Giugno 2011 Analogici o digitali?

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Giugno 2011 Analogici o digitali?
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Informazione, cultura, società e sport - Anno III - N. 2 - Giugno 2011
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale -70% Teramo Aut. N. 125/2009
Analogici o digitali?
Ma tu sei analogico o digitale?
La domanda lascia perplessi e
per un po’ si è soprapensiero
a verificare se ci si avvicina di
più all’analogico o al digitale
e soprattutto a riflettere su
cosa vogliano dire queste parole, queste due termini contrapposti.
Ma sì, se ci pensiamo bene
sappiamo anche che abbiamo una fotocamera digitale,
magari arrivata all’ultima
prima comunione di nostro
figlio, che il nostro orologio
è analogico, che il nostro motivo musicale preferito è stato
digitalizzato, oppure che il
suono analogico dei vecchi
dischi di vinile per molti è più
armonico, più dolce rispetto
al suono digitale dei CD.
In Abruzzo si aspetta il digitale
terrestre, ma, avete notato che
ultimamente, dopo la pubblicità martellante dell’anno
scorso sui canali RAI, non
se ne parla più? Avremo mai
dunque questa meraviglia
tecnologica anche da noi? O
l’abbiamo archiviata come
una delle tante promesse non
mantenute? Del resto da noi
non si vede ancora bene il TG
regionale con le notizie abruzzesi, figuriamoci l’elevata
qualità del digitale.
Avanzato, innovativo, al passo
con i tempi, il digitale prende
le impronte dei nostri corpi e
dei nostri visi per farle rimbalzare su uno schermo ad
alta definizione o sul monitor di un notebook, esaltando tutta la potenza dei suoi
pixel. Quadratini dapprima
divisi, poi aggregati, nitidi, a
comporre le nostre stesse immagini in tempo reale.
L’analogico è invece più lento,
più tradizionale, più legato al
passato. Non può acquistare
veste informatizzata, si muove
con impaccio tra le meraviglie di ogni giorno, tra le novità che il futuro ci propone
già oggi. Sì, magari ha anche
una pagina con 800 contatti
su Facebook, e su Twitter anche una foto di quando aveva
20 anni, ma l’analogico si addentra in questi labirinti informatici senza poter capire,
senza potersi mettere in sintonia con il brio del digitale.
Un tempo aveva la qualità,
oggi gli resta la nostalgia.
In senso traslato l’analogico e
il digitale stanno perfino soppiantando vecchie categorie
L’identità dei santomeresi
Teatri paralleli
Festival di Teatro
delle Differenze
a pag. 2
Rissa alla cantina
Una notte movimentata del 1860
Un progetto per la tutela della memoria collettiva di Sant’Omero
La Fondazione Tercas ha parzialmente
finanziato un importante progetto di
ricerca portato avanti dalla Pro-loco
di Sant’Omero con il supporto scientifico di studiosi del Dipartimento
di Scienze Sociali dell’Università “G.
d’Annunzio” di Chieti-Pescara per il
recupero e la salvaguardia della memoria storica locale. Il progetto parte
dalla considerazione che l’identità di
un luogo e la fisionomia di una comunità possono essere individuate come il
risultato di numerose variabili che concorrono a definire e precisare i modelli
di pensiero e gli stili di vita, la visione
e l’interpretazione della realtà sociale,
rideterminandone i valori, le norme,
i simboli, gli spazi dell’azione e della
comunicazione individuali e collettivi.
Le forme di trasmissione della cultura
comunitaria, quali le narrazioni delle
“gesta” familiari fatte un tempo dagli
anziani ai più giovani, permettevano
ad esempio di aggiungere plusvalenze
emotive e di costruire simbologie
caratterizzanti e distintive dell’identità
e dell’appartenenza sociale. La perdita della narrazione, dell’affabulazione
del proprio vissuto quotidiano, si
ritiene abbia molto ridotto tale potenziale emotivo e per converso anche
l’incidenza delle forme - sovente indirette - di socializzazione e di identificazione di gruppo. Il progetto si propone
di recuperare, attraverso un’indagine
empirica condotta per mezzo di focus-group e interviste biografiche, che
coinvolgeranno numerosi anziani del
Comune, gli stralci, sempre più esigui,
della storia quotidiana di una comunità
sottoposta frequentemente a forme di
vera e propria damnatio memoriae, il
più delle volte anche per i suoi ricusati
contenuti ideologici ed etici. La ricerca
è sostanzialmente un’indagine sulla memoria come patrimonio del singolo e
del gruppo, frutto di mediazione, punto di incrocio e integrazione fra memorie diverse, in cui l’individuo svolge un
ruolo attivo già al momento di organiz-
zare il proprio personale deposito di informazioni. Tali informazioni fungono
quindi da motori della socializzazione
e non posso essere astratti dai luoghi e
dai contesti delle biografie narrate e che
hanno concorso a determinarli (la città
o il paese, il quartiere, la casa, il luogo
di lavoro, ecc.). In tal senso e con questi
contenuti la memoria diviene strumento di interpretazione, in cui anche
i limiti, gli errori del ricordo possono
rappresentare delle potenzialità utili
a rileggere il passato, a interpretare se
stessi e a costruire la propria identità.
Come possibili ricadute del lavoro di
ricerca si individuano la possibilità di
riflessione circa la propria appartenenza comunitaria e un utile sostegno alla
costruzione dell’identità sociale nelle
nuove generazioni, la tutela contro la
perdita dell’immagine e del significato
dei luoghi (a fronte di un processo di
periferizzazione anche di tipo urbanistico) il presidio contro l’omologazione
delle coscienze e dei luoghi.
Calendario attività Pro-Loco
Ripartono le manifestazioni estive della
Pro-Loco di Sant’Omero.
Con la XII Festa della Birra, dal 24
giugno al 2 luglio; protagonista ancora una volta la Birra HB Original
Monaco, e tanta musica. Quest’anno
la manifestazione ospiterà, sabato 2
luglio, il titolo mondiale di Thai-Boxe,
Categorie 71/73 kg. arriveranno atleti
professionisti da Stoccolma.
L’evento è organizzato dalla Società
Sportiva TigerTeam di Sant’Omero,
in collaborazione con la Pro-Loco e
l’Amministrazione Comunale.
Dal 15 al 23 luglio, la XXXI sagra del
baccalà e della zuppa di ceci, con alcune
novità che si aggiungeranno al già ricco
e consueto menù.
Torna al centro storico la III edizione
di “Borgo d’arte e sapori”, a cura
dell’amministrazione comunale, con
eventi culturali, degustazioni e tanta
musica.
L’associazione Pro-Loco ricorda inoltre
il I Corso d’inglese estivo: dal 20 giugno
e fino alla fine di luglio, un’insegnante
madrelingua inglese terrà un corso di
lingua, presso la sede dell’Associazione
in Via Renato Rascel, a tutti i ragazzi
delle scuole elementari e medie che vor-
ranno partecipare; per info telefonare al
n. 338/3031124.
Dulcis in fundo informiamo i lettori
che a partire da ottobre l’Associazione
istituirà una vera e propria Scuola di
Teatro: avvalendosi della collaborazione
e del lavoro di Ottaviano Taddei e Cristina Cartone della compagnia teatrale
Terrateatro di Giulianova, proponiamo,
ai ragazzi delle scuole elementari e medie una vera e propria scuola, nella quale
imparare tutto quanto necessario e utile
per realizzare un vero e proprio spettacolo teatrale; in merito seguiranno ulteriori e dettagliate informazioni.
a pag. 3
Edoardo Bennato
L’isola che non c’è a
Sant’Omero
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Genia
Personaggi
Santomeresi
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Analogici...
Teatri paralleli, Festival di Teatro delle Differenze
continua da pag. 2
di pensiero: il vecchio e il nuovo, l’alta
o la bassa qualità, il genio e lo stolto,
Tonio e Gervaso, arretratezza e pionierismo. In politichese le parole sono divenute l’equivalente di progressista e di
conservatore. Se sei un politico che dice
cose nuove, concrete, razionali e vicine
alle esigenze dei cittadini, se ascolti la
voce della gente, allora sei digitale; se
invece sei ancora legato alle vecchie
logiche spartitorie, ai trucchetti, agli inciuci, alle promesse che sai in partenza
di non poter mantenere (o di poterlo
fare soltanto a danno di altri), ai divieti,
agli anatemi e ai condoni edilizi, beh sei
indubbiamente un analogico.
Sei infine, come persona, indubbiamente
digitale, se ti poni senza preconcetti né
pregiudizi verso la vita e verso gli altri,
se non fai parte del popolo retorico delle frasi fatte, dei “senza-se-e-senza-ma”.
Analogico se fai ancora proclami bulgari,
editti con i quali affermi che “è opportuno emarginare chi usa il cervello”, se
puoi giurare che dopo lo zero vengono
sempre l’uno e il due e non ti sei accorto
che il mondo attuale è una sequenza di
zero-uno-zero-zero-uno.
E infine noi tutti cosa siamo, cosa vogliamo? Sei analogico o digitale?, chiede
ancora l’amico.
[email protected]
Dal 5 al 10 luglio prossimo, presso la piazza
De Curtis a Sant’Omero, avrà luogo la quinta
edizione del Festival di Teatro delle Differenze Teatri Paralleli.
L’Iniziativa è organizzata dalla Cooperativa Sociale La Formica, in collaborazione con la Pro
Loco di Sant’Omero,
L’Amministrazione Comunale, la Fondazione
Tercas, la compagnia
Terrateatro. L’iniziativa,
che nella sua prima edizione del 2006 aveva coinvolto 4 comuni,
ha presentato i successivi tre cartelloni nel
comune di Torano Nuovo. E’ l’unico festival
di caratura nazionale sul territorio della regione Abruzzo ed uno dei pochi in Italia. Ma
vogliamo dire di più: il Festival Teatri Paralleli è di livello nazionale per le proposte presentate, per la provenienza delle compagnie,
per le sue caratteristiche peculiari che sono di
natura teatrale, più che sociale. Quest’ultima
caratteristica dà il senso dei lavori che le varie
compagnie ci hanno regalato, spettacoli in cui
il linguaggio teatrale diventa pregno di aspetti
umani, di vita. Quello che è chiamato teatro
sociale, può essere visto come la nuova frontiera del linguaggio teatrale contemporaneo,
privo di artifici, di tecnicismi, poco incipriato, pieno di una forza espressiva che mette lo
spettatore nella inevitabile condizione di met-
tersi in discussione. L’attore è lo specchio dello
spettatore; e allora, quando l’immagine riflessa
non è distorta, ma rinnovata, forse possiamo
parlare di verità, di vita
appunto. Dopo vari
anni di direzione artistica e di lavoro stretto con
alcune realtà di disagio
sociale, non posso fare
a meno di pormi ancora alcune domande:
perché esiste questo tipo
di teatro, così d’impatto
per sua natura, privo di
clichè “normali” nel cosiddetto teatro ufficiale? perché ci emozioniamo ancora di fronte ad
un monologo di un attore diversamente abile?
perché quella coralità e quella energia diventano spunto di riflessione profonda? In questi
anni alcune idee sono
emerse. Innanzitutto,
siamo di fronte ad un
fenomeno teatrale, se
così possiamo chiamarlo, che va ben al di là
della semplice fruizione
di piazza: vale a dire che
gli spettacoli che solitamente arrivano a Teatri
paralleli sono di alta
qualità artistica, rigorosi, emozionanti, con
tematiche contemporanee. Non è un caso che
gli spettatori reagiscono sempre con entusias-
mo spontaneo. Parlavo dei temi, così moderni,
vicini al nostro vissuto quotidiano e al vissuto
interiore. A quella parte di noi, cioè, che elabora la quotidianità attraverso le emozioni e la
propria intima visione delle cose. Insomma, gli
spettatori di Teatri Paralleli hanno una grande
fortuna: possono ancora, in quel frangente effimero che è lo spettacolo teatrale, farci pensare
e sognare: niente di più banale? Direi il contrario, se l’approccio è privo di schemi. Voglio
dire che lì, in quel momento dello spettacolo,
ci sentiamo autorizzati ad essere emotivamente
felici, anche quando prevale in noi ( e può capitare, è un pericolo incombente) un senso di
pietà, seppur cristiana, verso chi “sta peggio”;
ebbene, è lì che sentiamo aleggiare un “pieno”
che ci riappacifica col mondo. Io credo che
questa magia la si possa vivere soltanto dove
c’è autenticità. Ecco ciò che accade: sul palcoscenico, tra quegli attori
portatori di handicap
psichici o fisici, c’è verità. La verità ha qualcosa
di divino, ci dà fiducia,
è un collante sociale,
crea comunità. La mancanza di maschere e di
finte modalità attorali,
fanno di quegli artisti il
vero tramite tra Dio e
noi. Lì , accanto a quelle storie letterarie e personali, ci sono le storie dell’essere umano tutto.
Ottaviano Taddei
Il futuro dei giovani, una priorità... messa da parte!
Ciò che sappiamo della nostra società, e in
generale del mondo in cui viviamo, lo sappiamo dai mass media, padroni incontrastati
dell’informazione. Ci mettono davanti notizie meno rilevanti trascurando problemi più
gravi.
Sentiamo parlare poco di un problema che
sta assumendo col passare degli anni un peso
davvero consistente e preoccupante: il futuro
dei giovani in Italia, una generazione senza
eredità che si trova di fronte una crisi senza
precedenti e attende inerme di essere “travolta” da questo fallimento.
E’ un percorso tortuoso quello che si apre ai
giovani che, freschi di maturità, si apprestano
ad entrare nel difficile mondo del lavoro,
dilaniato da ristrettezze economiche e fallimenti, o intraprendere un percorso universitario che si orienti ad uno sbocco lavorativo
concreto.
Sono moltissimi i giovani che nel 2011 si iscrivono all’università per assicurarsi un futuro
migliore di quello che li aspetta con un semplice diploma.
Sebbene negli anni passati si riusciva a garantire con un grado di istruzione non altissimo
una certa sicurezza lavorativa, i continui cambiamenti nei modi di produzione, che oggi
vedono l’avanzare dell’automazione, della
tecnologia informatica, della razionalizzazi-
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one della produzione concentrata sulla quantità del profitto e sulla riduzione dei costi,
hanno comportato la richiesta di personale
più qualificato che soddisfi le esigenze di
questa modernizzazione.
In tanti finiscono così per non trovare lavoro
o per perderlo, perché per età o grado di istruzione non riescono ad adeguarsi alle nuove
tecnologie.
Il fenomeno della disoccupazione si manifesta
soprattutto nei giovani compresi tra i 18 e i 24
anni. Esso comporta non solo l’impossibilità
di mantenersi da soli senza l’aiuto della famiglia, ma anche una crisi dei valori, una perdita totale degli ideali che determina in loro
un senso di smarrimento e solitudine.
È vero anche che gli ideali in passato non
abbiano giovato alla società. Basti pensare a
un certo esasperato nazionalismo e un’errata
concezione dell’amor di patria che hanno
creato non pochi guai al paese. Oggi, invece,
si parla di totale assenza di ideali nel mondo
giovanile e questo non gioca a favore del loro
futuro.
Ma come può non esserci sfiducia da parte
dei giovani nei confronti delle istituzioni? In
pochi si preoccupano della precarietà che imperversa nel nostro paese. Le vecchie generazioni non fanno altro che ostacolare le nuove
nella loro crescita; generazioni avide che non
riescono a fare a meno del potere accumulato
nel corso degli anni, che pretendono di più,
molto di più, senza rendersi conto che è giunta l’ora di cedere il passo a generazioni più
“fresche” e con maggiori qualità, che riescano
a risollevare una situazione ormai sfuggita di
mano.
C’è bisogno prima di tutto di restituire ai
giovani quella fiducia di cui hanno bisogno
per andare avanti e non arrendersi al primo
ostacolo. Sono i giovani ad avere in mano le
chiavi della ripresa di un paese ancora impostato da una scena politica “antica”, occupata dagli stessi personaggi di vent’anni fa.
La disoccupazione non è un problema nuovo, ma è sempre attuale. Bisogna imparare a
fronteggiarla considerando il lavoro in modo
diverso, non come una rigida condanna ma
come un dovere morale. Anche la scuola gioca un ruolo importante in questa situazione.
Deve garantire ai giovani una preparazione
più ampia e flessibile che permetta loro di
adattarsi nel miglior modo possibile.
L’uomo non vale per quello che ha, come vorrebbero farci credere i persuasori occulti del
consumismo, ma per quello che è e per quello
che sa.
Ognuno di noi deve prendere coscienza della
propria condizione e cercare di costruirsi un
futuro migliore di quello che il mondo oggi
offre. Tutto questo è possibile solo grazie alla
forza di volontà, senza la quale non si va da
nessuna parte. Perché è vero che non sempre
possiamo scegliere cosa fare della nostra vita,
ma è vero anche che il futuro siamo Noi.
Giampiero Fileni
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A scuola un anno pieno di iniziative e progetti
Un’intensa attività ha caratterizzato l’anno scolastico
dell’Istituto Comprensivo di
Sant’Omero: sono stati attuati
diversi progetti importanti, alcuni con una forte visibilità (VI
Giornata dello Sport, Laboratorio di teatro), altri meno proiettati verso l’esterno, ma altrettanto significativi e con
una indiscutibile valenza formativa.
“La casa di Tre Bottoni” di G. Rodari, “La bandiera” (laboratorio sperimentale con gran parte
del testo pensato e scritto dagli alunni stessi), “Re
Mida e il brigante Filone” di G. Rodari, “Il naso”
di Gogol sono i quattro testi messi in scena dagli
alunni delle classi 3e e 4e della scuola primaria di
Sant’Omero e Garrufo. Cofinanziati dalle Proloco
di Sant’Omero e Garrufo e dalla scuola stessa, i
laboratori di teatro sono stati affidati per il secondo
anno consecutivo all’Associazione teatrale “TERRATEATRO”: i due attori Ottaviano Taddei e
Cristina Cartone, hanno guidato gli alunni in un
percorso particolarmente formativo finalizzato a potenziare la capacità di ascolto e di
collaborazione, a migliorare le capacità espressive, a far riflettere su
temi che riguardano l’accoglienza,
la generosità, l’amicizia. Il teatro
infatti, come forma interattiva di linguaggi diversi (verbale,
non verbale, mimico, gestuale,
iconico, musicale) realizza una
concreta metodologia interdisciplinare che attiva i
processi simbolici del bambino e
potenzia e sviluppa la molteplicità
delle competenze e delle abilità
connesse sia con la comunicazione sia con il pensiero. Dinanzi
ad una platea che non ha risparmiato applausi, i piccoli attori si
sono esibiti a Garrufo, in Piazza
XXV Aprile, il 30 maggio 2011 e a Sant’Omero,
in Piazza De Curtis l’8 giugno 2011: in entrambe
le occasioni i Presidenti delle due Proloco hanno
confermato la volontà di proseguire con l’esperienza
dei laboratori di teatro a scuola anche nel prossimo anno scolastico,
rispondendo positivamente alle
aspettative di bambini, genitori ed
insegnanti.
La “voce” del libro attraverso
piccoli spettacoli di lettura teatrale: l’attore legge ed interpreta
una fiaba, un racconto, un brano
letterario scelti tra esempi culturalmente validi della
letteratura per l’infanzia, ad un gruppo di alunni di
due o tre sezioni/classi, nell’ambito
di incontri della durata di un’ora.
È l’esperienza della “lettura teatrale”, progetto rivolto ai bambini di
5 anni della scuola dell’infanzia e a
quelli di scuola primaria. Proposto
ed attuato dall’attrice Vanessa Dezi
con la collaborazione artistica di
Fabrizio Del Monaco, il progetto è
stato finanziato per il secondo anno consecutivo dal
comune di Sant’Omero. È stato
accolto con entusiasmo dai bambini, spettatori attenti ed esigenti, che
hanno atteso con impazienza e curiosità gli appuntamenti periodici
con i due attori i quali, a loro volta,
hanno saputo stupirli accompagnando la lettura con il linguaggio
mimico-gestuale, la musica o il disegno.
Con la medesima finalità, promuovere il gusto per
la lettura, sono stati pensati due momenti particolarmente significativi: grazie alla collaborazione con
la Biblioteca Comunale, i bambini
della scuola dell’infanzia e quelli di
1a e 2a hanno conosciuto lo scrittore Stefano Bordiglioni insieme al
quale hanno cantato e inventato
rime; dietro iniziativa delle Proloco
locali, le classi 4e e 5e hanno incontrato la scrittrice Sandra Renzi
e l’illustratore Gianni Tarli e con
la loro guida hanno illustrato e trasformato in un
ipertesto il libro “Astolfo nello spazio”.
“Piccoli archeologi” al lavoro. Da alcuni anni
gli alunni della scuola primaria sperimentano un
percorso didattico dal titolo “Archeopark: storia ed ambiente”:
guidati dall’archeologa Francesca
Di Pietro effettuano simulazioni
di scavo, visitano musei (Museo
Archeologico F. Savini di Teramo,
Museo Civico di Campli), fanno
escursioni in ambiente (Grotta
Sant’Angelo, Castel Manfrino),
svolgono laboratori in classe per la
realizzazione di epigrafi, capanne,
mosaici… a seconda del periodo
storico trattato. Attraverso l’uso
delle fonti ricostruiscono così la
storia del proprio territorio e sviluppano un atteggiamento positivo verso la storia.
Progetto di Musica - Con l’Associazione Musicale
Rondeaux gli alunni sono andati a scuola di… ascolto! Le maestre Lucilla e Rossella li hanno guidati
nel visitare il “Paese musicale” di Bach, Schumann,
Beethoven… e nel canto sulle note del pianoforte.
I bambini hanno conosciuto il canto lirico con la
voce da soprano della cantante Rossella Sterlicchi e
brani di musica classica eseguiti dalla pianista Lucilla
Di Carlo.
“Giocare con la carta” è il laboratorio condotto
dal Dottor Stefano Cristofori e da Giovanna Frastalli, finalizzato a promuovere comportamenti di
rispetto dell’ambiente e delle sue risorse, a partire
dalla carta. Attraverso il lavoro di gruppo, con un
occhio di riguardo per le dinamiche relazionali, alcune classi della scuola primaria hanno realizzato
coloratissimi cartelloni murali
con la tecnica del collage, riutilizzando carta di vecchi giornali e
riviste. Il percorso di educazione
ambientale ha avuto inizio con
l’adesione all’iniziativa “Puliamo
il mondo”, a settembre 2010.
Milena Di Gaetano
Notte del 22 dicembre 1860. Rissa al Corpo di guardia
A Sant’Omero una notte movimentata
Mancano pochi giorni al Natale del 1860. La
notte del 22 dicembre è gelida e le strade sono
deserte. In paese le persone timorate di Dio dormono da un pezzo. Una pattuglia della Guarda
Nazionale fa il consueto giro di ronda. A un’ora
della notte, da una bettola, viene un vociare rissoso. Il caporale Costantini, capo-pattuglia, fa
rapporto al Comandante del posto di guardia:
nella “cantina” tre uomini hanno aggredito la
ronda con insulti e male parole, trattandoli da “figli di spie del passato governo”, cioè del Governo
Napoleonico (1802-1814) prima della Restaurazione (1815, dopo il Congresso di Vienna, ndr).
Una rissa in una bettola della fine dell’800, non
sorprenderebbe se non fosse che uno dei tre, tal
Gaetano De Luca, il più scalmanato, era militare
dello stesso corpo di guardia. Il solerte caporale
per evitare maggiori disordini, ritira la pattuglia e si allontana. Tornato al corpo di guardia fa
però rapporto dell’accaduto al comandante della
guarnigione. La notte non finisce lì. Alle quattro del mattino infatti la guardia De Luca torna
in caserma “ebbro ad eccesso di vino”; comincia
ad insultare tutta la Guardia, schiaffeggia un suo
commilitone e minaccia il comandante del corpo
di guardia (Nicola Giordani) che nel frattempo
era intervenuto per cercare di calmarlo. Ubriaco
fradicio, l’altro si vuole impadronire di un fucile
e minaccia di uccidere il comandante. Immobilizzato tenta di prendere il coltello a serramani-
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co che porta in tasca (uso abbastanza comune
all’epoca), che gli viene prontamente sequestrato.
“Consegnato”, è condotto in carcere tra minacce
di morte ed oscenità irripetibili. Giocando da
solo a zecchinetta, continua per tutta la notte a
giurare la morte al comandante, che a sua volta fa
il secondo rapporto, questa volta al Comandante
del distaccamento. Ma i rapporti e il coltello sequestrato non restano a Sant’Omero. Vengono
inviati a Teramo, al Maggiore Comandante della
Guardia Nazionale, il conte Troiano De Filippis-Delfico, all’epoca personaggio di rilievo del
capoluogo Aprutino. Non sappiamo che cosa il
conte abbia deciso in merito alla nottata santomerese. Nel suo archivio, tra le sue carte, i rapporti restano per 150 anni, fin quando vengono
riscoperte dal dott. Tommaso Santoro, marito di
una discendente del conte-comandante. A lui, ed
allo storico Roberto Ricci, che ce ne ha fornito
copia, il sentito ringraziamento della redazione
di S@ntomero, per aver permesso, attraverso i
documenti, di ricostruire gli eventi di una gelida
e rissosa notte pre-unitaria.
Guardia Nazionale - Compagnia Mobbilizzata
- Rapporto - Corpo di Guardia di S.Omero - 22
dicembre 1860
Al Sig. Comandante il distaccamento in S.Omero
Signore, ieri sera circa le ore quattro venne in questo
posto di guardia l’appartenente alla nostra compag-
nia Gaetano De Luca, ebbro ad eccesso di vino, si
mise ad insultare tutta la Guardia, con parole e
minacce, ed infine percosse con due schiaffi il guardia Ambrogio De Canzio, allora mi alzai dal paglione, dove era sdraiato imponendogli di ritirarsi
in quartiere, ma in vece di obbedirmi mi minacciò
gridando di volermi percuotere, mettendosi sembre
la mano nella tasca, che fui costretto fare armare
due guardie, ma costui invece di cedere alla forza
non cessò di minacciarmi, allora ordinai di farlo
portare in quartiere dalle guardie, ma siccome per
istrada andava gridando parole oscene contro di me,
ed essendo l’ore della notte avanza, per non fare allarmare il paese fui costretto richiamare le Guardie,
ma costui invece di cedere agli miei ordini di mettersi a dormire si buttò nella rastigliera [rastrelliera,
ndr] per prendere un fucile, allora fui costretto a
prendere una bacchetta ad un fucile, e percuoterlo,
ma a questo in vece di arrendersi siccome era mantenuto da tutte le guardie mi accorsi che si era messo
la mano nella tasca, e facendolo cappiare [perquisire, ndr] dalla Guardia Ferdinando Cavacchiolli,
gli rinvenne il presente cortello.Ha tutto questo il De
Luca non cessò di inveire contro di me, che sembre
minacciava di voler prendere un fucile, che per dare
la quiete alla guardia fui costretto farlo ricondurre
in quartiere, dandolo in esso consegnato. Signore vi
posso accertare che in questo mio rapporto non vi a
nulla di esagerato come potete informarvi dall’intiera
guardia, e se non mi fosse pervenuto all’orecchio, che
durante la notte, nel quartiere non cessò mai di giurare di volermi ammazzare, che la nottata la passò
sembre nel giuoco di zecchinetta, non mi avrei determinato a fare codesto rapporto. Signore, per simili
fatti, come per altri, come potete rilevare in un vostro
esame che prima di venire qui essendo in una bettola
a fare del chiasso, insultò la pattuglia che girava per
paese, come puoi rilevare dal qui accluso rapporto. Il
caporale. Nicola Giordani [?]
Guardia Nazionale - Compagnia Mobbilizzata
- Rapporto - S.Omero - 22 Decembre 1860 - Al
Sig. Caporale Comandante il posto di guardia in
S.Omero
Signore, Giusto l’incarico da lei datomi di comandare la battuglia che doveva percorreva per il buon
ordine il paese, passante in una bettola sentii del
chiasso, recatomi dentro di essa trovai Gaetano De
Luca, Ilario Fazzoli e Agostino Di Fabbio. Questo
primo era colui che faceva del chiasso ed imponendogli con buona maniera di ritirarsi in quartiere
invece di ubbidire ci minacciò con parole insultante,
trattantoci tutti da figli di spie, dal passato governo,
che fossimo costretti per non fare nasciere un disordine maggiore di andarcene via; ed adempiendo ad
un mio dovero ve ne fò il presente rapporto.
Il Caporale funzionante comandante la pattuglia
Raffaele Costantini - Al Comandante il distaccamento della Compagnia delle Guardia Nazionale
Mobilizzata in S.Omero
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Giugno 2011
Bennato e “L’isola che non c’è” a Sant’Omero
Momento clou della kermesse Santomerese per i festeggiamenti al nostro santo
patrono, quest’anno particolarmente fortunata dal punto di vista meteorologico,
l’esibizione di Edoardo Bennato non ha
deluso le aspettative consegnando alla storia un concerto intenso e coraggioso che
ha spiazzato non poco il pubblico presente, accorso numerosissimo.
L’artista
napoletano ha messo da
parte quanto di
popolare e commerciale c’è nella
sua musica (classici come “Viva la
mamma” e “Notti
magiche” non sono
stati proposti), per
dar vita ad uno
spettacolo
fatto
di melodie, immagini e parole e pescando dal suo repertorio, recente e meno, quelle canzoni che
hanno un legame con l’impegno sociale e
l’attualità (alcuni suoi classici, riascoltandoli oggi, sembrano prevedere il futuro)
senza rinunciare al sarcasmo e all’ironia,
caratteri peculiari di molta della sua produzione.
Nei suoi testi c’è l’Italia, la guerra, i sogni, l’amore, la lotta per il potere e tutte
le contraddizioni di una realtà piena di
dubbi e ambiguità, dove i “buoni e i cattivi” si confondono e nessuno è veramente
libero. L’inizio è rumoroso e disorientante: la dura satira de “Il paese dei balocchi” (dall’album omonimo del 1993)
accompagnata da immagini di sbarchi di
extracomunitari precede il muro di suono
di “Asia” canzone “profetica” (il testo narra di una futura guerra in Iran e Iraq) del
1985 dall’album
“Kaiwanna”.
Il
ritmo resta elevatissimo con “Mi
chiamo Edoardo”
ed “Un aereo per
l ’ A f g h a n i s t a n”
secco atto d’accusa
alla
missione
militare
italiana
in Afghanistan “strumento di aggressione o di pace,
cos’è? decidilo tu” canta Edoardo lasciando l’interrogativo al pubblico - canzoni entrambi presenti nell’ultima fatica
dell’artista “Le vie del rock sono infinite”
del 2010 dal quale viene cantata anche la
successiva “Perfetta me”, inno d’amore
dedicato alla sua donna ideale.
L’artista napoletano torna al passato per
raccontare l’attualità: il blues acido di
“Mangiafuoco”, colma di metafore sul
potere, dall’album “Burattino senza fili”
del 1977, scalda il pubblico che si scioglie
definitivamente con “Non farti cadere le
braccia” e “Rinnegato”, entrambi dal suo
primo album del 1973. Splendido il successivo Medley con un solitario Edoardo
che con chitarra, tamburello e armonica a
bocca, propone in rapida successione “Sono
solo canzonette” e “Il gatto e la volpe”. Si
rallenta un po’, ma arrivano le emozioni
più forti. “Non è
amore” (dall’album
“L’uomo occidentale” del 2003),
nella sua semplicità scuote il pubblico con le parole
dello
splendido
testo mostrate sullo schermo; “Ogni
favola è un gioco”
e “L’isola che non
non c’è” ci portano
nel mondo dei sogni, mentre “Per noi”
dall’ultimo album è dedicata a tutti coloro
che fanno per gli altri senza pubblicità,
come Albert Sabin, l’ideatore del vaccino
contro la poliomelite. Si ritorna al rock e
al blues per raccontare la nostra nazione.
“C’era un Re” ci porta indietro di150 anni
ai tempi di re Vittorio Emanuele II e di
come “inventò l’Italia”, mentre con “Arrivano i buoni” Edoardo lancia la sua invettiva contro la lotta per il potere, vero
motore della politica moderna nel nostro paese. Ma l’amore per L’Italia, quella
vera e positiva emerge energicamente con
la nuovissima “Italiani” (composta per
i 150° anni dell’unità) accompagnata da
immagini di grandi uomini e donne del
nostro paese; il tutto risulta essere un po’
retorico (è lo stesso artista ad ammetterlo)
ma regala comunque brividi. Dopo una
breve pausa ecco
i bis. “Il Rock del
capitano Uncino”
fa ballare e saltare
la folla; con “Un
giorno credi”, del
1974 dall’album “I
buoni e i cattivi”
tra le sue canzoni
più belle di sempre,
l’atmosfera
torna pacata per
poi scaldarsi definitivamente insieme all’ironia ed il sarcasmo de “In prigione in prigione” con
l’artista napoletano che prima di essere
metaforicamente rinchiuso anche lui in
carcere e congedarsi definitivamente dal
pubblico, avverte: “Tu che hai rispettato
le leggi dello stato ti senti sfortunato ti
senti perseguitato, offeso amareggiato allora in prigione, in prigione proprio tu in
prigione, e che ti serva da lezione!”.
Fabrizio Cardelli
Un istituto di “santa” malvagità
Intervista a Giuseppe Fucci
Picchiati, torturati, costretti a fare il segno della
croce con la lingua sul pavimento. I ragazzi
dell’Istituto dei Celestini di Prato sono stati sottoposti a sevizie di ogni tipo. La maggior parte
del tempo la passavano in preghiera e in silenzio ma la minima infrazione alla dura regola, la
minima disobbedienza
venivano punite con
colpi di randello e di
bacchette di ferro, con
croci disegnate sul pavimento con la lingua, con
ore passate in ginocchio
o in uno stanzino infestato dai topi, o legati alla
spalliera del letto, con giornate a pane e acqua,
con l’ordine di leccare l’orina per terra.
Padre Leonardo, il fondatore e direttore
dell’Istituto fu un frate per molti anni considerato
un santo. In un articolo della rivista L’Europeo,
si riporta il caso di denunce dei gravi casi accaduti all’Istituto dei Celestini fatte al Vescovo in
persona, il quale, all’assistente che era andata a
riferirglieli, dice stupefatto e diffidente: ‘Ma cosa
dice? Padre Leonardo è in concetto di santità - ho
visitato molte volte l’Istituto e ho trovato i bambini puliti e ordinati’.
Giuseppe Fucci, che ha trascorso nell’Istituto dei
Celestini di Prato la sua adolescenza, ci racconta
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nel suo libro “Infanzia calpestata, adolescenza
rubata” le vicende vissute in quell’istituto-lager,
attraverso una testimonianza cruda e lucida di ciò
a cui lui e i suoi compagni erano soggetti.
Caro Giuseppe, parlaci un po’ di te, che
rapporto hai con
Sant’Omero?
Il mio nome, come
si evince da titolo
dell’articolo è Giuseppe Fucci e abito a
Sant’Omero ma sono
nato in un paesino
della Campania, Arpaia, immerso tra due
montagne sulla antica
via Appia. Non conosco proprio gli abitanti di
Arpaia, anche se ci sono nato. Conosco bene,
invece, tutto e tutti nel mio paese di
residenza, Sant’Omero, al quale mi
legano tanti ricordi ed episodi positivi
e direi anche felici.
Del tuo libro, siamo rimasti sbalorditi dalla crudezza dei fatti narrati ma anche dallo stile sobrio e
distaccato con cui ne parli. Quanto
pesano in te quei ricordi?
Oggi sto bene, sia fisicamente che
psicologicamente ma il mio pensiero
è sempre rivolto alla mia infanzia che, come si
deduce dal titolo del libro, è stata crudemente
calpestata e rubata. Ovviamente i ricordi pesano e in certi momenti pungono acremente ma
la stesura di questo libricino ha avuto proprio
l’obiettivo di esorcizzarli e, sostanzialmente, scaricarli dalla coscienza.
Come si possono esorcizzare queste esperienze,
tu come ci sei riuscito?
Certamente non è facile,
perché il nostro vissuto,
nel bene e nel male, ci
appartiene e non possiamo eliminarlo dalla
memoria. Però, col senno della maturità e con
l’acquisizione di nuove e probanti ragioni di vita,
come la famiglia, il lavoro, le relazioni sociali è
possibile metabolizzare il ricordo e
fare in modo che non ci pesi o addolori più di tanto.
Che ne è stato degli altri bambini
che hai conosciuto nell’Istituto?
Di molti ho perso le tracce ma nel
libro ci sono molte illustrazioni del
pittore Marcello Meucci, anche lui
ex “celestino” che ha vissuto sulla sua
pelle le stesse angherie e che ha voluto
dedicare parte della sua produzione
pittorica a testimoniare la vita di questi sven-
turati ragazzi, rappresentandone gli aspetti anche
più crudi. Tuttora sono impegnato a raccogliere
commenti e testimonianze dei miei ex compagni
e devo ammettere che i loro racconti mi fanno
ancora rabbrividire.
Qual è il messaggio che
vuoi trasmettere con
questo libro?
Quello che in questa
“memoria” vorrei evidenziare, sono i comportamenti ai limiti
della cattiveria, o del
vero e proprio “sadismo”, che vengono perpetrati in alcuni luoghi,
mi riferisco all’orfanotrofio e al seminario, da
persone che del rispetto e della comprensione
dovrebbero fare credo e tangibile esempio. Invece accade spesso che a ispirare certi atti non sia
l’amore, come dovrebbe essere ma una cattiveria
gratuita mista ad un latente sadismo, quasi che
la persona umana non sia degna di rispetto o
di comprensione. Certamente comprendo che
mantenere la disciplina con centinaia di bambini
non è cosa semplice ma non può essere di certo la
repressione brutale e tantomeno le umiliazioni ad
educare e “formare” caratterialmente e civilmente
un individuo.
Antonello Cristofori
20/06/2011 12.27.45
5
Giugno 2011
Suggerimenti musicali
Poteva essere un suicidio commerciale, nell’era della musica
digitale, un album doppio a 4
anni di distanza dal precedente “Requiem” ma la bellezza
oggettiva di “WOW”, quinta
fatica dei Verdena, ha portato alla ribalta delle cronache
musicali e delle classifiche di
vendita un lavoro fatto senza
compromessi e con il quale i
nostri 3 Bergamaschi si distaccano definitivamente da ogni etichetta per
suonare la loro musica con coraggio. Il risultato
è un disco straordinario per varietà e lunghezza
(27 canzoni!) che incute timore, ma che in breve
tempo conquista, gratifica e non ti lascia più.
Disco doppio anche per Vinicio Capossela che
con “Marinai, balene e profeti” racconta con la
sua consueta maestria storie di mare e di miti
legati al mare. L’album è pieno di riferimenti
letterari (Melville, Coleridge, Conrad, Omero,
Dante) e di certo non delude.
Accolto da ottime recensioni anche “SCOTCH”
di Daniele Silvestri settimo album del cantautore romano composto da 16 tracce insieme ad
artisti come Niccolò Fabi, Peppe Servillo, Gino
Paoli e Andrea Camilleri, qui alla sua prima esperienza discografica. L’album è diretto, spontaneo, ironico, vario dal punto di vista sonoro e
dei testi, che spaziano da situazioni personali e
intime a valutazioni sociali e politiche.
Lasciando l’italia, segnaliamo
“Angles” ultima fatica degli
Strokes. Al suo esordio, nel
2001, la band newyorkese
aveva fatto parlare molto bene
di se, ma prima dell’uscita di
questo nuovo lavoro, soltanto
il 4° in ben 10 anni di attività, le relazioni nel gruppo
erano ai minimi termini e
si parlava di scioglimento.
Messo da parte ogni attrito,
almeno per il momento, “Angles” è il risultato
di un compromesso all’interno del gruppo e si
sente: molto positivo all’impatto iniziale il disco
perde tuttavia di freschezza nel finale dove scarseggiano i colpi di genio e di inventiva e alcune
canzoni sono veramente mediocri.
Segnaliamo infine le ultime fatiche di Ben
Harper e Eddie Vedder. “Give till it’s gone” non
è il miglior disco di Harper ma di certo è il più
sofferto per via delle sue vicende personali (separazione dalla moglie, l’attrice Laura Dern) e
comunque resta un lavoro onesto, meno ruvido
e più melodico e soul. Completamente diversa
è l’opera di Vedder che con “Ukulele songs” si
distacca completamente dal passato e compone
un ora di musica suonata quasi esclusivamente
da solo e con un unico strumento, l’ukulele appunto. Non mancano le perle melodiche, ma il
disco resta difficile, grezzo, sperimentale.
Fabrizio Cardelli
City of God
City of God (Cidade
de Deus) è un film
brasiliano del 2002 diretto da Fernando Meirelles, presentato fuori
concorso al 55º Festival
di Cannes.
Tratto dal romanzo del
brasiliano Paulo Lins,
il film racconta la vita
di una favela – Cidade
de Deus – ai margini
di Rio de Janeiro, partendo dagli anni ’60
attraverso trent’anni di
vita e la prospettiva di
due generazioni.
Buscapé, undicenne locale con un speciale talento per la fotografia, insegue i suoi
sogni per sfuggire ad un esistenza segnata
dal crimine e dalla corruzione.
Tra episodi di violenza e il patimento di
una povertà devastante, il timido studente descrive attraverso l’obiettivo della
sua macchina fotografica il suo mondo e
quello delle feroci bande giovanili delle
Impaginato A3 Giugno 2011.indd 5
Roto... calco
favelas.
Il racconto, mediato
dalla voce fuoricampo
del giovane protagonista, ci regala uno spaccato del degrado suburbano della metropoli
brasiliana grazie anche
all’impiego di circa 200
attori non professionisti scelti tra le favelas
– molti chiamati ad interpretare la loro stessa
vita – per consentire
una
verosimiglianza
della fisionomia, del
linguaggio e della gestualità della propria
routine.
Montato con cura geometrica, “City of
God” ricevette 4 nominations:
Miglior regista - Fernando Meirelles;
Miglior sceneggiatura non originale Bráulio Mantovani;
Miglior fotografia - César Charlone;
Miglior montaggio - Daniel Rezende
Antonello Cristofori
Il Budda Geoff e io
La vita di Ed sembra
all’improvviso sull’orlo di
un precipizio: l’impiego
presso una società editrice
per il web salta a causa della
crisi economica del 2000, la
sua fidanzata lo ha lasciato
da pochi giorni e lui sente
di non riuscire a esprimersi
come vorrebbe nella professione che si è scelto, quella
di scrittore. Incontra per caso
un curioso personaggio in un
pub e rimane abbastanza colpito dal suo modo particolare
di analizzare le circostanze:
“Ogni situazione di crisi, Ed, rappresenta anche una preziosa opportunità di cambiamento.
Ciò che conta veramente è avere dentro di sé
le risorse per affrontare i momenti difficili”.
Ma Ed scopre anche che Geoff è buddista e si
dichiara molto scettico rispetto a ogni forma
di religione, che ritiene una consolazione per
le persone incapaci di affrontare la vita. Tuttavia Geoff lo attira, lo incuriosisce, a volte lo
lascia di stucco con la sua carica vitale. Quasi
senza volerlo Ed avverte
che Geoff conosce delle
risposte e potrebbe soddisfare il suo desiderio di
comprendere il significato
della vita.
Anche per chi è completamente distaccato dalla
religione questo libro
scorre facilmente. Avvince fin dalla prima
pagina, e guida sul sentiero dell’illuminazione,
facendo anche divertire.
Una storia appassionante
di vita quotidiana, dove i
personaggi si concretizzano con tutte le loro
umane debolezze e capacità. Il finale dona a Ed
– e a tutti noi? – una speranza del tutto inaspettata. Un libro volutamente facile che pagina
dopo pagina alleggerisce la mente e lievemente
ci introduce dentro il pensiero buddista.
“Perchè se ho imparato qualcosa da Geoff, è
che quando cominci a cambiare il tuo modo di
pensare, cominci a cambiare tutto.”
Antonello Cristofori
20/06/2011 12.27.59
6
Giugno 2011
Personaggi santomeresi: Genia
Etimologicamente Eugenia significa nata
bene/di nobile stirpe. Secondo l’onomastica
chi porta questo nome è piena di progetti,
possiede autostima, ha una volontà d’acciaio,
ama il Bello, detesta essere sconfitta, non
perde mai l’entusiasmo, è piena di voglia di
vivere. E’ difficile credere che nel proprio
nome siano racchiuse le peculiarità del carattere, ma in questo
caso, per sfacciata
fortuna o per
pura coincidenza,
è tutto riscontrabile. Per Eugenia
Cuccodrillo, da
tutti
chiamata
Genia e dai più
giovani zia Genia, sono valide
tutte le caratteristiche. Se si intende “nata bene”riferendosi esclusivamente al fisico certamente non ci siamo, infatti alla nascita, come lei stessa
raccontava, era “grande”come un racimolo
d’uva. Nessuno era così ottimista da credere
che vivesse a lungo. Veniva”rimbasciata” con
l’ovatta tanto era delicata e minuscola. Si
temeva che presto avrebbe raggiunto la schiera
degli angioletti, come spesso accadeva ai neonati di quel periodo. Genia però era nata bene
nella mente, nel cuore e soprattutto nel carattere: dimostrò, fin da subito, uno straordinario attaccamento alla vita, una caparbietà
ed autonomia, una forte volontà, doti sempre
presenti nella sua vita. Crebbe infatti più
lentamente rispetto agli altri neonati, ma
presto li raggiunse nel peso e in altezza. Frequentava la scuola elementare in una classe
molto numerosa e, poiché era una bambina
tranquilla, le fu assegnato l’ultimo banco
dell’ultima fila. Non capiva come mai mentre
tutti i suoi compagni leggevano lo scritto alla
lavagna lei riusciva a vedere solo ”ghirigori“
indecifrabili. “Nz capev nint” diceva quando
ci raccontava delle sue esperienze scolastiche.
Finalmente una supplente consigliò alla
mamma di portarla dall’oculista. ”Oddio,
vidi finalmente il mondo!!! Mi si aprì pure la
mente quando inforcai gli occhiali da miope”.
Infatti migliorò sensibilmente anche nel profitto. Come tutti i cittadini, giovani e meno
giovani degli anni 40 partecipava con entusiasmo e incoscienza (parole sue) al “sabato fascista” che si svolgeva a ”lu coll d la croce” (attuale Piazza De Curtis) dove tutti in
divisa,diversa a seconda dell’età, si esibivano
in saggi ginnici. Quel sabato correva ansiosa
di ritrovarsi con le sue numerose amiche al
settimanale raduno. Una caduta, una banale
caduta, le procurò quell’handicap dal quale
sebbene invalidante, non si fece mai completamente condizionare. Le fu amputata una
gamba! Rimase a lungo degente in ospedale
sopportando indicibili dolori, ma la sua forza
di volontà la faceva sempre e comunque lottare per la vita. Da adulta con la solita autoironia, passando nei pressi del cimitero di
Ascoli, dove era stato tumulato l’arto, rivolgeva una preghiera a un “pezzo di Genia“.
Presso le Suore di San Vincenzo, che a
Sant’Omero - Tel. 0861 818267
Nereto - Tel. 0861 843117
Impaginato A3 Giugno 2011.indd 6
Sant’Omero gestivano una scuola per ragazze
di ”buona famiglia”, imparò l’arte del ricamo.
Ricordava con accenni mai astiosi che le monache erano generose con le collegiali, ma
avare nei suoi confronti: le fornivano i disegni
(base per il ricamo) dopo innumerevoli richieste. Genia comunque divenne una vera artista del ricamo. La raffinatezza dei soggetti
riprodotti, dei colori utilizzati davano la sensazione di
ammirare
un
quadro d’autore.
Il retro del ricamo
era perfetto come
il “dritto”. Le signore benestanti
dell’epoca le ordinavano il corredo
nuziale per le figlie
da marito, perché rappresentava una dote di
prestigio. Come si può ben immaginare,
all’epoca la retribuzione era più che altro
simbolica. Tante ragazze frequentavano il suo
aveva sempre provveduto da sola alle sue esigenze . Chiunque abbia avuto la fortuna di
conoscerla non può non aver apprezzato la
generosità di questa donna. Si rendeva sempre disponibile a collaborare, a condividere
gioie e dolori. Era lei l’ospite d’onore di ogni
festa, ricorrenza o evento che si celebrava in
famiglia di amici e parenti, per i quali rappresentava il trait d’union e la memoria storica. Ha sempre condannato il pietismo e il
vittimismo, si è sempre comportata come una
persona “normale”. Ha precorso anche un po’
i tempi: fumava, unghie laccate, mentalità
aperta, nessun giudizio o pregiudizio sugli altri. Non si occupò più di ricamo a tempo pieno quando si fece persuasa che la vista andava peggiorando e quest’arte, che tanto
amava, non le dava abbastanza per vivere. Fu
assunta presso la sartoria dell’ospedale di
Sant’Omero, dove in seguito svolse anche il
ruolo di centralinista. Non si capacitava che
potesse riportare a casa uno stipendio senza
gli innumerevoli sacrifici che si era dovuta
sobbarcare negli anni precedenti. Era felice
“laboratorio”: una stanza disadorna ma piena
di allegria dove ci si recava per imparare i
“punti fondamentali del ricamo”. Nessuno
riuscì mai ad uguagliare la “maestra”, anche se
tutte divennero brave. D’inverno si riscaldavano con un braciere, o meglio lei diceva
”spesso noi riscaldavamo il braciere”. A turno
ad alta voce leggevano i romanzi classici, poiché Genia, che ha sempre amato la lettura, le
sollecitava verso questa attività, oppure ci si
informava sulle “vernecchie” (gossip) dei divi
del momento, e quando potevano permetterselo sorseggiavano un goccio di caffè. In
quel periodo iniziarono anche i viaggi per
l’istituto Rizzoli di Bologna, dove si recava
con Mercurio (Marcuccio), suo cugino, per
provare la protesi che le avrebbe permesso di
abbandonare le stampelle. Mai si è lamentata
della sua condizione, l’orgoglio glielo impediva. Una volta seppe che un signore voleva
raccogliere una somma presso i conoscenti
per regalarle un’automobile. Si dispiacque
moltissimo e gli fece sapere che lei non era
mai dipesa da nessuno e quando e se poteva
Genia!!! Aveva un’infinità di amiche e amici
che le volevano bene, che prendevano consigli da lei ritenendola saggia e sincera. Era
sempre disponibile a fare un rammento su
una maglia, un
pantalone…..sfido chiunque ad
individuare
il
punto dove era
intervenuta la
sua mano. Amava tantissimo viaggiare:
Stati
Uniti, Russia,
Inghilterra, Grecia, Francia…. e
naturalmente le
regioni italiane
sono state le mete dei suoi innumerevoli viaggi. Era appassionata di Teatro, di musica
Jazz, lirica e polifonica. La pittura era un altro
hobby che coltivò in modo costante negli ultimi anni della sua vita. Quando nasceva un
maschietto esultava, non altrettanto alla nas-
cita di una bambina, spiegava così il suo
comportamento:”Le donne penano di più, se
io fossi stata uomo la mia vita sarebbe stata
diversa”. Infatti avrebbe voluto essere più
libera e indipendente come era concesso agli
uomini. Il suo desiderio, non sempre palesato, era quello di formarsi una famiglia e sicuramente sarebbe stata un’ottima mamma e
moglie. Nel periodo natalizio organizzava a
casa sua una tombolata per i bambini e quasi
ogni anno c’era un ricambio generazionale e
un gruppo più numeroso, perché amava così
tanto i bambini che li lasciava liberi di agire,
per cui i suoi inviti erano accettati con entusiasmo. La sua frase più ricorrente era:
”Quand m da ust”, pronunciata in mille occasioni che le procuravano gioia. Era dotata
di spiccata autoironia, che sicuramente le ha
permesso di superare le innumerevoli di difficoltà della vita. ”Sono una donna bionica”
oppure ”So mezza fammn” diceva ridendo
quando fu privata chirurgicamente di una
mammella. ”Non mi sono fatta mancare niente: li chial, la parrucc, la amm d legn, la
tetta finta”. A Natale e Pasqua la sua cucina si
trasformava in un laboratorio di pasticceria:
crostate, taralli, pizze lievitate….che distribuiva agli amici e, immancabilmente lei ne
rimaneva priva. Possedeva un gusto innato
per cui era sempre vestita in modo appropriato in ogni occasione. IL 5
settembre, giorno del suo compleanno,
in
moltissimi fra
parenti e amici
la festeggiavano
e lei ne era
molto, molto
orgogliosa e felice: ”quand m
da ust” e tutti si
brindava gustando la sua
torta “mbriaca”. A chi ha avuto modo di frequentarla ha insegnato ad affrontare avversità
e problemi con forza e coraggio, soprattutto
con l’esempio, invitando a pensare con ottimismo al domani. Grazie zia Genia!!!
Vera Cristofori
Avviso ai collaboratori
Si invitano quanti inviano articoli per la
pubblicazione a non superare una cartella di
testo (max 20-24 righe, corpo 14, spaziatura
singola). La redazione si riserva comunque
di ridurre o sintetizzare gli scritti inviati per
adattarli allo spazio disponibile.
20/06/2011 12.28.03
7
Giugno 2011
Palmense - Il bilancio della stagione 2010/11
Per il ventitreesimo anno consecutivo il
Sant’Omero calcio disputerà uno dei due massimi tornei dilettantistici a livello regionale. Per
l’esattezza, parteciperà al suo sedicesimo campionato di Promozione oltre ad averne giocati ben
sette di Eccellenza. La stagione da poco conclusa
si può ritenere senza ombra di dubbio esaltante
in quanto, oltre ai risultati ottenuti sul campo
che sono andati al di là di ogni più rosea previsione, ha rafforzato l’immagine della Palmense e del
suo progetto di formazione di giovani atleti tanto
apprezzato dagli addetti ai lavori. Ebbene, tra gli
artefici di tutto ciò non può che esserci Fabrizio
Di Giacinto, allenatore, educatore e condottiero
della truppa biancazzurra che siamo stati felici di
incontrare per sottoporgli alcune domande volte
a scoprire i segreti del fenomeno Palmense e che
ringraziamo per la cortesia dimostrata complimentandoci, tra l’altro, per gli straordinari risultati ottenuti.
Mister, innanzitutto un bilancio della stagione
2010/2011.
Positivo, in quanto abbiamo raggiunto l’obiettivo
salvezza prima del previsto sfiorando addirittura
i play-off e portando avanti sempre la politica
di valorizzare i nostri giovani; non a caso anche
quest’anno abbiamo vinto il premio per la squadra più giovane in assoluto.
Schema di gioco prediletto.
Non ho un vero e proprio schema prediletto in
quanto credo che ogni allenatore deve guardare
gli elementi che ha a disposizione e poi scegliere il
modulo più consono alle loro caratteristiche.
Come ci si sente ad essere ritenuto come uno degli allenatori emergenti più preparati
e richiesti della categoria (e
non solo...)
Fa enormemente piacere sentire
queste cose e debbo ringraziare
la squadra e i miei collaboratori
perché senza di loro
tutto ciò non sarebbe possibile.
Qual’è, secondo lei, il giusto rapporto da tenere nello
spogliatoio nei confronti dei
giocatori, specie se giovani? E
fuori?
Bisogna saper usare come si suol
dire sia il bastone che la carota
per cercare di ottenere il massimo e soprattutto far
capire loro che le decisioni spettano all’allenatore
ma che solo confrontandosi si può fare sempre
meglio. Inoltre, fuori dal campo cerco di essere
un amico o al massimo un fratello maggiore divertendomi molto. In fondo lo spirito dello sport
è anche questo.
Un allenatore può essere considerato formatore del gruppo che gestisce?
Penso proprio di sì e nel mio caso specifico
non può essere altrimenti avendo una squadra
giovanissima.
È importante che i calciatori individuino un
leader quale punto di riferimento? Se sì, chi è
il leader carismatico della Palmense?
Si, e penso che debba essere il gruppo a scegliere
il leader o più leaders poichè l’allenatore non deve
entrare in queste scelte .
Per quel che riguarda la
mia squadra credo che ci
siano più leaders a partire
dai più “vecchi”.
Come riesce a motivare
i ragazzi prima di una
partita?
Vario molto e cerco di
cambiare di continuo, ma
la mia prerogativa principale è di farli sorridere
sempre, in fondo poi si
deve giocare solo una partita di calcio.
C’è un tecnico professionista al quale si ispira?
Non ne ho uno in particolare in quanto penso
che ogni tecnico abbia qualche “segreto” da poter
rubare, ma non penso solo ai tecnici professionisti; anche nelle serie minori ci sono allenatori
preparati. Inoltre credo che ogni persona possa
arricchirci delle proprie conoscenze.
Si può dire che l’allenatore è anche tifoso della
squadra che dirige oppure le gioie e i dispiaceri
sono solo legati all’aspetto professionale e non
emotivo?
Sì, nel mio caso sicuramente visto che faccio
parte di questa “famiglia” da 12 anni. Ho iniziato
con i pulcini fino ad arrivare alla prima squadra.
Comunque in panchina è meglio essere più distaccati per poter fare sempre la scelta giusta senza
farsi prendere dalle emozioni… in questo devo
lavorare molto.
Un giudizio sulla società che le ha dato fiducia.
Non può che essere positivo anche perché con
poco riesce quasi sempre ad ottenere molto..
penso che la sua politica possa far riflettere molte
altre società.
Si sente di aver più dato al S.Omero calcio o di
aver più ricevuto?
Credo di aver ricevuto molto , soprattutto a
livello di rapporti e non solo dal punto di vista
calcistico perchè mi ha dato l’opportunità di allenare in Promozione….. in fondo sono convinto comunque di aver ripagato la fiducia con la
dedizione immensa alla causa della Palmense.
Quale giocatore della Palmense ritiene abbia
potenzialità tali da poter sfondare anche a livello professionistico?
Ci sono ragazzi che potrebbero ambire ad altri
palcoscenici, ma in questo momento difficile che
il calcio sta attraversando non credo sia possibile.
In conclusione, gli obiettivi personali.
I miei obiettivi devono coincidere con quelli della squadra e cioè migliorare sempre cercando di
sorprendere anche l’anno prossimo, magari centrando traguardi per molti inimmaginabili.
Per concludere, vorrei ringraziare la redazione per
aver voluto incontrarmi e darvi l’appuntamento
al prossimo anno, magari per raccontare qualcosa
d’importante…chissà, sognare non costa nulla;
anzi, ti aiuta a dare ancora di più.
Danilo Camaioni
Tennis, che passione! I° Torneo Open di Sant’Omero
Campi da tennis proliferano ormai in tutte le località, di villeggiatura e non. Già, perché il tennis
è uno degli sport più amati, dai più piccoli sino
ai “senior”. È innanzitutto un gioco individuale,
nel passato considerato uno sport d’elite, riservato
ad individui di una certa estrazione sociale, mentre
oggi conta un tale numero di appassionati e praticanti da farne una disciplina a dir poco di massa.
Questo anche e soprattutto grazie ai vari benefici
che apporta alla mente ed al corpo. Praticandolo
infatti, è facile e divertente scaricare la tensione e
lo stress che di volta in volta si accumulano, liberando la mente dai problemi della routine quotidiana e sciogliendo, nel contempo, le tensioni
fisiche. Inoltre, lo schema di gioco, le strategie
da adottare e l’utilizzo di tecniche di coordinamento fanno sì che il tennis sviluppi una elevata
capacità di concentrazione: ecco perché, spesso,
è stato paragonato al gioco degli scacchi. E poiché non c’è contatto fisico tra i giocatori sviluppa
anche una mentalità improntata alla sportività e
alla correttezza; del resto, autocontrollo, lucidità e
dominio di sé sono indispensabili per prendere le
decisioni rapide che il gioco richiede. È bello constatare che tali qualità emergono sia tra i dilettanti
che si cimentano nei campetti di periferia, sia tra
gli idolatrati campioni che calcano la gloriosa erba
di Wimbledon o la terra rossa del Roland Garros.
Noi le abbiamo riscontrate durante il I° Torneo
Open singolare di Sant’Omero, che ha visto confrontarsi sul campo in mateco della MIVV vecchie
glorie e giovani promesse del tennis nostrano. Il tabellone, composto da sedici giocatori, ha riservato
match di alto contenuto tecnico ed agonistico. Dal
punto di vista squisitamente tecnico come non ri-
cordare i dropshots di Lorenzo Cardelli e le volée
eleganti dell’evergreen Renato Di Pasquale oltre al
potente e preciso dritto di Stefano Campitelli ed
ai rovesci bimani di Franco Antonini. Dal punto
di vista strettamente agonistico, è da rimarcare la
prova del grintoso Wlad “Muster” Di Pierdomenico che tuttavia ha ceduto alla distanza al cospetto
dell’arrogante e provocatorio Dario De Ascaniis
(alias “Perit Sampras”), presentatosi per l’occasione
con un battipanni al posto della racchetta al fine
di sbeffeggiare il rivale di sempre. Tra le nuove
promesse si è distinto particolarmente Alberto
Ruggeri, da tenere d’occhio in vista delle prossime
edizioni. Mentre nella sezione “tennis d’altri tempi” non hanno sfigurato Emidio Di Matteo, tra
l’altro semifinalista, Robertino Di Pasquale, dotato
di un servizio al fulmicotone, e Roberto Palazzese.
Stranamente pessimo lo score del nostro compagno di redazione Fabrizio Cardelli che ha chiuso
a zero punti la classifica del rispettivo girone. Tra
un incontro e l’altro il tabellone si è allineato alle
semifinali dove si sono affrontate le prime quattro
teste di serie. Al termine di match combattutissimi,
caratterizzati da scambi pirotecnici e spettacolari,
hanno prevalso Stefano Campitelli su Emidio Di
Matteo (6-7 6-2 6-2) e Lorenzo Cardelli su Fabiano Di Damaso (6-3 7-5). La finalissima se l’è aggiudicata Campitelli con il punteggio di 7-6 7-5 al
termine di una partita a dir poco rocambolesca. In
primis, per le continue interruzioni dovute al maltempo e maledette da Cardelli in quanto sempre
in vantaggio prima d’ogni scroscio di pioggia. In
secondo luogo, per le contestate chiamate arbitrali
del giudice di sedia Marco Viscioni in arte “Bruno
Rebeu” che hanno più volte fatto saltare i nervi ai
due contendenti (a proposito di autocontrollo…).
Alla fine, comunque, la maggiore regolarità ha
permesso a Campitelli di portare a casa l’ambito
titolo e, all’insegna della sportività, il vincitore ha
concesso l’onore delle armi agli altri partecipanti
dividendo con loro la posta in palio: prosciutto,
salame, formaggio e birra in quantità industriale.
La rassegna si è così conclusa nel migliore dei modi
grazie soprattutto alla solerzia degli organizzatori
ed alla MIVV, nella persona di Roberto Palazzese,
che ha gentilmente concesso l’unica vera struttura
presente sul nostro territorio.
Danilo Camaioni
Associazione Pro-Loco
Sant’Omero
Via Renato Rascel, 4 - Sant’Omero (Te)
Tel. e fax 0861 88068 - 3383031124
E-mail: [email protected]
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Giugno 2011
Ricetta estiva
La ragion gastronomica
Insalata di pasta e gamberi
Cibo e territorio tra mutamento sociale e sviluppo locale
È giunta l’estate, frutta e verdura ce la mettono
tutta per accattivarsi le nostre simpatie. Sulla
tavola arrivano sapori, profumi meravigliosi e
prima ancora del palato è l’occhio ad avere la
sua parte.
Ingredienti per 4 persone: 400gr fusilli
corti, 300 gr rucola, 80 gr pinoli, 500 gr
gamberi freschi o surgelati, 1 vasetto di pomodori secchi sott’olio, Brandy q.b., Sale
- pepe.
Pulire e lavare la rucola, frullarla con i
pinoli in un robot, unire sale e olio sufficiente per ottenere una salsina. Scolare
i pomodori secchi e tagliarli finemente.
Sgusciare i gamberi, asportare il filetto
nero intestinale e rosolarli velocemente in
un tegame con un po’ d’olio, sale, pepe;
spruzzarli di brandy e cuocerli per qualche minuto a fuoco vivo. Lessare la pasta,
scolarla al dente, condirla con la salsina di
rucola e pinoli, i pomodori e i gamberi.
Lasciare insaporire per 1 ora prima di servire.
Si terrà il 16 luglio a
Sant’Omero in concomitanza con l’apertura della
Sagra del baccalà, giunta
quest’anno alla 31esima
edizione, la seconda edizione di un importante
convegno
nazionale
sull’enogastronomia
e
l’alimentazione che vedrà
avvicendarsi nomi illustri
del mondo scientifico nazionale. Il programma al momento di andare in stampa
è ancora incompleto ma
sono già certe le adesioni dei professori Luigi Frudà e Mario Morcellini dell’Università
di Roma “La Sapienza”, del prof. Domenico
Secondulfo dell’Università di Verona, il prof.
Maurizio Esposito dell’Università di Cassino, il prof. Raffaele Federici dell’Università
di Perugia, i professori Ezio Sciarra, Vincenzo Corsi ed Aldo Marroni e le professoresse Elda Antonelli ed Eide Spedicato
dell’Università “G. d’Annunzio” di ChietiPescara, il preside della Facoltà di Lettere
della stessa “d’Annunzio” prof. Trinchese e il
preside di Agraria dell’Università di Teramo,
prof. Dino Mastrocola. Tra gli altri relatori
previsti è anche il prof. Francesco Galiffa, animatore del circolo “Quelli del caminetto”.
Il comitato scientico annovera inoltre i nomi
del prof. Costantino Cipolla
dell’Ateneo Bolognese e
del prof. Roberto Cipriani
dell’Universitò di Roma Tre.
La segreteria scientifica è del
prof. Gabriele Di Francesco.
Il convegno è un’importante
occasione di confronto sui
temi dell’enogastronomia
e dell’alimentazione, in un
momento storico in cui mutamenti sociali ed economici
di grande portata hanno
definitivamente cambiato il
gusto e lo stile di vita degli
italiani (e non soltanto di essi) anche in direzione di un’apertura al melting pot enogastronomico (esempio emblematico possono
essere i tanti kebab-pizzerie ormai diffusi sul
territorio italiano).
Si impone un cibo sempre più “globalizzato” e standardizzato, non sempre qualitativamente adeguato e privo di rischi come
emerge dalle attuali cronache europee, che
rischia da un lato di far perdere, in termini
enogastronomici, l’identità culturale dei contesti locali, e dall’altro obbliga ad una ricerca
quasi filologica delle filiere dei prodotti, al
fine di riscoprire una filosofia del gusto che
vede nei cibi di nicchia, nei giacimenti gastronomici e nella creatività grandi motori di
sviluppo locale.
A scuola la giornata dello sport
La mattina di sabato 28 giugno il campo
sportivo di Sant’Omero era un tripudio
di colori e musica, che giungeva fino al
paese in quelle ore, in verità quasi
deserto. Moltissimi, infatti, si erano
recati presso la struttura sportiva per
assistere alla “Giornata dello sport”,
manifestazione conclusiva del Progetto omonimo. Ormai é questo un
appuntamento quasi storico poiché
si svolge da ben sei anni, essendo
il 2011 l’anniversario del 150° anniversario dell’unità d’Italia, la suggestiva coreografia iniziale è stata
dedicata a tale evento. Tutti gli
alunni di ogni ordine di scuola del
nostro Istituto Comprensivo hanno riprodotto un grandissimo cuore quindi
con movimenti sincronici la nostra
splendida Penisola. Naturalmente i colori delle magliette non potevano che essere gli stessi della bandiera italiana.
Oltre all’Inno dell’Europa è stato
eseguito l’Inno di Mameli da tutti
i presenti, alunni, spettatori, insegnanti ed autorità. Subito dopo si
sono aperti i giochi sportivi, specifici per ogni età. Il Progetto, che
prevedeva fra i suoi obiettivi anche
questo momento corale di sintesi,
è stato finanziato dal CONI provinciale e dall’Amministrazione comunale, che ne hanno riconosciuto
la validità e la visibilità. Durante
l’anno scolastico le insegnanti, grazie ai
finanziamenti ottenuti, sono state affiancate nelle attività motorie da esperte,
dando così a tutti gli alunni della Scuola dell’Infanzia, Primaria e Secondaria
di primo grado la possibilità di praticare
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attività precluse a molti. È vero che gli
“analfabeti” dal punto di vista motorio
non rappresentano la maggior parte,
poiché in tanti, durante le ore extra scolastiche frequentano palestre, ma una
buona percentuale si dedica ad attività
sedentarie, che certamente non aiutano
la crescita armonica del corpo. Lo sport,
non dimentichiamolo, ha un alto valore
educativo è bene perciò che sia la Scuola
ad organizzare anche attività motorie finalizzate. La positività di questo progetto va riscontrata anche nell’opportunità
che offre agli studenti della Scuola Sec-
ondaria di Secondo Grado (Scuola media) di partecipare ai Giochi Sportivi
Studenteschi con diverse specialità: corsa campestre, pallavolo, nuoto, atletica leggera, orienteering… ed inoltre
dallo scorso anno è stato possibile
attivare il Centro Sportivo Scolastico, dove alcune ore sono dedicate
alla preparazione degli alunni selezionati nelle varie attività sportive. È
importante sottolineare che grazie
a tale progetto si creano fra tutti gli
alunni, ben 563, “momenti” di incontro che sarebbero inesistenti, sia
per problemi organizzativi e logistici
sia perché nessuna altra disciplina
riesce a coinvolgere come lo sport. La
Scuola sente il dovere di offrire ai suoi
utenti opportunità di crescita educativa
e di apprendimento, oltre quelle previste
dai curricola disciplinari ma il Territorio deve comunque essere sensibile
a tali esigenze. Ad iniziare dal dirigente scolastico il corpo insegnante
si impegna ogni anno a proporre ed
attuare (se finanziati) Progetti che in
molti casi avvalendosi di esperti settoriali possano rendere l’insegnamento
e l’apprendimento più efficace e completo. Si ritiene, anche dai genitori
(prova ne siano di la collaborazione
e la partecipazione di tanti volontari)
che gli obiettivi raggiunti attraverso il
Progetto Sport siano la risposta concreta all’impegno di insegnanti, esperti,
alunni, pertanto ci si augura che anche
nel prossimo anno scolastico si possano
riottenere i fondi per continuare questa
interessante esperienza.
Paola Gatti
Dialettezze
Lu tastaferre = s.m. = (il testa-di-ferro) il calabrone.
Lu babbarò = s.m. sing. = lo scarafaggio.
‘N’catregnite = v. intr. = indistricabili, inseparabili, legati tra loro fortemente. = volgare:
dicesi di unione di cani.
Scuntre = s. m. e f. = brutto, orribile. Anche
scuntrefatte, con uguale significato.
Sciampare, sciamparsi = v. trans. = liberare,
liberarsi di, togliere di torno qualcosa o qualcuno, sistemare.
Lu panne = s. m. sing. = la stoffa, il panno,
il tessuto. Li pinne = s. m. pl. = i panni, le
stoffe. Anche con riferimento ai vestiti ed agli
indumenti intimi. Harlavà li pinne = fare il
bucato
Lu pannare = s. m. sing. = il venditore di
stoffe.
Lu sapò = s-m. sing. = il sapone.
Lu skij’fe = s. m. sing. = lo scifo o skifo,
ampio vassoio in legno pieno, scavato al centro e rialzato sui bordi, piuttosto ampio e di
forma generalmente rettangolare usato per
poggiare vari alimenti ed in particolare per
seccare cibi (fichi, pomodori, zucche) al sole.
Lu strule = s.m. sing. = il porcile.
Li spazzille = s.m. pl. = i malleoli.
Lu calecagne = s.m. sing. = tallone, calcagno.
La codanzinzere = s.f. sing. = nome di un
grazioso uccellino, cutrettola o ballerina.
Lu pikkan’cerque = s.m. sing. = picchio.
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