scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara

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scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
Rassegna Stampa del 14 marzo 2014
INDICE
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
14/03/2014 Il Sole 24 Ore
Regioni: i risparmi restino nella sanità
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14/03/2014 Il Sole 24 Ore
Commissariamenti e diffide per le Regioni inadempienti
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14/03/2014 Il Sole 24 Ore
Per le cure in ambulatorio niente esenzioni
7
14/03/2014 Il Sole 24 Ore
Sui farmaci «off label» arriva il decreto legge
8
14/03/2014 Il Sole 24 Ore
Nuove tabelle sugli stupefacenti
9
14/03/2014 La Repubblica - Bologna
Il Sant'Orsola a caccia di soldi mette in vendita tre padiglioni
11
14/03/2014 La Repubblica - Genova
Medici universitari, allarme San Martino
12
14/03/2014 La Stampa - Nazionale
«Pap test addio meglio il Dna»
13
14/03/2014 La Stampa - Torino
Del Favero lascia Torino e la Città della Salute
14
14/03/2014 Il Messaggero - Nazionale
Scontro nel governo sulla nuova stretta per le droghe leggere
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14/03/2014 Il Messaggero - Nazionale
Farmaci, c'è la stretta contro i "cartelli"
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14/03/2014 QN - Il Resto del Carlino - Bologna
Per il Malpighi un futuro in vendita Il Sant'Orsola verso la rivoluzione
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14/03/2014 Avvenire - Nazionale
Donne e aborto Il diritto negato? Poterci ripensare
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14/03/2014 Il Foglio
L'Onu inventa il "diritto al condom"
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14/03/2014 Il Foglio
Quel che il palloncino non spiega
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14/03/2014 Il Tempo - Roma
Vertenza Fatebenefratelli Bocce ferme fino al 24
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14/03/2014 QN - La Nazione - Firenze
Prelievi e visite specialistiche La sanità sposa la sinergia
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14/03/2014 MF - Nazionale
A Tbs 40 milioni dagli ospedali toscani
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14/03/2014 Il Venerdi di Repubblica
alzheimer e cancro. uno studio rivela: l'uno esclude l'altro
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14/03/2014 L'Espresso
ASSALTO ALL'AMBULANZA Fuori i volontari, il soccorso diventa un affare. Tra
politica, mafia, sfruttamento e servizio ad alto rischio
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14/03/2014 L'Espresso
BISTURI no grazie
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE
21 articoli
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Il Sole 24 Ore
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Asl e ospedali. A rischio il Patto per la salute
Regioni: i risparmi restino nella sanità
LE IPOTESI Non è stata ancora accantonata la possibilità di ridurre il Fondo sanitario che nei prossimi anni
crescerà di 7,6 miliardi
R. Tu.
Il fuoco di sbarramento, dal ministro Beatrice Lorenzin ai governatori, è stato bipartisan: «Giù le mani dalla
sanità. Ai tagli ci pensiamo noi col Patto per la salute. E i risparmi li teniamo in sanità, altrimenti non si farà
alcun Patto». All'insegna del «no money, no Patto» è ormai guerra di trincea sulla spending review versante
sanità.
Al di là delle (tiepide) parole spese da Carlo Cottarelli sulla sua prossima "manovra sanitaria", come delle
scarse rassicurazioni fin qui fornite da Matteo Renzi, anche sulla sanità si sta giocando infatti una partita
delicatissima per il Governo, stretto tra le tenaglia della Ue e la necessità di far cassa per finanziare la sua
«cura shock». Ma anche cosciente che ridurre la spesa per la salute sarebbe come sfiorare i fili dell'alta
tensione con gli italiani, tanto più in vista delle elezioni europee.
Di fatto, nonostante finora Cottarelli si sia "limitato" a parlare di tagli ai ricoveri inutili e all'applicazione dei
costi standard, rinviando la patata bollente delle scelte al «Patto per la salute», dal Governo nei giorni scorsi
sono state fatte balenare ipotesi di lavoro nient'affatto tranquillizzanti per i sostenitori del Ssn. Una ricetta che
andava dal recupero dei 2 miliardi per l'abbandono dei ticket aggiuntivi, fino a 6-800 mln in più sui farmaci, ad
almeno altri 500 mln sui dispostivi medici. E poi l'intervento sui Lea (livelli di assistenza), naturalmente una
spuntatona all'acquisto di beni e servizi con le centrali d'acquisto e un ruolo forte della Consip, passando per
le tariffe dei privati, gli sprechi censiti certosinamente, e via dicendo. Qualcosa che fin da quest'anno
potrebbe valere 4-5 mld. E naturalmente crescere nei due anni successivi.
Ma non solo. Perché a chiudere il cerchio delle intenzioni ci sarebbe anche la volontà di non lasciare nel Ssn
i risparmi. Ma di levarne più di una parte, riducendo il Fondo sanitario che nei prossimi due anni è destinato a
crescere di 7,6 mld. Proposta fermata finora. Ma nient'affatto sotterrata. Di qui quel «no money, no Patto» di
tutta risposta arrivato a palazzo Chigi dai governatori. Che però non hanno ancora vinto. Anzi.
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Sanità. Coinvolti anche gli enti a statuto speciale
Commissariamenti e diffide per le Regioni inadempienti
L'IMPIGNORABILITÀ I fondi salvati dalle decisioni dei giudici, e solo quelli, dovranno subito esser spesi per
garantire l'assistenza sanitaria
Paolo Del Bufalo
Stop ai tempi biblici di pagamento dei fornitori del servizio sanitario nazionale che superano in alcune aziende
(tutte del Sud) anche i 3,5 anni. E stop a debiti verso le imprese che ormai si aggirano sui 6 miliardi. Per
cancellare i debiti del Ssn verso i creditori e garantire tempi di pagamento certi in regola con le indicazioni
dell'Ue - che per la sanità sono di 60 giorni - il Governo mette in campo risorse fresche come per tutta la
pubblica amministrazione, ma soprattutto, in cambio, prevede diffide e commissariamenti per gli
inadempienti. E questo dovrà valere anche per le regioni a statuto speciale.
Il disegno di legge appena approvato dal Consiglio dei ministri riapre anche la partita dell'impignorabilità delle
risorse delle Regioni in rosso per tutelare i livelli essenziali di assistenza, purché i fondi "salvati" dalle
decisioni dei giudici, e solo quelli, siano immediatamente spesi per garantire l'assistenza sanitaria.
Per garantire «l'integrale copertura finanziaria» degli squilibri di cassa le disposizioni prevedono varie
situazioni. Se ad esempio la Regione che «ha operato distrazioni di cassa» ma non ha chiesto le anticipazioni
di liquidità per recuperare lo squilibrio, avrà l'obbligo di chiederle, nella misura necessaria a coprire le risorse
mancanti. Se non lo farà sarà «diffidata a trasferire risorse alle aziende sanitarie» e si attiverà il
commissariamento.
C'è anche il caso di chi, pur avendo chiesto le anticipazioni, ha fatto investimenti utilizzando la parte corrente
del fondo sanitario, squilibrando ancora una volta i bilanci. In questo caso o dimostrerà condizioni economico
finanziarie tali da garantire il rispetto dei tempi di pagamento oppure ancora una volta scatteranno diffide e
commissariamenti.
Le procedure questa volta varranno anche per le «autonomie speciali», chiarisce il Ddl. Che dovranno fornire
i dati per la verifica sui tempi di pagamento in base ai quali, se dovessero emergere criticità, saranno tenute
come le altre Regioni ad accedere alle anticipazioni, diffida e commissariamento eventuale compresi per gli
inadempienti.
Torna poi in campo il blocco dei pignoramenti dei fondi delle Regioni in rosso per garantire in queste
l'erogazione dell'assistenza sanitaria. Ma per rispettare le sentenze della Consulta che hanno già dichiarato
incostituzionale il meccanismo se l'amministrazione dell'azienda sanitaria non quantifica ogni tre mesi
preventivamente gli importi necessari ai pagamenti da "bloccare", il Ddl prevede l'obbligo per il tesoriere, al
momento dell'adozione della delibera di impignorabilità, di «rendere immediatamente disponibili» le somme
relative per le aziende sanitarie per «la tutela dei livelli essenziali di assistenza». Tutela per le imprese sì,
quindi, ma anche per la salute dei cittadini.
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SENZA RICOVERO
Per le cure in ambulatorio niente esenzioni
R.Po.
Una cessione di beni, come i medicinali citostatici prescritti nell'ambito di un trattamento ambulatoriale contro
il cancro da medici che esercitano come professionisti indipendenti all'interno di un ospedale, non può essere
esentata dall'Iva a meno che tale cessione sia materialmente ed economicamente inscindibile dalla
prestazione di cure mediche principale. In sostanza, in caso di pazienti che effettuano cure contro il cancro,
non in forma di ricovero ospedaliero ma in ambulatorio e con medici curanti privati e non dipendenti della
struttura ospedaliera, devono pagare l'Iva sui medicinali forniti dalla farmacia ospedaliera, solo se tale
cessione sia "materialmente ed economicamente" scindibile dalla prestazione principale di "cure mediche".
Questo quanto deciso dalla Corte Ue nella sentenza depositata ieri, relativa alla causa C-366/12, nella quale
erano interessati il fisco tedesco e una clinica di Dortmund. Secondo la Corte, i giudici locali che hanno
sollevato la questione pregiudiziale devono verificare le condizioni e quale delle due operazioni (la cessione
dei farmaci o la prestazione sanitaria di cura) sia la principale e quale sia quella accessoria.
Per la Corte Ue, ai sensi dell'articolo 13 della VI direttiva Iva (articolo 10, Dpr 633/72), per quanto riguarda la
possibilità di esentare una cessione di beni, eccettuate le piccole forniture che sono strettamente necessarie
al momento delle prestazioni mediche (ad esempio cerotti, disinfettanti ecc.), la cessione dei medicinali e
degli altri beni è materialmente ed economicamente separabile dalla prestazione di servizi e non può pertanto
essere esentata da Iva ma deve essere soggetta ad imposta, come normalmente avviene per le vendite in
farmacia. La fattispecie esaminata, quindi, va valutata con un altro metodo e deve essere esaminata con
riguardo alla rilevanza del medicinale fornito o della prestazione resa.
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Salute. Oggi al Cdm
Sui farmaci «off label» arriva il decreto legge
Niente più casi Roche-Novartis sui farmaci off label meno costosi ma non concessi gratis dal Ssn perché non
autorizzati. Il ministro Beatrice Lorenzin presenterà oggi in Consiglio dei ministri un decreto legge che
prevede per l'Aifa (Agenzia del farmaco) la possibilità di avviare da sé sperimentazioni sui farmaci da usare
fuori indicazione. Oggi l'uso di questi farmaci è vietato se non sono disponibili sperimentazioni almeno di fase
II. Col decreto, se un medicinale è usato fuori indicazione in altri Paesi o ci sono studi indipendenti, l'Aifa
potrà contattare l'azienda titolare del brevetto per acquisire l'assenso alla sperimentazione e l'azienda potrà:
concedere l'assenso, avviare (a proprie spese) la sperimentazione od opporsi ma inciampando nella "gogna"
della pubblicità sul sito Aifa. In caso di risultati positivi, il farmaco sarà autorizzato a carico del Ssn ma per
consentirne l'uso l'Aifa potrà iscrivere provvisoriamente il farmaco fra i farmaci autorizzati. Se i dati anche
parziali della sperimentazione fossero negativi, o ne facessero emergere la non sicurezza, l'Aifa potrà
immediatamente vietarne l'uso fuori indicazione.
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Legge Fini-Giovanardi. Dopo la decisione della Consulta la presentazione al Consiglio dei ministri
Nuove tabelle sugli stupefacenti
Per la Cassazione differenti orientamenti sulle condanne definitive
Giovanni Negri
MILANO
Grandi manovre dopo la sentenza della Corte costituzionale sulla legge Fini Giovanardi che ha di fatto
ripristinato la distinzione tra droghe pesanti e leggere. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha
trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, chiedendone l'iscrizione urgente al prossimo Consiglio
dei ministri, uno schema di decreto legge che ripristina le due tabelle contenenti le sostanze stupefacenti
aggiornate alla data della pronuncia della Consulta «nonché la relativa disciplina previgente, su cui la Corte
costituzionale non ha formulato censure».
E il Massimario della Cassazione osserva che la pronuncia «ha forti ricadute nella fase dell'esecuzione» e
una delle questioni più serie da esaminare è quella se il regime sanzionatorio di maggior favore per le droghe
leggere può trovare applicazione» anche dove «sia ormai intervenuta sentenza passata in giudicato». Sul
tema si registrano due contrastanti orientamenti.
In base al primo orientamento «spetta al giudice dell'esecuzione il compito di individuare tale porzione di
pena e di dichiararla non eseguibile, previa sua determinazione ove la sentenza del giudice della cognizione
abbia omesso di indicarne specificamente la misura, ovvero abbia proceduto al bilanciamento tra
circostanze». In altri termini, spetta al giudice dell'esecuzione, che vigila appunto sull'attuazione della pena,
rideterminare la pena stessa alla luce della sentenza della Consulta.
Il secondo orientamento giunge invece «a conclusioni opposte» ed è contenuto in una sentenza del 2012
della prima sezione della Cassazione, in cui si afferma che «la pena inflitta con la condanna irrevocabile resta
insensibile alla sopravvenuta modificazione, in senso favorevole al reo, delle disposizioni penali (...) con la
conseguenza - in ipotesi - della doverosa espiazione di una pena addirittura superiore al massimo edittale
fissato dalla norma incriminatrice successivamente novellata».
Per quanto riguarda le conseguenze sui termini di fase delle misure cautelari in atto, il Massimario ritiene che
è necessario procedere a rideterminarli in relazione alle sanzioni oggi ripristinate dopo la dichiarazione di
incostituzionalità. «In ragione del fatto che i limiti massimi ripristinati a seguito della eliminazione delle norme
incostituzionali, per le ipotesi diverse dal comma 5, appaiono identici ovvero più favorevoli, può argomentarsi
che, alle condotte commesse nella vigenza della legge di conversione n. 46 /2006 andranno applicati i termini
cautelari "di favore" oggi previsti per effetto della reviviscenza del precedente testo».
Nessun dubbio invece per le condotte successive alla pubblicazione della sentenza della Corte
costituzionale (né per quelle anteriori all'entrata in vigore della legge n. 46 del 2006 - ipotesi di fatto assai rara
in concreto, dato il tempo trascorso e quello previsto per i termini cautelari, soprattutto perché la norma
dichiarata incostituzionale era peggiorativa a causa degli assai più alti limiti edittali previsti per le droghe
leggere).
E dalla Corte di cassazione è arrivata ieri anche un'ulteriore indicazione: la sentenza n. 12178 della Terza
sezione penale ha infatti chiarito che anche la condanna frutto del patteggiamento ma a una pena superiore
al massimo oggi applicabile deve essere oggetto di revisione.
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LA RELAZIONE
In breve a seguito della variazione tabellare, con riferimento ai possibili effetti derivanti dalla sentenza
costituzionale n. 32/2014, la settima sezione, ove rilevi l'illegalità della pena inflitta in ragione della pronuncia
della citata sentenza, potrà:
a) annullare con rinvio per la rideterminazione della pena;
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Il Sole 24 Ore
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
b) procedere direttamente alla rideterminazione della pena in base a quanto previsto dall'art. 620 cod. proc.
pen.;
c) annullare senza rinvio le sentenze di patteggiamento con trasmissione degli atti per l'ulteriore corso;
d) annullare senza rinvio per intervenuta estinzione del reato per prescrizione, nei limiti indicati nel paragrafo
2.2.
Cassazione, Ufficio del massimario relazione n. 20 del 2014
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La Repubblica - Bologna
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(diffusione:556325, tiratura:710716)
Il Sant'Orsola a caccia di soldi mette in vendita tre padiglioni
r.d.r.
PADIGLIONI demoliti, ricostruiti o addirittura venduti. Per cambiare faccia al Sant'Orsola. «Preso atto
dell'impossibilità di costruire un ospedale completamente nuovo, la soluzione è quella di ristrutturare quello
esistente cercando di modificare radicalmente le strutture». Così i vertici dell'azienda sanitaria, nella delibera
che approva il bilancio preventivo del 2014, tracciano la rotta per ammodernare il policlinico. Con alcuni
provvedimenti - la cui fattibilità è tutta da verificare - che hanno lasciato a bocca aperta in molti. L'idea più
clamorosa è la vendita in blocco di tre grossi padiglioni: l'1 (cioè il Palagi, già da tempo in procinto di essere
venduto), il2e il 3. In pratica l'area del Malpighi, che potrebbe essere alienata dopo aver concentrato «le
attività cliniche, assistenziali e di supporto nell'area del Sant'Orsola». Non è finita qui. L'alienazione dei
padiglioni servirebbe infatti a recuperare soldi per il piano triennale degli investimenti 2014-2016.
Dove si prevede da una parte la ristrutturazione di alcuni padiglioni (a partire da quelli storici, più vecchi e
disagiati). Dall'altra, la demolizione e ricostruzione di strutture nuove di zecca. (r.d.r.)
Foto: MANAGER Il direttore sanitario del policlinico Sant'Orsola Sergio Venturi
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Il caso/2 Il piano contenuto nella delibera sul bilancio preventivo 2014
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La Repubblica - Genova
Pag. 7
(diffusione:556325, tiratura:710716)
In 150 si autoconvocano al Dimi: il nuovo rettore non ci azzeri nella ricerca Il timore è nel futuro assetto di
essere solo usati per l'assistenza senza formazione
GIUSEPPE FILETTO
QUASI da carbonari. Centocinquanta medici universitari ieri pomeriggio si sono autoconvocati al Dimi.
Non lo facevano da quando la Riforma Gelmini ha abolito i Consigli di Facoltà. I professori in camice bianco
temono che la nuova convenzione, che il Rettore sta stilando tra università ed ospedale San Martino, e vuole
firmare prima della scadenza del suo mandato, non garantisca la ricerca, la formazione e la didattica
all'interno degli spazi ospedalieri. «Abbiamo il sospetto che l'ospedale voglia farsi carico soltanto
dell'assistenza e non voglia tener conto del resto», fanno sapere i medici universitari.
Tutto questo troverebbe riscontro nel trasferimento di tutti i reparti all'interno delle mura ospedaliere, che la
direzione generale dell'Azienda Ospedaliera ed Universitaria Irccs-San Martino ha iniziato da tempoe sta
ultimando in questi giorni. Tant'è che lo stesso preside di Medicina e Chirurgia, Roberto Fiocca, ammette i
timori: «Che tutto questo porti ad una contrazione di spazi e quindi ostacoli l'attività di ricerca e di didattica».
Nulla di tutto ciò, invece, per il rettore, che ieri si trovavaa Roma proprio per lavorare su un modello di
convenzione, condiviso dalla Conferenza dei Rettori di tutta Italia. «Posso dire che è estremamente protettiva
per i medici universitari - ripete Giacomo Deferrari - ed i professori si ricrederanno, quando la vedranno. Certo
- ammette il Rettore - è da tre anni che ne parliamo con la Regione e non riusciamo a trovare una quadra.
Ma non ci possono essere timori: la didatticae la formazione sono fatte nella aule dell'università e nelle corsie
degli ospedali. Tutto il resto, però, è frutto della fantasia, di chi vuole farsi un po' di campagna elettorale».
Deferrari non è più candidabile, per raggiunti limiti di età. La corsa a guadagnare il più alto scranno di via
Balbi è iniziata ed i candidati sono quattro: Maurizio Martelli (attuale pro-rettore), Paolo Comanducci (preside
della Scuola di Scienze Sociali), Aristide Massardo (preside di Ingegneria) e Alessandro Verri (vice preside
della Scuola di Scienze Fisiche e Matematiche).
I 300 clinici, comunque, sostengono di non conoscere nulla di quanto si sta scrivendo nel "protocollo di
intesa" tra ospedale ed ateneo. Assenza di comunicazione, soprattutto dopo la soppressione dei Consigli di
Facoltà, a cui partecipavano tutti. «Con l'istituzione dei Consigli di Scuola, a cui fanno parte 32 docenti eletti,
viene a mancare il momento assembleare», spiega Fiocca. D'altra parte, anche lui conferma di non
conoscere la nuova convenzione e di essere consapevole della carenza di risorse da parte del "San Martino",
perciò preoccupato quanto gli altri, ma «di non intravedere alcuna volontà da parte dell'Irrcs di ostacolare la
ricerca e la formazione».
Foto: I medici universitari preoccupati per il loro futuro
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 14/03/2014
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Medici universitari, allarme San Martino
14/03/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:309253, tiratura:418328)
«Pap test addio meglio il Dna»
Marco Accossato
Dagli esperti americani via libera all'analisi alternativa che il Piemonte ha già sperimentato con successo A
PAGINA 20 Addio Pap test, c'è un esame più efficace. Contro il cancro al collo dell'utero anche la Food and
Drug Administration raccomanda l'analisi Hpv del Dna. Esperti incaricati dall'ente governativo statunitense
hanno appena dato parere positivo a quanto dimostrato da diversi studi internazionali, il più importante dei
quali condotto in Italia dal Centro Prevenzione Oncologica delle Molinette di Torino, dagli studiosi svedesi del
Karolinska Institutet di Stoccolma, dagli inglesi della London School of Hygene e dell'Università di
Manchester, e dagli olandesi della Vrje Universitet di Amsterdam. «Il test Hpv - spiega l'epidemiologo torinese
Guglielmo Ronco che ha coordinato la ricerca su oltre 175 mila donne in quattro Paesi del mondo permette di
ridurre del 60-70 per cento l'incidenza dei tumori invasivi del collo dell'utero rispetto al pap-test». Almeno per
questa volta gli Stati Uniti arrivano in realtà dopo l'Italia. Nel nostro Paese l'esame Hpv ha appena sostituito in
nove regioni - Piemonte capofila - il pap test in seguito alla pubblicazione (nel 2010) dello studio del professor
Ronco sulla rivista «The Lancet». Gli statunitensi della Fda si sono comunque espressi con 13 voti a zero a
favore della modifica dello screening. Il che lascia intendere che il test Hpv sarà destinato a rimpiazzare
gradualmente ma completamente l'altro esame, che per ora affianca ancora in qualche centro il nuovo
metodo d'indagine sulle cellule cancerogene. «Il cambiamento - conferma il professor Ronco - non può
essere fatto da un giorno all'altro anche perché si dovranno attrezzare i centri specializzati e formare gli
operatori». Il cancro alla cervice uterina provoca ogni anno mille vittime, con tremila nuovi casi ogni dodici
mesi: il 6,2 per cento di donne corre il rischio di sviluppare questo tipo di tumore fra 0 e 74 anni di età. Lo
studio italiano è il più esteso mai condotto. Il nuovo test sarà destinato inizialmente alle donne fra i 30 e i 64
anni di età, «poiché sotto i 30 anni precisa l'epidemiologo Ronco l'esame del Dna rileva ancora molte lesioni
destinate a regredire spontaneamente». La ricerca ha scoperto non solo la maggiore efficacia del nuovo
esame rispetto al tradizionale, ma ha permesso di definire meglio tempi e modi di indagine alla ricerca dei
segnali premonitori del tumore alla cervice uterina: intervalli fra un controllo e l'altro, età delle donne, tipi di
approfondimento per chi risulta positiva. Non ultimo, «ha dimostrato che eseguire il test ogni 5 anni invece
che 3, come avviene con il pap test, non diminuisce l'efficacia e porta anzi a una riduzione della spesa
sanitaria di circa il 20 per cento».
L'esame Il Pap test è un test citologico: studia con l'aiuto del microscopio le cellule prelevate dal collo uterino
individuando le forme pretumorali e tumorali
1000
vittime Sono quelle, ogni anno, per il tumore al collo dell'utero
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 14/03/2014
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Studio italiano promosso
14/03/2014
La Stampa - Torino
Pag. 45
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Del Favero lascia Torino e la Città della Salute
Il direttore generale della Città della Salute lascia Torino il prossimo 19 marzo. Il dottor Angelo Del Favero è
stato nominato ai vertici dell'Istituto Superiore di Sanità: guiderà il più importante centro di ricerca e
consulenza scientifica d'Italia. La notizia era nell'aria, ma ora c'è una data. La firma del ministro della Salute,
Beatrice Lorenzin, c'era da tempo, ma si è attesa la nomina del nuovo governo per il cambio ai vertici.
Nominato nel gennaio del 2014 dalla giunta Cota, Del Favero era uno dei due manager della sanità che
avrebbero dovuto restare in carica 5 anni considerate le dimensioni della maxi azienda ospedaliera che
dirige. Ancora nessuna certezza sul successore: da mesi circolano i nomi di Maurizio Dall'Acqua, oggi dg
all'Asl To2, Giorgio Rabino, Maurizio Dore, Gian Paolo Zanetta e Mario Pasino.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 14/03/2014
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Il direttore generale delle Molinette
14/03/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:210842, tiratura:295190)
La Lorenzin vuole inserire nel decreto le norme della legge cancellata. Orlando: caos per le carceri
Silvia Barocci
ROMA È scontro nel governo sulle droghe leggere. Un mese fa la Corte Costituzionale aveva bocciato la
legge Fini-Giovanardi che le equiparava alle droghe pesanti. Ma il ministro della Salute Lorenzin porterà oggi
in Consiglio dei ministri un testo di decreto legge che reintroduce le vecchie tabelle sulle droghe. Il ministro
della Giustizia Orlando, alle prese con l'emergenza carceri, è contrario. Barocci a pag. 15 ROMA E' trascorso
un mese esatto da quando la Corte Costituzionale ha bocciato la legge Fini-Giovanardi che aveva equiparato
le droghe pesanti a quelle leggere, contribuendo in tal modo a riempire le già sovraffollate carceri italiane di
spacciatori di cannabis puniti con la stessa durezza riservata a quelli di cocaina o di eroina. La questione è
tutt'altro che chiusa. Anzi, rischia di diventare la prima grana per il governo Renzi. L'EMERGENZA Il ministro
della Salute Beatrice Lorenzin porterà oggi in Consiglio dei ministri un decreto legge sulle droghe non
condiviso dal collega della Giustizia Andrea Orlando. Perché, di fatto, il testo reintroduce le tabelle sulle
sostanze stupefacenti previste dalla Fini-Giovanardi e, di conseguenza, farebbe rivivere la stretta sulle
droghe leggere. Il Guardasigilli, alle prese con l'emergenza carceri, trova inaccettabile un simile passo
indietro. Fonti di Via Arenula, nella tarda serata di ieri, assicuravano che gli uffici tecnici erano al lavoro alla
ricerca di un compromesso. Certo è che in Cdm Orlando ha tutta l'intenzione di discutere e di approfondire un
testo che, se passasse nella versione originale, farebbe tramontare la speranza di alleggerire i penitenziari
italiani (61mila detenuti su 47 mila posti). All'indomani della bocciatura della Fini-Giovanardi, il Dap aveva
stimato in circa 8-10mila i detenuti potenziali beneficiari della distinzione tra droghe pesanti e leggere con
conseguenti pene più basse per le seconde. Ma il numero sarebbe realisticamente più basso, anche perché
la decisione sulla scarcerazione non sarebbe automatica ma assunta, caso per caso, dal giudice
dell'esecuzione sulla base del principio della pena più favorevole al reo. Questa "carta" Orlando ha tutta
l'intenzione di giocarsela a Strasburgo (assieme a misure già adottate come i decreti svuota-carceri e altre in
fase di conversione come i ddl sulla custodia cautelare e sulla messa alla prova). Il rischio è che dal 28
maggio l'Italia incorra in multe salatissime da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo. LA SALUTE La
questione presenta indubbiamente un risvolto ideologico. La politica sulle droghe è un terreno non facile di
confronto tra Pd e Ncd, cui rispettivamente appartengono Orlando e Lorenzin. Il ministro della Salute, dal
canto suo, ritiene «necessario ed urgente» un intervento «per diradare le nebbie» di «migliaia di operatori
sanitari e di pazienti». La sentenza della Consulta ha infatti avuto come conseguenza la cancellazione delle
due tabelle sugli stupefacenti che censivano anche le nuove droghe sintetiche classificate negli ultimi anni.
Da qui la necessità di ritornare alle vecchie tabelle e alle vecchie norme che - a detta del ministro Lorenzin sarebbero state bocciate dalla Consulta solo «per motivi procedurali», vale a dire per le improprie modifiche
che furono introdotte in sede conversione in legge. Col risultato, però, che ciò che è uscito dalla porta (della
Consulta) rischia di tornare dalla finestra (di Palazzo Chigi).
La droga tra i giovani
Consumo di stupefacenti da par te di studenti (15-19 anni) una o più volte nei 12 mesi precedenti l'indagine
Su 100 giovani
X,XX +0,01 EROINA 2013 2012 Differenza in punti percentuali1,33 1,12 2,01 1,86 2,08 1,72 +0,15 +2,29
+0,21 +0,36
ANSA COCAINA CANNABIS STIMOLANTI ALLUCINOGENI Fonte: Relazione annuale al Parlamento 2013
Foto: I SEQUESTRI Negli ultimi anni è in grande crescita la scoperta di coltivazioni di marijuana
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 14/03/2014
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Scontro nel governo sulla nuova stretta per le droghe leggere
14/03/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 15
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Farmaci, c'è la stretta contro i "cartelli"
STOP AD ALTRI CASI NOVARTIS-ROCHE VERIFICHE SUI PRODOTTI E LISTA PUBBLICA DI CHI
EVITERÀ I TEST
Carla Massi
ROMA Otto giorni fa la decisione dell'Antitrust di multare (180 milioni di euro) due multinazionali, Novartis e
Roche, per aver fatto cartello su due farmaci oculistici Avastin e Lucentis. Ieri il ministro della Salute Lorenzin
ha annunciato che ha pronto un decreto per fermare nuovi possibili accordi tra le aziende. Oggi il testo sarà
presentato al Consiglio dei ministri. I PAZIENTI L'intesa tra le multinazionali, solo nel 2012, è costata oltre 45
milioni di euro al servizio sanitario nazionale. Con possibili maggiori costi futuri stimati per oltre 600 milioni di
euro l'anno. Da qui, dalle difficoltà dei pazienti, dalle denunce degli oculisti e dall'ipotesi di disastro doloso e
associazione a delinquere nei confronti di chi avrebbe stretto il patto l'urgenza dare il via libera a nuove
norme per dare una stretta alla legge che regola il mercato di farmaci cosiddetti off-label. I prodotti che
vengono utilizzati anche per patologie diverse da quelle per le quali hanno avuto il sì alla
commercializzazione in Italia. ESAMI NEI LABORATORI Sarà l'Agenzia del farmaco, secondo il decreto
Lorenzin, che si occuperà di fare i test sulla sicurezza dei medicinali per uso off label. Esami che serviranno a
verificare sia se esiste la possibilità di prescriverli sia se questi non graveranno in modo incongruo sul
servizio sanitario. L'Aifa possiede circa tre milioni di euro annui per bandi nel campo dei test. «E' una
proposta rispettosa della sicurezza ma anche dei brevetti e, se le aziende, non daranno il loro consenso alla
sperimentazione che l'Aifa potrà decidere autonomamente subiranno una sorta di gogna attraverso la
pubblicazione della loro opposizione - spiega il ministro Lorenzin - sul sito dell'agenzia». Per permettere la
prescrizione di prodotti con un'indicazione diversa da quella per la quale sono stati autorizzati nel nostro
paese (i due di Roche e Novartis, oltre che antitumorali, sono utilizzati anche per la maculopatia
degenerativa) si prevede che l'Aifa possa iscrivere provvisoriamente il farmaco nell'elenco degli "off label".
«Nel caso sia usato - aggiunge Lorenzin - in altri Paesi, sussistano studi scientifici anche indipendenti». LA
SICUREZZA Le aziende dovranno seguire un iter molto preciso, dunque, prima di poter avere la certezza
ultimativa che il medicinale abbia una doppia indicazione: l'Aifa contatta l'azienda che può dare l'assenso alla
sperimentazione oppure avviarne una a proprie spese oppure dire no ai test. In questo ultimo caso, appunto,
viene data pubblicità al dissenso a sottoporre il prodotto ad ulteriori esami. «Ovviamente, se i dati anche
parziali della sperimentazione fossero negativi, ovvero facessero emergere la non sicurezza del farmaco spiega ancora il ministro dopo l'audizione in Commissione Sanità del Senato - l'Agenzia potrà con
immediatezza cancellare dall'elenco, vietandone definitivamente l'utilizzo fuori indicazione». Dal Senato
un'altra proposta: eseguire un censimento di altri casi potenzialmente "off label" con prezzi più vantaggiosi
per verificare un possibile risparmio per le casse dello Stato. All'indomani della sentenza dell'Antitrust la legge
(648 del '96) che regola i farmaci fuori indicazione ha mostrato alcune debolezze. Doveva essere da tempo
integrata con emendamenti restrittivi. Ora, il decreto. A distanza di otto giorni dalla mega-multa non si sa,
però, quali saranno i passi che verranno fatti, e se verranno fatti, per ritrovare un equilibrio tra i due farmaci
della Roche e della Novartis. Per ora i prezzi, squilibrati nonostante la stessa validità terapeutica, sono rimasti
uguali.
Foto: IL MINISTRO Beatrice Lorenzin
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 14/03/2014
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LA LEGGE
14/03/2014
QN - Il Resto del Carlino - Bologna
Pag. 3
(diffusione:165207, tiratura:206221)
Dismissione dei padiglioni 1, 2, 3 con il nucleo storico e i chiostri
VALERIO BARONCINI
di VALERIO BARONCINI NASCE UN NUOVO modello di ospedale nello scheletro del vecchio. Ma, come
ogni trasformazione che si rispetti, l'evoluzione del Policlinico comporta un sacrificio. In questo caso è una
rivoluzione strutturale: il più importante ospedale della regione perderà la parte Malpighi e si concentrerà su
quella Sant'Orsola. Nel giro di pochi anni potrebbero infatti venire man mano abbandonati e poi venduti il
padiglione 1 (Pelagio Palagi), il padiglione 2 (nuovo Malpighi, quello delle Medicine interne) e il padiglione 3,
che sarebbe il nucleo storico della direzione, con i chiostri e il Portico dei Mendicanti. E' solo uno dei dettagli
del bilancio economico preventivo 2014 dell'azienda ospedaliero-universitaria. IL PROGETTO prevede, per
dirla con le parole del direttore generale Sergio Venturi, «di collocare nella sola area del Sant'Orsola tutta
l'attività, con la demolizione e la costruzione di nuovi edifici di volumetria adeguata e la ristrutturazione di
padiglioni storici». Inoltre «la copertura parziale e non sufficiente delle necessità economiche può essere
determinata anche dall'alienazione dell'area Malpighi (padiglioni 1, 2 e 3) dopo aver concentrato le attività
assistenziali, cliniche e di supporto nell'area Sant'Orsola». Tradotto: per avere un'organizzazione più
razionale e un migliore collegamento degli spazi, si concentrerà l'ospedale dall'arco di via Albertoni ai viali,
mentre nella parte 'Malpighi' potrebbero sorgere case della salute o addirittura un albergo, ma qui entra in
campo un eventuale e complicato cambio di destinazione d'uso dell'area. Il dg Venturi aveva sempre covato
l'idea e il trasferimento dalla storica palazzina di via Albertoni all'interno dell'area assistenziale era parso un
primo passo. Ora la spinta finale arriva dalla possibile vendita all'Ausl del Pelagio Palagi (notizia già nota) e
dal trasferimento di tutta l'attività amministrativa-contabile dalla vecchia direzione medica a via Gramsci. Ausl,
Sant'Orsola e Rizzoli gestiranno infatti in maniera integrata, già da giugno, tutte le pratiche burocratiche, di
personale e di economato. BISOGNA vedere chi eventualmente comprerà la storica palazzina del chiostro e
il padiglione 2 (gigantesco). Ma la direzione vuole lavorare duramente per il «piano di sviluppo edilizio
impiantistico e tecnologico del Policlinico», che afferma come il Sant'Orsola-Malpighi presenti «criticità di
carattere strutturale e di collocazione urbanistica, con notevole obsolescenza strutturale, insufficiente
flessibilità che in molti edifici non consente la necessaria adattabilità richiesta dall'incalzante modificarsi delle
tecnologie e delle esigenze in ambito sanitario, inadeguatezze strutturali rispetto agli standard richiesti dal
continuo adattamento dei riferimenti normativi e regolamentari, con accessibilità problematica per quanto
attiene i flussi del traffico, le possibilità di parcheggio e l'alloggio dei parenti». NEL 2014-2015 è previsto il
completameno o l'avvio di cinque progetti. Completamento del polo cardio-toraco-vascolare; l'attivaione dello
stesso polo; la realizzazione delle nuove centrali tecnologiche; l'avvio del nuovo Polo Oncologico a gestione
mista pubblico-privata grazie alla Fondazione Seràgnoli; ristrutturazione del Polo Pediatrico. Insomma, una
vera rivoluzione.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 14/03/2014
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Per il Malpighi un futuro in vendita Il Sant'Orsola verso la rivoluzione
14/03/2014
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 11
(diffusione:105812, tiratura:151233)
Donne e aborto Il diritto negato? Poterci ripensare
Viaggio nei reparti di ginecologia Dove il problema non è l'obiezione Da Milano a Palermo gli ospedali sono
organizzati per rispettare la 194: «Non si abbandona nessuno»
VIVIANA DALOISO
Ha riaperto una ferita mai chiusa, dall'entrata in vigore della legge 194 sull'interruzione volontaria di
gravidanza, la storia di Valentina, la ragazza che ha sostenuto - clamorosamente smentita dall'Asl di Roma d'aver abortito sola, nel bagno di un ospedale romano. «Colpa dei medici obiettori», s'è detto e scritto un po'
ovunque. Perché gli obiettori l'avrebbero "abbandonata" all'inferno che è un aborto al quinto mese, una
procedura che la natura fa assomigliare più a un travaglio che a un'interruzione di gravidanza. E perché
l'obiezione - scelta dal 69,3% dei medici italiani - sarebbe il vero, grande male della sanità italiana, "cieca" e
"sorda" ai diritti delle donne. UN ABORTO A SETTIMANA Viene da chiedersi cosa succede ogni giorno nei
reparti di ginecologia e ostetricia dei nostri ospedali e che calvario debbano mai affrontare le donne che
decidono di non avere un figlio. Il viaggio comincia in Lombardia. Numero di aborti nel 2011: 18.264. Numero
di ginecologi non obiettori: 323. La matematica dice che mediamente, a settimana, a uno di questi medici
toccano 1,3 aborti. All'incirca è la media nazionale, così come l'ha fotografata nell'ultima relazione sulla legge
194 il ministero della Salute (che infatti mai ha lanciato un "allarme obiezione"). E certo non è un carico
inaudito di lavoro: «Abbiamo 7 interruzioni di gravidanza al giorno. Non dovremmo sforare quel limite, ma a
volte capita». Andrea Natale è ginecologo (obiettore) all'ospedale Macedonio Melloni di Milano. La struttura è
ben organizzata: i medici obiettori si occupano degli aborti spontanei, i non obiettori di quelli volontari. Il
lavoro si divide all'incirca a metà. Poi, in reparto, non ci sono distinzioni: «L'obiezione è sull'aborto in sé, non
sull'assistenza alla donna che ha abortito». E l'aborto è sì ciò che avviene in sala operatoria (un
raschiamento, nel caso di un aborto nel primo trimestre, che dura qualche minuto), ma anche accettazione,
visite preliminari, assistenza post-operatoria, dimissioni: «Di questo ci occupiamo tutti». In un ospedale è
ovvio ciò che sui giornali spesso non è: obiettori e non obiettori non sono in guerra, ciò che conta è la salute
delle pazienti, non le battaglie ideologiche sui diritti. «Io ho appena finito di visitare una ragazzina che ha
abortito stamattina. Aveva bisogno di un antidolorifico, gliel'ho prescritto, l'ho tranquillizzata».
ORGANIZZAZIONE E BUON SENSO La verità è che le regole della sanità milanese non sono un'eccezione.
E l'organizzazione - non la percentuale di medici non obiettori - è quello che permette agli ospedali di
rispondere alle richieste delle pazienti. Al Sant'Orsola di Bologna gli aborti si effettuano dal lunedì al venerdì,
in un numero massimo di 6 al giorno. Medici non obiettori: sempre presenti, in ogni turno (l'Emilia Romagna,
d'altronde, conta su quasi il 50% di medici non obiettori). Assistenza garantita «come non ci dovrebbe essere
nemmeno il bisogno di precisare», spiega il ginecologo Patrizio Calderoni. Anche lui obiettore. E oberato di
lavoro, visto che negli ospedali ci sono sì gli aborti, «ma soprattutto i parti, le complicazioni in gestazione e
post partum, i monitoraggi e poi le decine e decine di interventi di routine sulle donne non in gravidanza».
Anche se qualcuno lo dimentica. Al Sud la situazione è più complicata. Il numero degli obiettori è più alto,
l'organizzazione della sanità spesso meno efficiente. «Ma grazie al cielo tra gli ospedali si può scegliere spiega Giuseppe Chiacchio, ginecologo al Policlinico Federico II di Napoli -. E anche se i tempi per una
interruzione di gravidanza normale (cioè nel primo trimestre) sono stretti, c'è tutto il tempo per informarsi e
trovare una struttura adeguata dove recarsi per pianificarla». Non si decide dalla sera alla mattina, un aborto.
Anche di questo ci si dimentica. Chiacchio è obiettore, ma di come viene gestito il servizio delle interruzioni di
gravidanza nel suo ospedale va fiero: «Abbiamo un reparto a sé stante, con ingresso e personale dedicato».
Problemi di turni? «Mai avuti, loro lavorano in autonomia e sono davvero ben organizzati». Donne
abbandonate a se stesse? «Inconcepibile, ovunque». Così al Civico di Palermo, dove di medici non obiettori
ce ne sono soltanto due (uno di ruolo, l'altro a termine): «È difficile - ammette il primario di ginecologia Luigi
Alio - ma si lavora nel rispetto di tutti. Cerchiamo di sopperire usando la Ru486. Se dobbiamo garantire un
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 14/03/2014
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L'inchiesta
14/03/2014
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 11
(diffusione:105812, tiratura:151233)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 14/03/2014
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servizio ci organizziamo per farlo, ecco tutto. Non si negano, gli aborti. Ma nemmeno l'obiezione. Ora
abbiamo delle posizioni aperte: per quei posti ho ottenuto che si prendano dei medici non obiettori».
Pragmaticamente, se servono medici non obiettori, si provvede ad assumerli. Come per altro prevede la
legge 194. «E nessuno abbandona le pazienti. Quella è disumanità, non obiezione». IL VERO DIRITTO
NEGATO Cosa manca, allora? In cosa la 194 è una legge negata e disattesa? Al Santa Chiara di Trento tutto
funziona alla perfezione. I non obiettori ci sono, eccome. L'accesso all'interruzione di gravidanza è gestito dai
consultori: lì c'è la prima presa in carico e l'apertura della cartella clinica. La procedura snellisce il servizio.
«Ma manca consapevolezza - spiegano dalla struttura - la donna e la sua scelta andrebbero rimesse al
centro perché il punto critico è la comprensione del dramma dell'aborto». Non averlo più o meno facilmente a
disposizione. E qui diritto e matematica passano in secondo piano. La domanda del servizio lascia spazio
all'altra, molto meno "mediatica": sono sicura di quello che sto facendo? «Da noi tutto funziona bene - spiega
ancora il ginecologo del Federico II di Napoli - eppure quelle donne non incontrano una figura intermedia. La
porta si apre ed ecco la struttura più attrezzata possibile per il loro aborto. Senza che magari nessuno abbia
parlato con loro». Un punto previsto dalla legge e, questo sì, troppo spesso evaso. Donne abbandonate molto
prima che nel bagno di un ospedale: perché nessuno ne parla?
I numeri
111.415
IL NUMERO DI ABORTI IN ITALIA NEL 2011
1.546
I MEDICI NON OBIETTORI
1,6
IL NUMERO DI ABORTI DI CUI UN MEDICO NON OBIETTORE DEVE FARSI CARICO IN UNA
SETTIMANA I dati sono tratti dall'ultima Relazione del ministero della Salute sulla 194
14/03/2014
Il Foglio
Pag. 1
(diffusione:25000)
24 linee guida per togliere alle famiglie l'educazione sessuale dei figli
Giulio Meotti
Roma. La Francia sta diventando il paese guida nell'educazione sessuale in Europa. Sul settimanale
l'Express, sotto il titolo di "Education sexuelle: qu'apprend-on vraiment à l'école?", si racconta di come nelle
scuole medie e superiori i corsi di educazione sessuale siano gestiti da personale di Planned Parenthood, la
più grande organizzazione abortista al mondo. Si tengono corsi di "anatomia dei genitali maschili e femminili",
sulla riproduzione, il parto, la contraccezione e c'è perfino un corso di "biologia del piacere". Base
dell'educazione sessuale in Francia erano finora gli "standard" messi a punto dall'Organizzazione mondiale
della sanità. Adesso l'agenzia onusiana ha diffuso nuove linee guida, intitolate "Ensuring human rights in the
provision of contraceptive information and services", atte a "garantire un migliore accesso alle informazioni e
ai servizi in materia di contraccezione" nel mondo. Tra le raccomandazioni - ha spiegato l'Oms da Ginevra - ci
sono i programmi di "educazione sessuale completa e scientificamente esatta" da rendere obbligatori in tutte
le scuole. 24 nuove raccomandazioni in cui compare un orwelliano e inedito "diritto alla contraccezione" fra i
diritti umani fondamentali. Per la direttrice del dipartimento della salute riproduttiva dell'Oms, Marleen
Temmerman, le scuole devono impartire corsi di educazione sessuale obbligatoria a partire dai dodici anni. Si
dice che "poiché gran parte dei genitori non educa i figli a casa", l'educazione sessuale deve avvenire nelle
scuole. (Meotti segue a pagina quattro) Il documento dell'Oms sostiene che il compito di condurre i bambini
alla scoperta delle loro facoltà sessuali ricade sulla scuola, sugli psicologi e sui sessuologi, non sui genitori
che "non sono all'altezza del compito". Nella fase fra i nove e i dodici anni i ragazzi hanno già le competenze
necessarie per muoversi tra le "differenti tipologie di contraccettivi". E' allora necessario "incoraggiarli a usare
realmente un domani preservativi e contraccettivi". Tutto questo a dodici anni. Fra i servizi da garantire a
partire dai dodici anni, scrive l'Organizzazione mondiale della sanità nelle sue nuove linee guida, c'è anche
quello all'aborto. Si spiega, ad esempio, che "la liberalizzazione dell'aborto" serve a proteggere i diritti delle
donne e la loro salute, e che l'obiettivo, specie nei paesi del Terzo mondo o in via di sviluppo, è di "prevenire
54 milioni di gravidanze ogni anno", gravidanze "indesiderate", da affiancare ai già 40 milioni di aborti che
ogni anno si effettuano nel mondo (dati della stessa Organizzazione mondiale della sanità). Le nuove linee
guida fanno il paio con il precedente documento dell'Oms, gli "Standard per l'educazione sessuale", in cui i
pedagoghi dell'Onu ritengono doveroso, a beneficio dello scolaro, "informarlo sul piacere e sul godimento che
si sperimenta quando si accarezza il proprio corpo e sulla masturbazione precoce". Fra i quattro e i sei anni i
bambini vanno incoraggiati a "parlare dei loro problemi sessuali", aiutarli a consolidare la loro "identità di
genere" e cominciare a dargli nozioni "sull'amore tra persone dello stesso sesso". A dodici anni si ha il diritto
di conoscere il difficile "impatto della maternità in giovane età", con la consapevolezza di "un'assistenza in
caso di gravidanze indesiderate" e la relativa "presa di decisioni" (ovvero l'aborto). I nuovi 24 punti del
Palazzo di vetro servono ad "aiutare i giovani a raggiungere una soddisfacente vita sessuale". Sorprendenti
gli innumerevoli passaggi che riguardano la spinosa questione del "genere" nelle 24 linee guida. Si parla di
"gender-sensitive counselling", "gender transformation", "gender equality" e "gender sensitive". L'Oms fa
pressione perché "gli stati pongano la prospettiva di 'genere' al centro di tutte le politiche, programmi e
servizi". Un programma ambizioso. Più che una "organizzazione", l'Oms sembra un magistero e una cattedra
di filosofia. Giulio Meotti www.ilfoglio.it/zakor
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 14/03/2014
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L'Onu inventa il "diritto al condom"
14/03/2014
Il Foglio
Pag. 1
(diffusione:25000)
Leggere i dati su Hiv e aborti di adolescenti e scoprire cosa non va
Roberto Volpi
Un supplemento del Notiziario dell'Istituto superiore di sanità uscito qualche mese fa recava un titolo non
proprio accattivante: "Aggiornamento delle nuove diagnosi di infezioni da Hiv e dei casi di Aids in Italia al
31.12.2012". L'ho letto comunque, e sono arrivato alla conclusione che tutti coloro che sbertucciarono Papa
Benedetto XVI quando, durante il viaggio in Africa del 2009, osò ribadire che non si può pensare di risolvere
la piaga dell'Aids con la distribuzione di preservativi dovrebbero precipitarsi a chiedere scusa all'attuale Papa
emerito. Ricorderanno, i lettori del Foglio: si mossero perfino le cancellerie, si agitò la diplomazia, i governi
non restarono alla finestra, scesero nell'agone. Le parole del Papa suscitarono "viva inquietudine" a Parigi,
"costernazione" a Bruxelles, che le definì nientemeno che una "pericolosa provocazione", "imbarazzo" a
Berlino. Un prudenziale "no comment" a Roma risultò il meglio che il Papa riuscì a raccogliere tra i
normalmente assai cauti ambienti della diplomazia mondiale. Non mancò neppure la "profonda indignazione"
del Fondo mondiale per la lotta contro l'Aids, e il gesto irridente dell'allora leader spagnolo Zapatero che,
sotto lo scrosciare degli applausi, ordinò l'immediato invio di un milione di preservativi in Africa, nel Camerun,
là dove approdava, subissato di critiche feroci e insulti da levar la pelle, Papa Ratzinger. Bene, continuano a
non esserci vere prove che le politiche centrate sul solo preservativo riescano a contrastare la diffusione
dell'Hiv e dell'Aids, in Africa come altrove. (Volpi segue a pagina quattro) In compenso ve ne sono parecchie
che dimostrano come siano i comportamenti sessuali a risultare decisivi nella diffusione della malattia, e
dunque la variabile sulla quale insistere nelle politiche di contrasto dell'Aids. Nel continente africano, come ha
chiosato qualcuno, c'è più lattice di preservativi che latte per i bambini e pane per gli adulti. Ci fosse più latte
e pane e magari pace e democrazia ci sarebbe meno Aids. Ma intendo attenermi alle sole cifre italiane,
perché nel 2012 la copertura della rilevazione dei casi di infezione da Hiv (resi a denuncia obbligatoria) ha
raggiunto per la prima volta il 100 per cento, cosicché ora abbiamo tutti i dati che illustrano la diffusione
geografica dell'infezione da Hiv nel nostro paese e non soltanto quella, di secondo livello, e dunque assai
meno significativa, dei casi di Aids. Il numero di casi di infezioni da Hiv sono 0,6 ogni centomila abitanti in
Calabria e ben 10,5 in Lombardia, 1,9 ogni centomila abitanti in Molise e 9,1 nel Trentino, 2,4 in Basilicata e
8,8 nel Lazio, 3 nell'Abruzzo e 8,1 in Emilia-Romagna. Più in generale, questi tassi sono nel nord
mediamente oltre tre volte superiori a quelli del sud. Se a decidere della diffusione delle infezioni da Hiv fosse
il preservativo in sé, il solo preservativo, la geografia dell'Hiv dovrebbe essere del tutto opposta, capovolta in
modo drastico: più infezioni nelle regioni meridionali, dove l'uso del preservativo è meno diffuso, e meno
infezioni nelle regioni del nord, dove si riscontra l'uso molto più frequente e abituale del preservativo. La
diffusione territoriale dell'Hiv è la realtà fattuale che più mette in discussione non già il preservativo in quanto
mezzo materiale, meccanico, capace di contenere e trattenere il seme e il virus, e dunque di evitare la
trasmissione di queste materie, bensì la retorica del preservativo, tutta quanta la narrazione impregnata di
ideologia che si è venuta impiantando acriticamente circa la sua funzione salvifica, il suo valore di libertà
sessuale, di emancipazione dalle convinzioni retrograde in materia di sesso e di propensioni sessuali, il suo
essere a un tempo il primo diritto e il primo indicatore di consapevolezza della sessualità e di conoscenza del
proprio corpo e delle sue pulsioni, perfino una sorta di cartina di tornasole dei passi compiuti sulla strada del
progresso socio-culturale e politico. E a proposito di preservativo e contraccezione, il professor Flamigni non
si capacita delle adolescenti italiane. Ed ecco il punto preciso del suo ragionare. "Le ragazze che non hanno
ancora superato i vent'anni hanno un tasso di abortività pari a 6,4 che si confronta piuttosto male con i dati
relativi alle coetanee francesi (15,2), inglesi (20) e spagnole (13,7) e si confronta piuttosto bene solo con i dati
che arrivano dalla Germania e dalla Svizzera: solo che in questi due paesi le ragazze ricevono un'educazione
sessuale (e da noi no), fanno uso di mezzi contraccettivi (e da noi no) e si dicono molto interessate alla
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 14/03/2014
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Quel che il palloncino non spiega
14/03/2014
Il Foglio
Pag. 1
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prevenzione delle gravidanze indesiderate (e da noi no). E allora come spiega il signor ministro questa strana
anomalia?", chiedeva al ministro Lorenzin qualche tempo fa a proposito dei dati su abortività e
contraccezione. Posta la domanda, il professore si dava pure la spiegazione, consistente, oltre che in una
clandestinità dell'Ivg assai superiore a quella ufficiale, nelle pillole abortive che arrivano da ogni dove, ch'è
possibile ricevere semplicemente cliccando su internet (obiezione: perché, in quegli altri paesi no?). Anche il
professore immagina il sesso delle adolescenti legato alla meccanica consecuzione: educazione sessualeuso
dei contraccettiviminori rischi di incorrere in gravidanze indesiderate. Siccome, lo abbiamo appena visto coi
dati italiani, niente fa pensare che questa catena sia valida, non mi resta che consigliare al professore di
leggersi i dati sulle infezioni da Hiv degli adolescenti italiani. Tra i 15 e i 19 anni compiuti abbiamo in Italia
quasi tre milioni di abitanti. Tra questi tre milioni di abitanti si sono registrati nel 2012, 19 casi di infezione da
Hiv (10 maschi e 9 femmine) e zero casi di Aids. Un caso di infezione da Hiv ogni 150 mila abitanti di questa
età. Per avere un totale che si avvicina a 150 mila giovani di questa età occorre mettere assieme tutti quelli
che abitano nelle città di Roma e Torino. Detto in altre parole: in un anno dobbiamo aspettarci un caso di
infezione da Hiv - dicasi uno - tra i giovani di 15-19 anni delle città di Roma e Torino assieme considerate.
Dunque le adolescenti italiane non solo ricorrono a poche Ivg ma non si infettano di Hiv attraverso i rapporti
sessuali. E questo, anche se non usano contraccettivi. Certo, per quanto riguarda gli aborti l'area della
clandestinità potrebbe falsare i dati, come pure il ricorso alle pillole abortive che "arrivano da ogni dove". Ma
come la mettiamo con le infezioni da Hiv, registrate al cento per cento? Magari le adolescenti italiane sono
tutt'altro che precoci, avventate e facili ai rapporti promiscui, magari sono accorte nei loro rapporti sessuali.
Dai più seri e recenti studi risulta che il 50 per cento delle ragazze italiane ha il primo rapporto sessuale sotto
i 18,5 anni - e il 50 per cento sopra quell'età. Non si tratta di dati allarmanti, specialmente se si considera che
la tendenza all'abbassamento dell'età al primo rapporto s'è fermata nelle ultime generazioni. Sono dati da
meditare, meglio se senza preconcetti. Magari il professor Flamigni potrebbe farsi aiutare da Papa Benedetto,
lui ha dimostrato di saperlo come funzionano le cose, a proposito di sesso e preservativo. Roberto Volpi
14/03/2014
Il Tempo - Roma
Pag. 4
(diffusione:50651, tiratura:76264)
V.C.
Fumata nera sul tavolo di concertazione convocato ieri in Regione con la proprietà e le sigle sindacali per
venire a capo della crisi che attanaglia l'ospedale Fatebenefratelli. Per sapere cosa ne sarà del loro posto di
lavoro, i dipendenti dovranno attendere la convocazione del prossimo tavolo il 24 marzo, data in cui la
proprietà è stata chiamata a presentare un piano più dettagliato di quello fornito. «La situazione è drammatica
e la preoccupazione rimane altissima», ha detto Roberto Chierchia, segretario della Cisl Fp di Roma. «Per
ora abbiamo strappato un impegno dell'azienda a congelare tutte le iniziative che si volevano intraprendere, a
partire dal ridimensionamento del personale, sino al 24». «L'incontro ci ha soddisfatto per metà», ha aggiunto
il Segretario organizzativo della Uil Fpl di Roma, Paolo Dominici. La Regione, su sollecitazione delle
organizzazioni sindacali, si è comunque impegnata a mettere in atto tutte le iniziative utili al risanamento del
nosocomio, «a partire da una ricognizione dei debiti verso l'ospedale e dello stato dei pagamenti», come si
legge sul verbale dell'incontro. E lunedì mattina si riunirà ancora una volta l'assemblea permanente del
personale.
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Vertenza Fatebenefratelli Bocce ferme fino al 24
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QN - La Nazione - Firenze
Pag. 21
(diffusione:136993, tiratura:176177)
Prelievi e visite specialistiche La sanità sposa la sinergia
Collaborazione più stretta fra Asl, Comune e Misericordia
UNA GAMMA più ampia e accessibile di visite specialistiche e domiciliari. Nel piano di riorganizzazione dei
servizi socio-sanitari effettuato dalla Asl il Comune di Tavarnelle chiede e ottiene l'ampliamento e il
miglioramento dell'offerta dei servizi ai cittadini. "Un risultato importante - commenta il sindaco Sestilio
Dirindelli - in cui assume un ruolo di primo piano la Misericordia di Tavarnelle e Barberino con la quale la Asl
attiverà una stretta collaborazione". Nello specifico le principali novità sono legate al servizio del prelievo del
sangue che verrà esternalizzato e effettuato dalla Misericordia per conto della Asl, senza alcun aggravio per i
cittadini, e alla possibilità di garantire più visite domiciliari. "L'esternalizzazione del servizio di prelievo del
sangue - spiega il sindaco - permetterà al personale infermieristico, non più impegnato in questo tipo di
attività, di gestire con maggiore efficacia le visite a domicilio". La Misericordia effettuerà i prelievi ordinari,
mentre quelli a domicilio continueranno ad essere gestiti dalla Asl. E' ancora in via di definizione la sede dove
erogare il servizio. Quanto all'attività ambulatoriale, il piano di miglioramento consiste nell'estendere lo spettro
e la tipologia delle visite specialistiche che, secondo un accordo tra Misericordia, Comune e Asl, saranno
attività convenzionate e per questo costeranno meno ai cittadini. "Un vantaggio concreto dunque - aggiunge il
primo cittadino - che, oltre a garantire maggiore qualità ai servizi socio-sanitari, procurerà un risparmio
generale alle tasche delle famiglie; nel programma degli interventi di riorganizzazione della Asl l'impegno del
Comune si è profuso affinché la piattaforma dei servizi presente a Tavarnelle non venisse penalizzata ma
ottenesse un potenziamento". Sul futuro dei servizi socio-sanitari anche l'amministrazione comunale coltiva
un'idea che è stata delineata nella variante al Regolamento Urbanistico. Un progetto ambizioso che punta
alla creazione di un vero e proprio polo dedicato ai servizi socio-sanitari. Un ampio e innovativo presidio di
interesse collettivo che il Comune ha pianificato attraverso l'ampliamento della Misericordia e dalla
realizzazione di nuovi locali in cui potranno trovare spazio sedi per le associazioni di volontariato che operano
nel sociale, nuovi ambulatori medici, uffici e ambienti per i servizi sociali, un centro diurno per anziani
autosufficienti, un punto di coordinamento per i medici di base, una camera mortuaria. "Tavarnelle vuole
offrire un modello virtuoso - conclude il sindaco - nella creazione di sinergie integrate e nella fattiva
collaborazione con le realtà associative presenti sul territorio che si muovono nel sociale. In questo progetto,
infatti, il Comune ci mette il terreno, essendone il proprietario, la Misericordia realizzerà l'intervento; gli spazi
potranno essere gestiti dalle associazioni attraverso la stipula di un'apposita convenzione con il Comune per
l'utilizzo dell'area". Image: 20140314/foto/232.jpg
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TAVARNELLE RIORGANIZZAZIONE E AMPLIAMENTO DEI SERVIZI
14/03/2014
MF - Ed. nazionale
Pag. 13
(diffusione:104189, tiratura:173386)
A Tbs 40 milioni dagli ospedali toscani
Claudia Cervini
Tbs Group fa il bis in Toscana. La società triestina (quotata sull'Aim) si è aggiudicata, tramite la controllata
Elettronica Bio Medicale, il rinnovo di un contratto quadriennale del valore di 40 milioni per la gestione in
outsourcing dei servizi di ingegneria clinica in quattro strutture ospedaliere toscane (le Usl territoriali di
Arezzo, Siena, Grosseto e l'Azienda ospedaliera universitaria senese). «Una conferma del lavoro svolto negli
ultimi quattro anni che si è trasformato in una nuova opportunità di business», ha detto Fabio Faltoni, direttore
generale della business unit «dispositivi medici e sistemi Ict Italia» di Tbs. Elettronica Bio Medicale, azienda
di Foligno (Perugia), si è aggiudicata il rinnovo in consorzio con il raggruppamento temporaneo d'impresa
costituito da aziende produttrici e gestori di servizi come Philips Medical Systems, Ge Medical Systems Italia,
Tecnologie sanitarie Spa ed Esaote Spa. Elettronica Bio Medicale è mandataria con il 43% del
raggruppamento temporaneo d'impresa (pari cioè a 17,2 milioni). La società gestirà quindi la manutenzione di
tutte le apparecchiature elettromedicali ad alta e a bassa tecnologia. Tbs ha chiuso il primo semestre 2013
(ultimo dato disponibile) con un fatturato consolidato in leggera crescita a 107 milioni e con un ebitda in
evidente calo a 5,6 milioni di euro dai 9 dello stesso periodo del 2012. (riproduzione riservata)
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MERCATI
14/03/2014
Il Venerdi di Repubblica - N.1356 - 14 marzo 2014
Pag. 67
(diffusione:687955, tiratura:539384)
alzheimer e cancro. uno studio rivela: l'uno esclude l'altro
scOpeRtA del cnR di MilAnO: gli AnZiAni MAlAti di tuMORe sOnO MenO sOggetti AllA mAlAttiA
degeneRAtivA
Alex Saragosa
Le due più temute malattie della terza età, il cancro e il morbo di Alzheimer, tendono a escludersi a vicenda.
Era un dubbio che molti ricercatori avevano da anni, ma ora ha ricevuto conferme, prima epidemiologiche e
poi genetiche. L'estate scorsa una ricerca condotta dal gruppo di Massimo Musicco, dell'Istituto di tecnologie
biomediche del Cnr di Milano, aveva rilevato, in una popolazione di un milione di milanesi, che gli anziani
ammalati di tumore avevano una probabilità inferiore del 35 per cento di avere l'Alzheimer e viceversa, senza
però determinare se questa strana «protezione reciproca» avesse cause genetiche o ambientali. Adesso il
team di Alfonso Valencia, vicedirettore del Centro nazionale di ricerche oncologiche di Madrid, ha esaminato
l'attività di centinaia di geni in campioni di tessuti malati prelevati da 1.700 persone colpite o da tumori o da
Alzheimer. Ha così scoperto che 74 di questi geni sono più attivi nei tessuti tumorali che in quelli colpiti da
malattie cerebrali, mentre 19 sono più attivi nei tessuti colpiti da malattie cerebrali che in quelli tumorali.
«Questo significa» scrivono due degli autori della ricerca, César Boullosa e Kristina Ibáñez, «che il 90 per
cento dei processi biochimici che si sanno essere particolarmente attivi nelle cellule tumorali, avvengono
invece a ritmo ridotto nelle cellule colpite da Alzheimer». ««Lo studio» dice Musicco «è interessante, ma non
ha individuato cosa determini questa diversa attivazione dei geni. Un'ipotesi è che quei geni esistano in due
varianti: una potrebbe rendere il gene più attivo, aumentando il rischio dello sviluppo di tumori, ma al tempo
stesso limitando, nel cervello, il rischio di Alzheimer. Un'altra variante potrebbe invece rendere il gene meno
attivo, con l'efetto contrario. Noi stiamo progettando uno studio proprio per verificare l'esistenza di queste
varianti. Individuarle sarebbe utile per capire le due malattie, elaborare dei test predittivi e trovare bersagli per
nuove terapie». Ma come avviene che dei geni che ci predispongono ai tumori, ci proteggono da malattie
cerebrali e viceversa? «Nel nostro organismo» spiega Musicco «le cellule devono costantemente riprodursi
per riparare i danni ai tessuti, ma al tempo stesso la loro riproduzione va controllata, per evitare lo sviluppo di
tumori. I due compiti sono afdati a famiglie diverse di geni: se è più attiva quella che stimola la riproduzione
cellulare, le riparazioni avvengono con più efcacia, ma questo, con il calo di efcienza immunitaria tipica
dell'invecchiamento, può predisporre ai tumori. Viceversa, se i geni che limitano la riproduzione cellulare sono
molto attivi, si rischia meno il cancro, ma la riparazione dei tessuti ne sofre, e il cervello, che richiede un
ottimo funzionamento del sistema circolatorio e delle cellule che nutrono e proteggono i neuroni, è più a
rischio con l'età». Quindi, a seconda del Dna nelle nostre cellule, siamo condannati o al cancro o alla
demenza? «I geni predispongono a certe patologie, ma se poi si sviluppano dipende anche da noi. Fumo e
dieta sbilanciata favoriscono i tumori, ma anche l'Alzheimer ha fattori di rischio: è più frequente in persone a
bassa scolarità, come se un cervello stimolato da costante attività intellettuale acquisisse una "riserva
cognitiva" tale da renderlo più resistente ai danni dell'invecchiamento». spl/contrasto (x2)
Foto: Sopra, la riproduzione di una cellula cancerogena : in verde i due nuclei, in arancio il citoplasma, in
rosso i mitocondri. A sinistra, un cervello colpito da Alzheimer (in arancio) sovrapposto a uno sano (in blu). Il
cervello di chi ha l'Alzheimer è ristretto a causa della degenerazione delle cellule nervose
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TECNOLOGIA PSICOLOGIA NATURA MEDICINA
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L'Espresso - N.11 - marzo 2014
Pag. 44
(diffusione:369755, tiratura:500452)
ASSALTO ALL'AMBULANZA Fuori i volontari, il soccorso diventa un
affare. Tra politica, mafia, sfruttamento e servizio ad alto rischio
MiCHELE SASSO
Esistono mestieri in cui la professionalità non basta, ma servono una motivazione profonda e una disponibilità
totale. Per questo far parte dell'equipaggio di un'ambulanza è sempre stata un'attività per volontari, animati
dallo spirito degli angeli custodi. Ogni chiamata al 118 è questione di vita o di morte, una corsa che in
pochissimi minuti decide il destino di una persona. Il paziente è nelle mani dell'abilità del guidatore a
destreggiarsi nel traffco, della capacità del personale nel massaggio cardiaco e nella rianimazione. Adesso
invece anche il soccorso d'emergenza sta diventando un ricco business: in Italia si spende un miliardo e
mezzo di euro per garantire gli interventi. Oggi si punta al proftto, tagliando sulla qualità, risparmiando sui
mezzi e imbarcando soggetti senza qualifca. Una torta che attrae interessi spregiudicati e lottizzazioni
politiche, un serbatoio di soldi facili e posti assicurati. Perché il settore di fatto è stato investito da una
deregulation, che rischia di creare un Far West a sirene spiegate. Il ministero della Salute ha ceduto i controlli
alle Regioni, che preferiscono affdarsi ai privati. Dalla Lombardia alla Calabria, dal Lazio alla Sicilia è scattato
l'assalto all'ambulanza. Nunzia De Girolamo ha perso la poltrona di ministro proprio per uno scandalo sugli
appalti del 118. Ovunque sono segnalati disservizi e a Sud nella mangiatoia si è inflata persino la criminalità.
Questo ai danni di oltre 150 mila volontari, che vengono scacciati per fare spazio a organizzazioni
spregiudicate. «Ci sono fnti volontari che ricevono lo stipendio in nero mascherato da rimborso», spiega
Mario, soccorritore di Torino (vedi box a pag. 44). Il metodo è uguale da Milano a Napoli: le associazioni di
pubblica assistenza, le cosiddette "Croci", si iscrivono all'albo regionale e sgomitano per accaparrarsi le
corse. L'obiettivo non è più salvare, ma incassare. «Abbiamo scoperto persino casi di autisti alcolizzati e
soccorritori zoppi», racconta Mirella Triozzi, responsabile del settore per il sindacato medici italiani: «Con
l'arrivo dei privati il soccorso è diventato un colossale affare, dimenticando che in ballo c'è la sopravvivenza di
migliaia di persone». SoccorSo a mano armata In Puglia le 141 basi delle ambulanze costano 68 milioni di
euro l'anno. La pioggia di denaro pubblico ha scatenato la concorrenza tra decine di onlus, che sgomitano
per conquistare le postazione delle ambulanze: averne tre (il massimo consentito) signifca fare bingo e
incassare 120mila euro ogni mese. «Ai presidenti delle associazioni rimangono in tasca 6 mila euro al mese»,
riconosce Marco De Giosa, responsabile del 118 della Asl di Bari. C'è più di un sospetto su come siano stati
assegnati gli incarichi: la procura del capoluogo sta indagando su un sistema di tangenti che sarebbero state
smistate ai funzionari arbitri degli appalti. Stando alle inchieste, i controlli fanno acqua da tutte le parti.
Nessuno ha mai chiesto la fedina penale a Marcello Langianese, ex presidente dell'Oer, Operatori
emergenza radio, un ente morale con 50 ambulanze e decine di dipendenti. Langianese era il manager del
soccorso che gestiva diverse postazioni tra Bari e Modugno. Mentre veniva stipendiato per salvare i pazienti,
è accusato di avere architettato una rapina clamorosa. Secondo i carabinieri ha avuto un ruolo chiave
nell'attacco contro un furgone portavalori nel centro di Ortona: un colpo che ha fruttato quasi due milioni e
mezzo di euro. Nella regione per il business delle ambulanze si combatte persino con le bombe incendiarie,
che hanno distrutto i mezzi di alcune onlus a Bari, Trani, Barletta e Foggia. A Turi, sempre nel Barese, hanno
bruciato un'autolettiga nuova di zecca. L'ipotesi investigativa è che si tratti di avvertimenti criminali. Per
evitare che le associazione di volontari possano spezzare il monopolio di un cartello che invece agisce solo a
scopo di lucro. cosche e sirene L'intercettazione è esplicita: «Quando ti chiamano e abbiamo bisogno a
quell'orario di un'autoambulanza, mi fotto 1500 euro». È agli atti dell'inchiesta sui Lo Bianco, la cosca di Vibo
Valentia che dominava la Asl locale, e spiega come ogni uscita a sirene spiegate si trasforma in denaro
contante. Guadagni sicuri, costi ridottissimi: per entrare nel settore non sono richieste competenze particolari.
L'imprenditore mette il capitale, acquista o noleggia i mezzi e cerca gli autisti. Va bene chiunque. Uno degli
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Attualità sanità / l'ultimo scandalo
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L'Espresso - N.11 - marzo 2014
Pag. 44
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indagati è stato registrato mentre ingaggia il personale: «La guideresti l'ambulanza? La patente è quella della
macchina, sono 800 euro puliti». Non è l'unico caso. Nello scorso luglio è emersa la vicenda della Croce Blu
San Benedetto di Cetraro nel Cosentino. I magistrati sostengono che a gestirla fosse Antonio Pignataro detto
"Totò Cecchitella", seppur privo di incarichi uffciali. Pignataro non è una pedina qualunque: è stato arrestato
per i legami con il boss Franco Muto, "Il re del pesce". AppAlti lottizzAti Quanti interessi si muovano dietro i
118 "liberalizzati" lo ha fatto capire la vicenda che ha travolto Nunzia De Girolamo. Le registrazioni dei
colloqui tra l'esponente del centrodestra e i vertici della sanità sannita mostrano l'opacità del settore. Sono
riuniti nel giardino di famiglia e Nunzia chiede: «In tutto questo si deve fare la gara?». La discussione verte su
come "bypassare la gara pubblica" e favorire un'impresa amica. In quel luglio 2012 l'atmosfera attorno alle
ambulanze di Benevento è incandescente, con i lavoratori che protestano per il mancato stipendio. Il servizio
è nelle mani di due imprese: la Modisan e la Sanit che lo gestiscono in proroga intascando oltre quattro
milioni di euro l'anno. La prima è molto vicina alla regina del Sannio, tanto da aver contribuito fnanziariamente
al congresso del suo partito. L'altra ditta, invece, non è allineata: «Quelli non li voglio», dice Michele Rossi,
l'uomo messo dall'ex ministro alla guida dell'Asl. La lottizzazione riguarda pure la rete dell'assistenza,
sfavorendo la copertura nei comuni guidati da giunte non allineate. Come racconta Zaccaria Spina, sindaco di
Ginestra degli Schiavoni a 40 chilometri dal capoluogo:«Per venire da noi l'ambulanza ci mette un'ora. I
cittadini ormai si sono rassegnati e se c'è un'emergenza si mettono in auto e scappano. Scoprire cosa c'era
dietro quelle scelte dà molta amarezza». ANIMATORI dA vAcANze Nel Lazio uno strano appalto agita i sonni
dell'agenzia regionale che gestisce migliaia di ambulanze. La cronica mancanza di risorse ha portato l'ex
governatrice Renata Polverini a concedere ai privati quaranta basi, le postazioni dalle quali partono gli
equipaggi che coprono la provincia di Roma. Un affare da dieci milioni l'anno, senza gara: vengono
assegnate per affdamento diretto alla Croce rossa italiana. Un'istituzione storica seppur piena di debiti, che
decide di "girare" l'attività operativa a una srl di Milano, la Cfs costruzioni e servizi: una società specializzata
in pulizia e manutenzione di immobili, che applica la logica del ribasso. Così al personale assunto per la
missione capitolina viene offerto un contratto singolare: quello da animatore turistico. Soccorritori trattati
come se lavorassero in un villaggio vacanze. Perché? Semplice: con questo contratto si risparmia un terzo
della paga. Solo dopo un esposto del sindacato è scoppiato il caso. «In questo settore c'è il divieto di dare
subappalti, eppure è quanto ha fatto la Croce rossa con l'aggravante di aver avallato condizioni di lavoro
ridicole», accusa Gianni Nigro della Cgil Lazio. PAGATI PeR STARe A cASA In Sicilia anche le ambulanze
sono diventate uno stipendifcio: un pronto soccorso per favorire assunzioni di massa. Nel 2002 grazie a un
corso per formare i guidatori-soccorritori con prove di guida banali e surreali test di comunicazione, ben 1600
persone vennero imbarcate in una società creata da Regione e Croce Rossa per garantire il salvataggio
nell'isola. Un colosso con un totale di 3300 dipendenti. Che secondo la Corte dei Conti ha prodotto uno
spreco di denaro pubblico. L'allora presidente Totò Cuffaro è stato condannato a pagare un danno erariale da
12 milioni per quell'infornata di autisti e soccorritori. Troppi. E troppo costosi. In Sicilia si spende per
un'autolettiga 440 mila euro l'anno, contro 100 mila della Toscana. La ragione? Molte macchine sono
praticamente ferme o escono solo per tre interventi al mese. L'ultima truffa da venti milioni di euro l'ha
scovata l'assessore alla Salute Lucia Borsellino: negli ultimi due anni 160 dipendenti sarebbero stati
regolarmente stipendiati mentre in realtà rimanevano a casa. Oltre 600 mila ore non lavorate ma retribuite.
Nonostante lo sperpero di denaro, l'assistenza non soddisfa. E la giunta Crocetta ora vuole schierare la
cavalleria dell'aria: sei elicotteri, con un costo per il noleggio di 178 milioni in sette anni. SISTeMA MIlANO
Non è una questione solo meridionale. Dietro le sirene si scoprono ovunque storie di sfruttamento e
drammatici disservizi. In Lombardia ogni anno il Pirellone stanzia 315 milioni per dare assistenza rapida: ogni
intervento è una fattura e inserirsi nelle metropoli permette di moltiplicare i guadagni. Ma a Milano un
incidente stradale ha scoperchiato un sistema marcio: l'ambulanza ha bruciato un semaforo e si è andata a
schiantare. Si è scoperto che l'autista non dormiva da tre giorni. Da lì sono partite le indagini che hanno
svelato quanto sia pericolosa la trasformazione del soccorso in business: precari a bordo pagati a cottimo e
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obbligati a turni massacranti, mezzi fuori norma, corsi d'addestramento fantasma. Tre inchieste parallele della
Finanza in corso dal 2010 stanno svelando lo stesso meccanismo di truffe e peculato. Con risultati
raccapriccianti: i responsabili di tre onlus - Croce la Samaritana, Ambrosiana e San Carlo - usavano il denaro
pubblico destinato alle emergenze e alla formazione per le loro vacanze, per l'asilo dei figli, scommesse ai
videopoker, le auto personali e perfno l'acquisto di una casa. Spese senza freno e i rischi scaricati su migliaia
di feriti. Loro stessi ne erano consapevoli e dicevano cinicamente: «Se stai male non chiamare le nostre
ambulanze sennò muori». hanno collaborato Antonio Loconte, Piero Messina, Claudio Pappaianni e Giovanni
Tizian Foto: A. Telfer/Gallerystock/Contrasto, Imagoeconomica, Foto: S.Pellecchia/prospekt,
A.Falvo/Contrasto, Lapresse
Foto: personAle dI un'AmbulAnzA In ATTesA dI unA ChIAmATA d'emerGenzA. soTTo: nunzIA de GIrolAmo
Foto: ambulanze in servizio a roma e a milano. nell'altra pagina: gianfranco rosi con, a destra, roberto giuliani
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BISTURI no grazie
Non è più tempo di Extreme makeover. La chirurgia estetica "no limits" sparisce dai palinsesti e dai desideri.
A favore di un approccio ragionevole. E migliori risultati
Roselina salemi
Belle senza bisturi, si può. Non che ci sia stata una dichiarazione uffciale, ma le ragazzine sono meno
ansiose di festeggiare il diciottesimo con seno o naso nuovo, le madri temono di vedersi etichettare"
labbrosaure". Scomparso dai palinsesti il gusto per programmi come Extreme Makeover, Bisturi! Nessuno è
perfetto, o Celebrity Bisturi. Mutamento sociologico, cominciato in sordina complice il bisogno di natura,
cresciuto in tempi di spending review, adesso fenomeno conclamato. I centri estetici "La Clinique"
reclamizzano i loro servizi con due magiche parole, "Senza bisturi!". Scuole di specializzazione in medicina
estetica, corsi e workshoppure si sono trasferiti all'estero (Dubai, Singapore), dove la crociata anti-bisturi non
è ancora arrivata. Nel paese dei botox party, immortalati nel film "La Grande Bellezza", nessuna ha più
tempo, soldi e voglia di stare a casa due-tre settimane per far sparire ematomi e lividi. I nuovi must sono i
trattamenti non invasivi. L'Istituto clinico Sant'Ambrogio di Milano dichiara un trend di crescita a 2 cifre: la
richiesta di interventi di dermatologia anti-età è salita del 50 per cento in un anno. Antonino Di Pietro,
Presidente di Isplad, (Società Internazionale di Dermatologia Plastica e Rigenerativa) riassume: «Curare il
proprio aspetto è un bisogno antico quanto il mondo che oggi, grazie ai progressi scientifci, è alla portata di
molti». Il tema è star meglio con se stessi. Senza ritrovarsi con un'altra faccia, o la faccia uguale a quella di
altre. Secondo uno studio Astra Ricerche (660 interviste) la simpatia per la chirurgia estetica è in netto calo.
L'83 per cento chiede un approccio non invasivo, non doloroso (40 per cento) e con risultati "naturali" (51 per
cento). Un altro studio della stessa società, su 800 donne d'età tra 25 e 60 anni, scopre che la maggioranza
(60 per cento) accetta le proprie rughe, pur tentando di rimandarle il più possibile prima, e ridurle poi. Circa
1/4 ci convive serenamente, soltanto il 9 per cento le combatte con tutti i mezzi. Commenta il sociologo
Enrico Finzi: «Siamo passati dalla seduzione all'auto-seduzione. La considerazione di sé non si basa sul
giudizio maschile, ma sull'autenticità». "Belle senza bisturi", sottotitolo: "la chirurgia non serve più" non è
soltanto uno slogan. È anche il titolo del libro di Dvora Ancona (Cairo editore), medico israelianobolognese,
età mantenuta nella più grande vaghezza, bella, bionda, un figlio e uno studio dove passa la meglio nongioventù di Milano. In uno dei corridoi, una serie di macchine che fanno pensare ai robottini di Star Wars:
sono il suo mini-museo personale. Apparecchi che 3-4 anni fa erano nuovissimi e oggi sono superati: «In
questo campo i progressi sono velocissimi, le tecniche si aggiornano continuamente», assicura. Nata ad
Haifa, laureata a Bologna, aveva cominciato a frequentare chirurgia maxillo-facciale di Milano, poi è stata
folgorata dalla medicina estetica, ha studiato i segreti di Ivo Pitanguy in Brasile e di Bruce Katz a New York.
Tutto questo si traduce in una visione: «Usando gli strumenti giusti è possibile conservare la propria bellezza,
togliere macchie, riempire vuoti, cancellare gli anelli di rughe del collo, restituire tono alle braccia cadenti». Di
quali strumenti parliamo? «Botulino senza esagerare, radiofrequenze, acido ialuronico, acido polilattico, una
molecola biodegradabile e biocompatibile ristrutturante contro il rilassamento di guance e zigomi, capace di
rimpolpare i tessuti, acido ferulico per il peeling. E naturalmente i laser, che io ho cominciato a usare a
Gerusalemme in ospedale, contro i tumori della pelle e per ricostruire parti del volto segnate da cicatrici». Nel
2010 Dvora Ancona ha presentato il "Madonna Lift", omaggio alla regina del pop che sembra aver provato di
tutto: «Effetto blefaroplastica senza blefaroplastica, che rialza le palpebre di 6-8 millimetri. Si ottiene con 2-4
trattamenti a distanza di un mese l'uno dall'altro, dura due anni». Mille persone l'hanno già sperimentato, tra
cui parecchi uomini. Che, rispetto alle donne, hanno più paura del dolore: infatti preferiscono non soffrire e
ricorrere a trattamenti soft. L'offerta è diventata ricca: Madonna Lift, Golden lift, wirastimolation, luce pulsata,
I-lipo (liposuzione senza liposuzione). Uno strumento per ogni esigenza, sem pre dolce, sempre
tranquillizzante. Ma è proprio così? Gli interventi tradizionali, che hanno creato veri e propri archetipi femminili
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(seno, labbra, zigomi, naso), sono dunque superati? Fiorella Donati, una delle più note specialiste milanesi in
chirurgia plastica (ha lavorato negli Usa e a Londra) ammette serenamente che il botox ha reso inutili i lifting
per la parte superiore del volto: «Invece di accorciare i muscoli della fronte possiamo ottenere lo stesso
effetto senza tagliare. Anche se c'è chi ne parla malissimo il botulino, usato nella maniera giusta, è una
rivoluzione. Questo però non signifca che si possa fare tutto in maniera soft. In casi di dimagrimento, quando
c'è tantissima pelle in eccesso, non si può non ricorrere all'addominoplastica! Quando la palpebra cade
davvero, creando problemi non solo estetici, serve una blefaro. Aumentare il seno o ridurlo, richiede la
chirurgia. Non solo: alcuni laser non sono soft come sembrano; quello che toglie le rughe è molto aggressivo,
può provocare ustioni e croste. Negli Usa ho visto facce traslucide, che sembravano unte, dopo il laser lifting
(in anestesia totale). Come sempre è questione di misura. Anch'io oggi uso meno il bisturi e di più i fller.
Diciamo che facendo medicina estetica a 40 anni eviti il lifting a 50-60. I fller ad alta media e bassa densità
distribuiti con cannule permettono di ridisegnare un viso, come pennelli per fare un ritratto». Bella metafora,
ma se il pennello insiste un po' troppo sul colore? Se il dipinto vira più verso Picasso che verso Botticelli?
Prosegue Fiorella Donati: «È vero che la chirurgia estetica sbagliata ha prodotto mostri, ma anche la
medicina estetica sbagliata può produrne, vedi le bocche "a canotto", siliconate perciò eterne. Gli zigomi
enormi, lo stravolgimento della fsionomia, in certi casi ha portato le donne dal tavolo operatorio direttamente
al lettino dello psichiatra, per la perdita di identità». Non solo donne normali, ma anche personaggi come
Jamie Lee Curtis: «Volevo ringiovanire, invece mi sono ritrovata strana e deforme, come se non fossi più io».
Certi volti diventati asimmetrici, certi gesti di pubblico pentimento da parte di attrici come Nicole Kidman,
Emanuelle Béart o Courtney Love (che rimpiange le sue "vecchie " labbra), di antichi sex symbol come
Mickey Rourke (cinque operazioni al viso) hanno moltiplicato le perplessità. Nella diffdenza che monta, la
bella Carolina Crescentini si tiene le sue occhiaie che le danno un'aria insonne e dark alla Twilight. Così
arriviamo a Daniel Cassuto, che insegna chirurgia plastica e ricostruttiva all'Università di Modena e Reggio
Emilia ed è un esperto nel correggere gli errori degli altri: volti da incubo e corpi che portano i segni di
interventi mal riusciti. «C'è gente che viene da me perché non ha più il coraggio di uscire di casa», racconta:
«Visi sfregiati da silicone o fller permanenti, con violenti infammazioni. Con grumi che devono essere
liquefatti da un laser collegato a una fbra ottica». Secondo Daniel Cassuto oggi si è in una fase di transizione
verso una forma di chirurgia che lui defnisce "rigenerativa", perché non punta a mutilare e asportare, ma a
stimolare, integrare, restituire i volumi giusti. «L'invecchiamento non è un tumore da togliere, ma una perdita
di tessuti che vanno sostituiti. Il bisturi non è buono né cattivo, dipende da chi lo usa. Anche il silicone, che io
metterei al bando, di per sé è un olio dentro una bottiglia. Presto i segni del tempo non si cureranno più
tagliando un eccesso di pelle, ma reintegrando quello che manca. Anche in classiche operazioni come
l'aumento del seno con le protesi si sta scoprendo la rigenerazione. Con le iniezioni di grasso prelevato da
altre parti del corpo si ottengono risultati molto più naturali». Tutto questo rende sottile il confne tra chirurgia
plastica e medicina estetica. Facilita le migrazioni. Cassuto semplifca: «Come il cardiochirurgo può usare
l'aspirina, il chirurgo plastico deve sapere quando ricorrere alla chirurgia e quando ai trattamenti meno
invesivi». Qui si entra nel dibattito tra diverse scuole di pensiero, nella battaglia dei brevetti, nella
nomenklatura affascinante dei trattamenti: Cryolab, Blue-Mixer, W-Oxygen, New Golden, Environ, Skin
Power, Skin Tonify therapy. Molti nomi, un punto fermo: è profondamente cambiato l'approccio all'estetica.
«Prima, le donne volevano "quella" bocca o "quel" naso», sintetizza Donati: «Arrivavano in studio con la foto
di un'attrice, pronte a tutto per somigliarle. Adesso chiedono: dammi il meglio di me». Foto: W. Maser - Trunk
/ Contrasto, Foto: E. Cremaschi - LUZphoto
Foto: DA SINISTrA, E IN SENSO OrArIO: DVOrA ANCONA, AUTrICE DI "bELLE SENZA bISTUrI"; I
ChIrUrGhI FIOrELLA DONATI E DANIEL CASSUTO
Foto: Lo stravolgimento della fisionomia ha portato molti dal tavolo operatorio direttamente al lettino dello
psicanalista