il carbone, ovvero il processo al pigmento
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il carbone, ovvero il processo al pigmento
ANTICHE TECNICHE IL CARBONE, OVVERO IL PROCESSO AL PIGMENTO Un processo che viene dal passato e che ci regala risultati straordinari. Il procedimento passo passo: come preparare le carte, come fare la sensibilizzazione, come effettuare l’esposizione. Il carbone è uno dei tanti prodopo i brillanti risultati concessi di stampa alternativa, seguiti con la platinotipia, si è tutti differenti fra loro, capabuttato a corpo morto nel carci di risultati diversi in terbone, con la cura, la precisiomini di caratteristiche delne e la pazienza necessarie. l’immagine, di gamma tonaL’immagine viene stampata – le, di profondità dei toni, di per contatto, come al solito per sfumature, ecc. Credo di averqueste tecniche, e quindi con li praticati un po’ tutti, questi un negativo (originale di granprocessi messi a punto dagli de formato OGF) delle stesse operatori dalla metà del 1800 dimensioni della copia finale in poi; ogni tanto ne ripren– sulla carta al carbone do qualcuno, meravigliando(CAC); l’immagine non si vemi sempre delle straordinarie de, ma viene trasferita sulla peculiarità estetiche delle imcarta da trasporto (CDT), che magini che se ne ricavano, la rovescia: per questa ragiotanto da sentirmi invogliato ne la stampa per contatto va a insistere con quel processo, eseguita invertendo destra-siconvinto dell’opportunità di nistra il negativo OGF, pena, verificare l’efficacia di alcuper esempio, il dover leggere ne varianti che la lunga espe- Stampa al carbone. Sensibilizzazione con soluzione di bicromato ITALEG invece di GELATI. rienza in questo settore mi di potassio al 5%. Immagine morbida, ottimo dettaglio, gamma toIl procedimento permette di provare, spesso a nale estesa e completa. Per sensibilizzare il foglio di colpo sicuro. CAC lo si immerge in acqua E’ la volta, questa, del proprimitiva, anche perché il potere coprena temperatura ambiente per qualche micesso al carbone (PAC), così detto dal pri- te del nerofumo è insuperabile. mo pigmento usato, il carbone, appunto, La ripresa del mio interesse al processo è nuto, si estrae, si poggia su una lastra riovvero il nerofumo. Qualcuno preferisce nata dal fatto che l’amico Sergio Devec- gida, gelatina in su, eliminando l’acqua il termine Processo al Pigmento; è infat- chi, anche lui membro attivo del GRN – in eccesso con pelle scamosciata o con ti possibile usare polveri diverse dal car- il Gruppo Rodolfo Namias di Parma che fazzolettini di carta. La sensibilizzazione bone; io preferisco mantenere la dizione si occupa di antiche tecniche di stampa - vera e propria si fa spennellando la su- Stampa al carbone; sensibilizzazione con soluzione di bicromato di potassio all’1%, esposizione 60’. Immagine eccessivamente contrastata. Stampa al carbone, stesso negativo della immagine a fianco. Sensibilizzazione con soluzione di bicromato di potassio al 2.5%, esposizione 60’. L’immagine acquista in morbidezza. LA PREPARAZIONE DELLE CARTE La carta al carbone Si prepara ricoprendo di gelatina pigmentata un foglio di carta, per es. la Fabriano F4 del formato 24x33cm; per un foglio occorrono circa 60ml di soluzione di gelatina. Si consiglia tuttavia di prepararne una maggior quantità, sia per le successive lavorazioni, sia per tener conto dei possibili scarti in fase di apprendimento, anche se il processo, se ben condotto, funziona molto bene. Mettere a bagno in circa mezzo litro d’acqua a temperatura ambiente 80g di gelatina fino a rammollimento; deve rammollire bene in almeno una decina di minuti; se lo fa troppo presto non è adatta, non è fresca e deve essere scartata. Estrarre un po’ alla volta la gelatina rammollita, strizzarla con le mani e calarla in 800ml d’acqua a circa 60°C, mescolando continuamente con un cucchiaio di metallo, fino a completa dissoluzione; la soluzione è leggermente torbida senza corpi sospesi. Aggiungere 15g di zucchero, 7g di pigmento nero avorio precedentemente ben stemperato in mortaio con 10ml di glicerina, e 5ml di inchiostro di china. L’amico Sergio preferisce l’Indian Ink Talens Holland. Lavare il foglio F4 per qualche minuto in acqua molto calda, porlo su una superficie piana messa in bolla perfetta, ed eliminare accuratamente tutta l’acqua in eccesso. Versarvi sopra – meglio con una grossa siringa da 60ml con tubo di prolunga, preriscaldata con acqua molto calda - la soluzione calda di gelatina, stendendola delicatamente, ma velocemente, con il tubetto di prolunga della siringa o con il dorso di un cucchiaio preriscaldato. Eliminare le eventuali bollicine trascinandole sul bordo con l’estremità del tubetto. Attendere, sempre in bolla, che la gelatina si rapprenda, che gelifichi e accertarsi dell’avvenuta gelificazione toccando con precauzione la superficie, morbida ma ben rappresa, vicino al bordo. Si appende poi il foglio ad asciugare il che può richiedere parecchie ore, ma è bene non aver fretta, meglio di più che di meno. La carta al carbone (CAC) è pronta, non è sensibilizzata, può esser conservata per mesi, meglio se i fogli vengono tenuti in piano con dei pesi. La carta da trasporto La preparazione non differisce di molto da quella della CAC, salvo il fatto che non è pigmentata. Il suo scopo è infatti quello di prendere l’immagine, che si è formata sulla CAC. Un foglio di carta da disegno viene ricoperto con gelatina al 4% - 40g in 1000ml d’acqua, aggiungendo poi 30g di zucchero e 30ml di glicerina, con la stessa tecnica già descritta per la CAC. Una volta asciugato, il foglio va messo a bagno per 5’ in acqua addizionata del 3% in volume di soluzione di formalina al 30% e appeso successivamente ad asciugare. La formalina serve a insolubilizzare la gelatina. perficie, con rapide e continue passate, con una soluzione di bicromato di potassio dall’1% al 5%, insistendo per alcuni minuti; una maggior concentrazione darà immagini più morbide, e viceversa. L’operazione si compie alla luce di una lampada a filamento da 25-40 watt, mentre la successiva essiccazione – dura parecchie ore - va condotta al buio, anche dentro un cassetto. La gelatina sensibilizzata al bicromato è assai poco sensibile; i tempi di esposizione alla luce UVA – con un illuminatore a 5 tubi da 20 watt ciascuno, del tipo usato per le abbronzature casalinghe - sono dell’ordine di un’ora, anche se è opportuno, almeno agli inizi, orientarsi con qualche provino. I raggi UVA provocano l’indurimento della gelatina al bicromato, che perde la proprietà di sciogliersi a caldo. In un’ampia bacinella metteremo in ammollo in acqua a temperatura ambiente per 20’-25’ un foglio di CDT, di dimensioni maggiori di quelle del foglio di CAC, con la gelatina in giù. Trascorso questo periodo, introdurremo il foglio esposto di CAC, gelatina in su, al disotto del foglio di CDT; le superfici gelatinate devono essere affacciate. Dopo 2’-3’ si estrae il sandwich facendolo strisciare sul bordo della bacinella e curando di non intrappolare aria. Il sandwich – CDT in basso - va posto su un paio di fogli di carta da giornale, sostenuti da una lastra di vetro o di plastica rigida e passato con un rullo di gomma per fare aderire i due fogli ed eliminare l’acqua in eccesso, gialla per il bicromato dilavato. Porre il sandwich fra qualche foglio di carta da giornale ben piana e collocare tale pacchetto tra due lastre, in vetro o in plastica rigida, caricando il tutto, per es., con una tanica da 5 litri piena d’acqua, e lasciando sotto il peso per 20’-30’. Il negativo originale grande formato Partendo da un negativo, anche 24x36, sia B&N che a colori, occorre farne un controtipo positivo, da cui si potrà poi ottenere l’originale grande formato (OGF) con l’ingranditore. Il materiale più adatto per il controtipo è senza dubbio la Technical Pan 2415 della Kodak, un’emulsione straordinariamente flessibile, con cui si possono avere positivi in un’ampia gamma di valori di densità e di contrasto. E’ preferibile esporre la TP 2415 35mm - reperibile in caricatori da 36 pose - con i convenzionali sistemi di riproduzione con la reflex; la stampa per contatto non riesce a evitare i tanti puntini prodotti dall’onnipresente polvere. Con un I.E. di 125-160 - un po’ di bracketing per ottimizzare il risultato - si sviluppa poi per 4’-5’ a 20°C in D-163: metolo 2.5g; sodio solfito anidro 75g; idrochinone 17g; sodio carbonato anidro 65g; potassio bromuro 3g; acqua fino a 1000ml. E’ un ottimo rivelatore per carte, da diluire 1+2 per l’uso. Arresto, fissaggio convenzionale, lavaggio a fondo alla fine. Il positivo viene poi stampato - per ingrandimento, nel formato richiesto - su materiale ortocromatico per arti grafiche. Si può usare anche il lith, che però richiede lo sviluppo in D-163 diluito 1+9. Ho utilizzato la 3M Imation CN, trattata in D-163 1+5. Non è facile dare i valori precisi d’esposizione e di trattamento senza conoscere le caratteristiche del positivo, l’ingrandimento e la potenza della lampada dell’ingranditore. In linea di massima, si può cominciare a provare con una decina di secondi, a f/8 e con 10x. L’OGF dovrà avere una densità massima di circa 2, con dettagli nelle ombre. Partendo da una diacolor 24x36 sembrerebbe più facile ottenere - direttamente per ingrandimento - un OGF negativo. La corretta riproduzione dei toni, il rosso in particolare - vorrebbe però un materiale pancromatico, meno comodo da trattare, dovendo operare al buio. Al termine, il sandwich dei due fogli aderenti l’un l’altro viene posto a galleggiare sull’acqua calda di una bacinella, con la CDT in alto, in modo che solo la CAC venga a contatto con l’acqua calda. Il riscaldamento provoca la fusione della gelatina che non è stata impressionata, mentre la parte che costituisce l’immagine non fonde e resta intatta; dopo un paio di minuti di galleggiamento, se la temperatura era sufficiente, si comincia a vedere qualche striscia colorata che si diffonde nell’acqua: la gelatina sta fondendo. Non è purtroppo possibile definire un valore della temperatura dell’acqua che vada bene in ogni caso, perché gelatine più dure richiedono temperature maggiori, e PER GLI APPASSIONATI DI ANTICHE TECNICHE Il Gruppo Rodolfo Namias di Parma si occupa di antiche tecniche di stampa ed ha un sito internet: www.grupponamias.com viceversa. La gelatina in fogli reperibile in drogheria e presso i negozi di materiali per belle arti non è di solito molto dura; si suggerisce di usare acqua a 40-41°C, attendendo l’apparire delle strisce colorate di gelatina fusa che partono dal bordo della CAC. Nel caso non si avvertisse questo fenomeno, si trasferisca il sandwich in acqua a 42-43°C, elevando la temperatura fino a verificare la fusione della gelatina. A questo punto si solleva un angolo della CDT, che deve staccarsi facilmente dalla CAC, continuando a operare fino alla totale separazione dei due fogli; la CAC ha esercitato la sua funzione e viene gettata mentre la CDT trattiene l’immagine, sepolta in un eccesso di gelatina pigmentata. Si continua ad agitare il foglio di CDT – gelatina in giù – per favorire il dissolvimento della gelatina in eccesso, fino a pulire completamente l’immagine, rinnovando eventualmente l’acqua per completare l’operazione. Al termine, sciacquare il foglio in acqua fredda e appendere ad asciugare. I prodotti e i materiali citati sono reperibili presso i negozi di prodotti per belle arti o in farmacia. Giampaolo Bolognesi