Ci sono alcune parole/chiave utili per conoscere

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Ci sono alcune parole/chiave utili per conoscere
Pensare a rovescio
Io oggi faccio un mestiere strano. Per definirlo ho scelto un’unica
parola che le raccoglie tutte: sarà brutta, ma almeno consente una
bella sintesi. Faccio il decontestualizzatore. Significa togliere da un
contesto e mettere in un altro contesto, facendo un atto di
creatività a costo zero. Per me è nato tutto nel 1947. Avevo 10 anni.
Nella Torino della mia infanzia i compagni di scuola improvvisavano
le partite di pallone nominando due capitani che sceglievano le
squadre, chiamando a sé a uno a uno tutti i compagni, dal più bravo
fino al più scarso. Io, che ero il più scarso, ero sempre l’ultimo ad
essere chiamato e venivo messo in porta. Ma non a fare il portiere: a
fare la porta!
Un giorno ho chiesto aiuto ad un mio amico: “Non mi fanno giocare,
come posso risolvere il problema?”. Il mio amico, che a dieci anni
parlava già come un avvocato (e infatti adesso fa l’avvocato), mi fa:
“Lo puoi risolvere in due modi: con la possibilità A o con la
possibilità B... La possibilità A presuppone che tu impari a giocare.
Qualora la possibilità A non si verificasse, ti rimane la possibilità B,
che è quella di smettere”. Teorizzazione splendida ma
assolutamente inutile, perché non aggiungeva niente di nuovo a ciò
che già sapevo.
È stato lì che ho capito che per risolvere i problemi bisogna
schiodarsi dal contesto e affrontare la situazione con un altro
approccio. Ho capito che il mio amico aveva preso in esame la
componente “abilità di gioco”, ma che c’era un’altra componente:
io non giocavo non soltanto perché ero scarso, ma perché le scelte
le facevano i capitani. Da quel giorno incominciai ad autonominarmi capitano e a fare io le scelte, per cui cominciai
regolarmente a giocare. Continuavo a essere scarso ma il posto in
squadra era garantito.
La lezione che se ne trae è che in ogni problema c’è sempre una
componente giusta e una sbagliata, e che quasi sempre le persone
vanno ad occuparsi della componente sbagliata. Se ci si occupa della
componente giusta la cosa cambia: lì è nato il rovesciamento, è nata
la capacità (che poi è diventato il mio mestiere) di risolvere i
problemi andandoli ad affrontare dal lato giusto.
Un esempio. Nel New Jersey era sorto un bellissimo insediamento
con una schiera di quei bei cottage americani bianchi, col
giardinetto davanti, neanche troppo costosi, quindi andati a ruba.
Dopo sei mesi l’esercito ci ha costruito vicino un eliporto, che con i
suoi continui rumori ha reso l’insediamento non vivibile. Sono
scappati tutti. A chi vendere le case, così vicine a quella
insopportabile fonte di rumore? Beh, i proprietari hanno fatto un
accordo con l’associazione sordomuti, i quali oggi vivono felici e
contenti in quei cottage.
Ecco un altro esempio: era allo studio, alcuni anni fa, l'insediamento
di un villaggio turistico su di un'isola di particolare attrattiva,
facilmente raggiungibile e di grande fascino. Nel rispetto delle
norme ecologiche, sarebbe stato possibile creare un centro vacanze
di grande successo. Esisteva un solo problema: il fortissimo vento
che spazzava l'isola praticamente per 360 giorni all'anno, in modo
tale da rendere insopportabile il soggiorno ai turisti.
Ecco il semplice procedimento per l’applicazione del rovesciamento,
o Pensiero Antitetico: vento? E’ un fattore negativo, ma solo per chi
lo detesta. E’ invece un fattore positivo per chi lo cerca, ad
esempio, i velisti. Soluzione: al posto del classico villaggio turistico,
un grande centro velico per turisti appassionati di vela. E fu un
successo.
Ecco un altro caso di applicazione del Pensiero Antitetico.
Un albergo, nei pressi di una stazione di sci, molto panoramico e a
una sola ora di auto da un centro culturale d’interesse mondiale, si
trovava in grossa difficoltà per via della graduale perdita di
clientela. I clienti, tutti giovani sciatori, se ne andavano scontenti in
quanto mancavano nell'hotel le classiche attrezzature di
divertimento e svago (videogiochi, ping-pong, slot macchine, ecc.)
né nei pressi dell'hotel esistevano discoteche o sale di videogiochi.
Così, i giovani clienti andavano alla ricerca di altri alberghi dotati
di questi comfort e il bellissimo hotel stava fallendo. Il proprietario
dell'hotel era stato, sino alla morte avvenuta l'anno prima, un
carismatico nobile, marito dell'attuale proprietaria. Il marchese
aveva creato una scuola di sci alpinismo ed un club di amanti della
montagna che ravvivavano la vita dell’albergo con serate culturali e
incontri con personalità di primo piano: insomma, un salotto alle
falde della montagna molto invidiato da tutti. Sino a che il vecchio
marchese era rimasto in vita, la moglie aveva potuto fare da
splendida padrona di casa e la situazione economica era molto
buona, ma, morto il consorte, si era dimostrata poco abile nel
gestire la scomparsa della vecchia clientela e, con il boom dello sci,
assistente furiosa ed impotente all'arrivo di "quelle orde di giovani
fanatici". Quindi, per nessuna ragione avrebbe mai "profanato" quel
vecchio tempio: non sopportava il rumore, quindi niente flipper, né
videogiochi.
Il problema era: nell’albergo non accadeva niente. Regnavano
soltanto il silenzio e la noia. Furono proprio queste le leve
utilizzate. I consulenti proposero due modifiche: un forte aumento
delle tariffe di pernottamento ed un particolare contratto che
assicurava agli ospiti "la quiete garantita". A fronte di una tariffa
maggiore, i clienti erano assicurati sul fatto che sarebbe stato loro
rimborsato il 100% di quanto versato se solo vi fosse stato un solo
rumore che potesse disturbare la quiete garantita di quel hotel.
Venne ovviamente cambiato il target group di riferimento. Anziché
giovani desiderosi di baccano e movimento, vennero indirizzati
all'albergo, tramite i Tour Operators, degli anziani e danarosi
giapponesi e americani in visita alla vicina capitale i quali, distrutti
dalla fatica delle lunghe visite ai musei e dal chiasso della
metropoli, non vedevano l'ora di distendersi qualche giorno in un
luogo panoramico, con aria pura e la garanzia scritta di un assoluto
silenzio.
Il rovesciamento della negatività è una potente arma, come la
ludicità. Per sviluppare la creatività si deve riscoprire il gioco,
l'ironia, la capacità di scherzare, tutte cose naturali per i bambini.
Da piccoli, prima di ricevere una serie di condizionamenti da parte
del contesto culturale, si è molto più creativi di quanto lo si sarà da
adulti: questo perché non si uccidono le idee prima di svilupparle.
Alla fantasia dei bambini niente è vietato. Ogni bambino inventa
favole, sogna ad occhi aperti, crea con facilità nuove soluzioni
proprio perché non è inibito, in quanto il mondo non ha fatto ancora
in tempo a distruggere il suo potenziale creativo. Da adulto, sarà
circondato da "killer delle idee" e lui stesso diventerà molto
probabilmente uno di loro, senza rendersene conto.
“L'immaginazione è più importante del sapere” (Albert Einstein)
Eppure l'immaginazione e la creatività sono spesso inibite. Il
principale fattore inibente della creatività umana è basato su di una
tautologia: le cose, sino a che non si fanno in modo nuovo, vengono
fatte come sempre. Questa ovvia constatazione è comunque
sufficiente a frenare la creatività che è presente, ma "narcotizzata",
in tutti noi. Se non viene accettato il concetto che la soluzione di un
qualunque problema "può", e quindi "deve", essere cercata al di fuori
degli schemi prestabiliti, tutto resta bloccato. La tradizione,
l'abitudine, la routine quotidiana, il tranquillizzante ricorso "alle
procedure", impediscono la nascita di quello che Edward De Bono
definisce il "pensiero laterale", cioè il sorgere di un concetto
"associato" o "legato" a quello di origine, ma diverso, "divergente",
quindi creativo.
La creatività è soprattutto è la capacità di uscire dall'ovvio e di
essere innovatori. Il più delle volte non si diventa "agenti innovatori"
perché, come prima si è detto, è più "normale" fare le cose come
sempre. Quindi, serve una sola cosa per essere creativi: avere il
coraggio di cambiare. Il preside della Harward University, James
Bryant Connant, teneva appeso nel suo studio, per mostrarlo a tutti
gli allievi, un cartello in cui era scritto: “La tartaruga fa progressi
solo quando esce dal guscio” .
E' di particolare utilità anche contornarsi di persone creative (quello
che gli esperti chiamano l'ambiente "creativogenito") e allenarsi a
sviluppare l'immaginazione.
Nel testo di Alex F. Osborn, L'arte della Creativity, è dimostrato
che, partecipando a corsi per la stimolazione della creatività, un
gruppo di ingegneri ha sviluppato il proprio potenziale creativo in
misura del 94% maggiore dei gruppi che non avevano preso parte a
questi corsi.
I COM POR T A M ENT I I NI B I T OR I
Che la creatività venga più facilmente stimolata da un lavoro di
gruppo piuttosto che individualmente è quotidianamente
dimostrato, anche se spesso non ce ne accorgiamo.
Il pensiero degli altri innesca nella nostra mente tante piccole
esplosioni creative, se sappiamo e vogliamo coglierle. Il guaio è che
molto spesso non sappiamo, né vogliamo coglierle. Per
convincersene, è sufficiente osservare il comportamento di un
qualunque gruppo di lavoro.
C'è sempre molta ostilità nei confronti degli "altri", un vero
ostruzionismo alle idee proposte, causato da un radicato
individualismo. I ricercatori dell'Institut Fur Angewandte Kreativitat
hanno redatto un elenco di sette tra le più diffuse forme di ostilità
al lavoro di gruppo.
1. La sindrome della vittoria-sconfitta. I componenti del
gruppo tentano di individuare nelle dichiarazioni altrui i contenuti a
loro avviso sbagliati. Tutto lo sforzo è concentrato su ciò che non va
nelle dichiarazioni degli altri, quasi che la discussione fosse un
incontro da vincere, come gladiatori, soli contro tutti. La "vittoria"
degli altri, (un apporto costruttivo di idee) viene vissuta come una
nostra sconfitta, dimenticando che i veri avversari non sono gli uni o
gli "altri", ma l'apporto di idee contrapposto alla povertà di
significati. Se vince questo ultimo, hanno perso tutti.
2. Il massacro delle idee. Si cerca continuamente di
correggere o demolire le idee altrui che sembrano inutilizzabili,
senza domandarsi se contengono qualche spunto positivo. In ogni
comunicazione esiste il lato positivo e quello negativo: se l'interesse
è solo teso ad esaltare l'aspetto negativo, difficilmente ciò che ci
diranno gli altri servirà mai a qualcosa. Ma è sostenibile che nessuno
possa suggerirci qualcosa di valido?
3. La sindrome dell'uomo nero. Non appena si presenta un
problema si cerca il colpevole, anziché analizzare i principi
utilizzabili per la soluzione. Anni di educazione colpevolizzante
hanno lasciato il segno. In un ambiente in cui si cerca sempre "chiè-stato-a-sbagliare" è evidente che tutta la comunicazione è di stile
"difensivo". Allenandosi a cercare il colpevole si perde di vista il vero
obiettivo della comunicazione, che non è quello di premiare chi non
fa errori, ma trasmettere messaggi chiari per arricchirsi
culturalmente a vicenda.
4. La sindrome della prima donna. Il grado occupato nella
scala sociale, il livello gerarchico o il titolo accademico, spesso
determinano la "bontà" di un'idea, influenzano una scelta. Infatti
un'idea poco creativa o un messaggio impreciso possono essere
comunicati con tutta l'arroganza "permessa" dal grado e spesso sono
spacciati per apporti positivi. Siccome non è vero che sia così, basta
smascherare le prime donne.
5. Il gioco delle competenze. Quando si è poco disposti ad
accettare le idee degli altri la scappatoia è sempre fornita dalle
competenze tecniche. Ognuno parla dal lato della "sua" conoscenza,
ed è un discorso tra persone chiuse nel proprio "guscio di
competenze".
6. La sindrome della mosca-cieca. Quando non si vede la via
d'uscita da una discussione anziché cercare una nuova strada, ci si
perde nell'analisi conflittuale dei dettagli. A molti pare più utile
perdere tempo a rincorrersi in un gioco cieco piuttosto che
affrontare la realtà togliendosi la benda.
7. L'autoaffermazione. A molti, infine, non parrà vero di
trovarsi di fronte a situazioni di "crisi" nella discussione di un gruppo
per avere il pretesto di monopolizzare la situazione, assumendone il
ruolo di direttori, mettendo ordine e rendendosi, molto spesso,
insopportabili.
L E CA US E DEL L ' I NI B I ZI ONE
In altre parole, ognuno trova che gli altri sono suscettibili, attaccati
alla loro idea, ottusi, cattivi ascoltatori, parlatori eccessivi o muti
astuti. Il colpevole, quindi, sembra sempre tra gli altri. Perché tutto
questo?
Il sistema formativo premia prevalentemente le prestazioni del
singolo. Trasforma i non vincitori in perdenti. Per favorire
l'efficienza, si incrementa la "sana rivalità". Premiando il singolo,
quindi, si scoraggia il lavoro di gruppo e la capacità di cogliere dagli
altri l'aspetto positivo di ogni intervento. Così, quindi, chi ha un'idea
se la tiene. Nel mondo del lavoro vi sono molti esempi: un capo
reparto avanza i suoi suggerimenti soltanto se la soluzione di un
problema avvantaggia il reparto di sua competenza. Un capo ufficio,
temendo di perdere la propria influenza nell'accettare proposte
creative da parte dei dipendenti, impone le sue idee, o se accetta
quelle dei propri collaboratori lo fa con una serie di riserve
psicologiche.
Nel mondo della scuola gli studenti non si espongono per paura che
il mettersi in vista risulti più dannoso che vantaggioso. La faticosa
ascesa gerarchica, e la conquista del proprio "stato d'essere" nella
struttura sociale, producono comportamenti e atteggiamenti
contrari alla spontanea collaborazione di gruppo.
Non esiste via d'uscita? Se è vero che i limiti imposti dall'educazione
e dalle istituzioni giocano il ruolo incatenante descritto, è
altrettanto vero che ognuno ha in sé la forza di rompere questi
vincoli non appena se ne sia reso pienamente conto. Ciò presuppone
che si riconoscano i processi che bloccano il pensiero e l'azione e,
una volta isolati, si organizzi il modo per vincerli.
I processi innovativi possono essere messi in moto da chiunque,
anche se il raggio d'influenza certamente sarà diverso da persona a
persona.
Dipende in gran parte dal singolo se si fa dominare dall'ambiente o
se contribuisce a gestirlo. Non possiamo, è vero, cambiare il mondo,
ma possiamo cominciare a cambiare il "nostro" mondo, che è molto
piccolo e pertanto modificabile, ma non così insignificante come la
ridotta dimensione potrebbe far pensare. In molti casi si deve
tentare anche quando non ci sentiamo in grado di farlo. Dobbiamo
rompere gli indugi, avere la forza di smettere di fare le cose come
sempre.
C OS ' È L A CR EA T I VI T À
La creatività non è altro che la fuga dalle vecchie idee.
Esistono cinque diversi livelli di creatività, in ordine gerarchico
crescente.
1. Creatività espressiva, di tipo istintuale, quale quella ad esempio presente nei disegni
dei bambini in cui attendibilità ed originalità del prodotto non hanno importanza a
fini pratici. E' però estremamente importante ai fini dello sviluppo del potenziale
creativo e non deve essere castrata, ma anzi incoraggiata e guidata.
2. Creatività produttiva, che tende a controllare il gioco nella fase di crescita e cerca
una rappresentazione più realistica delle cose.
3. Creatività legata all'invenzione e alla scoperta, che comporta flessibilità nel
percepire relazioni nuove ed insolite tra parti precedentemente separate.
4. Creatività innovativa, raggiunta solo da poche persone che comporta modifiche
significative nei fondamenti o nei principi di un settore dell'arte o della scienza (ad
es. il cubismo, la teoria della relatività, ecc.).
1. Creatività emergente, in cui affiorano i principi totalmente nuovi e fondamentali
che portano a scoperte ed intuizioni di significatività storica.
Con tutto ciò, il concetto di creatività forse non è completamente
chiarito. Ed è naturale, pensando alla complessità dell'organo
deputato a produrla: il cervello. E' un insieme di dieci miliardi di
neuroni, con cento miliardi di connessioni e molte migliaia di
miliardi di molecole. Che esistano diverse teorie sul funzionamento
del pensiero creativo, in una materia affascinante quanto
complessa, è quindi normale.
C OS A NON È CR EA T I VI T À
Forse è più semplice, ma soprattutto più utile, stabilire cosa non è
la creatività: “Non è creatività ciò che viene trovato casualmente,
per tentativi alla cieca”.
Se un giorno, afferma Mario Zingales nel suo L'organizzazione della
creatività (Cappelli, 1974) a furia di casuali pennellate, venisse fuori
"la Gioconda", nessuno oserebbe affermare che è così che si crea.
Non è ciò che viene trovato per tentativi alla cieca seguiti da
selezione. Se ad esempio, volendo andare in India, sbagliassimo
cinque o sei volte aereo e dopo esserci recati in molti paesi
differenti, correggessimo gradualmente l'errore, si potrebbe avere
una prova di pazienza e perseveranza, ma non di creatività.
Non è ciò che viene trovato attraverso le modifiche di una struttura,
che ci spingono verso un'altra struttura, per quanto interessante
possa essere il processo. Se il problema viene risolto per correzioni
di struttura ciò potrà essere considerato come un'intelligente
applicazione di esperienze profondamente vissute, ma non è
creatività.
Non è, o lo è parzialmente, ciò che viene trovato con programmi
basati sulla ricerca di differenza. Scoprire differenze e colmarle è
estremamente importante, ma va considerato come utilizzazione
delle facoltà di raziocinio e non di capacità creative.
Le funzioni generative basilari: associazione e continuazione
Semplificando, il processo fondamentale della creatività è basato su
due azioni che De Bono indica efficacemente come "lega insieme" e
"tira avanti", azioni quindi di associazione e continuazione.
Esaminiamo la prima: per la progettazione del radar l'ispirazione
venne fornita dall'associazione di pensiero con un sistema analogo, il
sistema di analisi dell'onda di rimbalzo di un animale non vedente, il
pipistrello. Secoli prima, Archimede scoprì il modo di misurare il
volume della forma irregolare della corona d'oro ricevuta in dono dal
tiranno di Siracusa (che voleva farne controllare dal matematico la
veridicità aurea) in modo bizzarro: un giorno, immergendosi nella
vasca da bagno, notò che il livello dell'acqua si alzava mentre il suo
corpo si immergeva e ne fuoriusciva tanta acqua pari al volume del
suo corpo. Facendo lo stesso con la corona risolse creativamente il
problema. Non era certo la prima volta che faceva il bagno, ma mai
aveva associato l'acqua del bagno al problema del volume irregolare
dei corpi e la scoperta di Archimede rappresenta una forma di
creatività basata sulla ricerca associativa analogica.
L E T ECNI CH E DI CR EA T I VI T À DI GR UPPO
Le tecniche di ricerca delle idee variano secondo la natura e
l'ambito dei problemi da risolvere ed anche secondo la formazione
delle persone che si riuniscono per affrontarli.
Delle tante tecniche in uso, due sono principalmente adatte alla
soluzione di problemi: il metodo di Osborn (Brainstorming) e le
sedute di Sinectic di W.J. Gordon. L'uso di queste tecniche non solo
porta a generare idee in quantità sufficiente a formare una base
consistente per una successiva fase di selezione e valutazione, ma è
anche di stimolo allo sviluppo di un clima che favorisca l'espressione
del potenziale creativo.
Sulla base di questi metodi sono state sviluppate numerose varianti
che popolano un panorama ricco e articolato di tecniche di
creatività.
Il brainstorming
Letteralmente "tempesta del cervello", il brainstorming è il termine
coniato da Alex Osborn per definire una sua tecnica che, nell'opera
Applied imagination, commenta nel modo seguente: “Brainstorm
means using the brain to storm a problem" (Brainsotrm significa
usare il cervello per agitare/scuotere/attaccare un problema).
Questa tecnica è fra le più conosciute e rappresenta spesso
erroneamente il solo riferimento alle tecniche di creatività. Un
gruppo di brainstorming si compone generalmente di 10-12 persone
e funziona, sotto la guida di un animatore, con una durata di circa
tre quarti d'ora.
Il principio fondamentale è la libertà delle associazioni di idee che
possono e devono tutte essere accolte benevolmente e verbalizzate.
Questo risultato è ottenuto isolando l'immaginazione dal realismo e
dal senso critico. Ogni partecipante propone le proprie idee, così
come affiorano spontaneamente, l'una dopo l'altra, a ruota libera.
Questo "clima di lavoro" è ottenuto grazie all'applicazione di qualche
semplice regola quali quelle di seguito evidenziate.
Abolizione della critica e del giudizio . I pareri negativi del tipo: “E’
già stato provato, non funziona” oppure “Non sarà mai accettato” e
contrapposizioni simili, bloccano le associazioni e neutralizzano la
funzione stimolante delle idee prodotte dagli altri. Anche se poco
pratiche, nella fase creativa di divergenza tutte le idee, anche se
folli, sono gradite e utili. L'atteggiamento critico è dunque differito
e viene rimandato in un secondo tempo, durante la fase di
valutazione.
Produzione di idee a ruota libera (free wheeling). I partecipanti,
essendo il giudizio critico teoricamente sospeso, sono dunque in
grado di esprimere le idee senza vagliarle. Tutte le proposte devono
essere accolte con la stessa considerazione: sia che si tratti di
un'utopia, di fantasie senza possibilità di sbocco pratico che di
spunti immediatamente utilizzabili. Da ogni idea può nascerne
un'altra, quindi nessun limite, nessun criterio di selezione deve
limitare l'apporto dei partecipanti.
Produzione del maggior numero di idee. Più grande è la quantità di
idee, più alta sarà la probabilità di trovare idee utili alla soluzione
del problema. Quantità genera qualità.
Fertilizzazione incrociata (Cross Pollination). Un'idea già espressa
può essere riutilizzata da un altro partecipante, migliorandola. Ogni
idea contiene infatti aspetti positivi e negativi. Si tratta di metterne
a fuoco i lati positivi e di svilupparli. Il gruppo esercita in tal modo
una specie di ping pong intellettuale: inoltre un partecipante può
prendere due idee, associarle e formarne una terza e così via.
Il numero di idee prodotte in una sessione di brainstorming è molto
superiore a quello ottenibile in una normale riunione di lavoro. Ciò
per diverse ragioni:
a. il processo di associazione di idee induce un effetto di reazione a catena: mentre un
partecipante espone la propria idea muove quasi automaticamente la sua
immaginazione verso una nuova idea. Contemporaneamente le sue idee stimolano la
capacità associativa di tutti gli altri partecipanti.
b. E' più facile che il meccanismo di libera associazione si sviluppi in un gruppo che non
a livello individuale.
c. Il brainstorming offre un "rinforzo positivo" ai partecipanti le cui idee vengono
ricompensate dalla ricettività del gruppo. Abitualmente avviene il contrario. In una
normale riunione di lavoro, infatti, i suggerimenti vengono spesso bloccati sul
nascere. Il giudizio critico prematuro agisce in questo caso da "rinforzo negativo".
Le sessioni di brainstorming sono generalmente applicate a un
problema che richiede per la sua soluzione uno sforzo immaginativo
e quindi una ricerca di idee piuttosto che del buon senso e del
discernimento. I campi di applicazione sono praticamente illimitati,
ad esempio: individuazione di nomi, di nuovi usi per servizi o
prodotti, problemi di miglioramento tecnico, di processo produttivo,
di commercializzazione, di nuove idee nel campo della pubblicità e
della promozione. La sessione di brainstorming, pur costituendo il
momento centrale del metodo di Osborn, non esaurisce l'intero
processo creativo di risoluzione del problema. Questo infatti
prevede cinque tappe:
1. Formulazione del problema. E' una fase molto importante in quanto una definizione
del problema troppo ampia può portare ad una varietà di idee troppo slegate per
poter interagire e produrre quella reazione a catena di stimoli che è alla base del
brainstorming.
2.
Scoperta-identificazione dei dati che definiscono il problema.
3.
Scoperta delle idee.
4.
Scoperta della soluzione.
5.
Scelta della soluzione.
La sessione di valutazione dovrebbe essere in grado di
produrre tre elenchi:
a.
idee di utilità immediata;
b.
aree che richiedono un'ulteriore esplorazione;
c.
nuovi approcci al problema.
IL
B RA I N W RI TI N G
Il Brain Writing rappresenta la versione sxritta dei brainstorming.
Viene impiegata sia per la libera produzione di idee, sia per la
raccolta di pareri (positivi o negativi) nelle indagini di clima. Il Brain
Writing ha lo scopo di aumentare la disinibizione grazie all’impiego
di una tecnica ludica, tipica dei games collettivi, nella quale ognuno
è invitato ad esprimere quello che pensa, in piena libertà,
allontanandosi quanto più possibile dall’atmosfera formale e
razionale tipica dei questionari.
In sostanza è una seduta nella quale la produzione di idee avviene
con modalità scritta anziché orale.
Perché si usa il brainwriting al posto del più noto brainstorming?
Per aumentare l’effetto disinibitorio, dal momento che è anonimo e
non richiede di esporsi psicologicamente nei confronti del gruppo
con dichiarazioni verbali, che anonime non possono essere, in
quanto si vede, oltre che si ascolta, chi parla.
Per questo motivo è più utilizzato nelle indagini di clima più ancora
che nelle sedute di raccolta di idee creative.
In questo tipo di sedute non conta la qualità delle cose dette, bensì
la quantità.
Tante più saranno le libere espressioni raccolte, tanto più aumenta
la possibilità di individuare degli utili spunti.
Il brainwriting rappresenta uno sfogo liberatorio, utile per
conoscere, al di fuori di ogni inibizione, il pensiero dei partecipanti
alla riunione su qualunque tipo di problema.
L’organizzazione che lo attua mostra nei confronti dei suoi
collaboratori:
-
massima trasparenza nella comunicazione di sistema, anche nella raccolta dei
pensieri
-
disponibilità all’innovazione (mostrata fattivamente, non solo a parole)
Come avviene praticamente la seduta
Il conduttore pone delle domande. Ad esempio, chiede ai presenti,
nell’ordine:
-
“Immaginate di fare un sogno ad occhi aperti e scrivete, sinteticamente, la cosa
che più vi ha attratto nel progetto di recente attuato”
-
“Ora scrivete la cosa che invece più vi ha infastidito di più…”
-
“Cosa proponete per migliorarla…”
-
ecc.
I partecipanti scrivono le loro libere espressioni (una risposta alla
volta) su di un foglio. Quel foglio, una volta scritta una frase, viene
alzato e il conduttore lo passa, a caso, ad una altro partecipante,
che prosegue con una seconda, poi una terza, poi una quarta
espressione, sino ad ottenere almeno cinque proposte per ogni
domanda, scritte sempre su fogli diversi. Si raccolgono così, in pochi
minuti, molte centinaia di idee.
Le decine di fogli raccolti vengono poi fedelmente trascritti da
assistenti della struttura di consulenza incaricata della seduta e
riportati in videoscrittura allo scopo di rendere anonime le
proposte. I fogli originali vengono truciolati per garantire
l’anonimato.
Della versione videoscritta può essere, a scelta, fornita copia a tutti
i partecipanti oppure può essere redatta una sintesi. In ogni caso il
brainwriting può fornire molti spunti per il miglioramento del
programma.
Tre sono le tecniche ricorrenti in quasi tutti i processi di
stimolazione della creatività:
divergere, legare-insieme, tirare-oltre-il-limite.
LA
F A SE D I D I VE RGE N ZA
E' quella necessaria a far sorgere la "voglia di essere immaginifico",
utile a ridurre l'inibizione, a godere di quella speciale e rara
immunità che si respira nelle sedute di brainstorming prima
descritte. Nella fase di divergenza tutte le idee sono accettate e
l'orizzonte si allarga. Si esplora il terreno. Si produce in quantità,
senza chiedersi a cosa serve e se serve, poiché lo scopo non è
valutare, ma produrre.
Come si è visto, si è poco allenati a questo tipo di approccio e le
massime inibizioni nascono proprio dalla cattiva abitudine di voler
"saltare" la fase di divergenza per giungere subito alla seconda fase
di convergenza, il che corrisponde al pretendere che si producano
"subito" idee valide, senza lasciare il tempo di produrre idee e solo
successivamente stabilire, mediante una cernita, quali possono
essere ritenute valide. Inoltre, la voglia di valutare, giudicare,
esprimere pareri è molto maggiore di quella di accogliere, gradire,
incoraggiare l'immaginazione. Molte inibizioni nascono dal fatto di
ricevere cattive valutazioni (a casa, a scuola, nel lavoro) che
ingenerano la consapevolezza di essere una persona di scarsa
validità.
E' stato sperimentato che, prendendo un gruppo di allievi dello
stesso quoziente di intelligenza e di creatività, misurato
scientificamente, suddividendo poi il gruppo in due sottogruppi e
affidando questi sottogruppi ad insegnanti diversi ai quali era stato
detto che il gruppo a) era composto da elementi eccellenti e il
gruppo b) da elementi scadenti, si è avuto al termine degli studi che
il gruppo a) produceva risultati davvero eccellenti e il gruppo b)
risultati realmente scadenti, mentre il gruppo di origine, come si è
visto, aveva livelli assolutamente identici.
La fase di divergenza utilizza l'emisfero destro del cervello, preposto
all'immaginazione. Affinché questa fase creativa possa utilmente
svilupparsi è necessario usare la tecnica prima definita "legareinsieme".
IL
L E G A RE - I N SI E M E
E' la base della tecnica associativa e analogica. Associare una cosa
ad un'altra può farne nascere una terza mai pensata prima: forse
così è nata nella mente degli antichi la figura mitologica del
centauro, che è la somma di un uomo e di un cavallo. Cercare
l'analogia con un'altra cosa altro non è che associare una cosa simile
presente in altro settore, come il periscopio dei sottomarini è la
traduzione tecnologica del collo della giraffa, che ha gli organi della
vista posti molto distanti dal corpo. Riflettendoci, una giraffa
immersa in un profondo stagno, con la sola testa affiorante, è un
periscopio naturale assolutamente perfetto.
IL
TI RA RE - O L TRE - I L - L I M I TE
E' la tecnica che mette in atto la sinettica di Gordon quando
richiede ai partecipanti alle sedute di "personificarsi" negli oggetti o
di "sognare ad occhi aperti". Lo scopo è quello di portare la mente
quanto più possibile lontano dal punto di partenza, proprio per
"divergere" al massimo, per obbligare i creativi ad esplorare con
occhi nuovi le cose, a svuotarsi il cervello delle idee precedenti, ad
andare lontano, oltre la logica, oltre l'ovvio, oltre il limite.
Un suggerimento: per aiutare l'immaginazione sono utili le "carezze
psicologiche" che servono a dare fiducia e ridurre l'inibizione. La
migliore tecnica per produrre utili carezze di questo tipo è quella
che nasce dal capovolgimento (il rovesciare, come si è visto, il verbo
più utile nella creatività) della perfida e usatissima tecnica
dell'avvocato del diavolo, creando la tecnica opposta dell'avvocato
dell'angelo. E' così semplice che è impossibile non applicarla, tranne
essere così "acidi" interiormente da rifiutarsi di applicarla per paura
di apparire "deboli" e scoperti.
Consiste semplicemente nell'iniziare una frase con le parole:
“La cosa che più mi piace nella tua idea è…”
E' curioso notare come una frase, di sole nove parole e di nessun
costo e che può produrre effetti meravigliosi sulla creatività, non
venga usata perché si è più abituati ad usare una fase di opposizione
o di ostilità.
N ON ES S ER E UN T I MB R O , MA UN CAL EI DOSCOP I O
Il timbro è la metafora della prevedibilità, fattore molto
rassicurante che tanto soddisfa e appaga i burocrati. Infatti il segno
che questo attrezzo lascia su di una superficie è sempre uguale a
quello che lo ha preceduto ed è certamente identico a quello che
seguirà. Per chi è spaventato dal nuovo, intimorito dal
cambiamento, attratto dai rassicuranti "precedenti", resistente alle
innovazioni, il timbro è un rifugio sicuro. Metaforicamente, "essere
un timbro" significa essere prevedibile, così prevedibile che gli altri
possono immaginare in anticipo le nostre parole, i nostri gesti, i
nostri atteggiamenti. Più una persona è prevedibile, più è banale. Il
timbro rappresenta l'ovvietà. L'alternativa al timbro è un piccolo
apparecchio che oggi, in epoca multimediale, è ormai quasi
sconosciuto: il caleidoscopio. E' un oggetto-giocattolo che ha
divertito e sorpreso tanti bambini per molti decenni: un piccolo tubo
che, grazie ad un gioco di rifrazione di specchi, crea una
disposizione sempre diversa, ad ogni scossa, di una serie di perline
colorate e di pezzetti di vetro policromi. La possibilità che la
disposizione delle perline e dei vetri si ripeta è di una su molti
miliardi di miliardi.
Essere come un caleidoscopio significa essere "irripetibili", originali,
sempre diversi e sempre nuovi. E' bene rammentare che è
importante essere nuovi, poiché questa non è una condizione
anagrafica, come l'essere giovani, che muta con il passare del
tempo: giovani lo si è solo per un certo periodo di tempo, nuovi lo si
è sino alla fine della vita.
A volte la creatività nasce dall’errore
Il sapone galleggiante, che non va a fondo nella vasca da bagno, è
frutto di uno sbaglio chimico avvenuto nelle fasi di produzione: era
stata messa troppa aria nella pasta saponata, ma poi, vista la
comodità, si è deciso di brevettarlo.
Charles Goodyear, il boss delle celebri gomme, ideò la
vulcanizzazione per caso. Era solito fare, nonostante il divieto della
moglie, i suoi esperimenti in cucina. Un giorno, per non farsi
scoprire mentre era intento a cercare nuove miscele proprio vicino
ai fornelli, all’improvviso arrivo della moglie non trovò di meglio che
nascondere in tutta fretta l’impasto di gomma e zolfo nel forno. Il
risultato fu la scoperta della vulcanizzazione ed il conseguente
guadagno di miliardi di dollari.
Anche il gelato da passeggio, per intenderci, il classico cono, è nato
per caso, anche se non proprio per errore. Un gelataio italiano,
stufo di spendere soldi in bicchieri di paraffina per i gelati da
passeggio, incominciò a infilare palline di gelato su una cialda
conica di biscotto e inventò il cono.
Altri invece non sanno riconoscere le vera creatività, a volte
accecati dalle incompatibilità caratteriali. E’ stato il caso di Pete
Best che litigò con gli altri suoi compagni della band, a Liverpool,
quelli che poi si sarebbero chiamati Beatles. Disse, testualmente:
“Non combinerete mai nulla”. Se ne andò con un gruppo che oggi
nessuno conosce, i Pete and the Dog, morendo di fame e di rabbia,
realmente come un cane.
E.C.