Prodotti biologici e mercato alimentare
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Prodotti biologici e mercato alimentare
“Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 Prodotti biologici e mercato alimentare Raffaele Zanoli1 1 Introduzione Il settore dei prodotti biologici o – più correttamente – “da agricoltura biologica”, pur rappresentando ancora una nicchia molto esigua del mercato alimentare in termini quantitativi, è tuttavia divenuto un campo d’indagine sempre più importante negli ultimi anni, sia per gli elevati tassi di crescita registrati sia per l’interesse sempre maggiore dimostrato da policy-makers e consumatori verso metodi di produzione a minor impatto ambientale. Purtroppo, la quantità e la qualità delle informazioni disponibili sul mercato dei prodotti biologici e molto esiguo. Non esiste infatti una seria rilevazione del settore in nessun Paese Europeo e la maggior parte dei dati di mercato sono frutto di stime, non sempre attendibili. La situazione, del resto, non è diversa negli USA (Thompson, 1998), dove come in Europa si riscontra una crescita rapida del settore ma quote di mercato ancora molto basse. La maggior parte delle informazioni sull’offerta si basa sui dati degli organismi di controllo dei vari Paesi (che tuttavia generalmente non raccolgono informazioni sulla struttura e sui volumi economici delle produzioni) mentre le conoscenze relative alla domanda si basano solitamente su ricerche di mercato, non sempre condotte secondo criteri statisticamente rigorosi e spesso su campioni geograficamente limitati di consumatori. Nel presente lavoro si presentano alcune delle informazioni più recenti sul settore dei prodotti alimentari biologici, nel tentativo di inquadrare quello che, da nicchia salutistica e alternativa, si sta rapidamente trasformando in uno dei segmenti più dinamici del settore food. 1 Professore associato, Facoltà di Agraria, Università di Ancona. 1 “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 2 L’offerta 2.1 La situazione in Europa Il settore agro-biologico nell’Unione Europea è cresciuto molto rapidamente negli ultimi anni. Se nel 1985 si stimavano non più di 6.300 aziende che praticavano l’agricoltura biologica su poco più di 100.000 ha (pari a mano dello 0,1% della SAU totale), nel 1998 le aziende sono quasi 120.000 per una SAU biologica di quasi 3 milioni di ettari (Lampkin, 1999). La maggiore crescita si è avuta nei primi anni ’90, dopo l’approvazione del Reg. CEE 2092/91 relativo al metodo di produzione biologico e, in particolare, del Reg. CEE 2078/92 contenente le misure agro-ambientali della PAC; dal 1993 ad oggi le aziende interessate e gli ettari coltivati con il metodo biologico si sono più che quadruplicati (Figura 1). Tuttavia, tale incremento nasconde notevoli differenze tra i vari Paesi e anche all’interno di questi. L’Italia è al primo posto, seguita da Germania e Austria, in termini di valori assoluti della SAU biologica; ma a fine 1997 in Austria l’incidenza della SAU biologica sul totale è di oltre il 10%, mentre in Italia e in Germania si hanno valori, rispettivamente, del 4,1% del 2,2% (Foster e Lampkin, 1999a e b). In altri Paesi, come Belgio, Lussemburgo, Gran Bretagna, Grecia e Portogallo si hanno valori assai più bassi (sotto lo 0,5%), ma anche in Francia e in Spagna non si hanno valori molto più elevati. Oltre che in Austria e in Italia, l’incidenza maggiore dell’agricoltura biologica si ha in Finlandia (4,8% della SAU), in Svezia (3,7%) e, fuori dall’Unione Europea, in Svizzera (6,7%) (Figura 2). All’interno dei singoli Paesi, poi, alcune regioni sono più interessate dal fenomeno; in Austria circa il 50% delle aziende e della superficie è localizzata nelle regioni occidentali (Tirolo, Stiria e Saliburghese), con un incidenza che raggiunge circa il 30% della SAU totale; l’Italia insulare pesa più o meno allo stesso modo sul totale dell’agricoltura biologica nazionale, con un incidenza pari a quella registrata per l’Austria nel suo complesso (v. infra). 2 “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 2.2 La situazione italiana Nel 1993 la maggior parte delle aziende biologiche è localizzata al Centro-Nord (62,1%); nel Sud sono localizzate appena il 13% delle aziende, mentre le aziende agro-biologiche insulari rappresentavano circa un quarto del totale. Diversa è la distribuzione della SAU biologica e in conversione nelle quattro aree: al Centro e nelle Isole le aziende sono di dimensioni relativamente maggiori, mentre al Nord e al Sud la dimensione media aziendale, in termini di SAU biologica e in conversione, è, rispettivamente, di 14 e 13 ettari (Zanoli, 1998). Negli anni successivi, il peso del Mezzogiorno e delle Isole aumenta, fino a raggiungere quasi il 73% nel 1997, con più del 48% della superficie biologica concentrata nell’Italia insulare (Figure 3, 4 e 5). Nel 1997 la Sardegna sorpassa la Sicilia, in quanto il governo regionale sardo ammette la ‘conversione’ dei prati-pascoli all’agricoltura biologica.2 Le ragioni di questa crescita ineguale non sono, tuttavia, tutte da ricercarsi nell’intervento pubblico. Se, da un lato, è certo che le misure agro-ambientali (e, in particolare, la misura A2 del Reg. CEE 2078/92 relativa agli aiuti per ettaro alle aziende agricole biologiche e in conversione) hanno avuto un ruolo predominante nello sviluppo dell’agricoltura biologica in Italia, d’altro canto, è pure vero che lo sviluppo in alcune zone del Mezzogiorno (Sicilia e, più recentemente, Puglia) è legata anche a ragioni più legate al mercato. Si tratta di regioni con produzioni tipicamente mediterranee, dove l’aumento dell’offerta di prodotti biologici (in particolare agrumi, olio e orticole) può essere in buona parte ricondotta all’espansione della domanda di prodotti biologici nei Paesi del Nord Europa. L’export di prodotti biologici (come nel caso del settore agrumicolo in Sicilia e, più recentemente, di quello olivicolo in Puglia) ha rappresentato l’unica via di uscita per molte imprese costrette dalla concorrenza internazionale (in particolare da quella spagnola) a un ruolo di marginalità. Per quello che riguarda le superfici investite dalle singole colture e gli orientamenti produttivi, i datio esistenti sono lungi dall’essere soddisfacenti. Le informazioni che 2 La maggior parte dei programmi agro-ambientali regionali non prevede infatti la possibilità dei parti-pascoli estensivi di beneficiare degli aiuti di cui al Reg. CEE 2078/92 in quanto, ai sensi dell’interpretazione della Commissione Europea, questi possono essere concessi solo qualora si abbiano effetti sull’ambiente “misurabili e soggetti a verifiche effettive”. 3 “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 seguono si basano su stime effettuate, nel 1998 e nel 1999, sui dati forniti dagli organismi di controllo dell’agricoltura biologica, in mancanza di dati ufficiali sul settore (Zanoli, 1998; Nomisma, 1999). Le foraggiere rappresentano quasi metà della SAU biologica in Italia (46,9% nel 1997); di queste, 126.681 ettari su un totale di 223.976 ettari si concentrano in Sardegna, per le ragioni già esposte (Nomisma, 1999). Questa, che può sembrare un’anomalia, è la norma in quasi tutta l’Unione Europea, dove le colture foraggiere sono la coltura biologica più ricorrente;3 ciò dipende sia da ragioni tecniche, relative alla rotazione colturale praticata in agricoltura biologica a fini di mantenimento della naturale fertilità del terreno, sia dal fatto che le foraggiere rappresentano gran parte della SAU delle aziende zootecniche estensive, per le quali la conversione all’agricoltura biologica in molti Paesi rappresenta l’unica possibilità di sopravvivenza. I cereali rappresentano il 22,9% della SAU biologica nazionale; anche qui, circa metà della superficie si concentra in Puglia e Sicilia, anche se altre regioni (come le Marche), hanno una forte tradizione cerealicola. L’olivicoltura biologica è la terza coltura per importanza, con il 9,4% della SAU biologica italiana; anche qui, prevalgono le regioni meridionali e le Isole. In Puglia l’olivo rappresenta circa il 30% della SAU biologica. Le colture ortofrutticole rappresentano il 7,7% della SAU biologica; tra queste, il peso maggiore spetta alle frutticole (6,8%) mentre le orticole rappresentano soltanto lo 0,9% (Nomisma, 1999). Tra le frutticole, svettano gli agrumi con circa il 2,4% della SAU (Zanoli, 1998). Le altre colture hanno un peso relativamente minore; una certa importanza riveste la viticoltura (2,7% SAU biologica), altra coltura prevalentemente mediterranea, e le proteaginose, che hanno un’incidenza relativamente maggiore che nell’agricoltura convenzionale a causa degli schemi di rotazione adottati dagli agricoltori biologici. Complessivamente, lo sviluppo dell’agricoltura biologica ha interessato in prevalenza regioni ad agricoltura marginale, ma non solo queste; Complessivamente, lo sviluppo dell’agricoltura biologica ha interessato in prevalenza regioni ad agricoltura marginale, ma 4 “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 non solo queste; in Sicilia, la quota di superficie biologica sulla SAU raggiunge percentuali molto elevate sia nel Messinese – provincia montuosa in cui prevale l’olivicoltura e la frutticoltura minore4 – che nel Ragusano – provincia caratterizzata da ordinamenti estensivi quali la cerealicoltura e la foraggicoltura, ma in cui si concentra l’80% delle colture in serra, in prevalenza orticole (Crescimanno et al., 1998). Tuttavia, le aziende biologiche risultano concentrate maggiormente nelle province di Messina, Catania e Siracusa, dove l’export di prodotti ortofrutticoli ha storicamente rappresentato un fattore trainante per lo sviluppo del settore, anche prima dell’applicazione del Reg. CEE 2078/92. Tra i problemi dell’offerta, va rilevato il fatto che non tutta la produzione dell’agricoltura biologica italiana riesce ad essere valorizzata sul mercato come tale; per alcuni prodotti dal 20 al 30% della produzione viene venduta in canali convenzionali, ma è molto probabile che questi valori siano sottostimati, a seguito della forte crescita di aziende e superficie biologica negli ultimi due anni. I settori dove maggiori sono le difficoltà alla commercializzazione sono quello dei cereali (per concorrenza delle importazioni estere e per insufficiente organizzazione della filiera) e quello delle carni (per assenza di una regolamentazione nazionale). Questo problema esiste in tutti Paesi Europei, anche se con diversa intensità (Michelsen et al., 1999) (Tabella 1). Le principali motivazioni a cui può essere ricondotto questo fatto sono le seguenti (Zanoli, 1999): 1. quanto più ampia è l’offerta di prodotti biologici, quanto più ampia è la probabilità che parte dell’output non riesca ad essere venduto come biologico; 2. maggiore è l’eccedenza della quantità offerta su quella domandata, maggiore è la probabilità che una parte dei prodotti biologici venga venduta come convenzioanle, specialmente nei Paesi che non hanno canali di esportazione particolarmente sviluppati; 3. la crescita dell’offerta indotta dal sostegno di cui al Reg. 2078/92 è spesso controbilanciata, quindi, da maggiori difficoltà nel valorizzare i prodotti ottenuti dalle aziende agricole biologiche. 3 Con la differenza che, nelle regioni semi-aride come la Sardegna, i pascoli sono quasi tutti estensivi e non ordinariamente fertilizzati prima delle conversione; diversa è la situazione nel Nord-Europa. 4 In particolare è presente il noccioleto su più del 20% della SAU (Chiricosta e Saija, 1996). 5 “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 L’Italia, che ha sperimentato una delle crescite più sostenute del settore biologico in Europa, è tra i Paesi con la quota maggiore di prodotti biologici venduti sul mercato convenzionale, anche se l’elevata propensione all’esportazione (e le difficoltà generali del settore agricolo convenzionale) ha in parte smorzato gli effetti di cui sopra. 2.3 La commercializzazione Parallelamente alla crescita dell’offerta di prodotti primari, anche il mercato dei prodotti biologici è cresciuto. Purtroppo, se le statistiche relative al numero di aziende e alla superficie interessata dall’agricoltura biologica sono scarse, i dati sul mercato sono praticamente inesistenti e basati su stime molto poco affidabili. Le stime più recenti parlano di un volume di vendite al dettaglio di prodotti biologici nella UE pari a circa 5-7 miliardi di Euro nel 1998 (Datamonitor, 1999). In generale, le stime indicano una quota di mercato dei prodotti biologici pari a circa il 2% in Europa, con punte del 4-5% nei paesi del Nord-Europa e livelli minimi (0,1-1%) nel Sud. Per l’Italia si stima5 che il fatturato al dettaglio dell’agro-alimentare biologica sia intorno ai 1.800 miliardi di lire, poco più del 1% della produzione totale. Le stime 1997 parlano di 1.500 miliardi di lire, con un incremento annuo del 20%. Di questa produzione, circa il 40% è esportato (700 miliardi di lire). A fronte di ciò, le importazioni sono stimabili in circa 600 miliardi di lire. Si esportano prevalentemente prodotti a basso grado di trasformazione (cereali, farine e paste alimentari; olio di oliva; vino; prodotti ortofrutticoli freschi) e prevalentemente unbranded o con private label estere; i Paesi destinatari sono quelli del Nord Europa (Germania in particolare con una quota di circa il 50% delle esportazioni biologiche), ma anche USA e Giappone. Si importano, invece, legumi (prevalentemente dal Centro America) prodotti lattierocaseari (latte e yogurt), coloniali (the, caffè, cacao, frutta secca ed esotica) e prodotti trasformati (snack e merendine, bevande analcoliche e succhi, prodotti per l’infanzia, dolcificanti, integratori alimentari e condimenti) spesso di marca. Ma si riscontrano anche 5 La maggior parte delle informazioni contenute nel presente paragrafo sono stime dell’Autore basate su interviste dirette a grossisti e operatori commerciali del settore biologico. Una parte di queste informazioni sono state reperite nell’ambito del progetto di ricerca FAIR3-CT96-1794 “Organic farming & the CAP”; è doveroso pertanto riconoscere il sostegno finanziario della Commissione delle Comunità Europee. 6 “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 volumi d’importazione di cereali e ortofrutta provenienti da Paesi con vantaggi competivi in termini di costi (Australia, Sudafrica e Argentina). Tra i canali distributivi, il dettaglio specializzato rappresenta ancora la quota prevalente (45%), mentre la grande distribuzione organizzata (GDO) ha fatto notevoli progressi (40%; +15% rispetto al 1997). Si riduce invece ulteriormente il peso del canale diretto (20%) (Figura 6). Il maggior interesse della grande distribuzione va messo in relazione ai cambiamenti intervenuti dal lato dell’offerta, che hanno reso meno discontinua e aleatoria la fornitura di prodotti, soprattutto quelli freschi (ortaggi, frutta e latticini); va inoltre rilevato il processo di concentrazione delle imprese “storiche” della distribuzione all’ingrosso dei prodotti biologici (Brio, GEA, La Farnia e altre minori che hanno dato vita al Consorzio ECOR) e l’ingresso di nuovi operatori provenienti dall’agro-alimentare tradizionale (BioItalia, che raggruppa numerose aziende di trasformazione prevalentemente fornitrici di Coop Italia). In Italia sono stati censiti circa 820 negozi specializzati, concentrati quasi esclusivamente nel Centro-Nord (Tabella 2). Questa distribuzione rispecchia ovviamente quella dei consumi, di cui si parlerà più oltre, anche se va detto che molti di questi negozi sono di piccolissime dimensioni (spesso intorno ai 30-50 mq, i più grossi arrivano a 100 mq con punte massime di 400 mq.), gestiti part-time da associazioni o cooperative di consumo, con orari di apertura variabili e con volume d’affari annuo spesso non superiore ai 100 milioni. Purtroppo non si hanno informazioni sulla distribuzione geografica del volume d’affari, anche se è probabile che non sia molto diversa da quella dei negozi; tuttavia, al Sud – a differenza che al Nord, soprattutto nel Nord-Est – i negozi sono concentrati nei centri maggiori ed è probabile che abbiano fatturati medi leggermente più elevati. Ancora pochi sono i supermercati e gli ipermercati che distribuiscono prodotti biologici in Italia, nonostante la situazione si sia evoluta molto negli ultimi anni. La Tabella 3 riporta, ad esempio, i punti vendita della GDO che espongono orto-frutta biologica sui loro scaffali. I prodotti “secchi” sono più diffusi, spesso relegati nei corner. In genere, infatti, la grande distribuzione prevede un merchandising in corner dedicati agli health foods, che comprendono, oltre ai prodotti biologici, anche alcune categorie di prodotti dietetici per adulti (dolcificanti, integratori alimentari, sostitutivi del pasto, prodotti integrali). Alcuni tipi merceologici vengono, invece, “banalizzati”: è il caso degli yogurt e latti biologici, 7 “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 collocati (necessariamente trattandosi di prodotti freschi) insieme ai prodotti convenzionali merceologicamente affini (in questo caso il banco refrigerato dei latticini). Billa, a differenza delle altre catene, ha invece preferito la banalizzazione come approccio prevalente: il marchio “Sì, Naturalmente!” serve a individuare i prodotti biologici sullo scaffale. Comunque, le difficoltà maggiori di penetrazione si hanno per i prodotti per i quali l’offerta è molto polverizzata e le esigenze di gamma sono abbastanza elevate: è il caso dei prodotti ortofrutticoli freschi, della pasta e dei prodotti dolciari. Per tali prodotti le esigenze di elevati investimenti in comunicazione, la sostanziale (e strutturale) mancanza di un’offerta che garantisca adeguata diffusione territoriale e continuità nel tempo, rendono ancora cauto l’approccio della GDO al biologico; tuttavia, come si è visto, si sta verificando un aumento consistente della quota commercializzata con questo canale. Secondo gli operatori del settore, inoltre, l’outlet preferito nella GDO è l’ipermercato, a cui si rivolgono consumatori più giovani e più attenti alle problematiche salutistiche rispetto agli utenti del supermercato. Il canale diretto come si è detto, riveste oggi un’importanza assai ridotta rispetto al passato. Tuttavia, hanno ancora una certa importanza – soprattutto per una certa tipologia di consumatori – i mercatini e le fiere biologiche che si tengono periodicamente (in prevalenza una volta all’anno). Santucci (1998) ha censito nel 1998 95 biomercatini6 che si svolgono in Italia: anche qui, la maggior parte delle manifestazioni ha luogo al Nord (69%: in particolare Lombardia e Veneto) e al Centro (28%, di cui il 75% in Toscana). Queste fiere o piccoli mercati sono organizzati direttamente da enti locali (Comuni o Comunità Montane), oppure da associazioni culturali, di produttori e consumatori. Tra le associazioni “storiche” va ricordata La Fierucola: dal 1985 organizza un mercatino – oggi a carattere internazionale - l’ultima domenica di agosto a Firenze, oltre ad altri eventi a carattere locale in tutta la Toscana. Tutte queste iniziative si configurano come happening, come luogo di incontro tra città e campagna, e in genere vi vengono ammessi solo piccoli agricoltori e artigiani trasformatori. Oltre ai prodotti biologici, vi sono generalmente sezioni dedicate all’artigianato artistico, al commercio equo e solidale e all’associazionismo. In molti casi si accompagnano a conferenze, dimostrazioni, spettacoli 6 Una precedente indagine di Zamboni (1993) ne censiva 42 nel 1992. 8 “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 musicali, giochi per adulti e bambini, ecc. a metà tra la festa e “sagra” paesana e l’incontro “militante”. Diversa connotazione hanno le manifestazioni fieristiche vere e proprie di cui il SANA di Bologna (che da due anni ha aperto una “succursale” anche a Napoli) rappresenta la più rilevante a livello nazionale ed internazionale (manifestazioni di importanza analoga in Europa sono il Biofach di Francoforte e Marjolaine a Parigi, anche se ogni Paese ha ormai un appuntamento nazionale). Sono mostre-mercato organizzate professionalmente da enti fieristici, in cui partecipano soprattutto i grossisti, le ditte di import-export, le associazioni e gli organismi di controllo del settore biologico e i grossi produttori; nutrita è generalmente la partecipazione degli Assessorati regionali all’agricoltura, che mettono a disposizione i propri stands ai produttori delle rispettive regioni. Fino a qualche anno fa tali fiere erano il luogo privilegiato per la conclusione di contratti, oggi sono prevalentemente manifestazioni promozionali in cui si scambiano informazioni e si prendono i primi contatti, per concludere poi i contratti di fornitura successivamente. 2.4 I prezzi al produttore e all’ingrosso L’esistenza di premium prices, ovvero di prezzi più elevati dei prodotti biologici rispetto a quelli convenzionali, è uno degli elementi che caratterizza il mercato biologico, sia dal lato della domanda che dal lato dell’offerta. Per quanto riguarda quest’ultima, l’effettiva consistenza e l’importanza di tali prezzi più elevati varia da Paese a Paese e da prodotto e prodotto. Nella Tabella 4 sono riportati – in percentuale – i margini di sovrapprezzo dei prodotti biologici. I prezzi al produttore sono, in larga misura, correlati al livello dei costi unitari di produzione, anche se la struttura dei prezzi dipende anche da altri fattori, tra cui la domanda (da parte degli intermediari e dell’industria di trasformazione, che però è una domanda derivata da quella dei consumatori finali) nonché l’incidenza degli aiuti per ettaro agli agricoltori biologici sul costo finale di produzione. I cambiamenti intervenuti nella struttura organizzativa del mercato e la maggiore concorrenza hanno prodotto, di recente, una sostanziale riduzione dei prezzi al produttore nel nostro Paese. Questa tendenza si è accentuata soprattutto verso la fine del 1997; non tutta la riduzione dei prezzi al produttore si è trasferita al consumatore e la forbice tra 9 “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 prezzi al produttore e prezzi al consumo è ancora assai consistente, anche nella grande distribuzione (v. infra). In ogni caso, i diversi margini riportati in tabella nei vari Paesi dipendono sia da quanto detto sopra, sia dalla presenza di diversi livelli di sostegno degli agricoltori e trasformatori biologici nei vari Paesi. I prezzi al produttore poi, almeno in linea teorica, sono correlati alla dinamica della domanda e dell’offerta, anche se non vi sono indicazioni che i premium prices siano inferiori nei Paesi in cui la quota di prodotto biologico venduto sul mercato convenzionale è più elevata. Questo aspetto necessita di ulteriori approfondimenti: tuttavia, le informazioni attualmente disponibili a livello europeo e italiano non permettono di trarre ulteriori conclusioni (Michelsen et al., 1999). 3 La domanda 3.1 I consumi I consumi di prodotti biologici in Europa rappresentano circa il 2% del totale; in Italia, ci si assesta, da diversi anni, intorno all’1%, con consumi stimati per il 1998 intorno ai 1,700 miliardi di lire. Nei Paesi del Nord-Europa, i consumi sono più elevati, almeno in percentuale: ad esempio, in Danimarca i consumi nel 1998 erano stimati a 900 miliardi di lire pari al 3,5% dei consumi alimentari; in Germania la quota di mercato è intorno al 2%; in Austria alcune esperti stimano una quota di mercato del 2%, mentre altri arrivano addirittura al 4% (Wendt et al., 1999). Sempre in Danimarca, il latte biologico rappresenta il 20% di tutto il latte venduto, le carote bio il 12%, le uova il 13%. Le quote di mercato si abbassano per la carne bovina (2%), suina (0,9%) e avicola (<1%) – data la forte resistenza al biologico degli allevatori di carne – e, in generale, per i prodotti trasformati (burro 2,5%; formaggio 2%) ad eccezione della farina di frumento (11%; tale quota si raddoppia per la farina integrale) (Økologisk Landscenter, 1999; Michelsen et al., 1999). Inoltre, l’80% dei consumatori ha comprato prodotti biologici nel 1998 e per più del 10% i prodotti biologici hanno rappresentato più del 10% della spesa complessiva per consumi (Økologisk Landscenter, 1999). 10 “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 In Italia, le numerose ricerche di mercato svolte in varie aree geografiche (per una rassegna si veda Santucci et al., 1996) permettono di stimare la quota di consumatori occasionali e potenziali di alimenti biologici intorno al 10-15%. I consumatori abituali sono, invece, molto meno e non raggiungono l’1% del totale. Un sondaggio condotto alcuni anni fa tra i soci COOP (Didero, 1994), ha rilevato frequenze dell’acquisto assai diversificate: ogni settimana il 36% dei rispondenti, una o due volte al mese il 26%, meno di una volta al mese il 18%, il 20% mai. Analoghi risultati anche per Bagnara (1994), il quale ha individuato un gruppo di clienti costanti in quei consumatori che si riforniscono nei negozi biologici specializzati, seguiti da coloro che cercano il prodotto biologico nel mercato rionale, oppure nel supermercato o nel dettaglio tradizionale. Sempre Bagnara individua in circa il 3% dei consumatori la fascia disponibile a pagare un 30% in più ed oltre per l’acquisto di prodotti biologici. Il consumo di alimenti biologici si presenta comunque relativamente più diffuso tra le persone con redditi medio-alti e nei comuni urbani. Informazioni più dettagliate sui consumi dei prodotti biologici nel nostro Paese, purtroppo, non vi sono. Tuttavia, le informazioni raccolte dopo lo “scandalo diossina”, indicano un incremento del 40% nei consumi biologici, con punte particolarmente elevate per latticini e uova. Il mercato della carne biologica in Italia è ancora praticamente inesistente, a causa della mancanza di una normativa specifica e di altre motivi strutturali;7 l’ottimo riscontro ottenuto dal recente lancio delle macellerie associate alla catena di franchising specializzato nei prodotti biologici NaturaSì, tuttavia, sembra indicare che esiste una discreta domanda potenziale 8 . Il problema rimane quello dell’organizzazione dell’offerta. 7 Tra cui: la prevalenza di una filosofia vegetariana tra i consumatori “pionieri” e negli stessi operatori dei negozi specializzati; le maggiori difficoltà organizzative della trasformazione e condizionamento delle carni fresche; l’esistenza di una vasta rete di piccole macellerie con cui il consumatore ritiene di avere, a torto o ragione, un rapporto fiduciario che lo garantisca in relazione all’origine e alla qualità delle carni. 8 Risultati diversi sono stati ottenuti invece dalla catena di supermercati regionali Tigre nelle Marche, dove l’esperienza di vendita di carni bovine biologiche fresche è stata interrotta dopo alcuni mesi per insufficiente tasso di rotazione delle scorte, con alte percentuali d’invenduto. La causa principale del fallimento di questo esperimento è tuttavia da ricercarsi nelle modalità operative con cui è stata attuata (insufficiente attenzione al layout e alla promozione sul punto di vendita, banalizzazione delle referenze) e al differenziale di prezzo assai elevato rispetto alle carni convenzionali, soprattutto per una catena con una mission orientata ai convenience goods. 11 “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 3.2 I prezzi al consumo I prezzi al consumo non sono necessariamente correlati ai prezzi pagati ai produttori. Questo in quanto il prezzo della materia prima incide solo in parte sul prezzo finale pagato dal consumatore. Sebbene la presenza di costi per unità di prodotto più elevati a livello di produzione sia la ragione utilizzata più di frequente per spiegare l’esistenza dei premium prices al consumo, in realtà nella determinazione del prezzo finale entrano in gioco almeno altri due fattori (Zanoli, 1997): • a livello della trasformazione e della distribuzione, il mancato estrinsecarsi delle economie di scala e di superficie dovuto alla esiguità dei volumi trattati (che tra l’altro aumentano il rischio d’invenduto), a metodi di trasformazione artigianali (che in alcuni casi conferiscono al prodotto una qualità superiore), a inefficienze dal lato dei trasporti; • a livello di mercato, la presenza di un mercato di “nicchia”, con ampi margini di speculazione, dove prevalgono gli operatori specializzati che generalmente operano in regime di monopolio o oligopolio locale, con consumatori disposti in parte a subire prezzi più elevati, con conseguenti possibilità per il trade di ottenere margini elevati. In generale, quindi, i prezzi al consumatore saranno più bassi minore è il grado di trasformazione che il prodotto ha subito e, a parità di altre condizioni, maggiore è il grado d’integrazione del settore biologico all’interno della distribuzione alimentare tradizionale. Tuttavia, non sempre la grande distribuzione garantisce prezzi più bassi, specie se il mercato biologico è molto piccolo. La Tabella 5 mostra il livello dei margini percentuali di sovrapprezzo dei prodotti biologici in Europa. Come si può vedere, le variazioni sono ampie per la maggior parte dei prodotti, anche se in genere i sovrapprezzi sono più elevati per frutta e ortaggi. I margini dei prodotti ortofrutticoli sono in genere più elevati anche nel convenzionale – a causa della loro deperibilità; tuttavia, dato la minor rotazione dei prodotti biologici, il rischio di invenduto è maggiore. Inoltre, i sovrapprezzi sono maggiori nei Paesi in cui la quota di mercato dei prodotti biologici è inferiore (Italia e Spagna, anche se questo appare meno vero in Portogallo e Grecia, dove tuttavia si hanno in realtà poche e lacunose informazioni). In generale, pertanto, è possibile ipotizzare che un aumento dei volumi consumati e commercializzati comporti una riduzione dei prezzi sostanzialmente sui premium prices pagati ai produttori. 12 al consumo senza incidere “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 4 Considerazioni conclusive Il mercato dei prodotti biologici si trova oggi a una svolta. La maggior parte dei più importanti operatori commerciali del settore agro-alimentare, non solo in Italia, si pongono oggi il problema del biologico (Sylvander, 1998). Il settore in Italia sta attraverso un periodo di forti trasformazioni, con l’offerta di prodotti primari sempre in aumento e l’ingresso di alcuni grossi operatori del condizionamento e della trasformazione (CONERPO, APOFRUIT, OROGEL, HEINZ, DEL MONTE, ecc.) che certamente muterà la struttura competitiva del segmento, con probabili ripercussioni sulla distribuzione e sulla domanda finale di prodotti biologici. Del resto, il problema della sicurezza degli alimenti, della rintracciabilità e della certificazione sta diventando un tema fondamentale per tutto il settore agro-alimentare, anche a seguito dell’impatto sull’opinione pubblica di vicende quali quelle della cosiddetta “Mucca Pazza” o del “Pollo alla diossina”. Questi eventi – accompagnati ai tradizionali problemi sanitari degli allevamenti di massa (salmonellosi, peste suina, ecc.) – hanno convinto la Commissione Europea a varare in una sola notte il Regolamento sul metodo biologico nelle produzioni animali (che si attendeva dal 1991 e che da più di tre anni era sostanzialmente pronto) nonché a varare delle norme di adeguamento generale degli allevamenti a criteri ispirati alla salvaguardia del benessere animale.9 A livello politico-legislativo, comunque, la recente conferenza sull’agricoltura biologica tenutasi a Baden/Vienna lo scorso maggio e organizzata congiuntamente dal Governo Austriaco e dalla Commissione Europea, ha sancito definitivamente che “l’agricoltura biologica in generale fornisce benefici ambientali significativi (…) e comprovati da un numero crescente di studi scientifici”; inoltre, che, data gli squilibri tra domanda e offerta di prodotti biologici in molti Paesi dell’Unione, è necessario “un sostegno finanziario per aumentare l’informazione e la consapevolezza del consumatore relativamente alla natura e ai benefici degli alimenti biologici”. Nei prossimi mesi e anni assisteremo quindi, senza dubbio, a nuovi sviluppi nel mercato dei prodotti alimentari biologici, con ripercussioni anche a livello internazionale, 9 Anche se con tempi molto lunghi che mostrano come si sia trattato di interventi di maquillage politico-legislativo poco credibili. 13 “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 soprattutto a livello di GATT-WTO. Rimane infatti ancora estremamente aperta la questione della “equivalenza” di norme e standard di produzione biologica adottati da Paesi Terzi, affrontata in maniera non risolutiva dal Reg. CEE 2092/91 e dalle successive modificazioni e integrazioni. In ogni caso, il settore agro-alimentare italiano si trova sicuramente in posizione avvantaggiata rispetto ad altri Paesi per le condizioni geo-climatiche e per la diffusione di una tradizione artigiana di qualità nel settore delle trasformazioni alimentari. Saprà raccogliere la sfida del cambiamento? 5 Riferimenti bibliografici Agricesena (a cura di) (1998): L’ortofrutta biologica in Italia: dati di produzione e mercato. dattiloscritto, Agrobiofruit, Cesena. Bagnara G.L. (1994): Il consumatore di prodotti biologici: analisi della domanda e potenzialità del mercato. Rivista di frutticoltura, 4. Chiricosta S., Saija G. (1996): Le produzioni agrobiologiche nel comprensorio messinese. Atti del Convegno “L’agricoltura biologica: problemi e prospettive”, Università degli Studi di Cassino, 17-18 maggio 1996. Kappa, Roma. Crescimanno M., Guccione G., Schifani G. (1998): Contributo alla conoscenza del ruolo dell’agricoltura biologica nel settore primario della Sicilia. 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In INEA (a cura di), Annuario dell’agricoltura italiana, Vol. LI (1997), il Mulino, Bologna. 15 “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 Figura 1: SAU biologica e in conversione in Europa (000 ha) 3.00 2.50 2.00 1.50 1.00 0.50 0.00 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 stime Lussemburgo Belgio Grecia Olanda Portogallo Irlanda Danimarca Finlandia Gran Bretagna Francia Svezia Spagna Austria Germania Italia Fonte: Lampkin (1999) Figura 2: Quota della SAU biologica sul totale (1993-98) 10,0% 9,0% 8,0% 7,0% 1993 1998 6,0% 5,0% 4,0% 3,0% 2,0% 1,0% 0,0% AT SE FI IT DK DE UK NO 16 ES NL FR IE PT LU BE GR EU “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 Figura 3: Ripartizione regionale delle aziende biologiche in Italia (1997) Nord 17% Centro 45% 14% Sud Isole 24% Figura 4: Ripartizione regionale della SAU biologica in Italia (1997) 14% Nord 13% Centro 48% Sud c Isole 25% 17 “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 Figura 5: Aziende e SAU biologica (quota 1997) 18 “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 Figura 6: Quote di mercato per canale di commercializzazione (1996-1998) 1998 20% 35% 45% Diretta (produttore) Negozi specializzati Grande distribuzione 1996 10% 55% 35% Fonte: MarkUp, 1997 e stime dell’Autore. 19 “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 Tabella 1: Quota di prodotto biologico venduto come tale (1997) Ortaggi Cereali Latte e derivati Uova Carne bovina Frutta AT nd 90-98 30-40 100 10 100 BE 100 90 75 100 60 100 DE 90 85 50 95 65 90 DK 95 100 80 90 75 95 ES 90 100 100 100 80 90 FI 98 60 60 nd nd 60 FR2 nd nd nd nd nd nd GB 100 nd 95 nd 80 100 GR 90 80 nd nd nd 80 IE 100 nd nd nd nd nd IT 70 80 70 100 90 70 LU 100 90 15 100 80 100 NL 100 100 100 100 100 100 PT 100 10 nd nd nd 100 SE 95 95 85 99 95 100 CH3 95-100 100 Fonte: Michelsen et al. (1999) 41 95 60 100 2 il 95% di tutti i prodotti è venduto sul mercato del biologico. 3 Quando il dato è 100%, significa che il 5% viene venduto sul mercato convenzionale nelle annate con rese elevate.I produttori di latti associati a stalle sociali spesso vendono il loro prodotto come convenzionale. nd = nessun dato disponibile. 20 “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 Tabella 2: Negozi specializzati in prodotti biologici (1998) Regione Negozi n. % 115 13,9 Valle d’Aosta 4 0,5 Liguria 20 2,4 Lombardia 140 16,9 Trentino-Alto Adige 41 4,9 Veneto 106 12,8 Friuli-Venezia Giulia 32 3,9 Emilia-Romagna 88 10,6 Toscana 72 8,7 Marche 36 4,3 Umbria 14 1,7 Lazio 79 9,5 Abruzzo 3 0,4 Molise 1 0,1 Campania 15 1,8 Puglia 21 2,5 Basilicata 2 0,2 Calabria 7 0,8 Sicilia 25 3,0 Sardegna 7 0,8 Nord 546 65,9 Centro 201 24,3 Sud 49 5,9 Isole 32 3,9 Italia Fonte: Biobank 828 100,0 Piemonte 21 “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 Tabella 3: Super- e iper-mercati che distribuiscono orto-frutta biologica in Italia (1998) Regione Punti vendita n. Piemonte 12 Valle d’Aosta 0 Liguria 0 Lombardia 94 Trentino-Alto Adige 1 Veneto 63 Friuli-Venezia Giulia 1 Emilia-Romagna 125 Toscana 37 Marche 15 Umbria 1 Lazio 1 Abruzzo 6 Molise 0 Campania 0 Puglia 1 Basilicata 0 Calabria 0 Sicilia 0 Sardegna 0 Nord 296 Centro 54 Sud 7 Isole 0 Italia Fonte: BioBank 357 22 “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 Tabella 4: Prezzi al produttore biologico (margine % sul convenzionale: 1997-98) Ortaggi Cereali Latte e derivati Uova Carne bovina Frutta AT nd 100 20-30 30 20-25 nd BE 35 65 20 75 35 nd DE1 50 100 15 40 20 50 DK 25-50 60-70 20-25 10-95 10-30 >100 ES 0-30 0-50 10-30 10-30 nd 15-30 FI 50 50 10 100 40 300 FR nd 60-100 20-30 nd nd nd GB 20-100 nd 40 nd 40 5-40 GR 30-50 10-20 nd nd nd 20-50 IE2 25 nd nd nd 20 nd IT 15-20 25-30 15 20-100 nd 15-20 LU 60 100 10 50 40 60 NL nd 100 10 nd nd nd PT 10-100 nd nd nd nd 10-100 SE 0-30 50-100 15-20 70-200 5-25 40 10-12 50 20 40-45 CH 30-70 40 Fonte: Michelsen et al. (1999) 1 Per la carne bovina le variazioni sono dell’ordine del 10-50% 2 Tranne quando altrimenti specificato, i sovrapprezzi al produttore sono dell’ordine del 23-26% nd = nessun dato disponibile 23 “Il Sistema agro-alimentare nazionale alla vigilia del Terzo millennio” Convegno della Società Italiana di Economia Agro-Alimentare – Ancona: 1-2 luglio 1999 Tabella 5: Prezzi al consumatore biologico (margine % sul convenzionale: 1997-98) Ortaggi Cereali Latte e derivati Uova Carne bovina Frutta AT nd 20-30 25-30 25-30 25-30 nd BE 40 50 30 70 35 50 DE 20-100 20-150 25-80 30 30-50 20-150 DK 20-50 0-20 20-30 7-50 20-50 50-100 ES 50-200 15-75 15-75 15-100 nd 50-200 FI 94 64 31 nd 33 nd FR nd nd 20-150 nd 30 nd GB 30-100 nd 20 nd 20-50 nd GR 50-100 30-50 nd nd nd 25-50 IE1 nd nd nd nd nd nd IT 50-220 125-175 20-50 50-200 20-50 50-100 LU 60 100 10 50 40 60 NL 20-50 37 38 43 nd 26 PT 25-200 nd nd nd nd 5 SE 30-100 10-100 15-20 25-115 20 100 10 50 20 50-60 CH 40-80 40-50 Fonte: Michelsen et al. (1999) 1 I consumatori irlandesi dichiarano di essere disposti a pagare un sovrapprezzo del 20-30%. nd = nessun dato disponibile 24