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© 2013 Editrice ZONA È VIETATA ogni riproduzione e condivisione totale o parziale di questo file senza formale autorizzazione dell’editore. Un giornalista di provincia al Festival di Sanremo di Giorgio Pezzana ISBN 978-88-6438-376-7 © 2013 Editrice ZONA piazza Risorgimento, 15 - 52100 - Arezzo tel 0575.081353 - 338.7676020 www. editricezona.it - [email protected] Ufficio Stampa: Silvia Tessitore - [email protected] Progetto grafico: Serafina - [email protected] Stampa: Digital Team - Fano (PU) Finito di stampare nel mese di ottobre 2013 Giorgio Pezzana UN GIORNALISTA DI PROVINCIA AL FESTIVAL DI SANREMO ZONA UN ALTRO LIBRO SUL FESTIVAL DI SANREMO? Un altro libro sul Festival di Sanremo? D’istinto potrebbe fare pensare a una minestra riscaldata, tali e tante sono state le pubblicazioni di ogni genere nella storia di quella che era una rassegna della canzone italiana e che è diventato un fatto di costume. Ma non è così. Perché, sino a oggi, a raccontare il festival, sono stati perlopiù coloro che hanno avuto un approccio privilegiato con la manifestazione. Giornalisti di quelle pochissime grandi testate che ci sono in Italia, qualche scrittore talvolta un po’ snob, alcuni dei protagonisti che hanno calcato quel palcoscenico. Ma come ci si accosta alla manifestazione? Come la vive e quali considerazioni ne trae un giornalista di provincia, professionista nella redazione di una testata locale che vanta 130 anni di storia, che da sempre pubblica un bisettimanale molto diffuso e letto, ma che ovviamente vive la rassegna sanremese come un qualcosa di estraneo e distante, rispetto alla cronaca di ogni giorno del capoluogo e dei Comuni che lo circondano? Come approda alla sala stampa del festivalone un giornalista che deve arrovellarsi un mese prima dell’inizio del festival per ottenere il tanto sospirato “pass”? Quello stesso “pass” che per un manipolo di colleghi, sempre quelli delle testate maggiori, è un diritto acquisito, talvolta un po’ fastidioso, tanto da generare sbuffi e giaculatorie, salvo poi ritrovare sempre le stesse facce, per decenni, nella prima fila della sala stampa del Teatro Ariston. Diciamoci la verità: per le organizzazioni che si sono succedute nell’allestimento del Festival di Sanremo e per la Rai, soprattutto negli ultimi anni, in sala stampa basterebbero una quindicina di postazioni, venti a volere esagerare, mettendo insieme i maggiori quotidiani ed i principali rotocalchi italiani. Un’altra ventina di postazioni basterebbero per la stampa estera. Gli altri, tutti a casa! Invece, complessivamente, i giornalisti, gli operatori e i fotografi accreditati nelle due sale stampa (due! Una non bastava più!) secondo i dati più recenti, sono mediamente poco più di 1.100; nella sala stampa dell’Ariston le testate perlopiù della carta stampata rappresentate sono circa 220 e gli inviati poco meno di 400 (lavorano per agenzie, quotidiani, periodici, siti web, giornali radio ecc.). Nella sala stampa allestita al terzo piano del vicino Palafiori, sono invece addirittura più di 600 gli accreditati di circa 200 radio e tv private. A questi occorre aggiungere almeno un centinaio di fotografi, oltre agli uffici stampa degli artisti e gli addetti delle case discografiche. Un carrozzone immenso, che certamente porta animazione e denaro negli alberghi e nei ristoranti della cittadina ligure, ma che genera tanti piccoli e grandi equivoci, dissapori, rancori, malintesi con un denominatore comune: la sopportazione forzata di pochi nei confronti dei più. Ma questi pochi, sono davvero i migliori? Sono davvero i più preparati? O sono soltanto professionisti più o meno validi, come gli altri mille, che a copertura delle loro spalle però, più che l’eccellenza della professionalità e della competenza, hanno i nomi di una manciata di grandi testate? Ecco, senza pregiudizi e senza gratuite cattiverie, il giornalista di provincia che nella sala stampa del Festival di Sanremo ci è andato per 25 anni, mette in fila ricordi e sensazioni, episodi ed aneddoti, lasciando quasi sempre che sia il lettore a trarre le proprie conclusioni. Senza fare nomi, perché non è il ludibrio la finalità di questo lavoro, ma soltanto fare comprendere che non tutto è come appare. E il Festival di Sanremo non fa eccezione. 1. VOLEVO FARE IL CANTANTE... Avevo quattordici anni e volevo fare il cantante. Forse questa idea mi era già frullata in mente un paio di anni prima. Ma quell’anno era il 1968, l’inizio di un’era difficile, principio di tante follie che avremmo pagato per decenni: dal “sei politico” per garantire la promozione a tutti, agli esami di gruppo nelle università, dai cosiddetti “espropri proletari” che erano veri e propri atti vandalici ammantati di ideologie confuse, ai sanpietrini lanciati contro la polizia “fascista” che tentava di sedare i tumulti nelle piazze. Era il caos che stava spianando la strada al terrorismo. Avremmo pagato a caro prezzo e per tanto tempo quegli episodi. Ed a poco valgono le scuse ed i pentimenti rivolti tardivamente a quelle famiglie che ancora oggi piangono dei morti. Era il 1968 ed io volevo fare il cantante. E per chi voleva fare il cantante, in quell’epoca, nonostante tutto, il Festival di Sanremo continuava a rimanere l’approdo più ambito, il punto di arrivo e di partenza. Anche se poi, a ben guardare, non mi sarebbe stato difficile scoprire l’interminabile elenco di meteore che su quel palcoscenico lasciarono e lasciano tuttora i loro sogni, a lungo inseguiti, senza poter dare continuità alcuna ai loro progetti. Perché il mondo della canzone era ed è tuttora così. Bravi cantanti, bravi musicisti si ritrovano a fare a gomitate con musicisti e cantanti raccomandati e protetti. Ma alla fine a decretare il successo è sempre e soltanto il pubblico. Non vi è nulla che possa, alla lunga distanza, sostituirsi al giudizio del pubblico. Negli ambienti, negli anni Ottanta, si parlava di una ragazza, cantante mediocre, di bell’aspetto, figlia di un padre danaroso quanto ambizioso, che un giorno si sarebbe presentato negli uffici di una grande casa discografica mettendo sul tavolo della dirigenza un assegno molto vistoso accompagnato da un ordine perentorio più che da una richiesta: “Mia figlia vuole fare la cantante!”. Insomma lui, importante manager di un grande gruppo industriale, immaginava che un cantante potesse essere costruito e imposto sul mercato come un qualsiasi altro prodotto, a suon di pubblicità televisiva e radiofonica e di pagine acquistate sui maggiori quotidiani. La ragazza, con l’aria della bambina capricciosa e prepotente propria di chi negli agi vive la propria quotidianità, approdò come un fulmine a ciel sereno al Festival di Sanremo, fu parte del cast in una produzione cinematografica, fece ascoltare le sue canzoni in radio e televisione, comparve su quotidiani e rotocalchi con immagini ed interviste. Insomma, tutti gli ingredienti per un lancio in grande stile che secondo gli intenti dello sprovveduto, seppur navigato, genitore, avrebbero dovuto fare di sua figlia una star di prima grandezza. La giovinetta si arrabattò per un paio di anni, probabilmente finché non si esaurirono completamente le risorse messe in campo dal generoso papà, eppoi svanì nel nulla, rapidamente dimenticata. Non aveva “bucato” il video, come si soleva dire allora, non aveva raggiunto il pubblico o, più propriamente, il pubblico lo aveva raggiunto, ma non era stata accettata, non era piaciuta. La differenza, al di là delle mode e dei tempi, sta sempre tutta lì. E l’apprezzamento del pubblico non ha prezzo, semplicemente perché nulla lo può comperare. Neppure gli assegni “pesanti” di un padre forse troppo innamorato della propria figliola. Ma torniamo al Sanremo di quel 1968 che quasi sicuramente fu la molla che fece scattare in me il desiderio forte e determinato di fare il cantante. Credo di poter dire che delle tante edizioni del festival, quella fu la più indimenticabile. E ancor più si ricava questa sensazione, pensando alle passerelle sanremesi degli ultimi anni, sempre alla ricerca di quei big che a Sanremo non ci vogliono più andare perché, arrivati a dare lustro al proprio nome e alla propria carriera, non ne vogliono sapere di mettersi in gioco con i meccanismi sempre discussi di una gara che, tra l’altro, raramente percepisce quello che si rivelerà poi il gusto del pubblico. Da qualche tempo inoltre, c’è anche chi va sostenendo che il festivalone non sarebbe comunque più rappresentativo della realtà musicale italiana. Ma questo è un discorso complesso che mi riservo di riprendere più avanti. Nel 1968, sul palcoscenico del Casinò di Sanremo, all’epoca sede della manifestazione prima del suo trasferimento al Teatro Ariston, salirono tra gli altri Louis Armstrong, Wilson Pickett, Dionne Warwick, vale a dire tre personaggi di grandezza internazionale, che non approdarono nella città dei fiori in cambio di compensi spropositati, a bordo di limousine scintillanti, puntando i piedi per avere lo champagne in camerino. Ma parteciparono alla gara eseguendo a loro modo la seconda versione delle canzoni di Lara Saint Paul, Fausto Leali e Tony del Monaco. E non basta. A quell’edizione del festival non ebbero accesso alla finale personaggi del calibro di Domenico Modugno, Paul Anka, Shirley Bassey, Johnny Dorelli, Pino Donaggio. Mentre, alla fase finale, ad alimentare l’elenco già ragguardevole dei big, si trovarono anche, tra gli altri, Adriano Celentano, Sergio Endrigo che con Roberto Carlos risulterà vincitore con il brano Canzone per te, che sarebbe poi stata ripresa in tutto il mondo in innumerevoli versioni (cito a caso quella della regina del fado, la portoghese Amalia Rodriguez), Ornella Vanoni, Milva e tantissimi altri. Ordunque, come avrebbe potuto un festival di tal fatta non coinvolgere ed entusiasmare un ragazzino quale io ero, che giorno dopo giorno stava maturando sempre più il desiderio di fare il cantante? E volendo fare il cantante, quale obiettivo avrei potuto pormi se non quello di arrivare al Festival di Sanremo? Tranquilli, non sto per propinarvi il mio modestissimo percorso artistico, per altro intralciato a più riprese da mio padre, assolutamente allergico all’idea di avere un figlio cantante e che, proprio per questo, declinò senza possibilità di replica, quel paio di occasioni che mi si presentarono per tentare il salto di qualità. “Quando sarai diplomato farai quel che vorrai. Prima no!” era la sua argomentazione ricorrente. Per inseguire il sogno del canto, tardai di un anno anche l’approdo al diploma, cosicché, quando nel 1975, bussai all’uscio di alcune case discografico situate ai vari piani dei palazzi di quella storica Galleria del Corso di Milano, ove all’epoca di muoveva buona parte del mondo della canzone italiana, era ormai troppo tardi. La contestazione del ’68 aveva portato cambiamenti profondi (e non tutti negativi, beninteso) anche nel modo di pensare alla canzone. Aveva preso sempre più corpo il concetto di “canzone d’autore” e stavano esplodendo artisticamente i vari Venditti, De Gregori, Cocciante, Baglioni, Battisti, Fossati e tanti altri. Un’epoca nuova e diversa della canzone d’autore, poiché cantautori lo erano stati anche Modugno, Don Backy, Endrigo, Lauzi, ma non si comprende per quale ragione questi ultimi non siano mai stati storicamente annoverati alla stregua dei cantautori che caratterizzarono gli anni Settanta, lasciando un segno indelebile del loro passaggio. Ci furono poi quelli che, pur avendo già avuto significativi successi negli anni Sessanta, vennero integrati tra le fila dei nuovi cantautori. Penso a Paoli, Guccini, De André e Dalla. Ed anche a Tenco. Ecco, Luigi Tenco, il cui dramma umano si era consumato proprio a Sanremo, un anno prima del favoloso festival del 1968, avrebbe potuto rappresentare l’altra faccia della manifestazione rivierasca, una sorta di monito messo lì per ricordarci che, quando i riflettori si spengono e i sipari si chiudono, ogni dimensione umana si ritrova a fare i conti con sé stessa. E poco importa se quella sia la dimensione di un artista già affermato o di un povero cristo. Riflessioni che vengono e vanno e che non potevano cancellare all’epoca il fatto che io volessi fare il cantante ed arrivare al Festival di Sanremo. Certo, quando nel 1975 avvertii nitidamente che l’aria era cambiata, contrariamente a quanto avrei visto fare a tanti altri, mi diedi una scadenza. Se entro un anno non fosse accaduto nulla di importante, avrei riposto nel cassetto il sogno di fare il cantante, sarei andato ad assolvere i miei doveri di militare di leva, eppoi avrei pensato a che fare della mia vita. Andò così, anche se sostenni alla Siae, superandolo, l’esame di autore della parte letteraria (per intenderci, diventai paroliere), raccogliendo una piccola e inutile soddisfazione, prima della partenza per il Car di Albenga. Stava cambiando il modo di pensare alla canzone, ma stava cambiando anche il mondo della discografia. I nuovi cantautori divennero ben presto i paladini del vinile a 33 giri, che iniziò a scandire il lento ma inesorabile declino del vecchio, caro, vinile a 45 giri, sulla cui dimensione e sulle cui caratteristiche avevo riposto i miei sogni di diventare un cantante. Il 33 giri offriva ovviamente maggiore spazio espressivo, molti cantautori sostenevano che solo quella dimensione avrebbe consentito loro di sviluppare un percorso musicale completo. I cantautori si rivelarono ben presto personaggi talvolta bizzarri e molto esigenti, alcuni di loro cavalcarono il momento politico post-sessantottino con estrema disinvoltura, facendosi interpreti di ideologie d’immediata presa sui giovanissimi, molti lasciando alle generazioni future testimonianze indelebili, alcuni cavalcando un po’ troppo spregiudicatamente ideologie prese a prestito. A loro comunque, il Festival di Sanremo non piaceva. Ne disdegnavano la dimensione troppo commerciale e il fatto che in tre minuti o poco più dovesse esaurirsi tutta la loro verve artistica, affidata nella realtà, come abbiamo visto, ai 33 giri in grado di contenere mediamente una dozzina di canzoni. Eppoi non piaceva la gara, considerata un retaggio di un passato da cancellare, che nessuno ha però cancellato. Nonostante ciò, probabilmente turandosi il naso, ma con la consapevolezza del grande impatto mediatico dell’evento, al festivalone ci andarono quasi tutti, almeno una volta. Ci andò l’austero Ivano Fossati, ci andò più volte Lucio Dalla, ci andò Gino Paoli, sornione ed opportunista, ci andò persino Lucio Battisti, mentre lo vinsero addirittura, in epoche diverse, Riccardo Cocciante e Roberto Vecchioni e ci andarono, pur se solo come ospiti, anche Claudio Baglioni e il coriaceo Antonello Venditti che, non volendo del tutto immergersi in una bolgia poco condivisa, ebbe a dire nel corso della conferenza stampa al Teatro Ariston “Non è Venditti che ha bisogno del Festival di Sanremo, ma è il Festival di Sanremo che ha chiamato Venditti”. Vale a dire, leggendo tra le righe di questo discorso un po’ presuntuoso: non ci volevo venire, ma poiché serve per vendere dischi, eccomi qui. Ma non solo. Ad un certo punto, anche i cantautori più altezzosi, allorquando con l’avvento dei cd che rimpiazzarono i vinili a 33 giri si cominciò a sentire il vento freddo della crisi discografica, furono costretti a rivedere le loro posizioni sull’utilità del “singolo”, cioè il cd che contiene normalmente solo quattro brani e che viene messo sul mercato a basso costo. Altro non era se non la riproposizione, almeno concettuale, del vecchio “disco pilota” a 45 giri degli anni Sessanta e primi Settanta allorquando, a fare da apripista al lancio dei 33 giri, erano i piccoli vinili che contenevano un paio di brani riproposti poi, con altri dieci, nel “padellone”. Insomma, l’irrinunciabile necessità di avere “ampi spazi musicali” per esprimersi, che decretò la morte del 45 giri, anche tra i cantautori, successivamente, non sarebbe più risultata così irrinunciabile. E oggi che i ragazzini, nell’era degli mp3 e di tecnologie sempre più avveniristiche, saccheggiano a man bassa la musica dai computer, tante pruderie devono necessariamente essere lasciare da parte. Ma torniamo a quel ragazzino che voleva fare il cantante e andare al Festival di Sanremo e che, il cantante, non lo avrebbe comunque fatto. Fece però il giornalista arrivandoci in modo un po’ rocambolesco, certo non avendolo pianificato, tanto era stato il desiderio di fare il cantante. Ma il caso volle che dopo il Car di Albenga fossi destinato, neobersagliere per l’orgoglio di mia madre (che la fanfara dei “fanti piumati” me la faceva ascoltare sin da quando ero bambino e ogni volta si commuoveva) ad Aviano, in Friuli, nel 1976. E che cosa accadde in Friuli nel 1976? La tragedia del terremoto, che vide tanti soldati a fianco della popolazione drammaticamente colpita da quell’evento. Fu lì che forse per la prima volta pensai alla scrittura, inviando alcuni reportage dalle terre terremotate a “il Biellese”, il giornale del mio territorio, un bisettimanale diretto da uno straordinario sacerdote, don Oscar Lacchio. Anche in questo caso, non intendo tediare il lettore con la storia dei miei percorsi giornalistici. Mi limito a dire, in estrema sintesi, che nel 1978 “il Biellese” mi assunse in redazione e che intorno al 1980, il direttore, mi propose di occuparmi di ciò che quel bisettimanale, fondato nel 1882, sino a quel momento, non aveva mai avuto: pagine dedicate alla cultura e agli spettacoli. Ne seguirono, com’è intuibile, le diverse fasi di avviamento professionale e consolidamento del progetto finché, nel 1985, ecco sfiorarmi l’idea che mi avrebbe portato a entrare dalla finestra laddove non ero riuscito ad entrare dalla porta principale: perché non chiedere alla Rai l’accredito per la sala stampa del Festival di Sanremo? Detto e fatto. Ma i primi approcci non furono semplici. Ebbero comunque inizio così, riconducibili alla mia vecchia passione, ma anche alla casualità, le vicende del giornalista di provincia inviato al Festival di Sanremo. Di provincia... per sempre? Ebbene sì. Per scelta personale (non amo le grandi città) sono rimasto a “il Biellese” sino a oggi, mantenendo quindi una dimensione che ha via via assunto i contorni di un osservatorio che considero privilegiato. Anche senza i benefici che derivano dall’appartenenza a testate assai più celebrate, di cui avrò modo di parlare. INDICE DEI NOMI Armstrong Louis 8, 28 Picktett Wilson 8 Warwik Dionne 8, 29 Saint Paul Lara 8, 29 Leali Fausto 8 Del Monaco Tony 8, 29 Modugno Domenico 8, 10, 22, 117, 118, 119 Anka Paul 8 Bassey Shirley 8 Dorelli Johnny 8, 34, 66 Donaggio Pino 8 Celentano Adriano 8, 25, 55, 89, 106 Endrigo Sergio 8, 10 Carlos Roberto 8 Rodriguez Amalia 8 Vanoni Ornella 8 Milva 8 Venditti Antonello 10, 11 De Gregori Francesco 10 Cocciante Riccardo 10, 11 Roberto Vecchioni 11, 87 Baglioni Claudio 10, 11, 25 Battisti Lucio 10, 11 Fossati Ivano 10, 11 Don Backy 10, 22 Lauzi Bruno 10, 22, 50 Paoli Gino 10, 22, 138 Guccini Francesco 10 De Andre Fabrizio 10, 94 Dalla Lucio 10, 11, 99 Tenco Luigi 10, 50, 51, 103, 104, 114 Baudo Pippo 15, 28, 36, 37, 43, 47, 54, 71, 73, 79, 131, 132 Ravera Gianni 15, 21, 36, 40, 59, 62, 72, 104 Cinquetti Gigliola 21, 41, 56, 78 Bongiorno Mike 22, 50, 109 Lojodice Giuliana 22 Di Capri Peppino 22, 66 Graziani Ivan 22 Finardi Eugenio 22 Locasciulli Mimmo 22 Bindi Umberto 22 New Trolls 23 Baldan Bembo Dario 23, 24 Morandi Gianni 24, 99 Efrikian Laura 24 Duran Duran 25, 53, 54 Ricciarelli Katia 25 Spandau Ballet 25, 54 Talk Talk 25, 54 Village People 25, 54 Bronski Beat 25 Mori Claudia 25, 55 Kramer Gorni 25 Valli Rudy 27, 28 Mo Bruna 27 Fogli Riccardo 29 Brard Patty 36, 37, 57 Signora Graziella 39, 41 Gigante Elio 40 Salvetti Vittorio 40 Radaelli Ezio 40 Gilda 41, 74, 75 Vergnaghi Mino 41, 75, 76 Solo Bobby 43 Fornaciari Zucchero 43 Ricchi e Poveri 46, 53, 56, 66, 67, 68 Miguel Louis 47, 56 Cutugno Toto 47, 66, 115, 116 Ramazzotti Eros 47 Dalida 50, 103, 104 Beatles 54 Simon Le Bon 54 Sade 54 Villa Claudio 54, 55 Banchelli Rodolfo 55, 56, 97 Brambati Angela 56 Rho, avvocato 61, 72 Aragozzini Adriano 63, 65, 66 Carlucci Milly 66, 79 I Pooh 66, 68, 70 Caselli Caterina 66, 68, 107, 108 Makeba Miriam 66 Martini Mia 66, 69, 119, 121 Mango 66, 67 Turci Paola 66, 86 Bennato Eugenio 66 Esposito Tony 66, 69 Charles Ray 66, 67 Bridgwater Dee Dee 66, 69, 70 Shaw Sandie 66 Salvi Francesco 66 Winnie Papa 66 Costa Nikka 66 Costa Don 67 Frank Sinatra 67 Giuliani Gilda 74 Rosangela Scalabrino 74 Mireille Mathieu 74 Mina 75 Zanicchi Iva 75 Saggese Matteo 76 Giorgia 76 Carmen & Thomson 76 Angeleri Luciano 76 Pravo Patty 78, 115 Berte Loredana 78, 79, 86 Parietti Alba 79, 81, 82 Nielsen Brigitte 79, 80, 81 Nek 85, 86, 87, 136 Pausini Laura 86, 98 Casale Rossana 86 Di Michele Grazia 86 Guzzanti Sabina 87, 91, 93 Riondino Davide 87, 91, 93 Capanna Mario 87, 88 Ricci Antonio 87 Bignardi Daria 87 Remotti Remo 87 Vendola Nichi 87 Testa Chicco 87 Giusti Marco 87 De Rossi Orsetta 87 Pietrangeli Paolo 87 Voglino Bruno 88 Carati Stefano 88 Curzi Sandro 88 De Palma Jula 89 Torrielli Tonina 89 Elio e le Storie Tese 89, 113, 114, 136, 138 Ron 89 Tosca 89 Mengoni Marco 89 Pitura Freska 90 Mendez Denny 90 Lenson Hance 91, 92, 93, 94, 95 Custer George 92 Chivington John 94 Remington Fredreric 94 Pieri Marcello 98 Baraldi Angela 98 Gli Stadio 99 Paola e Chiara 99 Lisa 99, 100 Minetti Annalisa 100 Eramo & Passavanti 100 Piccola Orchestra Avion Travel 100, 107 Jenny B 100 Tatangelo Anna 101, 102 Giovagnini Valentina 101, 102 D’Alessio Gigi 101 Archinue 102 Bersani Lello 103, 104 Pettenati Gianni 104 Pitney Gene 104 Zatterin Ugo 104 Vallone Eleonora 105 Cancellieri Rosanna 105 Ormezzano Gian Paolo 105 Giletti Massimo 106 Vivarelli Piero 106 Elisa 107 Bocelli Andrea 107 Gualazzi Raphael 107 Elmi Maria Giovanna 108 Grillo Beppe 109 Casini Stefania 109 Milo Sandra 109 Piscozzo Paolo 111 Teocoli Teo 111, 112 Redding Otis Gili Attilio 111 Redding Otis 111 Fazio Fabio 111, 129, 130 Pavarotti Luciano 111, 129, 133 Ines Sastre 111 I Quelli 111 Gli Uh! 111 Ayane Malika 113, 114 Signorini Alfonso 114 Modà 114 I Jalisse 114 Drusian Alessandra 114 Ricci Fabio 114 Modugno Massimo118 Migliacci Franco 118 Zero Renato 119, 120 Nava Mariella 119 Rossi Carlo Alberto 121 Murolo Roberto 121 Gragnaniello Enzo 121 Arbore Renzo 121 Carosone Renato 122 I Ladri di Biciclette 123 Belli Paolo 123 Hendricks Jon 123 Lemper Ute 124 Jannacci Enzo 124 Madonna 124, 125, 126 Manzi Tonino 125 Dondoni Luca 125, 126 Sting 126 Anastacia 126, 127 Gorbaciov Michail 129, 130 Solange 129, 130, 131 Taylor Liz 129, 133 Dulbecco Renato 129, 130 Papa Woytjla 129 Walensa Lech 129 Pagano Pino 132 Varacalli William 132 Povia 136 Dalla Chiesa Nando 138 SOMMARIO Un altro libro sul Festival di Sanremo? 5 1. Volevo fare il cantante... 2. È il 1985, ecco il primo “pass” 3. Eccomi a Sanremo! 4. Al casinò ci ho cantato anch’io 5. Giurie, abiti, fiori, radio e tv. E le canzoni? 6. Alla scoperta del Teatro Ariston 7. La mia prima serata al Festival in sala stampa 8. Delirio per i Duran Duran. E vittoria annunciata 9. Ma l’anno dopo il pass non c’è già più... 10. “What is happening there?”. “Mi spiace. Non parlo inglese...” 11. Sala stampa: pochi eletti, tanti “peones” 12. Faccendieri, cialtroni, ruffiani e millantatori 13. La politica come elemento di giudizio 14. Un vero cheyenne, testimone di un dramma 15. Talenti veri e talenti presunti 16. Incontri e chiacchiere in sala stampa 17. Teocoli, i dischi prestati e l’intruso 18. L’ultima volta che ho visto Modugno 19. La domanda in sardo-britannico a Madonna 20. Quel festival diventato la passerella di tutti 7 15 21 27 33 39 45 53 59 65 71 77 85 91 97 103 111 117 123 129 Concludendo 135 Indice dei nomi 141 www.editricezona.it [email protected]