Crediti recuperabili se l`azienda riparte

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Crediti recuperabili se l`azienda riparte
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Mercoledì 26 Ottobre 2016
MF NON PERFORMING LOAN
SONO 92 MLD LE INADEMPIENZE PROBABILI VERSO LE IMPRESE
Crediti recuperabili
se l’azienda riparte
Pagina a cura
di Stefania Peveraro
V
aleva poco meno di 92
miliardi di euro il monte di inadempienze probabili lorde presente nei
portafogli delle banche italiane (e della Cdp) verso aziende
italiane non finanziarie a fine
giugno, in calo dai 94 miliardi
di fine marzo, mentre le sofferenze aziendali erano salite
a 140 miliardi dai 138,3 di tre
mesi prima.
Il conto è contenuto nell’ultimo Bollettino Statistico di
Banca d’Italia, che precisa anche che le sofferenze
aziendali in capo alle sole
banche erano a quella data
135 miliardi e che di queste
33 miliardi (47.917 imprese)
si riferivano ad aziende industriali, 39 miliardi ad aziende
edilizie (50.231 imprese) e
60,1 miliardi a imprese attive nel settore dei servizi
(140.636 aziende). Il tutto per
un totale di crediti deteriorati
aziendali in capo alle banche
e alla Cdp di 236,6 miliardi,
che diventano 326,7 miliardi
considerando anche amministrazioni pubbliche, famiglie
lavoratrici (cioè microaziende sino a 5 addetti) e famiglie
consumatrici.
I fondi di private equity
e di credito specializzati in
turnaround aziendali, quindi, dovranno concentrare le
loro attenzioni su una fetta
di quei 92 miliardi di inadempienze probabili e cioè,
idealmente, sulle società con
debito non inferiore ai 15-18
milioni, importo che in genere per un’azienda in crisi
corrisponde anche al fatturato. Al di sotto di quei livelli,
infatti, i fondi internazionali
non sono interessati ad agire,
ma qualche operatore italiano
specializzato italiano o qualche gruppo di investitori privati organizzato in club deal
potrebbe invece trovare target
adeguati.
Tuttavia il problema è fare in
modo che i guadagni potenziali possano essere proporzionati allo sforzo della due
diligence e della ristrutturazione, che spesso non va di
pari passo con le dimensioni
dell’azienda in questione, nel
senso che occuparsi della ristrutturazione di una piccola
azienda può essere dispendioso in termini di tempo da
dedicarci, tanto quanto la ristrutturazione di un’azienda di
medie dimensioni, che è però
in grado, una volta rilanciata,
di portare più flussi di cassa
e quindi in definitiva più Irr
I DEBITI DETERIORATI DELLE IMPRESE VERSO BANCHE E CDP
Dati lordi in miliardi di euro
Giu 16
Mar 16
Dic 15
Set 15
Sofferenze lorde
196.153
194.988
198.990
198.823
Inadempienze probabili
120.643
122.860
124.526
126.273
Finanziamenti scaduti/sconfinanti lordi
10.092
11.787
13.772
15.646
Totale crediti deteriorati lordi
326.888
329.635
337.288
340.742
236.581
237.953
244.332
248.736
Sofferenze lorde aziendali
140.032
138.396
141.962
142.281
Indempienze probabili aziendali
91.848
94.091
95.675
98.106
Finanziamenti scaduti/sconfinanti aziendali
4.701
5.466
6.695
8.349
di cui
Totale crediti lordi deteriorati aziendali
di cui
Fonte: Bollettino Statistico Banca d'Italia
GRAFICA MF-MILANO FINANZA
L’identikit dei debitori privati secondo SiCollection
ittadino italiano del centro-nord, cinquantenne
C
e con un saldo da versare del valore di circa 4.600 euro. È il profilo standard del debitore
privato, secondo il database dell’Osservatorio di
SiCollection (gruppo Sigla), che ha analizzato
le oltre 800 mila posizioni debitorie del proprio
portafoglio in gestione, che hanno un valore complessivo di oltre 3,1 miliardi di euro, rielaborando i
dati legati a ciascuno dei circa 700 mila titolari.
Per oltre il 90% dei casi il debitore è di nazionalità
italiana e la fascia di età più esposta è quella che
va dai 46 ai 55 anni (27,6%); a seguire, quella dei
36-45enni (27,4%). Gli uomini hanno poi esposizioni creditizie scadute mediamente superiori
del 40% rispetto alle donne (4.776 euro di media
contro 3.326 euro) e le posizioni per il 65,2% fa riferimento a uomini, mentre il restante 34,8% è in
capo a donne. Una linea di credito da recuperare
su tre fa riferimento a importi che non superano i
500 uro (36%); indicativamente la metà (45%) ha
un’entità compresa tra i 500 e i 5 mila euro. Meno
di 2.500 posizioni sulle oltre 800 mila esaminate,
invece, superano i 50 mila euro. Il 96% dei titolari delle posizioni analizzate (670 mila persone
circa) risulta insolvente con un solo operatore del
credito. Sono 24.300 coloro i quali risultano insolventi con due diversi operatori; mentre sono meno
di 2 mila quanti hanno contratto un debito con
tre, quattro o cinque operatori differenti. Quanto
al recupero del credito, si registra la tendenza a
recuperare con maggiori probabilità di successo
i debiti in termini inversamente proporzionali
rispetto alla loro sedimentazione nel tempo. Ad
esempio, per quanto riguarda i crediti bancari, le
posizioni scadute fino ai 120 giorni si recuperano
con un’incidenza dell’87%; se si superano però i
12 mesi, il tasso di rientro scende al 25%, per poi
scivolare al 14% per le sofferenze vere e proprie,
ovvero quelle che risultano scadute da più di 18
mesi. Sul fronte dei crediti legati alle utenze, le
posizioni scadute legate a contratti ancora attivi
si recuperano nell’ordine del 75%; quelle, invece, che fanno riferimento a contratti di fornitura
cessati, si recuperano per il 35%.
NON PERFORMING LOAN TREND
N La Banca Centrale Europea ha di recente posto in consultazione le Linee guida per le banche
sui crediti deteriorati, programmando un’audizione prevista per novembre, al fine di chiarire
le aspettative del Meccanismo di vigilanza unico
circa la classificazione, stima e gestione dei npl
e di incoraggiare le banche a un’amministrazione attiva dei bad loan, aprendo la strada ad una
soluzione olistica del problema a beneficio dei
diversi stakeholders (autorità, banche/finanziatori, mercato del Npl, servicers, clienti privati/
imprese).
La Guida indica la best practice circa la definizione di piani operativi doverosamente volti a
costringere il peso rilevante dei Npl entro dimensioni accettabili, in particolare attraverso uno
specifico indirizzo strategico del management,
insieme a un sistema di gestione dei rischi e, più
generale, un piano industriale coerenti, premessa
l’adozione di modalità di gestione efficaci.
Ne deriva che ogni singola banca dovrà formalizzare gli obiettivi sulla riduzione dello stock di
Npl, in termini di massimizzazione del recupero,
individuando un’adeguata strategia, alla cui corretta definizione contribuiranno necessariamente elementi quali la valutazione dell’ambiente
operativo interno ed esterno, simulazioni di tipo
what-if sull’assorbimento di capitale, target di
recupero quantitativi, declinati per orizzonte
temporale e segmenti di portafoglio e basati su
analisi comparative e degli aspetti macroeconomici influenti.
Dunque, si attendono con fiducia importanti sviluppi specie sul fronte di quegli aspetti di attuale
debolezza, dai quali il downsizing dei Npl è certamente suffragato: la bassa profittabilità per le
banche, a causa del livello dei tassi di interesse
e della scarsa fiducia dei clienti, che impattano
sulle commissioni, un modello di business tradizionale, caratterizzato da ingenti costi operativi,
infine la necessità di appianare le differenze di
business models rispetto agli altri Paesi Europei, dal punto di vista delle norme penali, civili,
fiscali e fallimentari.
Vincenzo Macaione
ad Primus Capital
per i fondi.
E’ così, quindi, che una bella
fetta di queste inadempienze
probabili delle banche nei
confronti delle aziende italiane si trasformeranno in sofferenze soltanto per il fatto che
nessuno si prende oggi la briga di investire denaro fresco e
trattare quindi con le banche
creditrici con un approccio
costruttivo.
Il responsabile dei crediti
deteriorati large corporate
di una grande banca ha detto
tempo fa a MF Npl una verità
che vale per qualunque credito
e per qualunque banca oggi si
possa permettere di non dover
vendere tutto il suo pacchetto
di npl in un sol colpo e possa al contrario fare la scelta
di attendere il rilancio delle
aziende debitrici, quando sia
ragionevole attenderselo.
«Se io oggi mi trovo con un
credito che a bilancio ho già
svalutato al 40% e un fondo
viene da me, mi propone di
investire capitali freschi per
il rilancio, forte di un piano
industriale solido, e mi chiede
di allungare le scadenze del
mio credito, magari anche rimandando il pagamento degli
interessi, io sono contento di
farlo. Perché se tra due anni
quel credito a bilancio mi si
sarà rivalutato al 60% del suo
valore lordo originale, io come banca avrò fatto il migliore investimento che posso fare
in questo momento: avrò guadagnato il 20% in due anni».
Certo, sarebbe meglio evitare di avere anche le inadempienze probabili e quindi
evitare che i crediti in bonis
si deteriorino. Praticamente
mai si ragiona sui motivi che
hanno portato il sistema bancario alla situazione attuale e
su come evitare che si ripresenti. In realtà sul mercato
sono già disponibili approcci
diversi all’analisi e alla valutazione del rischio aziendale,
che permettono alle banche,
ma anche agli altri finanziatori, investitori e consulenti, di
avere il polso reale dello stato di salute di un’impresa, per
intervenire in tempo ai primi
segnali di difficoltà o evitare
errori di percorso.
E si tratta a volte anche di
approcci che vanno oltre alla valutazione del rischio di
credito, come quello dell’enterprise risk management,
un approccio alla valutazione complessiva del rischio
aziendale che tiene conto
degli aspetti operativi, procedurali, di sicurezza e delle
variabili esterne. (riproduzione riservata)