Novità in materia di appalti pubblici – accordi di cooperazione tra
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Novità in materia di appalti pubblici – accordi di cooperazione tra
Dipartimento di Diritto Pubblico e dell'Unione Europea Sommario Accordi di cooperazione tra pubbliche amministrazioni e applicazione delle norme sugli appalti pubblici Edilizia sociale – Libertà di circolazione, appalti pubblici di lavori e aiuti di stato. Subordinazione della vendita e della locazione di immobili a un “legame sufficiente” con il comune, oneri e incentivi fiscali Newsletter del 21/01/2013 Newsletter del 30/10/2012 Rateizzazione del debito tributario e condizioni di partecipazione a gare pubbliche Applicazione di norme del codice degli appalti alle concessioni di servizi. Nomina della commissione di gara, cauzione provvisoria e clausola sociale Accordi di cooperazione tra pubbliche amministrazioni e applicazione delle norme sugli appalti pubblici Ai sensi del diritto dell’Unione europea, non è possibile per due o più pubbliche amministrazioni stipulare, senza prima aver esperito una gara di appalto, un contratto attraverso cui esse instaurino un rapporto di cooperazione, salvo il caso in cui sia possibile rinvenire la sussistenza di determinati requisiti, evidenziati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Con le pronunce nelle cause C-564/11, C-386/11 e C-352/12, la Corte di giustizia si è infatti nuovamente pronunciata in tema di applicazione delle norme sugli appalti pubblici al caso in cui due o più pubbliche amministrazione vogliano stringere un accordo di cooperazione, confermando quanto già affermato nella sentenza del 19 dicembre 2012, causa C-159/11, Azienda Sanitaria Locale di Lecce e altri c. Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce e altri (sul punto, si veda nostra precedente newsletter). I contratti onerosi stipulati tra due pubbliche amministrazione – una di esse autorizzata ad operare sul mercato – costituiscono infatti contratti di appalto, anche qualora l’amministrazione che si trova ad operare quale contraente privato non persegua un preminente scopo di lucro, non abbia una struttura imprenditoriale e non assicuri una continua presenza sul mercato. La natura di appalto del contratto stipulato non può essere messa in dubbio neanche se l’onerosità dello stesso sia limitata ad un mero rimborso delle spese sostenute per fornire il servizio. Solo in due casi può essere esclusa l’applicabilità delle norme sugli appalti pubblici. In una prima ipotesi, occorre che l’amministrazione stipuli il contratto con un altro ente pubblico distinto sul quale eserciti però un “controllo analogo” a quello che essa esercita sui propri servizi (in applicazione dei principi della sentenza della Corte, causa C-107/98, Teckal). Alternativamente, occorre che il contratto sia finalizzato ad istituire una cooperazione finalizzata al solo adempimento di una funzione di servizio pubblico comune alle due amministrazioni. È compito dell’interprete nazionale valutare se il caso concreto possa essere ricondotto a questa ipotesi. La Corte di giustizia esplicita però i criteri sulla base dei quali compiere tale valutazione. In particolare: - il contratto di collaborazione deve essere stipulato esclusivamente tra enti pubblici; - nessun prestatore privato deve essere posto in posizione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti attraverso l’accordo; - la cooperazione deve essere retta esclusivamente da considerazioni connesse al perseguimento di interessi pubblici. Tali criteri sono cumulativi e costituiscono una eccezione alla regola generale di applicazione della Direttiva 2004/18/CE in caso di contratto stipulato da una p.a. riconducibile alla definizione di appalto di cui all’art. 1 della Direttiva stessa. Nella causa C-386/11 la Corte ha applicato restrittivamente tali criteri, non rilevando che dalla bozza di contratto con cui un ente pubblico conferiva ad un altro il compito di pulizia di edifici e locali non emergeva una cooperazione finalizzata ad adempiere ad una funzione di servizio pubblico comune. Inoltre, la Corte ha stabilito l’insussistenza delle suddette condizioni poiché il contratto permetteva di ricorrere ad un soggetto privato per l’espletamento della missione, così ponendo tale terzo in condizione privilegiata rispetto alle altre imprese operanti in tale settore. Non vale ad escludere l’applicazione delle norme sugli appalti pubblici neanche la circostanza che l’accordo sia stato concluso in circostanze straordinaria (nella causa C-352/12 si trattava di un contratto stipulato sulla base di normative italiane legate all’emergenza del sisma de L’Aquila). In caso di circostanze straordinarie ed imprevedibili, vale infatti la deroga contenuta nell’art. 31, punto 1, lett. c), della Direttiva 2004/18/CE. Da interpretare restrittivamente, la deroga opera infatti solo quando l’evento straordinario ed imprevedibile rende materialmente impossibile all’amministrazione pubblica utilizzare le procedure di gara normale e accelerata. Ordinanza della Corte di giustizia del 20 giugno 2013, causa C-352/12, Consiglio Nazionale degli Ingegneri c. Comune di Castelvecchio Subequo e Università degli Studi di Chieti Pescara; Sentenza della Corte di giustizia del 13 giugno 2013, causa C-386/11, Piepenbrock Dienstleistungen GmbH & Co. KG c. Kreis Düren e a. Ordinanza della Corte di giustizia del 16 maggio 2013, causa C-564/11, Consulta Regionale Ordine Ingegneri della Lombardia e a. c. Comune di Pavia e Università degli Studi di Pavia Edilizia sociale – Libertà di circolazione, appalti pubblici di lavori e aiuti di stato. Subordinazione della vendita e della locazione di immobili a un “legame sufficiente” con il comune, oneri e incentivi fiscali In materia di appalti pubblici di lavori, la Corte di giustizia ha recentemente dato applicazione ai principi di tutela della concorrenza e di libera circolazione con riferimento ad alcune questioni che possono sorgere in materia di appalti pubblici. In primo luogo, seguendo un orientamento consolidato, ha stabilito che è in contrasto con il diritto dell’Unione europea – ed in particolare con il principio della libera circolazione dei capitali e dei servizi – la normativa nazionale che sottoponga l’acquisto o la locazione di un immobile al rinvenimento di un “legame sufficiente” tra il cessionario e il Comune in cui l’immobile si trova. In secondo luogo, la Corte ha esaminato il caso in cui la concessione di un permesso di costruire o di lottizzare sia sottoposta ad un “onere sociale”, consistente ad esempio nel destinare una parte del progetto alla costruzione di alloggi popolari, ovvero nel versare un contributo finanziario al Comune nel quale il progetto è realizzato. L’imposizione di tale obbligo restringe la possibilità di effettuare investimenti nell’area e costituisce quindi una violazione della libertà di circolazione dei capitali (e, di conseguenza, della libertà di stabilimento e di circolazione dei servizi). Tuttavia, la Corte sottolinea che la previsione di oneri sociali può essere giustificata, a condizione che esso sia esclusivamente diretto a garantire una sufficiente offerta di alloggi a persone aventi un reddito modesto o ad altre categorie svantaggiate della popolazione locale. In terzo luogo, la Corte ha analizzato la legittimità di incentivi fiscali a favore delle imprese che adempiono a tali oneri sociali. In particolare, tali previsioni possono essere qualificate come aiuti di Stato nel caso ricorrano le condizioni stabilite all’art. 107 TFUE: - intervento dello Stato o effettuato attraverso risorse statali; - l’intervento incide sugli scambi tra gli Stati membri; - l’intervento concede un vantaggio al beneficiario; e - l’intervento falsa o minaccia di falsare la concorrenza. Per ultimo, la Corte ha risposto alla questione se possa essere qualificata come appalto pubblico di lavori la realizzazione di alloggi popolari successivamente destinati alla vendita a prezzi massimi imposti ad un ente pubblico di edilizia popolare o attraverso la sostituzione di tale ente a chi ha realizzato l’opera. La Corte ha dunque cercato di verificare se l’adempimento dell’onere sociale possa rientrare nella definizione di appalto pubblico di lavori della Direttiva 2004/18/CE. A tal fine, occorre che l’onere sociale non sia semplicemente imposto dalla normativa nazionale, ma che sia incluso in una convenzione di lottizzazione, paragonabile a un contratto scritto tra amministrazione e privato. Inoltre, occorre che non si versi in uno dei casi di esclusione dell’applicazione del diritto dell’Unione agli appalti pubblici (c.d. “controllo analogo” e cooperazione tra enti pubblici senza alcuna partecipazione privata e diretta al perseguimento esclusivo di un interesse pubblico comune). Sentenza della Corte di giustizia dell’8 maggio 2013, cause riunite C-197/11 e C-203/11, Eric Libert e a. c. Gouvernement flamand e a. Rateizzazione del debito tributario e condizioni di partecipazione a gare pubbliche Di recente il Consiglio di Stato riunito in Adunanza Plenaria ha valutato l’esatta portata del concetto di definitività dell’accertamento della violazione tributaria, ai fini dell’applicazione della norma di esclusione dalle procedure pubbliche di gara di cui all’art. 38, comma 1, lett. g, del Codice degli appalti (D.lgs. 163/2006). La norma esclude infatti dalla partecipazione alle gare pubbliche quei soggetti che abbiano commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi di pagamento delle imposte e delle tasse. La volontà sottostante la disposizione – che deriva dall’art. 45 della Direttiva 2004/18/CE – è quella di bilanciare l’esigenza di garantire la maggiore partecipazione alle gare pubbliche con quella di tutelare l’interesse del contraente pubblico. Quest’ultimo rischia infatti di stipulare contratti con soggetti gravati da debiti tributari tali da incidere sulla loro affidabilità e solidità finanziaria. Proprio il concetto di “violazione definitivamente accertata” ha dato però origine a numerosi orientamenti in relazione alla ipotesi di rateizzazione del debito tributario. L’Adunanza Plenaria ha dunque deciso di aderire alla tesi più rigorosa, che ha origine nella giurisprudenza della Corte di giustizia. Sulla base di tale orientamento, il requisito della regolarità fiscale può dirsi sussistente solo nel caso in cui, prima del decorso del termine per la presentazione della domanda di partecipazione, sia stata accolta l’istanza di rateizzazione del debito. Le ragioni alla base di tale giurisprudenza sono sostanzialmente due. In primo luogo, la rateizzazione del debito tributario costituisce una novazione oggettiva e il provvedimento di accoglimento dell’istanza ha dunque natura estintiva dell’obbligazione originaria e costitutiva della nuova. Prima di tale provvedimento, che non costituisce atto dovuto, resta così in vita il debito originario. In secondo luogo, il principio di certezza del diritto non ammette che la rateizzazione del debito possa divenire una vera e propria ammissione condizionata, così travalicando la regola secondo cui i requisiti di partecipazione devono essere sussistenti al momento di presentazione della domanda. Sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, del 20 agosto 2013, n. 20 Applicazione di norme del codice degli appalti alla concessioni di servizi. Nomina della commissione di gara, cauzione provvisoria e clausola sociale È noto che, ai sensi dell’art. 30 del Codice degli appalti (D.lgs. 163/2006), le concessioni di servizi pubblici non sono assoggettate alle norme del Codice stesso. La scelta del concessionario deve però avvenire nel rispetto dei principi generali di matrice comunitaria in materia di contratti pubblici. In particolare, la procedura di affidamento della concessione deve rispettare i principi di trasparenza, pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità e concorrenza. Tali principi generali sono alla base dell’intero impianto del Codice degli appalti e, quindi, ciascuna disposizione in esso contenuta, anche se non applicabile alle concessioni di servizi, trae origine da essi. Il Consiglio di Stato, riunito in Adunanza Plenaria, ha fatto luce sull’esistenza di alcune norme del Codice degli appalti che devono essere considerate imperative ed inderogabili. Esse sono infatti applicazione diretta dei suddetti principi e devono quindi essere applicate anche alle concessioni di servizi, anche sovrapponendosi ed applicandosi alla lex specialis di gara. Tra di esse vi è la disposizione che regola la nomina della commissione di gara. Tale disposizione impone che la commissione di gara sia nominata dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte e che sia composta da soggetti che non possono svolgere alcuna funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto da affidare. Tale norma, pur essendo contenuta nell’art. 84, commi 4 e 10, del Codice degli appalti, deriva direttamente dai principi di trasparenza e di imparzialità ed ha quindi efficacia imperativa anche nelle concessioni di servizi. Tale orientamento del Consiglio di Stato, volto ad assimilare sempre più il regime applicabile alle concessioni a quello degli appalti, si innesta nel filone europeo di definizione di una Direttiva di armonizzazione dei contratti pubblici di concessione (ad oggi in fase di proposta). Non tutte le disposizioni del Codice degli appalti hanno però tale efficacia per le concessioni di servizi, ma solo quelle che costituiscono estrinsecazioni essenziali dei principi di diritto dell’Unione europea applicabili. Altre norme del Codice possono essere richiamate nel bando e quindi applicate in quella particolare procedura di affidamento, ma non godono però di efficacia imperativa. È questo il caso, ad esempio dell’applicazione dell’art. 75 del Codice degli appalti che stabilisce che l’offerta sia accompagnata da una cauzione provvisoria pari al 2% del prezzo base indicato nel bando o nell’invito, calcolato sull’intero valore del rapporto e non solo sulla parte dello stesso riconducibile alla concessione. Si fa riferimento ai casi in cui la concessione rappresenti il rapporto prevalente, ma sia accompagnata ad altri rapporti, assimilabili ad esempio all’appalto di servizi. Se invece la disposizione del Codice degli appalti non è contenuta nella lex di gara – né tantomeno è considerabile essenziale estrinsecazione di un principio generale dei contrati pubblici – allora la sua violazione non può condurre alla invalidazione della procedura. Nell’interpretazione data dall’Adunanza Plenaria, questo è il caso dell’art. 69 del Codice degli appalti, il quale dispone che condizioni particolari di esecuzione – quali la clausola sociale che impone al concedente di garantire la continuità dei contratti di lavoro in essere al momento del subentro – siano legittime solo ove contenute nel bando di gara o nella lettera di invito o nel capitolato d’oneri. Sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, del 6 agosto 2013, n. 19; Sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, del 7 maggio 2013, n. 13 Enzo Cannizzaro Of Counsel [email protected] Marco Iannacci Counsel [email protected] Luciana Caroli Associate [email protected] Simone Ventura Associate [email protected] Le opinioni ed informazioni contenute nella presente Newsletter hanno carattere esclusivamente divulgativo. 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