Come le oche Antonio Castelli Edizioni Delirium

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Come le oche Antonio Castelli Edizioni Delirium
Come le oche
Antonio Castelli
Edizioni Delirium
UNO
Esco dall'androne e pesto il barboncino di quelli del primo piano. Un giorno o l’altro lo arroto con
le gomme della macchina e poi vado a chiedere umilmente scusa.
Flaminio, l'edicolante, sta girando attorno alla mia macchina come tutte le mattine. Indossa i
pantaloni di una tuta da ginnastica in acrilico viola con delle fiamme rosse che salgono dall'orlo e
gli avvampano le gambe. Un colpo di vento deve avergli ribaltato il riporto dalla parte sbagliata e
sembra il cantante in pensione di un antichissimo gruppo dark-wave. Deve anche aver dormito poco
perché ha due occhiaie grosse come lo scroto di un cavallo.
"Mi scusi, ha mica visto passare la bicicletta di mia moglie, per caso?" mi chiede.
"No."
"Mi darebbe un passaggio, per cortesia?"
"Non è proprio giornata Flaminio, sono di corsa" gli rispondo, e tento di salire in auto mandandolo
a fanculo col pensiero.
Quello resta a guardarmi come un bambino in castigo, io provo una gran pena come al solito e,
come al solito, lo invito a salire.
Si sistema energicamente il pacco e si siede al posto del passeggero con una certa soddisfazione.
"Dove deve andare?" gli chiedo dopo aver percorso trecento metri in direzione del Green Garden.
Non mi risponde.
Mi suona il cellulare.
"Sì Marco, mi sono appena messo in viaggio, sarò lì tra un'oretta. Più o meno."
Chiudo e torno a guardare quell'altro.
Avrei una voglia folle di rimettergli a posto quel riporto...
"Lì dove?" mi chiede.
"Lì dove?" replico io.
"Sì, dove deve andare?"
"Ah... a Cuggiono" gli rispondo con un'ingenuità quasi vergognosa.
"Non è che mi darebbe un passaggio fino a Cuggiono per cortesia?"
Per fortuna faccio il rappresentante di gadget natalizi e non il custode di segreti industriali.
Ci mettiamo in viaggio.
"Ehiehiehiehi!!! Tutto bene!?! Buona giornata da Faustino dj di Radio Onde Alte!!" grida uno
stronzo appena accendo l'autoradio, e parte un pezzo di Marco Carta.
Spengo.
Flaminio guarda fisso davanti a sé come se stesse guidando anche lui senza smettere di sistemarsi
nervosamente i maroni. Accelero un po' per curiosità e l'uomo abbandona il pacco, irrigidisce il
collo appoggiando la nuca sul poggiatesta, tende le labbra in una smorfia di terrore e poi si rimette a
ravanare nella tuta con ancora più violenza.
"Tutto bene?" gli chiedo.
"Sì, certo, ma mi raccomando, stia attento alle biciclette. Sono talmente sottili che viste da dietro
non ci si accorge."
Questo vede girare delle bici senza il ciclista sopra, per quello non sta bene.
Guardo fuori 'sto cielo che sembra di cartone e vengo baciato in fronte dallo sconforto, ma non ci do
molto peso dal momento che mi capita spesso di cadere preda di questa malinconia sudaticcia
quando mi metto in viaggio la mattina presto, soprattutto in novembre, soprattutto se ho Flaminio
seduto a fianco. Sarà 'sta nebbiolina che ti costringe a far andare i tergi anche se non piove, saranno
i furgoni dell'UPS che sembrano cioccolatini, sarà la scritta dell'Esselunga, non lo so, comunque
sono convinto che il mio sia un malessere molto diffuso tra quelli che abitano in Lombardia e
quindi non me ne faccio un cruccio. L'unica cosa di cui sono certo è che in questo momento avrei
una gran voglia di fare un falò con il signor Flaminio, Pippo il barboncino e anche con quel
coglione di Faustino il dj, ma c'è Marco che mi aspetta al deposito della Mery & Cristmas di
Cuggiono, una ditta che vende puttanate natalizie. Che poi, detto per inciso, si chiamerebbero Maria
e Cristian Capraro, fratello e sorella, ma visto il tipo di articoli che vendono, hanno pensato bene di
chiamarsi così: Mery & Cristmas - Materiali per le Festività.
A sera torno a casa che è già buio.
Vivo a Cerello, un paesino di quattro anime in provincia di Milano, nel sottotetto di una casa di
ringhiera in stile "rustico-rurale-contemporaneo" che un'impresa di Molfetta ha finito da poco di
costruire in un lotto di terreno che è diventato improvvisamente edificabile come per magia (ma da
queste parti succede spesso) e tutti si stanno ancora chiedendo in base a quale logica, visto che è
isolato in mezzo ai campi di granturco. Comunque costava poco e l'ho presa. Con il mutuo,
naturalmente. Poi in paese c'è anche un bar e non mi manca niente.
Perché, in fondo, a Cerello si sta bene.
Io poi sto bene solo nei posti dove non c'è niente. In quelli dove c'è tutto, viceversa, mi perdo
sempre e mi viene subito l'ansia. Per questo motivo non andrò mai a New York e se sono costretto
ad andare a Milano cerco di andarmene sempre prima di iniziare a dare i numeri.
Mi faccio una doccia, mangio quel tramezzino color ocra che ho preso al bar della Carla, mi scolo
una lattina di Coca in un sorso solo e rutto in modo prepotente perché sono convinto che scacci il
malocchio.
A Cerello la sera sembra di essere a Kabul con il coprifuoco dei talebani. Deserto. E se vivi da solo
non devi mai fermarti a pensarci troppo su perché finisce che ti trovano appeso ad una delle travi
lamellari del tetto.
Cazzo faccio? Mi metto a fare un budino della Cameo?
No. Zappo con la tv.
Tanto a Cerello c'è solo il bar, e chiude alle otto di sera.
Scorro tutti i canali con una velocità strepitosa. Mi piace un casino farlo. Approfondimento politico.
No. Grandi Fratelli. Nemmeno. Un film con dei bambini che stanno rubando un treno. Troppo
irreale. Un paio di tette strette in un vestitino rosso che occupano totalmente lo schermo ma
spariscono subito. Peccato. La pubblicità di una colla per dentiere. Piero Angela. Telequiz. Piero
Angela. Telequiz.
Ma perché mi fermo sempre al numero otto che c’è il digitale terrestre?
Avrò qualche centinaio di canali da vedere, minchia.
Vado avanti.
Televendita di tappeti. Televendita di tappeti. Televendita di tappeti. Sbatto il telecomando sul
tavolino pensando che non funzioni. Schiaccio ancora. Televendita di tappeti. Un film del
millenovecentosettantadue. Televendita di tappeti. "Ehiehiehiehi!!!" E' Faustino dj da Tele Onde
Alte!"
Sembra un Koala, con pochi peli in testa, la boccuccia stretta e gli occhi piccoli.
Spengo.
Pippo non la smette di abbaiare.
Adesso lo uccido.
Vorrei scappare.
Mi scappa da pisciare.
Scappo.
Torno in soggiorno, mi metto il portatile sulle gambe, lo accendo e apro la casella della posta perché
se non la pulisco quotidianamente mi si intasa. Ricevo una cinquantina di mail al giorno da parte di
signorine dai nomi esotici di cui ignoro totalmente l'identità, tipo: Janita Krista, Linda James,
Emery Rosado...oh, c'è anche una che si chiama Angela Laronda, chissà cosa vuole.
Di solito tentano di vendermi quantità industriali di Cialis, Viagra, repliche di orologi Rolex,
software di tutti i tipi e uno strano Grow your penis + 25% che non ho ancora capito bene cosa sia
ma che pare vada per la maggiore.
Comunque sono anni che ci provano, e senza successo. Io non cedo. Manco se me la fanno vedere.
Chissà chi è stato poi a spargere la voce dal momento che io, in fondo, avrei solo bisogno di un
maglione con il collo alto...
Scopro con una certa meraviglia che Angela Laronda non vuole vendermi una valigia di Viagra
bensì invitarmi alla cena che avrebbe riunito, sabato ventisei novembre alle ore diciannove e trenta
precise, alla pizzeria Il Diamante di Ferrara, tutta la mia vecchia classe della quinta D del liceo
scientifico Parini.
Roba di vent'anni fa.
Una volta vivevo a Ferrara.
Poi sono venuto a Cerello.
Se mi sposto ancora mi sa che finisco in un eremo tra i monti del Pasubio.
Faccio un attimo mente locale e mi sovviene che Angela Laronda è in effetti Angela Rosini, quella
che stava nel banco dietro al mio quando frequentavo la quinta D. Non so bene perché si sia
registrata come Laronda su Facebook, forse per confondere le acque. Anche la foto mi sa che è
tarocca. Sembra una strafiga, ma io me la ricordo come un cesso e, dal momento che trovo
abbastanza improbabile che un cesso diventi una strafiga col passare degli anni, ne deduco che
quella nella foto non sia lei.
Sì, perché ci sono anch'io su Facebook, sono quello in alto a sinistra.
Per i primi due mesi non mi ha cagato nessuno, poi si è messa in moto la catena di Sant'Antonio e
mi sono trovato con un centinaio di "amici", almeno la metà dei quali non so neppure chi siano.
Sono iscritto ad una decina di gruppi tra i quali c'è anche quello degli "Amici della quinta D. Classe
1985. Liceo Parini di Ferrara" che sembra la dicitura di una carta intestata ma purtroppo i miei
amici della quinta D non hanno mai avuto molta fantasia.
Vado o non vado?
Pensa che tristezza, peggio che viaggiare pieni di palline di Natale con Flaminio seduto a fianco.
Però, metti che la Rosini è davvero diventata una strafiga?
E' l'unica occasione che ho per verificarlo e decido di andarci.
Io, quando mi ci metto, sono un tipo piuttosto deciso.
Rispondo alla mail con un certo distacco: "Non so se ce la faccio, ma cercherò di esserci. Tienimi
un posto. Ciao."
Premo invia, mi accendo una sigaretta ed esco nel terrazzino. Un metro di profondità per due metri
e venti di lunghezza, e se pensate che ci ho anche messo un romantico tavolino di plastica con due
sedie da giardino non dovrebbe esservi nemmeno tanto difficile immaginare come si stia qui fuori.
Respiro profondamente.
Concime.
Smetto subito di respirare profondamente.
Che bello, sembra la pampas Argentina in miniatura. Campi, campi e ancora campi di erba medica.
Le canalette di irrigazione, quella fila di alberi spogli lì in fondo e ancora più in là i tenui bagliori
del traffico automobilistico. Sulla destra le luci verdi del Green Garden.
E’ un presepio, ma senza le pecore e senza la capanna, senza niente. Uno di quelli che se li tocchi si
sgretolano, uno di quelli che non se li caga più nessuno. Se piazzassimo uno specchio bello grande
in mezzo al campo di granturco avremmo anche noi il nostro laghetto e a quel punto mancherebbero
solo il ponticello di sughero e la stella cometa. La pecora potrebbe farla Pippo. E' bianco. San
Giuseppe Flaminio, la Madonna quella zoccola del secondo piano e Gesù bambino lo faccio io che
sulla paglia ci sto comodissimo.
Magari può sembrare un po' presuntuoso da parte mia, ma ogni volta che mi ritrovo davanti a questa
desolazione mi si aprono le porte della percezione e mi sembra di essermi appena divorato una
pirofila di funghi allucinogeni.
Mi sbatto la porta alle spalle e rientro in casa.
Sono le undici. Tutto tace. Anche Pippo. Spero sia morto.
Annuncio ufficialmente a me stesso la fine di questa giornata inutile, mi spoglio mollando tutto per
terra, mi infilo sotto le coperte, incrocio le dita dietro la nuca nel buio della mia stanzetta
trapezoidale e mi chiedo: "Ma Angela Rosini non era quella che si diceva avesse fatto un pompino a
Maldestri nel bagno della palestra? Ah no, quella era la Silvia Coriandoli. Quella sì che era figa."
Mi addormento quasi subito cullato dolcemente dalla Rosini, dalla Coriandoli e anche da quel
deficiente di Maldestri e passo una notte tranquilla.
Io quando dormo sono sempre tranquillo.
E' quando mi imbatto in Flaminio che, solitamente, mi girano subito i coglioni.
DUE
Il ventisei novembre c'è un tempo schifoso, sembra il due.
Io novembre lo dedicherei ai morti tutto per intero visto che tutti i giorni di novembre nascono
morti e ti ammazzano a loro volta, senza eccezioni.
Questi devono essere gli ultimi effetti dei funghi di ieri.
Scendo e tiro fuori la macchina dal garage facendo molta attenzione dal momento che il garage è
piccolissimo e la macchina è grandissima.
Ho comprato da poco un Discovery 4 della Land Rover color bronzo metallizzato che
probabilmente finirò di pagare solo dopo morto anche perché, come potete bene immaginare, con il
mio tipo di occupazione lavoro praticamente solo a dicembre, ma in quel mese faccio un sacco di
soldi. Per il resto dell'anno mi arrabatto con quello che posso. Ho anche una rappresentanza di
biancheria intima femminile talmente brutta che non ho mai il coraggio di posare il campionario sul
bancone del negozio, soprattutto se la titolare è carina. Più di una volta sono scappato dalla
vergogna e non mi hanno più visto. Comunque da un po' di tempo abbiamo anche Halloween, o
Allouì, come lo chiama la Mery, e in quel periodo le zucche di plastica della Mery & Cristmas
Brothers vanno via come il pane.
Ovvio che in agosto non ho molto da fare, che discorsi... però non me la passo male.
Devo anche ricordarmi di consegnare alla tipografia Bazzocchi quell’ordine di mille penne biro con
su scritto Happy New Yea, che non è il motto di un gruppo rap capitanato dalla signora Bazzocchi,
bensì un banale errore di scrittura della Mery. Tanto ormai è tardi e non ci si può più fare niente.
Magari non se ne accorgono nemmeno. Ma chi vuoi che lo sappia l'inglese alla Bazzocchi?
Che poi Cristmas ha anche cercato in tutti i modi di convincere la Mery che si scrive year ma non
c'è stato niente da fare.
Sono le quattro e in tre ore a tavoletta dovrei farcela, semmai mi aspettano.
Clicco il pulsantino del telecomando e il cancello automatico si apre con una lentezza esasperante e
anche con una certa arroganza, se dobbiamo proprio dirla tutta.
Mi sento chiamare.
"Che c'è Flaminio? Mi perdoni ma vado un po' di fretta."
"Mi scusi, ma dove va?"
Vuoi vedere che io adesso e per il resto dei miei giorni dovrò rendere conto a questo coglione con le
fiamme sulle brache di ogni mio spostamento?
"Sto partendo per il Brasile. Arrivo a Gibilterra, schiaccio a tavoletta, attraverso l'Atlantico e in un
batter d'occhio sono lì."
Quello si massaggia il mento per un po’ e alla fine, come sospettavo, mi chiede: "Ma galleggia
questa macchina?"
Lo guardo quasi con affetto perché a me, in fondo, Flaminio è tanto simpatico. Quando è lontano.
Oggi ha il riporto riportato dalla parte giusta ed assomiglia ad un contabile del KGB degli anni
settanta, e nemmeno tanto in incognito.
"Sì, questa macchina galleggia” gli dico “l'ho pagata un sacco di soldi per quello. Non è che deve
andare in Brasile per caso? Le do un passaggio volentieri."
"No grazie, tra un po' devo essere dal proctologo, e poi sto cercando la bici di mia moglie."
"Ok, in bocca al lupo allora" e parto.
Intanto il cancello si è richiuso. Schiaccio di nuovo il pulsantino e vedo nello specchietto Flaminio
che torna indietro con passo veloce.
Questo ha deciso di venire in Brasile.
Sgommo come se mi stesse inseguendo la polizia e per poco non demolisco quel cancello del cazzo
che si muove come se dietro ci fosse la Osiris che deve scendere le scale.
Finalmente in viaggio.
Questo calduccio sul culo, la cannella... mi viene da vomitare. Ho ancora nel bagagliaio quella cesta
natalizia che uso come campione e che deve aver ormai imparato a camminare da sola. Cannella,
cotechino marcio e pandoro con la muffa sono un cocktail micidiale per chiunque, soprattutto in
novembre, quindi decido di fermarmi in una stazione di servizio per ossigenarmi un po’. Mi faccio
fare il pieno ed entro al bar per bermi un caffè lasciando i finestrini dell'auto aperti. Torno, apro la
portiera, salgo e pago il benzinaio. Questo fa una smorfia da indemoniato e mi chiede: "Scusi
dottore, ma cosa ci trasporta in 'sta macchina? Cadaveri?"
"Organi da trapiantare, e se non mi muovo vanno a male. Arrivederla e grazie" gli rispondo seccato,
e parto sgommando.
Sì, tu parli, parli, ma non ti farebbe schifo un Discovery 4 bronzo metallizzato eh? E' solo invidia,
coglione. Io lo so che è solo invidia.
Non c'è nemmeno tanto traffico. Centodieci euro per il pieno. O ho un buco nel serbatoio o quel
benzinaio, oltre a fare domande inopportune, è anche un truffatore.
Accendo l'autoradio.
"Eiheiheih!!"
Ce l'ho fatta. Ho dribblato Faustino il dj proprio nell'area di rigore e forse mi sono salvato la
giornata.
Metto su il cd con la mia compilation personale che inizia con Non sono una signora di Loredana
Bertè e mi sento subito meglio.
Il cielo sembra dipinto da uno che aveva finito i colori, il sole è una lampadina da tre candele, il
ronzio ovattato di tutte queste gomme sull'asfalto che mi mette sempre un gran sonno addosso.
Siamo in autostrada, quella senza le curve, e noi siamo gli uomini con le ruote, schiavi di questa
minchia di giostra che non si ferma mai, nemmeno in novembre, e che si lascia dietro un sacco di
morti, sia sull'asfalto che nelle aule giudiziarie. Perché fare il rappresentante di commercio ha anche
i suoi bei rischi di tipo penale, credetemi.
Ma tu te ne fotti di quest'umido che quasi lo senti nelle ossa perché tu sei dentro ad un Discovery 4
e hai i sedili riscaldati e c'è Nada con la sua Ma che freddo fa che ti allieta dalle casse dallo stereo.
Pura poesia. E' il quinto pezzo della mia compilation personale. Ormai la conosco a memoria, anche
mandata in random.
Mi metto comodo come se fossi sul divano di casa mia e guido tenendo il volante con un dito.
Sto andando a Ferrara a controllare se la Rosini è davvero una gnocca.
Torno presto.
Anzi no, le cose andranno in tutt'altra maniera.
Sono lì alle 19:49 esatte, parcheggio e mi do una controllatina prima di scendere perché, come ben
saprà chi ci è passato, quando ci si trova di fronte allo scoglio della cena con gli ex compagni di
scuola non si sa mai bene come vestirsi, soprattutto perché non si sa come siano ridotti gli altri.
Troppo elegante magari sembri uno scemo, se ti vesti come quando eri in quinta D sembri di sicuro
ancora più scemo. Trendy, ok... ma trendy come?
Alla fine ho deciso per un paio di Levi's 501 di quelli che ti vendevano una volta. Nuovi, per
intenderci, senza i buchi e gli sbreghi. Poi una camicia bianca che stacca bene, un maglione
girocollo nero e il solito giubbo di pelle marrone alla James Dean.
Per inciso, sono almeno quindici anni che mi vesto allo stesso modo e da cinque non mi compro
nemmeno un paio di mutande. Ho il Discovery da pagare e i calzini con i buchi.
A proposito, ma che mutande ho addosso?
Mi cedono le ginocchia e devo appoggiarmi con una mano al cofano della macchina. Ho ancora
addosso quelle di ieri, quelle con i Babbi Natali e la scritta: Mery & Cristmas sull'elastico.
Non mi tolgo i Levi's nemmeno se me lo chiede la polizia.
Schiaccio il telecomando della chiusura centralizzata e il Discovery mi fa "squit-squit" strizzandomi
l'occhio con le frecce. Mi dirigo verso l’ingresso e apro la porta. Cioè, provo ma non capisco mai se
bisogna spingere o tirare e, solitamente, non raggiungo mai l'obiettivo prima del terzo o quarto
tentativo facendo sempre una figura da idiota. Che poi basterebbe leggere...
Sono tutti davanti al bancone del bar che schiamazzano disordinatamente ma appena entro io si
interrompono e restano a guardarmi con il bicchiere di spritz in mano. Io mi avvicino con fare
disinvolto cercando di riconoscere qualcuno ma sono tutte facce mai viste. Comincio ad avere il
sospetto di non essere mai stato a scuola con questa gente.
Silenzio.
“Chi è questo?” si staranno chiedendo.
Io mi pongo lo stesso quesito nei loro confronti.
Devo aver sbagliato strada. Vai a fidarti tu del navigatore satellitare di un animaletto che vive tra i
boschi...
Mi gratto la testa perché sono piuttosto a disagio.
Una tipa con un paio di occhiali dalla montatura spessa e un brufolo gigantesco sulla fronte si dirige
a passo svelto verso di me e mi abbraccia calorosamente al grido di: "Ma tu sei Calamandrei! "
"Benvenuto! Adesso ci siamo quasi tutti!" urla rivolgendosi agli altri.
Io non so come dirglielo che non sono Calamandrei, e per di più sono anche un po' offeso perché
Calamandrei era un deficiente, me lo ricordo bene.
Mi prende sottobraccio e mi trascina senza troppi complimenti in mezzo al gruppo. Saranno una
trentina di persone. Mai viste prima, continuo ad avere questa fastidiosissima sensazione.
"Ciao Calamandrei," "Ciao Calamandrei," "Ciao Calamandrei" tutti mi salutano con un certo
distacco.
Decido di intervenire prima che sia troppo tardi e dico: "Emh... scusate, ma io non sono
Calamandrei."
Silenzio e occhi che mi fissano severi come a dire: "Se non sei Calamandrei, chi minchia sei?"
"Tanto per sgombrare il campo da ogni equivoco, voi siete quelli della quinta D del Parini, per
caso?" butto lì con nonchalance.
"Ma certo!" grida quella con il brufolo.
"Ah, ok. Tutto a posto allora. Sono Buonora. Stefano Buonora. Quello che una volta è rimasto
incastrato mezza giornata nella spalliera svedese della palestra."
"Ma certo!" grida di nuovo quella con il brufolo.
Si sarà incastrata anche lei o magari è solo che le piace particolarmente il suono di quella frase.
Comincio a cogliere dei segnali piuttosto confusi che emergono dai meandri della mia memoria
come minatori che rivedono la luce del sole dopo sei mesi trascorsi sotto terra. Quelle sono le labbra
della Coriandoli, avrà preso venti chili ma è sicuramente lei. Quello proprio non so chi sia. Oh, la
Carla...Carla... non mi ricordo. Con quelle orecchie a sventola può essere solo lei. E ancora con i
capelli corti, cocciuta come un mulo. Si vede che a lei piacciono, o magari le danno stabilità quando
sfreccia in motorino, non so.
Minchia e chi è quella strafiga? Una che ha sbagliato gita scolastica?
La tipa col brufolo grida di nuovo lesionandomi irrimediabilmente i timpani: "Su ragazzi!
Mettiamoci a tavola!"
"Ma certo!" viene da gridare a me, ma non lo faccio perché non sono abbastanza in confidenza con
questa gente.
Dove mi siedo? Lì. Proprio in mezzo. Ok.
Tutti si accomodano senza litigare e io, evidentemente a saldo di qualche credito che avevo con
Nostro Signore, ricevo in regalo quella strafiga di prima. Mi si siede proprio di fronte. Ma allora
non aveva sbagliato gita scolastica. Questa era a scuola con me per davvero. E io dov'ero?
Ci sorridiamo per cortesia in mezzo ad un casino della Madonna, io apro una confezione di grissini
e ne trito uno in un nanosecondo mentre lei si sistema il collo di una camicetta bianca che sembra
almeno due taglie più piccola del dovuto. L'eroico bottone che guida la fila proprio in
corrispondenza del decolleté sembra in procinto di arrendersi.
Esco a fatica da questa specie di trance e procedo lentamente con lo sguardo in senso verticale.
Verso su. Ma questa è la Laronda. Cioè, la Rosini. La riconosco dalla foto. Ma allora esiste davvero.
Ma se era un cesso?
Vado in confusione per un attimo, mi si impallano i neuroni come succede quando apro MSN sul
pc, ma con mezzo bicchiere di prosecco riesco a resettare tutto quanto e a riportare l'ordine.
Spegni e riavvia.
Buono però, penso tra me e me.
Tutti parlano, ma non con il vicino di posto, con quello che sta al capo opposto del tavolo, come si
usa fare in ogni gita scolastica che si rispetti.
Nessuno mi caga, secondo me sono ancora convinti che io sia Calamandrei.
Ecco le pizze, finalmente.
La mia Margherita con poco olio e un carnevale di assurdità culinarie.
"Per chi è la patate e wurstel?"
"La quattro formaggi con l'uovo?"
"La Porretana?"
Silenzio.
"Con cos'è la Porretana?!" grida.
Sì, sempre lei. Quella col brufolo in fronte.
"Fagioli, cotechino e pancetta."
"Mia!" grida dall'altra parte del tavolo un tipo vestito come un pappone sottoponendo all'attenzione
di tutti un'ascella sudatissima.
Calamandrei, minchia. Quel coglione non può essere nessun’altro che Calamandrei. Ti ho scovato
deficiente, anche se sei arrivato in ritardo. E sei anche vestito come un cretino, non cambierai mai.
Ovviamente tutte queste cose le penso ma non le dico. Non ho tutta 'sta confidenza nemmeno con
Calamandrei.
Però se mi scolo un'altra mezza brocca potrei anche farlo.
Ma quello a fianco di Calamandrei non è Celo?
Sì, lo riconosco dalle sopracciglia perché non le ha mai avute.
Celo. Santo Celo.
Sua madre, pia donna, ha cercato di santificarlo fin dalla nascita approfittando del cognome, ma se
l'è presa nel fiocco perché Santo ha aperto un sexy-shop in zona industriale e adesso lei non esce
più di casa e il prete va addirittura a confessarla a casa.
Io sono convinto che il nome ai figli bisognerebbe darglielo a diciotto anni, assieme alla patente.
Almeno vedi come sono messi e ne scegli uno appropriato. Santo Celo sembra uno spacciatore di
Scampia e se sua madre l'avesse saputo in tempo forse l'avrebbe chiamato Athos o, più
semplicemente, Mario. Lei non sarebbe stata costretta a chiudersi in casa e le cose sarebbero di
certo andate meglio.
Che Celo avesse aperto un sexy-shop in zona industriale lo saprò solo più tardi, quando la metà dei
miei commilitoni sarà già caduto sotto i colpi del prosecco e dei wurstel, ma intanto ve la dico.
Anche perché, a quel punto, non ne sarei più capace.
Perché a quel punto tutto sarebbe già stato compromesso, e anche in modo irreversibile.
Buono però 'sto prosecco, buono davvero, anche se ho la strana sensazione che si stia
impossessando di me. Fioroni di Valdobbiadene. Mai sentito, ma io non sono di Valdobbiadene,
anzi, io non so nemmeno dove sia Valdobbiadene.
Torno con gli occhi sulla Rosini e resto involontariamente impigliato con lo sguardo su quei due
meloni imprigionati dal tessuto tesissimo della camicetta. Mi sembra di essere un manifesto
elettorale, quelli con la foto del candidato che sembra un lobotomizzato.
Lei si sporge in avanti per parlarmi. Temo si sia accorta che sembro Rutelli e forse vuole accertarsi
che sia davvero lui. Deve praticamente alzarsi in piedi per non sparecchiare la tavola con le tette e
mi fa segno con l'indice di avvicinarmi col dito. Io lo faccio rovesciando il bicchiere con il prosecco
addosso alla Fanfani. Pazienza. Non le chiedo nemmeno scusa perché io la Fanfani la odio da quel
giorno che ha letto a alta voce davanti a tutta la classe il bigliettino d'amore che le avevo passato tra
mille peripezie. Non dovevi farlo, Fanfani, nemmeno se te l'aveva ordinato la Bastianello. Dovevi
ingoiarti eroicamente il foglietto invece mi hai fatto fare una figura da deficiente. Avevo scritto
delle puttanate tali su quel foglio a quadretti che mi vergogno persino a citarle qui. Fatto sta che
dopo l'episodio della spalliera svedese, verificatosi a poca distanza di tempo, io divenni agli occhi di
tutti quello un po' strano. Qualcuno cominciava anche a chiamarmi così durante la ricreazione.
"Eih! Strano! Sai mica chi c'è alla terza ora?!"
Parlandomi all'orecchio con una voce roca che sembra quella della Faithfull, la Rosini mi chiede:
"Perché mi guardi le tette in quel modo?" e si lascia cadere sulla sedia sorridendo divertita e
inarcando la schiena.
Mi tolgo il maglione così sembra che abbia altro per la testa e magari in camicia sto anche più
comodo e mi passa tutta 'sta nausea. Ok, non ha molta logica, ma sono ubriaco.
Infatti se uno non è ubriaco, solitamente risponde ad un pezzo di figa che gli ha appena parlato
confidenzialmente all'orecchio nella stessa maniera e magari cercando anche di imitare la voce di
George Clooney. Se uno, al contrario, è sbronzo come un babbuino ma se ne accorgerà solo tra
qualche secondo, è più probabile che le dica con la bocca impastata e con un tono di voce esagerato:
"Scusami, ma hai un'arma micidiale in mezzo alle tette e sto solo cercando di tornare a casa con tutti
e due gli occhi."
Lei si mette a ridere, ma solo lei.
Tutti gli altri mi guardano in silenzio.
Anche Calamandrei.
Cazzo vuoi tu? Ma hai visto come sei vestito, almeno?
La tipa con il brufolo in fronte mi viene prontamente in soccorso gridando a squarciagola: "Chi
prende il caffè?!"
Mi sa tanto che è la più sbronza di tutti. Grida sempre più forte e secondo me tra un po' l'arrestano.
E non ho ancora capito chi sia. Magari è la bidella. No, troppo giovane. Sembra un alpino.
Vado a fumarmi una sigaretta per sciogliere la tensione nella saletta fumatori che poi non è altro che
la bussola d'ingresso. Con me vengono anche Maldestri e un tipo a cui dico ciao ma che non mi
ricordo assolutamente chi sia. Chiacchieriamo un po' e, tra uno starnuto e l'altro, vengo a sapere che
Maldestri fa l'assicuratore. Originale, mi verrebbe da dirgli, ma non lo dico. Potrebbe prenderla
come un'offesa. Invece passo subito ad un quesito che mi sta molto più a cuore.
"Senti Maldestri, ora che siamo grandi me lo puoi dire. Quella volta te l'ha fatto davvero quel
pompino, la Coriandoli, o era tutta una balla?"
"No Buonora, era tutta una balla, ma me la sono giocata bene."
"In che senso?"
"Nel senso che poi tutte, e con poche defezioni, te lo garantisco, hanno voluto competere con la
Coriandoli e a me, almeno per un po', è andata piuttosto bene. D’altronde la Coriandoli stava sulle
balle a tutte ed era inammissibile che non accettasse il confronto sul campo."
"Tu sei un genio Maldestri, io l'ho sempre detto. Per quello fai l'assicuratore."
"Scusami davvero, ma di te non mi ricordo proprio, mi dai qualche indizio?" chiedo girandomi
verso quell'altro che intanto si è fumato la sua sigaretta in silenzio ascoltando i nostri discorsi con
molta attenzione.
"Io sono l'autista del Cavalier Sandri che si sta mangiando una quattro stagioni. Cazzo vuoi?"
"Ah no, scusami, credevo che fossimo stati in classe assieme."
Mi sembra nervoso.
"Maldestri, io vado. Ti aspetto dentro."
Torno al tavolo e mi risiedo al mio posto. Sul tavolo c'è un bicchierino di amaro Averna che mi
scolo con un sorso solo dopo aver preso una forchettata dalla caprese che mi trovo davanti. Angela è
ancora seduta davanti a me con Celo e Marescalchi che le stanno attaccati come zecche
rincorrendosi in una gara deprimente condotta a colpi di battute patetiche nel tentativo di farla
ridere.
E lei ride anche.
La Rosini non è mai stata una cima, diciamolo una volta per tutte.
Quel bottone non ride per niente, però. Troppo stressato. Se questa si fa un'altra risata potente parte
come la freccia di una cerbottana e mi porta via l'occhio destro. O il sinistro. Uno dei due di sicuro.
Santo Celo le sta raccontando di come, stranamente, ma talmente stranamente che si farebbe quasi
meglio a non credergli fin da subito, nel suo sexy-shop entrino quasi esclusivamente soggetti di
sesso femminile, e tutti affamati di sesso. Sì Santo, bella storia, facciamo finta di crederci. Sono
sicuro che in quel cazzo di "Lo Sfizio-Sexy-Shop" in Viale Navigazione Interna al n.° 97 (questo lo
dico per fargli un po' di pubblicità, poveretto) non entra mai un cane.
La guardo dritta negli occhi con la stessa espressione di un James Dean di Valdobbiadene
completamente ubriaco, accavallo la gamba, le faccio l’occhiolino e le sorrido amichevolmente
spalancando le labbra senza sapere che ho una foglia di basilico grande come un cartellone
pubblicitario affissa ad un incisivo.
La reazione di Angela è decisamente inaspettata, anche per James Dean.
Si alza dalla sedia facendola cadere, si piega in avanti tenendosi la pancia con tutte e due le mani e
scoppia in una risata che non è nemmeno una risata, somiglia più ad un urlo. La Capponi mi fa
gentilmente segno di andare a lavarmi i denti mentre quell’altra sembra non riuscire a fermarsi.
Guardo quell’eroico bottone che sta cambiando colore, da bianco a rosso. Ha le vene del collo
ingrossate, i tendini in tensione e lo sguardo terrorizzato. Decide di mollare, meglio la morte. E
parte come un proiettile centrando con un "tinnnn!" la plafoniera del soffitto.
Ecco, vedi? Se invece che in piedi fosse stata seduta mi avrebbe portato via un occhio.
Si lascia finalmente cadere stremata sulla sedia senza smettere del tutto di piangere, singhiozzare e
ridacchiare a fasi alterne.
Senti un po' Fioroni, ma tu cosa ci metti dentro il prosecco? Uva geneticamente modificata da tuo
cognato nel garage di casa?
Quella che sembra la bidella ma non lo è perché è troppo giovane e poi la bidella non faceva
l'alpino, interviene a salvarmi il culo di nuovo.
"Ve la ricordate la canzoncina della quinta D?!"
Ed ecco che si avvicina al tavolo il titolare della pizzeria, quello che paga tutti gli altri, e con la
stessa classe di Arrigo Cipriani dell'Harry's Bar le dice gentilmente ma con una certa fermezza: "Mi
perdoni signora, ma devo chiederle di abbassare il tono della voce. Quelli che abitano di sopra
hanno già chiamato due volte e di solito alla terza arriva la polizia."
Lei resta a guardarlo con un'espressione da rimbambita senza cercare nemmeno di giustificarsi. E'
sbronza come un alpino, ma chi non lo è qui dentro? forse solo il signor Cipriani dal momento che
anche il barista e il pizzaiolo sembrano ormai andati.
Si sta facendo tardi.
Che tempo di merda.
Sono in una pizzeria piena di ruote di carretto e di utensili arrugginiti appesi a delle pareti spatolate
rosa che fanno venire l'acidità di stomaco. C'è anche l'immancabile rete da pesca con le aragoste di
plastica appesa al soffitto.
E’ novembre, il mese dei morti.
Mi giro verso Marescalchi che è seduto al mio fianco e gli chiedo: "Senti Mare, ma tu sai per caso
chi cacchio sia quella che urla sempre?"
"E' la Capponi, non te la ricordi? Quella che aveva sempre una fiatella che ammazzava anche le
mosche dai, non puoi non ricordartela."
"Ah sì, la Capponi, adesso ricordo... mi sa che è colpa della dieta, basta vedere che razza di vulcano
le è spuntato in mezzo alla fronte" gli dico.
Caro vecchio Marescalchi, quanti anni sono passati da quella volta che ho legato, a tua insaputa, la
sella del Califfone al pilastro del portico con la corda della palestra e tu sei partito a manetta. Mi sa
che quella brutta cicatrice che hai in fronte è un ricordino di quella volta, ma adesso non mi sembra
il momento di dissotterrare vecchi rancori.
Mi guardo attorno: la fronte della Capponi ha un vulcano ormai prossimo all'eruzione, quella di
Marescalchi uno sfregio antichissimo, quella di Celo è imperlata di goccioline di sudore perché si è
fatto fottere dall'Averna.
Il gusto pieno della vita ‘sta minchia.
La fronte di Angela, invece, è liscia come una palla da biliardo. Quelle tette ho il sospetto che siano
artigianali ma da 'ste parti le fanno proprio bene. Le labbra anche però, perché adesso che le osservo
meglio sembrano due lombrichi che si sono appena mangiati un tacchino.
Ma cosa ci mette dentro 'sto prosecco quello?
Io, a questo punto non so davvero come tornerò a Cerello.
Infatti io, la mia splendida Cerello, non la vedrò mai più.