Quando i sintomi non corrispondono ad una malattia - Af
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Quando i sintomi non corrispondono ad una malattia - Af
Quando i sintomi non corrispondono ad una malattia … ma a volte sì Per vivere abbiamo bisogno di ossigeno. Questo elemento chimico fondamentale arriva a tutte le cellule del nostro organismo con i globuli rossi che sono contenuti nel sangue. L’organo che fa muovere il sangue e con lui i globuli rossi e quindi l’ossigeno è il cuore. Per “pompare” il sangue, il cuore si deve contrarre e questo diventa possibile solo se il muscolo cardiaco viene eccitato regolarmente ed in modo armonioso da periodiche ondate di “corrente elettrica”. La corrente elettrica viene prodotta in precisi “centri di commando” ed in seguito condotta attraverso “canali precisi” fino alle fibre muscolari. I meccanismi chimici e fisici implicati nella genesi e nella conduzione della corrente elettrica nel cuore sono estremamente complessi e non è nostra intenzione entrare nei dettagli di questi argomenti. Le aritmie sono delle anomalie nella genesi e/o nella conduzione della corrente elettrica nel cuore. L’attività di questo organo non è più armoniosamente collegata alle necessità di ossigeno dei nostri organi, bensì “la corrente elettrica” si produce e/o arriva al muscolo cardiaco in modo caotico e disorganizzato. Queste anomalie, comunemente chiamate “aritmie” disturbano la funzione di pompa del cuore e possono creare dei sintomi. Le aritmie sono di vari tipi ed a seconda della loro genesi , della loro durata e dell’entità del disturbo della funzione di pompa del cuore si possono avvertire in modi diversi. Il sintomo più comune delle aritmie sono “le palpitazioni”, intese come l’avvertire i propri battiti cardiaci. Normalmente, non ci accorgiamo che il nostro cuore si contrae, così come non ci accorgiamo del fatto che i reni filtrano il nostro sangue in permanenza oppure che il nostro fegato sintetizza e degrada nello stesso tempo, per 24 ore su 24 quasi tutte le sostanze che circolano nel sangue. Nel momento in cui diventiamo coscienti della nostra attività cardiaca ed avvertiamo i suoi battiti parliamo di palpitazioni. I colpi che possiamo quindi sentire hanno la capacità di presentarsi solo in modo sporadico oppure con maggiore frequenza, con una cadenza regolare oppure in modo caotico, per soli pochi secondi o per minuti, ore, addirittura per giorni interi e così via. Seguendo il tipo dell’aritmia quindi, le palpitazioni ci infastidiranno come colpi unici in modo sporadico oppure sotto forme più organizzate e più o meno durature. Dobbiamo dire però che non tutti i soggetti avvertono palpitazioni durante l’aritmia. Molti pazienti non si accorgono dell’attività anomala del cuore e quando vengono interrogati dicono “no, io palpitazioni non ne ho”. Vi racconto di un mio paziente che conosco da quando era un bambino di otto anni. Oggi ha 24 anni ed ha sempre sofferto di extrasistolia ventricolare. Posso dire che “è cresciuto con le extrasistoli” ! Su 120.000 battiti che normalmente ha nelle 24 ore, 50.000 sono extrasistoli. Con tutto ciò lui non ne avverte nemmeno una ! Dall’altra parte è vero anche il contrario, e cioè che non tutte le palpitazioni sono aritmie e questa mi sembra piuttosto una buona notizia ! Molti soggetti si sottopongono a delle registrazioni elettrocardiografiche continue (esami Holter), annotano nei diari il momento preciso in cui hanno avuto “la classica sensazione di palpitazione” ma, l’apparecchio non ha registrato alcuna aritmia. Quando l’aritmia si presenta in modo sporadico possiamo percepire la palpitazione come “un colpo ogni tanto” oppure come “una pausa”, “un battito che manca” o “un colpo forte nel petto”. Altri pazienti descrivono delle sensazioni più strane, come “una palla che rotola per le scale”, “un tonfo”, “un vuoto nel petto”, “un vuoto alla bocca dello stomaco” e così via. Si tratta di una forma molto comune di palpitazione che corrisponde piuttosto alle extrasistoli. Quando invece l’aritmia perdura (ed è di solito anche ad alta frequenza), la palpitazione si esprime come “battiti veloci”, “cuore che esce dal petto”. Le sensazioni a volte sono localizzate a livello dello sterno, sotto la mammella sinistra, oppure al collo. In questo ultimo caso si avverte la classica sensazione di “cuore in gola”. Quando l’aritmia è anche molto veloce, la sensazione è veramente sgradevole e nella maggior parte dei casi induce uno stato di agitazione, di angoscia e di paura per quello che potrebbe capitare. In alcuni casi però la sensazione può essere completamente diversa. Mi ricordo di una mia paziente, una signora anziana che soffriva di brevi episodi di fibrillazione atriale che lei identificava (per l’altro con molta precisione) come “delle pecorelle dentro il petto”. Altre volte, la stessa aritmia gli produceva la sensazione di “un fruscio dentro il petto”. Un altro paziente mi riferiva “un gorgoglio nel cuore”. Mentre la palpitazione è la conseguenza della percezione diretta del disturbo del ritmo esistono altri sintomi che accompagnano le aritmie ma che sono però secondari ad un effetto dell’aritmia. Se per esempio, l’aritmia è molto veloce (la frequenza cardiaca aumenta di molto) oppure molto lenta (la frequenza cardiaca cala in modo significativo) si potrebbe in alcuni casi avere come conseguenza, un abbassamento della pressione arteriosa. Il calo pressorio può esprimersi con “astenia”, “capogiri” o senso di “testa vuota”. La stessa pressione bassa diventa causa di cattiva irrorazione del cervello ed ecco come un’aritmia che ha una frequenza cardiaca troppo alta o troppo bassa riducendo la pressione arteriosa si esprime (indirettamente) con i sintomi della pressione bassa che potrebbe avere qualsiasi altra causa (sanguinamento, sudorazione intensa, perdita di liquidi dovuta a vomito o diarrea protratte e così via). L’estrema forma di sintomo secondario di alcune aritmie severe è la sincope. La sincope è la perdita di conoscenza improvvisa con caduta in terra (svenimento). Vi riporto il caso di una giovane ragazza che per svegliarsi la mattina per andare a scuola caricava la sveglia. Pochi secondi dopo che la sveglia suonava lei … sveniva. Chiaramente nessuno credeva a questa storia e tutto veniva messo in relazione a scarsa voglia di andare a scuola. Fortunatamente, dopo alcune indagini specifiche si è visto che il rumore della sveglia induceva la comparsa di una severa aritmia che provocava … una sincope vera. Un’altra possibile espressione di alcune aritmie è “la difficoltà respiratoria”. Si tratta sempre di un sintomo secondario. Le aritmie molto veloci riducono il tempo necessario per il riempimento ventricolare. Il sangue stagna a monte del ventricolo e nei polmoni. Questi fenomeni scatenano il sintomo “del respiro difficoltoso” (chiamato anche dispnea). Nelle aritmie che si presentano con altissima frequenza cardiaca persistente, la difficoltà respiratoria inizia in modo acuto, improvviso a pochi secondi o minuti dall’insorgenza dell’aritmia stessa. Nelle aritmie che invece presentano una frequenza cardiaca alta, ma non in modo esagerato, il sintomo respiratorio può insorgere giorni o settimane dopo la comparsa dell’aritmia. E’ il classico caso dello scompenso cardiaco che compare in alcuni casi in occasione della perdita del ritmo normale per l’istaurarsi della fibrillazione atriale. Le alte frequenze delle tachicardie determinano una diminuzione del flusso del sangue attraverso le arterie del cuore (le coronarie). In alcuni soggetti che hanno già dei restringimenti delle coronarie che riducono il flusso di sangue verso il muscolo del cuore, la tachicardia produce un ulteriore aggravamento del fenomeno. La riduzione ulteriore della circolazione coronarica potrebbe generare una severa mancanza di ossigeno del muscolo cardiaco. L’espressione clinica di questo fenomeno è “il dolore di tipo anginoso”. Il periodo in cui lavoravo nell’Unità Coronarica mi ricordo di un paziente con gravi problemi coronarici ed era in attesa dell’intervento di bypass. Questo paziente era monitorato e presentava ogni tanto delle tachicardie ad origine ventricolare della durata inferiore ai 10 secondi. Pur essendo brevi, le tachicardie andavano però a 200 battiti al minuto ed ogni episodio si accompagnava da dolore toracico di tipo anginoso. Il paziente affetto da aritmie è in grado di identificare non solo l’inizio del disturbo del ritmo, ma anche la fine. La cessazione dell’aritmia provoca una sensazione di “calma improvvisa”, di “fine del caos” o di “ritorno al battito normale”. Nella stragrande maggioranza dei casi tutto finisce come se niente fosse ma, in altri casi, dopo la cessazione dell’aritmia ci può essere lo stimolo di urinare. Lo stimolo della diuresi è abbastanza caratteristico per alcune aritmie ad origine atriale. Questo sintomo mi fa ritornare in mente un fatto capitato ad un mio paziente. Un giorno, mentre era alla guida della sua macchina ebbe l’ennesima tachicardia, dopo la quale si presentò la voglia crescente di fare la pipi. Visto un bar si fermò abbandonando la macchina in tutta fretta senza nemmeno chiuderla, in seconda fila (all’italiana …) perché “la voglia era diventata insopportabile”. Entro nel bar, chiese del bagno e finalmente “si liberò”. Esce, ringrazia e si avvia per riprendere le cose da dove le aveva lasciate. Il problema è che uscendo … non trovò mai più la macchina. Ricordo che mi disse “Dottore, è stata la pipi più costosa di tutta la mia vita !” Alcuni pazienti raccontano dei sintomi molto particolari, e molto più rari. Mi ricordo di una giovane signora affetta da una cardiopatia congenita per la quale è stata più volte operata. Ad un certo momento della sua vita ha iniziato ad avere delle tachicardie atriali molto veloci e mal sopportate. Quello che mi fa ricordare sempre il suo caso è la sensazione di “un colpo molto violento, estremamente doloroso in petto” che lei avvertiva come primo segno, all’inizio della tachicardia. Un altro paziente che ho seguito in Terapia Intensiva riferiva “un senso di caldo molto forte nel petto” prima di ogni breve episodio di severa bradicardia. Ogni volta che diceva “sento molto caldo Dottore, molto caldo in petto” alzavo lo sguardo verso lo schermo del monitor e vedevo un blocco severo della conduzione che determinava un rallentamento del cuore a … 25 battiti al minuto. In alcuni casi non sono i pazienti quelli che raccontano dell’aritmia bensì chi li sta vicino ! Penso alle mamme che riferiscono al pediatra che stringendo al petto il loro piccolo hanno avvertito che “il cuoricino batteva molto veloce”. Nella stessa categoria possiamo collocare anche un individuo portatore di protesi valvolare meccanica. Nel silenzio della notte, il/la compagno/a del letto viene attirato dallo strano ticchettio della protesi. Sarà lui/lei a riferire al medico di avere sentito la valvola del compagno / della compagna di letto battere “troppo veloce” oppure “in maniera non regolare”. A proposito del rumore della protesi valvolare (soprattutto delle protesi di vecchie generazioni che erano molto rumorose) e della fibrillazione atriale ad alta frequenza, ricordo il caso di una coppia; la signora era portatrice di una protesi mitralica molto rumorosa e, come di norma, dormiva nello stesso letto con suo marito. A questo punto, molti di noi si aspetterebbero la normale reazione del marito di cambiare letto a causa del rumore forte ed irregolare. No ! Nel silenzio della notte, il ticchettio della valvola della signora non faceva dormire il marito. A questo punto, lui la svegliava molto spesso, perché secondo lui, quando la moglie era sveglia la protesi faceva meno rumore. Dopo alcune notti di insonnia … fu lei a cambiare la stanza da letto. Il caso che però mi ha lasciato letteralmente a bocca aperta è stato quello di una mia paziente, operata di sostituzione della valvola mitralica per un severo mal funzionamento dovuto alla malattia reumatica contratta nell’infanzia. Da moltissimi anni soffriva anche di fibrillazione atriale che peraltro non era scomparsa dopo l’intervento chirurgico. Eravamo oramai a più di sette anni dall’intervento chirurgico ed una mattina mi telefona chiedendomi di vederla perché da alcune ore avvertiva “un sacco di palpitazioni” ed il cuore “in grande disordine”. Dopo meno di un’ora era sul lettino del mio ambulatorio e continuava ancora ad avere i suddetti sintomi. Ho eseguito l’elettrocardiogramma che non potrò mai dimenticare; la signora era in ritmo sinusale. Abituata da una vita al ritmo disordinato della fibrillazione atriale, il ritorno del ritmo normale gli provocava sintomi di aritmia … Da non credere, ma vero ! Dott. Vladimir Guluta