Ci sono alcune parole/chiave utili per conoscere
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Ci sono alcune parole/chiave utili per conoscere
Pensare a rovescio Io oggi faccio un mestiere strano. Per definirlo ho scelto un’unica parola che le raccoglie tutte: sarà brutta, ma almeno consente una bella sintesi. Faccio il decontestualizzatore. Significa togliere da un contesto e mettere in un altro contesto, facendo un atto di creatività a costo zero. Per me è nato tutto nel 1947. Avevo 10 anni. Nella Torino della mia infanzia i compagni di scuola improvvisavano le partite di pallone nominando due capitani che sceglievano le squadre, chiamando a sé a uno a uno tutti i compagni, dal più bravo fino al più scarso. Io, che ero il più scarso, ero sempre l’ultimo ad essere chiamato e venivo messo in porta. Ma non a fare il portiere: a fare la porta! Un giorno ho chiesto aiuto ad un mio amico: “Non mi fanno giocare, come posso risolvere il problema?”. Il mio amico, che a dieci anni parlava già come un avvocato (e infatti adesso fa l’avvocato), mi fa: “Lo puoi risolvere in due modi: con la possibilità A o con la possibilità B... La possibilità A presuppone che tu impari a giocare. Qualora la possibilità A non si verificasse, ti rimane la possibilità B, che è quella di smettere”. Teorizzazione splendida ma assolutamente inutile, perché non aggiungeva niente di nuovo a ciò che già sapevo. È stato lì che ho capito che per risolvere i problemi bisogna schiodarsi dal contesto e affrontare la situazione con un altro approccio. Ho capito che il mio amico aveva preso in esame la componente “abilità di gioco”, ma che c’era un’altra componente: io non giocavo non soltanto perché ero scarso, ma perché le scelte le facevano i capitani. Da quel giorno incominciai ad autonominarmi capitano e a fare io le scelte, per cui cominciai regolarmente a giocare. Continuavo a essere scarso ma il posto in squadra era garantito. La lezione che se ne trae è che in ogni problema c’è sempre una componente giusta e una sbagliata, e che quasi sempre le persone vanno ad occuparsi della componente sbagliata. Se ci si occupa della componente giusta la cosa cambia: lì è nato il rovesciamento, è nata la capacità (che poi è diventato il mio mestiere) di risolvere i problemi andandoli ad affrontare dal lato giusto. Un esempio. Nel New Jersey era sorto un bellissimo insediamento con una schiera di quei bei cottage americani bianchi, col giardinetto davanti, neanche troppo costosi, quindi andati a ruba. Dopo sei mesi l’esercito ci ha costruito vicino un eliporto, che con i suoi continui rumori ha reso l’insediamento non vivibile. Sono scappati tutti. A chi vendere le case, così vicine a quella insopportabile fonte di rumore? Beh, i proprietari hanno fatto un accordo con l’associazione sordomuti, i quali oggi vivono felici e contenti in quei cottage. Ecco un altro esempio: era allo studio, alcuni anni fa, l'insediamento di un villaggio turistico su di un'isola di particolare attrattiva, facilmente raggiungibile e di grande fascino. Nel rispetto delle norme ecologiche, sarebbe stato possibile creare un centro vacanze di grande successo. Esisteva un solo problema: il fortissimo vento che spazzava l'isola praticamente per 360 giorni all'anno, in modo tale da rendere insopportabile il soggiorno ai turisti. Ecco il semplice procedimento per l’applicazione del rovesciamento, o Pensiero Antitetico: vento? E’ un fattore negativo, ma solo per chi lo detesta. E’ invece un fattore positivo per chi lo cerca, ad esempio, i velisti. Soluzione: al posto del classico villaggio turistico, un grande centro velico per turisti appassionati di vela. E fu un successo. Ecco un altro caso di applicazione del Pensiero Antitetico. Un albergo, nei pressi di una stazione di sci, molto panoramico e a una sola ora di auto da un centro culturale d’interesse mondiale, si trovava in grossa difficoltà per via della graduale perdita di clientela. I clienti, tutti giovani sciatori, se ne andavano scontenti in quanto mancavano nell'hotel le classiche attrezzature di divertimento e svago (videogiochi, ping-pong, slot macchine, ecc.) né nei pressi dell'hotel esistevano discoteche o sale di videogiochi. Così, i giovani clienti andavano alla ricerca di altri alberghi dotati di questi comfort e il bellissimo hotel stava fallendo. Il proprietario dell'hotel era stato, sino alla morte avvenuta l'anno prima, un carismatico nobile, marito dell'attuale proprietaria. Il marchese aveva creato una scuola di sci alpinismo ed un club di amanti della montagna che ravvivavano la vita dell’albergo con serate culturali e incontri con personalità di primo piano: insomma, un salotto alle falde della montagna molto invidiato da tutti. Sino a che il vecchio marchese era rimasto in vita, la moglie aveva potuto fare da splendida padrona di casa e la situazione economica era molto buona, ma, morto il consorte, si era dimostrata poco abile nel gestire la scomparsa della vecchia clientela e, con il boom dello sci, assistente furiosa ed impotente all'arrivo di "quelle orde di giovani fanatici". Quindi, per nessuna ragione avrebbe mai "profanato" quel vecchio tempio: non sopportava il rumore, quindi niente flipper, né videogiochi. Il problema era: nell’albergo non accadeva niente. Regnavano soltanto il silenzio e la noia. Furono proprio queste le leve utilizzate. I consulenti proposero due modifiche: un forte aumento delle tariffe di pernottamento ed un particolare contratto che assicurava agli ospiti "la quiete garantita". A fronte di una tariffa maggiore, i clienti erano assicurati sul fatto che sarebbe stato loro rimborsato il 100% di quanto versato se solo vi fosse stato un solo rumore che potesse disturbare la quiete garantita di quel hotel. Venne ovviamente cambiato il target group di riferimento. Anziché giovani desiderosi di baccano e movimento, vennero indirizzati all'albergo, tramite i Tour Operators, degli anziani e danarosi giapponesi e americani in visita alla vicina capitale i quali, distrutti dalla fatica delle lunghe visite ai musei e dal chiasso della metropoli, non vedevano l'ora di distendersi qualche giorno in un luogo panoramico, con aria pura e la garanzia scritta di un assoluto silenzio. Il rovesciamento della negatività è una potente arma, come la ludicità. Per sviluppare la creatività si deve riscoprire il gioco, l'ironia, la capacità di scherzare, tutte cose naturali per i bambini. Da piccoli, prima di ricevere una serie di condizionamenti da parte del contesto culturale, si è molto più creativi di quanto lo si sarà da adulti: questo perché non si uccidono le idee prima di svilupparle. Alla fantasia dei bambini niente è vietato. Ogni bambino inventa favole, sogna ad occhi aperti, crea con facilità nuove soluzioni proprio perché non è inibito, in quanto il mondo non ha fatto ancora in tempo a distruggere il suo potenziale creativo. Da adulto, sarà circondato da "killer delle idee" e lui stesso diventerà molto probabilmente uno di loro, senza rendersene conto. “L'immaginazione è più importante del sapere” (Albert Einstein) Eppure l'immaginazione e la creatività sono spesso inibite. Il principale fattore inibente della creatività umana è basato su di una tautologia: le cose, sino a che non si fanno in modo nuovo, vengono fatte come sempre. Questa ovvia constatazione è comunque sufficiente a frenare la creatività che è presente, ma "narcotizzata", in tutti noi. Se non viene accettato il concetto che la soluzione di un qualunque problema "può", e quindi "deve", essere cercata al di fuori degli schemi prestabiliti, tutto resta bloccato. La tradizione, l'abitudine, la routine quotidiana, il tranquillizzante ricorso "alle procedure", impediscono la nascita di quello che Edward De Bono definisce il "pensiero laterale", cioè il sorgere di un concetto "associato" o "legato" a quello di origine, ma diverso, "divergente", quindi creativo. La creatività è soprattutto è la capacità di uscire dall'ovvio e di essere innovatori. Il più delle volte non si diventa "agenti innovatori" perché, come prima si è detto, è più "normale" fare le cose come sempre. Quindi, serve una sola cosa per essere creativi: avere il coraggio di cambiare. Il preside della Harward University, James Bryant Connant, teneva appeso nel suo studio, per mostrarlo a tutti gli allievi, un cartello in cui era scritto: “La tartaruga fa progressi solo quando esce dal guscio” . E' di particolare utilità anche contornarsi di persone creative (quello che gli esperti chiamano l'ambiente "creativogenito") e allenarsi a sviluppare l'immaginazione. Nel testo di Alex F. Osborn, L'arte della Creativity, è dimostrato che, partecipando a corsi per la stimolazione della creatività, un gruppo di ingegneri ha sviluppato il proprio potenziale creativo in misura del 94% maggiore dei gruppi che non avevano preso parte a questi corsi. I COM POR T A M ENT I I NI B I T OR I Che la creatività venga più facilmente stimolata da un lavoro di gruppo piuttosto che individualmente è quotidianamente dimostrato, anche se spesso non ce ne accorgiamo. Il pensiero degli altri innesca nella nostra mente tante piccole esplosioni creative, se sappiamo e vogliamo coglierle. Il guaio è che molto spesso non sappiamo, né vogliamo coglierle. Per convincersene, è sufficiente osservare il comportamento di un qualunque gruppo di lavoro. C'è sempre molta ostilità nei confronti degli "altri", un vero ostruzionismo alle idee proposte, causato da un radicato individualismo. I ricercatori dell'Institut Fur Angewandte Kreativitat hanno redatto un elenco di sette tra le più diffuse forme di ostilità al lavoro di gruppo. 1. La sindrome della vittoria-sconfitta. I componenti del gruppo tentano di individuare nelle dichiarazioni altrui i contenuti a loro avviso sbagliati. Tutto lo sforzo è concentrato su ciò che non va nelle dichiarazioni degli altri, quasi che la discussione fosse un incontro da vincere, come gladiatori, soli contro tutti. La "vittoria" degli altri, (un apporto costruttivo di idee) viene vissuta come una nostra sconfitta, dimenticando che i veri avversari non sono gli uni o gli "altri", ma l'apporto di idee contrapposto alla povertà di significati. Se vince questo ultimo, hanno perso tutti. 2. Il massacro delle idee. Si cerca continuamente di correggere o demolire le idee altrui che sembrano inutilizzabili, senza domandarsi se contengono qualche spunto positivo. In ogni comunicazione esiste il lato positivo e quello negativo: se l'interesse è solo teso ad esaltare l'aspetto negativo, difficilmente ciò che ci diranno gli altri servirà mai a qualcosa. Ma è sostenibile che nessuno possa suggerirci qualcosa di valido? 3. La sindrome dell'uomo nero. Non appena si presenta un problema si cerca il colpevole, anziché analizzare i principi utilizzabili per la soluzione. Anni di educazione colpevolizzante hanno lasciato il segno. In un ambiente in cui si cerca sempre "chiè-stato-a-sbagliare" è evidente che tutta la comunicazione è di stile "difensivo". Allenandosi a cercare il colpevole si perde di vista il vero obiettivo della comunicazione, che non è quello di premiare chi non fa errori, ma trasmettere messaggi chiari per arricchirsi culturalmente a vicenda. 4. La sindrome della prima donna. Il grado occupato nella scala sociale, il livello gerarchico o il titolo accademico, spesso determinano la "bontà" di un'idea, influenzano una scelta. Infatti un'idea poco creativa o un messaggio impreciso possono essere comunicati con tutta l'arroganza "permessa" dal grado e spesso sono spacciati per apporti positivi. Siccome non è vero che sia così, basta smascherare le prime donne. 5. Il gioco delle competenze. Quando si è poco disposti ad accettare le idee degli altri la scappatoia è sempre fornita dalle competenze tecniche. Ognuno parla dal lato della "sua" conoscenza, ed è un discorso tra persone chiuse nel proprio "guscio di competenze". 6. La sindrome della mosca-cieca. Quando non si vede la via d'uscita da una discussione anziché cercare una nuova strada, ci si perde nell'analisi conflittuale dei dettagli. A molti pare più utile perdere tempo a rincorrersi in un gioco cieco piuttosto che affrontare la realtà togliendosi la benda. 7. L'autoaffermazione. A molti, infine, non parrà vero di trovarsi di fronte a situazioni di "crisi" nella discussione di un gruppo per avere il pretesto di monopolizzare la situazione, assumendone il ruolo di direttori, mettendo ordine e rendendosi, molto spesso, insopportabili. L E CA US E DEL L ' I NI B I ZI ONE In altre parole, ognuno trova che gli altri sono suscettibili, attaccati alla loro idea, ottusi, cattivi ascoltatori, parlatori eccessivi o muti astuti. Il colpevole, quindi, sembra sempre tra gli altri. Perché tutto questo? Il sistema formativo premia prevalentemente le prestazioni del singolo. Trasforma i non vincitori in perdenti. Per favorire l'efficienza, si incrementa la "sana rivalità". Premiando il singolo, quindi, si scoraggia il lavoro di gruppo e la capacità di cogliere dagli altri l'aspetto positivo di ogni intervento. Così, quindi, chi ha un'idea se la tiene. Nel mondo del lavoro vi sono molti esempi: un capo reparto avanza i suoi suggerimenti soltanto se la soluzione di un problema avvantaggia il reparto di sua competenza. Un capo ufficio, temendo di perdere la propria influenza nell'accettare proposte creative da parte dei dipendenti, impone le sue idee, o se accetta quelle dei propri collaboratori lo fa con una serie di riserve psicologiche. Nel mondo della scuola gli studenti non si espongono per paura che il mettersi in vista risulti più dannoso che vantaggioso. La faticosa ascesa gerarchica, e la conquista del proprio "stato d'essere" nella struttura sociale, producono comportamenti e atteggiamenti contrari alla spontanea collaborazione di gruppo. Non esiste via d'uscita? Se è vero che i limiti imposti dall'educazione e dalle istituzioni giocano il ruolo incatenante descritto, è altrettanto vero che ognuno ha in sé la forza di rompere questi vincoli non appena se ne sia reso pienamente conto. Ciò presuppone che si riconoscano i processi che bloccano il pensiero e l'azione e, una volta isolati, si organizzi il modo per vincerli. I processi innovativi possono essere messi in moto da chiunque, anche se il raggio d'influenza certamente sarà diverso da persona a persona. Dipende in gran parte dal singolo se si fa dominare dall'ambiente o se contribuisce a gestirlo. Non possiamo, è vero, cambiare il mondo, ma possiamo cominciare a cambiare il "nostro" mondo, che è molto piccolo e pertanto modificabile, ma non così insignificante come la ridotta dimensione potrebbe far pensare. In molti casi si deve tentare anche quando non ci sentiamo in grado di farlo. Dobbiamo rompere gli indugi, avere la forza di smettere di fare le cose come sempre. C OS ' È L A CR EA T I VI T À La creatività non è altro che la fuga dalle vecchie idee. Esistono cinque diversi livelli di creatività, in ordine gerarchico crescente. 1. Creatività espressiva, di tipo istintuale, quale quella ad esempio presente nei disegni dei bambini in cui attendibilità ed originalità del prodotto non hanno importanza a fini pratici. E' però estremamente importante ai fini dello sviluppo del potenziale creativo e non deve essere castrata, ma anzi incoraggiata e guidata. 2. Creatività produttiva, che tende a controllare il gioco nella fase di crescita e cerca una rappresentazione più realistica delle cose. 3. Creatività legata all'invenzione e alla scoperta, che comporta flessibilità nel percepire relazioni nuove ed insolite tra parti precedentemente separate. 4. Creatività innovativa, raggiunta solo da poche persone che comporta modifiche significative nei fondamenti o nei principi di un settore dell'arte o della scienza (ad es. il cubismo, la teoria della relatività, ecc.). 1. Creatività emergente, in cui affiorano i principi totalmente nuovi e fondamentali che portano a scoperte ed intuizioni di significatività storica. Con tutto ciò, il concetto di creatività forse non è completamente chiarito. Ed è naturale, pensando alla complessità dell'organo deputato a produrla: il cervello. E' un insieme di dieci miliardi di neuroni, con cento miliardi di connessioni e molte migliaia di miliardi di molecole. Che esistano diverse teorie sul funzionamento del pensiero creativo, in una materia affascinante quanto complessa, è quindi normale. C OS A NON È CR EA T I VI T À Forse è più semplice, ma soprattutto più utile, stabilire cosa non è la creatività: “Non è creatività ciò che viene trovato casualmente, per tentativi alla cieca”. Se un giorno, afferma Mario Zingales nel suo L'organizzazione della creatività (Cappelli, 1974) a furia di casuali pennellate, venisse fuori "la Gioconda", nessuno oserebbe affermare che è così che si crea. Non è ciò che viene trovato per tentativi alla cieca seguiti da selezione. Se ad esempio, volendo andare in India, sbagliassimo cinque o sei volte aereo e dopo esserci recati in molti paesi differenti, correggessimo gradualmente l'errore, si potrebbe avere una prova di pazienza e perseveranza, ma non di creatività. Non è ciò che viene trovato attraverso le modifiche di una struttura, che ci spingono verso un'altra struttura, per quanto interessante possa essere il processo. Se il problema viene risolto per correzioni di struttura ciò potrà essere considerato come un'intelligente applicazione di esperienze profondamente vissute, ma non è creatività. Non è, o lo è parzialmente, ciò che viene trovato con programmi basati sulla ricerca di differenza. Scoprire differenze e colmarle è estremamente importante, ma va considerato come utilizzazione delle facoltà di raziocinio e non di capacità creative. Le funzioni generative basilari: associazione e continuazione Semplificando, il processo fondamentale della creatività è basato su due azioni che De Bono indica efficacemente come "lega insieme" e "tira avanti", azioni quindi di associazione e continuazione. Esaminiamo la prima: per la progettazione del radar l'ispirazione venne fornita dall'associazione di pensiero con un sistema analogo, il sistema di analisi dell'onda di rimbalzo di un animale non vedente, il pipistrello. Secoli prima, Archimede scoprì il modo di misurare il volume della forma irregolare della corona d'oro ricevuta in dono dal tiranno di Siracusa (che voleva farne controllare dal matematico la veridicità aurea) in modo bizzarro: un giorno, immergendosi nella vasca da bagno, notò che il livello dell'acqua si alzava mentre il suo corpo si immergeva e ne fuoriusciva tanta acqua pari al volume del suo corpo. Facendo lo stesso con la corona risolse creativamente il problema. Non era certo la prima volta che faceva il bagno, ma mai aveva associato l'acqua del bagno al problema del volume irregolare dei corpi e la scoperta di Archimede rappresenta una forma di creatività basata sulla ricerca associativa analogica. L E T ECNI CH E DI CR EA T I VI T À DI GR UPPO Le tecniche di ricerca delle idee variano secondo la natura e l'ambito dei problemi da risolvere ed anche secondo la formazione delle persone che si riuniscono per affrontarli. Delle tante tecniche in uso, due sono principalmente adatte alla soluzione di problemi: il metodo di Osborn (Brainstorming) e le sedute di Sinectic di W.J. Gordon. L'uso di queste tecniche non solo porta a generare idee in quantità sufficiente a formare una base consistente per una successiva fase di selezione e valutazione, ma è anche di stimolo allo sviluppo di un clima che favorisca l'espressione del potenziale creativo. Sulla base di questi metodi sono state sviluppate numerose varianti che popolano un panorama ricco e articolato di tecniche di creatività. Il brainstorming Letteralmente "tempesta del cervello", il brainstorming è il termine coniato da Alex Osborn per definire una sua tecnica che, nell'opera Applied imagination, commenta nel modo seguente: “Brainstorm means using the brain to storm a problem" (Brainsotrm significa usare il cervello per agitare/scuotere/attaccare un problema). Questa tecnica è fra le più conosciute e rappresenta spesso erroneamente il solo riferimento alle tecniche di creatività. Un gruppo di brainstorming si compone generalmente di 10-12 persone e funziona, sotto la guida di un animatore, con una durata di circa tre quarti d'ora. Il principio fondamentale è la libertà delle associazioni di idee che possono e devono tutte essere accolte benevolmente e verbalizzate. Questo risultato è ottenuto isolando l'immaginazione dal realismo e dal senso critico. Ogni partecipante propone le proprie idee, così come affiorano spontaneamente, l'una dopo l'altra, a ruota libera. Questo "clima di lavoro" è ottenuto grazie all'applicazione di qualche semplice regola quali quelle di seguito evidenziate. Abolizione della critica e del giudizio . I pareri negativi del tipo: “E’ già stato provato, non funziona” oppure “Non sarà mai accettato” e contrapposizioni simili, bloccano le associazioni e neutralizzano la funzione stimolante delle idee prodotte dagli altri. Anche se poco pratiche, nella fase creativa di divergenza tutte le idee, anche se folli, sono gradite e utili. L'atteggiamento critico è dunque differito e viene rimandato in un secondo tempo, durante la fase di valutazione. Produzione di idee a ruota libera (free wheeling). I partecipanti, essendo il giudizio critico teoricamente sospeso, sono dunque in grado di esprimere le idee senza vagliarle. Tutte le proposte devono essere accolte con la stessa considerazione: sia che si tratti di un'utopia, di fantasie senza possibilità di sbocco pratico che di spunti immediatamente utilizzabili. Da ogni idea può nascerne un'altra, quindi nessun limite, nessun criterio di selezione deve limitare l'apporto dei partecipanti. Produzione del maggior numero di idee. Più grande è la quantità di idee, più alta sarà la probabilità di trovare idee utili alla soluzione del problema. Quantità genera qualità. Fertilizzazione incrociata (Cross Pollination). Un'idea già espressa può essere riutilizzata da un altro partecipante, migliorandola. Ogni idea contiene infatti aspetti positivi e negativi. Si tratta di metterne a fuoco i lati positivi e di svilupparli. Il gruppo esercita in tal modo una specie di ping pong intellettuale: inoltre un partecipante può prendere due idee, associarle e formarne una terza e così via. Il numero di idee prodotte in una sessione di brainstorming è molto superiore a quello ottenibile in una normale riunione di lavoro. Ciò per diverse ragioni: a. il processo di associazione di idee induce un effetto di reazione a catena: mentre un partecipante espone la propria idea muove quasi automaticamente la sua immaginazione verso una nuova idea. Contemporaneamente le sue idee stimolano la capacità associativa di tutti gli altri partecipanti. b. E' più facile che il meccanismo di libera associazione si sviluppi in un gruppo che non a livello individuale. c. Il brainstorming offre un "rinforzo positivo" ai partecipanti le cui idee vengono ricompensate dalla ricettività del gruppo. Abitualmente avviene il contrario. In una normale riunione di lavoro, infatti, i suggerimenti vengono spesso bloccati sul nascere. Il giudizio critico prematuro agisce in questo caso da "rinforzo negativo". Le sessioni di brainstorming sono generalmente applicate a un problema che richiede per la sua soluzione uno sforzo immaginativo e quindi una ricerca di idee piuttosto che del buon senso e del discernimento. I campi di applicazione sono praticamente illimitati, ad esempio: individuazione di nomi, di nuovi usi per servizi o prodotti, problemi di miglioramento tecnico, di processo produttivo, di commercializzazione, di nuove idee nel campo della pubblicità e della promozione. La sessione di brainstorming, pur costituendo il momento centrale del metodo di Osborn, non esaurisce l'intero processo creativo di risoluzione del problema. Questo infatti prevede cinque tappe: 1. Formulazione del problema. E' una fase molto importante in quanto una definizione del problema troppo ampia può portare ad una varietà di idee troppo slegate per poter interagire e produrre quella reazione a catena di stimoli che è alla base del brainstorming. 2. Scoperta-identificazione dei dati che definiscono il problema. 3. Scoperta delle idee. 4. Scoperta della soluzione. 5. Scelta della soluzione. La sessione di valutazione dovrebbe essere in grado di produrre tre elenchi: a. idee di utilità immediata; b. aree che richiedono un'ulteriore esplorazione; c. nuovi approcci al problema. IL B RA I N W RI TI N G Il Brain Writing rappresenta la versione sxritta dei brainstorming. Viene impiegata sia per la libera produzione di idee, sia per la raccolta di pareri (positivi o negativi) nelle indagini di clima. Il Brain Writing ha lo scopo di aumentare la disinibizione grazie all’impiego di una tecnica ludica, tipica dei games collettivi, nella quale ognuno è invitato ad esprimere quello che pensa, in piena libertà, allontanandosi quanto più possibile dall’atmosfera formale e razionale tipica dei questionari. In sostanza è una seduta nella quale la produzione di idee avviene con modalità scritta anziché orale. Perché si usa il brainwriting al posto del più noto brainstorming? Per aumentare l’effetto disinibitorio, dal momento che è anonimo e non richiede di esporsi psicologicamente nei confronti del gruppo con dichiarazioni verbali, che anonime non possono essere, in quanto si vede, oltre che si ascolta, chi parla. Per questo motivo è più utilizzato nelle indagini di clima più ancora che nelle sedute di raccolta di idee creative. In questo tipo di sedute non conta la qualità delle cose dette, bensì la quantità. Tante più saranno le libere espressioni raccolte, tanto più aumenta la possibilità di individuare degli utili spunti. Il brainwriting rappresenta uno sfogo liberatorio, utile per conoscere, al di fuori di ogni inibizione, il pensiero dei partecipanti alla riunione su qualunque tipo di problema. L’organizzazione che lo attua mostra nei confronti dei suoi collaboratori: - massima trasparenza nella comunicazione di sistema, anche nella raccolta dei pensieri - disponibilità all’innovazione (mostrata fattivamente, non solo a parole) Come avviene praticamente la seduta Il conduttore pone delle domande. Ad esempio, chiede ai presenti, nell’ordine: - “Immaginate di fare un sogno ad occhi aperti e scrivete, sinteticamente, la cosa che più vi ha attratto nel progetto di recente attuato” - “Ora scrivete la cosa che invece più vi ha infastidito di più…” - “Cosa proponete per migliorarla…” - ecc. I partecipanti scrivono le loro libere espressioni (una risposta alla volta) su di un foglio. Quel foglio, una volta scritta una frase, viene alzato e il conduttore lo passa, a caso, ad una altro partecipante, che prosegue con una seconda, poi una terza, poi una quarta espressione, sino ad ottenere almeno cinque proposte per ogni domanda, scritte sempre su fogli diversi. Si raccolgono così, in pochi minuti, molte centinaia di idee. Le decine di fogli raccolti vengono poi fedelmente trascritti da assistenti della struttura di consulenza incaricata della seduta e riportati in videoscrittura allo scopo di rendere anonime le proposte. I fogli originali vengono truciolati per garantire l’anonimato. Della versione videoscritta può essere, a scelta, fornita copia a tutti i partecipanti oppure può essere redatta una sintesi. In ogni caso il brainwriting può fornire molti spunti per il miglioramento del programma. Tre sono le tecniche ricorrenti in quasi tutti i processi di stimolazione della creatività: divergere, legare-insieme, tirare-oltre-il-limite. LA F A SE D I D I VE RGE N ZA E' quella necessaria a far sorgere la "voglia di essere immaginifico", utile a ridurre l'inibizione, a godere di quella speciale e rara immunità che si respira nelle sedute di brainstorming prima descritte. Nella fase di divergenza tutte le idee sono accettate e l'orizzonte si allarga. Si esplora il terreno. Si produce in quantità, senza chiedersi a cosa serve e se serve, poiché lo scopo non è valutare, ma produrre. Come si è visto, si è poco allenati a questo tipo di approccio e le massime inibizioni nascono proprio dalla cattiva abitudine di voler "saltare" la fase di divergenza per giungere subito alla seconda fase di convergenza, il che corrisponde al pretendere che si producano "subito" idee valide, senza lasciare il tempo di produrre idee e solo successivamente stabilire, mediante una cernita, quali possono essere ritenute valide. Inoltre, la voglia di valutare, giudicare, esprimere pareri è molto maggiore di quella di accogliere, gradire, incoraggiare l'immaginazione. Molte inibizioni nascono dal fatto di ricevere cattive valutazioni (a casa, a scuola, nel lavoro) che ingenerano la consapevolezza di essere una persona di scarsa validità. E' stato sperimentato che, prendendo un gruppo di allievi dello stesso quoziente di intelligenza e di creatività, misurato scientificamente, suddividendo poi il gruppo in due sottogruppi e affidando questi sottogruppi ad insegnanti diversi ai quali era stato detto che il gruppo a) era composto da elementi eccellenti e il gruppo b) da elementi scadenti, si è avuto al termine degli studi che il gruppo a) produceva risultati davvero eccellenti e il gruppo b) risultati realmente scadenti, mentre il gruppo di origine, come si è visto, aveva livelli assolutamente identici. La fase di divergenza utilizza l'emisfero destro del cervello, preposto all'immaginazione. Affinché questa fase creativa possa utilmente svilupparsi è necessario usare la tecnica prima definita "legareinsieme". IL L E G A RE - I N SI E M E E' la base della tecnica associativa e analogica. Associare una cosa ad un'altra può farne nascere una terza mai pensata prima: forse così è nata nella mente degli antichi la figura mitologica del centauro, che è la somma di un uomo e di un cavallo. Cercare l'analogia con un'altra cosa altro non è che associare una cosa simile presente in altro settore, come il periscopio dei sottomarini è la traduzione tecnologica del collo della giraffa, che ha gli organi della vista posti molto distanti dal corpo. Riflettendoci, una giraffa immersa in un profondo stagno, con la sola testa affiorante, è un periscopio naturale assolutamente perfetto. IL TI RA RE - O L TRE - I L - L I M I TE E' la tecnica che mette in atto la sinettica di Gordon quando richiede ai partecipanti alle sedute di "personificarsi" negli oggetti o di "sognare ad occhi aperti". Lo scopo è quello di portare la mente quanto più possibile lontano dal punto di partenza, proprio per "divergere" al massimo, per obbligare i creativi ad esplorare con occhi nuovi le cose, a svuotarsi il cervello delle idee precedenti, ad andare lontano, oltre la logica, oltre l'ovvio, oltre il limite. Un suggerimento: per aiutare l'immaginazione sono utili le "carezze psicologiche" che servono a dare fiducia e ridurre l'inibizione. La migliore tecnica per produrre utili carezze di questo tipo è quella che nasce dal capovolgimento (il rovesciare, come si è visto, il verbo più utile nella creatività) della perfida e usatissima tecnica dell'avvocato del diavolo, creando la tecnica opposta dell'avvocato dell'angelo. E' così semplice che è impossibile non applicarla, tranne essere così "acidi" interiormente da rifiutarsi di applicarla per paura di apparire "deboli" e scoperti. Consiste semplicemente nell'iniziare una frase con le parole: “La cosa che più mi piace nella tua idea è…” E' curioso notare come una frase, di sole nove parole e di nessun costo e che può produrre effetti meravigliosi sulla creatività, non venga usata perché si è più abituati ad usare una fase di opposizione o di ostilità. N ON ES S ER E UN T I MB R O , MA UN CAL EI DOSCOP I O Il timbro è la metafora della prevedibilità, fattore molto rassicurante che tanto soddisfa e appaga i burocrati. Infatti il segno che questo attrezzo lascia su di una superficie è sempre uguale a quello che lo ha preceduto ed è certamente identico a quello che seguirà. Per chi è spaventato dal nuovo, intimorito dal cambiamento, attratto dai rassicuranti "precedenti", resistente alle innovazioni, il timbro è un rifugio sicuro. Metaforicamente, "essere un timbro" significa essere prevedibile, così prevedibile che gli altri possono immaginare in anticipo le nostre parole, i nostri gesti, i nostri atteggiamenti. Più una persona è prevedibile, più è banale. Il timbro rappresenta l'ovvietà. L'alternativa al timbro è un piccolo apparecchio che oggi, in epoca multimediale, è ormai quasi sconosciuto: il caleidoscopio. E' un oggetto-giocattolo che ha divertito e sorpreso tanti bambini per molti decenni: un piccolo tubo che, grazie ad un gioco di rifrazione di specchi, crea una disposizione sempre diversa, ad ogni scossa, di una serie di perline colorate e di pezzetti di vetro policromi. La possibilità che la disposizione delle perline e dei vetri si ripeta è di una su molti miliardi di miliardi. Essere come un caleidoscopio significa essere "irripetibili", originali, sempre diversi e sempre nuovi. E' bene rammentare che è importante essere nuovi, poiché questa non è una condizione anagrafica, come l'essere giovani, che muta con il passare del tempo: giovani lo si è solo per un certo periodo di tempo, nuovi lo si è sino alla fine della vita. A volte la creatività nasce dall’errore Il sapone galleggiante, che non va a fondo nella vasca da bagno, è frutto di uno sbaglio chimico avvenuto nelle fasi di produzione: era stata messa troppa aria nella pasta saponata, ma poi, vista la comodità, si è deciso di brevettarlo. Charles Goodyear, il boss delle celebri gomme, ideò la vulcanizzazione per caso. Era solito fare, nonostante il divieto della moglie, i suoi esperimenti in cucina. Un giorno, per non farsi scoprire mentre era intento a cercare nuove miscele proprio vicino ai fornelli, all’improvviso arrivo della moglie non trovò di meglio che nascondere in tutta fretta l’impasto di gomma e zolfo nel forno. Il risultato fu la scoperta della vulcanizzazione ed il conseguente guadagno di miliardi di dollari. Anche il gelato da passeggio, per intenderci, il classico cono, è nato per caso, anche se non proprio per errore. Un gelataio italiano, stufo di spendere soldi in bicchieri di paraffina per i gelati da passeggio, incominciò a infilare palline di gelato su una cialda conica di biscotto e inventò il cono. Altri invece non sanno riconoscere le vera creatività, a volte accecati dalle incompatibilità caratteriali. E’ stato il caso di Pete Best che litigò con gli altri suoi compagni della band, a Liverpool, quelli che poi si sarebbero chiamati Beatles. Disse, testualmente: “Non combinerete mai nulla”. Se ne andò con un gruppo che oggi nessuno conosce, i Pete and the Dog, morendo di fame e di rabbia, realmente come un cane. E.C.