verande e gazebi negli edifici condominiali

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verande e gazebi negli edifici condominiali
VERANDE E GAZEBI
NEGLI EDIFICI
CONDOMINIALI
Realizzazione, disciplina e controversie
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo, Ivan Meo
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CONDOMINIOWEB
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2° Edizione Maggio 2015
Isbn: 9788899197032
Copyright © 2015 - GRUPPO CONDOMINIOWEB S.R.L.
Autori: Giuseppe Donato Nuzzo, Ivan Meo
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CAPITOLO 1
LA DISCIPLINA DI RIFERIMENTO TRA NORME EDILIZIE
E REGOLE CONDOMINIALI
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1. Definizione e caratteristiche tecniche
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1.2. Inquadramento giuridico
1.3. I titoli abilitativi da richiedere
1.4. Disciplina edilizia (D.P.R. 380/2001)
1.5. Le diverse tipologie di verande
1.5.1. Pannelli in vetro e alluminio sul parapetto di un balcone già chiuso
1.5.2. Veranda-ripostiglio
1.5.3. Veranda coperta su un preesistente balcone
1.5.4. Veranda con pannelli scorrevoli o struttura grigliata in cemento
1.5.5. Lo “svecchiamento” di una veranda
1.5.6. La veranda che copre solo parte del balcone
1.5.7. Tabella riassuntiva
2. Il decoro architettonico
SOMMARIO
L’INSTALLAZIONE DELLE VERANDE NEGLI EDIFICI CONDOMINIALI
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2.1. Le facciate condominiali
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2.2. I limiti alla costruzione delle verande a tutela del decoro architettonico e della facciate
ondominiali18
2.3. Un caso particolare: la costruzione della veranda a vetri sul terrazzo
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2.4. Conclusioni
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3.1. Autorizzazione dell’assemblea: quando serve?
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3.2. I limiti imposti dal regolamento condominiale. In che misura sono legittimi?
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3.3. I limiti imposti dal regolamento edilizio
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4. Il rispetto delle distanze in condominio
5. La tinteggiatura della parte di un muro perimetrale inglobato nella veranda
6. Costruzione delle veranda e modifica delle tabelle millesimali
7. La costruzione di verande abusive
7.1. La legittimazione dell’amministratore
7.2. La demolizione spontanea dell’opera illecita non estingue il reato edilizio
8. La serra a captazione solare: differenze ed analogie con la veranda.
Alcune tipologie particolari di serre bioclimatiche
8.1. La normativa
8.2. I vincoli per la realizzazione di una serra solare
8.2.1. Le normative comunali
8.2.2. Le normative di tipo igienico sanitario
8.2.3. Il decoro architettonico
9. Le detrazioni fiscali
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Tabelle Millesimali
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Abusivismo Edilizio30
La veranda abusiva configura un’ipotesi di reato anche nell’eventualità in cui venga realizzata per
necessità igienico-sanitarie?
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La chiusura con vetrate del balcone costituisce abusivismo edilizio?
31
La demolizione spontanea dell’opera illecita estingue il reato edilizio?
31
Commette un reato chi realizza o fa realizzare senza autorizzazione una veranda in legno rimovibile sul
terrazzo?31
Trasformazione di una terrazza in veranda senza titolo abilitativo: a chi viene rivolto l’ordinanza di
demolizione al proprietario o al responsabile dell’abuso?
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Per abbattere la tettoia antiestetica è necessario autorizzare l’amministratore condominiale mediante
un’apposita delibera assembleare?
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Ho realizzato, durante i lavori di ristrutturazione, una veranda ricavandola dalla chiusura del terrazzo.
Per effettuare tale lavoro è necessario richiedere il permesso di costruire?
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Verande e diritto di veduta33
La costruzione di una veranda può pregiudicare il diritto di veduta degli altri condomini?
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A parere della Corte di Cassazione “per la sussistenza di una veduta è necessario che l’apertura abbia una
normale e permanente destinazione alla vista e all’affaccio sul fondo altrui, veduta che non deve subire
limitazioni nemmeno a piombo, sicché la visione, a carico del vicino, sia mobile e globale” (Cassazione
Civile, sez. II, n. 4847, depositata in data 26 marzo 2012).
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Se nel progetto di costruzione di un edificio vi è una preesistente traccia di una veranda si può far
rimuovere la tettoia del vicino per guardare il panorama?
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La realizzazione di una veranda mediante la chiusura della terrazza può comportare un aggravamento
della servitù di veduta?
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Benefici fiscali34
Voglio trasformare il mio balcone in una veranda, facendo tutte le pratiche burocratiche del caso posso
usufruire delle detrazioni fiscali se metto i serramenti nuovi?
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Tabelle millesimali35
Dopo aver ottenuto i necessari permessi, ho realizzato una veranda con copertura impermeabilizzata
in legno sull’attico dell’edificio condominiale, di mia proprietà, a ridosso di due pareti in muratura
preesistenti, con vetrate scorrevoli a chiusura. Ora gli altri condomini chiedono la modifica delle tabelle
millesimali. È legittima la loro richiesta?
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Formulario36
L’installazione dei Gazebi37
SOMMARIO
SOMMARIO
CAPITOLO 2 CASISTICA29
L’INSTALLAZIONE DEI GAZEBI
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Aspetti definitori
Costruzione di un gazebo sul lastrico solare ad uso esclusivo
Come installare correttamente un gazebo in condominio
I titoli abilitativi
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CAPITOLO SECONDO LA CASISTICA
SOMMARIO
CAPITOLO PRIMO
ISTRUZIONI PER UNA CORRETTA INSTALLAZIONE DI UN GAZEBO
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QUESITI42
CAPITOLO TERZO FORMULARIO44
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SOMMARIO
PRESENTAZIONE
La realizzazione di verande e dei gazebi, negli edifici condominiali, è una prassi ormai largamente diffusa.
Il proprietario, installando di tali manufatti, può trarre una utilità non solo in termini di spazio, visto che
rappresenta a tutti gli effetti una costruzione stabile, ma anche un maggior confort durante la stagione
invernale.
Il presente lavoro si propone come obiettivi, quelli di illustrare esaustivamente le differenti tipologie
di veranda e gazebi, realizzabili e di distinguere le ipotesi in cui la realizzazione necessiti di richiesta di
concessione edilizia da quelle in cui l’interessato è sostanzialmente esonerato dal suddetto obbligo. Sarà
compiutamente esaminata, inoltre, la problematica concernente il rispetto del decoro architettonico dello
stabile, con conseguente individuazione delle condizioni da rispettare perché la realizzazione del manufatto non possa essere considerata illegittima nonché sarà definito l’iter burocratico da seguire.
L’analisi sarà affiancata da costanti riferimenti giurisprudenziali.
Buona lettura.
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L’INSTALLAZIONE DELLE
VERANDE NEGLI EDIFICI
CONDOMINIALI
CAPITOLO 1
LA DISCIPLINA DI RIFERIMENTO TRA NORME EDILIZIE
E REGOLE CONDOMINIALI
1. Definizione e caratteristiche tecniche
La veranda altro non è se non un balcone (o terrazza) chiuso mediante un telaio (in pvc, alluminio, anticorodal, legno) che supporta materiali trasparenti o opachi1.
In termini più tecnici, la veranda si qualifica come un manufatto costruttivo che determina una modifica
esterna del territorio, suscettibile di rilievo urbanistico, ma privo di individualità propria, in quanto destinato ad
integrare il restante edificio2. La dottrina identifica la veranda nella “chiusura, prevalentemente con vetri, supportati su metallo o legno, di spazi scoperti come balconi o terrazze, con opere effettuate dopo l’ultimazione dell’edificio” 3.
La definizione di veranda è strettamente connessa a quelle di balcone e terrazza.
Il balcone consiste in una sporgenza della facciata dell’edificio munita di ringhiera o parapetto (balconi
c.d. aggettanti). Si differenzia dalla terrazza in quanto, mentre il primo costituisce un elemento aggiunto
al corpo principale dell’edificio, consistendo, quindi, in una sporgenza, la terrazza è inclusa nel fabbricato.
Vengono definiti, invece, “a castello” i balconi incassati nel perimetro dei muri portanti dell’edificio: in
questo caso la struttura portante del piano del balcone a castello è parte integrante di quella dell’edificio4.
La distinzione sopra riferita assume particolare rilievo negli edifici in condominio, atteso che i balconi aggettanti rientrano nella proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti a cui accedono, mentre i balconi a castello e le terrazze a
livello interessano strutture portanti dell’edificio rientranti nelle parti comuni ex art. 1117 c.c.
Cassazione civile, 30.04.2012, n. 6621
In tema di condominio, i balconi “aggettanti”, sporgenti cioè dalla facciata dell’edificio, costituiscono solo un prolungamento dell’appartamento dal quale protendono, con la conseguenza che, non svolgendo una funzione di sostegno né di
necessaria copertura dell’edificio non possono considerarsi a servizio dei piani sovrapposti e, quindi, di proprietà comune
dei proprietari di tali piani. Ad essi non può perciò applicarsi il disposto dell’art. 1125 c.c., dovendosi ritenere i balconi
“aggettanti” di proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono e dovendosi escludere, in tal caso, il potere
del proprietario dell’appartamento, sito al piano inferiore, di agganciare la struttura metallica al sottobalcone superiore,
se non con il consenso del proprietario del balcone aggettante.
Cassazione civile, 30.04.2012, n. 6624
In tema di condominio negli edifici e con riferimento ai rapporti tra la generalità dei condomini, i balconi “aggettanti”,
costituendo un “prolungamento” della corrispondente unità immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario
di questa; soltanto i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore si debbono considerare
beni comuni a tutti, quando si inseriscono nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole.
Cassazione civile, 05.01.2011 n. 218
I balconi aggettanti, i quali sporgono dalla facciata dell’edificio, costituiscono solo un prolungamento dell’appartamento
dal quale protendono e, non svolgendo alcuna funzione di sostegno, né di necessaria copertura dell’edificio – come,
viceversa, accade per le terrazze a livello incassate nel corpo dell’edificio – non possono considerarsi a servizio dei piani
sovrapposti e, quindi, di proprietà comune dei proprietari di proprietà comune dei proprietari di tali piani; pertanto ad
essi non può applicarsi il disposto dell’art. 1125 c.c.: i balconi aggettanti, pertanto, rientrano nella proprietà esclusiva dei
titolari degli appartamenti cui accedono.
PALOMBELLA D., Trasformazione del balcone in veranda, in Quaderni di legislazione tecnica, 2012, 2
MEO I., Costruzione di una veranda ed alterazione del decoro architettonico, in Immobili & Proprietà, 2011, 1, 11.
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TAMBORRINO F., Codice tecnico-legale del condominio, Milano, 2006, 125-126
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PALOMBELLA D., Trasformazione del balcone in veranda, cit.
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1.5.2. Veranda-ripostiglio
È altresì escluso che possa catalogarsi tra gli interventi di manutenzione straordinaria la realizzazione di
una veranda-ripostiglio che doti l’appartamento di una struttura nuova e aggiuntiva, estranea morfologicamente e funzionalmente all’originaria conformazione del immobile condominiale. L’intervento di
manutenzione straordinaria ha infatti una finalità meramente conservativa dell’organismo edilizio e trova
il limite invalicabile nella necessità di non alterare la identità strutturale e funzionale dell’edificio condominiale. Anche in questa ipotesi, pertanto, è necessaria l’autorizzazione a costruire (T.A.R. Campania,
12 giugno 2001, n. 2708).
1.5.3. Veranda coperta su un preesistente balcone
La realizzazione di una veranda coperta su un preesistente balcone, intesa a riparare quello spazio dagli agenti
atmosferici esterni e quindi ad assicurare una più completa funzionalità dell’immobile, presenta invece i
connotati tipici dell’opera di restauro e di risanamento conservativo, e come tale non è soggetta a concessione edilizia, ma alla mera autorizzazione – la cui mancanza peraltro non costituisce reato; occorrerà però
una vera e propria concessione comunale ove si tratti di un rilevante mutamento dell’assetto edilizio ed
urbanistico del territorio, che modifichi radicalmente il godimento del suolo nella sua legittima destinazione e disturbi l’armonico sviluppo del contesto urbano.
1.5.4. Veranda con pannelli scorrevoli o struttura grigliata in cemento
Cosa succede quando la struttura realizzata non è idonea a isolare la veranda dallo spazio esterno?
La giurisprudenza ha ritenuto che in questo caso non si verifichi un ampliamento di volume, con la
conseguenza che il condomino, ove decida di realizzare tale struttura, non deve munirsi di permesso di
costruire.
A titolo esemplificativo, non richiedono permesso di costruire la realizzazione di una parete con struttura grigliata in cemento a maglie larghe, in quanto la suddetta tipologia non comporta un completo
isolamento della veranda dall’esterno (T.A.R. Sardegna, 10 luglio 2003, n. 856) e la realizzazione della
veranda mediante pannelli scorrevoli che lasciano aperto un lato del balcone preesistente (T.A.R. Liguria,
3 luglio 2003, n. 843).
Non è rara l’ipotesi in cui si proceda alla chiusura a veranda di uno spazio già inglobato nelle preesistenti parti dell’edificio. Le verande così realizzate sono da considerarsi come elementi accessori ad un
fabbricato, con funzione di riparo dagli agenti atmosferici e di protezione dall’accesso furtivo di terzi
nell’abitazione. In questi casi si ritiene non necessario il permesso di costruire: il condomino dovrà dunque munirsi solo di SCIA, dal momento che la struttura-veranda accessoria al fabbricato assolve alla mera
finalità di conservazione (MARZARA GAMPA P.).
Sono in conclusione assoggettati al regime della semplice denuncia di inizio attività (oggi SCIA) quegli
interventi, diretti alle predette finalità, che consistono nell’installazione di “elementi compatibili con le
esigenze dell’ordinario uso dell’edificio o della parte di esso cui accedono nel rispetto degli elementi tipologici
formali e strutturali dello stesso edificio e della destinazione edilizio-urbanistica delle varie parti di cui esso si
compone” (T.A.R. Lazio, sez. II ter, 28 febbraio 2002, n. 1550).
Ancora più di recente, si è affermato che gli interventi edilizi che determinano una variazione planovolumetrica ed architettonica dell’immobile nel quale vengono realizzati – come una veranda in vetro
e alluminio edificata sulla balconata di un appartamento –, pur avendo carattere pertinenziale rispetto
all’immobile, impongono il rilascio di apposito permesso a costruire (T.A.R. Piemonte, sez. I, 24 aprile
2009, n. 1168).
1.5.5. Lo “svecchiamento” di una veranda
È possibile procedere al recupero di una veranda preesistente mediante la sostituzione dei vecchi materiali
con altri più moderni?
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- si tratta di un intervento straordinario diretto al recupero del patrimonio edilizio già esistente;
- si tratti di una struttura con finalità di protezione dagli agenti atmosferici esterni nei limiti della funzionalità
dell’immobile;
- chiusura di spazi limitati e che, comunque, non comportino una trasformazione del territorio;
Conseguenze penali
Il condomino che realizzi una veranda senza il permesso a costruire si renderebbe fautore di abusi edilizi, con conseguente
addebito di responsabilità amministrative e penali (Cass. pen., 25 novembre 2004, n. 45582). L’attività di trasformazione
di un balcone in veranda rappresenta un intervento di nuova costruzione ai sensi del D.P.R. n. 380/2001, art. 3, comma
1, lett. e), in quanto tali lavori ampliano il fabbricato al di fuori della sagoma preesistente, con la conseguenza che la sua
realizzazione in assenza di concessione edilizia integra (se non ricorre anche, come nella specie, la violazione paesaggistica)
il reato di cui all’articolo 44, lettera b) del citato D.P.R.
La chiusura di una veranda senza concessione rientra tra gli interventi abusivi di ristrutturazione edilizia, la cui repressione
comporta l’ingiunzione ex art. 9, l. 28 febbraio 1985, n. 47, diretta alla spontanea rimozione dell’abuso: allo scadere del
termine all’uopo fissato, è prevista la demolizione d’ufficio, a spese del responsabile, o, se il ripristino non sia possibile, l’irrogazione di una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento di valore dell’immobile conseguente alla realizzazione dell’opera, da determinarsi con riguardo alla data di ultimazione dei lavori (T.A.R. Campania, sez. II, 29 marzo 2007, n. 2893).
2. Il decoro architettonico
La realizzazione di una veranda può ledere il decoro architettonico dell’edificio?
Per rispondere al quesito occorre preliminarmente partire dal dato normativo. L’art. 1120, ultimo
comma, del codice civile dispone che “sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni
dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino”.
Per “decoro architettonico”, la giurisprudenza intende “l’estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato stesso e gli imprimono una determinata, armonica, fisionomia”. S’incorre
in violazione di tale armonia ogniqualvolta si operi nel senso di modificare l’originario assetto del fabbricato, variando anche soltanto “singoli punti o elementi”, indipendentemente dalla valenza estetica o
artistica dell’edificio. La valutazione del pregiudizio al decoro architettonico va effettuata comunque
caso per caso, accertando se, in concreto, gli interventi edilizi posti in essere abbiano effettivamente
apportato modifiche di rilievo in senso negativo al decoro e all’estetica dell’edificio (Cassazione civile,
4 dicembre 2013, n. 27224).
Com’è stato precisato in giurisprudenza, la facoltà riconosciuta ai singoli condomini di agire al fine di
tutelare il decoro architettonico non è altro che esplicazione di un normale esercizio del diritto di proprietà
(Cass., 7 giugno 2000, n. 7727). Il decoro architettonico è un bene al quale sono interessati tutti i
condomini, in quanto esso concorre a determinare il valore tanto della proprietà individuale, quanto di
quella collettiva delle parti comuni. L’esigenza di tutelare il decoro architettonico si fonda, più che sulla
comproprietà di talune parti dell’edificio, sulla proprietà esclusiva di un piano o di una porzione di piano,
la quale resterebbe danneggiata da qualsiasi innovazione che pregiudicasse l’estetica dello stabile.
2.1. Le facciate condominiali
Strettamente connessa al decoro architettonico dell’edificio è la facciata dello stesso, che costituisce una
parte comune condominiale ex art. 1117 c.c.. Ogni condomino può trarre utilità dalla facciata comune,
maggiore o più intensa rispetto a quella degli altri comproprietari, ma nei limiti di cui all’art. 1102 c.c. e
cioè senza pregiudicare il pari uso che costoro ne possono fare e senza alterarne la destinazione economica
tipica (Cassazione civile, 27 ottobre 2003, n. 16097).
In base alla sua conformazione, la facciata imprime all’edificio un determinato decoro architettonico, in
quanto rappresenta l’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota ­dominante
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determinata innovazione (tipo la realizzazione di una veranda) potrebbe costituire o meno alterazione
dell’euritmia del fabbricato unicamente nel caso in cui vi sai una apprezzabile depauperamento del decoro
architettonico.
Per centrare il problema occorre partire dal presupposto che l’euritmia consiste nella «giusta ed armonica disposizione delle diverse parti in un’opera d’arte». Una violazione dell’euritmia del corpo di fabbrica,
quindi, potrebbe essere lamentata nel caso in cui il fabbricato abbia una valenza storica di rilievo ovvero
nell’ipotesi in cui il corpo di fabbrica acquisisca valenza e valore per il particolare inserimento nel contesto
nel territorio circostante. Si pensi, per esempio, ad un fabbricato che si affaccia su una piazza di un centro storico. In mancanza di tali elementi, a meno che non si tratti di un fabbricato di eccezionale valore
storico-monumentale, si ritiene che una lieve modifica negli elementi architettonici non sia in grado
di provocare problemi al condominio ne, tantomeno, ai cittadini che, transitando per la pubblica via,
vedrebbero violato il decoro architettonico del territorio urbano (Cassazione Civile, sez. II, 18 novembre 2011, n. 24327).
In tema di tutela del decoro architettonico, viene in rilievo, sul piano normativo, l’ulteriore previsione
dell’art. 1122 c.c., il quale vieta al condomino di eseguire, nel piano o nella porzione di piano di sua
proprietà, quelle opere che elidano o riducano in modo apprezzabile le utilità conseguibili dalla cosa
comune.
In sede giurisprudenziale si è sul punto affermato che la legittimità delle opere di innovazione sulla
porzione di muro esterno del fabbricato di esclusiva proprietà del condomino soggiace alla duplice condizione di non alterare il decoro architettonico e la stabilità dell’edificio, e di non impedire agli altri condomini di fare analogo uso della cosa comune (Trib. Genova, sez. III, 1 giugno 2007).
A sostegno di tale orientamento, i giudici di legittimità hanno confermato la sentenza di merito – che
aveva rigettato la domanda di riduzione in pristino di un balcone di proprietà esclusiva, trasformato da
un condomino in veranda –, non essendo emersa, nel corso dell’istruttoria, la prova di una apprezzabile
limitazione all’ingresso di luce ed aria nel vano scala sul quale affacciava il balcone per effetto della sua
trasformazione in veranda (Cass., 11 febbraio 2005, n. 2743).
Ancora di recente la Cassazione ha precisato che l’alterazione del decoro architettonico può ben correlarsi alla realizzazione di opere (nella fattispecie, verande sulla facciata) che immutino l’originario aspetto
anche, soltanto, di singoli elementi o punti del fabbricato tutte le volte che la immutazione sia suscettibile
di riflettersi sull’insieme dell’aspetto dello stabile. L’indagine volta a stabilire se, in concreto, un’innovazione determini o meno l’alterazione del decoro di un determinato fabbricato e’ demandata al giudice di
merito il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità, se congruamente motivato (Cassazione
civile, 4 dicembre 2013, n. 27224).
2.3. Un caso particolare: la costruzione della veranda a vetri sul terrazzo
Un’ulteriore ipotesi riguarda la copertura con una veranda del terrazzo dell’ultimo piano dell’edificio
condominiale, effettuata dal relativo proprietario: tale fattispecie è soggetta alla disciplina dettata dall’art.
1127 c.c., rubricato costruzione sopra l’ultimo piano dell’edificio.
È chiaro che, in tal caso, la relativa indagine va condotta in stretta correlazione con la visibilità della
nuova opera, tenuto conto che nessun pregiudizio può essere riscontrato in manufatti che siano assolutamente invisibili ai terzi, ovvero siano visibili da posizioni tanto distanti e particolari da non lasciar spazio
ad un’eventuale compromissione estetica.
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LA DISCIPLINA DELLA VERANDA ABITABILE COSTRUITA SU UN TERRAZZO
AGEVOLAZIONI
FISCALI
Non è prevista la detrazione del 36% perché la costruzione della veranda costituisce un
incremento volumetrico.
LA DISCIPLINA
CONDOMINIALE
Dal punto di vista della disciplina condominiale se la veranda è costruita sul terrazzo
è considerata sopraelevazione; pertanto è da corrispondere ai condomini l’indennità
dell’art. 1127 cod. civ. L’opera non può essere vietata dai condomini purché rispetti il
decoro architettonico, la sicurezza strutturale dell’edificio e se non è esclusa dal regolamento contrattuale.
In presenza del riscaldamento centralizzato, la trasformazione del balcone in veranda
comporta la revisione della tabella di riscaldamento. La modifica della tabella di proprietà
non è strettamente necessaria, laddove non venga alterato in maniera notevole il rapporto
millesimale tra le proprietà esclusive, all’interno del condominio.
Qualora il giudice ritenga che effettivamente vi sia stata una notevole alterazione dei
rapporti millesimali, la perizia con cui si determinano i nuovi millesimi può tener conto
solo della nuova superficie aggiunta se l’ampliamento riguardi piani o porzioni di piano
della stessa altezza degli altri. Se, invece, l’addizione riguarda una serra o un sottotetto che
hanno parte della loro altezza inferiore alle altre, non abitabile, il criterio corretto è quello
del volume (Cass., sent. n. 7300/2010).
PERMESSI
Alcuni comuni non richiedono permessi se si tratta di un ridotto ampliamento. Comunque devono essere sempre rispettate le distanze legali.
IVA
Se l’ampliamento riguarda un’abitazione acquistata con i benefici “prima casa”, l’IVA si
applica al 4% (Ag. entrate, circ. n. 19 dell’1.3.2001).
2.4. Conclusioni
In presenza di un presunto caso di violazione del decoro architettonico derivante dalla realizzazione di
una veranda, il giudice dovrà procedere ad accertare la suddetta violazione valutando la situazione del caso
concreto.
Per un verso, il giudice dovrà adottare, caso per caso, criteri di maggiore o minore rigore in considerazione delle caratteristiche del singolo edificio e/o della parte di esso interessata, accertando anche se ed in
qual misura esso avesse originariamente un’unitarietà di linee e di stile, suscettibile di significativa alterazione in rapporto all’innovazione dedotta in giudizio; dovrà inoltre verificare se sulla medesima unitarietà
avessero o meno già inciso, menomandola, precedenti innovazioni. Per altro verso, dovrà accertare che
l’alterazione sia evidente e di non trascurabile entità, e tale da provocare un pregiudizio estetico dell’insieme suscettibile di valutazione economica (Trib. Novara, 10 gennaio 2006).
Com’è stato correttamente osservato in dottrina (SALIS), la facoltà riconosciuta ai singoli condomini
di agire al fine di tutelare il decoro architettonico non è altro che esplicazione di un normale esercizio del
diritto di proprietà (Cass., 7 giugno 2000, n. 7727): pertanto, posto che il decoro architettonico è un
bene al quale sono interessati tutti i condomini – in quanto esso concorre a determinare il valore tanto
della proprietà individuale, quanto di quella collettiva delle parti comuni –, l’esigenza di tutelare il decoro
architettonico si fonda, più che sulla comproprietà di talune parti dell’edificio, sulla proprietà esclusiva
di un piano o di una porzione di piano, la quale resterebbe danneggiata da qualsiasi innovazione che pregiudicasse l’estetica dello stabile.
Più in generale, fatte salve le limitazioni di natura pubblicistica, la chiusura a vetri di balconi o terrazzi
di pertinenza esclusiva deve, di norma, ritenersi consentita ai rispettivi proprietari, purché tale intervento non
alteri il decoro architettonico dell’edificio condominiale e non rechi pregiudizio, sotto alcun profilo, agli altri
condomini – cui deve essere comunque assicurato un pari uso del bene comune.
La norma a cui fare riferimento è l’art. 1102 c.c., il quale consente, appunto, al singolo condomino di
servirsi della cosa comune “purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di
farne parimenti uso secondo il loro diritto”, apportando a tal fine “a proprie spese le modificazioni per il
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d’ufficio, a spese del responsabile, o, se il ripristino non sia possibile, l’irrogazione di una sanzione pecuniaria pari al
doppio dell’aumento di valore dell’immobile conseguente alla realizzazione dell’opera, da determinarsi con riguardo alla
data di ultimazione dei lavori;
• l’autorizzazione assembleare risulta necessaria qualora la realizzazione del manufatto possa arrecare pregiudizio ad alcuni
condomini (cfr. Cass., sent. n. 10704 del 24 dicembre 1994 e sent. n. 5652 del 21 ottobre 1980), o perché non vengano
rispettate le distanze legali fra le due proprietà (Cass., sent. n. 5652 del 21 ottobre 1980). In questa seconda ipotesi è opportuno che l’autorizzazione venga formalizzata con atto notarile e successiva trascrizione presso dei registri immobiliari. Tale
formalità consentirà di cautelarsi da eventuali azioni che potrebbero essere intentate dall’acquirente in caso di vendita
dell’appartamento da parte del confinante;
• è opportuno in sede assembleare che il condomino sottoponga il relativo progetto corredato da tutte le informazioni
inerenti il materiale e le modalità di costruzione del manufatto. Ma anche in caso di delibera favorevole, adottata a maggioranza, non potrà evitare eventuali azioni legali da parte di singoli condomini (cfr. Cass., sent. n. 3510 del 28 maggio
1980) che dovesse invocare per esempio l’alterazione del decoro architettonico o l’alterazione del profilo igienico (Cass.,
sent. n. 2543 del 7 luglio 1976).
4. Il rispetto delle distanze in condominio
La giurisprudenza ritiene che le norme sulle distanze (art. 907 e ss c.c.) possano trovare applicazione anche
tra i condomini di un edificio condominiale, purché siano compatibili con la disciplina particolare relativa
alle cose comuni, cioè quando l’applicazione di quest’ultima non sia in contrasto con le prime (Cassazione civile 27 febbraio 2014, n. 4741).
In caso di contrasto, prevale la norma speciale in materia di condominio, con conseguente inapplicabilità della disciplina generale sulle distante che, nel condominio degli edifici e nei rapporti tra singolo
condomino e condominio, è in rapporto di subordinazione rispetto alla prima.
Ai sensi del primo comma dell’art. 1102 c.c., “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il
loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento
della cosa”.
Secondo la Cassazione, il pari uso della cosa comune non postula necessariamente il contemporaneo
uso della cosa da parte di tutti i partecipanti alla comunione, che resta affidata alla concreta regolamentazione per ragioni di coesistenza; che la nozione di pari uso del bene comune non e’ da intendersi nel senso
di uso necessariamente identico e contemporaneo, fruito cioè da tutti i condomini nell’unita’ di tempo e
di spazio, perché se si richiedesse il concorso simultaneo di tali circostanze si avrebbe la conseguenza della
impossibilità per ogni condomino di usare la cosa comune tutte le volte che questa fosse insufficiente a tal
fine (Cassazione civile 16 giugno 2005 n. 12873).
In definitiva: all’interno del condominio è possibile derogare alle norme sulle distanze legali purché l’attività
posta in essere rimanga entro i limiti dell’uso legittimo delle parti comuni ex art. 1102 c.c.
Applicando tali principi in materia di distanze in condominio, ove il giudice constati il rispetto dei
limiti di cui all’art. 1102 c.c., deve ritenersi legittima l’opera realizzata anche senza il rispetto delle norme
dettate per regolare i rapporti tra proprietà contigue, sempre che venga rispettata la struttura dell’edificio
condominiale” (Cassazione civile 27 febbraio 2014 n. 4741). Esempio plastico della irrilevanza delle
norme sulle distanze in materia di condominio è rappresentato dalla possibilità di aprire luci e vedute sui
muri comuni senza dover necessariamente rispettare quanto specificato dall’art. 907 c.c., sempre se realizzate entro i limiti dell’uso legittimo delle parti comuni ex art. 1102 c.c. (Cassazione civile, 9 giugno
2010 n. 13874).
Nel caso di costruzione di una veranda in un edificio condominiale, il problema del rispetto delle
distanze può presentarsi nell’ipotesi in cui al piano superiore siano presenti una o più finestre e non un
altro balcone: in tal caso sarà possibile ancorare la struttura alla soletta, in quanto il possesso di quest’ultima appartiene ad entrambi i proprietari dei piani.
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allorquando si inseriscano nel prospetto dell’edificio, le relative spese devono essere ripartite tra gli stessi
(Cassazione Civile, 30 aprile 2012, n. 6624).
ABUSIVISMO EDILIZIO
Nell’eventualità in cui si intenda realizzare una veranda e la normativa regionale non preveda
l’obbligo di richiedere il rilascio del permesso di costruire, devono essere osservate comunque la
disposizioni concernenti i controlli preventivi previsti a tutela della sicurezza delle costruzioni?
La sentenza della Corte di Cassazione n. 16182, depositata il 9 aprile 2013, ha evidenziato che la
realizzazione di una “veranda chiusa precaria rimovibile in legno” sebbene sia sottratta, secondo la normativa
regionale, all’obbligo concernente il rilascio del permesso di costruire previsto per tutelare gli interessi urbanistici, continua ad essere soggetta ai controlli preventivi previsti a tutela della sicurezza delle costruzioni.
Conseguentemente, la realizzazione del predetto manufatto costituisce reato nell’ipotesi in cui non sia
preceduta:
• dalla comunicazione al Genio Civile;
• dalla preventiva presentazione dei calcoli di stabilità;
• nonché, dall’autorizzazione scritta richiesta per le zone sismiche.
Con la succitata sentenza la Suprema Corte ha rigettato il ricorso presentato dai proprietari di un immobile, condannati per i reati di cui agli artt. 93, 94 e 95 del d.P.R. n. 380/2001.
La sentenza in analisi ha puntualmente esaminato la questione della compatibilità della disciplina legislativa regionale siciliana con quella edilizia nazionale.
I ricorrenti sostenevano l’erronea applicazione della normativa antisismica prevista dal T.U. n.
380/2001, non essendosi tenuto conto della disciplina statuita dall’articolo 20, Legge Regione Sicilia
16 aprile 2003, n. 4 che, in virtù della competenza legislativa esclusiva riconosciuta alla regione secondo
il suo statuto speciale, deroga ad ogni altra disposizione di legge.
A norma del suddetto articolo 20: “non sono soggette a concessioni e/o autorizzazioni né sono considerate
aumento di superficie utile o di volume né modifica alla sagoma della costruzione la chiusura di terrazze di collegamento e/o copertura di spazi interni con strutture precarie, ferma restando l’acquisizione preventiva del nulla
osta da parte della Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali nel caso di immobili soggetti a vincolo”.
Pertanto, secondo quanto sostenuto dai ricorrenti, per ogni opera precaria sarebbe richiesta unicamente
la relazione di un professionista abilitato alla progettazione idonea ad asseverare il rispetto delle norme di
sicurezza e la mancanza di pregiudizio alla statica dell’immobile.
La Suprema Corte, al contrario, ha precisato che, relativamente alla competenza primaria riconosciuta
alla Regione Sicilia, “la deroga alla disciplina nazionale deve essere limitata alla materia dell’urbanistica e non
può essere estesa alle materie della disciplina edilizia antisismica e delle costruzioni in conglomerato cementizio
armato”, queste ultime rientranti nella competenza esclusiva dello Stato in base all’articolo 117, comma
2, Cost.
La differenza di interessi tutelati si riflette inevitabilmente nella differenza delle autorità competenti,
difatti:
• l’urbanistica è riservata all’autorità comunale;
• la materia della disciplina edilizia antisismica e delle costruzioni in conglomerato cementizio armato è
assegnata agli uffici del Genio Civile, ed attualmente agli uffici tecnici regionali.
Conseguentemente, la realizzazione di una “veranda chiusa precaria rimovibile in legno” è sottratta, secondo
la normativa siciliana, al permesso di costruire previsto per tutelare gli interessi urbanistici ma continua ad
essere soggetta ai controlli preventivi previsti a tutela della sicurezza delle costruzioni.
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esercitato il proprio diritto di usare la cosa comune senza mutarne la destinazione o comprometterne
la stabilità”.
Al contrario, la Suprema Corte ha ritenuto pacifico che la finestra fosse una veduta in relazione alla
quale non poteva essere limitata l’inspectio e a prospectio in alienum in avanti ed a piombo.
Se nel progetto di costruzione di un edificio vi è una preesistente traccia di una veranda si può
far rimuovere la tettoia del vicino per guardare il panorama?
Deve escludersi che il proprietario del balcone soprastante possa ottenere la rimozione della tettoia in
tegole che rende impossibile la facoltà asseritamente preesistente di inspicere nel giardino sottostante,
dovendosi escludere che egli sia titolare di un diritto di veduta “a piombo” sul sottostante giardino,
essendo invece provato che l’originario costruttore- venditore avesse progettualmente previsto per tutte
le unità costituenti il comprensorio dal medesimo realizzato, un balcone al primo piano ed una veranda
al piano terra i cui elementi strutturali erano stabilmente infissi nel muretto della balconata di pertinenza
del piano sovrastante, e dovendosi dunque ritenere la sussistenza di un rapporto di contiguità necessaria
tra la struttura e la sopravvenuta copertura a veranda, in base un accertamento ex ante della destinazione
di una parte del bene a servizio dell’altro (Cassazione, sentenza n. 16714 del 4 luglio 2013). Quindi
la preesistenza di una struttura in legno all’atto della compravendita fa escludere che chi abita di sopra
abbia un diritto di veduta a piombo sul giardino perché prevale la sussistenza di un rapporto di contiguità
necessaria fra la struttura preesistente e la sopravvenuta copertura.
La realizzazione di una veranda mediante la chiusura della terrazza può comportare un
aggravamento della servitù di veduta?
Secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 2157 del 31 gennaio 2014) non costituisce aggravamento della servitù di veduta, ai sensi dell’art. 1067 c.c., la copertura di una terrazza da cui
si esercita la veduta stessa, in quanto la copertura, pur potendo consentire un uso più intenso ed assiduo
del diritto, non ne amplia il contenuto essenziale, perché lascia inalterati i limiti della “inspectio” e della
“prospectio” sul fondo vicino (Cass. Sentenza n. 1899 del 21/02/1995)”. Nel caso di specie considerato, la
costruzione sul terrazzo si può dire che abbia ridotto gli affacci alle sole finestre, mentre precedentemente
sia l’inspectio che la prospectio erano possibili lungo l’intero perimetro del terrazzo: in definitiva non
sarebbe fuori luogo ritenere che le modifiche anno alleggerito e non aggravato la servitù in esame. Resta il
fatto, naturalmente, che la costruzione di una veranda sul terrazzo può interrare sopraelevazione ai sensi
dell’art. 1127 c.c. con tutto ciò che ne discende in tema di legittimità dell’opera e indennità spettanti agli
altri condomini.
Benefici fiscali
Voglio trasformare il mio balcone in una veranda, facendo tutte le pratiche burocratiche del caso
posso usufruire delle detrazioni fiscali se metto i serramenti nuovi?
Nel caso prospettato trattasi di infissi non removibili. La risposta è negativa, in quanto si realizza un
aumento volumetrico. Le detrazioni fiscali si applicano per i soli interventi di recupero edilizio ed energetico che non comportino aumento di volumetria dell’abitazione (circolare 57/E/1998). Per ciò che
concerne gli interventi relativi alla copertura di terrazze o balconi, si ritiene che la detrazione possa
spettare solo se i lavori siano diretti, ad esempio, alla trasformazione degli stessi in verande non completamente chiuse lateralmente, in quanto, in tale ipotesi, non si verrebbe a realizzare un nuovo vano
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L’INSTALLAZIONE DEI
GAZEBI
Secondo elemento che il giudice di legittimità ha tenuto a precisare è quella della salvaguardia della
fisionomia unitaria. A riguardo la giurisprudenza ha, tuttavia, precisato che ciascun prospetto del fabbricato, in ragione delle sue caratteristiche di visibilità, può essere oggetto di autonoma considerazione.
Al riguardo è significativa la fattispecie affrontata dalla Cassazione con sentenza del 6 ottobre 1997,
n. 9717, nella quale il condominio aveva lamentato la lesione del decoro architettonico in una costruzione di circa 56 mq. Sulla superficie di un appartamento in proprietà esclusiva ed il giudice di merito,
nell’accogliere la domanda di demolizione, aveva pur riconosciuto, sulla base dei rilievi eseguiti al c.t.u.,
che il principio ispiratore delle linee estetiche dell’edificio era del tutto “anonimo”, trattandosi di edificio
appena decoroso e che, invece, la nuova costruzione si presentava “dignitosa e discretamente realizzata”.
Dai dettati giurisprudenziali possiamo quindi riassumere quanto segue:
• il decoro architettonico negli edifici in condominio è una qualità essenziale ed intrinseca riscontrabile
ogni edifico;
• tale qualità è di per sé un valore essenzialmente immateriale, che non si identifica con la conformazione
materiale di talune parti o di tutto l’edificio ma ne è piuttosto la risultante sotto il profilo estetico complessivo;
• il decoro architettonico si configura come valore elastico caratterizzato da un ampio margine di oscillazione, condizionato da mutevoli variabili come quelle del costume sociale e dall’evoluzione tecnologica.
Come installare correttamente un gazebo in condominio
Sia di realizzazione di un gazebo sul proprio terrazzo, che nel giardino condominiale, è necessario dare
una preventiva comunicazione, mezzo raccomandata, al proprio amministratore, in quanto la realizzazione
di tale opera potrebbe modificare la destinazione d’uso di determinate parti comuni o alterare l’estetica
complessiva dell’edificio condominiale.
Inoltre, l’installazione di questi manufatti non sempre sono liberi da vincoli o disposizioni di legge.
Normalmente, una qualsiasi opera edilizia che comporti la realizzazione di una volumetria, è sottoposta
alla concessione di un Permesso di costruire o alla presentazione di una DIA (Denuncia di Inizio Attività),
firmata da un tecnico abilitato. Anche nel caso di una struttura precaria, essendo comunque poggiata sul
terreno, necessità di autorizzazione: è il caso del gazebo in legno, della casetta da giardino, del box prefabbricato in legno o in lamiera, della recinzione con paletti, ecc.); lo stesso dicasi per strutture poggianti su
fondazioni (tettoia, pensiline., ecc.).
Il rilascio dell’autorizzazione è quindi vincolata al parere dell’Ufficio Tecnico del comune ove il manufatto viene realizzato e quindi legato alle disposizioni del Regolamento Edilizio attuativo. Nel caso di
realizzazioni di strutture precarie in un giardino condominiale, sarà lo stesso comune ad accertare che vi
sia il parere favorevole dell’intero condominio, che valuterà l’eventuale fattibilità della struttura e la sua
compatibilità rispetto al decoro dell’immobile. Il parere del condominio (inteso come collettività dei condomini), è quanto mai necessario anche lì dove il comune non dovesse richiederlo; è importante ottenere
il parere positivo per iscritto della maggioranza dell’assemblea, onde evitare problematiche future.
Per la posa in giardino di un gazebo o di una casetta in legno, dunque, è importante approntare accorgimenti specifici che evitino rischi futuri in termini di regolamenti. Per seguire un corretto iter, è consigliabile redigere una relazione tecnica illustrativa sull’opera che si intende realizzare, corredata dai progetti
esecutivi: planimetria con i dimensionamenti del manufatto, la sua posizione con l’indicazione delle
distanze di rispetto dai confini e dagli altri manufatti, foto o ricostruzioni grafiche dell’opera ultimata e, in
caso di strutture prefabbricate, le schede tecniche collegate. Tutta la documentazione dovrà essere firmata
da un tecnico abilitato.
Nel caso il progetto preveda il rilascio di una concessione edilizia, occorrerà attendere la comunicazione
ufficiale del comune; nel caso invece di una DIA, è sufficiente attendere il termine utile (30 giorni) e, nel
caso non siano stati espressi pareri contrari, si può procedere alla realizzazione del manufatto.
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CAPITOLO SECONDO
La casistica
QUESITI
In ambito condominiale è possibile realizzare un gazebo sul terrazzo di un appartamento senza
l’osservanza della normativa in materia di distanze o vedute?
A tale quesito ha dato una risposta il Tribunale di Roma ( 4 gennaio 2013 n. 65/2013), che citando un
ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, ricorda che le norme in materia di distanze (artt. 873
ss. Cod. civ.) e vedute (artt. 900 ss. Cod. civ.) sono applicabili in ambito condominiale qualora ne risulti
la compatibilità con la disciplina prevista per le cose comuni; in caso contrario, debbono considerarsi
prevalenti le disposizioni ex articolo 1102 cod. civ. (Cass. Civ. n. 22092/2011).
Il condominio degli edifici, difatti, è contrassegnato dalla coesistenza “di una comunione forzosa con
proprietà esclusive” e questo comporta la necessità di ricercare un bilanciamento tra le differenti esigenze
ed i molteplici interessi di tutti i condomini.
Per questo motivo, ha ribadito la Suprema Corte che nel caso in cui la controversia riguardi rapporti
di natura condominiale “trova applicazione esclusiva la normativa in tema di condominio degli edifici
rispetto a quella che, nell’ambito dei rapporti di vicinato stabilisce le limitazioni legali fra proprietà confinanti che siano imposte con carattere di reciprocità indipendentemente dalla verifica di un pregiudizio
derivante dalla loro inosservanza” (Cass. Civ. n. 7044/2004).
L’articolo 1102 cod. civ. specifica le condizioni in presenza delle quali è possibile considerare lecita la
condotta del partecipante alla comunione; il limite dell’estensione del diritto di ciascun comunista deve
essere rinvenuto nel consentire il pari uso della cosa da parte degli altri partecipanti, senza alcuna alterazione della cosa stessa. In definitiva, laddove il giudice verifichi che l’impiego del bene comune si sia verificato
nel pieno rispetto dei limiti statuiti dall’articolo 1102 cod. civ., l’opera deve ritenersi legittima seppur realizzata
senza l’osservanza delle disposizioni previste in materia di luci e vedute.
Il proprietario che ha l’uso esclusivo del terrazzo condominiale a livello dell’appartamento può
installare gazebo, pergolati e strutture in ferro senza chiedere la preventiva autorizzazione al
condominio?
Per dare una risposta affermativa è necessario, preliminarmente, verificare, sulla base del titolo (atto di
acquisto o regolamento condominiale di tipo contrattuale) se si tratti di un diritto d’uso vero e proprio,
ex articolo 1021 del Codice civile. Inoltre è necessario verificare se le stesse non alterino la destinazione
del bene. Nel caso di specie, si dovrà anche aver riguardo al problema relativo al decoro architettonico
dell’edificio cioè se, ai sensi dell’articolo 1122 del Codice civile, le opere e i manufatti da installarsi non
ledano l’estetica dell’edificio.
Il gazebo può essere considerato una costruzione stabile?
La realizzazione di un gazebo non può essere ricompresa nel concetto di opera precaria. La giurisprudenza
è concorde nel ritenere che requisito indispensabile affinché un manufatto possa essere definito precario è la sua destinazione a soddisfare esigenze di carattere contingente e quindi ad avere durata limitata
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