La nuova strategia dell`Azienda

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La nuova strategia dell`Azienda
Piano di Organizzazione Aziendale ASL della provincia di Bergamo. Anno 2012
LA NUOVA STRATEGIA DELL’AZIENDA
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Piano di Organizzazione Aziendale ASL della provincia di Bergamo. Anno 2012
LA MISSION
Tutela della salute come diritto di cittadinanza, presa in carico dei bisogni di salute dei cittadini, espressi in
forma individuale o collettiva, attraverso interventi appropriati di prevenzione, promozione della salute,
cura e riabilitazione, garanzia dei livelli essenziali di assistenza, consolidamento dell’integrazione
interistituzionale, organizzativa e professionale in una logica di corretto ed economico utilizzo delle risorse.
LA VISION
La Vision che orienterà l’agire dell’Azienda e dei suoi professionisti si configura nei termini di “Azienda
affidabile, competitiva e riconosciuta, capace di effettuare scelte sostenibili in grado di garantire qualità,
sicurezza ed equità nel sistema di governance della salute, integrata nella rete locale e regionale, fondata
su principi di etica pubblica. Riconosce i professionisti ed è riconosciuta attraverso le loro competenze,
quale fulcro dell’innovazione organizzativa, del governo clinico, della ricerca, dell’integrazione intra ed extra
aziendale”.
I VALORI CONDIVISI
Integrazione
Si intende la capacità di un qualunque complesso di assicurare la propria coesione riportando le differenti
unità che lo compongono intorno a valori e norme comuni.
Molto generico e astratto, il principio di integrazione è richiamato, in modi differenti, in diversi contesti
teorici o tematici.
Da questo punto di vista la teoria dei sistemi ha giocato un ruolo decisivo: l’integrazione è presentata come
la principale caratteristica dei sistemi sociali e ne designa quindi la capacità di mantenere la propria identità
al di là della propensione all’autonomia che caratterizza ciascuna singola unità.
L’integrazione è pertanto il processo attraverso il quale il sistema acquista e conserva un’unità strutturale e
funzionale, pur mantenendo la differenziazione degli elementi. Ma l’integrazione è anche il prodotto di tale
processo, in termini di mantenimento dell’equilibrio interno del sistema, della cooperazione sociale, del
coordinamento tra i ruoli e le istituzioni.
Il concetto di integrazione assume quindi una dimensione normativa: la società presuppone, per realizzarsi,
un’integrazione minima di tutti gli individui, indistintamente, nonché di tutte le componenti della loro
identità.
In un’organizzazione complessa l’integrazione tra servizi e funzioni rappresenta un aspetto cruciale e
determinante ai fini del raggiungimento dei suoi obiettivi. L’integrazione è il processo di coordinamento che
deve interessare l’organizzazione nel suo insieme, in modo tale che tutte le articolazioni siano nelle
condizioni di operare sinergicamente e deve tener conto di tutte le forme possibili in cui si esprime
(contatto diretto, ruolo di collegamento, task force, team, ruolo di integrazione, organismi di integrazione).
L’integrazione è un importante processo sistemico che si aggiunge alla differenziazione: determinante è la
capacità di acquisire da parte di un’organizzazione un’unità strutturale e funzionale, pur mantenendo la
differenziazione degli elementi. L’integrazione è anche il prodotto di tale processo, in termini di
mantenimento dell’equilibrio interno del sistema, della cooperazione, del coordinamento tra i ruoli e le
istituzioni.
Particolare evidenza viene riservata alla funzione di integrazione tra sanitario e sociale, tema storicamente
complesso e che risente ancora di una impostazione basata su una presunta separazione tra i due ambiti,
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dove il fronte del bisogno socio sanitario, ad esempio, non prevede, tranne rare eccezioni, un
soddisfacimento compiuto e la chiusura della presa in carico.
Efficacia e efficienza
Anche se in sanità il concetto di valutazione non è un’acquisizione recente, e svariati sono i riferimenti ai
principali determinanti della qualità dei servizi, l’impegno nel realizzarla necessita di una costante
attenzione. Questo vale a maggior ragione per quelle attività e servizi, come i programmi di intervento
sanitario, modalità di erogazione delle prestazioni, procedure che non hanno superato il vaglio di una
metodologia controllata prima del loro uso.
Va quindi premiato ogni sforzo che va nella direzione di individuare set di indicatori capaci di rappresentare
un fenomeno che si vuole mettere a fuoco, perché ritenuto importante in termini di guadagno di salute per
la persona e per la comunità in cui vive.
Nella valutazione degli interventi in ambito sanitario e socio sanitario si intende la capacità dell’intervento di
migliorare gli esiti della condizione in esame. L’efficacia di un servizio consiste nel “fare le cose giuste alle
persone giuste” e si identifica con l’appropriatezza.
Nel caso dell’efficienza l’enfasi è posta sul consumo di risorse per conseguire risultati in termini di salute e
avere una connotazione più tecnica (rapporto tra prestazioni erogate e risorse impiegate) o in termini di
come le risorse a disposizione vengono distribuite in modo da portare i maggiori benefici alla società nel
suo complesso (efficienza allocativa). L’efficienza risponde quindi all’indicazione di “fare bene le cose
giuste”. Scoprire che “fare bene le cose giuste fa bene”, al di là del gioco di parole, ha implicazioni ancora
più ampie se si pensa solo in termini di beneficio, per la persona, la famiglia, la comunità più allargata.
E’ evidente l’impatto che queste finalità comportano per l’organizzazione interna all’ASL per le attività che
vengono erogate direttamente al cittadino, e per la governance dei servizi sanitari e socio sanitari
territoriali. Altrettanto rilevante è l’attività di osservazione costante tesa a evidenziare tempestivamente gli
scostamenti dagli standard riconosciuti in modo da attuare la logica del miglioramento continuo.
Equità e orientamento al cittadino
Le risorse economiche sono finite: concetto ormai chiaramente ripreso in ogni contesto produttivo e il
mondo sanitario e socio-sanitario non sfuggono a tale principio.
La necessità più pressante è quindi quella di impegnare i fondi disponibili con dimostrabili criteri di
efficacia, appropriatezza ed economicità, ma anche garantendo l’utilizzo di servizi di qualità in termini di
uguale accesso ed utilizzo di essi a fronte di bisogni uguali.
Tale obiettivo non può peraltro prescindere dalla messa a disposizione del cittadino, potenziale utilizzatore
del servizio, di tutte le informazioni utili sulla disponibilità e sulla modalità di accesso ai
servizi e sui relativi tempi di attesa, così da consentirgli una scelta ponderata e consapevole delle opzioni
presenti sul territorio.
L’informazione corretta diventa quindi momento cruciale per garantire l’equo accesso ai servizi: si dovranno
rinforzare tutte le forme di comunicazione all’utenza oggi disponibili, e non potrà essere nemmeno
trascurato il supporto che il rapporto diretto con l’operatore, specie a livello di Distretto Socio Sanitario,
può garantire, particolarmente nei momenti di “disorientamento” che possono accompagnarsi a
problematiche più tipiche dell’area socio sanitaria, favorendo anche l’accesso a servizi che possano valutare
anche in termini di multidisciplinarietà la richiesta (come nel caso del ricorso al CeAD).
L’impegno che l’ASL deve assumere è quello poi di garantire modalità di erogazione le più uniformi possibili
su tutto il territorio, almeno per le prestazioni di base; viceversa, le prestazioni di più alto impegno
professionale non potranno che essere offerte solo in strutture che, sempre più, andranno ad assumere
una funzione di centro di riferimento almeno su scala provinciale: scelta, questa, forse di non facile
comprensione da parte del cittadino, ma che, alla lunga può solo migliorare l’efficacia e l’economicità degli
interventi.
Innovazione
Il settore sanitario e socio sanitario presentano un alto tasso di innovazione: spesso nelle organizzazioni
complesse si investe poco in creatività e l’innovazione è in genere identificata con lo sviluppo di tecnologie
dedicate ai processi diagnostici, terapeutici e di supporto e così delegata ad agenzie ed enti esterni.
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Creatività è capacità di produrre nuove idee. Le organizzazioni di ogni tipo, basate sul controllo e sulla
pianificazione, per lungo tempo hanno diffidato della creatività. Creatività è infatti libertà di pensare e di
fare in un altro modo, in modo nuovo.
L’innovazione è una buona idea che dura nel tempo e si realizza quando si sviluppano logiche e criteri,
metodi, tecniche, sistemi, tecnologie, soluzioni organizzative che creano valore aggiunto. Nella sua
accezione più elementare, si riferisce a nuovi prodotti e procedure, a un differente modello organizzativo o
a un’insolita strategia di sviluppo, senza implicare necessariamente tecnologie sofisticate.
Nell’ambito della salute i concetti di innovazione e creatività sono allo stesso tempo semplici e complessi. Il
valore aggiunto, infatti, non può riferirsi solo agli aspetti direttamente economici. La creatività e
l’innovazione non possono eludere il confronto con attente valutazioni e devono coniugarsi con lo sviluppo
sostenibile e la coesione sociale. Non si identificano con la tecnologia che può pero supportarle. In sanità
non esistono soluzioni semplici per favorire la creatività e l’innovazione, per riconoscerle e far sì che
arrechino vantaggi per le persone e per le comunità.
Per ottenere organizzazioni flessibili, cioè in grado di cambiare, reattive e adattabili ad ogni situazione
specifica, cioè in grado di rispondere alle esigenze dell’ambiente, non è sufficiente promuovere una nuova
cultura dell’apprendimento e del cambiamento. Abbiamo bisogno di incoraggiare la connettività, la
diversità, l’autorganizzazione, la creatività e l’innovazione.
La complessità e la multidimensionalità delle persone portatori di bisogni ci fanno immaginare che dovremo
impegnarci ad abbattere recinti organizzativi e steccati professionali. Dovremo sempre più guardare alle
organizzazioni sanitarie come a sistemi dinamici, a contesti aperti alla creatività e all’innovazione che
favoriscano da un lato lo sviluppo delle capacità degli operatori di cambiare, di generare nuove conoscenze
e dall’altro lo sviluppo della loro capacità di far uso delle buone pratiche per un impiego sempre più
responsabile delle risorse.
I possibili strumenti per conseguire tali obiettivi da parte dell’organizzazione nel suo complesso includono:
favorire lo sviluppo di relazioni;
incoraggiare l’apertura mentale;
non tener tutto sotto controllo;
convivere con l’incertezza;
considerare differenti punti di vista;
credere nel rispetto reciproco;
valorizzare le differenze;
lavorare insieme.
Qualità
Il sistema qualità (di struttura, di processo e di esito) deve diventare il metodo di gestione dell’Azienda e
percorrere diffusamente tutta l’organizzazione. La qualità diviene la premessa indispensabile affinché tutte
le strutture ed i servizi aziendali possano rappresentare la risposta più appropriata – in una logica di rete alle svariate condizioni di bisogno espresse dalla popolazione.
Essa si traduce anche nell’impegno per il miglioramento continuo, nella ricerca costante della qualità delle
relazioni come presupposto necessario per sviluppare e diffondere una cultura orientata alla qualità dei
servizi e delle prestazioni.
Per il perseguimento di tali obiettivi è stata istituita nel 2008 la Consulta Provinciale per la Qualità,
composta dai Responsabili degli Uffici Qualità delle strutture di ricovero e cura provinciali e coordinata dal
Responsabile Qualità dell’ASL, con l’intento di favorire la diffusione della cultura per la qualità, di facilitare
la condivisione di procedure operative e di percorsi diagnostico-terapeutici che necessitano di forte
integrazione e sinergia tra tutti gli attori sanitari coinvolti.
Pare opportuno in futuro coinvolgere in modo sistematico e strutturato in tale percorso virtuoso anche il
mondo socio sanitario e sociale e la Medicina delle Cure Primarie, importanti e fondamentali protagonisti
nella salvaguardia della salute dei cittadini.
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LE PAROLE CHIAVE
PREVENZIONE
Se è vero, come è vero, che il concetto di prevenzione deve essere visto come il ‘core’ dell’attività dell’ASL,
è certamente necessario definire quali devono essere i suoi contenuti.
E’ infatti facile ricondurre l’idea di prevenzione alle attività che tradizionalmente sono garantite dal
Dipartimento di Prevenzione Medico (DPM) e da quello di Prevenzione Veterinario (DPV): tuttavia questa è
visione certamente riduttiva in quanto non considera tutta una fetta non indifferente di attività svolta dal
Dipartimento per le Attività Socio Sanitarie Integrare (DASSI) e dal Dipartimento delle Dipendenze (DD): in
altri termini possiamo fare nostra l’ affermazione che “una buona politica sanitaria non si può dire conclusa
con la diffusione delle misure di prevenzione della malattia e il controllo dei suoi fattori di rischio, ma deve
anche favorire i relativi determinanti culturali, sociali, ambientali della salute”(Rosmini F, Prevenzione della
malattia e promozione della salute. Strategie distinte e complementari, 2002).
Diversi sono i documenti a cui dobbiamo quindi fare riferimento, in particolare il Piano Regionale
della Prevenzione 2010-2012 (PRP) che, se pur in una ottica di interesse precipuo per il DPM, dà
indicazioni relativamente:
• alle azioni per il mantenimento dei risultati già raggiunti, con attenzione alla promozione di stili di
vita e ambienti favorevoli alla salute, alla prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro, alla sicurezza
alimentare e alla prevenzione delle malattie infettive;
• ai principi per la valorizzazione della responsabilità del singolo;
• alla attenzione alla tematica delle disuguaglianze rispetto ai bisogni di salute;
• all’offerta di servizi e prestazioni di qualità che pone la persona al centro del sistema.
Ciascuno dei punti sopra ricordati può essere ulteriormente esploso in ulteriori sottocapitoli e va
sottolineata la necessità della definizione di un sistema duttile e vigile per adeguarsi alle novità che, spesso
sotto forma di emergenze, il Sistema è chiamato ad affrontare.
Anche se spesso considerato solo come interessato alla salute animale, non può essere sottolineato come
l’attività preventiva del DPV sia anche strettamente correlata al controllo della salute dell’uomo: fanno
infatti capo al Dipartimento certamente le attività rivolta alla tutela del patrimonio animale, ma una quota
sempre più rilevante degli interventi sono proprio rivolti alla sicurezza alimentare, con il controllo di tutta la
filiera produttiva degli alimenti di origine animale, e delle situazione di potenziale pericolo di trasmissione
di malattie dall’animale all’uomo (attività svolte di concerto con i colleghi del DPM).
Queste ultime aree di attività esaltano il rapporto collaborativo tra i due Dipartimenti di Prevenzione che
deve essere visto come il modello per tutte le forme di integrazione tra i diversi attori della prevenzione,
ma come già anticipato, la prevenzione si deve anche occupare di tematiche che fino a pochi anni fa o
erano del tutto trascurate o, nella migliore delle ipotesi, considerate marginalmente e relegate ad un
ambito strettamente sociale.
Oggi dobbiamo prendere atto che le problematiche correlate alla cosiddetta “popolazione fragile” sono in
progressivo aumento e che, pertanto, devono essere organizzate strategie mirate al controllo del
fenomeno:
Anziani: l’età media della nostra popolazione è in costante aumento, certamente grazie alle migliorate
condizioni di vita e alle possibilità terapeutiche proponibili, che, però, determinano la necessità di un
diverso approccio preventivo alle patologie croniche degenerative, sia proponendo diversi stili di vita,
sia avviando sperimentazioni di gestione della malattia che vedono il paziente come un unicum di tutti i
suoi problemi sanitari, con una regia in capo al Medico di Assistenza Primaria, chiamato ad esaltare la
sua missione di traduttore sul campo dei principi di base della prevenzione primaria, secondaria e
terziaria. In presenza del paziente anziano, questo intervento sarà coadiuvato da tutte le forme di
assistenza, sanitaria, socio sanitaria e socio assistenziale che possono favorire il benessere anche
psichico della persona, dagli interventi dell’Assistenza Domiciliare Integrata, all’ inserimento in strutture
protette, al rientro a domicilio dopo degenze ospedaliere.
Disabili: l’azione preventiva è rivolta soprattutto nella ricerca di modalità di supporto alle famiglie e di
individuazione di forme di integrazione, anche lavorativa, che riducano il rischio di esclusione sociale a
causa della disabilità.
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Adolescenti: poche le certezze sul cosa fare in questa fase così delicata della vita per la prevenzione di
fenomeni che, se non trattati, richiedono trattamenti terapeutici o assistenziali lunghi e di non sempre
certa soluzione. Certamente la società contemporanea non favorisce la definizione dei valori forti che gli
adolescenti, invece, ricercano comunque. Il nostro intervento, attraverso il Consultorio Familiare, deve
quindi essere estremamente sfaccettato e capace di intercettare il bisogno, anche inespresso, dei
ragazzi. La sfida sta dunque nella capacità di aprire un canale comunicativo di facile accesso, che
sappia dare risposte adeguate alle richieste che coinvolgono sia la sfera sanitaria che sociale: una sfida
che deve, ancora una volta, prevedere un lavoro di rete tra i diversi servizi dell’ASL, ma anche il
coinvolgimento delle diverse organizzazioni che interagiscono con la vita dei giovani.
Migranti: è un fenomeno certamente complesso per l’articolata casistica che sottende. Si tratta di una
popolazione per lo più giovane, non infrequentemente clandestina, inserita in un contesto sociale (e
oggi economico) che non favorisce l’ integrazione sia in un ambito civile che di inserimento lavorativo, a
rischio di emarginazione sia per le condizioni abitative che di inserimento nel mondo del lavoro.
Nuove povertà: oltre che nei confronti della popolazione sopra citata, sono necessari interventi che si
concentrino sulle situazioni proprie delle fasce a rischio di esclusione sociale (oggi favorita anche dalla
crisi economica in atto) che interessano sempre più interi nuclei familiari, piuttosto che i senza dimora,
piuttosto che i soggetti portatori di patologie con stigma.
Capitolo a sé quello delle dipendenze: sempre più labili i caratteri connotanti le diverse forme di
dipendenza (a quelle per sostanze stupefacenti e alcool, oggi dobbiamo aggiungere quelle da gioco
d’azzardo), dobbiamo impegnarci nella ricerca di forme di prevenzione sempre più mirate e,
necessariamente, condivise anche con agenzie esterne. Come detto a proposito degli adolescenti che,
ormai non infrequentemente, sono tra i più coinvolti nell’abuso di alcool, si devono ricercare alleanze
diverse che vanno dal mondo della scuola a quello del volontariato sociale, dalle amministrazioni locali agli
oratori parrocchiali, ma soprattutto sforzandoci di “inventare”, specie per raggiungere i più giovani,
modalità relazionali alternative che utilizzino anche strumenti e linguaggi proprie della loro età.
Il nostro obiettivo deve essere quello di riuscire a produrre interventi sempre più inseriti in un vero sistema
integrato della prevenzione, stante la sempre maggiore complessità delle situazioni che richiedono
interventi pluridisciplinari e dove, quindi, il dialogo e lo scambio delle informazioni devono essere la regola
e possono coinvolgere il DPM, il DPV, i DSS, il Servizio Promozione della Salute della Direzione Sanitaria, il
DCPCA, il DPAC, il DASSI, il DD, l’Osservatorio Epidemiologico.
Anche il DAMM, può partecipare, anche se indirettamente, allo sviluppo dei processi della prevenzione: ciò
sarà possibile con il sostegno allo sviluppo dei processi:
• di semplificazione delle procedure interne e di sburocratizzazione amministrativa che hanno preso
avvio a partire dalla applicazione della LR 8/2007, ora confluita nel TU delle leggi sanitarie lombarde
(LR 33/2009);
• di “dematerializzazione” della documentazione cartacea.
COMUNICAZIONE
La funzione di comunicazione ha assunto un ruolo fondamentale nel panorama delle leve a disposizione
delle amministrazioni pubbliche per il miglioramento dei servizi, un ruolo di uno strumento fondamentale di
gestione.
La comunicazione assume dunque un ruolo centrale per l’agire amministrativo, come strumento di governo
della complessità sociale e della complessità organizzativa e non più solo come leva manageriale per la
gestione dei servizi o come importante attività per assicurare la trasparenza dei procedimenti
amministrativi.
A fianco della funzione di relazione biunivoca con i cittadini sul piano dell’ascolto, dell’informazione,
dell’accesso, della valutazione della qualità dei servizi, la comunicazione assume valore come strumento di
governo per elaborare e attuare politiche pubbliche sempre più articolate e complesse.
La comunicazione esterna è uno degli aspetti che connotano la comunicazione organizzativa.
La comunicazioni esterna viene di consueto utilizzata per dialogare direttamente con tutti gli interlocutori
esterni all'organizzazione o più genericamente si rivolge all'utenza potenziale attraverso azioni di
comunicazione di massa, contribuendo a costruire la percezione della qualità del servizio e costituisce un
canale permanente di ascolto e verifica del livello di soddisfazione del cliente/utente, tale da consentire
all'organizzazione di adeguare di volta in volta il servizio offerto.
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La comunicazione interna è un processo complesso di comunicazione, utilizzata per la diffusione di
informazioni, comunicati, dati, compiti all’interno di un’organizzazione, perché destinata al pubblico interno,
sia dipendente sia collaboratori.
La circolazione del flusso di informazioni è convogliata in una rete strutturata di canali di divulgazione, in
modo che sia facilmente fruibile e riconoscibile, sia per essere consultata che per essere alimentata.
Per essere il più possibile efficace, la rete di comunicazione interna e la produzione di contenuti deve
essere precedentemente pianificata e coordinata in modo da raggiungere un maggior grado di
coordinamento delle funzioni della comunicazione.
ACCESSIBILITÀ
L’accessibilità alle informazioni costituisce la possibilità di un servizio di essere facilmente fruibile da
qualsiasi cittadino, anche attraverso l’usabilità dei canali informatici messi in campo dalle P.A.
La caratteristica principale di un sito Web di una Pubblica Amministrazione deve essere la semplicità di
accesso alle informazioni utili da parte del cittadino nella sua universalità. Un sito accessibile consente di
fruire dell'intera informazione disponibile nelle pagine, utilizzando browser vocali, testuali, la sintesi vocale,
tastiere braille, periferiche particolari come cellulari e palmari, Web tv, personal computer per automobili. Il
ruolo di garante e facilitatore dell'accesso dei cittadini ai servizi, l'accessibilità dei siti Web rientra nelle
competenze e nella mission proprie dell'URP.
SEMPLIFICAZIONE DELLE PROCEDURE
Semplificazione amministrativa vuol dire rendere più chiaro, facile, comprensibile e snello il funzionamento
dell’Amministrazione.Questo tipo di azione è strettamente legata all’universo dell’Amministrazione pubblica.
Semplificare l’azione amministrativa vuol dire tagliare passaggi procedurali, controlli, adempimenti inutili:
cioè vuol dire eliminare tutto quello che è superfluo o addirittura dannoso per un buon funzionamento
dell’amministrazione.
Semplificare l’azione amministrativa vuol dire anche cercare di raggiungere l’obiettivo fissato dalle norme
con modi diversi in quanto più semplici ed efficienti di quelli tradizionali.
La semplificazione amministrativa è dunque non un fine, ma un mezzo per migliorare il rapporto con
l’amministrazione dei cittadini, dei soggetti economici, delle formazioni sociali nonché, ovviamente, di tutti
coloro che operano all’interno del sistema amministrativo stesso.
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