienti affetti da LMC
Modalità del colloquio
• Presentarsi al paziente evitando atteggiamenti sbrigativi o commenti superficiali
sulle cause che hanno portato all’incontro. Ricordarsi l’importanza della postura e del linguaggio non verbale che inevitabilmente vengono valutati dal paziente. Non mostrare atteggiamenti di chiusura o eccessiva apertura, non dare la
sensazione di accelerare il ritmo del colloquio, aspettare i tempi del paziente.
• Adottare un comportamento adeguato alla situazione, informando e tranquillizzando il paziente. Rilevare la presenza di un eventuale stato di agitazione psicomotoria, lo stato di recettività e reattività della persona, la presenza di tremori
che possono essere indice di tensione emotiva. L’infermiere dovrà consentire
al paziente di orientarsi e di prendere conoscenza dell’ambiente prima che
vengano poste le domande di carattere generale.
• L’infermiere dovrà attuare una rilevazione di dati di tipo percettiva, oltre ai dati
oggettivi raccolti attraverso strumenti specifici. La rilevazione e la valutazione di
dati percettivi comprende: l’aspetto generale del paziente (come si presenta), la
mimica, l’aspetto e le condizioni fisiche; ciò che il malato fa capire con il silenzio
o il linguaggio articolato, le espressioni dovute al dolore, il pianto, i rumori o
gemiti legati allo stato di malattia.
• Fare accomodare il paziente in una stanza tranquilla dove non vi siano stimolazioni luminose o acustiche o persone estranee. Riprendere le prime informazioni di carattere generale raccolte in precedenza.
• Verificare la necessità di ascoltare i familiari del paziente per integrare l’anamnesi infermieristica.
• Instaurare un dialogo utilizzando termini ben comprensibili, formulando domande chiare e dando tempo al paziente di comprendere e riflettere prima di dare
una risposta. Valutare eventuali difficoltà nel rispondere, i silenzi non motivati
da problemi o handicap di natura fisica, evitare che il dialogo non controllato
conduca al di fuori dei binari prefissati per la raccolta delle informazioni utili.
• Garantire la privacy del paziente durante tutta la durata del colloquio.
21
Progetto Euriclea
I colloqui potranno riguardare i seguenti ambiti:
• Descrizione dell’Unità Operativa, sue finalità e organizzazione.
• Presentazione del personale sanitario, descrizione dei ruoli e dei metodi per il
riconoscimento (cartellini, colore delle divise, etc.).
• Presentazione dei metodi di interazione con la struttura: linee telefoniche, orari,
numeri contattabili, siti web, modalità di accesso e prenotazione.
• Descrizione/programmazione del percorso assistenziale del paziente: appuntamenti successivi, modalità, motivazioni.
• Raccolta/completamento/aggiornamento dati personali e anamnestici (check
list, cartella infermieristica) del paziente/famiglia.
• Raccolta/completamento/aggiornamento di informazioni sull’assetto socio-culturale del paziente/famiglia (check list, cartella infermieristica).
L’informazione/educazione
Come già anticipato, risulta di fondamentale importanza, in particolare durante il processo di accoglienza, procedere a un’adeguata informazione/educazione del paziente
sulle peculiarità assistenziali tipiche della malattia, le caratteristiche della struttura e
dell’organizzazione, il percorso assistenziale futuro, la sicurezza, i rischi e molto altro.
In genere la maggior parte delle informazioni sono fornite dall’infermiere durante il primo
colloquio con il paziente e i suoi famigliari, ma molte informazioni vengono rese disponibili anche durante tutto il percorso. Non è da escludere inoltre che per alcuni pazienti
possa essere strutturato un piano di informazione più diluito nel tempo per dar modo di
far proprie le istanze e comprenderle in modo adeguato e completo. Sarà responsabilità dell’ICM adottare le strategie d’informazione più opportune in relazione alle necessità
del paziente, dei famigliari e alle caratteristiche del contesto. È consigliabile personalizzare la modalità e la frequenza dei colloqui in accordo con il paziente e in relazione ai
bisogni di informazione/educazione.
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Position Statement - Il percorso assistenziale nella presa in carico dei pazienti affetti da LMC
Nel caso della LMC inoltre, gli aspetti info/educativi stanno alla base del successo
del programma terapeutico [11, 12, 37]. L’aderenza alla terapia con inibitori della tirosin-chinasi (TKI) è un elemento fondamentale in questo senso e, in molti casi, aspetti
di scarsa aderenza si sono rivelati riconducibili a problematiche relative alla info/educazione del paziente [38, 39].
Si rende necessario pertanto realizzare interventi di counseling, durante i colloqui, miranti a soddisfare completamente il bisogno di informazione del paziente, anche riprendendo alcuni aspetti più clinici della malattia se i concetti non risultano chiari (in particolare relativamente alle possibili complicanze ed evoluzioni). È necessario affrontare i
temi dell’aderenza, della prevenzione e del trattamento dei principali effetti collaterali,
del probabile impatto sulla qualità di vita, il tutto ovviamente corredato di consigli pratici
per la risoluzione dei problemi relativi alle attività e allo stile di vita. Inoltre è opportuno
eseguire, durante i primi appuntamenti, interventi di rivalutazione di eventuali bisogni
di informazione residui che non sono stati forniti o, più probabilmente, non sono stati
adeguatamente compresi dal paziente.
Uno dei maggiori obiettivi degli interventi info/educativi è la possibilità di rendere il paziente protagonista del suo percorso, implementando percorsi “patient-oriented” [22],
in grado di garantire contenuti e opportunità formative che potranno facilitarne il viaggio
e la collaborazione con la struttura sanitaria. La presenza di materiale info/educativo
quali booklet, video, brochure specifiche sui vari aspetti del percorso del paziente con
LMC deve essere implementata in tutte le strutture, servizi e unità operative di riferimento. È opportuno realizzare materiale info/educativo che tratti almeno gli aspetti:
• Strutturali: accesso, organizzazione, riferimenti, modalità comportamentali varie,
modalità di contatto.
• Clinici: descrizione della malattia, complicanze, percorso terapeutico-assistenziale,
gestione dei sintomi, effetti collaterali, stile di vita, etc.
È necessario inoltre che il personale sanitario provveda all’analisi di quanto presente
sul web per individuare ed eventualmente consigliare quali siti internet contengono le
migliori informazioni per il paziente.
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Progetto Euriclea
L’accertamento
Questa fase dovrebbe essere svolta in massima parte durante il processo di accoglienza, ma è doveroso continuare a raccogliere dati e informazioni durante tutto il percorso
del paziente. È una fase dunque orientata alla raccolta dei dati sul paziente e sul suo
contesto di vita e prevede l’apertura/compilazione della cartella ambulatoriale integrata,
la rilevazione dei PV e la valutazione multidimensionale della persona attraverso l’utilizzo di scale validate. È necessario rilevare più informazioni possibili riguardanti lo stile
di vita, il grado di autonomia nello svolgimento delle attività quotidiane, la capacità di
coping/gestione dello stress, il contesto sociale, etc.
Fondamentale è raccogliere informazioni sull’aderenza a eventuali terapie in corso mediante l’utilizzo di una scala validata (MMAS-4) [40] al fine di progettare, preventivamente, strategie che inducano il paziente verso un comportamento adeguato o che
consolidino l’atteggiamento positivo. Molta cura deve essere rivolta alla consegna di
materiale info/educativo con informazioni dettagliate sulla terapia e sulla gestione degli
effetti collaterali, stile di vita, numeri telefonici e orari per le comunicazioni con il centro; può essere d’aiuto anche la consegna di eventuale materiale audio-visivo, liste di
domande rivolte frequentemente dai pazienti, con le relative risposte. È importante
incoraggiare il paziente alla compilazione degli strumenti di self-assessment e degli
strumenti gestionali (diari, check list, tabella aderenza) annotando dubbi, perplessità ed
eventuali domande da porre al medico o all’infermiere di riferimento, nonché consegnare e spiegare dettagliatamente la scheda terapeutica, prescritta dall’ematologo di riferimento, e concordare con il paziente la programmazione degli incontri del follow-up.
Risulta fondamentale raccogliere informazioni di contatto con il medico di medicina
generale e relazionarsi con il familiare/CG di riferimento (indicati dal paziente) a cui
fornire comunicazioni. Non va dimenticata la valutazione delle capacità di ascolto/apprendimento del paziente. Potrebbe essere necessario non fornire tutte le informazioni
durante il primo incontro ma programmare una nuova visita a breve scadenza.
Specialmente nella fase di accoglienza, ma anche successivamente, lungo il percorso,
risultano applicabili i modelli di accertamento infermieristico. Un esempio è il modello
di Gordon [41] che specifica alcune aree di accertamento fisiologico quali: percezione
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Position Statement - Il percorso assistenziale nella presa in carico dei pazienti affetti da LMC
e gestione della salute, nutrizione e metabolismo, eliminazione, attività ed esercizio fisico, riposo e sonno, cognitivo e percettivo, sessualità e riproduzione, ruolo e relazioni,
percezione e concetto di sé, adattamento e tolleranza allo stress, valori e convinzioni.
Per ogni ambito occorre valutare il livello di autonomia e l’eventuale presenza di bisogni
assistenziali che possono dare origine a diagnosi infermieristiche e/o cliniche attraverso
il colloquio, la revisione della documentazione, l’utilizzo di strumenti specifici per ambito, la rilevazione di parametri vitali. Occorre definire un grado di autonomia del paziente
anche in relazione al percorso successivo, identificarne i punti di forza e di debolezza,
valutare l’assetto sociale, famigliare e la presenza e qualità dei CG, le aspettative del
paziente a breve, medio e lungo termine.
Assessment clinico-assistenziale specifico
• Parametri vitali e clinico specifici: PA, FC, TC, peso, FR, dispnea, ritmo cardiaco, presenza di edemi, tumefazioni, epato-spleno megalie, vomito, nausea,
diarrea, esecuzione dell’ECG, dolore, diuresi etc.
• Valutazione del performance status: ECOG [42], Karnofsky [43].
• Scale di valutazione, di grading e strumenti di self-assessment: depressione
(HAD – Hospital Anxiety and Depression Scale) [44], dolore (NRS – Numerical
Rating Scale), stress (DTS – Distress Thermometer Scale) [45], fatigue (CLAS
– Cancer Linear Analogue Scale) [46], riposo-sonno (PSQI – Pittsburgh Sleep Quality index) [47], stato nutrizionale (MNA – Mini Nutritional Assesment)
[48], dolore/prurito neuropatico (DN4) [49], sintomatologia quotidiana (ESAS
– Edmonton Symptom Assessment Scale) [50], capacità di svolgere le proprie attività quotidiane (IADL – Instrumental Activities of Daily Living) [51], stipsi
(BFI – Bowel Function Index) [52], diarrea (WHO – World Heath Organisation),
aderenza terapeutica (MMAS-4 – Morisky Medication Adherence Scale) [40],
presenza e qualità dei CG (CBI – Caregivers Burden Inventory) [53], diari ad hoc
relativi alla aderenza e agli effetti collaterali/complicanze.
• Esami (stato della malattia): BCR-ABL, emocromo, etc. prescritti dal medico.
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Progetto Euriclea
• Consegna e descrizione del diario del paziente e degli strumenti specifici per il
percorso della LMC (diario aderenza terapeutica, diario autovalutazione clinica).
• Supporto psicologico: l’infermiere assume spesso un ruolo decisivo nell’individuazione dei bisogni di supporto psicologico, specialmente nei contesti dove
non è presente un servizio con personale specifico dedicato. Nel caso esista
un servizio di supporto psicologico è opportuno predisporre un sistema di alert
che consenta ai pazienti di potervi accedere qualora lo chiedano o l’infermiere
di riferimento ne ravvisi la necessità.
LA DIAGNOSI INFERMIERISTICA
La diagnosi Infermieristica costituisce la base sulla quale scegliere gli interventi infermieristici volti a raggiungere dei risultati di cui l’infermiere è responsabile.
Nel caso della LMC, prendendo in considerazione quanto emerge dalla letteratura
scientifica, la sequela di problemi a cui i pazienti possono andare incontro durante il
percorso e la terapia con TKI (ad esempio deficit nella cura di sé, coping inefficace,
rischio di malnutrizione, compromissione della comunicazione, coping inadeguato della famiglia/CG, rischio d’isolamento sociale etc.) può compromettere tutti gli 11 item
del modello funzionale di M. Gordon [41], in modo più o meno rilevante e più o meno
trasversale a essi.
È necessario quindi che l’infermiere sia in grado di raccogliere e organizzare i dati del
paziente nell’ottica di una visione olistica e in considerazione dell’unicità della persona
al fine di stabilire le priorità d’intervento.
PIANIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI PROATTIVI
Lo scopo di questa fase è quello di creare una reale partnership tra i servizi e gli utenti
verso la promozione della salute rinforzando le capacità e i livelli di autonomia dei pa-
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Position Statement - Il percorso assistenziale nella presa in carico dei pazienti affetti da LMC
zienti nelle scelte che hanno un impatto sulla salute (empowerment for health) [25]. Per
rendere operativa tale “rete” e attuare il percorso di cura integrato di cui egli è facilitatore, è di fondamentale importanza la collaborazione con l’ematologo di riferimento, il
medico di medicina generale, gli psico-oncologi, i CG e tutti gli altri professionisti/attori
coinvolti nel processo assistenziale, al fine di:
• Individuare i fattori di rischio che possono compromettere lo stato di salute del paziente e l’alleanza terapeutica.
• Individuare precocemente segni e sintomi di peggioramento della malattia.
• Organizzare incontri cadenzati tra i pazienti di nuova diagnosi e coloro che già sono
inseriti nel percorso di cura per favorire uno scambio “tra pari” e sostenere la compliance.
• Svolgere attività di counseling verso i CG durante tutto il percorso di cura per scongiurare che eventuali stati di stress di questi ultimi impattino negativamente sull’efficacia delle cure al paziente.
• Reclutare un team multiprofessionale (dietista, fisioterapisti, psicologo) per informare/formare la persona sugli stili di vita da adottare ancor prima dell’insorgenza di
eventuali “momenti di crisi”.
• Intraprendere un percorso di educazione terapeutica al fine di migliorare la compliance alle cure.
In molti centri si sono sviluppate iniziative di volontariato e di mutuo aiuto, dove volontari
si occupano dei pazienti anche a domicilio per le necessità anche di carattere psico-sociale, quali la compagnia, l’aiuto per le piccole attività domestiche, gruppi di condivisione tra pari, etc. In tal caso è oppurtuno illustrare, già durante il colloquio di accoglienza,
tutte le opportunità di appoggio messe a disposizione del paziente nel contesto locale.
L’ADERENZA ALLA TERAPIA CON TKI
L’aderenza alla terapia descrive la volontà del paziente di assumere i farmaci prescritti e prevede la scelta dei giusti tempi, dei giusti dosaggi e della giusta frequenza di
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Progetto Euriclea
assunzione della terapia da parte del paziente. Questo vuol dire non solo rispettare
le prescrizioni farmacologiche, ma anche i dosaggi che non devono essere né ridotti
(ipoaderenza) né incrementati (iperaderenza) in maniera autonoma dal paziente.
Il ruolo del paziente non è solo quello di ascoltare passivamente le raccomandazioni,
ma anche quello di essere attivamente coinvolto nel trattamento.
L’aderenza è un processo dinamico che coinvolge tutto il team impegnato nel processo
di cura e che implica percorsi educativi personalizzati e un’attenta valutazione delle “risorse” del paziente e dei CG. Può essere considerato come un indicatore di successo
del Servizio Sanitario; al contrario, la non aderenza implica un incremento dei costi per
il Servizio Sanitario ed è considerato un indicatore di fallimento [21].
Analizzando le conversazioni presenti nei forum dei pazienti [54] e le domande frequenti
che questi rivolgono al clinico, emerge la necessità di realizzare strutture e servizi più
vicini all’utenza che, prescindendo dagli outcome puramente clinici, possano dare risposte di vicinanza attraverso una visione olistica della persona.
La malattia, ma anche gli aspetti legati agli effetti della terapia, rappresentano per il paziente una “minaccia esistenziale” che induce stress emozionale rendendo la persona
fragile e vulnerabile. Ogni paziente avrà una reazione adattiva differente sulla base delle
proprie caratteristiche individuali ma che, inevitabilmente, impatteranno sulla qualità
della vita sia della persona che della famiglia/CG [55, 56]. L’Associazione Italiana di
Oncologia Medica (AIOM) e la Società Italiana di Psicologia Oncologica (SIPO) hanno
realizzato le prime linee guida per migliorare lo stato psico-sociale del paziente oncologico fornendo linee di indirizzo, a supporto dei professionisti che operano nell’area,
al fine di favorire il corretto management nella pratica clinica delle implicazioni psicopatologiche [57].
In questo documento è possibile reperire numerose indicazioni utili sul grado di accettazione e sull’aderenza alla terapia antineoplastica orale. L’importanza dell’aderenza
terapeutica e le implicazioni per la pratica clinica sono ampiamente descritte nel documento redatto dal Nurses Group EBTM: “Aderenza alle terapie farmacologiche anti-tumorali per via orale”, 2013 [21].
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Position Statement - Il percorso assistenziale nella presa in carico dei pazienti affetti da LMC
L’aderenza alla terapia con TKI, dunque, costituisce un tema centrale di tutto il percorso del paziente, dall’accoglienza a tutto il follow-up. All’accoglienza il paziente non ha
ancora iniziato ad assumere TKI, è spesso concentrato sulla malattia a tal punto che
tenderà a porre in secondo piano la terapia. Oppure potrebbe mostrarsi dubbioso sulla
possibilità di riuscita, attento e spaventato da mille informazioni ricevute da altre fonti
(internet, amici, parenti, giornali). Più frequentemente è possibile che abbia talmente
fretta di iniziare la terapia contro la malattia che fatichi a interiorizzare le informazioni che
gli operatori sanitari gli stanno offrendo, specie in relazione all’importanza dell’aderenza
e agli effetti collaterali.
Analizzando i dati raccolti nella fase di anamnesi e lungo il percorso di accoglienza,
le impressioni, i punti di debolezza, è opportuno formulare conclusioni predittive in
relazione al possibile grado di aderenza di ogni paziente alla futura terapia con TKI.
Queste valutazioni dovrebbero essere condivise in maniera multidisciplinare (ematologo, infermiere, psicologo) in modo da poter adottare tempestivamente interventi mirati
o correttivi sullo stile di approccio del paziente e/o dei famigliari. È opportuno utilizzare
strumenti validati (Morisky Scale) per valutare il grado di aderenza, ma anche strumenti
creati ad hoc (diari, schede di monitoraggio), nonché ricercare un’alleanza con i CG
per individuare quanto più precocemente possibile eventuali tendenze alla non aderenza o cali di compliance. Tutto questo permetterà di poter quantificare, registrare
e misurare il problema, consentendo lo sviluppo di piani di intervento il più possibile
precoci ed efficaci.
GESTIONE DEL PAZIENTE IN TERAPIA CON TKI
Gli inibitori delle tirosin-chinasi offrono numerosi vantaggi tra cui: una maggiore specificità nei confronti delle cellule tumorali, minore tossicità, maggior efficacia, migliore
tollerabilità, unitamente a vantaggi di carattere logistico e socio-economico quali la
semplicità di somministrazione, la possibilità di eseguire la terapia a domicilio con conseguente riduzione drastica dei ricoveri e degli accessi ospedalieri. Nei pazienti affetti
da leucemia mieloide cronica gli inibitori hanno consentito di ottenere risposte rapide e
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Progetto Euriclea
profonde seppur con profili di tossicità variabili a seconda delle differenti molecole. Pertanto devono essere compiuti sforzi per minimizzare questi effetti collaterali e migliorare
la qualità di vita del paziente.
Il tempo che intercorre tra inizio biologico della malattia e fase clinica può variare anche
di molti mesi. Nel decorso clinico naturale della malattia si possono distinguere tre fasi:
una fase cronica, nella maggior parte dei casi, dove la situazione clinica rimane stabile
con assenza o scarsezza di sintomatologia; una fase accelerata, che può insorgere
dopo 3-5 anni e dove si registra un peggioramento degli indici ematologici – questa
situazione in molti casi (70% circa) evolve verso una “crisi blastica”; una fase blastica
che vede la produzione di cellule immature (blasti) con la sostanziale trasformazione
della malattia in Leucemia Acuta.
L’introduzione di TKI ha modificato la storia naturale della LMC modificando l’outcome
clinico sia in termini di qualità di vita che durata della sopravvivenza. Solitamente questi
farmaci vengono utilizzati in questo modo:
• Imatinib: 1° linea
• Dasatinib: 1° e 2° linea
• Nilotinib: 1° e 2° linea
• Bosutinib: 2° linea
• Ponatinib: 3° linea oppure in 2° linea in presenza di pazienti con mutazione T315I e
resistenti al trattamento con gli altri TKI.
Tutti questi farmaci portano con sé un corredo di effetti collaterali e interazioni con altri
farmaci o alimenti di cui occorre tener bene presente la natura e la gravità.
Effetti collaterali [58]
Gli effetti collaterali sono un fattore importante per la compliance al trattamento. In una
terapia cronica come è attualmente quella della LMC, gli effetti collaterali, anche se di
grado lieve ma persistenti, possono diventare intollerabili per il paziente, tenendo anche
conto delle differenti soglie di accettabilità degli stessi. Una ridotta compliance al trattamento limita l’efficacia del farmaco stesso per tutti i farmaci, ma nel caso dei TKI questo
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Position Statement - Il percorso assistenziale nella presa in carico dei pazienti affetti da LMC
concetto risulta essere spesso esasperato a causa della lunga durata del trattamento e
in relazione alla importanza, appunto determinante, della terapia [59, 60].
Il ruolo dell’infermiere nella gestione delle tossicità legate alle terapie si sviluppa attraverso la prevenzione, l’identificazione precoce e il trattamento delle complicanze. L’infermiere si trova a essere garante di una serie di azioni finalizzate alla tutela della qualità
di vita del paziente, dovendo allo stesso tempo trovare strategie efficaci per mantenere
il regime terapeutico ottimale.
Durante la terapia con TKI è possibile che il paziente sperimenti effetti collaterali di tipo
ematologico o extra ematologico.
Effetti collaterali ematologici e biochimici
Ematologici. Gli effetti collaterali ematologici, quali anemia, piastrinopenia e leucopenia, in genere più frequenti all’inizio del trattamento, possono essere gestiti modulando il dosaggio del farmaco (sospensione temporanea e/o riduzione), sino a ripresa
dei valori normali, secondo schemi appropriati in funzione del grado di tossicità. È
utile anche una terapia di supporto. Ad esempio, soprattutto nei pazienti anziani, potrebbe essere preso in considerazione l’utilizzo dei fattori di crescita come l’eritropoietina in caso di anemia. L’infermiere di riferimento dovrà essere aggiornato sui valori
del paziente e intervenire sulla sicurezza del paziente mediante interventi di counseling e di monitoraggio mirati alla prevenzione/individuazione di eventuali infezioni, di
emorragie/sanguinamenti, di cadute o stati astenici.
Biochimici. Il trattamento con inibitori può determinare la comparsa di eventi avversi di
tipo biochimico; quelli osservati con più frequenza sono l’incremento degli enzimi epatici (lipasi e amilasi), l’aumento degli indici di funzionalità epatica (bilirubina, ALT/AST),
della glicemia e dei lipidi ematici (trigliceridi e colesterolo). Questi eventi possono essere
più o meno frequenti; solo raramente rappresentano un campanello d’allarme per danni
d’organo, nei pazienti che manifestano alterazioni di tipo biochimico di grado severo
può essere indicata l’interruzione della terapia. L’incidenza di casi di pancreatite acuta è
rara, le alterazioni dei valori dell’amilasi sono di solito brevi e autolimitanti; è in ogni caso
opportuno somministrare con cautela il nilotinib in pazienti con pregressa pancreatite. La
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Progetto Euriclea
tossicità epatica può essere gestita con la riduzione o la sospensione temporanea del
farmaco, anche se spesso queste alterazioni sono autolimitanti. È buona norma comunque valutare periodicamente, soprattutto all’inizio del trattamento, la funzionalità epatica.
Anche i pazienti diabetici hanno mostrato aumento dei livelli di glicemia nel 78% dei casi,
senza però la necessità di modificare la terapia antidiabetica. È importante seguire uno
stretto follow-up in questo tipo di pazienti durante l’assunzione della terapia.
Effetti collaterali extra-ematologici
Il trattamento con TKI causa effetti collaterali avversi in un numero limitato di casi. Gli
eventi di grado lieve sono i più diffusi, e pur avendo un significato clinico relativo, possono avere un impatto negativo sulla qualità di vita del paziente fino alla compromissione
dell’accettazione e della tollerabilità della terapia. Questi sono perlopiù rappresentati
da: rash cutaneo/prurito, cefalea, disturbi gastrointestinali (nausea, vomito, gastrite,
diarrea), crampi muscolari, ritenzione idrica, ed eventi cardiovascolari.
Cute e annessi. Uno degli effetti collaterali più frequenti è il rash cutaneo, generalmente
localizzato al volto, alle braccia, alla parte superiore del tronco. Altri eventi avversi di tipo
dermatologico sono: il prurito, spesso a carico del cuoio capelluto e l’alopecia. La tossicità cutanea è spesso legata alla prima fase del trattamento ed è di grado limitato; alcuni
pazienti sono però più soggetti a scottature se esposti ai raggi solari. Questi tipi di tossicità sono di facile gestione con una terapia sintomatica e la sospensione della terapia non è
di solito necessaria. Nel caso di rash o prurito si possono utilizzare creme emollienti o steroidi topici. Nell’evenienza di rash di grado più elevato si utilizzano antistaminici o farmaci
steroidei per via sistemica. I pazienti possono essere educati all’uso di creme emollienti,
all’uso di acqua tiepida per il bagno, a non utilizzare detergenti contenenti alcol o con
Ph elevato e, per prevenire scottature ed eritemi solari, di evitare l’esposizione al sole o
coprirsi o esporsi al sole solo dopo avere utilizzato creme solari ad alto filtro di protezione.
Sistema nervoso centrale. La cefalea può comparire durante le prime due-tre settimane di trattamento; è di breve durata e solitamente non richiede trattamenti farmacologici.
Apparato gastrointestinale. Nausea, vomito e diarrea compaiono in pazienti in trattamento con TKI con frequenza diversa. Solitamente l’aumento della frequenza dell’alvo
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Position Statement - Il percorso assistenziale nella presa in carico dei pazienti affetti da LMC
si osserva durante la fase iniziale del trattamento per ritornare alla normale funzionalità
intestinale dopo poche settimane. Nausea e vomito compaiono quando il farmaco è
assunto a digiuno - questo vale soprattutto per l’imatinib. Il nilotinib deve essere assunto sempre a digiuno. Qualora il trattamento sia necessario, diarrea e nausea possono
essere controllate con antidiarroici e antiemetici e generalmente non è necessaria l’interruzione del trattamento. I sintomi gastrici si possono controllare con la somministrazione di inibitori della pompa protonica. Rimedi consigliabili in caso di nausea, vomito
e inappetenza sono: fare piccoli pasti frequenti, variare i cibi evitando i grassi; sono
consigliate brevi passeggiate post-prandiali e bere a piccoli sorsi fuori dai pasti; in caso
di dolori addominali e variazioni dell’alvo: cibi e bevande a temperatura ambiente, idratazione, cibi ricchi di potassio, non assumere cibi speziati, caffè, latte e fibre in eccesso;
da valutare l’eventuale assunzione di fermenti lattici.
Apparato muscolo-scheletrico. Crampi, spasmi, dolore osseo possono manifestarsi
con una certa frequenza e sono da attribuire all’edema intramuscolare dovuto alla ritenzione dei liquidi. Sono solitamente eventi avversi di basso grado e di facile gestione, e
non va sottovalutato l’impatto che hanno sulla qualità di vita del paziente anche perché
tendono a manifestarsi nelle ore notturne e a durare a lungo. Anche in questo caso la
terapia subisce difficilmente interruzione o riduzione di dosaggio. Le mialgie possono essere controllate con leggeri analgesici (attenzione all’assunzione di paracetamolo) o Fans;
può essere utile l’utilizzo di integratori di Ca e Mg per ristabilire l’equilibrio elettrolitico, e
bere acqua tonica. È buona regola consigliare al paziente di non assumere farmaci senza
avere prima consultato il medico o l’infermiere di riferimento.
Apparato urinario. La ritenzione idrica si può manifestare con gonfiore delle palpebre,
delle dita, delle caviglie e generalmente con aumento di peso. Il gonfiore è più evidente al
mattino. Anche se la frequenza di questi eventi avversi gravi è bassa, è opportuno valutare con regolarità il peso corporeo e il tono dei tessuti, soprattutto nei pazienti anziani con
comorbilità renale o cardiaca. Può essere utile l’adozione di un regime alimentare iposodico, evitando alimenti conservati o industriali di regola più ricchi di sale, ridurre la quantità
di sale da cucina e bere almeno 1,5-2 litri di acqua al giorno. Nel caso di un improvviso
aumento di peso o in presenza di edemi periferici è utile la somministrazione di diuretici e
33
Progetto Euriclea
nei casi più gravi l’interruzione della terapia. Imatinib induce edema periorbitario, l’effetto
collaterale più frequente e persistente nei pazienti trattati. In genere una dieta con riduzione di sodio, l’assunzione periodica di diuretici, cortisonici e fenilefrina topici possono
ridurne in parte l’entità. In genere i pazienti anziani e quelli con patologie cardiache o con
insufficienza renale possono più frequentemente andare incontro a ritenzione di liquidi.
Apparato respiratorio. Il versamento pleurico è un effetto collaterale del trattamento
con dasatinib. In questa evenienza è molto importante valutare precocemente i sintomi e i segni respiratori, per cui è opportuno sensibilizzare il paziente sull’eventuale
comparsa dei sintomi. Tale effetto collaterale è stato riportato più frequentemente nei
pazienti trattati con dasatinib in seconda linea. Anche se il versamento è classificato
di grado lieve è bene interrompere il trattamento e iniziare terapia con diuretici e steroidi. In caso di tossicità maggiore è opportuno valutare la possibilità di effettuare una
toracentesi evacuativa, insieme alla terapia con diuretici e steroidi e alla sospensione
temporanea del farmaco. In entrambi i casi, una volta risolto il versamento, la terapia
con dasatinib può essere ripresa, con un attento follow-up.
Apparato cardiovascolare. Tutti gli inibitori delle tirosin-chinasi sono in grado di allungare il tratto QT. Per quanto riguarda sia il dasatinib che il nilotinib (quest’ultimo in
modo concentrazione dipendente) studi in vitro suggeriscono la potenzialità dei farmaci
di allungare il tempo di ripolarizzazione cardiaca ventricolare. Tali farmaci devono essere
somministrati con cautela in pazienti che hanno o potrebbero sviluppare questo genere
di alterazione elettrocardiografica. La presenza di ipopotassiemia e ipomagnesemia può
potenziare ulteriormente l’effetto dei farmaci; sono consigliabili un attento monitoraggio
elettrocardiografico e il controllo e la correzione della concentrazione del potassio e del
magnesio. In tutti i pazienti avviati a terapia con TKI è opportuno eseguire un ECG basale
e un’attenta anamnesi per quanto riguarda patologie cardiache significative (scompenso
cardiaco, cardiopatia ischemica, bradicardia, sindrome congenita da allungamento del
QT). Può essere indicato un consulto del cardiologo prima dell’inizio della terapia con
inibitori. Gli eventi avversi di natura cardiaca sono più frequenti nei pazienti con fattori di
rischio (ipertensione, iperlipidemia, diabete) o storia di cardiopatia, che devono essere
monitorati attentamente per segni e sintomi riconducibili a disfunzione cardiaca come:
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Position Statement - Il percorso assistenziale nella presa in carico dei pazienti affetti da LMC
fiato corto, angina, turbe del ritmo, etc. Recentemente complicazioni cardiovascolari
come arteriopatia periferica occlusiva (PAOD), sindrome coronarica acuta ed eventi cerebrovascolari acuti sono stati descritti come eventi avversi durante la terapia con nilotinib e ponatinib. Sottolineiamo l’importanza di una accurata anamnesi durante la prima
valutazione del paziente al fine di ricercare ed eventualmente trattare i fattori di rischio
cardiovascolare. È fondamentale l’approccio multidisciplinare (ematologo, cardiologo,
diabetologo, internista) per poter raggiungere il migliore risultato terapeutico evitando o
mantenendo sotto controllo il rischio di complicanze severe.
Il quadro completo degli effetti collaterali relativi ai TKI è sintetizzato nella Tabella 1 [61].
Interazioni
Gli inbitori delle tirosin-chinasi usati nella terapia della LMC vengono di regola assunti
per lunghi periodi di tempo. Diventa quindi importante sapere che la somministrazione
contemporanea di altri farmaci può interferire con il meccanismo d’azione degli inibitori,
aumentando o diminuendo la loro attività. Come per quasi tutti i farmaci, un aumento
della concentrazione del farmaco nel sangue può portare alla manifestazione o al peggioramento di effetti collaterali avversi, mentre d’altra parte una diminuzione della concentrazione plasmatica dell’inibitore può portare a una parziale risposta o addirittura al
fallimento terapeutico. Nel caso dei TKI è importante anche conoscere le interazioni che
questi hanno con alcuni alimenti. Di seguito una descrizione specifica delle interazioni.
Interazioni fra TKI e farmaci. Tutti gli inibitori in commercio interagiscono con alcuni enzimi presenti nel fegato e nell’intestino (CYP3A4), responsabili anche del
metabolismo di altri farmaci. Quindi l’assunzione contemporanea di alcuni farmaci
può modificare l’azione degli inibitori, ma anche questi ultimi possono a loro volta
interferire con l’attività di altre sostanze. Ad esempio l’assunzione di imatinib aumenta l’attività dell’anticoagulante orale warfarin, che dovrebbe essere utilizzato con
cautela nei pazienti in trattamento con inibitori. Fra i farmaci di uso comune in grado di
interferire in vario grado con gli inibitori delle tirosin-chinasi ricordiamo:
• Antiacidi (inibitori di pompa protonica, come l’omeprazolo e simili, antagonisti H2
come la ranitidina).
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36
Mielosoppressione
(diminuzione dei valori
cellulari ematici); edema
e grave ritenzione idrica,
grave insufficienza cardiaca
congestizia e disfunzione
ventricolare sinistra, grave
epatotossicità (danno
epatico), emorragia
(sanguinamento),
perforazioni gastrointestinali,
shock cardiogeno o
disfunzione ventricolare
sinistra, reazioni
Gravi effetti
collaterali,
avvertenze
o precauzioni
IMATINIB
Mielosoppressione
(diminuzione dei valori
cellulari ematici), edema,
nausea, vomito, crampi
muscolari, dolore
muscoloscheletrico,
diarrea, rash, astenia,
e dolore addominale
CATEGORIA
Effetti
collaterali
più comuni
Mielosoppressione
(diminuzione dei valori
cellulari ematici);
eventi correlati
al sanguinamento
(per lo più
associati a grave
trombocitopenia);
ritenzione idrica,
inclusi ascite, edema
ed effusione pleurica
e pericardica;
prolungamento
dell’intervallo QT,
Mielosoppressione
(diminuzione dei valori
cellulari ematici),
ritenzione idrica,
diarrea, cefalea,
dispnea (respiro
corto), dolore
muscoloscheletrico,
rash, astenia,
nausea, ed emorragia
(sanguinamento)
DASATINIB
Mielosoppressione
(diminuzione dei valori
cellulari ematici),
prolungamento
dell’intervallo QT,
morte improvvisa,
incremento delle lipasi
sieriche, anomalie della
funzionalità epatica,
anomalie elettrolitiche
(squilibrio di sali
ematici), sindrome
da lisi tumorale,
e danno fetale
Mielosoppressione
(diminuzione dei valori
cellulari ematici),
rash, prurito, cefalea,
nausea, astenia, mialgia
(dolore muscolare),
rinofaringite o infezione
delle vie respiratorie
superiori(mal di gola,
sternuti, secrezione
nasale, tosse), stipsi,
diarrea, dolore
addominale, vomito,
artralgia (dolore
articolare), piressia
(febbre), mal di schiena,
astenia (debolezza),
la prima parte (effetti
collaterali più comuni)
NILOTINIB
Tossicità
gastrointestinale,
mielosoppressione,
tossicità epatica,
ritenzione idrica,
e tossicità
embriofetale
Diarrea, nausea,
trombocitopenia,
vomito, dolore
addominale, rash,
anemia, piressia,
e astenia
BOSUTINIB
TABELLA 1 • EFFETTI COLLATERALI DELLA TERAPIA CON TKI
PONATINIB
Trombosi e
tromboembolia,
epatotossicità,
insufficienza
cardiaca congestizia,
ipertensione,
pancreatite, emorragia,
ritenzione idrica,
aritmie cardiache,
mielosoppressione,
sindrome da lisi
tumorale, compromessa
cicatrizzazione
delle ferite, perforazione
Ipertensione, rash,
dolore addominale,
astenia, cefalea, cute
secca, stipsi, artralgia,
nausea, piressia,
trombocitopenia, anemia,
neutropenia, linfopenia,
e leucopenia
Progetto Euriclea
Sintomi
specifici che
dovrebbero
essere
segnalati
al medico
Sanguinamento o
ecchimosi inspiegabili,
sangue nelle urine o
nelle feci, debolezza
insolita, ittero,
improvviso dolore
nell’area gastrica
associato a nausea
e vomito, cefalea
improvvisa, alterazioni
delle vista, e mancata
consapevolezza
dell’ambiente
circostante (stato
confusionale)
NILOTINIB
Diarrea, nausea,
vomito, dolore
addominale, feci
sanguinolente, febbre,
qualsiasi indicazione
di infezione, segni
o sintomi indicativi
di un sanguinamento
o propensione alle
ecchimosi, ittero,
gonfiori, aumento
di peso, respiro
corto, infezioni delle
vie respiratorie, rash,
astenia, perdita
di appetito, cefalea,
capogiri, mal di
schiena, artralgia,
o prurito
BOSUTINIB
PONATINIB
Dolore toracico, respiro
corto, debolezza
monolaterale, problemi
di linguaggio, dolore agli
arti inferiori, gonfiore degli
arti inferiori, ingiallimento
di occhi o cute, urine
scure (colore del tè),
sonnolenza, svenimento,
cefalea, nausea, vomito,
dolore addominale,
disagio addominale,
sanguinamento insolito,
propensione alle
ecchimosi, gonfiore
addominale, aumento
di peso o febbre,
soprattutto se associata
a qualsiasi indicazione
di infezione
gastrointestinale, e
tossicità embriofetale
Nota. Informazioni estrapolate da Ariad Pharmaceuticals, Inc.,2012; Bristol-Myer Squibb, 2011; Novartis Pharmaceuticals, 2012a,2012b; Pfizer Inc., 2012.
Note. Reused and translated with permission from “Treating Chronic Myeloid Leukemia: Improving Management Through Understanding of the Patient Experience” by
Cheryl-Anne Simoneau, 2013, Clinical Journal of Oncology Nursing, 17(1), E13-E20. Copyright 2013 by ONS. All rights reserved. ONS publications originally are published in
English. Because translations may not always be accurate, ONS disclaims any responsibility for inaccuracies in words or meaning that may occur as a result of the translation.
Febbre o qualsiasi
segno di infezione,
sanguinamento
insolito o ecchimosi
cutanee, feci
di colore bruno
scuro o rosso vivo,
diminuzione dei livelli
di coscienza, cefalea,
o alterazioni del
linguaggio, gonfiori
corporei generalizzati,
aumento di peso,
respiro corto, tosse,
e astenia
DASATINIB
insufficienza
cardiaca congestizia,
disfunzione
ventricolare sinistra,
e infarto miocardico
(attacco cardiaco);
ipertensione arteriosa
polmonare, e danno
fetale
IMATINIB
dermatologiche bollose
(rash), ipotiroidismo,
tossicità epatica,
renale e cardiaca,
immunosoppressione,
danno fetale, ritardo
della crescita in bambini
e pre-adolescenti, sindrome
da lisi tumorale, e alterata
capacità di condurre veicoli
a motore
Febbre, respiro corto,
sangue nelle feci, ittero
(cute e occhi giallastri),
improvviso aumento
di peso, e sintomi
di insufficienza cardiaca
CATEGORIA
Position Statement - Il percorso assistenziale nella presa in carico dei pazienti affetti da LMC
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Progetto Euriclea
• Antibiotici (tra cui l’itraconazolo, il ketoconazolo, voriconazolo, eritromicina, claritromicina medicinali che inibiscono fortemente il CYP3A4 possono aumentare la concentrazione plasmatica del dasatinib).
• Antidiabetici.
• Preparati a base di ferro.
• Farmaci per il controllo della pressione arteriosa.
• Farmaci antiaritmici (in pazienti che assumono medicinali come amiodarone, disopiramide e chinidina l’uso del nilotinib deve essere attentamente valutato, anche nel
caso di pazienti in terapia con farmaci che prolungano il tratto QT come clorochina,
aloperidolo, metadone).
• Antinfiammatori (aspirina, ibuprofene, paracetamolo).
L’elenco dei farmaci in grado di modificare e/o alterare il meccanismo d’azione degli
inibitori delle tirosin-chinasi è vasto e differenziato secondo il tipo di inibitore utilizzato.
È quindi importante ricordare alcuni punti fondamentali.
• Qualunque altra terapia farmacologica assunta durante il trattamento con inibitori
va riferita al medico curante, valutata e concordata con lo stesso. Se il trattamento
con altri farmaci è già in corso all’inizio della terapia con inibitori, l’elenco di farmaci
utilizzato deve essere comunicato al medico. Ugualmente se nuovi trattamenti farmacologici devono essere intrapresi durante il trattamento.
• Tutte queste indicazioni hanno valore anche nel caso di utilizzo di “farmaci da banco”
e nel caso il paziente ricorra all’automedicazione è sempre consigliabile chiedere
l’autorizzazione del medico.
• Anche alcuni medicinali naturali e prodotti a base di erbe possono potenzialmente
interferire con il metabolismo degli inibitori perciò il loro utilizzo va valutato e concordato con il medico (ad esempio l’Hypericum perforatum o Erba di San Giovanni può
ridurre in modo significativo l’attività degli inibitori).
Interazioni tra TKI e alimenti. Come per i farmaci anche alcuni cibi possono interferire
con il metabolismo degli inibitori modificandone le attività. Fra i diversi inibitori delle
tirosin-chinasi, il nilotinib è quello più esposto alle interazioni con i cibi. Il paziente deve
essere istruito adeguatamente circa la necessità di evitare di assumere sostanze che
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Position Statement - Il percorso assistenziale nella presa in carico dei pazienti affetti da LMC
possano interferire con il farmaco, ad esempio consigliandogli di mangiare due ore prima e almeno un’ora dopo avere assunto la compressa. Interazioni con specifici alimenti
sono state descritte anche per l’imatinib e il dasatinib.
Fra i cibi a cui prestare particolare attenzione si ricordano:
• Il succo di pompelmo e altri frutti noti per inibire l’CPY3A4 (come arance amare di
Siviglia, carambola, papaya, mirtillo rosso e melograno).
• Spezie (noce moscata).
• Liquirizia.
• Prodotti integratori alimentari a base di erbe (come il ginseng, l’echinacea e il ginkgo).
L’ICM potrà quindi fornire le indicazioni corrette sui cibi che è preferibile non consumare,
sulla base dello specifico inibitore con cui il paziente è in trattamento. Potrebbe rivelarsi
utile chiedere al paziente di fornire l’elenco degli alimenti consumati, soprattutto se di
uso non comune [63]. Inoltre occorre ricordare che a seconda del farmaco utilizzato
esistono specifiche di assunzione diverse che sono sintetizzate nella Tabella 2 [64- 68].
TABELLA 2 • INTERAZIONI TRA TKI E ALIMENTI
IMATINIB
400 mg/die
NILOTINIB
800 mg/die
DASATINIB
100 mg/die
BOSUTINIB
500 mg/die
PONATINIB
45 mg/die
Schema
posologico
Una volta
al giorno
Due volte
al giorno
Una volta
al giorno
Una volta
al giorno
Una volta
al giorno
Requisito
di digiuno
NO
2 ore prima di
ogni dose e 1 ora
dopo ogni dose
NO
NO
NO
Requisiti
alimentari
Deve essere
assunto con il
pasto e un grande
bicchiere d’acqua
Non deve essere
assunto
con il pasto
Nessun
requisito
Nessun
requisito
Nessun
requisito
Tempi di
dosaggio
Con il pasto
Le dosi vanno
assunte con 12 ore
di distanza
In qualunque
momento
In qualunque
momento
In qualunque
momento
FARMACO
Un sommario dei possibili interventi atti a limitare i vari effetti indesiderati dei TKI è sintetizzato nella Tabella 3 [61].
39
40
Il dolore osseo può risultare particolarmente intenso nelle fasi iniziali della terapia in seguito alla morte di cellule del
midollo osseo. Questo sintomo si risolve tuttavia in alcuni giorni, o settimane, ma può anche persistere. È possibile
l’impiego di farmaci anti-infiammatori non steroidei, mentre è raramente necessario il ricorso agli oppioidi.
È consigliato un maggior consumo di frutta e verdura poiché questi alimenti contengono molti liquidi, dato che la
disidratazione peggiora la stipsi. Altre sostanze di uso comune includono quelle che ammorbidiscono le feci come
semi di psillio o altre fibre, e un blando lassativo.
Evitare l’assunzione di sorbitolo, mannitolo, e maltitolo (ingredienti comuni negli alimenti “privi di zucchero”). Per
prevenire la diarrea può essere utile l’assunzione di una o mezza compressa di un farmaco antidiarroico quale loperamide. Altri trattamenti includono semi di psillio e integratori a base di lattasi con i latticini, in caso di sensibilità. L’intolleranza al lattosio può comparire temporaneamente dopo una malattia gastrointestinale; gli acidofili sono in grado di
ripristinare la normale flora batterica dell’intestino, soprattutto dopo un trattamento antibiotico.
Applicare una lozione idratante dopo il bagno o la doccia.
Correggere l’anemia, se possibile. Spesso risulta utile una moderata attività fisica regolare, iniziando con gradualità.
Interrompere lo sforzo fisico prima della spossatezza; altrimenti saranno necessari maggiori tempi di recupero. Potrebbe anche essere necessario un breve sonno diurno. Definire le proprie priorità e chiedere aiuto, se necessario.
Trattare la depressione e l’ansia, anch’esse possibili cause di uno stato di astenia (fatto spesso trascurato). Verificare
la funzionalità della tiroide. L’astenia migliora spesso in seguito alla guarigione del midollo, ma tale sintomo può persistere. In alcuni casi non è possibile identificare alcuna causa effettiva. La condizione di affaticamento determina in
alcuni casi modifiche dello stile di vita per alcuni pazienti, sebbene molti altri continuino a lavorare a tempo pieno o
svolgere altre attività.
Più comune nei pazienti con anamnesi di dispepsia o reflusso gastroesofageo; evitare la sovralimentazione, evitare
i cibi speziati, e ridurre caffeina e alcol. I pazienti possono inoltre cercare di sollevare la testa di circa 15 cm posizionando sotto il proprio letto alcuni spessori (non con i cuscini). Gli antiacidi devono essere somministrati due ore prima
o due ore dopo gli inibitori delle tirosin-chinasi. Uso concomitante di H2 bloccanti come famotidina o inibitori della
pompa protonica con nilotinib; se si utilizza un H2 bloccante o un antiacido, intervallare le dosi di svariate ore.
Può richiedere una sospensione del farmaco o una riduzione della dose, o trasfusioni di piastrine; adottare apposite
precauzioni per impedire emorragie.
Stipsi
Diarrea
Cute secca, prurito
Astenia
Pirosi gastrica
o dispepsia
Bassa conta piastrinica
o trombocitopenia
GESTIONE
Dolore osseo
SINTOMO
TABELLA 3 • GESTIONE DEGLI EFFETTI COLLATERALI DEI TKI
Progetto Euriclea
Sospendere la somministrazione del farmaco, o eventualmente ridurne la dose, secondo l’opinione del medico curante. Se le conta neutrofila assoluta è inferiore a 1.000, si dovranno adottare apposite precauzioni per impedire la
comparsa di infezioni. Può essere indicata la somministrazione del fattore stimolante le colonie dei granulociti (filgrastim) o pegfilgrastim per stimolare la produzione di globuli bianchi.
Il dolore muscolare e articolare può essere difficilmente trattabile se persistente. I farmaci anti-infiammatori non steroidei sono utili ma comportano rischi cardiaci e renali, come pure un possibile sanguinamento gastrico ed effetti
collaterali problematici. Si dovrebbe monitorare il livello di vitamina D dei pazienti.
I crampi muscolari possono essere alleviati con il calcio, che può essere assunto in dosi frazionate di 500 mg due o tre
volte al giorno. Il citrato di calcio è più facilmente assorbibile rispetto al carbonato di calcio, ma l’assorbimento richiede
la presenza di vitamina D. Bassi livelli di potassio possono contribuire alla comparsa di crampi in soggetti trattati con
diuretici. L’acqua tonica (chinino) è molto efficace in alcuni pazienti (non sono però consigliate le pillole di chinino). Una
corretta idratazione è molto importante nei climi caldi e in caso di esercizio fisico intenso. Si dovrebbero monitorare i
livelli di potassio, fosforo e magnesio dei pazienti.
È possibile utilizzare una crema topica a base di Idrocortisone (senza prescrizione). Altre sostanze includono creme
steroidee più potenti (per es., triamcinolone) o anti-istaminici (difenidramina, loratadina); nei casi più gravi sospendere
il farmaco e ricorrere al prednisone orale. Il prednisone può essere somministrato per controllare il rash; la somministrazione dell’inibitore del gene BCR-ABL dovrà essere ripresa solo quando il rash è sotto controllo. I rash possono
essere passeggeri, oppure più costanti.
Un perdita di peso è comune prima di una diagnosi di leucemia mieloide cronica. Il trattamento è spesso seguito da
un incremento metabolico. I pazienti possono ridurre l’introduzione di calorie e incrementare l’esercizio fisico, come
pure ridurre l’assunzione di sodio per minimizzare la ritenzione idrica. Si dovrebbe monitorare la funzionalità della
tiroide.
Bassa conta dei globuli
bianchi o neutropenia
Dolore muscolare e
articolare
Crampi muscolari
Problemi cutanei o rash
Aumento ponderale
Nota. Basato su informazioni tratte da Liboon et al., 2012
Note. Reused and translated with permission from “Treating Chronic Myeloid Leukemia: Improving Management Through Understanding of the Patient Experience”
by Cheryl-Anne Simoneau, 2013, Clinical Journal of Oncology Nursing, 17(1), E13-E20. Copyright 2013 by ONS. All rights reserved. ONS publications originally are
published in English. Because translations may not always be accurate, ONS disclaims any responsibility for inaccuracies in words or meaning that may occur as a
result of the translation.
Può richiedere una sospensione del farmaco o una riduzione della dose, o trasfusioni di globuli rossi.
GESTIONE
Bassa conta dei globuli
rossi o anemia
SINTOMO
Position Statement - Il percorso assistenziale nella presa in carico dei pazienti affetti da LMC
41
Progetto Euriclea
VALUTAZIONE DEL PROCESSO E INDICATORI
Il Gruppo Euriclea ha voluto fornire una serie di “indicazioni” o opinioni scaturite dal
lavoro e dalla metodologia impiegata per la realizzazione di questa pubblicazione. Gli
spunti fin qui illustrati si ritiene possano, o meglio, debbano, essere impiegati per la
costruzione della parte assistenziale dei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (o
Clinical Pathway) per i pazienti affetti da LMC.
Ogni percorso che si rispetti deve necessariamente avere a disposizione degli strumenti che permettano di valutare se le scelte assistenziali fatte possono essere efficaci nella
cura dei pazienti.
In questo senso abbiamo inteso fornire al lettore una serie di “indicatori” della qualità
del percorso che possano risultare applicabili ai Clinical Pathway che, ci si augura, verranno costruiti anche sulla base di queste indicazioni. Abbiamo voluto suddividere i vari
Indicatori classificandoli in indicatori di: Struttura, Processo ed Esito/Outcome.
Indicatori di Struttura
• Disponibilità di materiale info/educativo specifico per LMC
• Presenza di ambulatorio dedicato
• Presenza di linee telefoniche dedicate
• Disponibilità di test avanzati di biologia molecolare per la valutazione della malattia minima residua (MMR)
• Presenza di un servizio di assistenza psicologica per pazienti e familiari
• Presenza di medico di riferimento per pazienti LMC
• Presenza di infermiere case-manager (ICM) o Infermiere Clinico Esperto dedicati per pazienti LMC
• Presenza di associazioni di volontariato o servizi di supporto ai pazienti LMC
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Position Statement - Il percorso assistenziale nella presa in carico dei pazienti affetti da LMC
Indicatori di Processo
• Presenza di PDTA o Clinical Pathway specifico per LMC
• Numero di eventi formativi/anno per infermieri sulla LMC
• Presenza di linea guida, procedura, protocollo condivisi per gestione pazienti
LMC
• Presenza di protocollo assistenziale infermieristico per pazienti LMC
• Presenza scheda valutazione effetti collaterali terapia LMC
• Presenza scheda gestione tossicità
• Tempo di attesa prima visita e tempi di attesa visite successive
• % di pazienti a cui è stato eseguito il colloquio con illustrazione e consegna
materiale info/educativo
• % di pazienti che eseguono test malattia residua con tecnica biologia molecolare avanzata
• % di infermieri partecipanti a corsi ECM su LMC negli ultimi 2 anni
• % di pazienti che hanno ricevuto almeno un colloquio con l’infermiere di riferimento
• % di pazienti con medico di riferimento
• % di pazienti che compilano correttamente le schede valutazione degli effetti
collaterali
• % di pazienti che compilano correttamente le schede di monitoraggio delle
tossicità
• % di pazienti che hanno saltato o dimenticato almeno una somministrazione
senza indicazione medica
• % di pazienti che hanno variato gli orari della terapia senza indicazione medica
• % di pazienti che hanno ridotto la posologia senza indicazione medica
43
Progetto Euriclea
Indicatori di Esito/Outcome
• % di pazienti evoluti verso forme acute
• % di pazienti con mancata risposta alle TKI
• % di pazienti deceduti per complicanze riferibili alla terapia con TKI
• % di pazienti con difficoltà di aderenza per scarsa compliance
• % di pazienti con difficoltà di aderenza a causa degli effetti collaterali
• % di pazienti con difficoltà di aderenza per scarsa informazione
• Numero di casi/anno di mancata erogazione del farmaco dalla farmacia ospedaliera per mancato ritiro
• % di ricoveri per complicanza di pazienti con LMC
• % di eventi avversi relativi alla terapia con TKI
• Numero di segnalazioni di farmacovigilanza per TKI
• % di pazienti valutati per tossicità
• % di accessi non previsti
• Numero di contatti telefonici avvenuti con il paziente
• Numero di richieste di informazioni aggiuntive
• Numero di interventi info educativi effettuati per paziente
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Position Statement - Il percorso assistenziale nella presa in carico dei pazienti affetti da LMC
BIBLIOGRAFIA
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66. Bosulif®. Riassunto caratteristiche del prodotto
67. Sprycel®. Riassunto caratteristiche del prodotto.
68. Glivec®. Riassunto caratteristiche del prodotto.
Conflitto di Interessi
Il progetto è stato realizzato grazie a un supporto non condizionato di ARIAD Pharmaceuticals®.
Gli autori dichiarano la totale assenza di conflitto di interessi.
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