Intervento di don Franco Marton

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Intervento di don Franco Marton
Un ‘cortile dei gentili’ a Treviso ? Don Franco Marton Nel 2009 con alcuni amici, preti e laici, si discorreva sull’opportunità di incontrare quei non pochi ‘ricercatori di senso’ o di Dio, che restano lontani o ai margini delle nostre comunità cristiane. Si pensava di fare la proposta di camminare insieme nel dialogo innanzitutto ai propri amici non credenti o diversamente credenti, interessati ad una ricerca in qualche modo ‘religiosa’. Pensavamo di muoverci nettamente nella prospettiva del dialogo e non tanto del ‘primo annuncio’, che aveva già chi se ne occupava in diocesi. E sul quale arrivavano interventi sia della CEI (Lettera ai cercatori di Dio) come dei Vescovi della Lombardia (La sfida della fede: il primo annuncio). Si era deciso di incontrarci con un piccolo gruppo di laici, credenti e non credenti, e di preti per misurare la viabilità della proposta. Nel bel mezzo dei nostri conversari papa Benedetto se ne esce con l’idea : “Io penso che la Chiesa dovrebbe anche oggi aprire una sorta di ‘cortile dei gentili’ dove gli uomini possano in qualche maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero, al cui servizio sta la vita interna della Chiesa. Al dialogo con le religioni deve oggi aggiungersi soprattutto il dialogo con coloro per i quali la religione è una cosa estranea, ai quali Dio è sconosciuto e che, tuttavia, non vorrebbero rimanere semplicemente senza Dio, ma avvicinarlo almeno come Sconosciuto” (21 dicembre 2009). Poi, a quattro mesi dal suo ingresso nella nostra Diocesi (4 giugno 2010), il Vescovo riprende l’idea del Papa e sorprendentemente fa echeggiare sotto le volte del Tempio di San Nicolò i versi di Padre Turoldo : “Fratello ateo, nobilmente pensoso / alla ricerca di un Dio / che io non so darti, attraversiamo insieme il deserto”’. Anche se restavano e restano molte cose da chiarire, si poteva provare. Ci siamo incontrati in un gruppo di laici e preti che si conoscevano e che gravitavano intorno alla città: si chiedeva solo che fossero disposti a investire la propria fede in una offerta di ‘cammino nel dialogo’. Il 10 giugno del 2010 ci siamo ritrovati in due convocazioni, mattina e sera, per favorire sia i preti come i laici, ed eravamo più di 40. Nell’ampia e partecipata discussione sono emersi alcuni punti, da precisare ulteriormente. Perché il dialogo Il motivo profondo sta nel fatto che la chiesa e in essa ogni credente, ha ricevuto da Gesù la missione di raccontare a tutti la sua storia: quanto lui ha fatto – soprattutto per i piccoli, i poveri e gli esclusi (la sua ‘compassione’) e la sua risurrezione dalla morte di croce. Le prime comunità cristiane infatti annunciavano il Vangelo del Regno (la storia di Gesù) ripreso nel Vangelo della Pasqua (Gesù è risorto e vive : chiunque , in ogni tempo e luogo, può avere un incontro con lui).Ma questo annuncio nella storia ha conosciuto diverse forme, a seconda dei destinatari. Oggi alcuni nuovi destinatari (ricercatori di senso o di un Dio mai conosciuto…) fanno capire alla chiesa che “il dialogo è una via al Regno” ( Redemptoris missio, 57). Il dialogo non è l’annuncio, che tuttavia può trovare posto in esso. Qualcosa sul dialogo Ci si è trovati facilmente concordi sulle grandi linee del dialogo, per tutti da precisare e approfondire. 1 Qualcosa sul Regno Il dialogo in se stesso, di natura sua estraneo a fini anche nascosti di ‘conquista’, è già una via verso il Regno. Lo scriba onesto, ricercatore del valore più alto per la sua vita entra in dialogo con Gesù e tuttavia non diventa suo discepolo, né Gesù glielo chiede, ma si sente dire “Tu non sei lontano dal Regno di Dio” (Mc 12,28-­‐34). L’esito del dialogo è in ogni caso un qualche contatto col Regno : sia che porti ai ‘valori del Regno’ (giustizia, pace, servizio ai poveri, perdono…), sia che approdi ad una comunità cristiana , sia che si concluda con nulla di esteriormente significativo. Quale credente potrà entrare nel dialogo Nel dibattito è trapelata l’esitazione di un cristiano ‘normale’ davanti alla proposta di mettere in gioco la propria fede nel dialogo con chi non crede. Per lo più si pensa che solo cristiani ‘perfetti’ (ma spesso si ritengono tali quelli che ‘sanno’ di teologia) siano abilitati a questo dialogo. Ogni discepolo di Gesù dovrebbe sapere che la sua fede ha sempre bisogno di essere purificata e di crescere ( ”Credo : aiuta la mia incredulità”: Mc 9,24 ). E ogni laico sa dal Concilio che il Signore gli ha donato “il senso della fede e la grazia della parola, perché la forza del Vangelo risplenda nella vita quotidiana, familiare e sociale “ ( Lumen gentium 35 ). Sui “gentili” di oggi Si è tentata una prima descrizione degli eventuali interlocutori del dialogo. Già la loro denominazione è risultata complessa : non credenti o diversamente credenti ? atei o agnostici ? ricercatori di senso o di Dio ? laici semplicemente pensanti ? uomini con una certa ‘spiritualità ? E, soprattutto, loro vorrebbero essere ‘classificati’? ed eventualmente come ? Si è proposto di fare una specie di inventario delle esperienze di dialogo esistenti o già sperimentate. E’ stata evocata subito la ‘Cattedra dei non credenti’, aperta a Milano dal Card. Martini e anche la sua versione ‘di base’ promossa da don Casati col quale siamo entrati in contatto. Si è poi individuata la lunga esperienza di un gruppo di dialogo a Spinea, consegnata ora in un libro molto interessante ‘Il posto vuoto di Dio’, Marietti 2006. C’è stata larga convergenza nel definire lo spazio della proposta : è lo spazio delle relazioni personali e , se possibile, amicali , in ogni caso di relazioni vere e intense. Si escludeva così l’istituzionalizzazione del ‘cortile dei gentili’ sul modello di quanto sta promovendo ora il Card. Ravasi a livello di dialogo-­‐confronto di carattere culturale, ma anche una istituzionalizzazione come iniziativa organizzata e strutturata dalla diocesi o dalle parrocchie. I ‘cammini nel dialogo’ dovrebbero nascere e muoversi nella libertà delle relazioni personali. Parrocchie e diocesi dovrebbero conoscerli e favorirli con discrezione in modi opportuni. Sembrava utile avere un Gruppo di riferimento che avviasse una riflessione continua sulle diverse esperienze di dialogo che progressivamente nascessero in diocesi e costruisse una ‘rete’ tra i piccoli gruppi di ‘cammini in dialogo’ che qualche laico credente promuovesse nello spazio delle sue relazioni personali. Cosa che, a determinate condizioni, anche qualche presbitero potrebbe promuovere. Più volte è emersa l’opportunità di dar vita a momenti pubblici per portare a conoscenza dell’opinione pubblica esperienze di dialogo esistenti altrove o persone significative impegnate su questo fronte. Questi momenti dovrebbero creare un’opinione pubblica, laica ed ecclesiale, favorevole al dialogo, in una realtà culturale come la nostra connotata da grande incapacità di ascolto reciproco. 2 Quali contenuti per i ‘cammini nel dialogo’ ? Non è sembrato ai più che si possa proporre una serie preordinata di temi, in quanto sarebbe da sottoporre al dialogo in un piccolo gruppo di credenti e non credenti innanzitutto il vissuto delle singole persone. Forse se le relazioni personali non fossero subito sufficientemente forti, si potrebbero individuare insieme ‘temi’ meno coinvolgenti e tuttavia significativi per tutti i membri del gruppo. Dopo questo primo passo, abbastanza incerto ma stimolante, ci siamo incontrati, ancora in doppia convocazione, con don Antonio Marangon sul tema: ‘Gesù e i gentili’. E’ servito molto ad approfondire motivazioni e stile del dialogo. Abbiamo poi incontrato alcuni membri del gruppo di Spinea : se da un lato abbiamo dovuto constatare che la loro lunga esperienza, ricca di spunti validi, è di per sé irrepetibile, ci è servita molto per comprendere che decideranno della nostra esperienza le relazioni personali, intense e prolungate e che il dialogo sul vissuto è molto esigente e va pazientemente imparato. Proprio per ‘imparare’ qualcosa del dialogo, pur in un gruppo ancora troppo grande (intorno alle 40 persone) abbiamo tenuto tre incontri a tema. ‘Credenti e non credenti davanti all’etica’, ‘davanti alla malattia e alla sofferenza’, ‘davanti all’uso del denaro e alla crisi economica’. Ogni incontro era aperto da una breve introduzione di un ‘laico’ e di un credente, ai quali si era chiesto di partire dalla propria esperienza personale, senza precludersi qualche ‘riflessione’. Si apriva poi il dialogo, di solito interessante. Sulla composizione del gruppo occorre rilevare che la grande maggioranza è di adulti-­‐
anziani La presenza di adulti giovani è stata saltuaria. Qualche giovane si è affacciato quando ha avuto contatti diretti con qualche adulto. I preti hanno diradato la loro presenza negli incontri serali (in pratica tutti, dopo i primi due). Alcuni tra gli interrogativi aperti • Il progetto nel suo insieme è agibile ? • Come coinvolgere la comunità cristiana e il prete ? • Come coinvolgere i laici, in un impegno che non coincide con la catechesi parrocchiale ? • La proposta è presentabile anche alla “prima generazione incredula”? da chi e come? (il video-­‐
messaggio del Papa ai giovani in piazza a Nòtre–Dame de Paris il 25 marzo 2011, direbbe che sì) Treviso 1 dicembre 2011 3