per i politici - Confservizi Lombardia
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diritto e pratica amministrativa INCARICHI PUBBLICI IL SOLE 24 ORE ATTUALITÀ Il Dlgs n. 39/2013 suscita non pochi dubbi interpretativi Le nomine nelle società degli enti locali: “quarantena” per i politici Il Dlgs n. 39/2013, oltre a evidenti disparità di trattamento tra livelli amministrativi nazionali, regionali e locali, presenta non pochi elementi oscuri. Su alcuni punti, poi, sarebbe opportuno un ripensamento. Si pensa al divieto di nominare propri amministratori e dirigenti come presidente con deleghe di gestione diretta, amministratore delegato o amministratore unico nelle società partecipate. di STEFANO POZZOLI Professore ordinario di Economia aziendale, Università di Napoli Parthenope CRISTIANA BONADUCE Avvocato in Firenze e NADEZDA SERGEEVA Dottore in Economia aziendale, collaboratore Studio Pozzoli Il decreto legislativo n. 39/2013 in nova profondamente il regime delle incompatibilità e delle inconferibilità in tema di incarichi pubblici. Il testo suscita non pochi dubbi interpreta tivi su cui è necessario un approfon dimento e uno sforzo interpretati vo. In questo articolo si propone una prima lettura dei punti più signi ficativi che riguardano in particolare le società degli enti locali. Premessa È da poco stato pubblicato il decre to legislativo n. 39/2013 in materia di incompatibilità e inconferibilità degli incarichi nelle pubbliche ammi nistrazioni e in enti privati in con trollo pubblico, attuativo della legge anticorruzione (art. 1, commi 49 e 50, legge n. 190/2012). Il decreto, per esattezza, è stato pub blicato in Gazzetta Ufficiale del 19 apri le ed è entrato in vigore dal 4 maggio 2013 e si “sovrappone”, come occasio ne di prima applicazione, ad altre due norme che incidono sulle nomine nei consigli di amministrazione delle so cietà degli enti locali: l’art. 4 del Dl n. 95/2012 (c.d. Dl Spending review), che ai commi 4 e 5 parla appunto dei criteri di com posizione dei Cda; il Dpr n. 251 del 30 novembre 2012, che introduce regole in te ma di tutela di genere per quanto riguarda i consigli di amministra zione e i collegi sindacali delle so GIUGNO 2013 cietà pubbliche. In sostanza ci tro viamo di fronte a una sorta di “in gorgo normativo” che impone di ap plicare tre diverse normative per la prima volta e tutte insieme. L’ul timo arrivato, il Dlgs n. 39/2013, è però quello che pone più problemi interpretativi e anche di compati bilità con la disciplina precedente. Una prima interpretazione del decreto sulle incompatibilità e inconferibilità Il Dlgs n. 39 è un decreto scritto in modo poco chiaro, con un linguaggio assolutamente distante dalle norme che riguardano le società pubbliche, complice anche la diversa provenien za “ministeriale”. Infatti quest’ultimo decreto è stato pensato al ministero della Giustizia e non al ministero del la Economia e delle finanze o a quello dello Sviluppo economico, come ac cade di consueto. A una prima lettura, infatti, si resta un po’ disorientati. Soccorre, in parte l’art. 1, che riporta una serie di “definizioni”, non sempre illumi nanti, sulla terminologia che viene poi utilizzata (anche se non sempre con coerenza) nel succedersi degli articoli del decreto stesso. In ogni caso sono abbastanza chiare, leggendo la relazione di accompagna mento, quali siano le motivazioni di fondo che hanno spinto alla redazio ne del testo di legge: non permettere la trasmigrazione tra ruoli di ammini strazione politica e dirigenza, così da evitare coloro che hanno svolto atti vità politicoamministrativa o gestio nale, evidentemente considerati tutti degli “infettati”. Il tutto per evitare che costoro pos sano così dare il via a fenomeni cor ruttivi. Una visione offensiva e mortificante per le persone che operano in en trambe le posizioni. Ma questo è ciò che pensa il legislatore, che pare ispi rato da uno spirito giacobino tale da imporre delle quarantene di uno o due anni a chi ha svolto tali funzioni. Per altro non ci si perde dietro a esitazioni di tipo garantista. Infatti, in caso di condanna penale, anche non definitiva e perfino di patteggia mento, le interdizioni sono pesan tissime (art. 3). Ma al di là degli eccessi il principio in fondo è il medesimo che ha ispirato i precedenti tentativi di creare un qua dro di incompatibilità, poi tutti nau fragati perché inseriti nel quadro del le abrogate norme di regolamenta zione dei servizi pubblici locali. Il problema è che il redattore del de creto vede come “politici” non solo i membri della Giunta e i consiglieri comunali ma anche gli amministratori con deleghe di gestione diretta nelle società partecipate e perfino chi rive ste incarichi amministrativi apicali (segretario generale e direttore ge nerale) dei diversi enti (art. 1). Un elemento rilevante di questa vi 47 diritto e pratica amministrativa INCARICHI PUBBLICI IL SOLE 24 ORE ATTUALITÀ I quesiti più frequenti Può un dipendente (dirigente, posizione organizzativa, altro) del co mune essere nominato in un Cda come vuole l’art. 4 della spending review? Può l’amministratore delegato di una società assumere anche il ruolo di direttore generale? Può un membro del Cda di una società a controllo pubblico essere nominato in un’altra società a controllo pubblico nella stessa re gione? Può il presidente o l’amministratore delegato di una società a con trollo pubblico essere rinominato? Può il presidente o l’amministratore delegato di una società a control lo pubblico essere nominato nel Cda di una sua società controllata? Può il direttore generale o il dirigente di una società a controllo pub blico essere nominato nel Cda di una sua società controllata? sione del mondo è la distinzione tra consiglieri con e senza deleghe ge stionali dirette: i primi sono infetti, i secondi vengono invece ignorati, quasi fossero irrilevanti (nonostante le previsioni del codice civile, che vedono giustamente il Cda come organo collegiale e collettivamente responsabile del proprio operato). Tutto ciò, per quanto assurdo, con sente comunque di individuare una “conciliazione” tra art. 4 del Dl n. 95/2012 e il Dlgs n. 39/2013: i di pendenti di un ente locale possono dunque entrare nei Cda delle con trollate a condizione che non rien trino tra coloro che svolgono vigi lanza e controllo (art. 9) e non sono incompatibili a condizione che non rivestano deleghe (altrimenti si cade nel divieto di cui all’art. 12, comma 4, lett. c). Questo vale anche per il presidente del Cda, purché non ab bia deleghe gestionali dirette. L’art. 7 e la riconfermabilità di presidente e amministratore delegato La collocazione del presidente e dell’amministratore delegato tra i politici crea non pochi problemi. Per altro, mentre nelle definizioni si precisa che il presidente debba ave re delle deleghe operative dirette, invece nel regime di inconferibilità 48 Risposte SÌ, a condizione che non assuma deleghe di gestione diretta (art. 12, comma 4) e che non abbia incarichi che comportano poteri di vigilan za o controllo (art. 9, comma 1) NO, anche se il dettato normativo lascia qualche dubbio (art. 7, com ma 2). L’inconferibilità non si applica al dipendente che assume l’inca rico ma diventa incompatibilità (art. 12, comma 1). Si ricordi comun que l’articolo 3, comma 44 della legge n. 244/2007 che prevede la messa in aspettativa del dipendente SÌ, se non detiene deleghe NO, se ha il ruolo di presidente o di amministratore delegato e va ad assumere incarico analogo (art. 7, comma 2) SÌ, anche se il dettato della norma non è chiarissimo e lascia spazio a qualche dubbio (art. 7, comma 2) SÌ, ma solo a condizione che non assuma deleghe gestionali dirette (art. 7, comma 2) SÌ, a condizione che non assuma deleghe di gestione diretta (art. 12, comma 4) e che non abbia incarichi che comportano poteri di vigilan za o controllo (art. 9, comma 1) previsto dall’art. 7 si parla di “presi dente e amministratore delegato”. La differenza non è banale, tanto più che, ai sensi del citato articolo, chi ha rivestito tale carica non può, nell’anno successivo alla cessazione del suo inca rico, essere nominato presidente con deleghe gestionali dirette o ammini stratore delegato di una società a con trollo pubblico presente nella regione. Un dubbio che la lettera dell’art. 7 fa nascere, a tale proposito, è perfi no relativa alla possibilità di una eventuale riconferma nella medesi ma società. Anzitutto si ricorda che la norma, facendo riferimento al tenore lette rale dell’art. 1, comma 2, lett. l), è limitata a circoscrivere l’ambito di ap plicabilità delle ipotesi di inconferibili tà agli incarichi con deleghe di gestio ne diretta. Pertanto ci pare pacifico che il soggetto possa assumere inca richi privi di delega di gestione diret ta, ivi compreso quello di presidente. Ci sembra, inoltre, che lo spirito del decreto sia quello di evitare l’attribu zione di un incarico (diverso) come “premio di consolazione”, al di fuori di criteri di merito e di professionalità. Tutto ciò non corrisponde al caso del rinnovo, dove una valutazione di pro fessionalità e di merito è implicita nella scelta di riconfermare il soggetto. Infine l’art. 7 utilizza un riferimento temporale (“a coloro che nei due anni precedenti siano stati”) che compor ta una cesura temporale tra un inca rico e l’altro che qui manca. Pertan to ci pare sostenibile la tesi che la riconferma del medesimo incarico, non rientri nel divieto di cui si parla. Tutto ciò non accade, invece, quan do la medesima persona voglia pas sare da una società a un’altra. In questo caso, pertanto, dovrà atten dere un anno prima di poter essere nominato in altra azienda controlla ta da comuni oltre i 15mila abitanti e province della stessa regione. Non risulta chiaro, inoltre, se sia pos sibile, per il presidente e l’ammini stratore delegato, come pure per chi abbia in essere incarichi di dirigente in una società, assumere incarichi con deleghe di gestione diretta nelle società controllate. Il tenore letterale della norma pare orientarsi verso il diniego, vietando quindi che l’ammi nistratore o il dirigente di una società possa essere nominato in una società controllata come amministratore con deleghe di gestione diretta. Il risultato, però, è del tutto para dossale perché così facendo: si rende più complessa la gestione del gruppo, moltiplicando i soggetti decisionali, e si rischia di creare inefficienza; si aumentano i costi di gestione GIUGNO 2013 diritto e pratica amministrativa INCARICHI PUBBLICI IL SOLE 24 ORE ATTUALITÀ del servizio, perché mentre gli am ministratori e i dirigenti della capo gruppo di regola non vengono re munerati per questo genere di inca richi, ciò non è possibile pretender lo in caso di terzi. Questo comporta, per altro, un problema di coordinamento con quanto previsto ai commi 4 e 5 del l’art. 4 del Dl n. 95/2012 (il così detto decreto Spending review), su cui ci soffermeremo in seguito. Le incompatibilità tra dirigenza e amministratori nelle società pubbliche L’art. 12, “Incompatibilità tra incarichi dirigenziali interni ed esterni e cariche di componenti degli organi di indirizzo nel le amministrazioni statali, regionali e lo cali”, prevede che gli incarichi dirigen ziali, interni ed esterni, nelle pubbli che amministrazioni, negli enti pub blici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico, siano incompati bili con l’assunzione e il mantenimen to della carica di presidente e ammi nistratore delegato nello stesso ente di diritto privato in controllo pubbli co che ha conferito l’incarico. Il comma 4, lett. c), in particolare, vieta appunto la compatibilità tra di rigente e membro dell’organo di in dirizzo della società controllata. È forse qui utile ricordare, come si è prima accennato, che la locuzione “organi di indirizzo” si riferisce a sog getti con delega di gestione diretta (così come precisato all’art. 1, com ma 2, lett. l). In caso contrario, in fatti, non avrebbe avuto senso nelle definizioni di cui all’art. 1 fare preci so riferimento al presidente con de leghe di gestione diretta e all’ammi nistratore delegato. Solo leggendo così il regime di in compatibilità, per altro, viene garanti to un ragionevole coordinamento tra la norma di cui si tratta e le previsioni di cui all’art. 4, commi 4 e 5 del Dl n. 95/2012 (c.d. Spending review), per la quale i consigli di amministrazione delle società controllate dalle PA, de vono essere composti, in parte, da GIUGNO 2013 dipendenti dell’amministrazione tito lare della partecipazione. Il coordina mento tra le due norme, quindi, pre vede che ai dipendenti delle ammini strazioni controllanti possa essere at tribuito solo ed esclusivamente l’in carico di consiglieri di amministrazio ne senza deleghe. Un dubbio che può insorgere è se sia ipotizzabile, a fronte dell’acclara ta incompatibilità tra ruolo dirigen ziale e quello di amministratore de legato, l’ammissibilità del cumulo delle prerogative di amministratore delegato e direttore generale. Ci si chiede, in altre parole, se, ai sensi del comma 1 di questo articolo, sia ipotizzabile la possibilità di assumere sia il ruolo di amministratore delega to, sia l’incarico di direttore generale (così come generalmente ammesso nella prassi di diritto societario). Il dubbio non è peregrino perché, nell’ambito delle definizioni, il diret tore generale non rientra tra gli inca richi dirigenziali bensì, all’art. 1, com ma 2, lett. i) “Incarichi amministrativi di vertice”. Infatti, il decreto distingue il ruolo del direttore generale da quel lo di chi riveste una funzione pretta mente dirigenziale, pur precisando, nella relazione illustrativa che “anche un dirigente in collocazione apicale nel l’amministrazione, ma dotato di poteri di amministrazione e gestione, dovrà es sere considerato come incarico dirigen ziale”. In sostanza, almeno in linea teorica, la coesistenza in un unico soggetto del ruolo di amministratore delegato e di direttore generale può essere ritenuta ammissibile ove il ruolo di direttore generale e di diri gente non si sovrappongano. Si tratta, però, nelle società di una eventualità quanto mai rara. Si ri corda, comunque, che resta in vigo re l’articolo 3, comma 44 della legge n. 244/2007, che ha espressamente escluso la possibilità del contempo raneo espletamento del doppio in carico (e dunque della duplicazione dei compensi), nel caso di chi abbia con la società un rapporto di subor dinazione. Tale disposizione preve de che “coloro che sono legati da un rapporto di lavoro con organismi pub blici anche economici ovvero con socie tà a partecipazione pubblica o loro partecipate, collegate e controllate, e che sono al tempo stesso componen ti degli organi di governo o di control lo dell’organismo o società con cui è instaurato un rapporto di lavoro, sono collocati di diritto in aspettativa senza assegni e con sospensione della loro iscrizione ai competenti istituti di previ denza e di assistenza”. Questa disposizione, a nostro giudi zio, deve ritenersi applicabile pure con riferimento alle società degli enti locali, come pure ritenuto dalla circolare n. 6 del 30 aprile 2008, della Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento della Funzio ne pubblica. Nello stesso senso si è pronunciata la Corte dei conti, se zione di controllo per la Calabria, con delibera n. 84/2012/Par del 14 giugno 2012, in una bella delibera che affronta molti punti chiave in termini di tetti retributivi dei mem bri dei consigli di amministrazione delle società degli enti locali. È però utile ricordare che la giuri sprudenza contabile non è unanime. In particolare, la Corte dei conti, sezione di controllo per la Lombar dia, con delibera n. 218/2012/Par ha invece precisato che “l’ente locale potrà prevedere, nell’ottica della razio nalizzazione e del contenimento della spesa, che al soggetto, nominato presi dente/amministratore delegato della società e assunto con contratto a tem po determinato quale direttore genera le, percepisca una sola retribuzione, commensurata alle attività svolte nel ruolo di direttore generale”. In sostanza la sezione di controllo della Lombardia ha ritenuto: che l’art. 3, comma 44 della legge n. 244/2007 non si riferisca agli enti locali bensì solo alle pubbliche am ministrazioni centrali; che nel caso in cui il direttore gene rale svolga anche le funzioni di ammi nistratore delegato possa rinunciare ai compensi da consigliere di ammi 49 diritto e pratica amministrativa INCARICHI PUBBLICI IL SOLE 24 ORE ATTUALITÀ nistrazione e non rientrare, per que sta via, nei limiti di cui all’art. 1, com ma 725, della legge n. 296 del 27 dicembre 2006 (legge finanziaria per l’anno 2007) e successive modifica zioni, che stabilisce un tetto al com penso lordo annuale, onnicompren sivo, attribuito al presidente e ai componenti del consiglio di ammini strazione parametrato alle indennità spettanti al sindaco. Infine, deve osservarsi che ove il di rettore generale non sia inquadrato come dipendente subordinato (con dizione non necessaria, si veda ad esempio la sentenza n. 28819/2008 della Corte di cassazione), l’incom patibilità sembra risultare dall’art. 9, comma 2, che vieta la compatibilità tra incarichi amministrativi di vertice e dirigenziali con lo svolgimento di un’attività professionale retribuita dalla società stessa. Una curiosità Già da quello che abbiamo fino a ora commentato appare chiaro che il Dlgs n. 39/2013 è portatore di una visione apodittica della politica: chi la pratica, secondo il testo di legge è un infetto e, se vuole assu mere un nuovo incarico o semplice mente avere un ruolo dirigenziale nella pubblica amministrazione, de ve prima sopportare un congruo periodo di quarantena: un anno, se è stato amministratore delegato di una Spa; due anni se ha osato entra re in un Consiglio comunale, assai di più se ha preso una condanna per reati contro la pubblica amministra zione. Non importa se la condanna è non definitiva o se si tratta di semplice patteggiamento (art. 3). E, sopra ogni cosa, occorre impedire che un politico vada a svolgere attivi tà di gestione o che, viceversa, un dirigente pubblico possa ambire a fa re carriera politica. Il redattore del decreto, per altro, non distingue tra carica effettivamente politica (l’asses sore, il consigliere) o nomina di di mensione tecnicoamministrativa: è un politico, ad esempio, anche l’am 50 ministratore delegato o il presidente di una società. Infetto perché nomi nato, e quindi incompatibile, secondo le interpretazioni più restrittive, per fino col suo stesso ruolo e con ciò, secondo alcuni ma noi non siamo di questo avviso non riconfermabile neppure se ha svolto bene il suo compito, non solo dal comune “unto re” ma perfino in altro ente della me desima regione. Meritevoli di un solido sospetto so no anche i dirigenti delle società pubbliche e i pochi dirigenti comu nali che si sono prestati alla nomina per rispetto dell’art. 4 della spen ding review a incarichi con deleghe di gestione diretta. Credevano cer to di svolgere il loro dovere pre standosi a fare gli amministratori delle aziende controllate e portan do un risparmio all’ente di cui sono parte. Il decreto, al contrario, li considera elementi potenziali di corruzione e sono oggi costretti a scegliere tra il mantenere il posto di lavoro o il soddisfare l’ambizione di fare gli amministratori di società. Solo dirigenti e amministratori sono vittime dei divieti? No, certo, le in compatibilità e le inconferibilità col piscono anche la politica (quella ve ra, quella degli eletti o degli ammini stratori): infatti chi è stato ammini stratore provinciale o comunale o anche semplice consigliere, per due anni non potrà essere nominato in nessun ente partecipato da provin ce e comuni della sua regione. L’ex assessore o consigliere regionale avrà anche lui la sua quarantena biennale, ma limitatamente alle no mine di provenienza regionale. Attenzione, però. Nella forma il di vieto è lo stesso, ma nella sostanza cambia: se sei stato assessore a Mi randola devi cercarti un posto in Lombardia, a meno che tu non ab bia strette amicizie in regione Emi lia Romagna (dove ti possono no minare), mentre se sei uscito dal Consiglio regionale puoi farti desi gnare dal sindaco del tuo comune (e tutti sappiamo che gli spazi negli enti locali sono assai più ampi). A questo punto la curiosità spinge a cercare le incompatibilità di chi è sta to ministro o deputato. Scorrendo il decreto ci si accorge che praticamen te non vi sono divieti che li riguarda no. Un ex parlamentare può essere tranquillamente nominato in una so cietà nazionale, regionale o comunale. Vi sono pure incompatibilità tutto sommato divertenti. Ad esempio quella prevista all’art. 8, ove si recita che gli incarichi di direttore genera le, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanita rie locali non possono essere confe riti a coloro che nei “cinque anni precedenti siano stati candidati in ele zioni europee, nazionali, regionali e lo cali, in territori che comprendano il territorio della Asl”. Candidati, non eletti: se sei stato eletto ti godi il tuo bel mandato di 5 anni e poi sei pronto per fare il direttore generale della Asl sotto casa. Insomma, per il decreto i politici (locali) sono po tenziali portatori di corruzione, i parlamentari no. Conclusioni Il decreto legislativo n. 39/2013, oltre a evidenti disparità di trattamento tra livelli amministrativi nazionali, regio nali e locali, presenta non pochi ele menti ancora non chiari. Su alcuni punti, invece, sarebbe senza dubbio opportuno un ripensamento. Si pen sa in particolare al divieto di poter nominare propri amministratori e di rigenti come presidente con deleghe di gestione diretta, amministratore delegato o amministratore unico nel le società partecipate. Tutto ciò cor risponde a esigenze di buona gestio ne e di risparmio ed è quanto viene normalmente fatto in tutti i gruppi imprenditoriali pubblici e privati in ogni parte del mondo. Si comprende l’esigenza di tenere di stinte le prerogative gestionali da quelle politiche, ma questo non può essere spinto al punto di limitare le prerogative proprie di un consiglio di amministrazione di una azienda. GIUGNO 2013