il mio lavoro, nel mio futuro. come lo immagino e come lo
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il mio lavoro, nel mio futuro. come lo immagino e come lo
SEGNALAZIONE Studenti dell’Istituto Agrario premiati al concorso letterario IL MIO LAVORO, NEL MIO FUTURO. COME LO IMMAGINO E COME LO VORREI Riccardo Villa abita a Vattaro e frequenta la IVaS dell’Istituto Tecnico Agrario; Mario Stabili vive ad Ala e frequenta la VaA dell’ITA. Particolarmente soddisfatti del risultato raggiunto il docente di italiano Andrea Segnana, la Scuola e i vertici dell’Istituto Agrario. Pubblichiamo di seguito i temi dei due ragazzi. “Il mio lavoro nel mio futuro, come lo immagino e come lo vorrei” TERRA TRENTINA RICCARDO VILLA IV aS Istituto Tecnico Agrario Primo classificato “per la qualità letteraria, la completezza e la profondità dell’analisi, la lucidità, la serenità e la convinzione dimostrata” 38 L’aliante sale al traino del velivolo a motore che lo precede. Raggiunta la quota ottimale, i due si lasciano. L’aliante prosegue da solo il suo volo, senza bisogno di alcun aiuto. Cerca le correnti, si fa trasportare. Leggero. Silenzioso. Veloce. Quando penso al mio lavoro futuro, lo immagino così. Non sarà un pilastro saldamente ancorato al terreno. Non sarà il posto fisso, mitizzato dalle generazioni che ci hanno preceduto. Non è più stagione e, se anche fosse, non credo sia questa la mia strada. Il lungo percorso scolastico che mi sta avvicinando alla “quota” per lo sgancio è stato segnato da una scelta rivelatasi felice e fortunata. Alcune volte si prendono decisioni la cui portata ci sfugge nel momento in cui le assumiamo. Soltanto dopo si rende evidente quanto siano state importanti per noi. Così è stato per la mia scelta scolastica, caduta sull’Istituto Agrario di San Michele. Avevo quattordici anni e non si può certo dire che, in quel momento, la mia sia stata una decisione consapevole e ponderata. L’amore per la terra, la mia curiosità, la voglia di fare e di capire avevano sollecitato alcuni miei conoscenti ad invitarmi a valutare l’opportunità di iscrivermi a questa scuola. Una visita esplorativa durante la terza media mi aveva convinto. Avevo scoperto una scuola che non era fatta solo di aule, ma sapeva di terra, odorava di mosto, puzzava di stalla. Sono arrivato in quarta. Non è stato facile, né scontato. Frequento il corso S, quello che prepara i futuri enotecnici. Dura sei anni; un anno in più Riccardo Villa e Mario Stabili, studenti dell’Istituto Tecnico Agrario di San Michele all’Adige, si sono classificati rispettivamente al primo e al settimo posto al concorso letterario intitolato “Il mio lavoro, nel mio futuro. Come lo immagino e come lo vorrei”. L’iniziativa, promossa dal Consolato provinciale dei maestri del lavoro, ha visto partecipare trecento studenti di 34 scuole secondarie superiori del Trentino. a cura dell’Ufficio stampa dell’Istituto Agrario rispetto agli ordinari percorsi della scuola superiore. Non importa. Non ho fretta di lavorare; ho fretta di fare. Non è un paradosso, quello che propongo. La voglia di fare può trovare spazio anche all’interno della scuola. Anzi, ritengo che, se fosse dato più spazio all’apprendere attraverso l’esperienza, la scuola sarebbe migliore: più capace di preparare al mondo del lavoro e più interessante e coinvolgente per gli studenti. Sotto questo profilo, penso di essere cascato bene, perché a San Michele si mettono le mani in pasta presto ed in misura crescente con l’avanzare del percorso formativo. Il settore in cui si giocherà la mia professione è quello della coltivazione, produzione e commercializzazione del vino. Dentro “l’universo vino” non basta essere molto competenti in una cosa soltanto, a meno che non si faccia ricerca avanzata in un laboratorio; è determinante, invece, disporre di competenze diversificate, alcune delle quali trasversali a diversi ambiti: saper trattare con le persone, padroneggiare le lingue, destreggiarsi con l’informatica, intendersi di economia e diritto, avere conoscenze in termini di marketing. Se si produce un ottimo vino, ma non si è capaci di “piazzarlo” sul mercato, non si sopravvive. Il mercato del vino è globale, non conosce confini nazionali. A guardarlo da vicino sembra animato da innumerevoli concorrenti in gara. E’ un mercato difficile e dinamico. Sembra un paradosso: un prodotto antico, come il vino, proiettato dentro un “gioco” quanto mai moderno, quale la globalizzazione economica. Il Trentino si sta muovendo bene dentro questo mercato internazionale e spero che il mio lavoro mi permetta di “entrare nel gioco”. Mi interessa operare in un contesto come questo, che mette insieme un respiro locale e un’ottica globale. Del “respiro locale” fa parte l’attenzione alla terra ed al territorio, la cura nella coltivazione e nel trattamento delle uve fino alla produzione del vino. In sostanza, tutto ciò che riguarda la qualità del prodotto. L’ottica globale guarda all’evoluzione del gusto, alla promozione, alla conoscenza dei concorrenti, alla ricerca del nuovo. In pratica, tutte le azioni che definiscono la strategia per affrontare il mercato. Il mio lavoro futuro lo immagino sospeso tra questi due poli. C’è un po’ di precarietà in questa pre-visione; potrò, però, contenerla e superarla, incrementando nel tempo le mie abilità. Certamente, dovrò essere disposto a fare la gavetta, a spostarmi ed a sporcarmi le mani. Non penso alla competenza professionale come ad un qualcosa che si acquisisce una volta per tutte. C’è tutta la vita per sviluppare, consolidare, modificare, fluidificare, aggiustare, incrementare o disperdere la propria professionalità. La professionalità non va, neppure, “a peso”: più titoli di studio, più anni di lavoro si hanno, più si è professionali. Se ci si appesantisce troppo, anzi, si rischia di colare a picco. Se la professionalità è capacità di sintesi, adattabilità, creatività, le si addice di più un’immagine di leggerezza. La leggerezza dell’aliante che cavalca le correnti e che esplora nuovi mondi grazie alle abilità del conducente. C’è un piacere nel gesto, la manovra corretta, e nello sguardo, la visione del nuovo. Vorrei che il mio lavoro fosse fatto di manovre ben riuscite, “distillate” dalla massa di quelle sbagliate, e di sguardi sul nuovo: nuove persone, nuovi territori, nuove opportunità, nuovi modi di pensare e di fare. Soddisfazione nell’appagare il mio desiderio di essere competente, capace, e la mia insaziabile curiosità. Se riuscirò a raggiungere queste “soddisfazioni”, credo che sarò una persona felice, che si realizza attraverso quello che fa. Sembra quasi un privilegio fare il lavoro che piace, per cui si è “tagliati”. Incontro molte persone insoddisfatte del proprio lavoro: domeniche angustiate dal pensiero del lunedì. TERRA TRENTINA Vi sono ore di lezione in campagna, in cantina, in laboratorio. Certo, a me sembrano sempre poche, ma non c’è paragone con la maggior parte del mondo scolastico. La scuola italiana mi sembra troppo astratta. E’ come se volessero insegnarti a nuotare per corrispondenza. A San Michele si “impara a nuotare in piscina”. Non si apprende tutto, ovviamente, ma, almeno, si padroneggiano i rudimenti di base della professione. Professione, questa per me è una parola chiave. Vorrei che il mio lavoro futuro fosse caratterizzato da un agire professionale. Un professionista è “uno che ha occhio”, che riesce, prima di altri e meglio di altri, ad individuare come intervenire in una certa situazione. Non ne faccio una questione di titoli di studio: anche un buon piastrellista è un professionista. La professionalità, a mio parere, è la capacità di arrivare al nocciolo di una questione in modo sintetico, senza perdere troppo tempo nel correre dietro a questa o quella ipotesi. A volte può far rabbia pagare lautamente il caldaista, l’elettrauto o chiunque altro che, in cinque minuti, ha risolto il problema per cui è stato contattato. Secondo me, però, quei soldi sono ben spesi; senz’altro meglio di quelli versati a coloro che lavorano molto, ma brancolano nel buio. Si paga la professionalità. Si ripaga il professionista degli innumerevoli sforzi effettuati nel passato per raggiungere quella capacità di intuizione e risoluzione dei problemi. Un buon professionista dovrebbe avere una competenza specifica, che non sia soltanto specialistica. Si può lavorare in un settore, senza essere settoriali. 39 SEGNALAZIONE Non voglio farmi trasportare dalla corrente, voglio imparare a sfruttala per raggiungere le mie mete. Immagino che non sarà un’impresa facile. Non lo è neppure questa fase di formazione scolastica. Dopo lo “sgancio”, i rischi saranno decisamente maggiori di adesso, ma lo saranno anche le opportunità. Le cose difficili mi piacciono. Arrampico. Vincere una parete difficile mi dà ben altra soddisfazione che giocherellare su superfici agevoli. Credo che questo spirito mi guiderà ed aiuterà anche per il futuro, insieme alla capacità di entrare in contatto con le persone. Non è un cammino solitario, quello che immagino; il mio lavoro sarà in mezzo alla gente, ma non perderà il contatto con la terra. “Il mio lavoro nel mio futuro, come lo immagino e come lo vorrei” TERRA TRENTINA MARIO STABILI V aA Istituto Tecnico Agrario Settimo classificato “per la profonda umanità, la forza etica e la maturità del suo decalogo” 40 Sin da quando ero piccolo, provavo ad immaginare cosa avrei fatto una volta cresciuto e chiaramente le sfaccettature erano notevoli: pilota, astronauta, esploratore, archeologo, soldato. Poi il mio pensiero si concretizzò quando dovetti scegliere personalmente l’indirizzo della scuola superiore. La mia decisione fu influenzata dal profondo amore che nutro per la natura e che mi fece decidere di iscrivermi a San Michele. Lavoro è una parola che ai nostri giorni e specialmente per la mia generazione può voler dire molte cose. C’è chi lo vede come la soluzione alle sofferenze che i problemi di studio infliggono, chi vede il lavoro come un dovere nei confronti delle tradizioni famigliari, altri ancora una necessità per vivere e chi, come me, lo vede o meglio desidera sia la realizzazione dei sogni di gioventù. A parer mio il lavoro rende liberi perché con il guadagno da esso tratto ognuno è in grado di organizzare la propria vita senza dover dipendere da decisioni altrui. Ciò che mi viene chiesto è di dire come immagino e come vorrei il mio lavoro futuro, ebbene io dico che il lavoro deve essere arte e poesia. Arte perché deve essere realizzato come un’opera nella quale si riconoscano le caratteristiche dell’artista, le sue capacità ma soprattutto il suo impegno. Dall’altra parte deve essere poesia perché, come disse Leopardi, deve dare gioia, felicità e deve fare immaginare. é qui secondo me il segreto del lavoro così detto perfetto, ideale, deve essere l’espressione delle doti della persona che modella ciò che si trova ad affrontare con impegno e passione. Voglio un lavoro che mi faccia stare in pace con me stesso, senza provocarmi rimorsi. Voglio un lavoro onesto che non debba nascondere agli occhi di chi potrebbe giudicare. Voglio un lavoro giusto del quale non mi debba vergognare ma al contrario di cui possa andarne fiero. Voglio un lavoro a contatto con la natura dove io rispetto lei e lei rispetta me. Voglio un lavoro sano che mi permetta di morire alla debita età e non che mi uccida di stenti o di veleni. Voglio un lavoro che mi faccia tornare a casa sereno, magari stanco, ma sereno non isterico. Voglio un lavoro che mi permetta di guadagnare abbastanza da mantenermi, da mantenere la mia famiglia, da permettere ai miei figli di studiare e non di affogare nell’ignoranza. Voglio un lavoro semplice, non mi aspetto che mi faccia diventare importante ma voglio che lui diventi importante per me. Voglio un lavoro che mi lasci il tempo necessario per godermi i suoi frutti. Insomma voglio un lavoro che mi renda felice ma soprattutto voglio un lavoro perché è un diritto al quale non posso, non voglio e non devo rinunciare. nella foto, da sinistra, Francesco Spagnolli, responsabile del Centro Scolastico, Riccardo Villa, studente della IVaS, e Mario Stabili della VaA dell’Istituto Tecnico Agrario di San Michele all’Adige nella foto la premiazione avvenuta il 12 marzo scorso a Trento, presso la sala della Cooperazione..