PIAZZA UMBERTO I° La piazza si affaccia

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PIAZZA UMBERTO I° La piazza si affaccia
PIAZZA UMBERTO I°
La piazza si affaccia antistante Palazzo Altieri ed è abbellita al centro da una fontana
(Fontana delle Picche) attribuita ad un allievo del Vignola (c‟è chi afferma al Maestro
stesso). Nella pavimentazione fatta a sampietrini che copre tutta la piazza è disegnata una
rosa dei venti perfettamente orientata che indica i punti cardinali con il quale sono
orientate anche le quattro bocche da dove fuoriesce l‟acqua della fontana. Da notare
quella rivolta a nord cioè di faccia al palazzo, perché si differenzia dalle altre. Infatti si può
notare che la testa è l‟unica ad avere un copricapo. Evidentemente era nelle intenzioni
rappresentare il personaggio che si ripara dai venti gelidi della tramontana.
PALAZZO ALTIERI
Il Palazzo Santacroce (poi Altieri), fu edificato nel corso degli anni 1578 – 1585. esso risulta
un tipico palazzo – villa che sviluppa in senso manieristico lo schema cinquecentesco di
edificio a corpo centrale con loggiato tra corpi laterizi elevati in forma di torre; i quali,
tuttavia, qui non ne delimitano l‟assetto in forma chiusa, proseguendo la costruzione in
altri due elementi laterali che ne esaltano la propensione ad una spazialità aperta, protesa
verso l‟ambiente esterno. Il loggiato centrale è a cinque arcate e poggia sul sottostante
vano rettangolare di pietra basaltica; i pieni e i vuoti della facciata costituiscono nel
complesso un insieme armonico e signorile. La tradizione attribuisce la paternità del
palazzo così come l‟intero quadro urbanistico, Jacopo Barozzi detto il Vignola; cosa che
risulta impossibile per la morte dello stesso nel 1573. il palazzo raggiunse l‟attuale
configurazione nei secoli XVII – XVIII ad opera degli Altieri sotto la direzione di Carlo
Fontana. Ai corpi esterni vennero aggiunte le due ali di direzione nord, così da creare un
ampio cortile. Fu elevata in posizione asimmetrica la torretta dell‟orologio, abbellito
l‟ingresso con il ponte in pietra basaltica e rifatta la bella fontana al centro della piazza
antistante il palazzo. L‟interno è articolato in ampi e ben distribuiti ambienti, decorati con
stucchi, affreschi e pitture di buona fattura, alcune attribuite alla scuola di Taddeo Zuccai.
L‟arredo del palazzo è andato in gran parte disperso; ciò che attualmente resta è originale
del „600.
LA GALLERIA ALTIERI
In varie sale contigue di un lungo braccio rettilineo di Palazzo Altieri, così da formare una
suggestiva fuga prospettica di oltre 65 metri, è raccolta una collezione di quadri, dipinti a
olio su tele, raffigurante in ordine cronologico tutti i Papi che si sono succeduti nella storia
da San Pietro a Benedetto XVI. Iniziatore di questa collezione fu il cardinale Paluzzo
Albertoni Altieri. Nella seconda metà del XVII secolo cominciò a commissionare ad artisti la
realizzazione delle effigi Papali, tratte in parte da antiche fonti iconografiche. Non sono
conosciuti i nomi di coloro che eseguirono questo primo numero di 241 quadri. La raccolta
è articolamene importante perché è l‟unica completa esistente al mondo. Ogni ritratto è
corredato dallo stemma araldico – gentilizio di ciascun Papa. Nei quadri dei primi 166
Pontefici è riportato un cartiglio con il sunto degli eventi più rilevanti del suo pontificato;
ciò rappresenta anche un interessante documentazione del pensiero storico dominante nel
secolo XVII, periodo nel quale furono dipinti i quadri. Nelle tele dei successivi Papi, al posto
del sunto storico, è posto un motto latino. La collezione ha inoltre una uniformità stilistica
e di impianto progettuale; ogni tela ha un formato rettangolare (cm .120 X 70). Per i Papi
vissuti nel periodo del 500 – 600, si hanno copie pregevoli di ritratti famosi, quali quello di
Raffaello per Giulio II, di Tiziano per Paolo II, di Caravaggio per Paolo V.
LE CHIESE DI S. GIORGIO E S. ANNA
A sostituire l‟ormai vetusta e piccola chiesa parrocchiale a navata unica, eretta nei tempi di
Giorgio Santacroce, nel 1671 si iniziò la costruzione di un nuovo tempio che fu completato,
dopo varie interruzioni, nel 1756. progettata a croce latina ma realizzata poi a croce greca,
è opera della Architetto Giuseppe Barbieri; l‟interno è a tre navate ed ospita nella prima
cappella il bellissimo fonte battesimale che risale alla primitiva chiesa. Di valore artistico è
la tela posta sopra l‟altare maggiore raffigurante S. Giorgio a cavallo che uccide il drago.
IL CONVENTO DI SANT'ANTONIO DA PADOVA
La chiesa con il convento furono costruiti intorno all‟anno 1675. E‟ la più moderna delle
Chiese di Oriolo. E‟ a circa 200 metri da Porta Romana, lungo l‟ampia via Roma (antica
strada romana Claudia). Il principe don Gaspare Altieri, che fù signore di Oriolo dal 1671 al
1721, costruì circa il 1675, la chiesa con l‟annesso convento per i PP. Minori Riformati e la
dedico a S. Antonio da Padova, forse a ricordo della cappella che i suoi antenati Paluzzi
Albertoni avevano in antecedenza, dedicata al Santo, nella chiesa di Aracoeli in Roma,
officiata per il PP. Minori. L‟epoca della costruzione è confermata dal seguente documento
d‟Archivio: "Addì 29 marzo 1675, io infrascritto Giovanni da Lucca, superiore all‟Oriolo al
convento; che fa l‟ecc.mo D. Gaspare Altieri per li PP. Riformati". Detta data è pure
confermata da Atti notarili (Arch. Com. Notaio Ferdinando Crescini, vol 27, pag. 651):
<<Addì 26 Giugno 1673, il principe D. Gaspare Altieri, a del P. Provinciale (p. Prosperob da
Taranto) e dei Frati Minori Riformati, desideroso di formare un convento nella terra
dell‟Oriolo, ritenuta la proposta utile e gradita alla popolazione dell‟Oriolo, avuto riguardo
ai Reverendi Padri per i loro lodevoli meriti di scienza, di attività, e di rettitudine, concesse
in pieno diritto ad essi e per essi al Rev. P. Gio. Paolo da Roma, deputato a ciò dal P.
Provincilae, la località nella contrada "La strada Romana", contrassegnata con una croce di
legno e determinata con i nomi dei confinanti etc…>>. L‟atto notarile fù stipulato sul posto
stesso. Il detto P. Gio. Paolo era confessore della madre del Card. Filippo Altieri. La
costruzione e la definitiva sistemazione avvenne dopo che fù ultimata la Chiesa
Parrocchiale di S. Giorgio, che per la morte del papa Clemente (1676) era stata sospesa, e
ripresa dopo 80 anni come lo provano due contratti del 26 maggio 1675 e del 23 marzo
1682. In detti contratti si parla delle forniture di tufi e selci da mettersi "in opera a giudizio
di P. Giuseppe da Lugano, deputato in detta fabbrica del nuovo Convento di S. Antonio".
La fornitura avveniva a spese del principe don Gaspare che, a sua volta retribuiva in natura.
Infatti, il principe in compenso, dava generi alimentari, come la pizzicheria delle dispense
baronali, con grano ed altri prodotti agricoli, in ragione di giuli dieci e mezzo (pari a L.
5,60) l‟opera costruttoria, in ragione di una canna murata. La canna, quale misura,
rispondeva all‟attuale nostro doppio metro; ed il boccale era l‟unità di misura dei liquidi ed
era pari al nostro doppio litro. C‟è tramandato che per la costruzione, il principe abbia
fornito il terreno e tutti i materiali, mentre i frati, da parte loro abbiano pensato alla
costruzione e ciò, da una parte fù meglio per i frati che poterono costruire secondo criteri
pratici conventuali. Vennero fuori comodi dormitori, camere, cucina, refettorio, cisterna,
refettorio, cisterna, chiostro, stalla, lavatoio, cantina, pollaio, orto, vigna, frutteto, bosco,
ect. Risultò un tutto organico e comodo per i bisogni della comunità. Il terreno annesso al
convento era di ben 16.000 mq. pari a circa un rubbio in misura locale. I frati che
eseguirono i lavori furono: Fr. Giuseppe da Lugano, e Fr. Primo da Soriano, muratori,
mentre il P. Giuseppe da Pesaro, sacerdote, li assisteva spiritualmente. Il cronista del
tempo, P. Ludovico da Modena, che nell‟anno 1674, aveva predicato la quaresima ad
Oriolo ci dice: "La fabbrica del Convento riuscì con quella solidezza e comodità che potea
ripromettersi da religiosi, i quali più che ogni altro artista conoscono i bisogni di una
comunità: ha in tre dormitori ventitre celle, e nel pianterreno spaziose officine". Il Conveto
fino al 1873 fu abitato ininterrotamente dai Frati Minori che tanto hanno fatto del bene alla
popolazione colla loro santa vita, coll‟apostolato e colla squisita carità verso i poveri che
quotidianamente venivano a bussare alle porte del Convento. La casa principesca degli
Altieri è sempre stata tra i primi a venire incontro alle necessità dei Religiosi.Nel 1708, il
principe don Gaspare Altieri, affitando il macello, faceva obbligo all‟affittuario di dare circa
Kg. 75, ogni mese, ai Frati del Convento di S. Antonio. Nel 1875, in seguito alla legge della
sopressione degli Ordini Religiosi, i Frati di Oriolo dovettero, a loro malincuore,
abbandonare il conveto; ma in tale circostanza si manifesto la grande bontà del principe
don Emilio (III°) Altiri che li volle ospitare nel suo castello, riservando a loro tutto il primo
piano, all‟ala sinistra e precisamente sulla scuderia, dando pure in uso parte dell‟orto e del
giardino. Ritornarono poi, quando il principe ricomprò dal demanio, il convento; ma furono
ancora costretti, nel 1888, per un banale pretesto inventato dagli anticlericali e massoni, a
chiudere la chiesa che sarebbe dovutaservire come magazzino di deposito, dovendo
passare in quei pressi, la ferrovia Viterbo-Roma. Dopo quattro anni, per le preghiere e le
petizioni del buon popolo oriolese, poterono tornare i Francescani ad officiare la chiesa.
Nel 1915, il celebre Card. Falconio dei Frati minori vi dimorò parecchio tempo. Durante la
prima Grande Guerra (1915-1918) i Frati del Convento furono chiamati a pretare servizio
nell‟esercito italiano; e misero a disposizione del governo il loro convento che fu adibito
come infermeria per i soldati feriti sul fronte. Anche durante la seconda guerra, il convento,
requisito dalle truppe tedesche, ospitò per più di un mese la celebre corazzata Goering,
prima di marciare per Cassino. Oggi il convento, riassettato e reso più abitabile, ospita una
comunità per il recupero di alcolisti (F.I.S.P.A.).
IL COLOMBARIO
Il monumento sepolcrale presente a Oriolo Romano non è mai stato oggetto di uno studio
specifico, pur essendo il solo esistente nella zona e distinguendosi per le sue caratteristiche
dai grandi colombari rinvenuti a Roma. Nonostante la sua unicità. La storia è priva di
particolari ed inizia in un anno imprecisato dell‟età romana, forse dei primi 10 anno del I
secolo dopo Cristo, nel periodo in cui era già vissuto Augusto. Il monumento presente a
Oriolo è a pianta quadrata e sormontato all‟interno da una volta a crociera. Si conserva
solo per la parte ipogea, alla quale si accede attraverso una scala in muratura, sostituita ora
da una in ferro. Ora scala era coperta da una volta a botte. L‟edificio è realizzato in opera
laterizia, con mattoni di primo utilizzo e pertanto era una costruzione costosa. Lo spessore
del solaio, che è possibile rilevare guardando dall‟esterno fa supporre l‟esistenza di un
piano superiore posto al livello del piano stradale antico.
VIA CLODIA
Questa via pubblica era denominata “via delle terme”, sia perché giungeva in diverse
località termali, sia perché secondo alcuni terminava a Saturnia. Non è certa la sua origine,
ma la maggior parte degli studiosi concordano sul fatto che fosse una via costruita dai
Romani su un tracciato etrusco preesistente, comunque si può parlare di via Clodia già alla
fine del III Secolo a.C. e si può affermare che dal 225 a.C. fosse pavimentata. La strada
preesistente fu probabilmente utilizzata come via di penetrazione e conquista dell‟Etruria
da parte dell‟esercito romano. La conquista dell‟Etruria era iniziata nel 310 a.C. La via non
sembra aver mai avuto un traffico intenso, ma unicamente di collegamento di Roma con i
centri dell‟Etruria interna nord – occidentale. Il tratto tra Bracciano ed Oriolo perpetua un
bel rettilineo i cui basoli si trovano qua e là ormai divelti. Alcuni tratti basolati ricompaiono
nel territorio di Oriolo e Vejano.
LA FAGGETA
Appena fuori dal centro abitato verso est – nordest si può incontrare un meraviglioso
bosco di faggi ancora integro con i suoi alberi ad alto fusto. Esso si trova nella zona di
Monte Raschio ed ha una vasta estensione. La particolarità risiede nel fato che esso vive ad
una altitudine del 450 metri, ed è raro visto che normalmente i faggi si trovano a quote più
elevate cioè di montagna. È possibile la sua presenza grazie al particolare microclima che si
viene a creare nella zona.
LE OLMATE E IL PARCO DELLA MOLA.
Il parco della Mola prende il nome dal vecchio molino, costruito nel 1573 dal feudatario
Giorgio Santacroce. Il manufatto serviva per la molitura del grano da farina, sfruttando le
acque del fiume Mignone del fosso Biscione. La Mola, detta del Biscione, è immersa nel
verde a pochi chilometri dal paese e del vecchio molino sono ancora visibili le opere di
canalizzazione, la chiusa e i resti delle mura perimetrali in tufo. Il fiume, conosciuto da Enea
secondo il poeta Virgilio, allorché l‟eroe andò a cercare alleati tra gli Etruschi di Cerveteri e
Tarquinia, rappresenta ancora oggi una risorsa ricca di potenzialità idriche. Il laghetto sotto
la cascata si allarga pittoresco tra lenti e palustri e vegetazione rivierasca, in un colpo
d‟occhio suggestivo. È anche luogo di bagni, non consigliabili per le acque gelide ed
insicure. Nel laghetto, un tempo non lontano venivano gettate le greggi di pecore per un
igienico bagno prima della “carosa”. Nei pressi è stato attrezzato dalla locale Università
Agraria un parco con tavoli per ristoro e due piccole piscine poco profonde, che
raccolgono le acque della vicina sorgente sulfurea termale. La zona è ricca anche di altre
sorgenti freschissime, di cui una di acqua ferruginosa.