Le arti in processione

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Le arti in processione
PAOLO CAU
Archivio Storico Comunale
LE ARTI IN PROCESSIONE TRA ASSENZE, ABBANDONI, (RI)AMMISSIONI
Visto in un’ottica di «lunga durata» della festa, il problema della continuità della partecipazione (o
meno) della singola corporazione alla faradda non sarebbe neppure proponibile. Eppure, è un
esercizio storiografico cui hanno fatto ricorso più o meno tutti, andando ad imbattersi contro le
“contraddizioni” proprie di una “cosa” che dura almeno da 700 anni, di cui oltre 200 non
documentati e quasi 500 documentati in modo non seriale. Con questi presupposti, è cosa ardua
cercare di ricostruire con un minimo di attendibilità in una sorta di cronologia ragionata la
partecipazione delle singole corporazioni locali alla plurisecolare processione del 14 agosto.
Uno dei fenomeni che contraddistingue la storia della festa dei Candelieri è il progressivo
astensionismo di alcune delle corporazioni tradizionalmente protagoniste della faradda che non
risultava più confacente al ruolo che quei mestieri avevano assunto col mutare dei tempi: così, non è
un caso se mercanti (che vivevano la festa dall’alto della loro condizione economica privilegiata) e
pastori (che la subivano dal basso, a costo di gravi sacrifici) riuscirono a liberarsi dal vincolo della
“discesa”, a costo di duri scontri con l’Amministrazione Municipale che imponeva loro l’obbligo
della partecipazione attiva alla festa dei Candelieri attraverso lo strumento del bando pubblico1. Alla
metà dell’800 i consiglieri civici ricorderanno che «prima del 1848 l’intervento dei gremi era
obbligatorio e l’autorità giudiziaria aveva diritti sufficienti per usare contro i renitenti i necessari
mezzi di coazione»2.
Altri gremi, in particolare quello dei sarti, riuscirono a garantire soltanto una presenza “a corrente
alternata”. Così, dopo il rinnovo del Voto nel 1855, parteciparono alla “discesa” solo sino al 1859
per poi prendersi una vacanza di oltre 35 anni: tanto che nell’immaginario popolare l’espressione
che più richiamava il gremio dei sarti era quella in cui si chiedeva di «metterli in bocca al
cannone…perché hanno abbandonato Nostra Signora»3. Forse per effetto di queste sollecitazioni,
nel 1896 i sarti parteciparono alla faradda, salvo poi incappare in un’altra crisi che li portò sull’orlo
dello scioglimento e che corrispose anche ad una lunga assenza dalla festa dei Candelieri sino al
1921, anno in cui, secondo il Pittalis, il gremio riprese a “scendere”4.
1
Per il bando di “convocazione” dei mercanti cfr. ASComSS, Archivio Antico, B. 27, fasc. 5, cc. 82 – 83. Per il rifiuto
dei mercanti cfr.Ib., B. 45, fasc. 12 (1808 – 1809), cc. 10 – 11. Per il bando di “convocazione” dei pastori cfr. Ib., B.
27, fasc. 5, c. 81v.
2
ASComSS, Archivio Moderno, Congreghe del Consiglio Comunale, 1853, f. 89v.
3
La poesia, opera del Nurra, è pubblicata in «Sardegna Artistica», n. 4, 15 agosto 1893.
4
S.PITTALIS, I Gremi e la caratteristica processione dei Candelieri, Sassari, 1921, p. 14.
Per converso, dopo il 1531 la festa si era arricchita (sembra col rinnovo del voto in seguito alla
peste del 1652) con l’ingresso del candeliere dei conciatori, una delle corporazioni più antiche e
rispettate, titolare di uno statuto che risale al 1532 e interprete di una tradizione di lavoro che (non
è retorica) ha fatto la storia della città5.
Ma è soprattutto la storia relativamente più recente della festa che fa registrare nuove adesioni. In
realtà, come in altri contesti urbani coevi, in origine anche a Sassari le arti e i mestieri, non ancora
sufficientemente maturi per organizzarsi in singole strutture di matrice corporativa giuridicamente
autonome, si organizzarono sul modello della confraternita laica che riuniva più professioni sotto il
segno unificante di un comune culto religioso. La “fisiologica” evoluzione del lavoro in città ha
fatto sì che in seguito le varie “anime” professionali prendessero strade affatto differenti.
La confraria di N.S. degli Angeli si fa in tre: muratori, falegnami, piccapietre
In quest’ottica va intesa la diaspora che investe la confraria inizialmente denominata dei «fusters,
picapedrers, sellers y basters» sotto l’intitolazione a N.S. degli Angeli, titolare di uno statuto
cinquecentesco. Questo verrà rinnovato nel 1776, dando origine al gremio dei muratori e dei
falegnami, che gemmerà ai primi dell’Ottocento due gremi distinti per ciascuna di queste
corporazioni6. I muratori (testa di smaldu) rimasero gli unici depositari del candeliere; per i
falegnami (testa di quercu), l’originaria titolarità del quinto posto nell’ordine di ingresso dei
candelieri a S.Maria del 1531 e l’antica appartenenza alla confraria costituiranno il presupposto, per
così dire, giuridico per riottenere un posto nella faradda a partire dal 1921, anno in cui i fratelli
Clemente realizzarono il candeliere7. Secondo una ricostruzione storica, proprio in virtù di questi
requisiti, l’ingresso dei falegnami tra i gremi cosiddetti «di candeliere» sarebbe avvenuto in virtù di
una sorta di cooptazione, attraverso un invito da parte dei gremi titolati 8. Certo è che nella cronaca
dell’avvenimento lasciata dal Pittalis il candeliere dei falegnami viene scortato in segno di onore da
quelli degli altri gremi alla benedizione che fu impartita da mons. Fazioli, appositamente delegato
dall’arcivescovo mons. Cassani9.
5
E.COSTA, Sassari, cit., III, p. 187. Sull’importanza di questa tradizione artigiana nel tessuto cittadino cfr. per tutti
S.Ruiu, Via delle Concie. Storia e memoria dell’industria del cuoio a Sassari, Sassari, 1988.
6
Per lo statuto del 1776 l’atto del notaio F.Viglino in A.S.SS, Atti Notarili Copie, SS Città (a.1776). Il gremio dei
falegnami si separò dal gremio dei muratori nel 1800 e nel 1806 si diede un nuovo statuto; per l’atto relativo alla
separazione tra falegnami e muratori cfr. A.S.SS., Atti Notarili Originali, notaio V.Palmas., vol. 5, ff. 130 – 131,
(a.1800).
7
A. FAULI – M. A. CORRADDUZZA, I gremi sassaresi cit., p. 149: «Poiché nei secoli precedenti faceva la
tradizionale offerta al cero assieme ai muratori, ebbe il proprio candeliere nel 1921, 121 anni dopo la scissione dai
muratori».
8
Cfr. A.VOZZO, I candelieri di Sassari, Sassari, 1999, p. 18.
9
S.PITTALIS, Il gremio dei falegnami in Le corporazioni delle maestranze della Sardegna, Sassari, 1921, pp.14 – 15.
Così A.C. DELIPERI, I Candelieri cit., p 274: «…i Gremi non permisero che venisse ritirato dalla fabbrica in maniera
privata , alla stregua di un canterano o di un armadio…La nuova colonna venne portata solennemente in corteo, con la
banda in testa, alla chiesa di S.Maria di Betlem, dove ricevette la benedizione impartitagli dal delegato
dell’Arcivescovo. Ormai il candeliere era entrato a far parte della famiglia…»
L’originaria appartenenza alla stessa antica confraria dei fusters, picapeders, etc. costituirà anche la
giustificazione storica a favore della relativamente recente costituzione dei piccapietre in gremio
autonomo e del loro diritto ad essere accolti tra i gremi titolari di candeliere 10. A tale riguardo il
padre Sisco ricorda un’annotazione presente nel Liber diversorum dei consiglieri civici per il 1611
dalla quale si evinceva il diritto dei picapedrers a ricoprire la carica di operaio del candeliere nel
gremio della Madonna degli Angeli11. Nel 1952 i piccapietre avanzarono un’istanza ai gremi
maggiori affinché la loro associazione fosse accolta tra le confraternite storiche della città.
Convocato dal gremio dei muratori (che pare aver assolto una funzione di gremio – presentatore) il
«Congresso dei gremi maggiori» deliberò l’ammissione del gremio dei piccapietre, a condizione
che rispettasse alcune clausole: indossare una divisa con spada, osservare il primo posto nelle
sfilate, attenersi a qualsiasi ordine dei gremi maggiori12.
Il secondo obiettivo il gremio lo raggiunse nel 1955 con la costruzione del candeliere e con
l’ammissione alla “discesa” del 14 agosto. Nel maggio di quell'anno il gremio dei piccapietre
otteneva l’autorizzazione a partecipare alla faradda da parte del «Congresso dei gremi maggiori»13.
Due mesi dopo, il Sindaco «sentito il parere degli altri Gremi e riconosciuta l’opportunità di tale
lodevole iniziativa, concedeva l’autorizzazione richiesta»14. Non si è riscontrata traccia dei contatti
epistolari tra gremio e Curia né si ha notizia dell’eventuale riscontro da parte dell’autorità
ecclesiastica alla quale il gremio si sentì in dovere di comunicare l’ingresso nel corteo15.
1937, l'antico candeliere dei pastori ai contadini
L’antica appartenenza ad un gremio con più “anime” costituirà anche la giustificazione storica
adottata per sanzionare l’ingresso dei contadini tra i gremi «di candeliere» nel 1937. Secondo
l’interpretazione datane a quel tempo, non dovette trattarsi di una vera e propria new entry: i
contadini andavano a riprendere «finalmente il posto già lasciato quando si separarono dal gremio
dei massai per incompatibilità» 16. In effetti, la «confraria del poble» che occupa il primo posto
nell’ordinanza del 1531 assumerà la denominazione seicentesca di «pagiesos y llauradors» e quella
10
A.FAULI – M.A.CORRADDUZZA, I gremi sassaresi cit., p. 197: «I piccapietre in passato manifestavano la loro
devozione per la Vergine Assunta la sera del 14 agosto partecipando alla discesa assieme alle maestranze dei muratori».
11
Cfr. A. SISCO, Memorie, lib. II, c. 116.
12
Cfr. ARCHIVIO GREMIO DEI PICCAPIETRE, Verbale del «Congresso dei Gremi Maggiori» , 22 giugno 1952.
Cfr. anche B.M.PISCHEDDA, I gremi sassaresi nel XX secolo, in Corporazioni, gremi e artigianato, cit., p.774.
A.VOZZO, I Gremi di Sassari e la loro evoluzione nell’Intergremio, Tesi di laurea, Univ. degli studi di Sassari, Materie
Letterarie, a.a. 1997 - 98
13
ARCHIVIO DELL’INTERGREMIO, Verbale del «Congresso dei Gremi Maggiori» , 19 maggio 1955.
14
ARCHIVIO DEL GREMIO DEI PICCAPIETRE, Corrispondenza del 20 luglio 1955; A.VOZZO, I Gremi di Sassari
e la loro evoluzione nell’Intergremio cit., p. 165.
15
Ivi. Non hanno dato esito positivo le ricerche dirette che sono state condotte a tale fine presso l’Archivio Storico
Diocesano di Sassari.
16
ARCHIVIO GREMIO DEI CONTADINI, Registro verbali (1927 – 1944), 9 agosto 1937. A.FAULI –
M.A.CORRADDUZZA, I gremi sassaresi cit., 162: «In tempo antico il gremio dei contadini non ebbe candeliere
proprio perché partecipava alla funzione del voto di Mezzagosto assieme ai massai».
settecentesca di «massayos y labradores» (ove per «llauradors» e «labradores» devono intendersi i
lavoratori della terra) e tale dovrebbe essere rimasta sino al 1803, quando i contadini decisero di
costituirsi in gremio autonomo, ponendosi sotto l’invocazione di S.Giovanni Battista della Nebbia
(l’equivalente del sassarese «di la Neula»)17. Dopo la separazione dai massai, il gremio dei
contadini non avrebbe partecipato più alla “discesa” perché sprovvisto di candeliere.
L’ingresso dei contadini tra i gremi «di candeliere» nel 1937 va ad inserirsi in quel particolare clima
culturale di rivisitazione del mondo agrario che avrà il suo culmine nel Convegno nazionale di
diritto agrario che si terrà in Sardegna nel 1938 sotto la presidenza di Arrigo Solmi. Per
quell’occasione Antonio Era curò il volume Testi e documenti per la storia del diritto agrario in
Sardegna in cui trova posto, tra l’altro, proprio l’allora inedito statuto del gremio dei «massayos y
labradores» di Sassari, pubblicato da Gino Barbieri18.
Le fasi che portarono all’affidamento del candeliere al gremio dei contadini nel 1937 sono riassunte
in un verbale conservato nell’archivio del gremio 19. L’inserimento dei contadini tra i cosiddetti
gremi «di candeliere» fu preceduto da alcuni incontri per così dire propedeutici tra Antonio Sassu
(presidente del gremio), il prof. Costanzo Deliperi, (in qualità di responsabile del Comitato
Provinciale per le Arti Popolari) e il cav. Lavagna (direttore del Museo). Presso il Museo di Sassari
era conservato da tempo il candeliere dei pastori che intorno alla metà del XIX secolo confluirono
nel gremio degli agricoltori (di cui, come si è visto, i contadini erano una costola) assumendone
bandiera e santo patrono; quindi, verso il 1890 il loro gremio si disciolse 20. Così, in quello stesso
anno, su proposta del «Comitato provinciale per le arti popolari», al gremio dei contadini venne
concesso il candeliere dei pastori. L’autorizzazione venne concessa con «regolare lettera» dal
podestà Gavino Sussarello21. Secondo gli accordi presi con gli altri gremi, il candeliere dei contadini
avrebbe aperto il corteo22. Il «comitato provinciale per le arti popolari» si impegnò a curare anche
la riproduzione fedele dell’antico costume secentesco. Due anni dopo, Antonio Sassu, in qualità di
segretario del gremio dei contadini, ritirerà dal Museo «una divisa completa di giacca, pantaloni con
bottoni d’argento e calze lunghe; 8 divise complete di pantaloni e camicia per portatori; una divisa
completa di pantalone e camicia rossa per tamburino»23.
17
ARCHIVIO DEL GREMIO DEI CONTADINI, attestazione giurata davanti al Pretore del 2° Mandamento di Sassari
in data 16 febbraio 1913. Una copia dell’atto è conservata allegata all’istanza presentata all’arcivescovo per ottenere il
riconoscimento dell’anzianità «concedendogli altresì quei privilegi e diritti soliti nelle diverse funzioni religiose di
nostra Madre Chiesa». Cfr. CURIA ARCIVESCOVILE, Atti e documenti riguardanti le Confraternite e le
Arciconfraternite, s.n., lettera del 20 febbraio 1913. Per lo statuto del gremio dei «massayos y labradores» del 1774 cfr.
A.S.SS., Atti Notarili Copie, tappa di Sassari Città, 1774, vol. III, ff. 331 – 338, notaio F.Abozzi.
18
Cfr. G.BARBIERI, Alcuni statuti di gremi sardi relativi all’agricoltura, cit. pp. 449 ssg.
19
ARCHIVIO GREMIO DEI CONTADINI, Registro verbali (1927 – 1944), 9 agosto 1937.
20
Cfr. E. COSTA, Sassari, III, cit., p.185. A. FAULI – M.A. CORADDUZZA, I Gremi, p. 121.
21
ARCHIVIO GREMIO DEI CONTADINI, Registro verbali (1927 – 1944), 9 agosto 1937.
22
Cfr. B.M.PISCHEDDA, I gremi sassaresi cit., pp. 770 – 771; A.VOZZO, I candelieri cit., p. 16.
23
Per l’anticipazione sulla riproduzione del costume cfr. «L’Isola», 13 agosto 1937. Per il ritiro del costume cfr. la
ricevuta in ARCHIVIO STORICO SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DI SASSARI E NUORO,
1941, l'antico candeliere dei carradori ai viandanti
Una prassi analoga, forse non altrettanto conosciuta, avrebbe fatto sì che nel 1941 i viandanti
rilevassero il candeliere del disciolto gremio dei «carradori». Il passaggio della titolarità del
candeliere è contenuto nel «verbale di consegna» datato 14 agosto 1941, conservato nell’archivio
del gremio dei viandanti, strumento utile per mettere a fuoco le motivazioni storiche addotte a
giustificazione dell’operazione: «visto che detto gremio [dei carradori] comprendeva anche quello
dei viandanti, [il Comitato provinciale per le arti popolari] ha deliberato di consegnare al gremio dei
viandanti il candeliere già dei carradori con l’obbligo di prendere parte ogni anno al corteo che si
effettua la sera del 14 agosto, osservando tutte le disposizioni che il Comitato provinciale per le arti
popolari ha emanato in proposito»24.
I carradores erano tra le confrarie storiche della città, eredi dei carratores la cui attività di addetti
al trasporto delle merci e delle derrate su carro era regolamentata in maniera ferrea dagli Statuti
Sassaresi25. Occupavano l’ultima posizione nell’ordine di ingresso dei ceri a S.Maria fissato
coll’antica ordinanza del 1531. Secondo il padre Angelo Piredda, che scrive intorno agli intorno agli
anni Trenta del ‘900, viandantes e carradores facevano parte di un’unica confraria: nel 1633 queste
due “anime” rappresentative di mestieri affini, erano accomunate da un unificante culto religioso
nel segno della Madonna di Buon Cammino 26. Con l’andare del tempo gli uni si sarebbero separati
dagli altri, ridando vita a due corporazioni distinte: i viandanti mantennero il culto originario; da
parte loro, i «carradori per molto tempo si contentarono di rendere omaggio col relativo candeliere
al simulacro della Vergine Assunta custodito dai Minori Coventuali di Santa Maria di Betlem. Da
parecchi anni hanno scelto a patrona la Madonna di Bonaria» 27. Forse in un eccesso di sintesi il
padre Piredda non cita il periodo del primo Novecento, quando i carradori transitarono
temporaneamente sotto la protezione della Madonna della Mercede.
Pur se privi di candeliere, i viandanti potrebbero aver partecipato alla “discesa” almeno dal 1941,
sfilando con la sola bandiera grande in apertura di processione, come confermerebbero le cronache
della stampa del tempo che riferiscono che della processione di quell'anno aperta dalla bandiera dei
Cartella 2, s. n.
24
ARCHIVIO GREMIO DEI VIANDANTI, Verbale di consegna di un candeliere al gremio dei viandanti, Sassari 14
agosto 1941. Per A.FAULI – M.A.CORRADDUZZA, I gremi sassaresi cit., p.169 «i viandanti erano affini ai
carradores per quanto da essi distinguibili … fu naturale giungere alla fusione con questi».
25
ASComSS, Sez. Carte Antiche, I, Statuti Sassaresi, codice sardo logudorese, Libro I, cap. 74 «Dessos carratores».
26
A.PIREDDA, La Madonna venerata nel territorio di Sassari, Sassari, 1930, pp. 42 - 43. Da parte sua E.COSTA,
Sassari III, cit. pp. 190 – 191 e p. 186 non fa alcun cenno a tale fusione tra i due mestieri; afferma solo che sotto il
nome di cavallanti, la confraria il 30 giugno 1633 riformò i suoi statuti stipulati davanti al notaio Gavino Tolo, tra la
Confraternita dei Viandanti e il Convento dei frati Agostiniani. In altra parte dell’opera (Ivi, p. 137), per spiegare
l’attività lavorativa dei viandanti dice: «erano insomma, una specie di cavallanti, carradores o carrargios».
27
A.PIREDDA, La Madonna venerata cit., pp. 42 – 43.
viandanti28. Anche le fonti iconografiche potrebbero assolvere una funzione di testimonianza: ad
esempio, le tele di Biasi, dove il gremio dei viandanti, identificabile dal caratteristico «cugliettu», è
raffigurato in apertura di sfilata con la bandiera grande. Più vago, forse, appare il suffragio delle
fonti scritte non documentarie, quali quelle poetiche: nella poesia «Li Candareri» Pompeo Calvia
ricorre «a li baggiani e a li cuglietti» per descrivere l’ambientazione della festa del 14 agosto 29.
Concluso il restauro, il candeliere dei viandanti costituirà una presenza fissa della festa una volta
finito il secondo conflitto mondiale.
Ma il documento di consegna del candeliere ai viandanti è importante perché consente di mettere a
fuoco oltre che gli “attori”, con i loro ruoli e le loro competenze, soprattutto il clima culturale che fa
da sfondo a questa operazione che va ad inserirsi in un ben preciso disegno di recupero della festa
del 14 agosto: «in esecuzione del deliberato in data 8 aprile 1934 – XII° è necessario continuare la
tradizionale festa dei Candelieri sino al completamento del programma di lavori studiato da detto
Comitato [provinciale per le arti popolari] per addivenire ad un sempre più decoroso corteo». Come
si evince dalle date si trattava di un disegno più generale che partiva dai primi anni Trenta - per
coinvolgere sia il gremio dei contadini che ottenne il candeliere nel 1937 sia quello dei viandanti,
che ne diveniva titolare dal 1941 - finalizzato al rilancio di una festa che aveva toccato forse uno dei
minimi storici in fatto di adesione dei gremi. Come ricorda Antonio Costanzo Deliperi, che fu la
vera anima di quello locale, i «Comitati provinciali per le arti popolari», istituiti in tutta Italia sotto
gli auspici della Commissione nazionale italiana per la cooperazione intellettuale, avevano «ampi
poteri deliberativi ed esecutivi» ed erano «autonomi nelle scelte e nel bilancio»30.
La ratio ispiratrice delle nuove ammissioni del XX secolo sembrerebbe facilmente individuabile in
quella sorta di “giustificazionismo delle origini” che faceva discendere il diritto di accesso alla
faradda dall’originaria appartenenza ad un’antica confraria composta da più mestieri che fosse già
titolare di candeliere.
2007, l'ingresso del candeliere dei fabbri
Negli elenchi della “discesa” spicca l’assenza della corporazione dei fabbri, «una delle antiche e più
considerate, né so perché non fosse compresa tra quelle obbligate all’offerta del candeliere, tanto
nel 1531, quanto posteriormente, dopo la rinnovazione del Voto»31. L’osservazione di Enrico Costa
è tanto più motivata ove si pensi che il primo statuto della confraria dei fabbri è uno dei pochi
emanati in data anteriore all’ordinanza del 1531. Molto opportunamente si è osservato come, sotto
28
«L’Isola», 15 agosto 1941.
P.CALVIA, Sassari Mannu, Sassari, 1912.
30
Per le finalità e le funzioni del Comitato provinciale per le arti popolari cfr. A.C.DELIPERI, I Candelieri cit., pp. 278
– 279.
31
Ivi, p. 189.
29
questo profilo, il gremio sarebbe in possesso di tutti i requisiti per occupare un posto di diritto tra i
cosiddetti «gremi maggiori»32. Neanche nei secoli successivi i «fabbri e affini» parteciperanno alla
solenne”discesa” dei Candelieri alla vigilia del Ferragosto. La ragione di tale singolare assenza, data
l’indiscutibile importanza di questa categoria artigiana, rimane del tutto ignota: non la
composizione multietnica del gremio, soprattutto se si tiene conto del fatto che i mercanti, la
maggior parte dei quali erano di provenienza forestiera e ugualmente itineranti, avevano il loro
candeliere e spesso venivano addirittura richiamati per la scarsa partecipazione alla festa.
I fabbri, “da sempre” riuniti nel gremio di S.Eligio, già da tempo aspiravano a condurre il loro
candeliere nella faradda del 14 agosto, in virtù dell’antichità della loro corporazione di mestiere,
della presenza loro cappella in Duomo e del voto fatto alla Vergine Assunta in anni recenti, pur non
essendo stati in passato un Gremio “di candeliere”.
La Commissione di esperti chiamata dall'Amministrazione Comunale a dirimere la questione,
ritenne legittima la richiesta dei fabbri per l’indubbia storicità - ampiamente documentata - del loro
gremio, per l' esemplare gestione della vita religiosa e sociale del gremio, per l'essere fra i pochi
gremi che annoveravano fra gli aderenti soprattutto degli appartenenti al mestiere; con l'auspicio
che la tradizione della festa dei Candelieri potesse venire vivificata dalla loro ammissione al rituale,
così come avvenne, in anni non troppo lontani, per altri gremi.
La decisione del 2007 si poneva su un'altra prospettiva rispetto all' ”ossessione delle origini” che
aveva sovrainteso alle precedenti ammissioni del Novecento; con la ricerca spasmodica di
giustificazioni ispirate all'accertamento araldico-nobiliare di una malintesa «limpieza» data
dall'essere tra le corporazioni di mestiere che originariamente avevano dato vita al Voto.
32
A.FAULI – M.A.CORADDUZZA, I gremi sassaresi cit., il cap. dedicato al Gremio dei fabbri.