ESSERE DONNE AFRICANE Protagoniste del cambiamento*

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ESSERE DONNE AFRICANE Protagoniste del cambiamento*
ESSERE DONNE AFRICANE
Protagoniste del cambiamento*
ell’Africa patriarcale il ruolo delle
donne è sempre stato subalterno a
quello maschile. Nel periodo coloniale si è andato consolidando il ruolo dominante dei maschi. La globalizzazione e i
processi di aggiustamento strutturale, rendendo più povere le famiglie, hanno messo
in rilievo il ruolo delle donne nel garantire
la sopravvivenza. Il futuro sta in un nuovo
partenariato tra i sessi.
Se in Europa saluto dicendo buongiorno, tutti mi rispondono allo stesso modo:
“Buongiorno”. In Africa, in alcune comunità,
gli uomini avrebbero risposto “Umbàa” e le
donne avrebbero risposto “Unsèe”. Già nel
modo in cui si risponde al saluto, c’è l’indicazione della costruzione sociale. Si risponde in un modo o nell’altro a seconda
del genere e del censo. Cercherò di trattare brevemente questo argomento, facendo
alcuni passaggi: una breve introduzione
sulle società tradizionali; la colonizzazione
e i decenni dello sviluppo; i processi di aggiustamento strutturale; la globalizzazione;
la mondializzazione e le prospettive future
nelle relazioni uomo-donna.
Le società umane sono formate da uomini e donne. Sono essi gli attori dello sviluppo sociale e del progresso. Ovunque lo
statuto, la posizione e il ruolo degli uomini e
delle donne sono definiti come valore socioculturale. Uno sguardo sulle condizioni della
donna e le relazioni uomo-donna mette in risalto il peso delle tradizioni, dell’evoluzione
economica e delle trasformazioni politiche.
Per lo più patriarcali, le società tradizio-
N
* Articolo di Jaqueline Ki-Zerbo è
tratto da Solidarietà Internazionale,
anno XIX, n.3 marzo 2008
nali africane attribuiscono una preferenza
chiara ai ragazzi e agli uomini, perché sono
coloro che possono perpetuare il cognome
della famiglia e rappresentano il sostegno
in caso di malattia e di vecchiaia. Le donne, invece, vengono date in matrimonio per
costruire le famiglie altrui. Questa preferenza si esprime fin dal momento della nascita perché, quando una donna partorisce, il
modo di trattare chi nasce è completamente
diverso a seconda che sia maschio o femmina. L’educazione delle bambine è riservata
soprattutto alle donne ed è confinata nella
sfera di casa. Il lavoro domestico, sicuramente importante, non è pagato, non ha
nessun valore economico e questo spiega
l’invisibilità delle donne.
La suddivisione del lavoro nell’economia
tradizionale e nel periodo della colonizzazione ha fatto sì che le donne diventassero
il principale attore nel campo agricolo. Per
questo oggi le donne nell’agricoltura di sussistenza sono fondamentali. Assicurano la
semina, ma non fanno la raccolta. Quando si
arriva al momento della suddivisione dei prodotti del raccolto scompaiono, non contano
più. Sulle loro spalle grava il lavoro più duro,
ma senza parteciparne al risultato. Gli uomini hanno il potere, hanno la responsabilità e
le donne sono subordinate, dipendenti.
IL RUOLO DELLA DONNA
Si deve tuttavia sottolineare che, nelle società africane, le donne detengono una certa parte di potere. Per esempio, nelle cerimonie familiari di matrimonio, di battesimo
o durante i funerali, donne e uomini hanno
ruoli diversi e ben precisi e, se le donne non
svolgono il loro ruolo, l’evento familiare o
sociale non può avere luogo. Se le sorelle
di un giovane non corrispondono a un certo numero di condizioni, nei confronti, per
esempio, della fidanzata del giovane, il matrimonio non può avere luogo. Ed è questa
la ragione per cui, malgrado le disuguaglianze e le iniquità che riguardano l’accesso alle
risorse economiche e al potere politico, gli
africani, uomini e donne, dovrebbero prendere in considerazione questi aspetti della
realtà per cercare di raggiungere uno statuto in cui uomini e donne abbiano la medesima dignità. In Africa certe forme di femminismo europeo non sono utili. Per le donne
africane non si tratta di fare una lotta contro
i maschi, ma piuttosto di costruire un partenariato egualitario tra sessi.
LE SCUOLE FEMMINILI
Poi è arrivata la colonizzazione, che ha costruito scuole per uomini e pochissime scuole femminili. In questo modo si è accentuata la divisione tra uomo e donna all’interno
delle comunità. La scarsa scolarizzazione ha
condizionato lo status economico della donna africana che, priva di reddito, si è trovata a
dipendere sempre più dal padre o dal marito.
Alla fine degli anni ‘50, si è tentato in molti
Stati di colmare il divario mediante una legge
che, in antitesi con gli usi africani secondo i
quali il consenso al matrimonio non è indispensabile, ne stabiliva l’assoluta obbligatorietà, soprattutto in relazione alle donne.
Tra il 1960 e il 1990 si è verificata la teorica indipendenza dell’Africa. Dico teorica
perché, raggiunta la sovranità nazionale,
l’Africa ha continuato ad avere bisogno di
interventi esterni da parte delle potenze ex
coloniali e dell’Occidente in generale. Quegli
interventi erano rivolti soprattutto agli uomini, anche perché riguardavano soprattutto l’aumento delle esportazioni, attraverso
la trasformazione dell’agricoltura da attività
legata alla sufficienza alimentare locale, ad
attività rivolta all’esportazione. A margine di
questo, alle donne veniva lasciata l’attività
su piccola scala legata alla famiglia.
Il ruolo della donna si è rivelato fondamentale per la sopravvivenza della famiglia
durante il tremendo periodo di siccità che ha
colpito i sei paesi del Sahel, compromettendo tutte le risorse animali e naturali, ma fondamentale anche per la salvaguardia dell’ambiente e per la lotta alla desertificazione.
BEN PIÙ DELL’ALTRA METÀ DEL CIELO
Durante il periodo dei decenni dello sviluppo, si sono tenute conferenze internazio-
nali sulla condizione femminile non solo in
Africa, ma ovunque: quelle del Messico nel
1991 e nel 1996, a Copenhagen nel 1980,
a Nairobi nel 1985. Gli incontri sono serviti
ai componenti delle delegazioni ufficiali per
capire quale era il ruolo delle donne nella
sfera economica, ed eventualmente in quella politica. Si è sviluppato così un dialogo
tra uomini e donne.
Finite le illusioni sullo sviluppo, ci si è
trovati di fronte alla pillola amara degli aggiustamenti strutturali (cioè i cambiamenti
nelle politiche dei paesi in via di sviluppo
implementati dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale) e si è stati
costretti a passare alla ricerca di soluzioni
per ridurre la povertà. A quel punto ci si
è davvero dovuti occupare del problema
dell’educazione e di quello della salute. In
quel momento si è cominciato a capire il
ruolo centrale delle donne e ci si è accorti che esse reggevano sulle loro spalle ben
più della “metà del cielo”. Sono state loro,
infatti, a garantire la sopravvivenza, la salute
e l’educazione. Quando, in seguito ai programmi di aggiustamento strutturale e alle
misure restrittive conseguenti i capofamiglia si sono trovati senza lavoro, le donne
hanno supplito gli uomini, garantendo col
loro lavoro la sopravvivenza della famiglia.
Un altro tema di enorme importanza è
quello della globalizzazione. L’Africa vi è arrivata troppo presto, quando il continente
non aveva ancora finito di costruirsi con forme istituzionali appropriate. È arrivata nel
periodo in cui si stavano ancora costruendo
gli stati-nazione, ma all’interno di un contesto di frammentazione che vede ancora la
presenza di tanti microstati. L’Africa si è trovata costretta a seguire strade per lei impercorribili e a sopportare pesi insopportabili.
Vista dalla parte delle donne, la globalizzazione tende a spogliarle di quei benefici
che potevano trarre dal tipo di agricoltura
praticata. Nel Burkina Faso, ad esempio, le
donne si sono dedicate a produzioni di qualità, quali il burro di Karité e il riso fluviale.
La globalizzazione le ha private di quel poco
che riuscivano a guadagnare dalla commercializzazione di quei prodotti. Adesso, sono
più povere di prima. Come conseguenza
di questo impoverimento, saranno pochi i
bambini e, in particolare, le bambine a poter
frequentare la scuola.
UN TRAGICO PARADOSSO
Viviamo così un tragico paradosso. Da una
parte sono aumentate le conferenze per la
parità di accesso ai diritti, alla scuola e alla
salute delle bambine e delle donne, dall’altra,
invece, assistiamo a pratiche di commercio
e di mercato mondiale che riducono sempre
più la scolarizzazione femminile. Quando non
ci sono mezzi economici, infatti, se si deve
scegliere se scolarizzare un maschio o una
femmina, si sa quale sarà la scelta. Abbiamo
detto che non deve esistere una guerra tra
sessi in Africa, ma un partenariato, perché
uomini e donne vivono in un ambiente che
cambia continuamente, hanno valori istituzionali che li condizionano e che si trasformano a seconda dei bisogni, delle pratiche, degli interessi strategici degli uni e delle altre.
In seguito ai programmi di aggiustamento
strutturale, l’autorità del capofamiglia è diminuita, perché non riesce più a garantirne la
sussistenza. Si modificano, in questo modo,
le relazioni fra i componenti del nucleo familiare. Riconoscere il valore del lavoro delle
donne significa mettere in luce il loro ruolo
all’interno della comunità e della nazione,
ammettere il contributo che danno non solo
allo sviluppo sociale, ma anche alla ricostruzione della forza lavoro e alla produzione
nazionale. Di questi fattori si deve tenere
conto quando si decidono le strategie e le
microeconomie a livello locale.
Ma alle donne deve essere riconosciuto
un ruolo anche nella macroeconomia. Occorrono due condizioni per ottenere questo
risultato. In primo luogo la consapevolezza
della necessità del loro contributo. In secondo luogo, la solidarietà di tutti coloro che ri-
tengono che le disuguaglianze, di qualunque
genere siano, costituiscono un ostacolo al
miglioramento del capitale umano, economico e sociale.
A dispetto della lentezza dei cambiamenti di mentalità, non si deve essere pessimisti circa la possibilità di un partenariato fra
uomini e donne fondato non solo sull’uguaglianza dei diritti, ma su quella dei fatti. La
globalizzazione, se vissuta correttamente
come una opportunità, permette di correggere le distorsioni esistenti nei rapporti sociali, che fino ad ora hanno colpito particolarmente le donne. Esiste però chi è artefice
e attore della globalizzazione e chi, volente
o nolente, ne è travolto. Entrambi, tuttavia,
devono sapere che il futuro sta nel partenariato tra donne e uomini e che, per essere
umano, deve trovare la sua linfa nel passato,
nelle radici.