“Il semplice fatto umano farà sempre pensare” "L`istruzione in Verga

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“Il semplice fatto umano farà sempre pensare” "L`istruzione in Verga
“Il semplice fatto umano farà sempre pensare”
"L'istruzione in Verga"
Ai giorni d’oggi, la società diviene sempre più conoscitiva, l’istruzione e la formazione assumono un
ruolo fondamentale per quanto riguarda l’integrazione, la promozione sociale e lo sviluppo personale.
Il tema dell’istruzione è tornato alla ribalta negli ultimi anni a causa del sempre più crescente aumento
di riforme in ambito scolastico.
Suddetto tema è sempre stato al centro delle discussioni di poeti e letterati sin da secoli precedenti al
nostro.
L’Ottocento segna in tale ambito un periodo di svolta nella diffusione dell’istruzione primaria, grazie
all’emanazione di riforme quali la Legge Casati (1859), emanata dal regno di Sardegna e poi estesa al
regno d'Italia, e la Legge Coppino (1877), che portarono il valore della conoscenza anche alle classe
meno abbienti.
Dopo il 1870 la consapevolezza della scarsa efficacia del sistema d'istruzione primaria esistente si fece
più viva negli ambienti politici e culturali e fece diffondere l'idea che fosse necessario imporre
l'obbligo scolastico, mediante sanzioni precise e non trattate in termini generici, come avveniva
secondo l'art. 326 della legge Casati.
Molte furono le opinioni contrastanti, dato che la Sinistra era favorevole alla legge, perché essenziale
per la riforma elettorale, ma per non pochi esperti di problemi scolastici, il provvedimento era
inapplicabile.
Infatti l'inadempienza all'obbligo scolastico non era dovuta ad una volontà propria dei genitori, quanto
ad una scelta obbligata dovuta a costrizioni sociali.
Tanti erano i fanciulli costretti a lavorare per aiutare la loro famiglia; la stessa minaccia di applicare
sanzioni agli inadempienti non avrebbe facilmente convinto i genitori più poveri a mandare i loro figli a
scuola, quando anche il loro lavoro era di vitale importanza per la sopravvivenza della famiglia stessa.
Anzi, avere una progenie in grado di lavorare era essenziale e lo possiamo vedere in una novella di
Verga, "Gli Orfani", dove compare Meno, davanti alla possibilità di prendere in moglie una delle figlie
del Curatolo Nino, molto fertile per via della giovane età, si esprime dicendo <<Se fossero maschi
pazienza, ma c'è anche da temere che vengano delle femmine! Son tanto disgraziato!>>.
Avere dei figli abili nel lavoro era una necessità al punto tale che avere una figlia veniva considerata
una disgrazia, dato che le donne erano meno forti, meno abili nei lavori in cui si necessitava di molta
forza, e quindi meno remunerative. Bisogna aggiungere anche che avere una figlia femmina implicava
la preparazione di una dote, arrivati al momento del matrimonio.
Il problema non erano solo le famiglie, ma anche il fatto che molte zone d'Italia non avrebbero potuto
accogliere tutti gli alunni legalmente obbligati a frequentarle.
Ulteriore problema fu rappresentato da un contrasto di tipo ideologico, a causa dell'opposizione dei
cattolici , preoccupati del carattere laico che la scuola elementare si apprestava ad assumere e per via
della filosofia positivistica dominante, che portò l'insegnamento a fondarsi su una nuova metodologia,
non più basata sul dogmatismo e sul verbalismo, ma sulla concretezza e sulla lezione dei fatti.
Nonostante i vari scontri la legge fu approvata nel luglio del 1877 e prese il nome dal ministro Michele
Coppino, già professore di storia della letteratura all’ateneo di Parigi, quattro volte ministro della
pubblica istruzione nel regno d’Italia
Sono gli anni della cosiddetta “conversione” di Verga al Verismo. Risale infatti al 1878 il testo
riconosciuto come una delle prime espressioni della produzione letteraria verista dell’autore, Rosso
Malpelo, che racconta proprio una storia di sfruttamento ai danni del ragazzo, la cui giornata non è
scandita dai ritmi della campanella scolastica ma dal rumore martellante della miniera..
L'educazione senza distinzione per censo, può esser notata nella novella "Il maestro dei ragazzi" dove
<<egli passava e ripassava quattro volte al giorno, prima e dopo il mezzodì, sempre con un ragazzetto
svogliato per mano, gli altri sbandati dietro, d'ogni ceto, d'ogni colore, col vestitino attillato alla
moda, oppure strascincando delle scarpacce sfondate>>.
Il provvedimento rappresentava un'enorme conquista civile, perché introdusse il principio che i ragazzi
dovevano apprendere a leggere ed a scrivere, ma soprattutto anche le prime nozioni dei doveri
dell'uomo e del cittadino.
La legge rappresentava dunque un punto di partenza, per un più celere sviluppo della lotta contro
l'analfabetismo e per l'elevamento culturale del popolo. Ricordiamo che in Inghilterra qualche anno
prima si era dichiarato: "la cultura rende un popolo facile da guidare, ma difficile da trascinare; facile
da governare, ma impossibile da ridursi in schiavitù". (Henry Brougham, Discorso alla Camera dei
Comuni, 1828).
Questa legge stabiliva l'obbligo della frequenza scolastica del primo biennio per la scuola elementare
per ambo i sessi dai 6 ai 9 anni, e fissò le ammende per i genitori inadempienti, ribadendo gli obblighi
delle amministrazioni comunali.
Ciononotante non era stata prevista una giusta organizzazione per quanto riguardava il finanziamento,
affidato ai comuni.
Per tale motivo molti comuni del meridione, in assenza di fondi, non metteranno in atto la Legge
Coppino, lasciando così i ragazzi al destino del lavoro in miniera e nei campi. I ragazzi d'Italia, ma
specialmente quelli del meridione, continuarono così a rimanere ignoranti e perciò subalterni, secondo
un motto di cinica saggezza “cambiamo pure tutto, purchè tutto resti come prima”. (“Gattopardo” di
Tomasi di Lampedusa)
Così facendo l’istruzione in Italia rimase invariata, continuando a rispecchiare le stratificazioni sociali
con l'intento di conservarle, ma tali provvedimenti segnarono i primi passi per il raggiungimento del
modello di scuola pubblica e per la lotta al fenomeno dell’analfabetismo.
Giovanni Verga non analizza tale tematica in maniera esplicita, anche perché da conservatore, non era
un fautore dell'istruzione pubblica generalizzata, ma questa trova sviluppo nella caratterizzazione dei
personaggi. Essi danno voce ad una realtà di contadini, pescatori, minatori e di intere classi sociali
disagiate, tutte dominate dal bisogno e dall'ignoranza.
Verga descrive un paesaggio prettamente meridionale, segnato dalla povertà e dalla miseria,
caratterizzato dalla presenza di un popolo incolto e rozzo che si esprime con forme dialettali e colorite.
Un popolo messo in difficoltà da una crisi economica, che non riesce ad ottenere i mezzi per la
realizzazione culturale dei cittadini in ambito sociale e politico.
In quel periodo, dunque, non veniamo a contatto con un fenomeno di mobilità sociale, ovvero il
passaggio di un individuo o di un gruppo di individui dalla posizione sociale di nascita ad un'altra,
proprio perché il mezzo per effettuare suddetto passaggio era l'arricchimento.
Quindi, come potevano persone di scarsa levatura sociale, ambire a lavori ben pagati, se il loro livello
culturale non permetteva loro di accedere neanche ad un lavoro dignitoso?
Per far fronte agli stenti e per evitare una vita di sacrifici come quella dei genitori, alcuni ragazzi
decidevano d'intraprendere la vita sacerdotale; ciò può esser rintracciato nella novella "Il Reverendo"
(Novelle Rusticane) dove Verga sottolinea come il prete da giovane abbia costretto la propria famiglia a
grandi sacrifici per farlo mantenere in seminario e dargli la possibilità di elevarsi socialmente.
<< Il Reverendo, da ragazzo, come vedeva suo fratello, quello del lanternone, rompersi la schiena a
zappare, e le sorelle che non trovavano marito neanche a regalarle, e la mamma la quale filava al
buio per risparmiar l'olio della lanterna, aveva detto : -Io voglio esser prete!- Avevano venduto la
mula ed il campicello, per mandarlo a scuola, nella speranza che se giungeva ad avere il prete in casa
ci avevano meglio della chiusa e della mula. Ma ci voleva altro per mantenerlo al seminario! Allora il
ragazzo si mise a ronzare attorno al convento perché lo pigliassero novizio; e un giorno che si
aspettava il provinciale, e c'era da fare in cucina, lo accolsero per dare una mano. Padre Giammaria,
il quale aveva il cuore buono, gli disse:- Ti piace lo stato? e tu stacci.- E fra Carmelo, il portinaio,
nelle lunghe ore d'ozio che s'annoiava seduto sul muricciuolo del chiostro a sbattere i sandali l'un
contro l'altro, gli mise insieme un po' di scapolare coi pezzi di saio buttati sul fico a sparuracchio delle
passere. La mamma, il fratello e la sorella protestavano che se entrava frate era finita per loro, e ci
rimettevano i danari della scuola, perché non gli avrebbero cavato più un baiocco. Ma lui che era
frate nel sangue, si stringeva nelle spalle, e rispondeva: - Sta' a vedere che uno non può seguire la
vocazione a cui Dio l'ha chiamato! >>
Il contrasto tra acculturati ed ignoranti è quello che permette la contrapposizione di vincitori e sconfitti.
Un popolo rozzo è più facile da dominare, qualsiasi cosa detta con un linguaggio più alto, viene presa
come giusta, senza aver effettivamente capito il senso delle parole.
La persona ignorante rimarrà sempre schiava della persona educata, che ha sulla prima un potere
manipolativo non indifferente.
Per capire meglio quest'ultimo concetto, possiamo portare ad esempio la metafora contenuta nel quadro
"La parabola dei ciechi" (Pieter Bruegel il Vecchio,1568) dove un gruppo di non vedenti, seguendo il
primo di una lunga fila, cade in un fosso.
Suddetto particolare aspetto di dipendenza è lo stesso che viene esposto da Verga nella novella
"Libertà" (Novelle Rusticane) , dove si può ben vedere che l'ignoranza rende i contadini schiavi dei
padroni.
<<E come l'ombra s'impiccioliva lentamente sul sagrato, la folla si ammassava tutta in un canto. Fra
due casucce della piazza, in fondo ad una stradicciola che scendeva a precipizio, si vedevano i campi
giallastri nella pianura, i boschi cupi sui fianchi dell'Etna. Ora dovevano spartirsi quei boschi e quei
campi. Ciascuno fra di sé calcolava colle dita quello che gli sarebbe toccato di sua parte, e guardava
in cagnesco il vicino. -Libertà voleva dire che doveva essercene per tutti!- Quel Nino Bestia, e quel
Ramurazzo, avrebbero preteso di continuare le prepotenze dei cappelli!- Se non c'era più il perito per
misurare la terra, e il notaio per metterla sulla carta, ognuno avrebbe fatto a riffa e a raffa>>
Qualsiasi sia l'accaduto, i colti occuperanno sempre una posizione privilegiata rispetto agli ignoranti,
posizionandosi comunque tra i vincenti, mentre la parte "rozza" è sempre costretta ad una successione
infinita di sconfitte, come si può vedere anche nella parte finale della sopracitata novella, dove si
presenta una forte antitesi fra gli avvocati ed i giudici del processo, che si presentano tranquilli ed
annoiati, in quanto si trovano dalla parte dei vincenti, anche grazie alla loro cultura ed alla posizione
sociale, mentre i poveri imputati sono sconfitti da un sistema giudiziario che li schiaccia e per di più
sono talmente ignoranti da non riuscire nemmeno a comprendere realmente cosa viene loro detto.
<<Gli avvocati armeggiavano fra le chiacchiere, coi larghi maniconi pendenti, e si scalmanavano,
facevano la schiuma alla bocca, asciugandosela subito col fazzoletto bianco, tirandoci su una presa di
tabacco. I giudici sonnecchiavano, dietro le lenti dei loro occhiali, che agghiacciavano il cuore. Di
faccia erano seduti in fila dodici galantuomini, stanchi, annoiati, che sbadigliavano, si grattavano la
barba, o ciangottavano fra di loro. Certo si dicevano che l'avevano scampata bella a non esser stati
dei galantuomini di quel paese lassù, quando avevano fatto la libertà. E quei poveretti cercavano di
leggere nelle loro facce. Poi se ne andarono a confabulare fra di loro, e gli imputati aspettavano
pallidi, e cogli occhi fissi su quell'uscio chiuso. Come rentrarono, il loro capo, quello che parlava
colla mano sulla pancia, era quasi pallido al pari degli accusati, e disse: -Sul mio onore e sulla mia
coscienza!...
Il carbonaio, mentre tornavano a mettergli le manette, balbettava: - Dove mi conducete? - In galera?O perché? Non mi è toccato neppure un palmo di terra! Se avevano detto che c'era la libertà!..>>
Come si può notare anche dall'ultima frase, gli ignoranti alla fine vengono comunque travolti da un
vortice di sconfitta, perché non possiedono conoscenze concrete, ma son sempre trascinati dagli altri,
basandosi su vane promesse "Se avevano detto che c'era la libertà".
La mancanza di cultura, è dunque un limite individuale, perché riduce la formazione del signolo e lo
sviluppo delle sue capacità; sociale perché tanti individui poco sviluppati portano ad una società
manovrabile.
Ciò può esser rintracciato anche nei "Malavoglia" , dove si ritrova il tema dell'ignoranza come
barriera, come condizione che non permette di far valere i propri diritti e quindi aveva ragion d'essere
la legge Coppino che, nelle migliori intenzioni del legislatore, doveva affrancare il popolo da una
condizione subalterna.
<<E di comune accordo, nonno, nipoti e nuora, persino la bimba, andarono di nuovo in processione
dal segretario comunale, per chieregli come dovevano fare per pagare il debito, senza che lo zio
Crocifisso mandasse dell'altre carte bollate, che si mangiavano la casa, la barca e tutti loro. Don
Silvetro, il quale sapeva di legge, stava passando il tempo costruendo una gabbia a trappola che
voleva regalare ai bambini della Signora. Ei non faceva come l'avvocato, le li lasciò chiacchierare e
chiacchierare, seguitando ad ingilare gretone nelle cannucce. Infine disse quel che ci voleva: - Orbè,
se la gnà Maruzza ci mette la mano, ogni cosa si sarebbe aggiustata. La povera donna non sapeva
indovinare dove dovesse mettere la mano. -Doveva metterla nella vendita, le disse don Silvestro, e
rinunziare all'ipoteva della dote, quantunque i lupini non li abbiate presi voi. - I lupini li abbiamo
presi tutti! mormorava la Longa, e il signore che ci ha castigati tutti insieme col prendersi mio marito.
Quei poveri ignoranti, immobili sulle loro scranne, si guardavano fra di loro e don Silvestro intanto
rideva sotto il naso. Poi mandò a chiamare lo zio Crocifisso, il quale venne ruminando una castagna
secca, giacché aveva finito allora di desinare, e aveva gli occhietti più lustri del solito. Dapprincipio
non voleva sentirne nulla, e diceva che lui non ci entrava più, e non era affar suo. -Io sono come il
muro basso, che ognuno ci si appoggia e fa il comodo suo, perché non so parlare come un avvocato, e
non so dire le mie ragioni; la mia roba par roba rubata, ma quel che fanno a me lo fanno a Gesù
Crocifisso che sta in croce; e seguitava a borbottare e brontolare colle spalle al muro, e le mani
ficcate nelle tasche; né si capiva nemmeno quel che dicesse per quella castagna che ci aveva in bocca.
Don Silvestro sudò una camicia per fargli entrare in testa che infine i Malavoglia non potevano dirsi
truffatori, se volevano pagare il debito, e la vedova rinunziava all'ipoteca. -I Malavoglia si
contentavano di restare in camicia per non litigare; ma se li mettete colle spalle al muro, cominciano a
mandar carta bollata anche loro, e chi s'è visto s'è visto. Infine un po' di carità bisognava averla, santo
diavolone! Volete scommettere che se continuare a piantare i piedi in terra come un mulo, non avrete
niente?>>
I personaggi del meridione sono resi nel modo più verosimile possibile, cosicché il lettore si senta
<<faccia a faccia col fatto nudo e schietto, senza stare a cercarlo tra le linee del libro, attraverso la
lente dello scrittore>> (“L’amante di Gramigna”).
Adottando il punto di vista della gente ed evitando di esprimere i propri giudizi e di far trasparire i suoi
sentimenti, Verga fa sì che il lettore si trovi a diretto contatto con la storia.
Per rendere ancora più vero il disagio delle classi povere meridionali, viene a costituirsi una nuova
lingua: non il volgare siciliano, ma piuttosto un linguaggio arricchito di termini di origine dialettale, di
una sintassi modellata sul ritmo della lingua parlata dal popolo, di modi di dire, come si può vedere in
"Rosso Malpelo" con espressioni quali: << Non fare la morte del sorcio>> oppure << Non ne
avrebbe fatto osso duro>> e proverbi come ne "La Lupa" <<In quell'ora fra verspero e nona, in cui
non ne va in volta femmina buona>>.
Con lo scopo di rendere più realistica la narrazione, l'autore sceglie l'uso del discorso indiretto libero,
una tecnica narrativa che gli consente di identificarsi con i personaggi e di non trovarsi nella condizione
di far parlare una lingua troppo elevata a personaggi di scarsa levatura culturale.
La lingua è da sempre stata influenzata dal contesto sociale in cui vive il singolo: in Verga si può
vedere come la lingua goda di una variazione diastratica, ovvero in dipendenza dal ceto di
appartenenza. L'istruzione era una prerogativa per pochi, una sorta di lusso e soltanto una parte ristretta
della popolazione poteva usufruirne.
All'interno delle novelle, si evidenzia una differenziazione nel tipo di registro utilizzato: i personaggi
più ricchi e di conseguenza istruiti, parlano un linguaggio medio-alto; il resto è invece composto da
quella parte della popolazione analfabeta ,che si esprime con espressioni semplici e popolari. ( Un
giudice da “Libertà” <<Sul mio onore e sulla mia coscienza>> e un popolano sempre da “Libertà”
<<A te prima, barone! che hai fatto nerbare la gente dai tuoi campieri!>>)
Oggi, i differenti modi di esprimersi possono essere legati al diverso tipo d'istruzione (come in Verga),
ma è più probabile il fatto che dipendano dai rapporti tra i parlanti , dato il carattere pubblico
dell’istruzione. Di ciò si occupa la sociolinguistica che, a differenza della linguistica (volta all’analisi
delle strutture universali del linguaggio umano), studia la diversificazione a cui viene esposto qualsiasi
sistema linguistico.
Le diversificazioni attuali possono dipendere dalla posizione geografica, ad esempio l'uso di una
parola rispetto ad un'altra può esser preferito o meno, da regione a regione; oppure dal rapporto tra gli
interlocutori: il dialogo tra due amici differisce da un colloquio di lavoro. Ci sono poi evidenti
differenze anche nella scrittura tra ciò che verrebbe scritto in un telegramma od in un sms rispetto a
quanto verrebbe scritto in una lettera.
Ciononostante esistono ancora Paesi che hanno la differenziazione in base al ceto, i giapponesi ad
esempio, come i coreani coniugano i verbi diversamente a seconda della casta alla quale appartengono.
Nelle opere di Verga tra i personaggi del ceto più povero , impossibilitati agli studi ed indirizzati fin
dall’infanzia al lavoro, ci sono "Nedda" , la quale non aveva fatto altro che lavorare fin da tenera età,
<<La miseria l'aveva schiacciata da bambina, con tutti gli stenti che deformano ed induriscono il
corpo, l'anima e l'intelligenza>> e
“ Rosso Malpelo”; a dimostrarlo una frase della novella che
recita <<Malpelo allora si sentiva orgoglioso di esserci nato>> (nella miniera dove lavorava).
Nell’Ottocento, quando l’occupazione era un bisogno necessario ed immediato, si preferiva metter da
parte l’istruzione, considerata un ostacolo. Oggi, anche per i lavori più umili, è necessario essere dotati
di un titolo di studio.
Attualmente l’opportunità che ci è stata data di conoscere ed istruirci offre a tutti la possibilità di
pensare apertamente, liberi da pregiudizi e superstizioni che rendono il popolo facilmente influenzabile
così da esser trascinato dalla paura per il “diverso”.
Al tempo di Verga, l’istruzione era un privilegio riservato a pochi eletti e quindi la maggior parte delle
persone aveva sviluppato un insieme di credenze scaramantiche , rintracciabili nella novella “Rosso
Malpelo” : <<Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché
era un ragazzo malizioso e cattivo>> e <<siccome era Malpelo c’era anche a temere che ne
sottraesse un paio di quei soldi>> .
Per quanto riguarda la presenza di opinioni legate al pregiudizio ritroviamo in “Nedda” : <<Le ragazze
del villaggio sparlarono di lei perché andò a lavorare subito il giorno dopo la morte della sua
vecchia>> e << Da quel momento nessuna ragazza onesta le rivolse più la parola[…] pensavano a
chissà che peccatacci e le volgevano le spalle inorridite>> .
OGGI:
Nella società italiana il protagonismo culturale ed ideologico non trova più spazio all’interno di un
paese dominato dall’interesse economico, dal potere delle banche, dalle imprese industriali.
"Qual è il valore dell'istruzione e della cultura per la nostra società e per chi la rappresenta e la
governa?".
Già dalla metà circa degli anni '90 , esiste una ben precisa presa di posizione da parte della
Commissione dell'Unione Europea a favore della centralità assoluta dell'istruzione, ritenuta
condizione necessaria per lo sviluppo e la crescità della società".
Gli altri Paesi Europei che sembrano aver colto l'importanza dell'istruzione e della ricerca come risorsa,
investendo sul sapere delle future generazioni per affrontare le difficoltà, mentre nel nostro Paese, si sta
retrocedendo, tentando di tornare da un modello di scuola aperta a tutti, ad uno legato al censo e, quindi
privato.
Occorre salvaguardare il diritto all'istruzione, perchè come si vede in Verga, senza quest'ultima
diveniamo schiavi, destinati a perenni sconfitte e soprusi
Per secoli l'istruzione è stata riservata soltanto a personaggi facoltosi, alcuni dei quali -essendo gli unici
in possesso di potere decisionale- hanno fatto la storia, decidendo ben o male le sorti del mondo.
La maggior parte degli uomini, umili e lontani dal concetto culturale, erano tenuti allo scuro di tutto,
nella loro bolla d'analfabetismo. Governati dagli eventi e trasportati quasi fossero foglie ormai secche
alla prima folata di vento autunnale.
L'uomo istruito, invece sa leggere, e quindi può apprendere dai giornali e dai libri cose che lo
arricchiscono, e che gli forniscono gli argomenti per opporsi a chi vuole approfittare di lui. Oggi
l'istruzione è largamente diffusa, anzi è stata resa obbligatoria, e bene o male la maggior parte delle
persone è in grado di leggere e scrivere e quindi di partecipare alla vita della società in cui vive.
Conoscere i fatti, consente di analizzare ciò che ci si presenta con coscienza, studiare la storia ed i
<<corsi e ricorsi storici>> permette di capire anche il presente, e si spera di "evitare gli errori del
passato". Anche studiare materie come il latino ed il greco, che ad uno studente possono sembrare
inutili e noiose consente invece di sviluppare il senso logico, e di comprendere la storia stessa della
parola e l'uso che ne facciamo attualmente.
Senza dubbio si può quindi affermare che l'uomo istruito è libero, libero di prendere le sue decisioni;
ma soprattutto è forte dell'esperienza del passato e della logica acquisita, il che gli permette di avere
anche lui voce in capitolo nella salvaguardia di se stesso e del proprio benessere.
"L’istruzione è la più valida difesa della libertà" (Carlo Cattaneo, 1863)
Sergio Campailla, Verga, Tutte le novelle, Newton Compton editore, Roma, maggio 2010
Federica De Marzi
Federica Napolitano
Giulia Perilli
Classe IV C Indirizzo linguistico
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