Hiv: vent`anni dopo
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Hiv: vent`anni dopo
Presa Diretta 3 A Parigi il Congresso mondiale organizzato dall’International Aids Society HIV: vent’anni dopo DI RICCARDO TOMASSETTI TRA SESSIONI DEDICATE ALLE NOVITÀ FARMACOLOGICHE E ALLE STRATEGIE PER SEMPLIFICARE I TRATTAMENTI ANTIRETROVIRALI, L’ATTENZIONE DELLA COMUNITÀ SCIENTIFICA INTERNAZIONALE SI SPOSTA SULL’ACCESSO AI FARMACI NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO. SEMPRE MENO UN’UTOPIA 360 gradi, con un’attenzione particolare ai paesi in via di sviluppo dove tentare di trasferire le conoscenze accumulate nelle ricche nazioni occidentali. Nonostante il tono scientifico dell’appuntamento, sono state proprio le questioni relative all’accesso ai farmaci a tenere banco durante i lavori della conferen- [SEGUE] ▼ L’assistenza infermieristica e l’aderenza alle terapie antiretrovirali L’aderenza a un trattamento medico è definita come il grado con cui i comportamenti di una persona (in termini di assunzione della terapia, osservanza del regime dietetico e degli orari previsti o delle modificazioni dello stile di vita) coincidono con le prescrizioni dell’équipe medico-infermieristica curante. Nell’ambito della terapia dell’infezione da HIV, il fenomeno della non-aderenza riveste un’importanza particolare per alcune caratteristiche peculiari quali la lunga durata della terapia e la complessità degli schemi terapeutici sia in termini di numero e modalità di somministrazione, sia in termini di insorgenza di effetti collaterali. Inoltre è stato dimostrato come alti livelli di aderenza (>95% delle dosi prescritte) siano necessari per assicurare la massima soppressione della replicazione virale di Hiv. Nella pratica clinica il fenomeno della non-aderenza è estremamente diffuso e la sua prevalenza varia dall’11% al 72% a seconda della definizione di non-aderenza e del sistema utilizzato per la misurazione. Infatti al momento attuale non esiste ancora un sistema di misurazione per l’aderenza che rappresenti un gold-standard. Classicamente i sistemi di misurazione si dividono in: • sistemi di misurazione diretti: determinazione della concentrazione plasmatica di farmaci; • sistemi di misurazione indiretti: questionario auto-riportato dal paziente; stima del medico; stima del personale infermieristico; conta delle pillole; ritiro dei farmaci; contenitori monitorizzati (Medication Event Monitoring System, Mems). Nella pratica clinica, in ambiente italiano, è utilizzato soprattutto il questionario auto-riportato in quanto semplice, economico, facile da somministrare, ben accettato dal paziente, facilmente implementabile nella vita quotidiana e ripetibile nel tempo. Il questionario individua in maniera efficace i pazienti non-aderenti, mentre tende a sovrastimare l’aderenza. Inoltre il questionario auto-riportato consente l’individuazione delle motivazioni di non-aderenza su cui poter DI ADRIANA AMMASSARI* effettuare interventi specifici. La stima del medico circa il grado di aderenza alla terapia dei propri pazienti è riconosciuto invece come metodo generalmente poco affidabile. Dai dati della letteratura emerge come il livello di mancata concordanza tra la misura di riferimento dell’aderenza usata nei differenti studi e la rispettiva valutazione del medico sia variabile tra il 34% ed il 45%. In tal senso la stima da parte del personale infermieristico sembrerebbe avere una sensibilità maggiore rispetto a quella del medico. In uno studio, usando il Mems (Medication Event Monitoring System) come sistema di riferimento per la misurazione dell’aderenza, il 30% degli infermieri coinvolti stimava in maniera non corretta l’aderenza dei pazienti rispetto al 41% dei medici. Tale differenza in termini di valore predittivo, pur non essendo statisticamente significativa, indica comunque l’esistenza di un sommerso dei pazienti che spesso il medico non riesce a cogliere ma che invece può essere più facilmente intuito dal personale infer- [SEGUE] ▼ A vent’anni dall’individuazione del virus responsabile dell’Aids, oltre 5.000 esperti di 120 paesi si sono dati appuntamento a Parigi per fare il punto sulle ultime novità in tema di “Patogenesi e trattamento dell’Hiv”. Si tratta del secondo appuntamento mondiale organizzato dall’International Aids Society con lo scopo di creare quella sinergia tra ricerca scientifica e pratica clinica necessaria per affrontare l’emergenza Aids a 4 Presa Diretta l’infermiere 5/2003 ▼ HIV: vent’anni dopo za. “L’accesso alle terapie nei paesi del sud non è solo un obbligo morale – ha sottolineato Jean Paul Moatti, professore di economia e membro dell’agenzia nazionale francese per la ricerca contro l’Aids (Anrs) – ma anche una buona scelta economica”. Permette infatti di risparmiare sulle spese mediche e ospedaliere e consente alla popolazione attiva di rimanere viva e produttiva. Un esempio per tutti: una società elettrica della Costa d’Avorio, falcidiata dai decessi per Aids tra i suoi dipendenti, ha iniziato la distribuzione gratuita di farmaci antiretrovirali. A fronte di un investimento farmaceutico di 217.000 dollari, la Compagnie Ivoirienne d’Electricitè ha risparmiato in due anni 558.000 dollari riducendo di quasi il 60% la mortalità tra il personale, del 78% i nuovi casi di Aids, dell’81% i ricoveri in ospedali e l’assenteismo del 94%. Oltre alle questioni economiche però, bisogna anche considerare le difficoltà tecniche legate alle attuali terapie antiretrovirali. Difficoltà con cui si scontrano anche i pazienti delle ricche nazioni occidentali e che possono risultare insormontabili nei paesi in via di sviluppo. Nonostante l’efficacia dei farmaci attualmente disponibili, i sieropositivi in trattamento si scontrano infatti con le difficoltà poste da regimi spesso ancora troppo complessi e impegnativi che li costringono a fare i conti con i problemi legati al rispetto degli orari di assunzione, all’elevato numero di pasticche, alle eventuali restrizioni con il cibo e agli effetti collaterali. Difficoltà che ostacolano quindi una corretta adesione al regime terapeutico con il conseguente rischio di sviluppare resistenze ai farmaci utilizzati, primo passo verso il fallimento del trattamento. Ed è proprio per venire incontro alle difficoltà e alle esigenze dei pazienti che molte aziende farmaceutiche puntano a una maggiore semplicità nelle modalità di assunzione: terapie “once a day”, possibilmente con un limitato numero di pasticche e se possibile senza interazioni con il cibo. È in questa direzione che si muove gran parte della ricerca più recente, come dimostrato dalle ultime novità nel settore farmacologico: quasi tutti i farmaci di più recente approvazione hanno l’indicazione per una unica somministrazione quotidiana. Una rivoluzione nella vita delle persone sieropositive in trattamento, abituate finora a rispettare anche fino a tre appuntamenti quotidiani con le pasticche e che invece oggi possono final- mente buttare giù una manciata di pasticche per esempio alla sera prima di coricarsi e poi non pensarci più fino alla sera seguente. Una semplicità, come sottolineato più volte durante i lavori della conferenza parigina, che mette a tacere tante obiezioni sollevate da chi si oppone alla distribuzione di antiretrovirali nei paesi in via di sviluppo: una terapia semplice, con poche pasticche e da assumere “once a day” ha tutti i requisiti per essere implementata anche in realtà dalle risorse (economiche e sanitarie) estremamente limitate, rendendo possibile per esempio a una Dot (directly observed therapy), l’unica in grado di garantire risultati efficaci anche in situazioni di questo tipo. ▼ L’assistenza infermieristica e l’aderenza alle terapie antiretrovirali mieristico e sottolinea la necessità di una integrazione tra le due figure professionali principalmente coinvolte nel processo di cura. Qualunque sia il sistema di misurazione utilizzato è importante sottolineare come, per raggiungere il successo terapeutico, sia necessario non solo assumere tutta la terapia, ma anche assumerla in maniera corretta rispettando cioè il corretto intervallo tra le dosi e le eventuali prescrizioni dietetiche. In uno studio olandese, la percentuale di non-aderenza autoriportata aumentava in maniera considerevole dal 47 al 90% quando la definizione di aderenza teneva conto anche del rispetto delle indicazioni di orario e di dieta. Per quanto riguarda i fattori associati in maniera consistente alla non-aderenza, oltre a caratteristiche proprie del vissuto psicologico del paziente (quali la presenza di eventi stressanti o negativi e la depressione) e caratteristiche dello schema terapeutico (quali l’eccessiva complessità e la difficoltà di integrarlo nella vita quotidiana), la presenza di sintomi o effetti collaterali riveste un’importanza fondamentale. In uno studio italiano è stato dimostrato come i pazienti nonaderenti avessero un più alto score di sintomi (12.3±9.2 versus 8.1±6.6) ed effetti collaterali (2.9±2.7 versus 1.9±1.9) rispetto ai pazienti aderenti. Tra i sintomi in particolare la nausea e l’ansia risultavano associati in maniera indipendente alla non-aderenza in analisi multivariata. Analogamente, in uno studio canadese, oltre il 10% dei pazienti partecipanti ammetteva di non assumere deliberatemante, in parte o in maniera completa, la terapia prescritta, specificamente con l’intento di migliorare la sintomatologia soggettiva. È infatti importante rilevare come sia proprio la percezione degli effetti collaterali da parte del paziente, più che la loro reale rilevanza clinica, ad avere un impatto negativo sulla vita delle persone con infezione da Hiv e sull’aderenza alle terapie. Tali risultati sottolineano la necessità di individuare correttamente e tempestivamente la presenza di effetti collaterali. Il fenomeno dell’aderenza coinvolge, oltre agli aspetti personali e psicologici del paziente, anche l’ambiente familiare e la vita quotidiana in cui esso vive, la sua collocazione sociale e il suo vissuto relazionale e anche i fondamenti della comunicazione con l’equipe curante e la struttura di cura. In particolare il riferimento a un’équipe medico-infermieristica competente e cordiale offre un importante strumento per il miglioramento dell’aderenza, sia per quanto riguarda l’accesso alla struttura di cura sia per quanto riguarda la possibilità di assumere correttamente la terapia. In particolare un ambiente ospedaliero agevole nel suo utilizzo e fornito di uno staff medico-infermieristico disponibile, gentile ed empatico rendono il paziente più propenso a presentarsi all’appuntamento. Il personale infermieristico ha l’importante compito di motivare il paziente a presentarsi alle visite mediche, fornendogli la possibilità di scegliere tra diverse opzioni e di concordare sulla data e sull’orario della visita, facendo però sempre attenzione ad evitare che il paziente possa esaurire i farmaci prescritti anche se dovesse rimandare la visita di qualche giorno. Al momento della consegna dei farmaci è inoltre importante verificare che il paziente abbia realmente compreso tutte le indicazione per la corretta assunzione della terapia. In tal senso, al fine di aumentare il grado d'informazione del paziente riguardo alla terapia, il suo modo d'assunzione e la possibilità di insorgenza di effetti collaterali, è anche possibile la distribuzione di materiale informativo sotto forma di opuscoli stampati o filmati utilizzando a tale proposito eventualmente la sala d’attesa, il contributo dei volontari o degli assistenti sociali. Nell’ideazione e nella stesura di tale materiale appare importante indirizzare il messaggio specificamente al destinatario delle informazioni utilizzando un linguaggio appropriato e comprensibile. Ulteriore sistema di sostegno potrebbe essere il coinvolgimento e l’impegno da parte di familiari, amici e volontari nel favorire l’aderenza alla terapia. Anche la partecipazione del paziente a gruppi di auto-aiuto permette di confrontare le proprie problematiche connesse alla terapia con altri, con cui eventualmente si condivide la stessa situazione. In presenza di una condizione di precarietà sociale (senza fissa dimora, tossicodipendenza, alcoolismo, disoccupazione) è necessario offrire un più intenso e adeguato supporto mediante assistenti sociali e volontari. Da quanto detto emerge chiaramente come, pur nel rispetto delle singole competenze, sia necessaria una stretta collaborazione tra l’équipe medica e infermieristica per supportare il paziente nell’aderenza alle terapie antiretrovirali. In tal senso la relazione tra la persona malata, cui deve essere riconosciuto il ruolo centrale nel processo di cura, e l’équipe curante rappresenta un aspetto privilegiato nell’ambito delle strategie di intervento volte al miglioramento dell’aderenza alle terapie. *ricercatore presso la clinica di Malattie infettive dell’Università cattolica di Roma e co-autore del volume "L’aderenza alla terapia antiretrovirale" (di Rita Murri, Adriana Ammassari, Andrea Antinori) edito da Il Pensiero Scientifico Editore.