Elena Agazzi La prima ondata di interesse per lo studio del corpo

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Elena Agazzi La prima ondata di interesse per lo studio del corpo
Elena Agazzi
La prima ondata di interesse per lo studio del corpo come
fenomeno sociale, non più dipendente dalla tradizionale prospettiva
filosofico-religiosa dell’antitesi corpo/anima, ma legato piuttosto ad una
lettura antropologico-scientifica del problema in chiave popolare, ha
forse investito l’Italia negli anni Settanta e Ottanta con i risultati delle
riflessioni dell’Ècole des Annales francese. Ha poi mantenuto la propria
forza propulsiva grazie all’intensa opera di traduzione e di ricezione degli
studi di Michel Foucault, tra cui spiccano quello dedicato alla nascita della
clinica e quella, assai ampia, sulla storia della sessualità.
Per una vivace ricognizione della storia del corpo nelle sue varie
declinazioni metodologiche pare opportuno rinviare al saggio di Roy
Porter, che nell’excursus presente nel volume New Perspectives on
Historical Writing (1991) curato da Peter Burke, introduce ai più recenti
e ai più diffusi metodi di indagine sul corpo affermando la necessità di
non disgiungere mai la storia biologica del corpo dalle considerazioni
culturali che lo riguardano. Questa urgenza si mostra con particolare
evidenza, tra l’altro, nel lavoro degli storici della medicina come Porter,
qualora la ricognizione che pone in relazione il corpo del malato con le
strutture sanitarie non metta troppo in ombra considerazioni generali di
carattere antropologico e culturale, più urgenti nel contesto della storia
delle mentalità.
La diffusione delle rappresentazioni del corpo in discorso, laddove
esso assuma una valenza testuale, dipende dall’affermarsi di tecniche
poststrutturaliste e decostruzioniste di analisi, verificabili sulla scorta del
lavoro di Roland Barthes, Le Plaisir du Texte (1973). Come ha scritto
Alessandra Violi, Barthes “pur sostituendo il piacere della profondità con
il godimento della pluralità eterogenea di superficie del corpo/testo
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testimonia comunque l’incidenza metaforico-conoscitiva del corpo
leggibile fisiognomico sull’estetica e sulla retorica della modernità” (Violi
1998, p. 63). Nello studio della Violi, che si muove specialmente sul
terreno delle ricerche di area anglo-americana e francese relative al
corpo anatomizzato tra pratiche mediche e osservazioni dissettive
interne al testo, troviamo tra l’altro preziosi spunti bibliografici relativi a
questo percorso, che in parte rinviano anche ai suggerimenti di lettura di
Porter. Spicca tra gli altri il saggio di Jonathan Sawday, The Body
Emblazoned: Dissection and the Human Body in Renaissance Culture
(1995) a cui si può accostare, per la parte storico scientifica della più
stretta ricognizione sul Rinascimento, il testo di Andrea Carlino, La
fabbrica del corpo. Libri e dissezione nel Rinascimento (1994). La lettura
multiprospettica del problema corpo , comprensiva di vari ambiti del
sapere e di uno sforzo di collegamento interdisciplinare tra gli argomenti
è certamente più praticabile se effettuata in seno a un percorso
organico, piuttosto che pretestuosamente, laddove la problematica del
corpo venga considerata un serbatoio ideale in cui è possibile versare
una molteplicità di esperienze specialistiche che non trovano aggancio
l’una all’altra. Molto più interessante pare allora la proposta del lavoro a
più mani pubblicato in Germania con il titolo Transfigurationen des
Körpers. Spuren der Gewalt in der Geschichte (1989) da Dietmar Kamper
e Christoph Wulf che propone due sezioni, di cui la prima, intitolata
Schnittmuster (letteralmente modelli di taglio), si riferisce soprattutto
alla semiotica del corpo nella tradizione che va dal mito della Grecia
classica alla fine del Settecento, la seconda, intitolata Vexierbilder
(rebus, letteralmente immagini a sorpresa) lascia spazio a interpretazioni
di specifiche opere letterarie o artistiche o di attitudini comportamentali
– come la libidine (Geilheit) – tra rappresentazione (Vorstellung) e
presentazione (Darstellung).
Il corpo non è solo il luogo della violenza subita o provocata, ma
anche il luogo della differenza e della discriminazione tra i sessi, un tema
sul quale si incontrano gli studi culturali e studi più specificamente rivolti
alla questione di gender in senso socio-politico. Molto illuminante è in
questo senso il lavoro di Thomas Laqueur che prende in esame la
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resistenza del pensiero femminista di fronte alla distinzione fra sesso e
genere e cita la prospettiva di Catherine Mac Kinnon e di Ruth Bleier, in
quanto entrambe vedrebbero in essa una strategia guidata dalla sfera di
potere maschile per tenere separate la differenza biologica e il ruolo
sociale (Laqueur 1990). Il genere, al contrario, deve coinvolgere biologia
e società, cosicché la differenza sia verificabile a livello puramente
comportamentale e risulti irrilevante in senso biochimico. Porter
suggerisce che dal discorso sul sesso ci si sposti a quello sulla sessualità,
se si vuole spiegare come sulla base di un nuovo immaginario femminile
legato al sesso e al ruolo, in quanto fondato su un secolo di esperienze
sociali, Freud sia riuscito a razionalizzare i conflitti tra i due sessi,
ipotizzando delle vie d’uscita alle nevrosi comportamentali. Judith Butler
discute invece la prospettiva eterosessuale, che condizionerebbe il
giudizio rispetto a ciò che deve essere considerato normale e naturale e
a ciò che fa parte della sfera dell’ a b b i e t t o. Questa codificazione
produrrebbe un’alterità emarginata, che ha però la possibilità di
risignificarsi in modo imprevisto nel contesto di una realtà che
conglomera etnie diverse, secondo un assetto più dinamico delle
identità.
Se un’analisi del corpo sofferente, come si diceva prima, insiste su
una contestualizzazione specifica della fisicità in ambito sociale, essa
può essere comunque spesa per un discorso politico sul corpo umiliato
dalla tortura o dalla guerra. Il corpo si estende così sul mondo
circostante, trasformandolo in protesi del sentire doloroso. Questo è il
tema di The Body in Pain. The Making and Unmaking of the World (Scarry
1985). Non solo è in causa, qui, la proiezione immaginaria dell’Io sul
mondo esterno, ma una vera e propria relativizzazione del contesto
vitale rispetto all’Io. Mentre la Scarry non approfondisce questioni di
isofunzionalismo legate alla tecnologia, è invece completamente
dedicato al remapping sensoriale, cioè alla riconfigurazione del corpo su
base artificiale, il libro curato da Pier Luigi Capucci, Il corpo tecnologico.
L’influenza delle tecnologie sul corpo e sulle sue facoltà (1994).
All’inquietante diagnosi di Stelarc, nel saggio contenuto nel volume di
Capucci, Da strategie psicologiche a cyberstrategie: prostetica, robotica
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ed esistenza remota, secondo cui il corpo umano sarebbe ormai obsoleto
e il rapporto che interessa in modo centrale la società non è tanto quello
tra uomo e donna, quanto quello tra uomo e macchina, si può rispondere
con l’auspicio di Mariella Combi che si operi un radicale recupero del
nostro corpo e del nostro sentire per mezzo di un più serio scandaglio
delle emozioni, sperimentando cioè il corpo dall’interno e rispondendo ai
suoi bisogni.
Sostare sul saggio di Franco Rella, Ai confini del corpo (2000) è
forse il modo migliore per concludere che il corpo non costituisce
semplicemente il pretesto , ma piuttosto il pre-testo per escursioni
illimitate tra i campi del sapere, pur obbligando al paradossale confronto,
inesorabile e continuo, con la sua finitezza. Basti pensare all’esperienza
figurale artistica che si alimenta della forma corporea fin dalle origini e
continua a manipolarla, deformarla e trasfigurarla fino a dissolverla
nell’astrazione, per poi ritornare, nel presente, a decise proposte
materiche. Questa esperienza richiederebbe un’indagine separata per
quanto riguarda le recenti ricognizioni sul soggetto corporeo, che in
questo contesto non è possibile condurre.
Il corpo ha smesso di essere nemico del sapere, in età moderna,
cioè di costituire l’antitesi della psiche intesa sia come anima che come
mente. Forti in una recensione dell’acclamato studio di Adriana Cavarero,
Corpo in figure. Filosofia e politica della corporeità, osserva che si va
sempre più affermando in Italia quella corrente del pensiero
contemporaneo impegnata nella paradossale arte di far parlare ciò che la
tradizione metafisica e logocentrica avrebbe, invece, messo a tacere
(Forti 1996). La teoria della Cavarero, per la quale la politica sarebbe
stata considerata fin dall’antichità nemica del corpo, soprattutto di
quello femminile, non sfocia nell’attesa apologia di un presente più
generoso nei confronti della carne e dei suoi bisogni, ma in una
trasognata lettura della figura di Antigone, creata dalla penna di Maria
Zambrano, e di quella di Ondina, intensamente ritratta da Ingeborg
Bachmann.
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(Cfr. anche Critica letteraria femminista, Écriture féminine, Cyborg
culture, Gender history, Semiotica, Storia delle mentalità, Studi culturali,
Women’s studies)
Body piercing, Corpo, Corporeità, Embodiment, Tatuaggio, Virtual.
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