domande e risposte - University College Dublin

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domande e risposte - University College Dublin
Il progetto LIPGENE: domande e risposte
Nutrizione
umana
Biotecnologia
vegetale
Nutrizione
animale
LIPGENE
Economia
Scienze del
consumatore
Diffusione
e
Dimostrazione
1
Parte prima: il progetto Lipgene
Qual è lo scopo principale del progetto Lipgene?
Lo scopo principale del progetto Lipgene è quello di studiare l’interazione fra la
composizione dei grassi alimentari e il genotipo1 nello sviluppo della sindrome
metabolica. Lo studio si baserà sulle informazioni ottenute dalla ricerca nel
campo della nutrizione umana, della biotecnologia vegetale, della nutrizione
animale e delle scienze economiche e del consumatore.
Quali paesi partecipano al progetto Lipgene?
I paesi europei che prendono parte al progetto Lipgene sono dieci: Irlanda,
Regno Unito, Norvegia, Spagna, Francia, Polonia, Paesi Bassi, Finlandia,
Portogallo e Germania. Il consorzio Lipgene consta di 22 organizzazioni:
Nutrizione umana
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Trinity College, Dublino, Irlanda*
Università di Reading, Regno Unito
Università di Oslo, Norvegia
Università di Bergen, Norvegia
INSERM, Francia
Università di Cordova, Spagna
NUTRIM, Maastricht, Paesi Bassi
Università di Uppsala, Svezia
Università di Cracovia, Polonia
Unilever Best Foods
Hitachi, Europe Limited
Biotecnologia vegetale
•
•
•
BASF Plant Science GmbH, Germania
Università di York, Regno Unito
Rothamstead Research, Regno Unito
*indica un’organizzazione che partecipa a più di un workpackage
1
i termini del glossario sono sottolineati nel testo
2
Nutrizione animale
•
•
•
•
Università di Reading, Regno Unito
Rowett Research Institute, Regno Unito
MTT Agrifoods Research, Finlandia
INRA, Francia
Diffusione
•
British Nutrition Foundation
Scienze economiche
•
LMC International
Scienze del consumatore
•
•
•
Università di Oporto, Portogallo
Università dell’Ulster, Coleraine, Irlanda del Nord
Trinity College, Dublino, Irlanda*
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Quante persone partecipano a questo progetto di ricerca?
Attualmente ci sono almeno 184 persone fra ricercatori e altro personale che
partecipano al progetto.
Al progetto Lipgene parteciperà anche un alto numero di volontari. I
workpackage della nutrizione umana comprenderanno uno studio genetico casocontrollo prospettico annidato con 13.000 uomini e donne (SUVIMAX) e uno
studio di intervento alimentare comprendente 480 volontari con sindrome
metabolica provenienti da otto città europee.
Quanto durerà il progetto?
Il progetto Ligene è un progetto quinquennale incominciato nel febbraio del 2004
e rappresenta una novità come uno dei primi progetti integrati del Sesto
programma quadro della Commissione Europea. Per avere più informazioni sul
Sesto programma quadro entra il sito http://fp6.cordis.lu/fp6/home.cfm.
Dove saranno publicati i risultati?
I risultati del progetto Lipgene verranno pubblicati in apposite riviste scientifiche
referenziate. Il sito Lipgene pubblicherà inoltre resoconti aggiornati man man che
si renderanno disponibili i risultati (www.lipgene.tcd.ie).
Il progetto Lipgene comprende anche un pacchetto integrato di diffusione gestito
dalla British Nutrition Foundation, con lo scopo di assicurare che i risultati siano
distribuiti ad una vasta rete di individui e di organizzazioni. Questo pacchetto è
caratterizzato da una serie di messaggi di allerta e-mail ad hoc che terranno
informati i membri della rete sulle novità e gli eventi del progetto. Chiunque può
entrare a far parte di questa rete cliccando sull’apposito collegamento del sito
Lipgene e fornendo il proprio recapito (www.lipgene.tcd.ie oppure
www.nutrition.org.uk/lipgene ). Del pacchetto diffusione faranno parte anche un
convegno annuale o una serie di gruppi di lavoro, aggiornamenti regolari nel
Nutrition Bulletin e resoconti e sommari periodici del progetto sul sito
www.nutrition.org.uk/lipgene .
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Parte seconda: obesità, sindrome metabolica e Lipgene
Cos’è l’obesità ?
Detto semplicemente, l’obesità è la presenza di un’ eccessiva quantità di grasso
corporeo totale.
L’obesità si può anche definire come un indice di massa corporea (IMC) uguale o
superiore a 30. Nonostante ci sia una correlazione positiva fra l’IMC e la
percentuale di grasso corporeo, l’IMC non è un indicatore perfetto di obesità
perchè non distingue tra massa grassa e massa priva di grasso: per esempio gli
individui muscolosi possono avere un IMC alto senza necessariamente avere un
eccesso di grasso corporeo. L’IMC è quindi uno strumento di valutazione
inadeguato per alcuni atleti, per donne in gravidanza, per alcuni gruppi etnici o
per utilizzo nei bambini o in alcune condizioni cliniche.
L’obesità è stata anche definita come un livello di grasso corporeo superiore al
25% negli uomini e al 33% nelle donne; la misurazione del grasso cor;oreo,
tuttavia, richiede una metodologia specializzata.
L’obesità è ormai ben riconosciuta come un fattore di rischio per la salute; le
persone obese hanno un maggior rischio di malattia e di morte prematura ed è
stato valutato che essere obesi possa ridurre l’aspettativa di vita di nove anni.
Ulteriori informazioni sull’obesità sono disponibili sul sito web della British
Nutrition Foundation.
Qual è la prevalenza di obesità in Europa?
La prevalenza è molto alta. L’obesità costituisce un grave problema di salute
pubblica in tutta Europa, soptrattutto nelle donne dell’Europa meridionale e
orientale e nelle repubbliche baltiche, dove i tassi di obesità sono fra i più alti del
mondo.
Secondo i sondaggi nazionali in vari paesi europei il 10-20% degli uomini e il 1025% delle donne sono obesi. I tassi variano da un paese all’altro, ma nella
maggior parte dei paesi europei la prevalenza di obesità è aumentata del 1050% negli ultimi dieci anni. L’aumento più drastico si è verificato nel Regno
Unito, dove la prevalenza è triplicata in vent’anni e dove attualmente il 20% degli
adulti è obeso.
L’obesità è diventata più comune anche nei bambini. In Ingjhilterra, per esempio,
nel 2002 il 5,5 % dei bambini e il 7,2% delle bambine dai due ai quindici anni
erano obesi. In totale 1 su 5 bambini e 1 su 4 bambine fra i due e i quindici anni
erano classificati in sovrappeso o obesi secondo le recenti classificationi
internazionali.
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Con l’aumento della prevalenza di obesità e con l’invecchiamento della
popolazione europea, si prevede che anche la prevalenza della sindrome
metabolica subirà un aumento significativo.
Che cos’è la sindrome metabolica?
Un eccesso di grasso corporeo, soprattutto di obesità addominale, porta ad uno
squilibrio del metabolismo glucidico e lipidico, che a sua volta produce
iperinsulinemia, o un livello elevato di insulina nel sangue, detto anche resistenza
all’insulina. Mentre nei casi più gravi questo porta al diabete, dei livelli più bassi
di resistenza all’insulina causano una malattia plurifattoriale conosciuta come
sindrome metabolica.
La sindrome metabolica descrive un gruppo di fattori di rischio delle malattie
cardiocircolatorie, e precisamente obesità addominale, livelli anomali di lipidi nel
sangue (dislipidemia), resistenza all’insulina e ipertensione. Il rischio di
sviluppare la sindrome metabolica aumenta con l’età ed è associato ad un
aumento del rischio di malattie cardiocircolatorie (malattie cardiache e colpi
apoplettici).
Qual è la prevalenza della sindrome metabolica?
Attualmente non si conosce la vera prevalenza di questa malattia. Nel Regno
Unito è stato suggerito che ben il 25% della popolazione adulta manifesti segni
evidenti di sindrome metabolica, mentre negli Stati Uniti si è stimato che il 44%
della popolazione al di sopra dei cinquant’anni risponda ai criteri di questa
condizione. Si prevede che queste cifre andranno aumentando con l’aumentare
dell’epidemia di obesità. L’incidenza è più alta in certi sottogruppi etnici ( per
esempio in gruppi asiatici e afrocaraibici), nelle donne con patologia ovarica
policistica, in pazienti con schizofrenia e in quelli con steatosi epatica non
alcolica. L’incertezza sulla esatta prevalenza della sindrome metabolica è dovuta
in parte alla mancanza di una definizione comunemente accettata – esistono
infatti parecchie definizioni diverse. Ciononostante viene riconosciuto il fatto che
l’incidenza di sindrome metabolica stia aumentando globalmente a velocità
allarmante.
Cos’è l’insulina?
L’insulina è un ormone prodotto dal pancreas in risposta all’assunzione di cibo.
Circola nel sangue e facilita il trasporto di glucosio all’interno delle cellule dove
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viene usato come fonte di energia o immagazzinato per uso futuro sotto forma di
glicogeno.
Cos’è la resistenza all’insulina?
La resistenza all’insulina è una condizione per cui le cellule dell’organismo
rispondono meno (o sono meno sensibili) all’azione dell’insulina stessa. Questa
condizione si verifica quando una quantità normale di insulina viene secreta dal
pancreas, ma non viene utilizzata in maniera ottimale dalle cellule risultando in
un eccessivo aumento di glucosio nel sangue (iperglicemia). Per mantenere
livelli normali di glucosio il pancreas secerne ulteriore insulina, ma per alcuni
individui le cellule non rispondono in maniera normale, anche con l’insulina
supplementare. Questa situazione può portare ad una radicale resistenza
all’insulina e al diabete di tipo 2 in cui i livelli di glucosio nel sangue rimangono
elevati. La resistenza all’insulina è più comune negli individui con obesità
addominale ed è un elemento chiave nella sindrome metabolica.
La composizione del grasso alimentare è nota per avere un effetto sulla
resistenza all’insulina e i ricercatori stanno incominciando a scoprire come le
variazioni genetiche interagiscano con questa resistenza.
Quali sono i fattori coinvolti nello sviluppo della sindrome metabolica?
Le cause fondamentali della sindrome metabolica sono sconosciute, ma si pensa
che la resistenza all’insulina e l’obesità siano fattori chiave. La combinazione più
frequente di sintomi della sindrome metabolica comprende obesità (o obesità
addominale) con ipertensione o dislipidemia. Questi sintomi si osservano nel
50% dei pazienti con diabete di tipo 2 e nel 10-20% di soggetti con una normale
tolleranza al glucosio. Andrebbe anche notato che le caratteristiche della
sindrome metabolica possono essere presenti anche in individui normoglicemici,
cioè con livelli ematici di glucosio normali, e che probabilmente non
svilupperanno mai diabete di tipo 2.
Come viene diagnosticata la sindrome metabolica?
Nonostante non ci sia un accordo sul metodo di diagnosi della sindrome
metabolica, esistono almeno tre definizioni diverse per descriverla, basate
principalmente sull’obesità e sulla resistenza all’insulina (ulteriori informazioni su
queste definizioni sono disponibili sul sito della British Nutrition Foundation).
Alcuni dei fattori clinici della sindrome metabolica sono qui elencati:
•
•
Obesità / obesità centrale (addominale)
Tolleranza al glucosio compromessa
7
•
•
Pressione sanguigna elevata (ipertensione)
Dislipidemia
o Ipertrigliceridemia
o Apoliproteina B elevata
o Livelli elevati di particelle di colesterolo LDL piccole e dense
o Livelli bassi di colesterolo HDL
•
•
•
Microalbuminuria
Iperuricemia e gotta
Markers di infiammazione cronica
o Livelli elevati di proteina C reattiva
o Citochine proinfiammatorie
Aumento dell’attività del sistema nervoso simpatico e bassa variabilità del
battito cardiaco
Coagulazione del sangue anomala
Bassa capacità cardiorespiratoria
Presenza di steatosi epatica o di sindrome ovarica policistica
•
•
•
•
Quali implicazioni comporta la sindrome metabolica?
Un individuo che presenta segni clinici della sindrome metabolica ha un rischio
maggiore di malattie cardiache, colpo apoplettico e diabete del tipo 2. Queste
condizioni possono portare a grave infermità (come malattie renali o oculari) e
persino a morte prematura. Si stima che individui con la sindrome metabolica
abbiano una probabilità dalle due alle quattro volte maggiore rispetto alle
persone sane di soffrire di malattie cardiache e colpi apoplettici.
Una sempre crescente prevalenza di sindrome metabolica (e di patologie
associate) presenta delle implicazioni sia per il datore di lavoro, a causa di un
aumento dei giorni di malattia, sia per le spese a carico dell’assistenza pubblica.
In Europa la cura delle malattie legate all’ obesità è il fattore che maggiormente
contribuisce ai costi dell’assistenza sanitaria (circa l’8% del totale con previsione
di aumento).
Cosa soni i grassi nocivi e quelli salutari?
Gli elementi basilari dei grassi sono noti come acidi grassi. Solitamente gli
alimenti contengono una combinazione di diversi tipi di acidi grassi, le cui
proprietà dipendono dalla loro struttura chimica e dal numero di molecole
presenti. Esistono tre tipi principali di acidi grassi: saturi, monoinsaturi e
polinsaturi, ma il fattore importante è il loro rapporto in un alimento.
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A grandi linee, i grassi saturi sono solidi a temperatura ambiente e tendono a
derivare da fonti animali. La maggior parte dei grassi insaturi (monoinsaturi e
polinsaturi) sono invece liquidi a temperatura ambiente e sono solitamente di
origine vegetale. Ci sono tuttavia alcune eccezioni: l’olio di palma è un olio
vegetale ad alto contenuto di acidi grassi saturi. Gli oli vegetali e quelli di pesce
possono anche essere induriti tramite un procedimento che aggiunge atomi di
idrogeno ad alcuni dei doppi legami degli acidi grassi insaturi. Questo processo
si chiama idrogenazione. Per ulteriori informazioni entra il sito
www.nutrition.orgh.uk/saturates .
I grassi saturi si trovano in grandi quantità nei seguenti alimenti:
•
•
•
Burro e altri grassi spalmabili come per esempio margarine dure
Cibi fritti o confezionati con questi grassi, come biscotti, paste, dolci e
torte ripiene
Tagli di carne grassi e prodotti a base di carne come il salame.
Si pensa che i grassi saturi siano associati ad un aumento del tasso di
colesterolo LDL ‘cattivo’ nel sangue, che a sua volta fa aumentare il rischio di
sviluppare malattie cardiocircolatorie.
I grassi monoinsaturi e polinsaturi sono considerati più salutari di quelli saturi.
L’olio d’oliva e l’olio di colza sono ricche fonti di grassi monoinsaturi. Buone fonti
di grassi polinsaturi n-6 includono oli vegetali come l’olio di semi di girasole e
l’olio di soia. Un altro tipo di lipidi sono gli acidi grassi polinsaturi a catena lunga
n-3 che si trovano principalmente nel pesce azzurro come il salmone, il tonno
fresco e le sardine, ma anche negli integratori a base di olio di pesce. Si pensa
che questi grassi portino notevoli benefici alla salute del cuore e alle funzioni
immunitarie. Per ulteriori informazioni sui grassi alimentari vai al sito
www.nutrition.org.uk .
Il progetto Lipgene porterà avanti delle ricerche sull’uso della tecnologia moderna
nella modifica della composizione dei grassi in una gamma di alimenti in modo
che contengano meno acidi grassi saturi e più acidi grassi polinsaturi a catena
lunga come quelli presenti nell’olio di pesce. I cibi che verranno usati per questi
‘progetti di dimostrazione’ comprendono formaggio, latte, pollame e margarina.
È possibile ridurre con la dieta i rischi legati alla sindrome metabolica?
Parecchi studi hanno dimostrato che gli interventi alimentari (e quelli basati
sull’esercizio fisico) possono rallentare il progresso della sindrome metabolica. In
generale i consigli dietetici che vengono dati in questi studi riflettono i consigli
dietetici per la popolazione generale sul consumo di energia totale (calorie), di
proteine, grassi e carboidrati, mentre allo stesso tempo i partecipanti vengono
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incoraggiati a mangiare più frutta e verdura, a ridurre l’assunzione di zucchero e
a controllare il consumo di alcol. Piuttosto che concentrarsi sul consumo totale di
grassi, il progetto Lipgene svolgerà un ampio studio per vedere che cosa accade
agli individui a rischio di sindrome metabolica se cambaino il tipo di grassi e il
rapporto fra i diversi acidi grassi nella loro dieta. Lo studio ha lo scopo di
rispondere alle seguenti domande:
“Quanto miglioramento è possibile basandosi solo sulla dieta?”
e
Alcuni individui sono più sensibili a certi tipi di grassi?
Cos’è il polimorfismo?
Detto semplicemente il polimorfismo è una comune varazione genetica o un
cambiamento nella sequenza o codice genetico che può predisporre un individuo
a sviluppare una particolare malattia. Per esempio sappiamo che esiste un certo
numero di variazioni nel gene che codifica per l’enzima metilenetetraidrofolato
reduttasi (MTHFR)e che esiste un forte legame fra l’acido folico, MTHFR e le
malattie cardiache. Un polimorfismo sul gene 677-T del MTHFR porta ad una
attività enzimatica di circa 50% al disopra del suo valore normale, cosa che a sua
volta causa un aumento dei livelli di omocisteina e ad un aumento del rischio di
malattie cardiocircolatorie. Un polimorfismo (chiamato anche polimorfismo a
singolo nucleotide o SNP) deve avere una fequenza almeno dell’1% nella
popolazione.
Come sono associate le variazioni genetiche alla sindrome metabolica?
Si sono identificate finora parecchie variazioni genetiche associate alla sindrome
metabolica. Fra queste si contano i geni direttamente associati ai depositi adiposi
e al metabolismo lipidico, i geni associati all’infiammazione e quelli legati alla
resistenza all’insulina. Uno degli obiettivi primari del progetto Lipgene sarà quello
di identificare le interazioni fra i lipidi alimentari e i genotipi coinvolti
nell’insorgenza della sindrome metabolica.
Cosa significa genotipizzare?
Col termine genotipizzare si indica il procedimento usato per identificare la
sequenza specifica di geni in un campione di DNA. Tale procedimento può
essere utilizzato per identificare somiglianze o differenze nella sequenza di geni
ed è utile per stabilire se un individuo può essere geneticamente predisposto ad
una certa malattia o condizione.
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Cos’è la nutrigenomica?
La nutrigenomica, o genomica nutrizionale, si riferisce all’interazione fra i
costituenti della dieta e il genoma umano e studia come i nutrienti abbiano un
impatto sulla produzione e l’azione di prodotti genici specifici e come questi, a
loro volta, possano influenzare la risposta ai nutrienti. La variazione genetica
individuale può esacerbare il ruolo della dieta come fattore di rischio per le
malattie. È stato suggerito che gli interventi alimentari (o diete ‘su misura’) basati
sulla conoscenza dello stato nutrizionale, dei requisiti nutrizionali e del genotipo
(sequenza genica identificata) possano venire usati come misure per alleviare o
migliorare i sintomi della malattia.
Parte terza: biotecnologia
Cos’è la riproduzione selettiva?
La riproduzione selettiva avviene quando animali e piante con le caratteristiche
più desiderabili per uso alimentare o per mangime vengono scelte per riprodurre
la generazione successiva. La riproduzione selettiva è stata praticata dall’uomo
per molti secoli ed ha portato alla creazione di varietà di frumento a doppio
rendimento, ceppi di mais resistenti alle muffe e persino zucche giganti. In breve,
la riproduzione selettiva comporta la scelta di piante o animali che abbiano un
codice genetico desiderabile.
Che cosa sono i cibi geneticamente modificati?
I cibi geneticamente modificati (cibi GM) sono una derivazione moderna della
riproduzione selettiva. Utilizzando tecniche genetiche moderne, i ricercatori sono
in grado di introdurre specifici geni ‘desiderabili’ nelle piante o negli animali,
senza dover ricorrere ai tentativi della riproduzione selettiva. Questo processo è
perciò molto più rapido. Le piante e gli animali il cui materiale genetico è stato
alterato in questo modo sono chiamati organismi geneticamente modificati
(OGM). I cibi GM possono contenere informazione genetica che è stata
modificata per mezzo di delezioni o addizioni di materiale genetico proveniente
dal medesimo o da un altro organismo, in modo tale da conferire a un alimento o
a un mangime animale delle caratteristiche specificamente desiderate. In certi
casi questa tecnologia è stata usata a vantaggio dell’umanità, per esempio per
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minimizzare la perdita di raccolto rendendolo resistente agli insetti e alle malattie
e riducendo le quantità di pesticida necessarie per la salute delle piante.
I metodi transgenici vengono utilizzati anche nella tecnologia alimentare e
sanitaria. Le tecnologia transgenica è stata usata nell’industria casearia per
ottenere da fonti microbiologiche un enzima efficace allo scopo di sostituire il
caglio di origine animale. La stessa tecnologia ha anche apportato dei
cambiamenti nelle cure sanitarie, essendo usata per esempio nella produzione
dell’ insulina necessaria per il trattamento del diabete.
Come verrà usata la tecnologia transgenica nel progetto Lipgene?
Uno dei workpackage del progetto Lipgene si concentra sulla biotecnologia
vegetale con lo scopo di aumentare e ottimizzare la qualità degli acidi grassi
polinsaturi n-3 nell’olio di semi di lino per la salute umana. L’ingegneria genetica
userà i geni coinvolti nella sintesi dei polinsaturi n-3 nelle alghe marine per
sviluppare un olio di semi di lino con gli stessi polinsaturi presenti solo negli
alimenti marini come per esempio l’acido eicosapentaenoico (EPA) e
docosaesaenoico (DHA) . A seguito della completa caratterizzazione delle
reazioni enzimatiche coinvolte nella sintesi di EPA e DHA, si spera di riuscire ad
ottenere un’espressione funzionale degli enzimi richiesti nell’olio dei semi di lino
e a produrre in seguito grandi quantità di semi. A questo punto, come parte del
workpackage di nutrizione animale, il mangime dei suini e del pollame verrà
integrato con questo olio di semi di lino ricco di n-3, sperando di poter produrre
una carne di pollame e di suino arricchita di n-3 che sia accettabile al
consumatore e il cui sapore, durata di conservazione e stabilità ossidativa non
siano compromessi.
Perchè il progetto Lipgene usa la tecnologia transgenica?
I grassi polinsaturi n-3 possono giovare notevolemente alla salute del cuore e
alla sensibilità all’insulina e per questo motivo si raccomanda di introdurre più
grassi poliinsaturi n-3 provenienti dal pesce azzurro (salmone, aringhe e
sgombri) nella nostra dieta. Nel Regno Unito si raccomanda che le ragazze
adolescenti, le gestanti e le donne in eta’ fertile consumino fino a due porzioni di
pesce azzurro alla settimana, mentre per gli uomini, i ragazzi adolescenti e le
donne in menopausa la raccomandazione è di fino a quattro porzioni alla
settimana. Le scorte di pesce sono tuttavia limitate e non tutti mangiano pesce.
Nel Regno Unito, per esempio, il 70% della popolazione tipicamente non mangia
pesce e il consumo medio settimanale è all’incirca un terzo di una porzione
individuale. È perciò necessario avere delle fonti alternative sostenibili di
polinsaturi n-3 per assicurare dei livelli ottimali nella dieta. Il progetto Lipgene
userà la tecnologia transgenica per produrre queste fonti alternative di polinsaturi
n-3, come latte, burro e carni arricchite di n-3.
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È possibile che le proprietà di un alimento come il sapore vengano
alterate dall’uso di geni di un’altra specie?
Il sapore è un fattore molto importante nel determinare le scelte alimentari delle
persone. Si prevede che il sapore della carne di pollame non verrà compromesso
una volta prodotta con un contenuto più alto di polinsaturi ottenuto utilizzando
mangimi transgenici. Questo punto verrà comunque esaminato usando gruppi d’
assaggio.
Parte quarta: nutrizione animale
È possibile far produrre latte con meno grassi alle mucche da latte?
Sì, è possibile. La sua produzione tuttavia presenta alcune difficoltà e richiede
dei cambiamenti abbastanza sostanziali nella dieta della mucca, in maniera tale
da non compromettere la salute dell’animale e da assicurare che vengano
rispettati tutti i requisiti nutrizionali. Bisogna però tener presente che attualmente
il latte viene pagato agli agricoltori in proporzione al contenuto di grasso e quindi
occorreranno degli incentivi finanziari per produrre latte a ridotto contenuto
lipidico.
Quanto contribuiscono la carne e il latte all’assunzione alimentare di grassi
e in particolare di grassi saturi?
Nei paesi dell’Unione Europea i latticini e la carne (inclusi i prodotti a base di
carne) contribuiscono il 15-40% e il 10-30% rispettivamente del consumo totale
di grasso, a seconda del paese e della sua dieta tradizionale. Per i grassi saturi i
contributi sono del 30-60% e del 15-30% rispettivamente. Nonostante esistano
notevoli differenze fra un paese e l’altro, risulta chiaro che considerati insieme
questi alimenti forniscono da soli il maggior contributo al consumo di grassi
saturi. Si possono trovare ulteriori informazioni sul consumo alimentare di grassi
totale e di grassi saturi sul sito www.nutrition.org.uk .
È possibile ridurre il contenuto di acidi grassi saturi nel latte?
Sì. La maggior parte degli acidi grassi saturi nel latte è costituita da acidi grassi
a catena media prodotti nella ghiandola mammaria della mucca. Aggiungendo
acidi grassi a catena più lunga alla dieta della mucca si riduce la produzione di
grassi saturi da parte della ghiandola mammaria. Questa ghiandola ha anche la
capacità di trasformare alcuni acidi grassi saturi in grassi insaturi. Il progetto
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Lipgene ha in programma di esaminare come sia possibile manipolare questo
procedimento per produrre latte con un profilo lipidico modificato.
Cambiando la composizione dei grassi del latte si avrà un effetto su altri
nutrienti?
Dipende. Una riduzione del contenuto di grassi nel latte porterà ovviamente ad
una riduzione del contenuto di vitamine liposolubili , ma d’altro canto è possibile
che i livelli di calcio e di proteine siano leggermenete più elevati. È improbabile
che una modifica della composizione lipidica abbia di per sé un effetto rilevante
sugli altri nutrienti.
È possibile modificare il contenuto lipidico della carne cambiando le dieta
degli animali?
Le possibilità sono limitate. Il contenuto di grasso della carne è in gran parte
legato alla razza dell’animale e alla sua età alla macellazione. Generalmente le
razze a maturazione tardiva producono carne più magra. È comunque possibile
modificare la composizione lipidica della carne cambiando la dieta dell’animale.
Perchè il progetto Lipgene cerca di aumentare il contenuto di acidi grassi
n-3 negli alimenti?
È stato dimostrato che un aumento del consumo di acidi grassi a catena molto
lunga n-3 tipici del pesce azzurro ( per esempio EPA e DHA) riduce il rischio di
malattie coronariche e di ipertensione e conferisce altri benefici legati alla
sindrome metabolica. È molto difficile aumentare le concentrazioni di questi acidi
grassi nel latte, ma la cosa è più fattibile nella carne suina e nel pollame. Per
questo il progetto Lipgene si sta concentrando su questi tipi di carne.
Parte quinta: scienza del consumatore
Come si può distinguere
geneticamente modificati?
se
un
alimento
contiene
ingredienti
Guardando le etichette alimentari. Nell’aprile del 2004 sono entrati in vigore
nuovi regolamenti sull’etichettatura GM all’interno dell’ Unione Europea. La
presenza negli alimenti di organismi geneticamente modificati (OGM) o di
ingredienti derivati da OGM deve essere indicata sulle etichette. Non dovranno
invece essere etichettati gli alimenti prodotti con tecnologia transgenica, come
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per esempio i formaggi prodotti con enzimi GM, e i prodotti tipo carne, latte e
uova provenienti da animali nutriti con mangimi GM.
Come verificherà il progetto Lipgene se questa nuova tecnologia è
accettabile al consumatore?
Uno dei workpackage del progetto Lipgene includerà un’analisi del
comportamento dei consumatori nei confronti della sindrome metabolica, delle
nuove tecnologie agroalimentari e dell’uso della genomica nel fornire consigli
nutrizionali su misura. Il pacchetto comprenderà anche una serie di gruppi di
discussione che verranno usati per studiare la consapevolezza del consumatore
e il bisogno di informazione sulla sindrome metabolica.
Parte sesta: economia
A quanto si stima il costo dell’obesità in Europa?
Il costo è molto alto. Si valuta che in certi paesi il costo dell’obesità ammonti fino
al 5% della spesa pubblica sanitaria totale. La maggior parte di questa spesa è
da attibuire alle cure degli anziani che soffrono di condizioni legate all’obesità e
associate alla sindrome metabolica, inclusi pressione sanguigna alta
(ipertensione), diabete di tipo 2 e alti livelli ematici di alcuni grassi (dislipidemia).
Uno degli scopi del progetto Lipgene è quello di stabilire il vero costo dei
problemi di salute legati all’ obesità. Verrà perciò condotta un’analisi economica
dettagliata dei costi sanitari presenti e futuri associati alla sindrome metabolica in
tutta Europa.
Perchè ci si preoccupa del fardello di obesità?
C’è preoccupazione principalmente a causa dell’enorme impatto che l’obesità
potrebbe avere sulla qualità della vita e sulle risorse sanitarie a disposizione. Le
malattie legate all’obesità sono costose da trattare o da controllare e richiedono
un uso intensivo di risorse. Con il progressivo invecchiamento della popolazione
europea (si prevede che entro il 2030 un terzo degli europei supererà i 60 anni di
età) e l’aumento di peso, è molto probabile che il costo del trattamento delle
malattie da obesità debba aumentare.
È più economico il trattamento farmacologico delle malattie legate
all’obesità, inclusa la sindrome metabolica, che non modificare la dieta e l’
attivita fisica?
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Probabilmente no. Nonostante sia stato suggerito che la dieta e l’esercizio fisico
siano meglio del trattamento farmacologico per il diabete legato all’obesità,
alcune farmacoterapie vengono attualmente utilizzate nel controllo di diverse
componenti della sindrome metabolica: le statine, per esempio, sono usate per
migliorare il profilo lipidico del sangue. Alcuni farmaci vengono anche usati per
controllare la pressione sanguigna, l’obesità e gli zuccheri nel sangue.
Uno dei workpackage del progetto Lipgene farà un confronto specifico fra le
implicazioni delle farmacoterapie e le strategie di intervento alimentare a livello di
popolazione (come quelle del pacchetto di nutrizione umana), come mezzo per
affrontare la sindrome metabolica. Questo pacchetto analizzerà in particolare le
implicazioni economiche dell’alterazione della composizione dei grassi
alimentari, come mezzo per ridurre il peso economico associato alla sindrome
metabolica. Il progetto effettuerà infine un’analisi costi-benefici dell’introduzione
di alimenti con contenuto lipidico modificato in relazione all’assistenza sanitaria,
e dell’ attuazione delle nuove tecnologie agroalimentari per quanto riguarda
l’industria alimentare.
Parte sesta: diffusione e dimostrazione
Verranno accettati e consumati i nuovi alimenti?
Verso la fine del progetto verrà prodotta una serie di prototipi alimentari con un
contenuto di acidi grassi ottimizzato. I tipi di cibi comprenderanno formaggio,
latte, pollame e margarina (vedi parte seconda). La loro produzione si avvalerà
delle innovazioni nell’ambito dei processi alimentari, dell’industria dei mangimi e
delle biotecnologie vegetali e sarà basata sui risultati delle ricerche del progetto
Lipgene. L’accettabilità di questi prototipi alimentari come cibi verrà valutata dai
consumatori, tenendo conto della loro stabilità, delle loro proprietà
organolettiche, come sapore, odore e consistenza e della durata di
conservazione.
Come si verrà a sapere di questi nuovi cibi e del progetto Lipgene?
Oltre al workpackage diffusione descritto nella prima parte, si prevede che i
risultati del progetto e le relative attività produrranno pubblicità e interesse
mediatico che a loro volta aiuteranno il pubblico a informarsi ulteriormente sul
progetto Lipgene e su tutti i nuovi prototipi alimentari. Se vuoi tenerti aggiornato
sull’andamento del progetto, registrati al sito www.nutrition.org.uk/lipgene .
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Glossario
Acido docosaesanoico (DHA): acido grasso a catena lunga n-3 (omega-3)
abbondante nei pesci oleosi (vedi anche acido eicosapentaenoico). Dati
epidemiologici e prove cliniche suggeriscono che questi acidi grassi n-3 possono
ridurre il rischio di malattie cardiocircolatorie. I possibili meccanismi includono
proprietà antiaritmiche, miglioramento della funzione endoteliale nei vasi
sanguigni, azione antinfiammatoria e abbassamento delle concentrazioni
ematiche dei trigliceridi.
Acido eicosapentaenoico (EPA): acido grasso a catena lunga n-3 (omega-3)
che abbonda nel pesce oleoso o pesce azzurro come salmone, aringhe e
sgombri (vedi anche acido docosaesaenoico).
Apolipoproteina B: una delle componenti delle lipoproteine a bassa densità che
trasporta lipidi e colesterolo nei tessuti. E’ presente anche nelle lipoproteine a
bassissima densità.
Aterosclerosi: il processo per cui depositi lipidici e fibrosi causano un
ispessimento e un indurimento delle pareti arteriose.
Biotecnologia vegetale: un campo della biotecnologia che comporta
l’introduzione di geni estranei nelle piante, risultando in un miglioramento del
raccolto e nella produzione di nuovi prodotti vegetali. Si scelgono di solito specie
di piante con importanza economica. Esistono due settori di studio principali
all’interno della biotecnologia vegetale: la coltura dei tessuti e l’ingegneria
genetica.
Citochine: piccole proteine simili agli ormoni rilasciate dai leucociti, dalle cellule
endoteliali e da altre cellule per promuovere una risposta immunitaria ed
antinfiammatoria a una lesione.
Colesterolo HDL (lipoproteina ad alta densità): particelle lipidiche circolanti
definite dalle loro dimensioni, densità e contenuto di apolipoproteina. Le
particelle HDL trasportano il colesterolo dalle cellule al fegato, dove vengono
degradate, e sono responsabili della rimozione di eccessivo colesterolo dal
sangue impedendone così l’accumulo nelle pareti delle arterie. Per questo
motivo il colesterolo HDL è chiamato colesterolo “buono”. Livelli elevati di
colesterolo HDL sono associati a un basso rischio di malattie coronariche.
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Colesterolo LDL (lipoproteina a bassa densità): le particelle LDL portano il
colesterolo ai tessuti dove è necessario per le strutture membranose o per
sintetizzare ormoni steroidali e acidi biliari. Troppo colesterolo LDL nel sangue
provoca un accumulo ( o placche) nelle pareti delle arterie. Questi accumuli
possono infine portare a ischemie e trombosi impedendo un’adequata irrorazione
sanguigna e ossigenazione dei tessuti. Se questa ostruzione si produce nei vasi
che alimentano il muscolo cardiaco, si può verificare un attacco di cuore. Per
questo motivo il colesterolo LDL viene definito colesterolo “cattivo”. Una dieta ad
alto contenuto di grassi può risultare in un elevato livello di colesterolo LDL nel
sangue.
Colesterolo LDL (lipoproteina a bassa densità) con particelle piccole e
dense: le particelle LDL variano di dimensioni, densità, composizione e proprietà
fisico-chimiche. Un aumento nella proporzione di LDL piccole e dense è
associato a un aumento di rischio cardiocircolatorio. Questo è stato attribuito a
diversi fattori, tra cui una maggiore suscettibilità alle modifiche ossidative e una
efficiente infiltrazione nelle pareti arteriose.
Dislipidemia: concentrazione anomala di uno o più lipidi nel sangue, come per
esempio un elevato livello di colesterolo LDL (lipoproteina a bassa densità), un
tasso elevato di trigliceridi o un basso livello di colesterolo HDL (lipoproteina ad
alta densità).
Fenotipo: le caratteristiche fisiche di un individuo risultanti dalla combinazione di
fattori genetici e ambientali. Per contrasto, il genotipo è solamente l’assetto
genetico (genoma) di un individuo (vedi genotipo).
Folato/acido folico: il folato è una vitamina del gruppo B che si trova nella
verdura a foglie verdi (specialmente nei cavolini di Bruxelles, negli spinaci,
fagiolini e piselli), nelle patate, nella frutta (soprattutto le arance), nel latte e
latticini. Una forma sintetica di folato (acido folico) si trova anche in alcuni cibi
fortificati (per esempio cereali da colazione, pane, estratto di lievito) e negli
integratori vitaminici. Il folato/acido folico è necessario per la formazione di
cellule del sangue sane e riduce il rischio di sviluppare difetti del tubo neurale
durante la gravidanza.
Gene: unità ereditaria del cromosoma che controlla un particolare carattere
trasmissibile di un individuo.
Genetico/a: ereditario/a. Una malattia genetica è una malattia che viene
ereditata attraverso un gene difettoso.
Genoma umano: l’intera sequenza genetica umana (circa 30.000 geni).
Genotipo: la costituzione genetica (genoma) di una cellula, di un individuo o di
un organismo. Il genotipo differisce dal fenotipo che rappresenta invece le
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caratteristiche fisiche (vedi fenotipo). Alcuni fattori ambientali, come il fumo,
l’alcol e la dieta, possono influenzare il genotipo e la variazione genetica
individuale ne può esacerbare l’impatto come fattori di rischio per certe malattie.
Indice di massa corporea (IMC): un indice di obesità calcolato come peso in
chilogrammi diviso per l’altezza in metri al quadrato [peso (kg) : altezza (m)2 ] .
Iperglicemia: concentrazione di glucosio nel sangue più alta della norma, il più
delle volte associata al diabete mellito.
Ipertensione: pressione sanguigna elevata, solitamente definita come una
pressione arteriosa uguale o superiore a 140/90 mmHg.
Ipertrigliceridemia: concentrazione di triglicerdidi nel sangue al di sopra dei
valori normali o di riferimento.
Iperuricemia: eccesso di acido urico nel sangue che può portare all’insorgenza
di gotta.
Lipoproteine a densità molto bassa (VLDL): una classe di lipoproteine che
trasportano i trigliceridi dal fegato ai tessuti adiposi e muscolari. Sono prodotte
principalmente nel fegato e contengono essenzialmente trigliceridi nel nucleo
lipidico.
Metilenetetraidrofolato reduttasi (MTHFR): enzima necessario per trasformare
l’omocisteina in metionina. Se l’attività di questo enzima è compromessa
aumentano i livelli ematici di omocisteina.
Microalbuminuria: escrezione di piccole quantità di albumina (una proteina)
rilevabile all’esame delle urine.
Monoinsaturi (acidi grassi monoinsaturi): acidi grassi contenenti un solo
doppio legame nello scheletro carbonioso.
Obesità addominale: l’accumulo di grasso corporeo intorno alla parte centrale
del corpo (regione dello stomaco).
Omocisteina: amminoacido contenente zolfo derivato dalla trasformazione
metabolica della metionina (un amminoacido essenziale). La trasformazione
dipende dalle vitamine tipo folato, B12 e B6 come cofattori o cosubstrati. Un
eccesso di omocisteina nel sangue può irritare i vasi sanguigni producendo danni
e ispessimento delle pareti arteriose (aterosclerosi).
Polimorfismo: l’esistenza della variazione di una caratteristica genetica in una
popolazione, troppo comune per essere unicamente dovuta ad una nuova
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mutazione. Un polimorfismo deve avere una frequenza almeno dell’1% in una
popolazione.
Polinsaturi n-3 (omega-3): acidi grassi con più di un doppio legame e col primo
doppio legame sul terzo atomo di carbonio rispetto al gruppo metilico terminale
(-CH3 ) della molecola. Questi grassi comprendono l’acido alfalinoleico (C18:3),
derivato, fra gli altri, da colza, noci, soia e miscele di oli vegetali; l’acido
eicosapentaenoico (C20:5) e l’acido docosaesaenoico(C22:6), la cui fonte
proncipale è il pesce azzurro (vedi anche acido eicosapentaenoico e acido
docosaesaenoico).
Polinsaturi n-6 (omega n-6): acidi grassi con più di un doppio legame e col
primo doppio legame sul sesto atomo di carbonio rispetto al gruppo metilico
terminale (-CH3 ) della molecola. Questi sono i tipici acidi grassi degli oli vegetali,
come olio di semi di girasole, mais e soia, e delle loro margarine spalmabili.
Proteina C reattiva: una proteina plasmatica i cui livelli nel sangue aumentano
durante i processi infiammatori.
Sistema nervoso simpatico: parte del sistema nervoso che prepara il corpo
all’attività innalzando la pressione sanguigna e accelerando la frequenza
cardiaca.
Statine: un gruppo di farmaci che riduce la concentrazione di colesterolo LDL nel
sangue.
SUVIMAX: Lo studio “Supplémentation en Vitamines et Minéraux Antioxydants”
(SUVIMAX) è uno studio prospettico a livello di popolazione comprendente
13.000 uomini e donne dell’età di 45-60 anni e di 35-60 anni rispettivamente, che
sono stati studiati in Francia per un periodo di sette anni. Durante lo studio sono
stati raccolti dati sulle caratteristiche biochimiche, cliniche e genetiche e sui
consumi alimentari dei soggetti.
Tolleranza al glucosio: La capacità dell’organismo di metabolizzare i carboidrati
e di utilizzare e immagazzinare il glucosio in modo efficiente. Un test di tolleranza
al glucosio viene normalmente usato per aiutare nella diagnosi del diabete.
Variazione genetica: variazione nella sequenza o codice genetico.
Vitamine liposolubili: le vitamine A, D, E e K.
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