La Nutrizione Clinica nel Diabete Mellito

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La Nutrizione Clinica nel Diabete Mellito
LA NUTRIZIONE CLINICA NEL DIABETE MELLITO
Enrica Manicardi
S.S. Diabetologia e Disturbi del Comportamento Alimentare
Azienda Ospedaliera Santa Maria Nuova - Reggio Emilia
Una corretta alimentazione è una componente comportamentale importante nel
trattamento del diabete. Nonostante ciò sia noto da molti anni, la percentuale di diabetici di
tipo 2 (DM2) che non aderiscono alle prescrizioni dietetiche arriva al 62% (1). Ciò è per il
curante fonte di frustrazione, perché significa non ottenere il target glicemico necessario a
prevenire e/o trattare le complicanze croniche del diabete. Le ripercussioni negative della
non adesione alla dieta si riflettono anche sul controllo pressorio e sul profilo lipidico.
Con la terapia medica nutrizionale (TMN) si intende raggiungere i seguenti obiettivi:
a. Mantenere valori glicemici il più vicino possibile al range di norma, bilanciando
l’apporto di cibo con l’attività fisica e con la terapia farmacologica
b. Raggiungere livelli pressori e lipidici ottimizzati.
c. Fornire un apporto calorico adeguato a raggiungere e/o mantenere un peso corporeo
ragionevole, crescita e sviluppo fisiologici.
d. Gestire i fattori di rischio e prevenire le complicanze acute (ipoglicemia e patologia
acuta intercorrente) e croniche (ipertensione, iperlipemia, gastroparesi, malattia
cardiovascolare, nefropatia e altre complicanze micro e macrovascolari) del diabete.
e. Migliorare lo stato globale di salute
f. Rispettare tutte le necessità nutrizionali, tenendo conto dei gusti, delle preferenze
culturali, del desiderio di variare, al fine di conservare il piacere che reca il cibo e
restringendo le scelte solo quando strettamente necessario.
L’importanza relativa di ciascun goal nutrizionale varia in funzione dei connotati
clinici del singolo paziente.
Si intende per terapia medica nutrizionale (MNT) il processo attraverso il quale la
prescrizione nutrizionale tiene conto delle condizioni mediche del paziente, dello stile di
vita, dei fattori personali e costituisce una componente integrata della gestione della malattia
diabetica e dell’educazione all’autocontrollo (3). Vengono fissati obiettivi a breve termine (4
-6 settimane) e a lungo termine per: grado di compenso metabolico, lipidi, pressione
arteriosa, variazioni di peso corporeo, programma di attività fisica. La sola MNT è in grado
di ridurre l’emoglobina glicosilata dell’1% nel diabetico di tipo 1, del 2% nel DM2 di nuovo
riscontro e dell’1% nel DM2 con durata media di malattia di 4 anni (4 -7).
La MNT deve tenere conto dei seguenti fattori chiave:
ƒ Apporto calorico (adeguato alla spesa energetica).
ƒ Calo ponderale, incremento dell’attività fisica e mantenimento del peso corporeo.
ƒ Apporto di carboidrati nel singolo pasto e complessivo giornaliero.
ƒ Distribuzione dei pasti
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ƒ
ƒ
Adeguamento della terapia farmacologia in base alla glicemia riscontrata, al cibo,
alla attività fisica.
Apporto nutrizionale (di proteine, di carboidrati e di grassi).
Apporto Calorico:
L’apporto calorico è funzione di diversi fattori quali il peso corporeo attuale in
funzione del peso desiderabile e della salute del paziente, il peso storico del paziente, la
distribuzione del tessuto adiposo, la circonferenza addominale, la massa muscolare, i fattori
genetici, l’emoglobina glicosilata. La restrizione calorica determina miglioramento del
compenso metabolico, ancor prima di ottenere calo ponderale. La glicemia a digiuno è
infatti in gran parte determinata dalla produzione epatica notturna di glucosio, che si riduce
dopo pochi giorni di restrizione calorica (6, 8, 9).
Sono disponibili numerose formule per valutare l’apporto calorico indicato al singolo
paziente, che tengono conto dell’età, del sesso, dell’attività lavorativa, del peso attuale e
dell’altezza (10). Dall’apporto così calcolato si sottraggono 500-1000 Kcal per ottenere un
calo ponderale di 0,5 -1 Kg. Gli apporti calorici inferiori alle 1200 Kcal/die difficilmente
riescono a soddisfare tutti i fabbisogni nutrizionali a lungo termine. Nella valutazione
nutrizionale il parametro di riferimento è ora l’indice di massa corporea (BMI), calcolato
ottenendo il rapporto tra peso corporeo in Kg e altezza in metri al quadrato (mq). Il BMI
varia per razza e composizione corporea; per la razza caucasica vengono considerati normali
valori compresi tra 18,5 e 24,9 Kg/mq.
Calo Ponderale, Incremento dell’attivita’ Fisica e Mantenimento del Peso Corporeo
Nel DM2 obeso il calo ponderale determina sia una riduzione dell’insulino resistenza
caratteristica di questa condizione,che un aumento della secrezione di insulina (9).
Se il paziente ottiene calo ponderale svolgendo regolare attività fisica, spesso non è
necessario che raggiunga il peso ideale, ma è sufficiente un calo ponderale pari al 5 -10%
del peso iniziale per avere duraturi e significativi miglioramenti di glicemia, dislipidemia ed
ipertensione (11). Nel DM2 un calo ponderale di 6-7 Kg è in grado di migliorare
l’emoglobina glicosilata, la glicemia a digiuno, l’insulinemia, il colesterolo HDL, la
trigliceridemia (13). Anche la mortalità totale e cardiovascolare risultano ridotte a distanza
di 12 anni dall’ottenimento di calo ponderale di tale entità (14).
Il calo ponderale: è raccomandato inizialmente un calo ponderale pari al 5-10% del
peso di partenza, da ottenere preferibilmente associando alla modica deprivazione calorica
30 minuti di attività fisica, da praticarsi nel maggior numero possibile di giorni alla
settimana. Gli obiettivi ponderali successivi sono funzione del calo glicemico ottenuto(15).
La glicemia a digiuno di base condiziona la quantità di peso che è necessario perdere
per raggiungere una risposta glicemica ottimizzata: mentre per glicemia compresa tra 108 e
144 mg/dl è sufficiente perdere 10 Kg di peso (pari a circa il 16% del peso iniziale, sono
necessari ben 22 Kg in meno (35%) se il peso iniziale è compreso tra 216 e 252 mg/dl (6).
Numerose sono le strategie proposte per ottenere calo ponderale, che comprendono il
conteggio delle calorie, l’utilizzo di pasti sostitutivi o di elaborate liste di scambio per
pianificare i pasti, nel rispetto delle esigenze del paziente e del suo stile di vita. Le liste di
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scambio, che erano state abbandonate per la loro complessità, sono ora state rivisitate ed i
gruppi di cibo sono stati ridotti a 3 (carboidrati, carne e suoi sostituti, grassi). Si tiene conto
anche del contenuto di sodio e di fibre(16).
Lo stesso trattamento del diabete può avere effetti sul peso corporeo, di cui occorre
informare il paziente: i troglitazoni determinano ritenzione idrica e ridistribuzione del
tessuto adiposo, con aumento del grasso sottocutaneo. Al contrario la terapia insulinica
determina vero e proprio incremento ponderale.
Apporto di Carboidrati
L’apporto di carboidrati nel singolo pasto è particolarmente importante quando il
paziente riceve trattamento insulinico, dal momento che solo un apporto costante consente di
evitare un’ampia variabilità glicemica e/o la comparsa di ipoglicemie, in particolare nei
pazienti che non sono in grado di adeguare il trattamento farmacologico in funzione
dell’apporto di carboidrati. Il conteggio dei carboidrati consente al paziente in grado di
effettuarlo una maggiore libertà, consentendogli di adeguare la terapia farmacologia al pasto
da lui scelto, ottenendo al tempo stesso un miglior controllo della glicemia postprandiale.
Quest’ultima è, secondo le linee guida dell’International Diabetes Federation (IDF),
reperibili sul sito www.idf.org, tra gli obiettivi principali della terapia del diabete di tipo 2,
al fine di prevenire le complicanze micro e macrovascolari. Le linee guida forniscono anche
specifici target di trattamento per la glicemia post-prandiale (140 mg/dl) che dovrebbero
essere perseguiti al pari di quelli, ampiamente noti, dell’emoglobina glicosilata. Viene
pertanto stressato il concetto di carico glicemico, inteso come prodotto tra quantità di
carboidrati e indice glicemico. L’apporto ideale di carboidrati è compreso tra 30 e 45
grammi ai pasti principali e tra 15 e 20 grammi agli spuntini, arrivando così a costituire dal
45 al 55% delle calorie totali. Sono raccomandati almeno 130 g di carboidrati al giorno.
Distribuzione dei Pasti
I pazienti che maggiormente risentono della distribuzione dei pasti sono quelli in
terapia con secretagoghi come solfaniluree o glinidi e quelli in terapia insulinica con 4
somministrazioni di analogo, rapido ai 3 pasti e lento al momento di coricarsi (schema
basal–bolus). Nel caso in cui tali pazienti desiderino consumare spuntini con apporti
superiori ai 15 grammi di carboidrati,richiedono boli supplementari di analogo rapido.
Contenuto Nutrizionale
La composizione ottimale in macronutrienti della dieta del diabetico è controversa
(17–19): se da una parte un elevato contenuto di carboidrati può determinare rialzo pressorio
(19), l’aumento del contenuto di grassi monoinsaturi può aumentare il rischio di
aterosclerosi (20) e l’eccesso di proteine può promuovere lo sviluppo di nefropatia diabetica.
Non ancora sufficientemente indagati risultano poi altri fattori quali la scelta dell’apporto
proteico (animale o vegetale), dei grassi, delle fibre (soprattutto solubili), il contenuto di
acidi, le modalità di cottura e di conservazione, il tasso e l’efficienza di digestione e
assorbimento dei diversi nutrienti (21,22).
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L’apporto di alcool deve essere moderato (1 bicchiere di vino nella donne e 2 nel
maschio al dì), e consumato preferibilmente pasto; il contenuto calorico deve essere
considerato e pertanto ulteriori limitazioni sono necessarie se il paziente deve perdere peso.
Oltre al contenuto di carboidrati, anche gli altri componenti della dieta devono essere
consumati con attenzione: in particolare il consumo di grassi saturi e trans va ridotto in
considerazione della loro dimostrata aterogenicità.
La Formulazione di una Prescrizione Dietetica
Occorre innanzi tutto conosce le abitudini alimentari e le preferenze dietetiche del
paziente, valutarne l’attività fisica svolta, l’ambiente sociale, la scolarità, le esigenze di
orario, ed altri eventuali ostacoli. L’anamnesi alimentare, eventualmente raccolta con la
compilazione del diario alimentare compilato per 3–7giorni, può essere molto utile nel
valutare i gusti, le abitudini, l’apporto calorico spontaneo e le preferenze.
I cambiamenti richiesti tra la dieta abituale e quella che si va a proporre devono
tenere conto delle abilità del paziente e del suo stile di vita, devono essere proposti
gradualmente, dando rilievo al calo ponderale, allo stile di vita, all’apporto quotidiano di
carboidrati. Spesso è necessario adottare delle tecniche di motivazione, a sostegno dei
sacrifici e delle rinunce che il paziente è convinto di dovere affrontare. Si sono inoltre
dimostrati utili incontri educazionali a gruppi (24), soprattutto condotti utilizzando cibo
reale, per aumentare le abilità del paziente nel riconoscere il contenuto calorico e di
carboidrati del pasto. Durante le visite le nozioni vanno poi ripetute e vanno specificamente
chieste notizie sul cibo e sulla attività fisica.
L’American Diabetes Association (ADA) formula per la TMN del diabetico le seguenti
raccomandazioni (23):
1. Le fonti dei carboidrati da preferirsi sono: frutta, verdura, grano intero, legumi, latte
scremato
2. I grassi saturi non devono rappresentare più del 7% dell’apporto calorico ed il contenuto
dei grassi trans deve essere fortemente scoraggiato
3. L’apporto giornaliero di colesterolo deve essere inferiore a 200 mg
4. L’apporto proteico giornaliero deve rappresentare il 15 -20%, ma deve essere ridotto
nell’insufficienza renale lieve a 0,8 - 1 g/Kg/die ed a 0,8 g/Kg/die nella insufficienza
renale grave
5. L’apporto di fibre utile alla correzione della glicemia è di 14 grammi per 1000 Kcal/die
6. E’ corretto un apporto di sodio di 2300 mg/die. Pazienti con scompenso cardiache o
devono invece scendere al di sotto dei 2000 mg
7. È prudente limitare l’apporto di saccarosio e tenerne conto nel conteggio dei carboidrati
in funzione dell’apporto insulinico
8. Saccarosio, alcol, dolcificanti non calorici sono sicuri quando consumati ai livelli
raccomandati; metà dell’apporto di carboidrati dell’alcol deve essere considerato nel
conteggio dei carboidrati.
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