Le nuove norme di comportamento del collegio sindacale
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Le nuove norme di comportamento del collegio sindacale
Prassi Diritto societario Collegio sindacale Le nuove norme di comportamento del collegio sindacale @ Il testo integrale del documento è disponibile su: www.ipsoa.it/lesocieta CONSIGLIO NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI CONTABILI, Documento 15 dicembre 2010 Norme di comportamento del collegio sindacale nelle società non quotate IL CONSIGLIO NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI CONTABILI (omissis). IL COMMENTO di Giuliana Martina Con l’emanazione delle tre norme relative al comportamento dei sindaci nelle ipotesi di omissione degli amministratori, di operazioni straordinarie e di crisi d’impresa, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha completato il nuovo assetto deontologico del collegio sindacale. Oltre a ripercorrere istituti tipici del diritto societario, il documento costituisce un’occasione di riflessione su taluni passaggi tra i più critici di una disciplina in tempi recenti oggetto di un incessante divenire legislativo. Premessa Dopo un periodo di pubblica consultazione durato alcuni mesi, dal 16 marzo al 30 settembre 2011, nel dicembre dello stesso anno il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha approvato in via definitiva, e quindi licenziato, le ‘‘Norme di comportamento del Collegio sindacale’’ 9, 10 e 11, completando cosı̀ l’iter destinato ad implementare il corpus già emanato ed entrato in vigore il 18 gennaio 2011 (1). Le ultime indicazioni deontologiche - che decorrono dal 18 gennaio 2012 ed operano in tutte le società, salvo che siano applicabili disposizioni di legge o regolamentari disciplinanti specifici settori di attività o mercati regolamentati - si muovono lungo le tre linee direttrici delle best practices richieste Le Società 5/2012 operativamente al collegio sindacale nel caso di omissione degli amministratori, nell’ipotesi di operazioni straordinarie o rilevanti, nonché in occasione della crisi d’impresa. Il comportamento rilevante è dunque quello che il collegio sindacale è chiamato a tenere nella sua innegabile qualità di organo di controllo societario, non già nel differente - e solo eventuale - status di revisore legale dei conti. A questa seconda possibile veste del collegio sindacale è invece dedicato un ancor più recente documento approvato dal Cndcec il 9 febbraio del Nota: (1) Le prime otto norme sono pubblicate in Riv. dir. soc., 2011, 214 ss., con presentazione di Abriani, Le nuove norme di comportamento del collegio sindacale di società non quotate ed in questa Rivista, 2011, 29 con nota di Mancinelli - Di Giovacchino. 519 Prassi Diritto societario 2012, che testimonia la continua tensione verso la definizione di ruoli e competenze del collegio sindacale: ci riferiamo alle ‘‘Linee guida per l’organizzazione del collegio sindacale incaricato della revisione legale dei conti’’, le quali si propongono, tra l’altro, l’obiettivo di tentare il superamento di talune criticità riscontrate nell’applicazione del D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 39. Merita precisare peraltro che l’emanazione di ‘‘Norme’’ e ‘‘Linee’’ si inserisce in un humus legislativo in costante movimento sul piano della composizione del collegio sindacale, com’è dimostrato dalle modifiche introdotte nel testo degli artt. 2397 e 2477 c.c. dapprima dall’art. 14, commi 13 e 14, L. 12 novembre 2011, n. 183, contenente disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (c.d. Legge di stabilità 2012) (2), e successivamente dall’art. 35, commi 1 e 2, D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, contenente disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo e convertito, con modificazioni, nella L. 4 aprile 2012, n. 35. Una delle più rilevanti innovazioni ascrivibili agli ultimi interventi del legislatore è rappresentata dalla possibile composizione monocratica dell’organo di controllo interno. Tuttavia, la nomina del sindaco unico nella s.p.a. era stata subordinata inizialmente con l’art. 14, comma 14, L. n. 183/2011 - alla presenza di ricavi o di un patrimonio netto inferiori a un milione di euro e all’apposita previsione statutaria; in un secondo momento - con l’art. 35, comma 1, D.L. n. 5/2012 - al ricorrere delle condizioni per la redazione del bilancio in forma abbreviata ai sensi dell’art. 2435 bis c.c. e - in una prospettiva rovesciata rispetto alla precedente soluzione - sempreché lo statuto non disponesse diversamente. Con la menzionata L. n. 35/2012 è stato abrogato il comma 3 dell’art. 2397 c.c. - che introduceva le segnalate novità - ed è stato pertanto ripristinato lo status quo anteriore al novembre del 2011: nelle società per azioni ritorna cosı̀ l’obbligo di nominare il collegio sindacale. La L. n. 35/2012 conferma invece le modifiche che erano state inserite dall’art. 35, comma 2, D.L. n. 5/2012 nell’art. 2477 c.c. il quale - oltre a riproporre l’alternativa tra collegio sindacale e sindaco unico (entrambi definiti ‘‘organo di controllo’’) che i primi commentatori scorgevano già nel testo dell’art. 2477 c.c. come modificato dall’art. 14, comma 13, L. n. 183/2011 (3) - introduce ora l’alternativa tra organo di controllo e revisore anche al ricorrere delle ipotesi che antecedentemente obbligavano la società a responsabilità limitata a nominare l’orga- 520 no di controllo interno. Con la conseguenza - dai contorni non certo tranquillizzanti - di privare le società a responsabilità limitata che abbiano optato per la nomina del revisore non solo dei controlli previsti dall’art. 2403 c.c., ma altresı̀ di molti strumenti di tutela delle minoranze e dei creditori apprestati dal diritto societario, quali l’intervento all’assemblea dei soci e alle adunanze del consiglio di amministrazione e la denunzia di gravi irregolarità al tribunale (4). Le ‘‘Norme’’ sul comportamento del collegio sindacale si muovono quindi sulle ‘‘sabbie mobili’’ di un incessante fieri legislativo che, originato dall’esigenza di evitare la macchinosità - e, quindi, l’eccessiva onerosità - talvolta dimostrata dalla prassi della governance societaria, rischia tuttavia di abbassare il livello dei controlli e di generare nebbie più fitte di quelle che si intendevano invece diradare. Basti pensare alla necessità avvertita dal Cndcec di precisare che le ‘‘Norme’’ sono applicabili all’organo di controllo interno sia nella sua composizione collegiale sia in quella monocratica (sindaco unico, come visto ora possibile soltanto nelle s.r.l.), in quanto compatibili. Ed è noto che il criterio della compatibilità si è rivelato spesso un rimedio peggiore del male che si intendeva evitare. Come anticipato, il presente lavoro è incentrato sull’esame delle ultime tre norme (9, 10 e 11) di comportamento richiesto al collegio sindacale nella sua qualità di organo di controllo interno, quelle di più recente introduzione. Va però ricordata anche la modifica di taluni precedenti passaggi normativi che, dopo una prima fase di ‘‘rodaggio’’ nel 2011, hanno evidentemente suggerito al Cndcec degli ‘‘aggiustamenti’’. Provando a segnalare rapidamente gli interventi più significativi, possiamo menzionare la puntualizzazione secondo la quale, ai fini del cumulo degli incarichi dei sindaci, non si computano quelli ricoperti in società dichiarate fallite ovvero ammesse al concordato fallimentare Note: (2) In argomento v. Salafia, Il sindaco monocratico nella Legge di stabilità n. 183/2011, in questa Rivista, 2011, 1423; De Angelis, Il collegio sindacale rimane obbligatorio nelle s.r.l. con ricavi e patrimonio netto superiori a un milione di euro, ivi, 2012, 41. (3) De Angelis, op. loc. citt.; Abriani, Collegio sindacale e sindaco unico nella s.r.l. dopo la Legge di stabilità, in questa Rivista, 2011, 1425 ss. (4) In argomento De Angelis, Controlli nelle Srl tra tante incognite, in Il Sole 24 Ore, 20 febbraio 2012, 4. Si veda tuttavia la Massima del Consiglio notarile di Milano n. 124 del 3 aprile 2012, secondo la quale, in mancanza di diverse previsioni statutarie, anche la funzione di controllo di gestione può intendersi attribuita al revisore. Le Società 5/2012 Prassi Diritto societario (‘‘Norma’’ 1.3), nelle quali le funzioni dei sindaci sono sospese, come ha cura di precisare la ‘‘Norma’’ 11.6 (sulla quale ritorneremo infra); l’irrilevanza - ai fini della valutazione dell’indipendenza del sindaco inserito in un contesto di ‘‘rete’’ - della sua appartenenza ad un’associazione o ad una società professionale in cui manchi il requisito dello svolgimento in comune di un’attività professionale e vi sia una mera ripartizione dei costi, dovendosi escludere in tal caso la configurabilità stessa di una ‘‘rete’’ (‘‘Norma’’ 1.4); l’accentuazione della funzione di impulso dell’organizzazione dell’attività del collegio sindacale assegnata al suo presidente (il quale, tuttavia, non ha compiti diversi ed attribuzioni prevalenti rispetto agli altri sindaci), nonché del possibile affidamento ad un singolo sindaco di specifiche operazioni, da sottoporre successivamente ad esame collegiale (‘‘Norma’’ 2.1); la valorizzazione delle dimensioni e della complessità della società ai fini della valutazione dell’adeguatezza dei sistemi di controllo interno (‘‘Norma’’ 3.5); l’esigenza di verificare che nella relazione sulla gestione gli amministratori abbiano fornito idonee informazioni anche sugli indicatori (finanziari e non) pertinenti all’attività specifica della società, comprese le informazioni attinenti all’ambiente e al personale (‘‘Norma’’ 3.7). Infine, la ‘‘Norma’’ 7.1 è stata arricchita con l’indicazione delle modalità attraverso le quali è possibile al sindaco far constare il proprio dissenso rispetto al contenuto della relazione del collegio sindacale all’assemblea, prevedendosi, in particolare, che il dissenso possa essere espresso mediante l’iscrizione a verbale e la facoltà di riferire all’assemblea la propria opinione difforme. La funzione vicaria dei sindaci La ‘‘Norma’’ di comportamento n. 9 - che si compone di un unico punto (9.1) - è dedicata all’attività del collegio sindacale in caso di omissione degli amministratori e richiede ai sindaci lo svolgimento di funzioni vicarie dell’organo amministrativo nel casi previsti dalla legge. Segnatamente, i sindaci sono chiamati a: i) convocare l’assemblea dei soci; ii) eseguire le pubblicazioni previste dalla legge; iii) presentare al tribunale le istanze relative allo scioglimento e alla liquidazione della società. Secondo il sistema codicistico, la funzione vicaria del collegio sindacale in ordine alla convocazione dell’assemblea è in via generale prevista nel caso di omissione o di ingiustificato ritardo da parte de- Le Società 5/2012 gli amministratori; alla convocazione segue l’obbligo per il collegio di espletare le pubblicazioni prescritte dalla legge (art. 2406, comma 1, c.c.). A tal proposito, va rammentato l’obbligo posto a carico degli amministratori di convocare l’assemblea ordinaria almeno una volta l’anno (art. 2364, comma 2, c.c.), e quello che incombe sugli amministratori rimasti in carica di convocare l’assemblea perché essa provveda alla sostituzione di quelli mancanti nell’ipotesi in cui sia venuta meno la maggioranza degli amministratori nominati dall’assemblea (art. 2386, comma 2, c.c.). Alle fattispecie poc’anzi menzionate vanno aggiunte le particolari ipotesi in cui è expressis verbis richiesto l’intervento del collegio sindacale, in luogo degli amministratori inerti: la convocazione senza indugio dell’assemblea per gli opportuni provvedimenti quando risulti che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite (artt. 2446, comma 1, c.c.), ovvero per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al minimo legale, o la trasformazione, ovvero lo scioglimento della società se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al di sotto del detto minimo (artt. 2447 e 2484, comma 1, n. 4, c.c.). Il ruolo supplente del collegio sindacale è inoltre previsto ove gli amministratori rimangano inerti successivamente alla domanda di convocazione fatta da tanti soci che rappresentino almeno il ventesimo del capitale sociale nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e il decimo del capitale sociale nelle altre, o la minore percentuale prevista nello statuto, a condizione che nella domanda siano stati indicati gli argomenti da trattare (art. 2367, commi 1 e 2, c.c.). In tal caso, mette conto segnalare l’esigenza che i sindaci indaghino sulle ragioni della mancata convocazione: l’omissione degli amministratori potrebbe, infatti, trovare la propria ratio giustificativa nel ricorrere di una delle ipotesi di divieto di convocazione su richiesta dei soci contemplate dall’art. 2367, comma 3, c.c., secondo cui la convocazione non è ammessa per argomenti sui quali l’assemblea è chiamata a deliberare su proposta degli amministratori o sulla base di un progetto o di una relazione da essi predisposta. In tale circostanza il collegio sindacale non potrebbe naturalmente intendersi obbligato all’assolvimento di alcuna funzione vicaria in termini di convocazione, dovendosi limitare a constare le ragioni dell’inerzia degli amministratori, anche in vista dell’audizione preventiva con la quale il tribunale accerta se il rifiuto - anche quello dei sindaci 521 Prassi Diritto societario - sia ingiustificato, a norma dell’art. 2367, comma 2, c.c. (5). Nei criteri applicativi del principio di comportamento n. 9, il Cndcec ha inserito l’obbligo per i sindaci di eseguire le pubblicazioni presso l’ufficio del Registro delle imprese - relative a denunzie, comunicazioni o depositi previsti dalla legge - che non siano state eseguite dagli amministratori o che siano state eseguite in modo incompleto. Fra gli adempimenti pubblicitari cui sono chiamati i sindaci, una particolare sottolineatura è riservata all’iscrizione presso il Registro delle imprese della cessazione degli amministratori dall’ufficio per qualsiasi causa, ed entro i successivi trenta giorni dalla data della cessazione ovvero dalla data in cui il collegio ne è venuto a conoscenza, se successiva. La cessazione degli amministratori può infatti dare luogo ad un ruolo supplente dei sindaci che si spinge sino ad abbracciare la funzione tipica - ed esclusiva, secondo l’art. 2380 bis, comma 1, c.c. - degli amministratori: la gestione dell’impresa sociale sulla quale nella sistematica del codice civile come novellato dalla riforma del diritto societario del 2003 - il collegio sindacale ha invece il compito di vigilanza assegnatogli dall’art. 2403 c.c. (6). Si legge infatti nella menzionata ‘‘Norma’’ 9.1 che nel «caso del venir meno dell’organo amministrativo, il collegio sindacale provvede [...] all’ordinaria amministrazione della società. In tali circostanze il collegio sindacale svolge le seguenti attività: esegue l’iscrizione presso il Registro delle imprese della cessazione degli amministratori; provvede a convocare, nel più breve tempo possibile, l’assemblea per la nomina del nuovo organo amministrativo secondo le modalità indicate dalla ‘‘Norma’’ 5.7; compie gli atti di ordinaria gestione che si rendano necessari per la prosecuzione dell’attività». L’indicazione del Cndcec trova il proprio fondamento normativo nell’art. 2386, comma 5, c.c. che, nel caso di cessazione dell’amministratore unico o di tutti gli amministratori, dispone la convocazione d’urgenza dell’assemblea, per la nomina dell’amministratore o dell’intero consiglio, da parte del collegio sindacale, il quale può compiere nel frattempo gli atti di ordinaria amministrazione. Pertanto, l’intervento vicario del collegio sindacale nella tipica ed esclusiva funzione di gestione sociale degli amministratori presuppone la cessazione dell’intero organo amministrativo in carica, determinata da cause di immediata efficacia, e trova il suo limite nella gestione ordinaria. In particolare, come ha cura di precisare il Cndcec, possono essere causa di cessazione dell’in- 522 tero organo amministrativo con immediata efficacia la revoca (art. 2383, comma 3, c.c.), la decadenza sopravvenuta di tutti gli amministratori nelle ipotesi previste all’art. 2382 c.c. (interdizione, inabilitazione, fallimento, condanna ad una pena che importa l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l’incapacità ad esercitare uffici direttivi), nonché la presenza della clausola statutaria ‘‘simul stabunt, simul cadent’’ - oggi espressamente prevista dal riformato art. 2386, comma 4, c.c. (7) - qualora tale clausola operi con riferimento all’immediata cessazione dell’organo. Occorre ricordare in proposito che la clausola ‘‘simul stabunt, simul cadent’’ può essere variamente congegnata: segnatamente, se l’atto costitutivo tace riguardo alle modalità di rinnovo del consiglio di amministrazione, in occasione della cessazione di taluni amministratori, gli amministratori rimasti in carica convocano d’urgenza l’assemblea per la nomina del nuovo consiglio (art. 2386, comma 4, c.c.). Lo statuto può tuttavia prevedere che, al tempo della cessazione di taluni amministratori, trovi applicazione l’art. 2386, comma 5, c.c. e che, conseguentemente, l’assemblea sia convocata d’urgenza dal collegio sindacale cui, medio tempore, competono gli atti di ordinaria amministrazione (art. 2386, commi 4 e 5, c.c.). Nella prima ipotesi (convocazione dell’assemblea da parte degli amministratori rimasti in carica), il consiglio di amministrazione va considerato ‘‘dimissionario’’ e, dunque, rimane in carica fino alla nomina dei nuovi amministratori (c.d. prorogatio), secondo quanto richiesto dall’art. 2385 c.c. (8). Pienamente Note: (5) In argomento si veda Serra, Il procedimento assembleare, in Abbadessa e Portale (a cura di), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gianfranco Campobasso, 2, Torino, 2006, 2, 47. (6) La letteratura sulla portata della vigilanza dei sindaci dopo la riforma del 2003 è vastissima. Senza alcuna pretesa di esaustività, v. ex multis Ambrosini, Collegio sindacale: doveri, poteri e responsabilità, in Cottino (diretto da) Tratt. dir. comm., IV, Padova, 2010, 749 ss.; Domenichini, Commento sub art. 2403, in Niccolini - Stagno d’Alcontres (a cura di), Società di capitali. Commentario, II, Napoli, 2004, 748 ss.; Cavalli, Il collegio sindacale, in Ambrosini (a cura di), Il nuovo diritto societario, I, Torino, 2005, 267 ss.; Id., Osservazioni sui doveri del collegio sindacale di società per azioni non quotate, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gianfranco Campobasso, cit., III, 55 ss.; Irrera, Collegio sindacale e assetti adeguati, in Alessi - Abriani - Morera (a cura di), Il collegio sindacale. Le nuove regole, Milano, 2007, 259 ss. (7) Invero, anche prima della riforma del diritto societario, la dottrina dominante ammetteva la validità della clausola. Si veda ex multis Bonelli, Gli amministratori della società per azioni, Milano, 1985, 58 ss. (8) In tal senso L. Russo, Sub art. 2386, in Abriani - Stella Richter (a cura di), Codice Commentato delle società, I, Torino, 2010, 1082. Le Società 5/2012 Prassi Diritto societario condivisibile appare pertanto la linea seguita dal Cndcec che soltanto nella seconda ipotesi (convocazione dell’assemblea da parte del collegio sindacale), considera ‘‘decaduto’’ con effetto immediato l’intero consiglio di amministrazione, riconoscendo al collegio sindacale una funzione amministrativa vicaria. Peraltro - lo si è già rammentato - l’amministrazione interinale affidata al collegio sindacale deve essere circoscritta entro i confini dell’ordinaria amministrazione e non può pertanto estendersi alla modifica delle caratteristiche strutturali dell’organizzazione della società (9). La ‘‘Norma’’ 9.1 prosegue stabilendo che, qualora l’assemblea, per qualsiasi ragione, non deliberi la nomina del nuovo organo amministrativo in un adeguato lasso di tempo, il collegio sindacale, constatata l’impossibilità di funzionamento dell’assemblea, o la sua continuata inattività, chiede al tribunale l’emissione del provvedimento di scioglimento della società. In questo caso siamo infatti in presenza di un’applicazione della regola contenuta nell’art. l’art. 2484, comma 1, n. 3, c.c. che opera, tra l’altro, tutte le volte in cui sia impedita l’assunzione di deliberazioni assembleari necessarie per il funzionamento della società, qual è la delibera di rinnovo delle cariche sociali cessate (10). Inoltre, il prodursi della causa di scioglimento - che per evidenti ragioni non può essere verificata dagli amministratori decaduti - verrà accertata dal tribunale su istanza di singoli soci o dei sindaci (art. 2485, comma 2, c.c.). Analogo procedimento sarà seguito anche quando gli amministratori - pur nel pieno della loro carica - omettano l’accertamento della causa di scioglimento. Secondo il Cndcec, in tale ultima ipotesi è tuttavia opportuno che il collegio, ove riscontri il ritardo da parte degli amministratori nell’eseguire i relativi adempimenti, provveda dapprima a sollecitare l’organo amministrativo. Soltanto quando gli amministratori persistano nella loro inerzia, i sindaci chiedono al tribunale l’emissione del provvedimento di scioglimento della società. Ed atteso che «la legge non prevede un termine entro il quale gli amministratori devono procedere ai menzionati adempimenti, limitandosi a disporre che gli stessi siano adempiuti senza indugio, i sindaci devono ponderare la tempestività del loro intervento sulla base del tempo che è ragionevolmente necessario affinché gli amministratori analizzino e formino il proprio giudizio sulla causa di scioglimento e quindi adottino gli opportuni provvedimenti». Al fine di circoscrivere la funzione vicaria richie- Le Società 5/2012 sta ai sindaci nell’ipotesi di specie, si rende necessario innanzi tutto precisare che la ‘‘Norma’’ 9.1 riprende a tratti pedissequamente la lettera dell’art. 2485 c.c., il quale va invece correttamente interpretato. Infatti, il richiamo agli ‘‘adempimenti di cui al precedente comma’’ contenuto nell’art. 2485, comma 2, c.c. potrebbe prima facie far pensare sia all’adempimento consistente nell’accertamento del verificarsi della causa di scioglimento, sia all’obbligo di iscrizione presso l’ufficio del Registro delle imprese della dichiarazione con cui gli amministratori accertano la causa stessa. È invece da preferire una diversa soluzione - invero più restrittiva - che limita l’istanza dei sindaci (ma anche dei soci) al mancato accertamento della causa di scioglimento. Si ritiene infatti che, se gli amministratori abbiano accertato la causa di scioglimento senza tuttavia pubblicizzarla nelle forme prescritte, lo scioglimento potrà essere iscritto nel Registro delle imprese d’ufficio, ai sensi dell’art. 2190 c.c. (11). Abbiamo già accennato che il Cndcec invita i sindaci a valutare con cautela l’intempestività degli amministratori nell’adempimento dell’obbligo di accertare il verificarsi della causa di scioglimento: sembra essere stata cosı̀ accolta l’impostazione di quanti escludono la proposizione dell’istanza al tribunale ove gli amministratori «siano sul punto di porre in essere i richiesti adempimenti e ne abbiano motivato il differimento temporale» (12). D’altro canto, è stato osservato che la locuzione «senza indugio» «lascia intendere che gli amministratori predisponendo i necessari strumenti di monitoraggio - debbono mettersi in condizioni di percepire tempestivamente un tale evento» (13), sicché occorrerà almeno attendere i tempi richiesti dall’utilizzo di tali strumenti di monitoraggio. In aggiunta, è possibile invocare il criterio introdotto dall’art. 2406, comma 1, c.c., secondo cui la funzione vicaria degli amministratori opera in caso di ‘‘ingiustificato ritardo’’ da parte degli amministratori, non già di ritardo tout court. Sia pure riferita al caso particolare di mancata convocazione dell’assemblea da Note: (9) Sull’ampiezza dell’ordinaria amministrazione v. Bonelli, op. cit., 103. (10) Niccolini, Sub art. 2484, in Società di capitali, cit., III, 1718. (11) Gusso, Sub art. 2485, in Codice commentato delle società in (a cura di) Bonfante - Corapi - De Angelis - Napoleoni - Rordorf - Salafia, Milano, 2011, 1761. (12) Gusso, op. cit., 1762 (13) Ferrara jr. - Corsi, Gli imprenditori e le società, Milano, 2011, 954, nt. 2. 523 Prassi Diritto societario parte degli amministratori, la portata applicativa della norma può ritenersi di carattere generale. Regole in parte diverse si applicano quando l’organo amministrativo venga meno nella società in accomandita per azioni. In tal caso, il collegio sindacale deve nominare un amministratore provvisorio, che non assume la qualità di socio accomandatario e che rimane in carica per il periodo massimo di centottanta giorni, periodo entro il quale i soci devono provvedere alla sostituzione degli amministratori cessati ovvero allo scioglimento della società (art. 2458 c.c.). La differente opzione legislativa esercitata in materia di società in accomandita per azioni è stata spiegata con la presumibile maggiore difficoltà della nomina di un accomandatario, che rischierebbe di allungare i tempi tra le due amministrazioni: in questa prospettiva, l’amministratore provvisorio impedisce il prodursi di una situazione caratterizzata dall’attribuzione per un lungo periodo di tempo al collegio sindacale di funzioni amministrative rispetto alle quali l’organo di controllo potrebbe non possedere la necessaria competenza tecnica (14). Tutte le menzionate attività e istanze devono essere oggetto di una specifica riunione del collegio sindacale, della quale deve esser redatto verbale da riportare nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale. Il collegio può attribuire il compimento di specifiche attività a un proprio componente. Anche di tali attribuzioni è data evidenza nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale. Sempre in tema di funzioni vicarie, il Cndcec ha ricordato infine che la legge chiama talvolta il collegio sindacale ad intervenire a seguito dell’inerzia dei soci, mediante la richiesta al tribunale dell’esecuzione di determinate operazioni che la fisiologia della governance societaria assegna invece all’assemblea. In particolare, ed in via sussidiaria, il collegio sindacale richiede mediante apposita istanza al tribunale: i) la riduzione del capitale sociale a seguito dell’acquisto di azioni proprie effettuato in violazione di quanto stabilito dall’art. 2357 c.c. (art. 2357, comma 4, c.c.); ii) la riduzione del capitale sociale della società controllante quando le sue azioni o quote siano state acquistate dalla controllata in violazione di quanto stabilito dall’art. 2359 bis c.c. (artt. 2359ter, comma 2, e 2359 quater, comma 3, c.c.); iii) la riduzione del capitale sociale per perdite nei casi previsti dagli artt. 2446 e 2482 bis c.c. Si può agevolmente osservare che in ciascuna delle 524 menzionate ipotesi il legislatore chiede un intervento suppletivo agli amministratori e ai sindaci, senza tuttavia mai precisare quali siano le modalità di collaborazione dei due organi sociali. Sembra cosı̀ riproporsi un problema analogo a quello sollevato in tema di conferimenti in natura e di crediti nel vigore della previgente disciplina, quando il controllo delle valutazioni contenute nella relazione giurata di stima risultava affidato non soltanto agli amministratori, come invece nell’attuale quadro normativo (art. 2343, comma 3, c.c.), ma altresı̀ ai sindaci (15). Operazioni sociali straordinarie e altre operazioni rilevanti Ben più articolata è la ‘‘Norma’’ n. 10, disciplinante l’attività del collegio sindacale nelle operazioni sociali straordinarie e nelle altre operazioni rilevanti. Si tratta infatti di nove punti, ciascuno corrispondente ad una delle seguenti operazioni: aumento e riduzione del capitale, trasformazione, fusione e scissione, conferimento d’azienda, prestiti obbligazionari e strumenti finanziari partecipativi, finanziamenti dei soci, recesso del socio, scioglimento e liquidazione. Ad aprire la materia è il criterio di carattere generale - che in parte riproduce la lettera dell’art. 2403, comma 1, c.c. - ai sensi del quale «nell’ambito delle operazioni sociali, il collegio sindacale vigila sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo e amministrativo-contabile, nonché sull’osservanza della legge e dello statuto, accertando la conformità agli stessi delle delibere e dei relativi atti di esecuzione; redige altresı̀ la documentazione prevista dalla legge, dallo statuto o eventualmente richiesta dall’assemblea». Precisa poi il Cndcec che al «collegio sindacale è, inoltre, attribuito un potere sostitutivo da esercitarsi in caso di omissioni di atti e adempimenti che la legge o lo statuto pongono a carico dell’organo amministrativo» e che «il collegio sindacale chiede, altresı̀, al soggetto incaricato della revisione legale: informazioni riguardanti l’attività svolta in ordine a tali operazioni; informazioni preventive in merito al contenuto delle relazioni e dei Note: (14) Barcellona - Costi - Grande Stevens, Società in accomandita per azioni. Artt. 2452-2461, in Scialoja - Branca (a cura di), Commentario del codice civile, Bologna - Roma, 2005, 164. (15) In argomento v. Salandra, Manuale di diritto commerciale, 1946, 247; Minervini, Gli amministratori di società per azioni, Milano, 1956, 284. Le Società 5/2012 Prassi Diritto societario pareri che intende emettere; copia delle relazioni redatte e dei pareri emessi». Infine, si dispone che la verifica sulle rilevazioni contabili dell’operazione spetti al soggetto incaricato della revisione legale. Naturalmente, quando il collegio sindacale sia stato investito delle funzioni di revisione legale dei conti, anche le rilevazioni contabili dell’operazione straordinaria saranno di competenza dell’organo di controllo interno che, più in generale, avrà una conoscenza diretta dei suoi risvolti contabili. Aumento del capitale sociale Scendendo nel dettaglio del comportamento da tenersi da parte del collegio sindacale - nella sua veste di organo di controllo societario - in occasione dell’aumento del capitale sociale, la ‘‘Norma’’ 10.1 prevede una serie di adempimenti che differiscono a seconda della natura onerosa ovvero gratuita dell’aumento. In occasione dell’aumento a pagamento, il collegio accerta che nelle società per azioni l’esecuzione sia preceduta dall’integrale liberazione delle azioni già emesse, a norma dell’art. 2438, comma 1, c.c., e che nelle società a responsabilità limitata la decisione di aumentare il capitale sociale non sia attuata fin quando i conferimenti precedentemente dovuti non siano stati integralmente eseguiti (art. 2481, comma 2, c.c.). Inoltre, in caso di aumento di capitale sociale con conferimenti in denaro, il Cndcec avverte che il collegio deve vigilare sul rispetto della legge in ordine al versamento da parte dei sottoscrittori di almeno il venticinque per cento (o del maggior importo previsto dalla delibera di aumento) del valore nominale del capitale sottoscritto e, se previsto, dell’intero soprapprezzo (artt. 2439 e 2481 bis c.c.). A ben guardare, il Cndcec non interviene sulla questione - invero non del tutto pacifica - del quantum da versare in occasione dell’aumento a pagamento di una società per azioni o a responsabilità limitata unipersonale: sicché permane il dubbio sulla necessità del versamento integrale all’atto della sottoscrizione (16), ovvero sulla sufficienza del versamento del venticinque per cento al tempo della sottoscrizione (17), con obbligo di versamento del restante settantacinque per cento entro novanta giorni, giusta l’art. 2342, comma 4, c.c., richiamato dall’art. 2439, comma 1, c.c. Nella ‘‘Norma’’ 10.1 si prevede poi che, in caso di sottoscrizione parziale dell’aumento di capitale deliberato dall’assemblea, il collegio sindacale verifichi che la deliberazione medesima lo abbia espressamente previsto. Val la pena precisare che la parzialità della sottoscrizione deve essere valutata dal collegio Le Società 5/2012 sindacale entro i termini previsti dall’art. 2441, commi 2 e 3, richiamati dall’art. 2439, comma 2, c.c. Degne di una particolare sottolineatura appaiono inoltre le previsioni dedicate al caso di aumento di capitale a titolo gratuito: ad avviso del Cndcec, oltre ad accertare che il capitale sottoscritto sia interamente liberato, il collegio sindacale dovrà verificare che le riserve e i fondi speciali da imputare ad aumento di capitale sociale siano ‘‘disponibili’’ (ai sensi dell’art. 2442, comma 1, c.c. per le società per azioni e dell’art. 2481 ter, comma 1, c.c. per le società a responsabilità limitata). Un primo rilievo attiene all’accertamento dell’integrale liberazione del capitale sottoscritto. Invero, l’art. 2442 c.c. non pone tale condizione, diversamente dall’art. 2438 c.c. in tema di aumento a pagamento del capitale sociale. La dottrina appare sul punto perlopiù concorde nell’escludere il ricorrere della medesima ratio - id est, la richiesta ai soci di nuovi conferimenti - sottesa invece al vincolo dell’integrale liberazione nell’aumento a pagamento (18). Il Cndcec ha evidentemente ritenuto di discostarsi da questa soluzione, chiamando il collegio sindacale ad un’attività di controllo ancor più stringente. Di contro, il Consiglio nazionale nulla aggiunge alla lettera del dato normativo con riferimento all’imputabilità a capitale delle riserve e degli altri fondi iscritti in bilancio, in quanto ‘‘disponibili’’. Sicché, nella valutazione di detta disponibilità il collegio sindacale dovrà attenersi ai criteri ermeneutici elaborati dalla dottrina intervenuta sul punto. Mette conto ricordare allora in rapida sequenza che indisponibili sono la riserva legale, almeno per la parte che non supera il venti per cento del capitale sociale (19), la riserva costituita a fronte delNote: (16) Come opina Cerrato, Sub artt. 2439-2440, in Cottino - Bonfante - Cagnasso - Montalenti (diretto da), Il nuovo diritto societario. Commentario, Bologna, 2004, 1497. (17) Come invece sostiene Arato, Modificazioni dello statuto e operazioni sul capitale, in Cagnasso - Ponzani (diretto da), Le nuove s.p.a., Torino, 2010, 1313. (18) Belviso, Le modificazioni dell’atto costitutivo nelle S.p.a., in Rescigno (diretto da), Tratt. dir. priv., XVII, Torino, 1985, 91; Cerrato, Sub art. 2438, in Il nuovo diritto societario. Commentario, cit., 1465; Guerrera, Sub artt. 2438-2439, in Società di capitali. Commentario, cit., 1153; Ferrara jr. - Corsi, op. cit., 650. (19) Colombo, Il bilancio di esercizio della società per azioni, Milano, 1973, 513 ss.; Figà - Talamanca, Bilanci e organizzazione dei poteri dispositivi sul patrimonio sociale, Milano, 1997, 202 ss. Contra, Costa, L’imputabilità a capitale della riserva legale, in Castellano (a cura di), Riserve e fondi nel bilancio di esercizio, Milano, 1986, 153 ss.; Fortunato, Capitale e bilanci nella s.p.a, in Riv. soc., 1991, 151 ss. 525 Prassi Diritto societario l’acquisto di azioni proprie, che ha natura di posta rettificativa dell’attivo (20), la riserva «formata dal risultato utile prodotto dalla deroga a una qualsiasi delle disposizioni di cui agli artt. 2423 bis ss. resasi necessaria per fornire una rappresentazione veritiera e corretta di situazione patrimoniale, finanziaria e risultato economico» (21), nonché - nelle imprese che adottano gli IAS/IFRS - sia le riserve che sono state costituite a fronte dei plusvalori derivanti dall’applicazione del principio del fair value alle attività patrimoniali che trovano contropartita nel conto economico sia quelle costituite e movimentate in contropartita diretta della valutazione al valore equo (fair value) di strumenti finanziari e attività, ex art. 6, comma 4, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 38. (22). Al contrario, devono intendersi disponibili ai fini dell’aumento gratuito del capitale le riserve facoltative e quelle da sovrapprezzo delle azioni o delle quote, le riserve da rivalutazione monetaria (23) - purché la loro disponibilità non sia vietata dalle leggi speciali che ne hanno previsto l’istituzione (24) - ed inoltre la ‘‘riserva da istituire, o incrementare, per fronteggiare i plusvalori (non realizzati) delle partecipazioni in imprese controllate e collegate costituenti immobilizzazioni finanziarie valutate con il metodo del patrimonio netto (c.d. equity method) rispetto al loro costo di sottoscrizione o di acquisto’’ (25). Sono peraltro disponibili le riserve statutarie, previa modifica della clausola statutaria che le prevede (26). In ordine ai fondi, si ammette la disponibilità di quelli rischi e di quelli costituiti per esigenze specifiche quando vengono meno le ragioni che ne hanno comportato la creazione (27). Nei criteri applicativi, il Cndcec precisa che, «in caso di aumento di capitale tramite conferimento di beni in natura e di crediti, i sindaci verificano che sia stata predisposta la relazione di stima prevista per le società per azioni dall’art. 2343 c.c. (o la valutazione ex art. 2343 ter c.c.) e per le società a responsabilità limitata dall’art. 2465 c.c., ovvero verificano che esistano le condizioni che esonerano dalla presentazione di tale relazione (artt. 2343 ter, 2343 quater, 2440, 2440 bis c.c. per le società per azioni e art. 2465 c.c., che rinvia all’art. 2343 bis, commi 4 e 5, c.c., per le società a responsabilità limitata)» (28). Giova soprattutto segnalare l’abrogazione di una norma che continua qui pure ad essere richiamata, l’art. 2440 bis c.c.: invero, la sua espunzione deve essere letta in chiave di razionalizzazione del sistema giacché si è contestualmente provveduto alla riscrittura dell’art. 2440 c.c., che ora esaurisce la disciplina dei conferimenti di beni in natura 526 e di crediti in occasione degli aumenti del capitale sociale, in precedenza distribuita tra l’art. 2440 e l’abrogato art. 2440 bis c.c. (29). In secondo luogo, la formulazione utilizzata dal Cndcec in tema di conferimenti senza relazione di Note: (20) In argomento v. Colombo, La «riserva» azioni proprie, in Riserve e fondi nel bilancio di esercizio, cit., 167; De Angelis, La valutazione delle partecipazioni costituenti immobilizzazioni finanziarie nel bilancio d’esercizio, Milano, 2007, 273 ss. (21) Di Sabato, Diritto delle società, Milano, 2011, 468. (22) Sul tema v. De Angelis, La valutazione, cit., 347 ss., il quale interviene inoltre sulla controversa natura delle riserve del patrimonio netto costituite e movimentate in contropartita diretta della valutazione al valore equo (fair value) di strumenti finanziari e attività (art. 6, comma 1, lett. b, D.Lgs. n. 38/2005), escludendone la disponibilità per la copertura di perdite e propendendo per la loro natura di mere poste rettificative di elementi dell’attivo; conf. Strampelli, Distribuzione ai soci e tutela dei creditori. L’effetto degli IAS/IFRS, Torino, 2009, 316 ss. Ammettono, al contrario, la copertura delle perdite mediante l’impiego di queste riserve, che dunque non sarebbero soltanto poste rettificative dell’attivo: Colombo, Il regime civilistico degli utili e delle riserve da adozione degli IAS/IFRS, in questa Rivista, 2006, 1340; Bussoletti, L’influenza degli IAS/IFRS su determinazione degli utili e impiego delle riserva, in AA.VV., IAS/IFRS. La modernizzazione del diritto contabile in Italia, Milano, 2007, 172 ss. (23) In argomento si veda Ferro Luzzi, Profili civilistici della rivalutazione monetaria nella legge 19 marzo 1983, n. 72, in Giur. comm., 1984, I, 65. (24) De Angelis, Elementi di diritto contabile. Disciplina civilistica e principi contabili internazionali, Milano, 2011, 26-27. (25) De Angelis, Elementi di diritto contabile, cit., 27; Id., La valutazione, cit., 71 ss. sull’alternatività tra criterio del costo e metodo del patrimonio netto. (26) Di Sabato, op. cit., p. 467. (27) Ferrara jr. - Corsi, op. cit., 670, nt. 1; sulla nozione di ‘‘fondi’’ si veda ex professo Cera, Il passaggio di riserve a capitale, Milano, 1988, 90 ss. (28) Il Cndcec prevede poi che il collegio sindacale verifichi il deposito da parte degli amministratori dell’attestazione di avvenuta sottoscrizione dell’aumento di capitale ai sensi dell’art. 2444 c.c. e della dichiarazione prevista dall’art. 2343 quater, comma 3, c.c. ed inoltre che i sindaci vigilino che l’organo amministrativo provveda al deposito nel registro delle imprese dell’attestazione dell’avvenuto aumento del capitale. In caso di omissione dell’organo amministrativo, il collegio provvede, in via sostitutiva, a tale adempimento. Inoltre, è compito del collegio sindacale accertare, ai sensi dell’art. 2343 ter, comma 3, c.c., che il conferente abbia presentato la documentazione dalla quale risulta il valore attribuito ai valori mobiliari e agli strumenti del mercato monetario conferiti e, inoltre, se si tratta di conferimenti di beni in natura e/o crediti, che sussistano le condizioni indicate nel secondo comma dell’art. 2343 ter c.c. In caso di società per azioni, il collegio sindacale deve poi verificare che gli amministratori nel termine di centottanta giorni dalla iscrizione della delibera nel registro delle imprese abbiano controllato le valutazioni contenute nella relazione di cui all’art. 2343 c.c. Inoltre, il collegio sindacale deve verificare che gli amministratori eseguano, nel termine di trenta giorni dall’iscrizione della società, i controlli previsti dall’art. 2343 quater c.c. (29) Cfr. art. 1, commi 5 e 6, D.Lgs. 29 novembre 2010, n. 224, recante disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. 4 agosto 2008, n. 142. Le Società 5/2012 Prassi Diritto societario stima nella società a responsabilità limitata richiede qualche puntualizzazione: infatti, l’art. 2465 c.c. viene correttamente richiamato nella parte in cui rinvia all’art. 2343 bis, commi 4 e 5, c.c. Questi due ultimi commi si inseriscono in un ambito normativo più generale che - similmente all’art. 2465, comma 2, c.c. in tema di società a responsabilità limitata - disciplina l’acquisto della società per azioni da promotori, fondatori, soci e amministratori, richiedendo tra l’altro la presentazione della relazione giurata di stima. Tuttavia, ove gli acquisti siano effettuati a condizioni normali nell’ambito di operazioni correnti della società ovvero avvengano nei mercati regolamentati o sotto il controllo dell’autorità giudiziaria o amministrativa, la perizia non è richiesta, come previsto dall’art. 2343 bis, comma 4, c.c. (mentre il comma 5 fissa la responsabilità solidale di amministratori e alienante per i danni causati alla società, ai soci e ai terzi in caso di violazione delle disposizioni nella norma contenute). Dunque, il Cndcec conferma che il conferimento di beni in natura senza perizia è in una società a responsabilità limitata fattispecie affatto diversa da quella di più recente introduzione nella società per azioni mediante l’art. 2343 ter c.c., secondo cui la relazione di stima non è richiesta ove il valore dei beni conferiti risulti già in modo attendibile da altre circostanze. D’altro canto, non sembrano esservi indizi nella direzione dell’operatività della disciplina dei conferimenti in natura senza relazione di stima di cui agli artt. 2343 ter ss. c.c. nei confronti della società a responsabilità limitata (30), nonostante il mancato richiamo possa suscitare qualche perplessità in un contesto caratterizzato, per converso, da regole sulla formazione del capitale sociale tendenzialmente meno stringenti rispetto a quelle che operano nel diverso ambito delle società per azioni, com’è provato dalla possibilità per il socio conferente di individuare il revisore legale o la società di revisione cui affidare la redazione della relazione di stima (31). Le ‘‘Norme’’ dettate dal Cndcec sembrano invece tralasciare il riferimento ad una circostanza che, seppure non esplicitamente richiamata dal legislatore, è perlopiù considerata in dottrina rilevante ai fini dell’obbligo di presentazione della relazione giurata di stima. Ci riferiamo alla valutazione delle prestazioni di opere o di servizi le quali, come noto, sono ammesse nella società a responsabilità limitata a titolo di conferimento, se garantite da una polizza di assicurazione o da una fideiussione bancaria (art. 2464, comma 6, c.c.). Pur non prevedendosi esplicitamente la perizia invece richiesta per il conferi- Le Società 5/2012 mento di beni in natura e crediti, è opinione diffusa in dottrina che, anche nell’ipotesi in cui gli obblighi assunti dal socio conferente abbiano per oggetto la prestazione d’opera o di servizi a favore della società, si debba osservare la regola imposta dall’art. 2465, comma 1, c.c., a garanzia della formazione del capitale sociale (32). Se cosı̀ è, i sindaci dovranno verificare l’avvenuto controllo da parte degli amministratori: nonostante il silenzio del legislatore, anche gli amministratori delle società a responsabilità limitata si intendono infatti obbligati a controllare le valutazioni della stima di cui all’art. 2465 c.c. (33). Sempre in tema di aumento di capitale sociale, la ‘‘Norma’’ 10.1 prevede che in caso di proposte con esclusione o limitazione del diritto di opzione, il collegio sindacale verifichi che le delibere rispettino la previsione dell’art. 2441 c.c., ed emetta nei termini la relazione sulla congruità del prezzo di emissione delle azioni. Precisamente, la ‘‘Norma’’ si riferisce alla liberazione delle azioni di nuova emissione mediante conferimenti in natura e all’ipotesi di diritto di opzione escluso o limitato quando l’interesse della società lo esige, e dunque a situazioni di apertura della compagine sociale a soggetti esterni, con conseguente sacrificio richiesto ai soci, che può essere giustificato soltanto in presenza di una idonea strategia aziendale. Al ricorrere di queste circostanze, infatti, per consentire ai soci di deliberare con consapevolezza l’ingresso di soggetti sino ad allora estranei alla società, con apposita relazione da comunicare al collegio sindacale (o al consiNote: (30) In argomento si vedano i contributi di Abriani, Il nuovo regime dei conferimenti in natura senza relazione di stima, in Riv not., 2009, 311; Caratozzolo, Il «valore equo» nella disciplina alternativa della valutazione dei conferimenti in natura, in questa Rivista, 2009, 1203; Ibba, Osservazioni sulla stima dei cosı` detti valori senza stima, in Giur. comm., 2009, I, 930, Salamone, Le verifiche della valutazione semplificata del conferimento «non in contanti», ivi, 2010, I, 49. (31) In argomento v. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, in Schlesinger (fondato da) e Busnelli (diretto da), Il Codice Civile. Commentario, I, Milano, 2010, 341 ss. (32) Si vedano sul punto De Angelis, Alcune questioni sul capitale assicurato nelle s.r.l., in Banca, borsa, tit. cred., 2004, I, 310; Masi, Sub artt. 2464-2466, in Società di capitali. Commentario, cit., 1440; Miola, Capitale sociale e conferimenti nella ‘‘nuova’’ società a responsabilità limitata, in Riv. soc., 2004, 711; Olivieri, Conferimenti ‘‘assicurati’’ e capitale di rischio nella società a responsabilità limitata, in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gianfranco Campobasso, cit., III, 2007, 358; Santosuosso, La riforma del diritto societario, Milano, 2003, 200. Di diversa opinione Menti, Socio d’opera e conferimento del valore nella s.r.l., Milano, 2006, 153. (33) Zanarone, op. cit., 341 ss. 527 Prassi Diritto societario glio di sorveglianza) e al soggetto incaricato della revisione legale dei conti almeno trenta giorni prima di quello fissato per l’assemblea, gli amministratori devono illustrare le ragioni dell’esclusione o della limitazione, ovvero, qualora l’esclusione derivi da un conferimento in natura, le ragioni di questo e in ogni caso i criteri adottati per la determinazione del prezzo di emissione. Entro quindici giorni il collegio sindacale deve esprimere il proprio parere sul prezzo di emissione delle azioni (art. 2441, comma 6, c.c.) (34), che sarà fissato in modo tale da far pagare ai nuovi soci un prezzo determinato anche sulla base delle riserve risultanti dal bilancio, e alla formazione delle quali hanno contribuito i precedenti soci. Infine, il Cndcec ricorda che nel caso in cui la facoltà di aumentare il capitale sociale sia stata delegata all’organo amministrativo il collegio sindacale vigila sul rispetto delle formalità previste dall’art. 2443 c.c. per le società per azioni e dall’art. 2481 c.c. per le società a responsabilità limitata. Riduzione del capitale sociale La riduzione del capitale sociale forma oggetto della ‘‘Norma’’ 10.2 secondo cui «il collegio sindacale vigila sulla corretta e tempestiva effettuazione della riduzione del capitale sollecitando gli amministratori alla regolare esecuzione delle formalità e degli adempimenti previsti dalla legge». I criteri applicativi fissati dal Cndcec per la riduzione volontaria del capitale sociale non presentano particolari criticità, riproducendo con puntualità le disposizioni di legge e, dunque, prevedendo che il collegio sindacale accerti che: l’avviso di convocazione dell’assemblea straordinaria dei soci indichi, in termini sufficientemente chiari e precisi, le ragioni e le modalità della riduzione; la riduzione sia effettuata nel rispetto dei limiti e delle condizioni previste dalla legge, verificando in particolare che la riduzione rispetti i limiti per l’ammontare minimo del capitale sociale (artt. 2327 e 2463, n. 4, c.c.), nonché che nelle società per azioni rispetti i limiti previsti per l’emissione di obbligazioni (art. 2413, comma 1, c.c.) e per l’acquisto di azioni proprie (art. 2357 c.c.); la delibera venga eseguita solo dopo il decorso di novanta giorni dall’iscrizione della medesima nel Registro delle imprese, purché non vi siano state opposizioni dei creditori. Talune precisazioni si rendono tuttavia opportune. La riforma del diritto societario ha profondamente modificato la disciplina della riduzione volontaria del capitale sociale, sostituendo in particolare alla condizione dell’esuberanza del capitale di 528 cui al precedente dato normativo (35) l’obbligo per gli amministratori di indicare nell’avviso di convocazione le ragioni e le modalità della riduzione. L’innovazione legislativa - ispirata al proposito di «semplificare la disciplina della riduzione del capitale [...] determinandone le condizioni al fine esclusivo della tutela dei creditori» (art. 4, comma 9, lett. c), L. 3 ottobre 2001, n. 366, contenente la delega al Governo per la riforma del diritto societario) - amplia le ipotesi di riduzione, aumentando conseguentemente le responsabilità di ogni soggetto in posizione apicale coinvolto nell’operazione. Da qui la particolare esigenza di individuare un criterio cui i sindaci devono attenersi nell’esercizio del controllo sulle ragioni poste dagli amministratori alla base della riduzione e sviluppate nel verbale dell’assemblea (36). Invero, pur avendo il legislatore evitato di indicare le valide ragioni in ossequio alla legge di delega, la dottrina ha ritenuto che il giudizio sulla validità dell’operazione non possa comunque essere disgiunto dal rispetto degli interessi sia dei creditori sia della minoranza (37). Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ha sicuramente avvertito la stessa preoccupazione, osservando «che se, dal punto di vista formale, i sindaci sono chiamati a verificare che nella convocazione e in sede assembleare siano correttamente disposte le condizioni e le modalità della riduzione, dal punto di vista sostanziale, l’assemblea ha pieni poteri di ridurre il capitale con il solo limite del rispetto delle norme generali in tema di conflitto di interessi e di abuso della maggioranza». Peraltro, in una prospettiva di stabilità e di certezza richieste dal valore organizzativo insito nella Note: (34) Sul punto la norma codicistica è stata giudicata scarsamente perspicua, soprattutto nel punto in cui attribuisce l’espressione del parere di congruità sul prezzo di emissione al collegio sindacale quando, in realtà, «(fatta eccezione per le società chiuse che demandino il controllo contabile al collegio sindacale) vi è il soggetto incaricato del controllo contabile (al quale la relazione degli amministratori deve pur essere comunicata, ma a che scopo non si sa) che avrebbe naturalmente miglior cognizione delle cose»: Ferrara jr. - Corsi, op. cit., 659, nt. 5. (35) Per il quale si vedano ex multis Belviso, op. cit., 122 ss.; Nobili - Spolidoro, La riduzione del capitale sociale, in Colombo Portale (a cura di), Tratt. s.p.a., VI, Torino, 1993, 220 ss. (36) Nel documento del Cndcec si legge infatti che, «sebbene la legge attribuisca ai soci la più ampia autonomia di ridurre il capitale sociale salvo ovviamente il rispetto dei limiti minimi previsti dalla legge, si raccomanda al collegio di verificare con particolare attenzione che nella convocazione dell’assemblea e nel corso della medesima l’organo amministrativo provveda a indicare specificatamente lo scopo della riduzione e la relativa modalità di attuazione». (37) Ferrara jr. - Corsi, op. cit., 674. Le Società 5/2012 Prassi Diritto societario deliberazione di riduzione del capitale sociale (38), ai sindaci - e a chiunque vi abbia interesse - è assegnato un termine di centottanta giorni dall’iscrizione nel Registro delle imprese per impugnare la deliberazione di riduzione di cui all’art. 2445 per impossibilità o illiceità dell’oggetto, ovvero per mancanza del verbale (salvo il caso di sanatoria individuato dall’art. 2379 bis, comma 2, c.c.), ed un termine di novanta giorni dall’approvazione del bilancio dell’esercizio nel corso del quale la deliberazione è stata anche parzialmente eseguita, se la causa della nullità è la mancata convocazione (art. 2379 ter, comma 1, c.c.). Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio l’invalidità delle deliberazioni di riduzione facoltativa del capitale non può essere pronunciata dopo che la deliberazione sia stata anche parzialmente eseguita (art. 2379 ter, comma 2, c.c.). D’altronde, poiché una tale deliberazione è eseguibile soltanto dopo il decorso di novanta giorni dalla sua iscrizione nel Registro delle imprese - termine entro il quale i creditori possono fare opposizione (art. 2445, comma 3, c.c.) - è almeno fugato il rischio che i loro interessi, fatti valere mediante l’opposizione al tribunale, vengano sacrificati sull’altare della certezza e della stabilità. Di contro, dopo l’esecuzione della deliberazione questi stessi interessi potrebbero essere tutelati soltanto ricorrendo al rimedio risarcitorio, ex art. 2379 ter, comma 3, c.c. Come già notato in altre circostanze, anche in punto di ragioni della riduzione il documento del Cndcec non distingue tra società per azioni e società a responsabilità limitata. In realtà, l’art. 2482 c.c., che disciplina la materia nell’ambito della società a responsabilità limitata, non prevede l’indicazione nell’avviso di convocazione delle ragioni della riduzione, ponendo l’unico limite della permanenza del capitale sociale minimo. Va però esclusa l’abitrarietà della riduzione, che anche nelle società a responsabilità limitata trova un limite nelle norme sul conflitto di interessi e sull’abuso della minoranza (39): i sindaci dovranno pertanto intendersi legittimati all’impugnazione quando la deliberazione di riduzione facoltativa si riveli surrettizio strumento per il perseguimento di finalità vietate dalle legge. L’acquisto di azioni proprie e l’emissione di obbligazioni possono ostacolare - o limitare ulteriormente - la riduzione del capitale sociale nell’ambito delle società per azioni. Più precisamente, le azioni proprie in portafoglio rilevano in occasione della riduzione soltanto nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, dove è stato mante- Le Società 5/2012 nuto un limite, pari alla quinta parte del capitale (art. 2357, comma 3, c.c.). L’emissione di obbligazioni investe invece tutte le società per azioni non quotate (40): l’attuale limite - sia pure aumentato rispetto al precedente precetto normativo, ed ulteriormente aumentabile in sede di emissione al ricorrere delle condizioni dell’art. 2357, commi 2 e 3, c.c. - è infatti pari al doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato, ed il suo rispetto deve essere attestato dai sindaci (art. 2357, comma 1, c.c.). Alla riduzione facoltativa del capitale sociale di una società a responsabilità limitata non frappone invece ostacoli l’eventuale emissione di titoli debito, che non è assoggettata ad alcun limite quantitativo, ma soltanto alla condizione soggettiva che i sottoscrittori siano investitori professionali sottoposti a vigilanza prudenziale (art. 2483, comma 2, c.c.). Mette inoltre conto segnalare che la riduzione del capitale sociale di cui all’art. 2445 c.c. potrebbe essere preclusa da una precedente costituzione di patrimoni destinati avvenuta attingendo completamente al limite legale fissato nella decima parte del patrimonio netto, nel quale rientra naturalmente anche il capitale sociale (41). La parte del documento dedicata alla riduzione del capitale sociale per perdite è ben più ampia e contiene spunti degni di una particolare attenzione. Innanzi tutto merita ricordare il riferimento contenuto nell’art. 2446, comma 1, c.c. alle osservazioni del collegio sindacale che devono accompagnare la relazione sulla situazione patrimoniale della società, redatta dagli amministratori quando risulta che il capitale è diminuito di oltre in terzo in conseguenza di perdite. Ed in effetti, il Cndcec prevede che il collegio sindacale formuli le proprie osservazioni, in particolare mediante la valutazione delle ragioni che hanno determinato le perdite, se le stesse sono state correttamente individuate e illustrate dall’orNote: (38) Portale, Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzata, in Colombo - Portale (a cura di), Tratt. s.p.a., I, 2, Torino, 2004, 11. (39) Zanarone, op. cit., II, 1614, ove ulteriori riferimenti dottrinari. (40) Alle società con azioni quotate nei mercati regolamentati, limitatamente alle obbligazioni destinate ad essere quotate negli stessi o in altri mercati regolamentati, non trovano applicazione, infatti, i limiti codicistici (art. 2412, comma 5, c.c.). Tuttavia, le ‘‘Norme’’ di comportamento del collegio sindacale in questo scritto esaminate non investono le società quotate. (41) Mignone, Commento sub art. 2447 bis, in Il nuovo diritto societario. Commentario, cit., 1632. 529 Prassi Diritto societario gano amministrativo, l’esame dei criteri di valutazione adottati, tenendo conto delle prospettive di continuità aziendale, nonché dando atto dei fatti di rilievo avvenuti successivamente alla redazione della relazione e dell’evoluzione della gestione sociale. Benché apparentemente circoscritto alle ‘‘osservazioni’’, il ruolo del collegio sindacale è ben più incisivo anche in questo contesto, ed in ossequio all’art. 2403 c.c. investe in generale la condotta tenuta dagli amministratori in presenza di una perdita. Infatti, seguendo gli ulteriori passaggi procedimentali fissati dall’art. 2446 c.c. menzionato, il documento del Cndcec rammenta che, ove gli amministratori non provvedano, il collegio sindacale deve procedere alla convocazione dell’assemblea ex art. 2406 c.c. affinché adotti gli opportuni provvedimenti, che in sede assembleare i sindaci vigilino sulla completezza dei documenti presentati e verifichino che gli amministratori diano conto dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione. Inoltre, nel caso in cui l’assemblea si avvalga della facoltà di rinviare l’adozione di opportuni provvedimenti, il collegio in sede di approvazione di bilancio del successivo esercizio deve verificare che l’assemblea riduca il capitale sociale in proporzione alle perdite accertate, se la perdita non risulta ridotta a meno di un terzo. Infine, in caso di inerzia dell’assemblea, il collegio deve chiedere al tribunale l’emissione del provvedimento di riduzione del capitale sociale. Tuttavia, la riproduzione pressoché pedissequa delle previsioni di legge è preceduta dal richiamo del collegio sindacale alla verifica della regolarità del comportamento degli amministratori «in caso di durevole diminuzione del capitale sociale di oltre un terzo in conseguenza di perdite». E, quasi a rafforzare l’idea che al fondo dell’operatività dei rimedi codicistici vi sia una diminuzione ‘‘durevole’’, in altri punti del documento si specifica che «l’obbligo di attivazione degli amministratori (e dei sindaci) sorge soltanto allorquando il valore del patrimonio netto si riduca durevolmente di oltre un terzo rispetto al capitale sociale, sicché, fintanto che il patrimonio netto superi tale soglia, ovvero la riduzione sia inquadrabile ad esempio nella normale ciclicità dell’attività sociale, restano irrilevanti [...] eventuali riduzioni anche al di sotto del minimo legale». Ed ancora, «pare potersi ritenere che l’obbligo possa non essere adempiuto nel caso in cui la perdita sia recuperabile entro breve con ragionevole certezza. Si pensi alla situazione in cui la società esercita attività con carattere di stagionalità. In generale, si ritiene che gli amministratori debbano va- 530 lutare, di volta in volta, l’effettiva condizione economico-patrimoniale della società e assumere di conseguenza la condotta che risulterà necessaria. I sindaci dovranno verificare che la condotta degli amministratori sia permeata da una ragionevole prudenza». Conseguentemente, si segnala che «qualora le perdite si riducano al di sotto delle soglie di rilevanza ovvero abbiano la ragionevole possibilità di ridursi durevolmente (ad esempio, a seguito della realizzazione di plusvalenze, di rinuncia a crediti o di versamenti a fondo perduto), e dunque il patrimonio netto risalga a un valore superiore ai due terzi del capitale, vengono meno i presupposti degli obblighi di legge. Nel dettaglio, se simili circostanze si verificano: prima della convocazione assembleare, può evitarsi di procedere alla stessa; tra la convocazione e l’assise assembleare, può evitarsi di assumere le deliberazioni di cui agli artt. 2446 e 2447 c.c., dando atto a verbale delle circostanze sopravvenute. Viceversa, laddove la perdita sia rilevante, ai sensi dell’art. 2446, cpv., o dell’art. 2447 c.c., sia durevole e occorra dunque procedere alla riduzione del capitale, essa deve essere deliberata nella esatta misura delle perdite accertate; non è infatti ammissibile una riduzione solo parziale». Nelle parti che abbiamo preferito riprodurre alla lettera, si assiste in realtà al tentativo di mettere ordine in una materia resa particolarmente complessa dalla vaghezza, dai contorni incerti, di alcune formule utilizzate dal legislatore, e che perciò stesso rischiano di creare situazioni di incertezza in ordine all’individuazione di profili di responsabilità in capo ad amministratori e sindaci. Secondo l’art. 2446, comma 1, c.c., quando ‘‘risulta’’ la perdita, gli amministratori devono ‘‘senza indugio’’ convocare l’assemblea per gli ‘‘opportuni provvedimenti’’. Un primo problema posto dalla ‘‘Norma’’ di comportamento è l’individuazione del momento in cui debba essere rilevata la perdita, momento dal quale devono peraltro farsi decorrere i trenta giorni oltre i quali la convocazione si considera omessa ai fini dell’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’art. 2631 c.c., nel caso di specie aumentata di un terzo. Oltre all’occasione della redazione del progetto di bilancio d’esercizio, si ritiene che l’accertamento della perdita possa avvenire anche nel corso dell’esercizio (42) ma che, in tal caso, non sia sufficiente la percezione della perdita per far scattare gli obblighi fissati dal Nota: (42) Carola, Il bilancio intermedio di riduzione del capitale per perdite entro il terzo, in questa Rivista, 2006, 1487. Le Società 5/2012 Prassi Diritto societario legislatore, dovendosi invece guardare all’andamento economico della società «sulla scorta di una verifica di natura contabile idonea alla rilevazione effettiva del risultato economico» (43), tale da rendere certa l’irreversibilità della perdita (44). Sembra essere questa l’impostazione data al problema dal Cndcec, che offre sul punto l’esempio forse più evidente in cui la perdita può essere assorbita in tempi brevi, quello del carattere stagionale dell’attività. Pare invece non essere stata accolta la linea più rigida pure seguita da una parte della giurisprudenza, che imporrebbe l’obbligo di convocazione anche quando la perdita sia ritenuta non definitiva perché destinata ad essere ripianata entro l’esercizio (45). Tra gli eventi che potrebbero rendere superflua la convocazione ovvero evitare l’assunzione della deliberazione di riduzione, nel documento che stiamo commentando vengono menzionati la realizzazione di plusvalenze, la rinuncia a crediti e i versamenti a fondo perduto. Infatti, non sempre ci si trova in presenza di accadimenti verificabili prima dell’assemblea, che anzi è talvolta la sola sede in cui è possibile verificarne il ricorrere. Talaltra si tratta di fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione, e dei quali gli amministratori devono dare conto nell’assemblea (art. 2446, comma 1, parte finale, c.c.). In particolare, e senza alcuna pretesa di completezza, si ricorda che nella prassi societaria i versamenti a fondo perduto possono essere lo strumento di copertura della perdita senza riduzione del capitale sociale, ed ai quali i soci si impegnano spontaneamente in alternativa ai (e in sostituzione dei) provvedimenti previsti dalla legge (46). Tali versamenti vanno distinti dai versamenti in conto capitale o a copertura di perdite, ai quali i soci si impegnano in vista di future perdite da ripianare e che vanno a costituire un fondo da utilizzare a copertura di future perdite (47): pertanto, al tempo dello svolgimento dell’assemblea convocata dagli amministratori ai sensi dell’art. 2446 c.c., ma anche prima, al tempo dell’insorgere dell’obbligo da parte degli amministratori di convocare l’assemblea, il fondo cosı̀ costituito ha già concorso al computo della perdita da rapportare al capitale sociale. A tal proposito, è possibile notare che il Cndcec ha accolto l’ormai pacifico orientamento secondo il quale la perdita rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 2446 c.c. è da calcolare al netto delle riserve (48). Risultano altresı̀ recepite le soluzioni più estensive in ordine alla rilevanza degli utili di periodo non ancora consolidati (49) che - si legge Le Società 5/2012 sempre nel documento - in determinate circostanze potrebbero rendere non necessaria la convocazione dell’assemblea quando riescano a coprire in maniera congrua la perdita. Come noto, in caso di convocazione dell’assemblea, la legge richiede la presentazione di una relazione sulla situazione patrimoniale da parte dell’organo amministrativo. Il Consiglio nazionale dimostra di essersi allineato alla dottrina anche in ordine alla composizione e alle modalità della sua redazione - stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa redatti secondo i criteri del bilancio di esercizio (50) - nonché alla data a cui essa deve essere riferita, non anteriore a centoventi giorni dalla data di svolgimento dell’assemblea (51), prevedendo che sia «costituita dallo stato patrimoniale e dal conto economico, predisposti secondo i criteri di redazione previsti dal codice civile in materia di bilancio d’esercizio, e appare utile che includa le informazioni più rilevanti richieste dall’art. 2427 c.c. per offrire la migliore comprensione della generale situazione della società. La situazione patrimoniale deve fare riferimento a una data non antecedente di centoventi giorni rispetto alla data fissata per l’assemblea». Il Consiglio nazionale prende poi posizione sul soggetto competente a svolgere nelle società a responsabilità limitata le osservazioni in merito alla relazione sulla situazione patrimoniale redatta dagli amministratori, in particolare affermando che «nelle società a responsabilità limitata nelle quali il collegio sindacale svolge la revisione legale dei conti, la situazione patrimoniale è accompagnata dalle osNote: (43) Stagni, Sub art. 2446, in Grippo (a cura di), Commentario delle società, II, Torino, 2009, 878, ed ivi la dottrina citata nella nota 287. (44) Belviso, op. cit., 284. (45) Trib. Udine 1 febbraio 1993, in questa Rivista, 1993, 1075. (46) In argomento si veda Tantini, I versamenti dei soci alle società, in Tratt. s.p.a., cit., I, 3, 785 ss. (47) Sul tema v. Rubino De Ritis, Gli apporti ‘‘spontanei’’ in società di capitali, Torino, 2001, 151 ss. (48) Nobili - Spolidoro, op. cit., 285. Sul problema della copertura delle perdite mediante le riserve costituite in contropartita della valutazione al fair value, secondo l’art. 6, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 38/2005, si vedano gli Autori citati nella nota 22. (49) In argomento v. Postiglione, Sub art. 2446, in Abriani - Stella Richter (a cura di), Codice Commentato delle società, I, Torino, 2010, 1693. (50) Nobili, La riduzione del capitale, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gianfranco Campobasso, cit., III, 2007, 330. (51) Sul tema v. Postiglione, op. cit, 1696, ed ivi la rassegna giurisprudenziale proposta. 531 Prassi Diritto societario servazioni del collegio sindacale. Viceversa, nelle società a responsabilità limitata nelle quali sia presente il revisore legale dei conti, si ritiene che la situazione patrimoniale debba essere accompagnata dalle osservazioni del revisore legale dei conti. In ogni caso, il collegio sindacale, ove presente, può presentare le proprie osservazioni in merito a tale situazione patrimoniale». Abbiamo già ricordato che le nuove ‘‘Norme’’ relative al comportamento del collegio sindacale sono entrate in vigore il 18 gennaio 2012, quindi contemporaneamente alla L. n. 183/2011 (che all’art. 14, comma 13, aveva modificato il testo dell’art. 2477 c.c.), ma prima dell’emanazione del D.L. n. 5/2012, che nel volgere di pochi mesi ha riscritto ancora una volta il testo dell’art. 2477 c.c. Conseguentemente, la lettura del documento del Cndcec, che non può essere disgiunta dalla formulazione dell’art. 2477 c.c. introdotta dalla L. n. 183/2011, va rivisitata alla luce del testo emendato dal D.L. n. 5/2012. Muoviamo dai rilievi che scaturivano dal testo dell’art. 2477 c.c. in vigore tra l’ultimo scorcio del 2011 ed il primo del 2012. Anche a trascurare il puro dato formale del riferimento ‘‘secco’’ al collegio sindacale - che sarebbe stato più opportuno estendere anche al sindaco unico (52) -, l’esigenza avvertita dal Consiglio nazionale di affidare comunque al revisore la formulazione delle osservazioni di cui all’art. 2482 bis c.c. non risultava pienamente appagante. In primo luogo perché nella società per azioni - dove pure la presenza del revisore legale dei conti è situazione ben più frequente - al ricorrere dell’identico presupposto, l’art. 2446 c.c. prevede tout court che le osservazioni siano formulate dal collegio sindacale. Questa norma può anzi dirsi una particolare applicazione del più generale dovere di vigilanza sull’assetto amministrativo-contabile che il legislatore continua ad affidare al collegio sindacale (53). In secondo luogo, e sulla scorta di una lettura che poteva dirsi consolidata dell’art. 2477 c.c. - anche nella sua formulazione introdotta dalla L. n. 183/2011 - il collegio sindacale (o il sindaco unico), nominato per obbligo di legge dalla società a responsabilità limitata, doveva intendersi investito degli stessi doveri dei sindaci di società per azioni (54), e solo in aggiunta della revisione legale dei conti, se non avessero disposto diversamente l’atto costitutivo o la legge (55). Pertanto, la presenza del revisore legale dei conti non poteva interferire con la vigilanza sull’adeguatezza dell’assetto amministrativo-contabile, funzione dei sindaci obbligatoriamente nominati dalla società a responsabilità limitata nelle ipotesi previste dall’art. 2477, commi 2 e 532 3, c.c.: pertanto, i sindaci e solo i sindaci dovevano intendersi competenti a formulare le osservazioni richieste dall’art. 2482 bis c.c., competenza - abbiamo già detto - sussumibile nel più ampio dovere di vigilanza dell’art. 2403 c.c. E a conclusioni identiche si riteneva di giungere anche quando il collegio sindacale, seppure non obbligatorio, fosse stato comunque previsto dall’atto costitutivo: se infatti è vero che nella sistematica del diritto delle società a responsabilità limitata è l’atto costitutivo che ne determina competenze e poteri (art. 2477, comma 1, c.c.) - i quali quindi potrebbero non essere gli stessi previsti per il collegio sindacale di una società per azioni - è parimenti vero che nella fattispecie si assiste ad un’integrazione legale (quella dell’art. 2482 bis c.c.) del contenuto contrattuale (l’atto costitutivo), secondo il noto principio espresso dall’art. 1374 c.c. (56). Ove la lettura qui proposta fosse quella corretta, il riferimento alla competenza del revisore esterno contenuto nell’art. 2482 bis c.c., in alternativa alla competenza del collegio sindacale, doveva intendersi circoscritto al caso di società a responsabilità limitata con revisore legale dei conti e senza collegio sindacale (o sindaco unico), caso in linea di principio configurabile tutte le volte in cui non fosse obbligatoria la nomina del collegio sindacale (o del sindaco unico). Veniamo all’art. 35, comma 2, D.L. n. 5/2012 convertito nella L. n. 35/2012, e quindi al testo ultimo dell’art. 2477 c.c., che invero non sembra modificare i termini della questione relativa all’art. 2482 bis c.c. Innanzi tutto, per quel che in questa sede maggiormente interessa, occorre sottolineare ancora una volta l’obbligo di nominare, alternativaNote: (52) Benché l’art. 2477 c.c. facesse riferimento al sindaco unico, l’atto costitutivo poteva senz’altro prevedere la nomina del collegio sindacale, da intendersi peraltro obbligatoria quando la s.r.l. tenuta a dotarsi di un organo di controllo interno avesse oltrepassato i limiti fissati dall’art. 2397 c.c.: cosı̀ De Angelis, Il collegio sindacale rimane obbligatorio, cit., 42, il quale argomentava dal comma 5 dell’art. 2477, richiamante la disciplina del collegio sindacale della s.p.a.; Abriani, Decisioni dei soci. Amministrazione e controlli, in AA.VV., Diritto delle società, Milano, 2012, 335. (53) De Angelis, Sub art. 149, in Commentario al Testo Unico della Finanza. Collana Le Leggi commentate, Torino, in corso di pubblicazione. (54) Si veda sul punto Zanarone, op. cit., II, 1162, a parere del quale il richiamo alla disciplina delle società per azioni attribuisce all’organo di controllo interno della s.r.l. la vigilanza di cui all’art. 2403 c.c. (55) Si ricorda che nel caso di s.r.l. che sia ente di interesse pubblico e che controlli ovvero sia controllata da ente di interesse pubblico la revisione legale non può essere affidata al collegio sindacale: art. 16, D.Lgs. n. 39/2010. (56) Zanarone, op. cit., II, 1684. Le Società 5/2012 Prassi Diritto societario mente, un organo di controllo (sempre monocratico se l’atto costitutivo non dispone diversamente) o un revisore nelle ipotesi che in precedenza richiedevano obbligatoriamente la nomina del sindaco (commi 2 e 3). Una prima conseguenza potrebbe essere almeno tendenzialmente - una più frequente presenza esclusiva del revisore soprattutto ove la s.r.l. sia obbligata, in forza dell’art. 16, D.Lgs. n. 39/2010, ad affidargli il controllo contabile. L’obbligo di nominare il revisore posto dalla disciplina della revisione legale dei conti potrebbe finire infatti - in un’ottica di contenimento dei costi - con l’orientare verso il revisore altresı̀ la nomina obbligatoria di cui all’art. 2477 c.c. E abbiamo già visto che, in mancanza dell’organo di controllo, competente a formulare le osservazioni ex art. 2482 bis c.c. è il revisore. Quando invece, in adempimento dell’obbligo di legge o per previsione statutaria, sia presente l’organo di controllo, ad esso competono le osservazioni dell’art. 2482 bis c.c.: si badi, anche se fosse stato per ipotesi nominato il revisore. È quanto si ricava dalla nuova formulazione dell’art. 2477, comma 5, c.c. che, nel caso di nomina di un organo di controllo, anche monocratico, dispone l’applicazione delle disposizioni sul collegio sindacale previste per le società per azioni, dunque - possiamo ritenere - anche di quelle particolari che operano in occasione delle perdite eccedenti le soglie rilevanti. Sempre alla vigilanza sull’osservanza della legge e dello statuto e sui principi di corretta amministrazione deve ricondursi l’obbligo per il collegio sindacale di vigilare che sia dato atto dei fatti rilevanti intervenuti tra il periodo di riferimento della relazione e la data fissata per l’assemblea. La previsione contenuta nel documento si riferisce infatti all’obbligo posto a carico degli amministratori di dare atto di simili fatti nell’assemblea convocata per gli opportuni provvedimenti secondo l’art. 2446, comma 1, c.c. per le s.p.a. e l’art. 2482 bis, comma 3, c.c. per le s.r.l. Il Cndcec richiama infine il principio dell’invarianza sancito dall’art. 2482 quater c.c., secondo il quale in tutti i casi di riduzione per perdite, nella s.r.l. è esclusa ogni modificazione delle quote di partecipazione e dei diritti spettanti ai soci. Non è questa la sede per soffermarsi sull’effettiva portata della norma: si ricorda, tuttavia, la funzione principale assegnatale di impedire che l’organo competente alla riduzione (l’assemblea) alteri l’originario assetto dei rapporti tra soci (57). Tuttavia, si ammette che tale alterazione possa essere decisa con il consenso di tutti i soci, applicando in via analogica la soluzione accolta dal legislatore nella diversa ma Le Società 5/2012 contigua materia della modificazione dei diritti particolari di cui all’art. 2468 c.c. (58). La regola dell’invarianza appena riportata risulta invero declinata dal Cndcec in una prospettiva peculiare, quella della ricapitalizzazione successiva alla perdita. Si legge nel documento che in tale ipotesi, «fermo restando che la deliberazione di ricostituzione possa essere liberamente adottata a maggioranza e la sottoscrizione del relativo capitale possa essere effettuata solo da alcuni soci, i sindaci dovranno verificare che i soci siano tutelati attraverso il riconoscimento del diritto di sottoscrizione e cioè che tutti i soci siano stati messi nella condizione di partecipare alla ricapitalizzazione, in osservanza a quanto disposto dall’art. 2482 quater c.c.». Com’è facile intuire, il Consiglio nazionale ha inteso evitare il rischio di un surrettizio aggiramento del divieto dell’art. 2482 quater c.c. realizzato mediante la deliberazione di un successivo (rispetto alla perdita) aumento del capitale sociale che escluda il diritto di opzione, sulla base dell’apposita clausola eventualmente contenuta nell’atto costitutivo. Infatti, la norma disciplinante il punto, l’art. 2481 bis, comma 1, c.c., nel rimettere l’esclusione del diritto di opzione all’autonomia statutaria della s.r.l., fa comunque salvo il caso di cui all’art. 2482 ter c.c., dedicato espressamente alla riduzione al di sotto del minimo legale. Il tenore letterale delle norme potrebbe erroneamente suggerire l’idea che l’eventuale ricapitalizzazione successiva ad una perdita la quale non intacca il minimo legale possa essere deliberata con esclusione del diritto di opzione, sempre che ricorra l’apposita clausola statutaria. Soluzione questa che contravverrebbe, seppure indirettamente, alla regola dell’invarianza sancita dall’art. 2482 quater c.c., il quale invece dispone «in tutti i casi di riduzione del capitale per perdite», dunque anche nel caso di riduzione per perdita che non porta il capitale al di sotto del minimo legale. Appare pertanto del tutto opportuna la chiarezza dimostrata sul punto dal Cndcec, secondo cui ogni socio deve essere posto nella condizione di scegliere se concorrere oppure no alla ricapitalizzazione, quale che sia la perdita che l’ha preceduta. Trasformazione, fusione e scissione Il Cndcec ricorda che l’operazione di trasformazione non comporta di per sé specifici adempimenti Note: (57) Zanarone, op. cit., II, 1757, ove ulteriori riferimenti dottrinari. (58) Zanarone, op. cit., II, 1759. 533 Prassi Diritto societario in capo al collegio sindacale: tuttavia, l’organo di controllo è chiamato, nell’ambito della propria funzione di vigilanza, a verificare l’osservanza della legge e il rispetto delle norme statutarie applicabili a questa operazione. Più precisamente, il collegio sindacale deve verificare che la deliberazione di trasformazione sia assunta nel rispetto degli obblighi formali di convocazione dell’assemblea e con la presenza dei necessari quorum costitutivi e deliberativi (inclusa la verifica del consenso dei soci nella trasformazione regressiva in società di persone); che siano tempestivamente adempiuti tutti gli obblighi pubblicitari connessi alla delibera di trasformazione; che a ciascun socio venga attribuita una partecipazione proporzionale al valore della sua quota o delle sue azioni (cfr. art. 2500 sexies c.c.). In caso di trasformazione progressiva (di società di persone in società di capitali), il collegio sindacale verifica che la perizia di stima del patrimonio della società trasformata - redatta a norma dell’art. 2343 c.c., o nel caso di società a responsabilità limitata, dell’art. 2465 c.c. - sia allegata all’atto costitutivo e che il capitale della società risultante dalla trasformazione sia determinato sulla base dei valori attuali degli elementi dell’attivo e del passivo. Tra le più rilevanti novità introdotte dalla riforma del diritto societario vi è infatti l’obbligo di determinazione del capitale della società risultante dalla trasformazione sulla base del menzionato valore attuale (art. 2500 ter, comma 2, c.c.), da intendersi come valore corrente. In effetti, la rivalutazione degli assets patrimoniali rispetto ai costi storici risultanti dal bilancio potrebbe garantire un patrimonio netto non inferiore al capitale della società risultante dalla trasformazione, senza richiedere ai soci ulteriori versamenti: verrebbe in tal modo agevolato il passaggio ad un più evoluto modello organizzativo (59). In caso di trasformazione regressiva (di società di capitali in società di persone), il collegio sindacale - venendo a cessare - redige la relazione di cui all’art. 2429 c.c. da presentare all’assemblea dei soci con riferimento al periodo sociale tra l’inizio dell’esercizio e la data in cui ha effetto l’operazione. In ipotesi di fusione (o di scissione) di società, il collegio sindacale verifica la completezza e la conformità alla legge dei contenuti dei documenti previsti dalle disposizioni applicabili alla specifica operazione di fusione (o di scissione); il rispetto delle norme sul deposito e la pubblicazione degli atti nel procedimento; la completezza dell’atto di fusione (o di scissione) e la sua concordanza con il progetto e con la delibera assembleare di approvazione; la cor- 534 rettezza degli atti di esecuzione della fusione (o della scissione) e, in particolare, dell’assegnazione di azioni (o quote). In caso di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento (c.d. leveraged buy out) occorre che il collegio verifichi l’applicazione delle specifiche disposizioni contenute nell’art. 2501 bis c.c., tese a provare l’esistenza delle risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione e a rendere trasparenti le ragioni che giustificano l’operazione. Com’è possibile notare, il controllo del collegio sindacale concerne la legittimità dei documenti (ossia la loro conformità alle disposizioni di legge e di statuto in relazione agli obblighi informativi ivi previsti), e non il merito delle informazioni rese. La vigilanza del collegio sindacale evita tuttavia l’eventuale opacità di un’operazione dietro la quale potrebbero celarsi interessi degli amministratori e dei soci di maggioranza confliggenti con quelli della società (60). Conferimento d’azienda Benché il conferimento di azienda in occasione dell’aumento a pagamento del capitale sociale rientri nella più generale disciplina della variazione del capitale, il Cndcec assegna alla fattispecie una peculiare rilevanza, chiedendo al collegio sindacale sia della società conferente sia della società conferitaria l’assunzione delle necessarie informazioni in merito alle tecniche di valutazione degli elementi che compongono il complesso aziendale conferito. Infatti, a seguito del conferimento, la società conferente riceve azioni o quote della società conferitaria, che a sua volta acquisisce cespiti patrimoniali. Il Cndcec osserva che per entrambe le società si pone pertanto un problema di integrità del patrimonio sociale: e, come noto, della sua conservazione gli amministratori sono responsabili verso la società, oltre che verso i creditori (cfr art. 2394 c.c.). Di conseguenza, la vigilanza sull’osservanza dei particolari obblighi degli amministratori inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale deve essere esercitata dal collegio sindacale anche in occasione del conferimento dell’azienda (o di un suo Note: (59) Mosca, Sub art. 2500 ter, in (a cura di), Bianchi Trasformazione - Fusione - Scissione, Commentario alla riforma delle società diretto da Marchetti - Bianchi - Ghezzi, Notari, Milano, 2006, 144. (60) In argomento v. Vicari, I conflitti d’interessi di amministratori e soci della società target nel leveraged buy out, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gianfranco Campobasso, cit., IV, 2007, 267 ss. Le Società 5/2012 Prassi Diritto societario ramo). Peraltro, nel punto in cui afferma che il collegio sindacale della società conferitaria esprime il proprio consenso all’iscrizione nell’attivo dell’avviamento per un importo che non può comunque superare il costo per esso sostenuto, il Cndcec dimostra implicitamente di dare per risolto il problema dell’estensibilità dell’art. 2426, comma 1, n. 6, c.c. al conferimento d’azienda in società (61). Prestiti obbligazionari e strumenti finanziari partecipativi Tra le operazioni rilevanti ai fini dell’espletamento delle funzioni di vigilanza del collegio sindacale vengono annoverate talune fattispecie che toccano la struttura finanziaria della società nei suoi aspetti più profondamente incisi dalla riforma del diritto societario. Con particolare riferimento al prestito obbligazionario e agli strumenti finanziari partecipativi, il documento del Cndcec chiama il collegio sindacale alla verifica - oltre che del rispetto delle disposizioni di legge o dell’atto costitutivo in tema di organi sociali competenti a deliberarne l’emissione, di limiti all’emissione, nonché di conferimento di diritti patrimoniali e amministrativi anche della rispondenza dell’operazione ai principi di corretta amministrazione. Il punto appare di grande rilievo: il rispetto dei principi di corretta amministrazione concorre infatti a definire l’area sulla quale il collegio sindacale è chiamato ad esercitare la propria funzione di vigilanza, ai sensi dell’art. 2403 c.c. Giova ricordare che, in assenza di un dato normativo che definisca tali principi (62), è intervenuta la Consob fornendo indicazioni (63) che, sebbene rivolte alle società quotate, possono ritenersi di portata più ampia: segnatamente, e per quel che maggiormente interessa in questa sede, la vigilanza sulla corretta amministrazione risponderebbe anche all’esigenza di evitare il compimento di operazioni idonee ad arrecare un pregiudizio alla situazione economica e patrimoniale della società. Il punto è stato ripreso dallo stesso Cndcec che, con riferimento più generale alla vigilanza sull’osservanza dei principi di corretta amministrazione, nella ‘‘Norma’’ 3.3 ha ricordato come «la vigilanza sul procedimento decisionale adottato dagli amministratori si esercita verificando che le scelte gestionali ... siano congruenti e compatibili con le risorse e il patrimonio di cui la società dispone». Ebbene, calando la regola generale nel contesto concreto dell’emissione di obbligazioni, si può notare che in un sistema - qual è quello nazionale che àncora i limiti all’emissione di obbligazioni all’entità di talune poste del patrimonio netto, prescindendo dalla con- Le Società 5/2012 sistenza di debiti di altra natura già contratti dall’emittente - il rispetto dei limiti stessi potrebbe di per sé non essere sufficiente a garantire la solvibilità di una società caratterizzata da una forte esposizione debitoria. È dunque compito dei sindaci valutare se la scelta degli amministratori tenga conto dell’effettiva capienza patrimoniale della società rispetto ad operazioni che pure appaiono - su un piano meramente quantitativo - compiute nel pieno rispetto della legge. E, se possibile, ancora più avvertita deve intendersi la medesima esigenza nell’ambito della società a responsabilità limitata, dove il l’emissione di titoli di debito non è subordinata dall’art. 2483 c.c. al rispetto di alcun limite quantitativo. Non persuadono invece del tutto le indicazioni dedicate dal Cndcec ai finanziamenti dei soci, e non soltanto perché danno per piana l’applicazione dell’art. 2467 c.c. soltanto alle società a responsabilità limitata e alle società soggette a direzione e coordinamento da parte di altro soggetto - quasi trascurando la possibilità prefigurata in dottrina di applicare in via analogica la norma anche nell’ambito delle società per azioni (64). Ma altresı̀, e forse soprattutto, perché dispongono che il collegio sindacale verifichi che «i finanziamenti dei soci non siano restituiti agli stessi, in violazione di quanto stabilito dal primo comma dell’art. 2467 c.c., in un momento di eccessivo squilibrio economico-finanziario della società». L’eccessivo squilibrio economico-finanziario (65) della società non è, invero, il presupposto dell’obbligo di restituzione alla società delle somme rimborsate ai soci, bensı̀ la condizione richiesta dal comma 2 dell’art. 2467 c.c. perché trovi applicazione quanto previsto dal comma precedente, e cioè perché operi la postergazione del rimborso rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, appunto, si ponga a carico dei soci finanziatori l’obbligo di restituire le somme loro rimborsate, se il rimborso è avvenuto nell’anno precedente la diNote: (61) Su questo tema v. Martorano, L’azienda, in Costi (diretto da) e Buonocore (fondato da), Tratt. dir. comm., Torino, 2010, 42, nt. 17, ove ampi riferimenti dottrinari. (62) Ambrosini, Commento sub art. 149, in Cottino (diretto da), La legge Draghi e le società quotate in borsa, Torino, 1999, 278. (63) Si veda la comunicazione del 20 febbraio 1997, n. 1574, contenente raccomandazioni in tema di controlli. (64) Sul problema dell’applicabilità dell’art. 2467 c.c. alla s.p.a. si veda Maugeri, Finanziamenti ‘‘anomali’’ dei soci e tutela del patrimonio nelle società di capitali, Milano, 2005, 231, ove ulteriori riferimenti bibliografici. (65) Sul significato da attribuire alla locuzione, v. Portale, I «finanziamenti» dei soci nelle società di capitali, in Banca, borsa, tit. cred., 2003, I, 663 ss. 535 Prassi Diritto societario chiarazione di fallimento. La vigilanza sull’osservanza dell’art. 2467, comma 1, c.c. ha cosı̀ ad oggetto essenzialmente l’obbligo per gli amministratori di osservare il principio della postergazione nel rimborso (66), a cui si aggiunge quello di evitare in radice il rimborso ove si manifestino i segnali di un dissesto patrimoniale che potrebbe in breve tradursi nella dichiarazione di fallimento. Recesso In occasione dell’esercizio del diritto di recesso da parte del socio di società per azioni non quotata conseguente al verificarsi di una delle cause individuate dall’art. 2437 c.c., gli amministratori devono determinare il valore della quota da liquidare sulla base dei criteri fissati dall’art. 2437 ter, comma 2, c.c. (consistenza patrimoniale della società, sue prospettive reddituali, nonché eventuale valore di mercato delle azioni), sentito il parere del collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione legale dei conti. Senza potere in questa sede entrare nei risvolti tecnici della previsione, possiamo rapidamente ricordare che essa è figlia della riforma del diritto societario del 2003, segnando il superamento della precedente impostazione la quale, basata invece sul criterio della determinazione in proporzione del patrimonio quale risultava dal bilancio dell’ultimo esercizio, disincentivava l’uscita dalla società. Nella scelta della ponderazione dei metodi indicati dal legislatore, si ritiene che gli amministratori debbano tenere conto soprattutto delle caratteristiche della società (67). Abbiamo anticipato che nell’espletamento di tale funzione valutativa, gli amministratori devono sentire il parere anche del collegio sindacale, secondo il documento del Cndcec operativamente «tenuto a verificare l’esistenza di una situazione patrimoniale ad hoc, nonché di una traccia scritta del procedimento seguito dall’organo amministrativo e, quindi, che i criteri adottati siano tecnicamente corretti». L’indicazione del Consiglio nazionale individua in tal modo lo strumento di conoscenza della determinazione del valore di liquidazione che, secondo l’art. 2437 ter, comma 5, c.c., deve essere messo a disposizione del socio nei quindici giorni antecedenti alla data fissata dall’assemblea, e del quale egli ha diritto di prendere visione e di ottenere copia a proprie spese. Oltre che all’espressione del parere relativo alla determinazione della somma da liquidare, il Cndcec ricorda come al collegio sindacale sia richiesta la più generale verifica del rispetto degli adempimenti e delle formalità previste dalla legge e dallo statuto per il caso di recesso. Inoltre, con riferimento alla 536 società a responsabilità limitata, nei casi di esclusione del socio (art. 2473 bis c.c.), al collegio sindacale si chiede di vigilare sull’osservanza delle disposizioni statutarie che regolano il procedimento di esclusione, nonché sul rispetto delle disposizioni relative al rimborso della partecipazione sociale di cui all’art. 2473 c.c. Quest’ultima norma, pur ispirata all’esigenza di rendere la somma liquidata quanto più aderente possibile al valore effettivo della partecipazione, si presenta meno articolata dell’art. 2437 ter c.c. (68), il quale, tuttavia, potrebbe rappresentare un punto di riferimento cui attenersi nella redazione dell’atto costitutivo delle società a responsabilità limitata. Scioglimento e liquidazione Già si è detto che lo scioglimento e la liquidazione della società di capitali assegnano al collegio sindacale un ruolo suppletivo, nel caso in cui gli amministratori omettano di accertare senza indugio il verificarsi di una causa di scioglimento. Identica funzione vicaria è prevista quando gli amministratori omettano di convocare l’assemblea competente a deliberare sui criteri di svolgimento della liquidazione (art. 2487 c.c.). La ‘‘Norma’’ 10.9 interviene in particolare sui compiti dei sindaci nel corso della procedura di liquidazione. Sulla scorta dell’art. 2488 c.c., che prevede la continuazione della consueta funzione di controllo (69), sebbene nei limiti della compatibilità, il Cndcec ricorda che «il collegio sindacale svolge le proprie funzioni di vigilanza ed esercita i propri poteri, tenuto conto del particolare status e delle mutate finalità della società». Una sottolineatura merita la verifica da parte del collegio sindacale Note: (66) La postergazione viene perlopiù intesa come divieto di rimborso ai soci quando esso sia idoneo a pregiudicare la soddisfazione degli altri creditori: in tal senso si veda ex multis Cagnasso, La società a responsabilità limitata, in Cottino (diretto da), Tratt. dir. comm., V, 1, 2007, 108 ss.. Altra parte della dottrina ritiene invece che la postergazione abbia effetto soltanto in sede di esecuzione forzata individuale o di fallimento: in questa direzione Zanarone, op. cit., I, 467. (67) Caratozzolo, Criteri di valutazione del socio recedente nella spa, in questa Rivista, 2005, 1209 ss.; Ventoruzzo, I criteri di valutazione delle azioni in caso di recesso, in Riv. soc., 2005, 309 ss. (68) In particolare, l’art. 2473 c.c. menziona soltanto il valore di mercato, e lo fa peraltro in un ambito societario in cui le quote a differenza delle azioni - non sono destinate alla circolazione: De Angelis, Commento a Cass. civ., sez. I, 19 marzo 2004, n. 5548, in questa Rivista, 2004, 1379 s. (69) V. ex multis Cavalli, Osservazioni sui doveri del collegio sindacale di società per azioni non quotate, cit., 53 ss. Le Società 5/2012 Prassi Diritto societario che il liquidatore (o il comitato dei liquidatori) rediga il bilancio iniziale di liquidazione: si tratta infatti di un compito che, dopo la riforma del diritto societario, non viene esplicitamente attribuito al liquidatore, a differenza delle altre funzioni richiamate dal Cndcec [id est rispetto dei criteri in base ai quali deve svolgersi la liquidazione e dei poteri ad esso conferiti dall’assemblea; prosecuzione dell’attività d’impresa solo se a tal fine il liquidatore sia autorizzato dall’assemblea; redazione degli eventuali bilanci intermedi (annuali) di liquidazione e del bilancio finale di liquidazione; deposito delle eventuali somme non riscosse; richiesta di cancellazione della società]. Nel disporre comunque la redazione del bilancio iniziale di liquidazione, il Consiglio nazionale si muove invero nel solco tracciato dal principio contabile OIC n. 5 (70) che, anche sulla scorta dell’art. 2277, comma 2, c.c. - prima della riforma richiamato dal testo storico dell’art. 2452 c.c. in materia di liquidazione delle società di capitali ritiene l’accertamento della situazione iniziale del patrimonio della società indispensabile per la successiva gestione della liquidazione. Rispetto a ogni tipologia di bilanci redatti dai liquidatori - iniziale, intermedio (annuale) e finale - oltre a verificarne la redazione - il collegio sindacale è tenuto altresı̀ a predisporre la relazione di cui all’art. 2429 c.c.: l’asserzione del Consiglio nazionale è suffragata dal richiamo generale alle disposizione degli artt. 2423 ss. c.c. contenuto nell’art. 2490 c.c. e, per il bilancio finale di liquidazione, dall’art. 2492, comma 2, c.c. (71). Nel documento che stiamo esaminando si precisa infine che il collegio sindacale può chiedere al tribunale la revoca dei liquidatori per giusta causa (cfr. art. 2487, comma 4, c.c.) e la cancellazione della società dal Registro delle imprese, in caso di inerzia dei liquidatori. Questo potere suppletivo assegnato ai sindaci - che non è espressamente previsto dalla legge - può in realtà farsi discendere dall’art. 2406 c.c. che - attribuendo ai sindaci una funzione vicaria in ipotesi di omissione degli amministratori - ha portata più generale (72). Attività del collegio sindacale nella crisi d’impresa La mancanza di dati normativi che fungano da raccordo tra diritto societario e disciplina della crisi d’impresa ha suggerito l’adozione dal parte del Cndcec della ‘‘Norma’’ n. 11, contenente sei disposizioni. Innanzi tutto - in una prospettiva di prevenzione e di tempestiva emersione della crisi di Le Società 5/2012 impresa - al collegio sindacale è richiesta una vigilanza sul rispetto del principio della continuità aziendale (‘‘Norma’’ 11.1): infatti, quando siano rilevati fatti idonei a pregiudicare il going concern, l’organo di controllo deve darne immediata comunicazione agli amministratori perché questi vi pongano rimedio mediante l’adozione di adeguate misure, la realizzazione delle quali deve essere costantemente monitorata per accertarne l’efficacia. Sul punto, il documento del Cndcec riecheggia un disegno di legge di qualche anno addietro che, ispirato al diritto francese, contemplava istituti di allerta e prevenzione, prevedendo in particolare che i sindaci e i revisori segnalassero all’organo amministrativo i fatti idonei a pregiudicare la continuità dell’impresa, dei quali fossero venuti a conoscenza nello svolgimento delle proprie funzioni (73). Ma vi è di più: nel documento in esame si riconosce al collegio sindacale il ruolo propositivo che la dottrina ha assegnato ai sindaci in termini di prospettazione agli amministratori dell’opportunità di proporre ai creditori soluzioni negoziali della crisi (74). Inoltre, per l’individuazione di indicatori della crisi, il collegio sindacale può acquisire elementi utili dal revisore legale o dalla società di revisione legale, ove presente. La segnalazione agli amministratori dei fatti idonei a pregiudicare la continuazione dell’attività sociale non è di per sé sufficiente a scongiurare la crisi ove gli amministratori omettano di adottare le misure necessarie o adottino misure non adeguate. Secondo la ‘‘Norma’’ 11.2 - nella quale si avverte l’influenza della dottrina intervenuta sul tema (75) -, in tal caso il collegio sindacale convoca l’assemblea a norma dell’art. 2406 c.c. per informarla dello stato di crisi e del comportamento degli amminiNote: (70) Organismo Italiano di Contabilità, Documento OIC 5, Bilanci di liquidazione. (71) Sul permanere delle prerogative del collegio sindacale in tema di bilancio anche nel corso della liquidazione della società, si veda Alessi, I liquidatori di società per azioni, Torino, 1994, 154. (72) Porzio, La cancellazione, in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gianfranco Campobasso, cit., IV, 2007, 83. (73) Il disegno di legge era stato predisposto dalla «Commissione Trevisanato» istituita con D.M. 27 febbraio 2004. In argomento v. Jorio - Fortunato (a cura di), La riforma delle procedure concorsuali. I progetti, Milano, 2004, 162. (74) Caterino, La funzione del collegio sindacale delle società quotate, tra ‘‘prevenzione’’ e ‘‘allerta’’ della crisi d’impresa, in Studi in onore di Umberto Belviso, I, Bari, 2011, 364. (75) Jorio, Crisi d’impresa e controlli interni, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gianfranco Campobasso, cit., III, 78. 537 Prassi Diritto societario stratori definendo in modo puntuale l’ordine del giorno - circoscritto alla situazione di crisi -, esponendo in apposita relazione i fatti censurabili e le informazioni acquisite, allegando la documentazione di supporto (ad esempio, riscontri effettuati, dati e informazioni ricevuti dall’organo di amministrazione o dal revisore legale). Peraltro, qualora l’assemblea, sebbene convocata, non abbia luogo oppure non assuma adeguati provvedimenti e la condotta degli amministratori integri anche i presupposti di gravi irregolarità, ove consentito della legge, il collegio sindacale può proporre la denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c. Al Consiglio nazionale va inoltre il merito di suggerire al collegio sindacale il comportamento da tenere nelle soluzioni negoziali delle crisi d’impresa, più precisamente, nel tentativo di risanamento dell’esposizione debitoria della società assistito da un piano volto anche a riequilibrare la sua situazione finanziaria, secondo l’art. 67, comma 3, lett. d), l.fall. (‘‘Norma 11.3); nell’ipotesi di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis l.fall. (‘‘Norma 11.4); nonché nel caso del concordato preventivo di cui agli artt. 160 ss. l.fall. (‘‘Norma’’ 11.5). Nella fase prodromica di tutte le menzionate occasioni, il ruolo del collegio sindacale è circoscritto alla verifica dei requisiti di professionalità richiesti dalla legge in capo al professionista che, rispettivamente, attesta la ragionevolezza del piano di risanamento, redige la relazione sull’attuabilità del piano di ristrutturazione, predispone la relazione sulla veridicità dei dati aziendali e sulla fattibilità del piano posto alla base della proposta di concordato preventivo. L’organo di controllo interno non è al contrario tenuto ad esprimere un giudizio sul merito della soluzione negoziale della crisi d’impresa: il Consiglio nazionale sembra cosı̀ essersi discostato dai risultati cui è giunta la dottrina che riconosce invece al collegio sindacale un ruolo attivo anche nella verifica di adeguatezza e fattibilità degli accordi di composizione privata della crisi (76). Nel documento del Cndcec il ruolo del collegio sindacale nella fase dell’esecuzione del tentativo negoziale diverge invece in ragione della soluzione negoziale prescelta. Durante l’esecuzione del piano di risanamento di cui all’art. 67, comma 3, lett. d), l.fall., il Cndcec ritiene opportuno che il collegio sindacale richieda agli amministratori notizie sul rispetto di contenuti, scadenze e obiettivi indicati nel piano, e che vigili con particolare attenzione laddove, a seguito di informazioni acquisite dagli amministratori o nel corso dell’attività di vigilanza, rilevi significativi sco- 538 stamenti rispetto alle previsioni del piano. In tal caso, il collegio sindacale può richiedere chiarimenti all’organo amministrativo e, qualora questi non vengano forniti o risultino insufficienti, può convocare, ricorrendone i presupposti, l’assemblea dei soci al fine di comunicare tali fatti, per valutare l’opportunità di altre misure. Il Consiglio nazionale ha cura di precisare, infatti, che «il piano attestato non richiede il consenso di alcuno, né tanto meno un vaglio omologatorio. Sarà, quindi, solo la concreta esecuzione dello stesso a mostrarne le capacità risolutive. Nel caso in cui queste non emergano come tali, infatti, la società dovrà adottare tempestivamente altre misure». Più intensa è l’attività del collegio sindacale nello stadio esecutivo dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. A giudizio del Cndcec l’organo di controllo deve vigilare non soltanto sulla esecuzione puntuale dell’accordo - analogamente a quanto visto in merito al piano di risanamento - ma altresı̀ sugli adempimenti richiesti per l’omologazione del tribunale e, per l’intero periodo preso in considerazione ai fini della ristrutturazione, sul regolare pagamento dei creditori estranei all’accordo. Durante la procedura di concordato preventivo, il Cndcec afferma la coesistenza del collegio sindacale con gli organi di nomina giudiziale, il commissario giudiziale (art. 163, comma 2, n. 3, l.fall.) - tenuto a vigilare sull’esecuzione del piano e sull’adempimento del concordato - ed il commissario liquidatore, quest’ultimo necessario ove il concordato preventivo preveda la soddisfazione dei crediti attraverso la cessione dei beni (artt. 160, comma 1, lett. a), 182 l.fall.). Il collegio sindacale continua invece ad «operare in funzione di vigilanza nell’interesse dei soci e della società ai sensi dell’art. 2403 c.c. In particolare, il collegio esercita i propri poteri di intervento (ad esempio, partecipazione alle riunioni degli organi sociali, atti di ispezione e controllo, convocazione dell’assemblea) e redige la relazione di cui all’art. 2429 c.c.» (77). Il Cndcec ritiene inoltre opportuno che il collegio sindacale informi il commissario giudiziale di eventuali irregolarità riscontrate nella gestione per consentirgli la tempestiva informazione al tribunale ai sensi degli Note: (76) Caterino, op. loc. citt. (77) Afferma che l’organo di controllo interno mantiene intatte le sue funzioni anche quando la società sia stata ammessa al concordato preventivo Boggio, Amministrazione e controllo delle società di capitali in concordato preventivo (dalla domanda all’omologazione), in AA.VV., Amministrazione e controllo nel diritto delle società, Torino, 2010, 880 ss. Le Società 5/2012 Prassi Diritto societario artt. 173 (revoca dell’ammissione al concordato) e 185 l.fall. (esecuzione del concordato) (78). Nel documento in esame si esclude per converso che il collegio sindacale abbia la facoltà di vigilare sull’operato del commissario liquidatore, perché sottoposto al controllo del tribunale e del commissario giudiziale. La ‘‘Norma’’ 11.6 dispone che «durante la procedura di fallimento le funzioni del collegio sindacale sono sospese». Viene in tal modo chiarito che la dichiarazione di fallimento della società non comporta la decadenza degli organi sociali, vicenda invece conseguente all’estinzione della società. Come si desume a contrario dagli artt. 118, commi 1, nn. 3 e 4, e 2 - che dispongono la cancellazione della società dal Registro delle imprese soltanto in talune ipotesi di chiusura del fallimento - e 124 l.fall. - che Le Società 5/2012 ammette, al ricorrere di determinate condizioni, la legittimazione dell’impresa fallita a presentare la proposta di concordato - la procedura fallimentare non si traduce automaticamente nell’estinzione della società. In linea teorica sussiste pertanto la possibilità (non frequente nella prassi) di riprendere lo svolgimento dell’attività sociale con il conseguente ritorno del collegio sindacale all’espletamento delle funzioni che gli sono proprie. Come già segnalato supra, la sospensione delle funzioni durante la procedura di fallimento della società fa sı̀ che gli incarichi qui ricoperti dai sindaci non vengano computati ai fini del cumulo degli incarichi medesimi. Nota: (78) In questa direzione Boggio, op. cit., 883. 539