306 Dal bizantino al gotico internazionale
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306 Dal bizantino al gotico internazionale
n° 306 - luglio 2002 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it Dal bizantino al gotico internazionale Due grandi mostre, che si tengono rispettivamente a Rimini e a Trento, affrontano il tema della circolazione di linguaggi artistici e gli scambi tra culture diverse nel corso del Trecento, prendendo in esame nel primo caso la cultura figurativa veneziana e i suoi rapporti con i contemporanei fenomeni artistici presenti sulle coste orientali dell’Adriatico, mentre la mostra di Trento esamina la civiltà artistica fra Trecento e Quattrocento nell’area montana sui due versanti delle Alpi. Il Trecento Adriatico. Paolo Veneziano e la pittura tra Oriente ed Occidente, è il titolo della rassegna che si tiene a Rimini, presso Castel Sismondo, dal 19 agosto al 29 dicembre. Per l’interesse dell’argomento, collegato con l’affermarsi della potenza commerciale e politica della Repubblica di Venezia a partire dalla fine del Duecento, e per l’importanza dei prestiti ottenuti, la mostra rappresenta uno dei maggiori appuntamenti espositivi dell’autunno. Il fiorire dei commerci attraverso l’Adriatico favoriva gli scambi di opere e lo spostamento di artisti, che si muovevano in cerca di commissioni tra Venezia, le isole greche e Costantinopoli, contribuendo alla formazione di un linguaggio comune. Alla fine del Duecento, l’arte lagunare appariva fortemente improntata dalla maniera bizantina, nella cui linea muoveva il fervore decorativo del grande cantiere di San Marco. Uno dei protagonisti più significativi nella pittura del Trecento in area adriatica è Paolo Veneziano, del quale si hanno notizie tra il 1320 e il 1362, profondo innovatore e caposcuola della pittura veneziana, che introdusse nella ieraticità delle forme bizantine senso volumetrico e pathos, seguendo il cammino indicato da Giotto nella vicina Padova; questa influenza risulta evidente nella predella con le Storie della Vergine, presentata nella mostra riminese: la scena con l’Incontro tra Gioacchino ed Anna, la cui iconografia è puntualmente ripresa dagli affreschi nella cappella degli Scrovegni, mostra un’attenzione al rapporto tra le figure e lo spazio in cui si collocano, del tutto nuova per la pittura veneziana dell’epoca. Analogamente, nel Trittico con la scena della Crocifissione, la figura della Vergine sorretta dalle donne che la circondano, è pervasa da uno spirito di dolente umanità, molto lontano dalla ieraticità maestosa che caratterizzava le Madonne bizantine ai piedi della croce. Il successo di Paolo a Venezia fu decretato con la commissione per la cosiddetta Pala feriale -destinata a coprire la Pala d’oro dell’altare di San Marco, che veniva mo- strata solo in particolari festività - con la quale l’artista realizzava un’opera destinata ad avere lunga eco nella pittura veneziana. Con Paolo Veneziano, infatti, l’arte della città lagunare assume una propria autonomia figurativa, distaccandosi definitivamente dalla tradizione bizantina, i cui stilemi perduravano ancora a Venezia, sia attraverso la mediazione della pittura nelle provincie balcaniche, sia per i diretti contatti con Bisanzio. La nascita di una scuola così innovativa, portò alla diffusione delle opere e degli artisti veneziani in tutta l’area adriatica, tanto sulla sponda occidentale, e quindi nella Romagna e nelle Marche, che su quella orientale, dalla Croazia fino alle isole greche. Soprattutto nei territori dalmati, la lezione di Paolo Veneziano trovò terra fertile, fondendosi con la tradizione locale, spesso legata ad influenze nordiche, che a loro volta finirono col riaffiorare nell’arte a Venezia dell’ultima parte del Trecento. Accanto alle opere di Paolo Veneziano, la rassegna di Castel Sismondo presenta tutti i frammenti della decorazione musiva del battistero di San Marco, eseguiti intorno alla metà del Trecento su commissione del Doge Andrea Dandolo, e staccati dalla volta nel corso del XIX secolo. Pur guar- Mosaico con testa di guerriero - Venezia, Museo Marciano Scuola marchigiana: Il Battesimo di S. Agoatino Città del Vaticano, Pinacoteca pag. 2 dando ancora una volta ad oriente, verso lo stile bizantino, che all’epoca conosceva una rinnovata fioritura con l’ascesa al trono della dinastia paleologa, le scene rappresentate nei mosaici appaiono improntate da caratteri stilistici ormai goticheggianti. A conclusione del percorso della mostra, una serie di opere realizzate tra Tre e Quattrocento da Nicolò di Pietro e Jacobello del Fiore mostrano la piena adesione allo stile del Gotico internazionale. Soprattutto Jacobello, nella vivacità descrittiva delle piccole tavolette con le Storie di Santa Lucia, coniuga un notevole naturalismo con un ritmo mosso ed elegante del narrare, arricchito da una cura attenta dei particolari, e chiude il viaggio attraverso un secolo che aveva visto l’affermazione di Venezia come grande potenza economica e cardine per gli scambi commerciali, ma anche culturali, tra Europa continentale e oriente. Al Castello del Buonconsiglio di Trento, il Gotico nelle Alpi (1350-1450), in corso dal 20 luglio al 20 ottobre prossimo, ha come nucleo principale gli affreschi con il Ciclo dei Mesi che decorano l’interno di Torre Aquila inglobata nel complesso del castello stesso - commissionati intorno al 1400 dal principe vescovo Giorgio di Liechtenstein. La mostra si articola in dieci sezioni, completate dall’esposizione di oreficeria sacra presso il Museo Diocesano, nell’intento di offrire una visione d’insieme - attraverso oltre Scuola di Paolo Veneziano: Natività - Belgrado, Museo Nazionale centocinquanta opere della complessa fisionomia artistica del territorio alpino tra la metà del Trecento e la metà del secolo successivo. Gli affreschi dei Mesi, che costituiscono la prima sezione intitolata al Mondo profano e cavalleresco, rappresentano un documento prezioso della vita tra la fine del Trecento e gli inizi del secolo successivo, raffigurando sia gli svaghi delle classi nobili, sia il lavoro dei contadini e la vita dei campi, scandita dall’alternarsi delle stagioni. A completare una panoramica sulla diffusione dei soggetti profani nel corso del Trecento, viene esposta a Trento anche una serie di affreschi staccati di diversa origine: da Frugarolo presso Alessandria provengono affreschi con scene tratte dall’epopea di Re Artù - che all’epoca incontrò grande successo e diffusione in tutta Europa - mentre da dimore del Friuli sono tratti affreschi con raffigurazioni della guerra di Troia e con scene collegabili al Ciclo dei Mesi, così frequentemente illustrato in pittura, miniatura e scultura nel corso di tutto il Medioevo, e fino nel Rinascimento (ricordiamo tra tutti gli affreschi di Palazzo Schifanoia a Ferrara, realizzati nella seconda metà del Quattrocento). Le varie sezioni in cui si articola la mostra offrono una straordinaria testimonianza del gotico così come si diffuse in tutto l’arco alpino, dalla Slovenia alla Francia, presentando una visione d’insieme complessa e articolata di un periodo fervido e stilisticamente unitario, sia nelle maggiori espressioni artistiche (pittura, miniatura, scultura) che nell’oreficeria e nella realizzazione di oggetti d’arredamento e di armi finemente decorate. In particolare, la rassegna di Trento apre una prospettiva su alcune produzioni artistiche peculiari della cultura figurativa alpina: nell’arco alpino orientale ebbero grande diffusione gli altari con sculture lignee policrome che raggiunsero elevati livelli qualitativi, grazie anche all'attività di maestri come Hans von Judenburg, trasferitosi dalla Stiria a Bolzano, e del quale si possono ammirare splendide Nicolò di Pietro: Santi (part.) - Pesaro, Musei Civici pag. 3 sculture, giunte per l’occasione dal Museo delle arti decorative di Zagabria; mentre all’eleganza struggente delle Schöne Madonnen (“le belle Madonne”) - la cui iconografia, di origine boema, trovò nelle valli montane vasta diffusione - è dedicata un’ampia sezione che si avvale di numerosi prestiti da Tirolo, Carinzia, e da varie località delle Alpi centro-occidentali, Scrive Enrico Castelnuovo nel testo di presentazione della mostra, a proposito della definizione di gotico internazionale (che fu detto anche gotico fiorito): «Questo termine indica lo stile comune che prevalse in questo tempo in occidente in pittura come in scultura, uno stile che fu in tutti i sensi cosmopolita, come del resto indica il suo nome. Si trattò di un'arte che si sviluppò e venne accolta con particolare entusiasmo e particolare attesa proprio nell'ambito delle corti europee [...] La caratterizza una predilezione per la linea guizzante e che in qualche modo, pur facendo tesoro della rappresentazione tridimensionale dello spazio introdotta da Giotto, non nasconde una nostalgia dell'irrealismo sfrenato del gotico lineare fondendo con una certa ambiguità i due tipi di rappresentazione, quello realistico e quello fantastico, irrealistico. Il tutto insieme a un lusso sfrenato, un lusso quale non si era mai visto, forse, fino ad allora [...] Nella regione alpina questo stile ricevette un'accoglienza entusiastica e conobbe un successo duraturo. Il fra- Friederich von Villach: Madonna con quattro santi - Villach, Museum der Stadt zionamento dei feudi e di conseguenza la moltiplicazione dei centri di committenza artistica, l'esiguità dei gruppi borghesi nelle città, l'integrazione di questi gruppi negli organi del potere signorile, sono elementi tutti che fecero dell'ambito alpino una terra d’elezione del gotico internazionale». In parallelo con la mostra, è stata organizzata dall’Ufficio Beni StoricoArtistici una serie di itinerari culturali all’interno della città di Trento e nella provincia circostante, con il titolo Le vie del Gotico. Il Trentino fra Trecento e Quattrocento, per dare modo al visitatore di approfondire la conoscenza della ricca eredità artistica lasciata dall’epoca gotica in territorio trentino. Numerose e varie sono le testimonianze di arte profana, dalla Camera di Amore del Castello di Avio, ai temi connessi con le attività venatorie che decorano le pareti della sala del Castello di Castelpietra, fino agli affreschi del Palazzo Noriller a Rovereto, dedicati a soggetti di ambiente cavalleresco; a questi si affiancano i temi sacri, raffigurati in numerose chiese della Val di Non, dove si fondono le influenze stilistiche venete e quelle di oltralpe, e dove una raffinata cultura figurativa si alterna a rappresentazioni ingenue e fantasiose, connesse con un profonda e arcaica religiosità popolare. donata brugioni