Le nuove norme di comportamento del collegio sindacale

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Le nuove norme di comportamento del collegio sindacale
Prassi
Diritto societario
Collegio sindacale
Le nuove norme
di comportamento del collegio
sindacale
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Il testo integrale del documento è disponibile su: www.ipsoa.it/lesocieta
CONSIGLIO NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI CONTABILI, Documento 15 dicembre 2010
Norme di comportamento del collegio sindacale nelle società non quotate
IL CONSIGLIO NAZIONALE DEI DOTTORI
COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI CONTABILI
(omissis).
IL COMMENTO
di Giuliana Martina
Con l’emanazione delle tre norme relative al comportamento dei sindaci nelle ipotesi di omissione degli amministratori, di operazioni straordinarie e di crisi d’impresa, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti
e degli Esperti Contabili ha completato il nuovo assetto deontologico del collegio sindacale. Oltre a ripercorrere istituti tipici del diritto societario, il documento costituisce un’occasione di riflessione su taluni passaggi
tra i più critici di una disciplina in tempi recenti oggetto di un incessante divenire legislativo.
Premessa
Dopo un periodo di pubblica consultazione durato alcuni mesi, dal 16 marzo al 30 settembre 2011,
nel dicembre dello stesso anno il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti
Contabili ha approvato in via definitiva, e quindi
licenziato, le ‘‘Norme di comportamento del Collegio sindacale’’ 9, 10 e 11, completando cosı̀ l’iter
destinato ad implementare il corpus già emanato ed
entrato in vigore il 18 gennaio 2011 (1).
Le ultime indicazioni deontologiche - che decorrono dal 18 gennaio 2012 ed operano in tutte le società, salvo che siano applicabili disposizioni di legge o regolamentari disciplinanti specifici settori di
attività o mercati regolamentati - si muovono lungo
le tre linee direttrici delle best practices richieste
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operativamente al collegio sindacale nel caso di
omissione degli amministratori, nell’ipotesi di operazioni straordinarie o rilevanti, nonché in occasione della crisi d’impresa. Il comportamento rilevante
è dunque quello che il collegio sindacale è chiamato a tenere nella sua innegabile qualità di organo di
controllo societario, non già nel differente - e solo
eventuale - status di revisore legale dei conti.
A questa seconda possibile veste del collegio sindacale è invece dedicato un ancor più recente documento approvato dal Cndcec il 9 febbraio del
Nota:
(1) Le prime otto norme sono pubblicate in Riv. dir. soc., 2011,
214 ss., con presentazione di Abriani, Le nuove norme di comportamento del collegio sindacale di società non quotate ed in
questa Rivista, 2011, 29 con nota di Mancinelli - Di Giovacchino.
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2012, che testimonia la continua tensione verso la
definizione di ruoli e competenze del collegio sindacale: ci riferiamo alle ‘‘Linee guida per l’organizzazione del collegio sindacale incaricato della revisione legale dei conti’’, le quali si propongono, tra l’altro, l’obiettivo di tentare il superamento di talune
criticità riscontrate nell’applicazione del D.Lgs. 27
gennaio 2010, n. 39.
Merita precisare peraltro che l’emanazione di
‘‘Norme’’ e ‘‘Linee’’ si inserisce in un humus legislativo in costante movimento sul piano della
composizione del collegio sindacale, com’è dimostrato dalle modifiche introdotte nel testo degli
artt. 2397 e 2477 c.c. dapprima dall’art. 14, commi 13 e 14, L. 12 novembre 2011, n. 183, contenente disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (c.d. Legge di
stabilità 2012) (2), e successivamente dall’art. 35,
commi 1 e 2, D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, contenente disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo e convertito, con modificazioni, nella L. 4 aprile 2012, n. 35. Una delle più rilevanti innovazioni ascrivibili agli ultimi interventi del legislatore è rappresentata dalla possibile
composizione monocratica dell’organo di controllo
interno. Tuttavia, la nomina del sindaco unico
nella s.p.a. era stata subordinata inizialmente con l’art. 14, comma 14, L. n. 183/2011 - alla presenza di ricavi o di un patrimonio netto inferiori a
un milione di euro e all’apposita previsione statutaria; in un secondo momento - con l’art. 35, comma 1, D.L. n. 5/2012 - al ricorrere delle condizioni
per la redazione del bilancio in forma abbreviata
ai sensi dell’art. 2435 bis c.c. e - in una prospettiva
rovesciata rispetto alla precedente soluzione - sempreché lo statuto non disponesse diversamente.
Con la menzionata L. n. 35/2012 è stato abrogato
il comma 3 dell’art. 2397 c.c. - che introduceva le
segnalate novità - ed è stato pertanto ripristinato
lo status quo anteriore al novembre del 2011: nelle
società per azioni ritorna cosı̀ l’obbligo di nominare il collegio sindacale.
La L. n. 35/2012 conferma invece le modifiche
che erano state inserite dall’art. 35, comma 2, D.L.
n. 5/2012 nell’art. 2477 c.c. il quale - oltre a riproporre l’alternativa tra collegio sindacale e sindaco
unico (entrambi definiti ‘‘organo di controllo’’) che
i primi commentatori scorgevano già nel testo dell’art. 2477 c.c. come modificato dall’art. 14, comma
13, L. n. 183/2011 (3) - introduce ora l’alternativa
tra organo di controllo e revisore anche al ricorrere
delle ipotesi che antecedentemente obbligavano la
società a responsabilità limitata a nominare l’orga-
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no di controllo interno. Con la conseguenza - dai
contorni non certo tranquillizzanti - di privare le
società a responsabilità limitata che abbiano optato
per la nomina del revisore non solo dei controlli
previsti dall’art. 2403 c.c., ma altresı̀ di molti strumenti di tutela delle minoranze e dei creditori apprestati dal diritto societario, quali l’intervento all’assemblea dei soci e alle adunanze del consiglio di
amministrazione e la denunzia di gravi irregolarità
al tribunale (4).
Le ‘‘Norme’’ sul comportamento del collegio sindacale si muovono quindi sulle ‘‘sabbie mobili’’ di
un incessante fieri legislativo che, originato dall’esigenza di evitare la macchinosità - e, quindi, l’eccessiva onerosità - talvolta dimostrata dalla prassi della
governance societaria, rischia tuttavia di abbassare il
livello dei controlli e di generare nebbie più fitte di
quelle che si intendevano invece diradare. Basti
pensare alla necessità avvertita dal Cndcec di precisare che le ‘‘Norme’’ sono applicabili all’organo di
controllo interno sia nella sua composizione collegiale sia in quella monocratica (sindaco unico, come visto ora possibile soltanto nelle s.r.l.), in quanto compatibili. Ed è noto che il criterio della compatibilità si è rivelato spesso un rimedio peggiore
del male che si intendeva evitare.
Come anticipato, il presente lavoro è incentrato
sull’esame delle ultime tre norme (9, 10 e 11) di
comportamento richiesto al collegio sindacale nella sua qualità di organo di controllo interno, quelle
di più recente introduzione. Va però ricordata anche la modifica di taluni precedenti passaggi normativi che, dopo una prima fase di ‘‘rodaggio’’ nel
2011, hanno evidentemente suggerito al Cndcec
degli ‘‘aggiustamenti’’. Provando a segnalare rapidamente gli interventi più significativi, possiamo
menzionare la puntualizzazione secondo la quale,
ai fini del cumulo degli incarichi dei sindaci, non
si computano quelli ricoperti in società dichiarate
fallite ovvero ammesse al concordato fallimentare
Note:
(2) In argomento v. Salafia, Il sindaco monocratico nella Legge
di stabilità n. 183/2011, in questa Rivista, 2011, 1423; De Angelis, Il collegio sindacale rimane obbligatorio nelle s.r.l. con ricavi
e patrimonio netto superiori a un milione di euro, ivi, 2012, 41.
(3) De Angelis, op. loc. citt.; Abriani, Collegio sindacale e sindaco unico nella s.r.l. dopo la Legge di stabilità, in questa Rivista,
2011, 1425 ss.
(4) In argomento De Angelis, Controlli nelle Srl tra tante incognite, in Il Sole 24 Ore, 20 febbraio 2012, 4. Si veda tuttavia la
Massima del Consiglio notarile di Milano n. 124 del 3 aprile
2012, secondo la quale, in mancanza di diverse previsioni statutarie, anche la funzione di controllo di gestione può intendersi
attribuita al revisore.
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(‘‘Norma’’ 1.3), nelle quali le funzioni dei sindaci
sono sospese, come ha cura di precisare la ‘‘Norma’’ 11.6 (sulla quale ritorneremo infra); l’irrilevanza - ai fini della valutazione dell’indipendenza
del sindaco inserito in un contesto di ‘‘rete’’ - della
sua appartenenza ad un’associazione o ad una società professionale in cui manchi il requisito dello
svolgimento in comune di un’attività professionale
e vi sia una mera ripartizione dei costi, dovendosi
escludere in tal caso la configurabilità stessa di una
‘‘rete’’ (‘‘Norma’’ 1.4); l’accentuazione della funzione di impulso dell’organizzazione dell’attività
del collegio sindacale assegnata al suo presidente
(il quale, tuttavia, non ha compiti diversi ed attribuzioni prevalenti rispetto agli altri sindaci), nonché del possibile affidamento ad un singolo sindaco di specifiche operazioni, da sottoporre successivamente ad esame collegiale (‘‘Norma’’ 2.1); la valorizzazione delle dimensioni e della complessità
della società ai fini della valutazione dell’adeguatezza dei sistemi di controllo interno (‘‘Norma’’
3.5); l’esigenza di verificare che nella relazione sulla gestione gli amministratori abbiano fornito idonee informazioni anche sugli indicatori (finanziari
e non) pertinenti all’attività specifica della società,
comprese le informazioni attinenti all’ambiente e
al personale (‘‘Norma’’ 3.7). Infine, la ‘‘Norma’’
7.1 è stata arricchita con l’indicazione delle modalità attraverso le quali è possibile al sindaco far
constare il proprio dissenso rispetto al contenuto
della relazione del collegio sindacale all’assemblea,
prevedendosi, in particolare, che il dissenso possa
essere espresso mediante l’iscrizione a verbale e la
facoltà di riferire all’assemblea la propria opinione
difforme.
La funzione vicaria dei sindaci
La ‘‘Norma’’ di comportamento n. 9 - che si
compone di un unico punto (9.1) - è dedicata all’attività del collegio sindacale in caso di omissione
degli amministratori e richiede ai sindaci lo svolgimento di funzioni vicarie dell’organo amministrativo nel casi previsti dalla legge. Segnatamente, i sindaci sono chiamati a:
i) convocare l’assemblea dei soci;
ii) eseguire le pubblicazioni previste dalla legge;
iii) presentare al tribunale le istanze relative allo
scioglimento e alla liquidazione della società.
Secondo il sistema codicistico, la funzione vicaria del collegio sindacale in ordine alla convocazione dell’assemblea è in via generale prevista nel caso
di omissione o di ingiustificato ritardo da parte de-
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gli amministratori; alla convocazione segue l’obbligo per il collegio di espletare le pubblicazioni prescritte dalla legge (art. 2406, comma 1, c.c.). A tal
proposito, va rammentato l’obbligo posto a carico
degli amministratori di convocare l’assemblea ordinaria almeno una volta l’anno (art. 2364, comma
2, c.c.), e quello che incombe sugli amministratori
rimasti in carica di convocare l’assemblea perché
essa provveda alla sostituzione di quelli mancanti
nell’ipotesi in cui sia venuta meno la maggioranza
degli amministratori nominati dall’assemblea (art.
2386, comma 2, c.c.).
Alle fattispecie poc’anzi menzionate vanno aggiunte le particolari ipotesi in cui è expressis verbis
richiesto l’intervento del collegio sindacale, in luogo degli amministratori inerti: la convocazione senza indugio dell’assemblea per gli opportuni provvedimenti quando risulti che il capitale è diminuito
di oltre un terzo in conseguenza di perdite (artt.
2446, comma 1, c.c.), ovvero per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento
del medesimo ad una cifra non inferiore al minimo
legale, o la trasformazione, ovvero lo scioglimento
della società se, per la perdita di oltre un terzo del
capitale, questo si riduce al di sotto del detto minimo (artt. 2447 e 2484, comma 1, n. 4, c.c.). Il ruolo supplente del collegio sindacale è inoltre previsto ove gli amministratori rimangano inerti successivamente alla domanda di convocazione fatta da
tanti soci che rappresentino almeno il ventesimo
del capitale sociale nelle società che fanno ricorso
al mercato del capitale di rischio e il decimo del
capitale sociale nelle altre, o la minore percentuale
prevista nello statuto, a condizione che nella domanda siano stati indicati gli argomenti da trattare
(art. 2367, commi 1 e 2, c.c.). In tal caso, mette
conto segnalare l’esigenza che i sindaci indaghino
sulle ragioni della mancata convocazione: l’omissione degli amministratori potrebbe, infatti, trovare
la propria ratio giustificativa nel ricorrere di una
delle ipotesi di divieto di convocazione su richiesta
dei soci contemplate dall’art. 2367, comma 3, c.c.,
secondo cui la convocazione non è ammessa per
argomenti sui quali l’assemblea è chiamata a deliberare su proposta degli amministratori o sulla base
di un progetto o di una relazione da essi predisposta. In tale circostanza il collegio sindacale non potrebbe naturalmente intendersi obbligato all’assolvimento di alcuna funzione vicaria in termini di
convocazione, dovendosi limitare a constare le ragioni dell’inerzia degli amministratori, anche in vista dell’audizione preventiva con la quale il tribunale accerta se il rifiuto - anche quello dei sindaci
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- sia ingiustificato, a norma dell’art. 2367, comma
2, c.c. (5).
Nei criteri applicativi del principio di comportamento n. 9, il Cndcec ha inserito l’obbligo per i
sindaci di eseguire le pubblicazioni presso l’ufficio
del Registro delle imprese - relative a denunzie, comunicazioni o depositi previsti dalla legge - che
non siano state eseguite dagli amministratori o che
siano state eseguite in modo incompleto. Fra gli
adempimenti pubblicitari cui sono chiamati i sindaci, una particolare sottolineatura è riservata all’iscrizione presso il Registro delle imprese della cessazione degli amministratori dall’ufficio per qualsiasi
causa, ed entro i successivi trenta giorni dalla data
della cessazione ovvero dalla data in cui il collegio
ne è venuto a conoscenza, se successiva. La cessazione degli amministratori può infatti dare luogo ad
un ruolo supplente dei sindaci che si spinge sino ad
abbracciare la funzione tipica - ed esclusiva, secondo l’art. 2380 bis, comma 1, c.c. - degli amministratori: la gestione dell’impresa sociale sulla quale nella sistematica del codice civile come novellato
dalla riforma del diritto societario del 2003 - il collegio sindacale ha invece il compito di vigilanza assegnatogli dall’art. 2403 c.c. (6). Si legge infatti
nella menzionata ‘‘Norma’’ 9.1 che nel «caso del
venir meno dell’organo amministrativo, il collegio
sindacale provvede [...] all’ordinaria amministrazione della società. In tali circostanze il collegio sindacale svolge le seguenti attività: esegue l’iscrizione
presso il Registro delle imprese della cessazione degli amministratori; provvede a convocare, nel più
breve tempo possibile, l’assemblea per la nomina
del nuovo organo amministrativo secondo le modalità indicate dalla ‘‘Norma’’ 5.7; compie gli atti di
ordinaria gestione che si rendano necessari per la
prosecuzione dell’attività». L’indicazione del
Cndcec trova il proprio fondamento normativo
nell’art. 2386, comma 5, c.c. che, nel caso di cessazione dell’amministratore unico o di tutti gli amministratori, dispone la convocazione d’urgenza dell’assemblea, per la nomina dell’amministratore o
dell’intero consiglio, da parte del collegio sindacale,
il quale può compiere nel frattempo gli atti di ordinaria amministrazione. Pertanto, l’intervento vicario del collegio sindacale nella tipica ed esclusiva
funzione di gestione sociale degli amministratori
presuppone la cessazione dell’intero organo amministrativo in carica, determinata da cause di immediata efficacia, e trova il suo limite nella gestione
ordinaria.
In particolare, come ha cura di precisare il
Cndcec, possono essere causa di cessazione dell’in-
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tero organo amministrativo con immediata efficacia
la revoca (art. 2383, comma 3, c.c.), la decadenza
sopravvenuta di tutti gli amministratori nelle ipotesi previste all’art. 2382 c.c. (interdizione, inabilitazione, fallimento, condanna ad una pena che importa l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici
uffici o l’incapacità ad esercitare uffici direttivi),
nonché la presenza della clausola statutaria ‘‘simul
stabunt, simul cadent’’ - oggi espressamente prevista
dal riformato art. 2386, comma 4, c.c. (7) - qualora
tale clausola operi con riferimento all’immediata
cessazione dell’organo. Occorre ricordare in proposito che la clausola ‘‘simul stabunt, simul cadent’’ può
essere variamente congegnata: segnatamente, se
l’atto costitutivo tace riguardo alle modalità di rinnovo del consiglio di amministrazione, in occasione
della cessazione di taluni amministratori, gli amministratori rimasti in carica convocano d’urgenza
l’assemblea per la nomina del nuovo consiglio (art.
2386, comma 4, c.c.). Lo statuto può tuttavia prevedere che, al tempo della cessazione di taluni amministratori, trovi applicazione l’art. 2386, comma
5, c.c. e che, conseguentemente, l’assemblea sia
convocata d’urgenza dal collegio sindacale cui, medio tempore, competono gli atti di ordinaria amministrazione (art. 2386, commi 4 e 5, c.c.). Nella prima ipotesi (convocazione dell’assemblea da parte
degli amministratori rimasti in carica), il consiglio
di amministrazione va considerato ‘‘dimissionario’’
e, dunque, rimane in carica fino alla nomina dei
nuovi amministratori (c.d. prorogatio), secondo
quanto richiesto dall’art. 2385 c.c. (8). Pienamente
Note:
(5) In argomento si veda Serra, Il procedimento assembleare, in
Abbadessa e Portale (a cura di), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gianfranco Campobasso, 2, Torino, 2006, 2, 47.
(6) La letteratura sulla portata della vigilanza dei sindaci dopo la
riforma del 2003 è vastissima. Senza alcuna pretesa di esaustività, v. ex multis Ambrosini, Collegio sindacale: doveri, poteri e responsabilità, in Cottino (diretto da) Tratt. dir. comm., IV, Padova,
2010, 749 ss.; Domenichini, Commento sub art. 2403, in Niccolini - Stagno d’Alcontres (a cura di), Società di capitali. Commentario, II, Napoli, 2004, 748 ss.; Cavalli, Il collegio sindacale, in Ambrosini (a cura di), Il nuovo diritto societario, I, Torino, 2005, 267
ss.; Id., Osservazioni sui doveri del collegio sindacale di società
per azioni non quotate, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gianfranco Campobasso, cit., III, 55 ss.; Irrera, Collegio
sindacale e assetti adeguati, in Alessi - Abriani - Morera (a cura
di), Il collegio sindacale. Le nuove regole, Milano, 2007, 259 ss.
(7) Invero, anche prima della riforma del diritto societario, la dottrina dominante ammetteva la validità della clausola. Si veda ex
multis Bonelli, Gli amministratori della società per azioni, Milano, 1985, 58 ss.
(8) In tal senso L. Russo, Sub art. 2386, in Abriani - Stella Richter (a cura di), Codice Commentato delle società, I, Torino,
2010, 1082.
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condivisibile appare pertanto la linea seguita dal
Cndcec che soltanto nella seconda ipotesi (convocazione dell’assemblea da parte del collegio sindacale), considera ‘‘decaduto’’ con effetto immediato
l’intero consiglio di amministrazione, riconoscendo
al collegio sindacale una funzione amministrativa
vicaria.
Peraltro - lo si è già rammentato - l’amministrazione interinale affidata al collegio sindacale deve
essere circoscritta entro i confini dell’ordinaria amministrazione e non può pertanto estendersi alla
modifica delle caratteristiche strutturali dell’organizzazione della società (9).
La ‘‘Norma’’ 9.1 prosegue stabilendo che, qualora l’assemblea, per qualsiasi ragione, non deliberi la
nomina del nuovo organo amministrativo in un
adeguato lasso di tempo, il collegio sindacale, constatata l’impossibilità di funzionamento dell’assemblea, o la sua continuata inattività, chiede al tribunale l’emissione del provvedimento di scioglimento
della società. In questo caso siamo infatti in presenza di un’applicazione della regola contenuta nell’art.
l’art. 2484, comma 1, n. 3, c.c. che opera, tra l’altro, tutte le volte in cui sia impedita l’assunzione di
deliberazioni assembleari necessarie per il funzionamento della società, qual è la delibera di rinnovo
delle cariche sociali cessate (10). Inoltre, il prodursi
della causa di scioglimento - che per evidenti ragioni non può essere verificata dagli amministratori
decaduti - verrà accertata dal tribunale su istanza di
singoli soci o dei sindaci (art. 2485, comma 2,
c.c.). Analogo procedimento sarà seguito anche
quando gli amministratori - pur nel pieno della loro
carica - omettano l’accertamento della causa di
scioglimento. Secondo il Cndcec, in tale ultima
ipotesi è tuttavia opportuno che il collegio, ove riscontri il ritardo da parte degli amministratori nell’eseguire i relativi adempimenti, provveda dapprima a sollecitare l’organo amministrativo. Soltanto
quando gli amministratori persistano nella loro
inerzia, i sindaci chiedono al tribunale l’emissione
del provvedimento di scioglimento della società. Ed
atteso che «la legge non prevede un termine entro
il quale gli amministratori devono procedere ai
menzionati adempimenti, limitandosi a disporre
che gli stessi siano adempiuti senza indugio, i sindaci devono ponderare la tempestività del loro intervento sulla base del tempo che è ragionevolmente
necessario affinché gli amministratori analizzino e
formino il proprio giudizio sulla causa di scioglimento e quindi adottino gli opportuni provvedimenti».
Al fine di circoscrivere la funzione vicaria richie-
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sta ai sindaci nell’ipotesi di specie, si rende necessario innanzi tutto precisare che la ‘‘Norma’’ 9.1 riprende a tratti pedissequamente la lettera dell’art.
2485 c.c., il quale va invece correttamente interpretato. Infatti, il richiamo agli ‘‘adempimenti di
cui al precedente comma’’ contenuto nell’art. 2485,
comma 2, c.c. potrebbe prima facie far pensare sia
all’adempimento consistente nell’accertamento del
verificarsi della causa di scioglimento, sia all’obbligo di iscrizione presso l’ufficio del Registro delle imprese della dichiarazione con cui gli amministratori
accertano la causa stessa. È invece da preferire una
diversa soluzione - invero più restrittiva - che limita
l’istanza dei sindaci (ma anche dei soci) al mancato
accertamento della causa di scioglimento. Si ritiene
infatti che, se gli amministratori abbiano accertato
la causa di scioglimento senza tuttavia pubblicizzarla nelle forme prescritte, lo scioglimento potrà essere iscritto nel Registro delle imprese d’ufficio, ai
sensi dell’art. 2190 c.c. (11).
Abbiamo già accennato che il Cndcec invita i
sindaci a valutare con cautela l’intempestività degli
amministratori nell’adempimento dell’obbligo di
accertare il verificarsi della causa di scioglimento:
sembra essere stata cosı̀ accolta l’impostazione di
quanti escludono la proposizione dell’istanza al tribunale ove gli amministratori «siano sul punto di
porre in essere i richiesti adempimenti e ne abbiano
motivato il differimento temporale» (12). D’altro
canto, è stato osservato che la locuzione «senza indugio» «lascia intendere che gli amministratori predisponendo i necessari strumenti di monitoraggio - debbono mettersi in condizioni di percepire
tempestivamente un tale evento» (13), sicché occorrerà almeno attendere i tempi richiesti dall’utilizzo di tali strumenti di monitoraggio. In aggiunta,
è possibile invocare il criterio introdotto dall’art.
2406, comma 1, c.c., secondo cui la funzione vicaria degli amministratori opera in caso di ‘‘ingiustificato ritardo’’ da parte degli amministratori, non già
di ritardo tout court. Sia pure riferita al caso particolare di mancata convocazione dell’assemblea da
Note:
(9) Sull’ampiezza dell’ordinaria amministrazione v. Bonelli, op.
cit., 103.
(10) Niccolini, Sub art. 2484, in Società di capitali, cit., III, 1718.
(11) Gusso, Sub art. 2485, in Codice commentato delle società
in (a cura di) Bonfante - Corapi - De Angelis - Napoleoni - Rordorf
- Salafia, Milano, 2011, 1761.
(12) Gusso, op. cit., 1762
(13) Ferrara jr. - Corsi, Gli imprenditori e le società, Milano,
2011, 954, nt. 2.
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parte degli amministratori, la portata applicativa
della norma può ritenersi di carattere generale.
Regole in parte diverse si applicano quando l’organo amministrativo venga meno nella società in
accomandita per azioni. In tal caso, il collegio sindacale deve nominare un amministratore provvisorio, che non assume la qualità di socio accomandatario e che rimane in carica per il periodo massimo
di centottanta giorni, periodo entro il quale i soci
devono provvedere alla sostituzione degli amministratori cessati ovvero allo scioglimento della società (art. 2458 c.c.). La differente opzione legislativa
esercitata in materia di società in accomandita per
azioni è stata spiegata con la presumibile maggiore
difficoltà della nomina di un accomandatario, che
rischierebbe di allungare i tempi tra le due amministrazioni: in questa prospettiva, l’amministratore
provvisorio impedisce il prodursi di una situazione
caratterizzata dall’attribuzione per un lungo periodo
di tempo al collegio sindacale di funzioni amministrative rispetto alle quali l’organo di controllo potrebbe non possedere la necessaria competenza tecnica (14).
Tutte le menzionate attività e istanze devono essere oggetto di una specifica riunione del collegio
sindacale, della quale deve esser redatto verbale da
riportare nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale. Il collegio può attribuire il compimento di specifiche attività a un proprio
componente. Anche di tali attribuzioni è data evidenza nel libro delle adunanze e delle deliberazioni
del collegio sindacale.
Sempre in tema di funzioni vicarie, il Cndcec ha
ricordato infine che la legge chiama talvolta il collegio sindacale ad intervenire a seguito dell’inerzia
dei soci, mediante la richiesta al tribunale dell’esecuzione di determinate operazioni che la fisiologia
della governance societaria assegna invece all’assemblea. In particolare, ed in via sussidiaria, il collegio
sindacale richiede mediante apposita istanza al tribunale:
i) la riduzione del capitale sociale a seguito dell’acquisto di azioni proprie effettuato in violazione
di quanto stabilito dall’art. 2357 c.c. (art. 2357,
comma 4, c.c.);
ii) la riduzione del capitale sociale della società
controllante quando le sue azioni o quote siano state acquistate dalla controllata in violazione di
quanto stabilito dall’art. 2359 bis c.c. (artt. 2359ter, comma 2, e 2359 quater, comma 3, c.c.);
iii) la riduzione del capitale sociale per perdite
nei casi previsti dagli artt. 2446 e 2482 bis c.c. Si
può agevolmente osservare che in ciascuna delle
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menzionate ipotesi il legislatore chiede un intervento suppletivo agli amministratori e ai sindaci, senza
tuttavia mai precisare quali siano le modalità di
collaborazione dei due organi sociali. Sembra cosı̀
riproporsi un problema analogo a quello sollevato
in tema di conferimenti in natura e di crediti nel
vigore della previgente disciplina, quando il controllo delle valutazioni contenute nella relazione
giurata di stima risultava affidato non soltanto agli
amministratori, come invece nell’attuale quadro
normativo (art. 2343, comma 3, c.c.), ma altresı̀ ai
sindaci (15).
Operazioni sociali straordinarie e altre
operazioni rilevanti
Ben più articolata è la ‘‘Norma’’ n. 10, disciplinante l’attività del collegio sindacale nelle operazioni sociali straordinarie e nelle altre operazioni rilevanti. Si tratta infatti di nove punti, ciascuno
corrispondente ad una delle seguenti operazioni:
aumento e riduzione del capitale, trasformazione,
fusione e scissione, conferimento d’azienda, prestiti
obbligazionari e strumenti finanziari partecipativi,
finanziamenti dei soci, recesso del socio, scioglimento e liquidazione.
Ad aprire la materia è il criterio di carattere generale - che in parte riproduce la lettera dell’art.
2403, comma 1, c.c. - ai sensi del quale «nell’ambito delle operazioni sociali, il collegio sindacale vigila sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo e amministrativo-contabile, nonché sull’osservanza della
legge e dello statuto, accertando la conformità agli
stessi delle delibere e dei relativi atti di esecuzione;
redige altresı̀ la documentazione prevista dalla legge, dallo statuto o eventualmente richiesta dall’assemblea». Precisa poi il Cndcec che al «collegio
sindacale è, inoltre, attribuito un potere sostitutivo
da esercitarsi in caso di omissioni di atti e adempimenti che la legge o lo statuto pongono a carico
dell’organo amministrativo» e che «il collegio sindacale chiede, altresı̀, al soggetto incaricato della
revisione legale: informazioni riguardanti l’attività
svolta in ordine a tali operazioni; informazioni preventive in merito al contenuto delle relazioni e dei
Note:
(14) Barcellona - Costi - Grande Stevens, Società in accomandita
per azioni. Artt. 2452-2461, in Scialoja - Branca (a cura di), Commentario del codice civile, Bologna - Roma, 2005, 164.
(15) In argomento v. Salandra, Manuale di diritto commerciale,
1946, 247; Minervini, Gli amministratori di società per azioni, Milano, 1956, 284.
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pareri che intende emettere; copia delle relazioni
redatte e dei pareri emessi». Infine, si dispone che
la verifica sulle rilevazioni contabili dell’operazione
spetti al soggetto incaricato della revisione legale.
Naturalmente, quando il collegio sindacale sia stato
investito delle funzioni di revisione legale dei conti,
anche le rilevazioni contabili dell’operazione straordinaria saranno di competenza dell’organo di controllo interno che, più in generale, avrà una conoscenza diretta dei suoi risvolti contabili.
Aumento del capitale sociale
Scendendo nel dettaglio del comportamento da
tenersi da parte del collegio sindacale - nella sua
veste di organo di controllo societario - in occasione dell’aumento del capitale sociale, la ‘‘Norma’’
10.1 prevede una serie di adempimenti che differiscono a seconda della natura onerosa ovvero gratuita dell’aumento.
In occasione dell’aumento a pagamento, il collegio accerta che nelle società per azioni l’esecuzione
sia preceduta dall’integrale liberazione delle azioni
già emesse, a norma dell’art. 2438, comma 1, c.c., e
che nelle società a responsabilità limitata la decisione di aumentare il capitale sociale non sia attuata
fin quando i conferimenti precedentemente dovuti
non siano stati integralmente eseguiti (art. 2481,
comma 2, c.c.). Inoltre, in caso di aumento di capitale sociale con conferimenti in denaro, il Cndcec
avverte che il collegio deve vigilare sul rispetto della legge in ordine al versamento da parte dei sottoscrittori di almeno il venticinque per cento (o del
maggior importo previsto dalla delibera di aumento) del valore nominale del capitale sottoscritto e,
se previsto, dell’intero soprapprezzo (artt. 2439 e
2481 bis c.c.). A ben guardare, il Cndcec non interviene sulla questione - invero non del tutto pacifica
- del quantum da versare in occasione dell’aumento
a pagamento di una società per azioni o a responsabilità limitata unipersonale: sicché permane il dubbio sulla necessità del versamento integrale all’atto
della sottoscrizione (16), ovvero sulla sufficienza
del versamento del venticinque per cento al tempo
della sottoscrizione (17), con obbligo di versamento del restante settantacinque per cento entro novanta giorni, giusta l’art. 2342, comma 4, c.c., richiamato dall’art. 2439, comma 1, c.c.
Nella ‘‘Norma’’ 10.1 si prevede poi che, in caso
di sottoscrizione parziale dell’aumento di capitale deliberato dall’assemblea, il collegio sindacale verifichi
che la deliberazione medesima lo abbia espressamente previsto. Val la pena precisare che la parzialità
della sottoscrizione deve essere valutata dal collegio
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sindacale entro i termini previsti dall’art. 2441, commi 2 e 3, richiamati dall’art. 2439, comma 2, c.c.
Degne di una particolare sottolineatura appaiono
inoltre le previsioni dedicate al caso di aumento di
capitale a titolo gratuito: ad avviso del Cndcec, oltre ad accertare che il capitale sottoscritto sia interamente liberato, il collegio sindacale dovrà verificare che le riserve e i fondi speciali da imputare ad
aumento di capitale sociale siano ‘‘disponibili’’ (ai
sensi dell’art. 2442, comma 1, c.c. per le società per
azioni e dell’art. 2481 ter, comma 1, c.c. per le società a responsabilità limitata).
Un primo rilievo attiene all’accertamento dell’integrale liberazione del capitale sottoscritto. Invero, l’art. 2442 c.c. non pone tale condizione, diversamente dall’art. 2438 c.c. in tema di aumento a
pagamento del capitale sociale. La dottrina appare
sul punto perlopiù concorde nell’escludere il ricorrere della medesima ratio - id est, la richiesta ai soci
di nuovi conferimenti - sottesa invece al vincolo
dell’integrale liberazione nell’aumento a pagamento (18). Il Cndcec ha evidentemente ritenuto di discostarsi da questa soluzione, chiamando il collegio
sindacale ad un’attività di controllo ancor più stringente.
Di contro, il Consiglio nazionale nulla aggiunge
alla lettera del dato normativo con riferimento all’imputabilità a capitale delle riserve e degli altri
fondi iscritti in bilancio, in quanto ‘‘disponibili’’.
Sicché, nella valutazione di detta disponibilità il
collegio sindacale dovrà attenersi ai criteri ermeneutici elaborati dalla dottrina intervenuta sul punto. Mette conto ricordare allora in rapida sequenza
che indisponibili sono la riserva legale, almeno per
la parte che non supera il venti per cento del capitale sociale (19), la riserva costituita a fronte delNote:
(16) Come opina Cerrato, Sub artt. 2439-2440, in Cottino - Bonfante - Cagnasso - Montalenti (diretto da), Il nuovo diritto societario. Commentario, Bologna, 2004, 1497.
(17) Come invece sostiene Arato, Modificazioni dello statuto e
operazioni sul capitale, in Cagnasso - Ponzani (diretto da), Le
nuove s.p.a., Torino, 2010, 1313.
(18) Belviso, Le modificazioni dell’atto costitutivo nelle S.p.a., in
Rescigno (diretto da), Tratt. dir. priv., XVII, Torino, 1985, 91; Cerrato, Sub art. 2438, in Il nuovo diritto societario. Commentario,
cit., 1465; Guerrera, Sub artt. 2438-2439, in Società di capitali.
Commentario, cit., 1153; Ferrara jr. - Corsi, op. cit., 650.
(19) Colombo, Il bilancio di esercizio della società per azioni, Milano, 1973, 513 ss.; Figà - Talamanca, Bilanci e organizzazione
dei poteri dispositivi sul patrimonio sociale, Milano, 1997, 202
ss. Contra, Costa, L’imputabilità a capitale della riserva legale, in
Castellano (a cura di), Riserve e fondi nel bilancio di esercizio,
Milano, 1986, 153 ss.; Fortunato, Capitale e bilanci nella s.p.a,
in Riv. soc., 1991, 151 ss.
525
Prassi
Diritto societario
l’acquisto di azioni proprie, che ha natura di posta
rettificativa dell’attivo (20), la riserva «formata dal
risultato utile prodotto dalla deroga a una qualsiasi
delle disposizioni di cui agli artt. 2423 bis ss. resasi
necessaria per fornire una rappresentazione veritiera
e corretta di situazione patrimoniale, finanziaria e
risultato economico» (21), nonché - nelle imprese
che adottano gli IAS/IFRS - sia le riserve che sono
state costituite a fronte dei plusvalori derivanti dall’applicazione del principio del fair value alle attività patrimoniali che trovano contropartita nel conto
economico sia quelle costituite e movimentate in
contropartita diretta della valutazione al valore
equo (fair value) di strumenti finanziari e attività,
ex art. 6, comma 4, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n.
38. (22). Al contrario, devono intendersi disponibili ai fini dell’aumento gratuito del capitale le riserve facoltative e quelle da sovrapprezzo delle azioni o delle quote, le riserve da rivalutazione monetaria (23) - purché la loro disponibilità non sia vietata dalle leggi speciali che ne hanno previsto l’istituzione (24) - ed inoltre la ‘‘riserva da istituire, o incrementare, per fronteggiare i plusvalori (non realizzati) delle partecipazioni in imprese controllate e
collegate costituenti immobilizzazioni finanziarie
valutate con il metodo del patrimonio netto (c.d.
equity method) rispetto al loro costo di sottoscrizione
o di acquisto’’ (25). Sono peraltro disponibili le riserve statutarie, previa modifica della clausola statutaria che le prevede (26). In ordine ai fondi, si
ammette la disponibilità di quelli rischi e di quelli
costituiti per esigenze specifiche quando vengono
meno le ragioni che ne hanno comportato la creazione (27).
Nei criteri applicativi, il Cndcec precisa che, «in
caso di aumento di capitale tramite conferimento
di beni in natura e di crediti, i sindaci verificano
che sia stata predisposta la relazione di stima prevista per le società per azioni dall’art. 2343 c.c. (o la
valutazione ex art. 2343 ter c.c.) e per le società a
responsabilità limitata dall’art. 2465 c.c., ovvero
verificano che esistano le condizioni che esonerano
dalla presentazione di tale relazione (artt. 2343 ter,
2343 quater, 2440, 2440 bis c.c. per le società per
azioni e art. 2465 c.c., che rinvia all’art. 2343 bis,
commi 4 e 5, c.c., per le società a responsabilità limitata)» (28). Giova soprattutto segnalare l’abrogazione di una norma che continua qui pure ad essere
richiamata, l’art. 2440 bis c.c.: invero, la sua espunzione deve essere letta in chiave di razionalizzazione
del sistema giacché si è contestualmente provveduto alla riscrittura dell’art. 2440 c.c., che ora esaurisce la disciplina dei conferimenti di beni in natura
526
e di crediti in occasione degli aumenti del capitale
sociale, in precedenza distribuita tra l’art. 2440 e
l’abrogato art. 2440 bis c.c. (29).
In secondo luogo, la formulazione utilizzata dal
Cndcec in tema di conferimenti senza relazione di
Note:
(20) In argomento v. Colombo, La «riserva» azioni proprie, in Riserve e fondi nel bilancio di esercizio, cit., 167; De Angelis, La
valutazione delle partecipazioni costituenti immobilizzazioni finanziarie nel bilancio d’esercizio, Milano, 2007, 273 ss.
(21) Di Sabato, Diritto delle società, Milano, 2011, 468.
(22) Sul tema v. De Angelis, La valutazione, cit., 347 ss., il quale
interviene inoltre sulla controversa natura delle riserve del patrimonio netto costituite e movimentate in contropartita diretta
della valutazione al valore equo (fair value) di strumenti finanziari
e attività (art. 6, comma 1, lett. b, D.Lgs. n. 38/2005), escludendone la disponibilità per la copertura di perdite e propendendo
per la loro natura di mere poste rettificative di elementi dell’attivo; conf. Strampelli, Distribuzione ai soci e tutela dei creditori.
L’effetto degli IAS/IFRS, Torino, 2009, 316 ss. Ammettono, al
contrario, la copertura delle perdite mediante l’impiego di queste riserve, che dunque non sarebbero soltanto poste rettificative dell’attivo: Colombo, Il regime civilistico degli utili e delle riserve da adozione degli IAS/IFRS, in questa Rivista, 2006, 1340;
Bussoletti, L’influenza degli IAS/IFRS su determinazione degli
utili e impiego delle riserva, in AA.VV., IAS/IFRS. La modernizzazione del diritto contabile in Italia, Milano, 2007, 172 ss.
(23) In argomento si veda Ferro Luzzi, Profili civilistici della rivalutazione monetaria nella legge 19 marzo 1983, n. 72, in Giur.
comm., 1984, I, 65.
(24) De Angelis, Elementi di diritto contabile. Disciplina civilistica e principi contabili internazionali, Milano, 2011, 26-27.
(25) De Angelis, Elementi di diritto contabile, cit., 27; Id., La valutazione, cit., 71 ss. sull’alternatività tra criterio del costo e metodo del patrimonio netto.
(26) Di Sabato, op. cit., p. 467.
(27) Ferrara jr. - Corsi, op. cit., 670, nt. 1; sulla nozione di ‘‘fondi’’ si veda ex professo Cera, Il passaggio di riserve a capitale,
Milano, 1988, 90 ss.
(28) Il Cndcec prevede poi che il collegio sindacale verifichi il deposito da parte degli amministratori dell’attestazione di avvenuta
sottoscrizione dell’aumento di capitale ai sensi dell’art. 2444
c.c. e della dichiarazione prevista dall’art. 2343 quater, comma
3, c.c. ed inoltre che i sindaci vigilino che l’organo amministrativo provveda al deposito nel registro delle imprese dell’attestazione dell’avvenuto aumento del capitale. In caso di omissione
dell’organo amministrativo, il collegio provvede, in via sostitutiva, a tale adempimento. Inoltre, è compito del collegio sindacale
accertare, ai sensi dell’art. 2343 ter, comma 3, c.c., che il conferente abbia presentato la documentazione dalla quale risulta il
valore attribuito ai valori mobiliari e agli strumenti del mercato
monetario conferiti e, inoltre, se si tratta di conferimenti di beni
in natura e/o crediti, che sussistano le condizioni indicate nel secondo comma dell’art. 2343 ter c.c. In caso di società per azioni,
il collegio sindacale deve poi verificare che gli amministratori nel
termine di centottanta giorni dalla iscrizione della delibera nel registro delle imprese abbiano controllato le valutazioni contenute
nella relazione di cui all’art. 2343 c.c. Inoltre, il collegio sindacale
deve verificare che gli amministratori eseguano, nel termine di
trenta giorni dall’iscrizione della società, i controlli previsti dall’art. 2343 quater c.c.
(29) Cfr. art. 1, commi 5 e 6, D.Lgs. 29 novembre 2010, n. 224,
recante disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. 4 agosto
2008, n. 142.
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stima nella società a responsabilità limitata richiede
qualche puntualizzazione: infatti, l’art. 2465 c.c.
viene correttamente richiamato nella parte in cui
rinvia all’art. 2343 bis, commi 4 e 5, c.c. Questi due
ultimi commi si inseriscono in un ambito normativo più generale che - similmente all’art. 2465, comma 2, c.c. in tema di società a responsabilità limitata - disciplina l’acquisto della società per azioni da
promotori, fondatori, soci e amministratori, richiedendo tra l’altro la presentazione della relazione
giurata di stima. Tuttavia, ove gli acquisti siano effettuati a condizioni normali nell’ambito di operazioni correnti della società ovvero avvengano nei
mercati regolamentati o sotto il controllo dell’autorità giudiziaria o amministrativa, la perizia non è richiesta, come previsto dall’art. 2343 bis, comma 4,
c.c. (mentre il comma 5 fissa la responsabilità solidale di amministratori e alienante per i danni causati alla società, ai soci e ai terzi in caso di violazione delle disposizioni nella norma contenute). Dunque, il Cndcec conferma che il conferimento di beni in natura senza perizia è in una società a responsabilità limitata fattispecie affatto diversa da quella
di più recente introduzione nella società per azioni
mediante l’art. 2343 ter c.c., secondo cui la relazione di stima non è richiesta ove il valore dei beni
conferiti risulti già in modo attendibile da altre circostanze. D’altro canto, non sembrano esservi indizi
nella direzione dell’operatività della disciplina dei
conferimenti in natura senza relazione di stima di
cui agli artt. 2343 ter ss. c.c. nei confronti della società a responsabilità limitata (30), nonostante il
mancato richiamo possa suscitare qualche perplessità in un contesto caratterizzato, per converso, da regole sulla formazione del capitale sociale tendenzialmente meno stringenti rispetto a quelle che
operano nel diverso ambito delle società per azioni,
com’è provato dalla possibilità per il socio conferente di individuare il revisore legale o la società di
revisione cui affidare la redazione della relazione di
stima (31).
Le ‘‘Norme’’ dettate dal Cndcec sembrano invece tralasciare il riferimento ad una circostanza che,
seppure non esplicitamente richiamata dal legislatore, è perlopiù considerata in dottrina rilevante ai fini dell’obbligo di presentazione della relazione giurata di stima. Ci riferiamo alla valutazione delle
prestazioni di opere o di servizi le quali, come noto,
sono ammesse nella società a responsabilità limitata
a titolo di conferimento, se garantite da una polizza
di assicurazione o da una fideiussione bancaria (art.
2464, comma 6, c.c.). Pur non prevedendosi esplicitamente la perizia invece richiesta per il conferi-
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mento di beni in natura e crediti, è opinione diffusa
in dottrina che, anche nell’ipotesi in cui gli obblighi assunti dal socio conferente abbiano per oggetto
la prestazione d’opera o di servizi a favore della società, si debba osservare la regola imposta dall’art.
2465, comma 1, c.c., a garanzia della formazione
del capitale sociale (32). Se cosı̀ è, i sindaci dovranno verificare l’avvenuto controllo da parte degli amministratori: nonostante il silenzio del legislatore, anche gli amministratori delle società a responsabilità limitata si intendono infatti obbligati a
controllare le valutazioni della stima di cui all’art.
2465 c.c. (33).
Sempre in tema di aumento di capitale sociale,
la ‘‘Norma’’ 10.1 prevede che in caso di proposte
con esclusione o limitazione del diritto di opzione,
il collegio sindacale verifichi che le delibere rispettino la previsione dell’art. 2441 c.c., ed emetta nei
termini la relazione sulla congruità del prezzo di
emissione delle azioni. Precisamente, la ‘‘Norma’’ si
riferisce alla liberazione delle azioni di nuova emissione mediante conferimenti in natura e all’ipotesi
di diritto di opzione escluso o limitato quando l’interesse della società lo esige, e dunque a situazioni
di apertura della compagine sociale a soggetti esterni, con conseguente sacrificio richiesto ai soci, che
può essere giustificato soltanto in presenza di una
idonea strategia aziendale. Al ricorrere di queste
circostanze, infatti, per consentire ai soci di deliberare con consapevolezza l’ingresso di soggetti sino
ad allora estranei alla società, con apposita relazione da comunicare al collegio sindacale (o al consiNote:
(30) In argomento si vedano i contributi di Abriani, Il nuovo regime dei conferimenti in natura senza relazione di stima, in Riv
not., 2009, 311; Caratozzolo, Il «valore equo» nella disciplina alternativa della valutazione dei conferimenti in natura, in questa
Rivista, 2009, 1203; Ibba, Osservazioni sulla stima dei cosı` detti
valori senza stima, in Giur. comm., 2009, I, 930, Salamone, Le
verifiche della valutazione semplificata del conferimento «non in
contanti», ivi, 2010, I, 49.
(31) In argomento v. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, in Schlesinger (fondato da) e Busnelli (diretto da), Il Codice Civile. Commentario, I, Milano, 2010, 341 ss.
(32) Si vedano sul punto De Angelis, Alcune questioni sul capitale assicurato nelle s.r.l., in Banca, borsa, tit. cred., 2004, I,
310; Masi, Sub artt. 2464-2466, in Società di capitali. Commentario, cit., 1440; Miola, Capitale sociale e conferimenti nella
‘‘nuova’’ società a responsabilità limitata, in Riv. soc., 2004,
711; Olivieri, Conferimenti ‘‘assicurati’’ e capitale di rischio nella
società a responsabilità limitata, in Il nuovo diritto delle società.
Liber amicorum Gianfranco Campobasso, cit., III, 2007, 358;
Santosuosso, La riforma del diritto societario, Milano, 2003,
200. Di diversa opinione Menti, Socio d’opera e conferimento
del valore nella s.r.l., Milano, 2006, 153.
(33) Zanarone, op. cit., 341 ss.
527
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glio di sorveglianza) e al soggetto incaricato della
revisione legale dei conti almeno trenta giorni prima di quello fissato per l’assemblea, gli amministratori devono illustrare le ragioni dell’esclusione o
della limitazione, ovvero, qualora l’esclusione derivi
da un conferimento in natura, le ragioni di questo
e in ogni caso i criteri adottati per la determinazione del prezzo di emissione. Entro quindici giorni il
collegio sindacale deve esprimere il proprio parere
sul prezzo di emissione delle azioni (art. 2441, comma 6, c.c.) (34), che sarà fissato in modo tale da
far pagare ai nuovi soci un prezzo determinato anche sulla base delle riserve risultanti dal bilancio, e
alla formazione delle quali hanno contribuito i precedenti soci.
Infine, il Cndcec ricorda che nel caso in cui la
facoltà di aumentare il capitale sociale sia stata delegata all’organo amministrativo il collegio sindacale vigila sul rispetto delle formalità previste dall’art.
2443 c.c. per le società per azioni e dall’art. 2481
c.c. per le società a responsabilità limitata.
Riduzione del capitale sociale
La riduzione del capitale sociale forma oggetto
della ‘‘Norma’’ 10.2 secondo cui «il collegio sindacale vigila sulla corretta e tempestiva effettuazione
della riduzione del capitale sollecitando gli amministratori alla regolare esecuzione delle formalità e degli adempimenti previsti dalla legge».
I criteri applicativi fissati dal Cndcec per la riduzione volontaria del capitale sociale non presentano
particolari criticità, riproducendo con puntualità le
disposizioni di legge e, dunque, prevedendo che il
collegio sindacale accerti che: l’avviso di convocazione dell’assemblea straordinaria dei soci indichi,
in termini sufficientemente chiari e precisi, le ragioni e le modalità della riduzione; la riduzione sia effettuata nel rispetto dei limiti e delle condizioni
previste dalla legge, verificando in particolare che
la riduzione rispetti i limiti per l’ammontare minimo del capitale sociale (artt. 2327 e 2463, n. 4,
c.c.), nonché che nelle società per azioni rispetti i
limiti previsti per l’emissione di obbligazioni (art.
2413, comma 1, c.c.) e per l’acquisto di azioni proprie (art. 2357 c.c.); la delibera venga eseguita solo
dopo il decorso di novanta giorni dall’iscrizione della medesima nel Registro delle imprese, purché non
vi siano state opposizioni dei creditori.
Talune precisazioni si rendono tuttavia opportune. La riforma del diritto societario ha profondamente modificato la disciplina della riduzione volontaria del capitale sociale, sostituendo in particolare alla condizione dell’esuberanza del capitale di
528
cui al precedente dato normativo (35) l’obbligo per
gli amministratori di indicare nell’avviso di convocazione le ragioni e le modalità della riduzione.
L’innovazione legislativa - ispirata al proposito di
«semplificare la disciplina della riduzione del capitale [...] determinandone le condizioni al fine esclusivo della tutela dei creditori» (art. 4, comma 9,
lett. c), L. 3 ottobre 2001, n. 366, contenente la
delega al Governo per la riforma del diritto societario) - amplia le ipotesi di riduzione, aumentando
conseguentemente le responsabilità di ogni soggetto
in posizione apicale coinvolto nell’operazione. Da
qui la particolare esigenza di individuare un criterio
cui i sindaci devono attenersi nell’esercizio del controllo sulle ragioni poste dagli amministratori alla
base della riduzione e sviluppate nel verbale dell’assemblea (36). Invero, pur avendo il legislatore evitato di indicare le valide ragioni in ossequio alla
legge di delega, la dottrina ha ritenuto che il giudizio sulla validità dell’operazione non possa comunque essere disgiunto dal rispetto degli interessi sia
dei creditori sia della minoranza (37). Il Consiglio
nazionale dei dottori commercialisti ha sicuramente
avvertito la stessa preoccupazione, osservando «che
se, dal punto di vista formale, i sindaci sono chiamati a verificare che nella convocazione e in sede
assembleare siano correttamente disposte le condizioni e le modalità della riduzione, dal punto di vista sostanziale, l’assemblea ha pieni poteri di ridurre
il capitale con il solo limite del rispetto delle norme
generali in tema di conflitto di interessi e di abuso
della maggioranza».
Peraltro, in una prospettiva di stabilità e di certezza richieste dal valore organizzativo insito nella
Note:
(34) Sul punto la norma codicistica è stata giudicata scarsamente perspicua, soprattutto nel punto in cui attribuisce l’espressione del parere di congruità sul prezzo di emissione al collegio sindacale quando, in realtà, «(fatta eccezione per le società chiuse
che demandino il controllo contabile al collegio sindacale) vi è il
soggetto incaricato del controllo contabile (al quale la relazione
degli amministratori deve pur essere comunicata, ma a che scopo non si sa) che avrebbe naturalmente miglior cognizione delle
cose»: Ferrara jr. - Corsi, op. cit., 659, nt. 5.
(35) Per il quale si vedano ex multis Belviso, op. cit., 122 ss.;
Nobili - Spolidoro, La riduzione del capitale sociale, in Colombo Portale (a cura di), Tratt. s.p.a., VI, Torino, 1993, 220 ss.
(36) Nel documento del Cndcec si legge infatti che, «sebbene
la legge attribuisca ai soci la più ampia autonomia di ridurre il capitale sociale salvo ovviamente il rispetto dei limiti minimi previsti dalla legge, si raccomanda al collegio di verificare con particolare attenzione che nella convocazione dell’assemblea e nel
corso della medesima l’organo amministrativo provveda a indicare specificatamente lo scopo della riduzione e la relativa modalità di attuazione».
(37) Ferrara jr. - Corsi, op. cit., 674.
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deliberazione di riduzione del capitale sociale (38),
ai sindaci - e a chiunque vi abbia interesse - è assegnato un termine di centottanta giorni dall’iscrizione nel Registro delle imprese per impugnare la deliberazione di riduzione di cui all’art. 2445 per impossibilità o illiceità dell’oggetto, ovvero per mancanza del verbale (salvo il caso di sanatoria individuato dall’art. 2379 bis, comma 2, c.c.), ed un termine di novanta giorni dall’approvazione del bilancio dell’esercizio nel corso del quale la deliberazione
è stata anche parzialmente eseguita, se la causa della nullità è la mancata convocazione (art. 2379 ter,
comma 1, c.c.). Nelle società che fanno ricorso al
mercato del capitale di rischio l’invalidità delle deliberazioni di riduzione facoltativa del capitale non
può essere pronunciata dopo che la deliberazione
sia stata anche parzialmente eseguita (art. 2379 ter,
comma 2, c.c.). D’altronde, poiché una tale deliberazione è eseguibile soltanto dopo il decorso di novanta giorni dalla sua iscrizione nel Registro delle
imprese - termine entro il quale i creditori possono
fare opposizione (art. 2445, comma 3, c.c.) - è almeno fugato il rischio che i loro interessi, fatti valere mediante l’opposizione al tribunale, vengano sacrificati sull’altare della certezza e della stabilità. Di
contro, dopo l’esecuzione della deliberazione questi
stessi interessi potrebbero essere tutelati soltanto ricorrendo al rimedio risarcitorio, ex art. 2379 ter,
comma 3, c.c.
Come già notato in altre circostanze, anche in
punto di ragioni della riduzione il documento del
Cndcec non distingue tra società per azioni e società a responsabilità limitata. In realtà, l’art. 2482
c.c., che disciplina la materia nell’ambito della società a responsabilità limitata, non prevede l’indicazione nell’avviso di convocazione delle ragioni della
riduzione, ponendo l’unico limite della permanenza
del capitale sociale minimo. Va però esclusa l’abitrarietà della riduzione, che anche nelle società a
responsabilità limitata trova un limite nelle norme
sul conflitto di interessi e sull’abuso della minoranza (39): i sindaci dovranno pertanto intendersi legittimati all’impugnazione quando la deliberazione
di riduzione facoltativa si riveli surrettizio strumento per il perseguimento di finalità vietate dalle legge.
L’acquisto di azioni proprie e l’emissione di obbligazioni possono ostacolare - o limitare ulteriormente - la riduzione del capitale sociale nell’ambito
delle società per azioni. Più precisamente, le azioni
proprie in portafoglio rilevano in occasione della riduzione soltanto nelle società che fanno ricorso al
mercato del capitale di rischio, dove è stato mante-
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nuto un limite, pari alla quinta parte del capitale
(art. 2357, comma 3, c.c.). L’emissione di obbligazioni investe invece tutte le società per azioni non
quotate (40): l’attuale limite - sia pure aumentato
rispetto al precedente precetto normativo, ed ulteriormente aumentabile in sede di emissione al ricorrere delle condizioni dell’art. 2357, commi 2 e
3, c.c. - è infatti pari al doppio del capitale sociale,
della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato,
ed il suo rispetto deve essere attestato dai sindaci
(art. 2357, comma 1, c.c.). Alla riduzione facoltativa del capitale sociale di una società a responsabilità limitata non frappone invece ostacoli l’eventuale
emissione di titoli debito, che non è assoggettata ad
alcun limite quantitativo, ma soltanto alla condizione soggettiva che i sottoscrittori siano investitori
professionali sottoposti a vigilanza prudenziale (art.
2483, comma 2, c.c.).
Mette inoltre conto segnalare che la riduzione
del capitale sociale di cui all’art. 2445 c.c. potrebbe
essere preclusa da una precedente costituzione di
patrimoni destinati avvenuta attingendo completamente al limite legale fissato nella decima parte del
patrimonio netto, nel quale rientra naturalmente
anche il capitale sociale (41).
La parte del documento dedicata alla riduzione
del capitale sociale per perdite è ben più ampia e
contiene spunti degni di una particolare attenzione.
Innanzi tutto merita ricordare il riferimento contenuto nell’art. 2446, comma 1, c.c. alle osservazioni
del collegio sindacale che devono accompagnare la
relazione sulla situazione patrimoniale della società,
redatta dagli amministratori quando risulta che il
capitale è diminuito di oltre in terzo in conseguenza
di perdite. Ed in effetti, il Cndcec prevede che il
collegio sindacale formuli le proprie osservazioni, in
particolare mediante la valutazione delle ragioni
che hanno determinato le perdite, se le stesse sono
state correttamente individuate e illustrate dall’orNote:
(38) Portale, Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzata, in Colombo - Portale (a cura di), Tratt. s.p.a., I, 2, Torino,
2004, 11.
(39) Zanarone, op. cit., II, 1614, ove ulteriori riferimenti dottrinari.
(40) Alle società con azioni quotate nei mercati regolamentati, limitatamente alle obbligazioni destinate ad essere quotate negli
stessi o in altri mercati regolamentati, non trovano applicazione,
infatti, i limiti codicistici (art. 2412, comma 5, c.c.). Tuttavia, le
‘‘Norme’’ di comportamento del collegio sindacale in questo
scritto esaminate non investono le società quotate.
(41) Mignone, Commento sub art. 2447 bis, in Il nuovo diritto
societario. Commentario, cit., 1632.
529
Prassi
Diritto societario
gano amministrativo, l’esame dei criteri di valutazione adottati, tenendo conto delle prospettive di
continuità aziendale, nonché dando atto dei fatti di
rilievo avvenuti successivamente alla redazione della relazione e dell’evoluzione della gestione sociale.
Benché apparentemente circoscritto alle ‘‘osservazioni’’, il ruolo del collegio sindacale è ben più incisivo anche in questo contesto, ed in ossequio all’art. 2403 c.c. investe in generale la condotta tenuta dagli amministratori in presenza di una perdita.
Infatti, seguendo gli ulteriori passaggi procedimentali fissati dall’art. 2446 c.c. menzionato, il documento del Cndcec rammenta che, ove gli amministratori non provvedano, il collegio sindacale deve
procedere alla convocazione dell’assemblea ex art.
2406 c.c. affinché adotti gli opportuni provvedimenti, che in sede assembleare i sindaci vigilino
sulla completezza dei documenti presentati e verifichino che gli amministratori diano conto dei fatti
di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione. Inoltre, nel caso in cui l’assemblea si avvalga
della facoltà di rinviare l’adozione di opportuni
provvedimenti, il collegio in sede di approvazione
di bilancio del successivo esercizio deve verificare
che l’assemblea riduca il capitale sociale in proporzione alle perdite accertate, se la perdita non risulta
ridotta a meno di un terzo. Infine, in caso di inerzia
dell’assemblea, il collegio deve chiedere al tribunale
l’emissione del provvedimento di riduzione del capitale sociale.
Tuttavia, la riproduzione pressoché pedissequa
delle previsioni di legge è preceduta dal richiamo
del collegio sindacale alla verifica della regolarità
del comportamento degli amministratori «in caso
di durevole diminuzione del capitale sociale di oltre
un terzo in conseguenza di perdite». E, quasi a rafforzare l’idea che al fondo dell’operatività dei rimedi codicistici vi sia una diminuzione ‘‘durevole’’, in
altri punti del documento si specifica che «l’obbligo
di attivazione degli amministratori (e dei sindaci)
sorge soltanto allorquando il valore del patrimonio
netto si riduca durevolmente di oltre un terzo rispetto al capitale sociale, sicché, fintanto che il patrimonio netto superi tale soglia, ovvero la riduzione sia inquadrabile ad esempio nella normale ciclicità dell’attività sociale, restano irrilevanti [...]
eventuali riduzioni anche al di sotto del minimo legale». Ed ancora, «pare potersi ritenere che l’obbligo possa non essere adempiuto nel caso in cui la
perdita sia recuperabile entro breve con ragionevole
certezza. Si pensi alla situazione in cui la società
esercita attività con carattere di stagionalità. In generale, si ritiene che gli amministratori debbano va-
530
lutare, di volta in volta, l’effettiva condizione economico-patrimoniale della società e assumere di
conseguenza la condotta che risulterà necessaria. I
sindaci dovranno verificare che la condotta degli
amministratori sia permeata da una ragionevole
prudenza». Conseguentemente, si segnala che «qualora le perdite si riducano al di sotto delle soglie di
rilevanza ovvero abbiano la ragionevole possibilità
di ridursi durevolmente (ad esempio, a seguito della
realizzazione di plusvalenze, di rinuncia a crediti o
di versamenti a fondo perduto), e dunque il patrimonio netto risalga a un valore superiore ai due terzi del capitale, vengono meno i presupposti degli
obblighi di legge. Nel dettaglio, se simili circostanze
si verificano: prima della convocazione assembleare,
può evitarsi di procedere alla stessa; tra la convocazione e l’assise assembleare, può evitarsi di assumere
le deliberazioni di cui agli artt. 2446 e 2447 c.c.,
dando atto a verbale delle circostanze sopravvenute. Viceversa, laddove la perdita sia rilevante, ai
sensi dell’art. 2446, cpv., o dell’art. 2447 c.c., sia
durevole e occorra dunque procedere alla riduzione
del capitale, essa deve essere deliberata nella esatta
misura delle perdite accertate; non è infatti ammissibile una riduzione solo parziale».
Nelle parti che abbiamo preferito riprodurre alla
lettera, si assiste in realtà al tentativo di mettere ordine in una materia resa particolarmente complessa
dalla vaghezza, dai contorni incerti, di alcune formule utilizzate dal legislatore, e che perciò stesso rischiano di creare situazioni di incertezza in ordine
all’individuazione di profili di responsabilità in capo
ad amministratori e sindaci.
Secondo l’art. 2446, comma 1, c.c., quando ‘‘risulta’’ la perdita, gli amministratori devono ‘‘senza
indugio’’ convocare l’assemblea per gli ‘‘opportuni
provvedimenti’’. Un primo problema posto dalla
‘‘Norma’’ di comportamento è l’individuazione del
momento in cui debba essere rilevata la perdita,
momento dal quale devono peraltro farsi decorrere
i trenta giorni oltre i quali la convocazione si considera omessa ai fini dell’irrogazione della sanzione
amministrativa pecuniaria di cui all’art. 2631 c.c.,
nel caso di specie aumentata di un terzo. Oltre all’occasione della redazione del progetto di bilancio
d’esercizio, si ritiene che l’accertamento della perdita possa avvenire anche nel corso dell’esercizio (42)
ma che, in tal caso, non sia sufficiente la percezione
della perdita per far scattare gli obblighi fissati dal
Nota:
(42) Carola, Il bilancio intermedio di riduzione del capitale per
perdite entro il terzo, in questa Rivista, 2006, 1487.
Le Società 5/2012
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Diritto societario
legislatore, dovendosi invece guardare all’andamento economico della società «sulla scorta di una verifica di natura contabile idonea alla rilevazione effettiva del risultato economico» (43), tale da rendere certa l’irreversibilità della perdita (44). Sembra essere questa l’impostazione data al problema
dal Cndcec, che offre sul punto l’esempio forse più
evidente in cui la perdita può essere assorbita in
tempi brevi, quello del carattere stagionale dell’attività. Pare invece non essere stata accolta la linea
più rigida pure seguita da una parte della giurisprudenza, che imporrebbe l’obbligo di convocazione
anche quando la perdita sia ritenuta non definitiva
perché destinata ad essere ripianata entro l’esercizio (45).
Tra gli eventi che potrebbero rendere superflua
la convocazione ovvero evitare l’assunzione della
deliberazione di riduzione, nel documento che stiamo commentando vengono menzionati la realizzazione di plusvalenze, la rinuncia a crediti e i versamenti a fondo perduto. Infatti, non sempre ci si trova in presenza di accadimenti verificabili prima dell’assemblea, che anzi è talvolta la sola sede in cui è
possibile verificarne il ricorrere. Talaltra si tratta di
fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione, e dei quali gli amministratori devono dare
conto nell’assemblea (art. 2446, comma 1, parte finale, c.c.).
In particolare, e senza alcuna pretesa di completezza, si ricorda che nella prassi societaria i versamenti a fondo perduto possono essere lo strumento
di copertura della perdita senza riduzione del capitale sociale, ed ai quali i soci si impegnano spontaneamente in alternativa ai (e in sostituzione dei)
provvedimenti previsti dalla legge (46). Tali versamenti vanno distinti dai versamenti in conto capitale o a copertura di perdite, ai quali i soci si impegnano in vista di future perdite da ripianare e che
vanno a costituire un fondo da utilizzare a copertura di future perdite (47): pertanto, al tempo dello
svolgimento dell’assemblea convocata dagli amministratori ai sensi dell’art. 2446 c.c., ma anche prima, al tempo dell’insorgere dell’obbligo da parte degli amministratori di convocare l’assemblea, il fondo cosı̀ costituito ha già concorso al computo della
perdita da rapportare al capitale sociale.
A tal proposito, è possibile notare che il Cndcec
ha accolto l’ormai pacifico orientamento secondo il
quale la perdita rilevante ai fini dell’applicazione
dell’art. 2446 c.c. è da calcolare al netto delle riserve (48). Risultano altresı̀ recepite le soluzioni più
estensive in ordine alla rilevanza degli utili di periodo non ancora consolidati (49) che - si legge
Le Società 5/2012
sempre nel documento - in determinate circostanze
potrebbero rendere non necessaria la convocazione
dell’assemblea quando riescano a coprire in maniera
congrua la perdita. Come noto, in caso di convocazione dell’assemblea, la legge richiede la presentazione di una relazione sulla situazione patrimoniale
da parte dell’organo amministrativo. Il Consiglio
nazionale dimostra di essersi allineato alla dottrina
anche in ordine alla composizione e alle modalità
della sua redazione - stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa redatti secondo i criteri
del bilancio di esercizio (50) - nonché alla data a
cui essa deve essere riferita, non anteriore a centoventi giorni dalla data di svolgimento dell’assemblea (51), prevedendo che sia «costituita dallo stato patrimoniale e dal conto economico, predisposti
secondo i criteri di redazione previsti dal codice civile in materia di bilancio d’esercizio, e appare utile
che includa le informazioni più rilevanti richieste
dall’art. 2427 c.c. per offrire la migliore comprensione della generale situazione della società. La situazione patrimoniale deve fare riferimento a una
data non antecedente di centoventi giorni rispetto
alla data fissata per l’assemblea».
Il Consiglio nazionale prende poi posizione sul
soggetto competente a svolgere nelle società a responsabilità limitata le osservazioni in merito alla
relazione sulla situazione patrimoniale redatta dagli
amministratori, in particolare affermando che «nelle società a responsabilità limitata nelle quali il collegio sindacale svolge la revisione legale dei conti,
la situazione patrimoniale è accompagnata dalle osNote:
(43) Stagni, Sub art. 2446, in Grippo (a cura di), Commentario
delle società, II, Torino, 2009, 878, ed ivi la dottrina citata nella
nota 287.
(44) Belviso, op. cit., 284.
(45) Trib. Udine 1 febbraio 1993, in questa Rivista, 1993, 1075.
(46) In argomento si veda Tantini, I versamenti dei soci alle società, in Tratt. s.p.a., cit., I, 3, 785 ss.
(47) Sul tema v. Rubino De Ritis, Gli apporti ‘‘spontanei’’ in società di capitali, Torino, 2001, 151 ss.
(48) Nobili - Spolidoro, op. cit., 285. Sul problema della copertura
delle perdite mediante le riserve costituite in contropartita della
valutazione al fair value, secondo l’art. 6, comma 1, lett. b),
D.Lgs. n. 38/2005, si vedano gli Autori citati nella nota 22.
(49) In argomento v. Postiglione, Sub art. 2446, in Abriani - Stella Richter (a cura di), Codice Commentato delle società, I, Torino, 2010, 1693.
(50) Nobili, La riduzione del capitale, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gianfranco Campobasso, cit., III, 2007,
330.
(51) Sul tema v. Postiglione, op. cit, 1696, ed ivi la rassegna giurisprudenziale proposta.
531
Prassi
Diritto societario
servazioni del collegio sindacale. Viceversa, nelle
società a responsabilità limitata nelle quali sia presente il revisore legale dei conti, si ritiene che la situazione patrimoniale debba essere accompagnata
dalle osservazioni del revisore legale dei conti. In
ogni caso, il collegio sindacale, ove presente, può
presentare le proprie osservazioni in merito a tale
situazione patrimoniale». Abbiamo già ricordato
che le nuove ‘‘Norme’’ relative al comportamento
del collegio sindacale sono entrate in vigore il 18
gennaio 2012, quindi contemporaneamente alla L.
n. 183/2011 (che all’art. 14, comma 13, aveva modificato il testo dell’art. 2477 c.c.), ma prima dell’emanazione del D.L. n. 5/2012, che nel volgere di
pochi mesi ha riscritto ancora una volta il testo dell’art. 2477 c.c. Conseguentemente, la lettura del
documento del Cndcec, che non può essere disgiunta dalla formulazione dell’art. 2477 c.c. introdotta dalla L. n. 183/2011, va rivisitata alla luce
del testo emendato dal D.L. n. 5/2012.
Muoviamo dai rilievi che scaturivano dal testo
dell’art. 2477 c.c. in vigore tra l’ultimo scorcio del
2011 ed il primo del 2012. Anche a trascurare il
puro dato formale del riferimento ‘‘secco’’ al collegio sindacale - che sarebbe stato più opportuno
estendere anche al sindaco unico (52) -, l’esigenza
avvertita dal Consiglio nazionale di affidare comunque al revisore la formulazione delle osservazioni di
cui all’art. 2482 bis c.c. non risultava pienamente
appagante. In primo luogo perché nella società per
azioni - dove pure la presenza del revisore legale dei
conti è situazione ben più frequente - al ricorrere
dell’identico presupposto, l’art. 2446 c.c. prevede
tout court che le osservazioni siano formulate dal
collegio sindacale. Questa norma può anzi dirsi una
particolare applicazione del più generale dovere di
vigilanza sull’assetto amministrativo-contabile che
il legislatore continua ad affidare al collegio sindacale (53). In secondo luogo, e sulla scorta di una
lettura che poteva dirsi consolidata dell’art. 2477
c.c. - anche nella sua formulazione introdotta dalla
L. n. 183/2011 - il collegio sindacale (o il sindaco
unico), nominato per obbligo di legge dalla società
a responsabilità limitata, doveva intendersi investito degli stessi doveri dei sindaci di società per azioni (54), e solo in aggiunta della revisione legale dei
conti, se non avessero disposto diversamente l’atto
costitutivo o la legge (55). Pertanto, la presenza del
revisore legale dei conti non poteva interferire con
la vigilanza sull’adeguatezza dell’assetto amministrativo-contabile, funzione dei sindaci obbligatoriamente nominati dalla società a responsabilità limitata nelle ipotesi previste dall’art. 2477, commi 2 e
532
3, c.c.: pertanto, i sindaci e solo i sindaci dovevano
intendersi competenti a formulare le osservazioni richieste dall’art. 2482 bis c.c., competenza - abbiamo
già detto - sussumibile nel più ampio dovere di vigilanza dell’art. 2403 c.c. E a conclusioni identiche si
riteneva di giungere anche quando il collegio sindacale, seppure non obbligatorio, fosse stato comunque previsto dall’atto costitutivo: se infatti è vero
che nella sistematica del diritto delle società a responsabilità limitata è l’atto costitutivo che ne determina competenze e poteri (art. 2477, comma 1,
c.c.) - i quali quindi potrebbero non essere gli stessi
previsti per il collegio sindacale di una società per
azioni - è parimenti vero che nella fattispecie si assiste ad un’integrazione legale (quella dell’art. 2482
bis c.c.) del contenuto contrattuale (l’atto costitutivo), secondo il noto principio espresso dall’art.
1374 c.c. (56). Ove la lettura qui proposta fosse
quella corretta, il riferimento alla competenza del
revisore esterno contenuto nell’art. 2482 bis c.c., in
alternativa alla competenza del collegio sindacale,
doveva intendersi circoscritto al caso di società a
responsabilità limitata con revisore legale dei conti
e senza collegio sindacale (o sindaco unico), caso
in linea di principio configurabile tutte le volte in
cui non fosse obbligatoria la nomina del collegio
sindacale (o del sindaco unico).
Veniamo all’art. 35, comma 2, D.L. n. 5/2012
convertito nella L. n. 35/2012, e quindi al testo ultimo dell’art. 2477 c.c., che invero non sembra modificare i termini della questione relativa all’art.
2482 bis c.c. Innanzi tutto, per quel che in questa
sede maggiormente interessa, occorre sottolineare
ancora una volta l’obbligo di nominare, alternativaNote:
(52) Benché l’art. 2477 c.c. facesse riferimento al sindaco unico,
l’atto costitutivo poteva senz’altro prevedere la nomina del collegio sindacale, da intendersi peraltro obbligatoria quando la s.r.l.
tenuta a dotarsi di un organo di controllo interno avesse oltrepassato i limiti fissati dall’art. 2397 c.c.: cosı̀ De Angelis, Il collegio sindacale rimane obbligatorio, cit., 42, il quale argomentava
dal comma 5 dell’art. 2477, richiamante la disciplina del collegio
sindacale della s.p.a.; Abriani, Decisioni dei soci. Amministrazione e controlli, in AA.VV., Diritto delle società, Milano, 2012, 335.
(53) De Angelis, Sub art. 149, in Commentario al Testo Unico
della Finanza. Collana Le Leggi commentate, Torino, in corso di
pubblicazione.
(54) Si veda sul punto Zanarone, op. cit., II, 1162, a parere del
quale il richiamo alla disciplina delle società per azioni attribuisce
all’organo di controllo interno della s.r.l. la vigilanza di cui all’art.
2403 c.c.
(55) Si ricorda che nel caso di s.r.l. che sia ente di interesse
pubblico e che controlli ovvero sia controllata da ente di interesse pubblico la revisione legale non può essere affidata al collegio sindacale: art. 16, D.Lgs. n. 39/2010.
(56) Zanarone, op. cit., II, 1684.
Le Società 5/2012
Prassi
Diritto societario
mente, un organo di controllo (sempre monocratico
se l’atto costitutivo non dispone diversamente) o un
revisore nelle ipotesi che in precedenza richiedevano obbligatoriamente la nomina del sindaco (commi 2 e 3). Una prima conseguenza potrebbe essere almeno tendenzialmente - una più frequente presenza esclusiva del revisore soprattutto ove la s.r.l. sia
obbligata, in forza dell’art. 16, D.Lgs. n. 39/2010, ad
affidargli il controllo contabile. L’obbligo di nominare il revisore posto dalla disciplina della revisione
legale dei conti potrebbe finire infatti - in un’ottica
di contenimento dei costi - con l’orientare verso il
revisore altresı̀ la nomina obbligatoria di cui all’art.
2477 c.c. E abbiamo già visto che, in mancanza dell’organo di controllo, competente a formulare le osservazioni ex art. 2482 bis c.c. è il revisore. Quando
invece, in adempimento dell’obbligo di legge o per
previsione statutaria, sia presente l’organo di controllo, ad esso competono le osservazioni dell’art.
2482 bis c.c.: si badi, anche se fosse stato per ipotesi
nominato il revisore. È quanto si ricava dalla nuova
formulazione dell’art. 2477, comma 5, c.c. che, nel
caso di nomina di un organo di controllo, anche
monocratico, dispone l’applicazione delle disposizioni sul collegio sindacale previste per le società per
azioni, dunque - possiamo ritenere - anche di quelle
particolari che operano in occasione delle perdite
eccedenti le soglie rilevanti.
Sempre alla vigilanza sull’osservanza della legge
e dello statuto e sui principi di corretta amministrazione deve ricondursi l’obbligo per il collegio sindacale di vigilare che sia dato atto dei fatti rilevanti
intervenuti tra il periodo di riferimento della relazione e la data fissata per l’assemblea. La previsione
contenuta nel documento si riferisce infatti all’obbligo posto a carico degli amministratori di dare atto di simili fatti nell’assemblea convocata per gli
opportuni provvedimenti secondo l’art. 2446, comma 1, c.c. per le s.p.a. e l’art. 2482 bis, comma 3,
c.c. per le s.r.l.
Il Cndcec richiama infine il principio dell’invarianza sancito dall’art. 2482 quater c.c., secondo il
quale in tutti i casi di riduzione per perdite, nella
s.r.l. è esclusa ogni modificazione delle quote di
partecipazione e dei diritti spettanti ai soci. Non è
questa la sede per soffermarsi sull’effettiva portata
della norma: si ricorda, tuttavia, la funzione principale assegnatale di impedire che l’organo competente alla riduzione (l’assemblea) alteri l’originario
assetto dei rapporti tra soci (57). Tuttavia, si ammette che tale alterazione possa essere decisa con il
consenso di tutti i soci, applicando in via analogica
la soluzione accolta dal legislatore nella diversa ma
Le Società 5/2012
contigua materia della modificazione dei diritti particolari di cui all’art. 2468 c.c. (58). La regola dell’invarianza appena riportata risulta invero declinata dal Cndcec in una prospettiva peculiare, quella
della ricapitalizzazione successiva alla perdita. Si
legge nel documento che in tale ipotesi, «fermo restando che la deliberazione di ricostituzione possa
essere liberamente adottata a maggioranza e la sottoscrizione del relativo capitale possa essere effettuata solo da alcuni soci, i sindaci dovranno verificare che i soci siano tutelati attraverso il riconoscimento del diritto di sottoscrizione e cioè che tutti i
soci siano stati messi nella condizione di partecipare
alla ricapitalizzazione, in osservanza a quanto disposto dall’art. 2482 quater c.c.». Com’è facile intuire,
il Consiglio nazionale ha inteso evitare il rischio di
un surrettizio aggiramento del divieto dell’art. 2482
quater c.c. realizzato mediante la deliberazione di
un successivo (rispetto alla perdita) aumento del
capitale sociale che escluda il diritto di opzione,
sulla base dell’apposita clausola eventualmente contenuta nell’atto costitutivo. Infatti, la norma disciplinante il punto, l’art. 2481 bis, comma 1, c.c., nel
rimettere l’esclusione del diritto di opzione all’autonomia statutaria della s.r.l., fa comunque salvo il
caso di cui all’art. 2482 ter c.c., dedicato espressamente alla riduzione al di sotto del minimo legale.
Il tenore letterale delle norme potrebbe erroneamente suggerire l’idea che l’eventuale ricapitalizzazione successiva ad una perdita la quale non intacca
il minimo legale possa essere deliberata con esclusione del diritto di opzione, sempre che ricorra l’apposita clausola statutaria. Soluzione questa che contravverrebbe, seppure indirettamente, alla regola
dell’invarianza sancita dall’art. 2482 quater c.c., il
quale invece dispone «in tutti i casi di riduzione
del capitale per perdite», dunque anche nel caso di
riduzione per perdita che non porta il capitale al di
sotto del minimo legale. Appare pertanto del tutto
opportuna la chiarezza dimostrata sul punto dal
Cndcec, secondo cui ogni socio deve essere posto
nella condizione di scegliere se concorrere oppure
no alla ricapitalizzazione, quale che sia la perdita
che l’ha preceduta.
Trasformazione, fusione e scissione
Il Cndcec ricorda che l’operazione di trasformazione non comporta di per sé specifici adempimenti
Note:
(57) Zanarone, op. cit., II, 1757, ove ulteriori riferimenti dottrinari.
(58) Zanarone, op. cit., II, 1759.
533
Prassi
Diritto societario
in capo al collegio sindacale: tuttavia, l’organo di
controllo è chiamato, nell’ambito della propria funzione di vigilanza, a verificare l’osservanza della legge e il rispetto delle norme statutarie applicabili a
questa operazione. Più precisamente, il collegio sindacale deve verificare che la deliberazione di trasformazione sia assunta nel rispetto degli obblighi
formali di convocazione dell’assemblea e con la presenza dei necessari quorum costitutivi e deliberativi
(inclusa la verifica del consenso dei soci nella trasformazione regressiva in società di persone); che
siano tempestivamente adempiuti tutti gli obblighi
pubblicitari connessi alla delibera di trasformazione;
che a ciascun socio venga attribuita una partecipazione proporzionale al valore della sua quota o delle
sue azioni (cfr. art. 2500 sexies c.c.).
In caso di trasformazione progressiva (di società
di persone in società di capitali), il collegio sindacale verifica che la perizia di stima del patrimonio
della società trasformata - redatta a norma dell’art.
2343 c.c., o nel caso di società a responsabilità limitata, dell’art. 2465 c.c. - sia allegata all’atto costitutivo e che il capitale della società risultante dalla
trasformazione sia determinato sulla base dei valori
attuali degli elementi dell’attivo e del passivo. Tra
le più rilevanti novità introdotte dalla riforma del
diritto societario vi è infatti l’obbligo di determinazione del capitale della società risultante dalla trasformazione sulla base del menzionato valore attuale (art. 2500 ter, comma 2, c.c.), da intendersi come valore corrente. In effetti, la rivalutazione degli
assets patrimoniali rispetto ai costi storici risultanti
dal bilancio potrebbe garantire un patrimonio netto
non inferiore al capitale della società risultante dalla trasformazione, senza richiedere ai soci ulteriori
versamenti: verrebbe in tal modo agevolato il passaggio ad un più evoluto modello organizzativo (59). In caso di trasformazione regressiva (di società di capitali in società di persone), il collegio
sindacale - venendo a cessare - redige la relazione
di cui all’art. 2429 c.c. da presentare all’assemblea
dei soci con riferimento al periodo sociale tra l’inizio dell’esercizio e la data in cui ha effetto l’operazione.
In ipotesi di fusione (o di scissione) di società, il
collegio sindacale verifica la completezza e la conformità alla legge dei contenuti dei documenti previsti dalle disposizioni applicabili alla specifica operazione di fusione (o di scissione); il rispetto delle
norme sul deposito e la pubblicazione degli atti nel
procedimento; la completezza dell’atto di fusione (o
di scissione) e la sua concordanza con il progetto e
con la delibera assembleare di approvazione; la cor-
534
rettezza degli atti di esecuzione della fusione (o della scissione) e, in particolare, dell’assegnazione di
azioni (o quote). In caso di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento (c.d. leveraged buy
out) occorre che il collegio verifichi l’applicazione
delle specifiche disposizioni contenute nell’art.
2501 bis c.c., tese a provare l’esistenza delle risorse
finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione e a
rendere trasparenti le ragioni che giustificano l’operazione. Com’è possibile notare, il controllo del collegio sindacale concerne la legittimità dei documenti (ossia la loro conformità alle disposizioni di
legge e di statuto in relazione agli obblighi informativi ivi previsti), e non il merito delle informazioni
rese. La vigilanza del collegio sindacale evita tuttavia l’eventuale opacità di un’operazione dietro la
quale potrebbero celarsi interessi degli amministratori e dei soci di maggioranza confliggenti con quelli della società (60).
Conferimento d’azienda
Benché il conferimento di azienda in occasione
dell’aumento a pagamento del capitale sociale rientri nella più generale disciplina della variazione del
capitale, il Cndcec assegna alla fattispecie una peculiare rilevanza, chiedendo al collegio sindacale
sia della società conferente sia della società conferitaria l’assunzione delle necessarie informazioni in
merito alle tecniche di valutazione degli elementi
che compongono il complesso aziendale conferito.
Infatti, a seguito del conferimento, la società conferente riceve azioni o quote della società conferitaria, che a sua volta acquisisce cespiti patrimoniali.
Il Cndcec osserva che per entrambe le società si pone pertanto un problema di integrità del patrimonio sociale: e, come noto, della sua conservazione
gli amministratori sono responsabili verso la società, oltre che verso i creditori (cfr art. 2394 c.c.). Di
conseguenza, la vigilanza sull’osservanza dei particolari obblighi degli amministratori inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale deve
essere esercitata dal collegio sindacale anche in occasione del conferimento dell’azienda (o di un suo
Note:
(59) Mosca, Sub art. 2500 ter, in (a cura di), Bianchi Trasformazione - Fusione - Scissione, Commentario alla riforma delle società diretto da Marchetti - Bianchi - Ghezzi, Notari, Milano,
2006, 144.
(60) In argomento v. Vicari, I conflitti d’interessi di amministratori e soci della società target nel leveraged buy out, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gianfranco Campobasso, cit.,
IV, 2007, 267 ss.
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Diritto societario
ramo). Peraltro, nel punto in cui afferma che il collegio sindacale della società conferitaria esprime il
proprio consenso all’iscrizione nell’attivo dell’avviamento per un importo che non può comunque superare il costo per esso sostenuto, il Cndcec dimostra implicitamente di dare per risolto il problema
dell’estensibilità dell’art. 2426, comma 1, n. 6, c.c.
al conferimento d’azienda in società (61).
Prestiti obbligazionari e strumenti finanziari
partecipativi
Tra le operazioni rilevanti ai fini dell’espletamento delle funzioni di vigilanza del collegio sindacale vengono annoverate talune fattispecie che toccano la struttura finanziaria della società nei suoi
aspetti più profondamente incisi dalla riforma del
diritto societario. Con particolare riferimento al
prestito obbligazionario e agli strumenti finanziari
partecipativi, il documento del Cndcec chiama il
collegio sindacale alla verifica - oltre che del rispetto delle disposizioni di legge o dell’atto costitutivo
in tema di organi sociali competenti a deliberarne
l’emissione, di limiti all’emissione, nonché di conferimento di diritti patrimoniali e amministrativi anche della rispondenza dell’operazione ai principi
di corretta amministrazione. Il punto appare di
grande rilievo: il rispetto dei principi di corretta
amministrazione concorre infatti a definire l’area
sulla quale il collegio sindacale è chiamato ad esercitare la propria funzione di vigilanza, ai sensi dell’art. 2403 c.c. Giova ricordare che, in assenza di
un dato normativo che definisca tali principi (62),
è intervenuta la Consob fornendo indicazioni (63)
che, sebbene rivolte alle società quotate, possono
ritenersi di portata più ampia: segnatamente, e per
quel che maggiormente interessa in questa sede, la
vigilanza sulla corretta amministrazione risponderebbe anche all’esigenza di evitare il compimento
di operazioni idonee ad arrecare un pregiudizio alla
situazione economica e patrimoniale della società.
Il punto è stato ripreso dallo stesso Cndcec che,
con riferimento più generale alla vigilanza sull’osservanza dei principi di corretta amministrazione,
nella ‘‘Norma’’ 3.3 ha ricordato come «la vigilanza
sul procedimento decisionale adottato dagli amministratori si esercita verificando che le scelte gestionali ... siano congruenti e compatibili con le risorse
e il patrimonio di cui la società dispone». Ebbene,
calando la regola generale nel contesto concreto
dell’emissione di obbligazioni, si può notare che in
un sistema - qual è quello nazionale che àncora i limiti all’emissione di obbligazioni all’entità di talune
poste del patrimonio netto, prescindendo dalla con-
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sistenza di debiti di altra natura già contratti dall’emittente - il rispetto dei limiti stessi potrebbe di per
sé non essere sufficiente a garantire la solvibilità di
una società caratterizzata da una forte esposizione
debitoria. È dunque compito dei sindaci valutare se
la scelta degli amministratori tenga conto dell’effettiva capienza patrimoniale della società rispetto ad
operazioni che pure appaiono - su un piano meramente quantitativo - compiute nel pieno rispetto
della legge. E, se possibile, ancora più avvertita deve intendersi la medesima esigenza nell’ambito della società a responsabilità limitata, dove il l’emissione di titoli di debito non è subordinata dall’art.
2483 c.c. al rispetto di alcun limite quantitativo.
Non persuadono invece del tutto le indicazioni
dedicate dal Cndcec ai finanziamenti dei soci, e
non soltanto perché danno per piana l’applicazione
dell’art. 2467 c.c. soltanto alle società a responsabilità limitata e alle società soggette a direzione e
coordinamento da parte di altro soggetto - quasi
trascurando la possibilità prefigurata in dottrina di
applicare in via analogica la norma anche nell’ambito delle società per azioni (64). Ma altresı̀, e forse
soprattutto, perché dispongono che il collegio sindacale verifichi che «i finanziamenti dei soci non
siano restituiti agli stessi, in violazione di quanto
stabilito dal primo comma dell’art. 2467 c.c., in un
momento di eccessivo squilibrio economico-finanziario della società». L’eccessivo squilibrio economico-finanziario (65) della società non è, invero, il
presupposto dell’obbligo di restituzione alla società
delle somme rimborsate ai soci, bensı̀ la condizione
richiesta dal comma 2 dell’art. 2467 c.c. perché trovi applicazione quanto previsto dal comma precedente, e cioè perché operi la postergazione del rimborso rispetto alla soddisfazione degli altri creditori
e, appunto, si ponga a carico dei soci finanziatori
l’obbligo di restituire le somme loro rimborsate, se
il rimborso è avvenuto nell’anno precedente la diNote:
(61) Su questo tema v. Martorano, L’azienda, in Costi (diretto
da) e Buonocore (fondato da), Tratt. dir. comm., Torino, 2010,
42, nt. 17, ove ampi riferimenti dottrinari.
(62) Ambrosini, Commento sub art. 149, in Cottino (diretto da),
La legge Draghi e le società quotate in borsa, Torino, 1999, 278.
(63) Si veda la comunicazione del 20 febbraio 1997, n. 1574,
contenente raccomandazioni in tema di controlli.
(64) Sul problema dell’applicabilità dell’art. 2467 c.c. alla s.p.a. si
veda Maugeri, Finanziamenti ‘‘anomali’’ dei soci e tutela del patrimonio nelle società di capitali, Milano, 2005, 231, ove ulteriori
riferimenti bibliografici.
(65) Sul significato da attribuire alla locuzione, v. Portale, I «finanziamenti» dei soci nelle società di capitali, in Banca, borsa,
tit. cred., 2003, I, 663 ss.
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Diritto societario
chiarazione di fallimento. La vigilanza sull’osservanza dell’art. 2467, comma 1, c.c. ha cosı̀ ad oggetto
essenzialmente l’obbligo per gli amministratori di
osservare il principio della postergazione nel rimborso (66), a cui si aggiunge quello di evitare in radice il rimborso ove si manifestino i segnali di un
dissesto patrimoniale che potrebbe in breve tradursi
nella dichiarazione di fallimento.
Recesso
In occasione dell’esercizio del diritto di recesso
da parte del socio di società per azioni non quotata
conseguente al verificarsi di una delle cause individuate dall’art. 2437 c.c., gli amministratori devono
determinare il valore della quota da liquidare sulla
base dei criteri fissati dall’art. 2437 ter, comma 2,
c.c. (consistenza patrimoniale della società, sue prospettive reddituali, nonché eventuale valore di
mercato delle azioni), sentito il parere del collegio
sindacale e del soggetto incaricato della revisione
legale dei conti. Senza potere in questa sede entrare
nei risvolti tecnici della previsione, possiamo rapidamente ricordare che essa è figlia della riforma del
diritto societario del 2003, segnando il superamento
della precedente impostazione la quale, basata invece sul criterio della determinazione in proporzione
del patrimonio quale risultava dal bilancio dell’ultimo esercizio, disincentivava l’uscita dalla società.
Nella scelta della ponderazione dei metodi indicati
dal legislatore, si ritiene che gli amministratori debbano tenere conto soprattutto delle caratteristiche
della società (67). Abbiamo anticipato che nell’espletamento di tale funzione valutativa, gli amministratori devono sentire il parere anche del collegio
sindacale, secondo il documento del Cndcec operativamente «tenuto a verificare l’esistenza di una situazione patrimoniale ad hoc, nonché di una traccia
scritta del procedimento seguito dall’organo amministrativo e, quindi, che i criteri adottati siano tecnicamente corretti». L’indicazione del Consiglio
nazionale individua in tal modo lo strumento di conoscenza della determinazione del valore di liquidazione che, secondo l’art. 2437 ter, comma 5, c.c.,
deve essere messo a disposizione del socio nei quindici giorni antecedenti alla data fissata dall’assemblea, e del quale egli ha diritto di prendere visione
e di ottenere copia a proprie spese.
Oltre che all’espressione del parere relativo alla
determinazione della somma da liquidare, il Cndcec
ricorda come al collegio sindacale sia richiesta la
più generale verifica del rispetto degli adempimenti
e delle formalità previste dalla legge e dallo statuto
per il caso di recesso. Inoltre, con riferimento alla
536
società a responsabilità limitata, nei casi di esclusione del socio (art. 2473 bis c.c.), al collegio sindacale si chiede di vigilare sull’osservanza delle disposizioni statutarie che regolano il procedimento di
esclusione, nonché sul rispetto delle disposizioni relative al rimborso della partecipazione sociale di cui
all’art. 2473 c.c. Quest’ultima norma, pur ispirata
all’esigenza di rendere la somma liquidata quanto
più aderente possibile al valore effettivo della partecipazione, si presenta meno articolata dell’art. 2437
ter c.c. (68), il quale, tuttavia, potrebbe rappresentare un punto di riferimento cui attenersi nella redazione dell’atto costitutivo delle società a responsabilità limitata.
Scioglimento e liquidazione
Già si è detto che lo scioglimento e la liquidazione della società di capitali assegnano al collegio
sindacale un ruolo suppletivo, nel caso in cui gli
amministratori omettano di accertare senza indugio
il verificarsi di una causa di scioglimento. Identica
funzione vicaria è prevista quando gli amministratori omettano di convocare l’assemblea competente
a deliberare sui criteri di svolgimento della liquidazione (art. 2487 c.c.).
La ‘‘Norma’’ 10.9 interviene in particolare sui
compiti dei sindaci nel corso della procedura di liquidazione. Sulla scorta dell’art. 2488 c.c., che prevede la continuazione della consueta funzione di
controllo (69), sebbene nei limiti della compatibilità, il Cndcec ricorda che «il collegio sindacale svolge le proprie funzioni di vigilanza ed esercita i propri poteri, tenuto conto del particolare status e delle
mutate finalità della società». Una sottolineatura
merita la verifica da parte del collegio sindacale
Note:
(66) La postergazione viene perlopiù intesa come divieto di rimborso ai soci quando esso sia idoneo a pregiudicare la soddisfazione degli altri creditori: in tal senso si veda ex multis Cagnasso, La società a responsabilità limitata, in Cottino (diretto da),
Tratt. dir. comm., V, 1, 2007, 108 ss.. Altra parte della dottrina ritiene invece che la postergazione abbia effetto soltanto in sede
di esecuzione forzata individuale o di fallimento: in questa direzione Zanarone, op. cit., I, 467.
(67) Caratozzolo, Criteri di valutazione del socio recedente nella
spa, in questa Rivista, 2005, 1209 ss.; Ventoruzzo, I criteri di valutazione delle azioni in caso di recesso, in Riv. soc., 2005, 309
ss.
(68) In particolare, l’art. 2473 c.c. menziona soltanto il valore di
mercato, e lo fa peraltro in un ambito societario in cui le quote a differenza delle azioni - non sono destinate alla circolazione:
De Angelis, Commento a Cass. civ., sez. I, 19 marzo 2004, n.
5548, in questa Rivista, 2004, 1379 s.
(69) V. ex multis Cavalli, Osservazioni sui doveri del collegio sindacale di società per azioni non quotate, cit., 53 ss.
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che il liquidatore (o il comitato dei liquidatori) rediga il bilancio iniziale di liquidazione: si tratta infatti di un compito che, dopo la riforma del diritto
societario, non viene esplicitamente attribuito al liquidatore, a differenza delle altre funzioni richiamate dal Cndcec [id est rispetto dei criteri in base ai
quali deve svolgersi la liquidazione e dei poteri ad
esso conferiti dall’assemblea; prosecuzione dell’attività d’impresa solo se a tal fine il liquidatore sia
autorizzato dall’assemblea; redazione degli eventuali
bilanci intermedi (annuali) di liquidazione e del bilancio finale di liquidazione; deposito delle eventuali somme non riscosse; richiesta di cancellazione
della società]. Nel disporre comunque la redazione
del bilancio iniziale di liquidazione, il Consiglio nazionale si muove invero nel solco tracciato dal principio contabile OIC n. 5 (70) che, anche sulla
scorta dell’art. 2277, comma 2, c.c. - prima della riforma richiamato dal testo storico dell’art. 2452 c.c.
in materia di liquidazione delle società di capitali ritiene l’accertamento della situazione iniziale del
patrimonio della società indispensabile per la successiva gestione della liquidazione. Rispetto a ogni
tipologia di bilanci redatti dai liquidatori - iniziale,
intermedio (annuale) e finale - oltre a verificarne
la redazione - il collegio sindacale è tenuto altresı̀ a
predisporre la relazione di cui all’art. 2429 c.c.: l’asserzione del Consiglio nazionale è suffragata dal richiamo generale alle disposizione degli artt. 2423
ss. c.c. contenuto nell’art. 2490 c.c. e, per il bilancio finale di liquidazione, dall’art. 2492, comma 2,
c.c. (71).
Nel documento che stiamo esaminando si precisa infine che il collegio sindacale può chiedere al
tribunale la revoca dei liquidatori per giusta causa
(cfr. art. 2487, comma 4, c.c.) e la cancellazione
della società dal Registro delle imprese, in caso di
inerzia dei liquidatori. Questo potere suppletivo assegnato ai sindaci - che non è espressamente previsto dalla legge - può in realtà farsi discendere dall’art. 2406 c.c. che - attribuendo ai sindaci una funzione vicaria in ipotesi di omissione degli amministratori - ha portata più generale (72).
Attività del collegio sindacale nella crisi
d’impresa
La mancanza di dati normativi che fungano da
raccordo tra diritto societario e disciplina della crisi
d’impresa ha suggerito l’adozione dal parte del
Cndcec della ‘‘Norma’’ n. 11, contenente sei disposizioni. Innanzi tutto - in una prospettiva di prevenzione e di tempestiva emersione della crisi di
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impresa - al collegio sindacale è richiesta una vigilanza sul rispetto del principio della continuità
aziendale (‘‘Norma’’ 11.1): infatti, quando siano rilevati fatti idonei a pregiudicare il going concern,
l’organo di controllo deve darne immediata comunicazione agli amministratori perché questi vi pongano rimedio mediante l’adozione di adeguate misure, la realizzazione delle quali deve essere costantemente monitorata per accertarne l’efficacia. Sul
punto, il documento del Cndcec riecheggia un disegno di legge di qualche anno addietro che, ispirato
al diritto francese, contemplava istituti di allerta e
prevenzione, prevedendo in particolare che i sindaci e i revisori segnalassero all’organo amministrativo
i fatti idonei a pregiudicare la continuità dell’impresa, dei quali fossero venuti a conoscenza nello
svolgimento delle proprie funzioni (73). Ma vi è di
più: nel documento in esame si riconosce al collegio sindacale il ruolo propositivo che la dottrina ha
assegnato ai sindaci in termini di prospettazione
agli amministratori dell’opportunità di proporre ai
creditori soluzioni negoziali della crisi (74). Inoltre,
per l’individuazione di indicatori della crisi, il collegio sindacale può acquisire elementi utili dal revisore legale o dalla società di revisione legale, ove presente.
La segnalazione agli amministratori dei fatti idonei a pregiudicare la continuazione dell’attività sociale non è di per sé sufficiente a scongiurare la crisi ove gli amministratori omettano di adottare le
misure necessarie o adottino misure non adeguate.
Secondo la ‘‘Norma’’ 11.2 - nella quale si avverte
l’influenza della dottrina intervenuta sul tema (75)
-, in tal caso il collegio sindacale convoca l’assemblea a norma dell’art. 2406 c.c. per informarla dello
stato di crisi e del comportamento degli amminiNote:
(70) Organismo Italiano di Contabilità, Documento OIC 5, Bilanci
di liquidazione.
(71) Sul permanere delle prerogative del collegio sindacale in tema di bilancio anche nel corso della liquidazione della società, si
veda Alessi, I liquidatori di società per azioni, Torino, 1994, 154.
(72) Porzio, La cancellazione, in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gianfranco Campobasso, cit., IV, 2007, 83.
(73) Il disegno di legge era stato predisposto dalla «Commissione Trevisanato» istituita con D.M. 27 febbraio 2004. In argomento v. Jorio - Fortunato (a cura di), La riforma delle procedure
concorsuali. I progetti, Milano, 2004, 162.
(74) Caterino, La funzione del collegio sindacale delle società
quotate, tra ‘‘prevenzione’’ e ‘‘allerta’’ della crisi d’impresa, in
Studi in onore di Umberto Belviso, I, Bari, 2011, 364.
(75) Jorio, Crisi d’impresa e controlli interni, in Il nuovo diritto
delle società, Liber amicorum Gianfranco Campobasso, cit., III,
78.
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Prassi
Diritto societario
stratori definendo in modo puntuale l’ordine del
giorno - circoscritto alla situazione di crisi -, esponendo in apposita relazione i fatti censurabili e le
informazioni acquisite, allegando la documentazione di supporto (ad esempio, riscontri effettuati, dati
e informazioni ricevuti dall’organo di amministrazione o dal revisore legale). Peraltro, qualora l’assemblea, sebbene convocata, non abbia luogo oppure non assuma adeguati provvedimenti e la condotta degli amministratori integri anche i presupposti di gravi irregolarità, ove consentito della legge,
il collegio sindacale può proporre la denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c.
Al Consiglio nazionale va inoltre il merito di
suggerire al collegio sindacale il comportamento da
tenere nelle soluzioni negoziali delle crisi d’impresa,
più precisamente, nel tentativo di risanamento dell’esposizione debitoria della società assistito da un
piano volto anche a riequilibrare la sua situazione
finanziaria, secondo l’art. 67, comma 3, lett. d),
l.fall. (‘‘Norma 11.3); nell’ipotesi di un accordo di
ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis l.fall.
(‘‘Norma 11.4); nonché nel caso del concordato
preventivo di cui agli artt. 160 ss. l.fall. (‘‘Norma’’
11.5). Nella fase prodromica di tutte le menzionate
occasioni, il ruolo del collegio sindacale è circoscritto alla verifica dei requisiti di professionalità richiesti dalla legge in capo al professionista che, rispettivamente, attesta la ragionevolezza del piano
di risanamento, redige la relazione sull’attuabilità
del piano di ristrutturazione, predispone la relazione
sulla veridicità dei dati aziendali e sulla fattibilità
del piano posto alla base della proposta di concordato preventivo. L’organo di controllo interno non
è al contrario tenuto ad esprimere un giudizio sul
merito della soluzione negoziale della crisi d’impresa: il Consiglio nazionale sembra cosı̀ essersi discostato dai risultati cui è giunta la dottrina che riconosce invece al collegio sindacale un ruolo attivo
anche nella verifica di adeguatezza e fattibilità degli
accordi di composizione privata della crisi (76).
Nel documento del Cndcec il ruolo del collegio
sindacale nella fase dell’esecuzione del tentativo negoziale diverge invece in ragione della soluzione negoziale prescelta.
Durante l’esecuzione del piano di risanamento di
cui all’art. 67, comma 3, lett. d), l.fall., il Cndcec
ritiene opportuno che il collegio sindacale richieda
agli amministratori notizie sul rispetto di contenuti,
scadenze e obiettivi indicati nel piano, e che vigili
con particolare attenzione laddove, a seguito di informazioni acquisite dagli amministratori o nel corso dell’attività di vigilanza, rilevi significativi sco-
538
stamenti rispetto alle previsioni del piano. In tal caso, il collegio sindacale può richiedere chiarimenti
all’organo amministrativo e, qualora questi non
vengano forniti o risultino insufficienti, può convocare, ricorrendone i presupposti, l’assemblea dei soci al fine di comunicare tali fatti, per valutare l’opportunità di altre misure. Il Consiglio nazionale ha
cura di precisare, infatti, che «il piano attestato
non richiede il consenso di alcuno, né tanto meno
un vaglio omologatorio. Sarà, quindi, solo la concreta esecuzione dello stesso a mostrarne le capacità
risolutive. Nel caso in cui queste non emergano come tali, infatti, la società dovrà adottare tempestivamente altre misure».
Più intensa è l’attività del collegio sindacale nello stadio esecutivo dell’accordo di ristrutturazione
dei debiti. A giudizio del Cndcec l’organo di controllo deve vigilare non soltanto sulla esecuzione
puntuale dell’accordo - analogamente a quanto visto in merito al piano di risanamento - ma altresı̀
sugli adempimenti richiesti per l’omologazione del
tribunale e, per l’intero periodo preso in considerazione ai fini della ristrutturazione, sul regolare pagamento dei creditori estranei all’accordo.
Durante la procedura di concordato preventivo,
il Cndcec afferma la coesistenza del collegio sindacale con gli organi di nomina giudiziale, il commissario giudiziale (art. 163, comma 2, n. 3, l.fall.) - tenuto a vigilare sull’esecuzione del piano e sull’adempimento del concordato - ed il commissario liquidatore, quest’ultimo necessario ove il concordato preventivo preveda la soddisfazione dei crediti
attraverso la cessione dei beni (artt. 160, comma 1,
lett. a), 182 l.fall.). Il collegio sindacale continua
invece ad «operare in funzione di vigilanza nell’interesse dei soci e della società ai sensi dell’art. 2403
c.c. In particolare, il collegio esercita i propri poteri
di intervento (ad esempio, partecipazione alle riunioni degli organi sociali, atti di ispezione e controllo, convocazione dell’assemblea) e redige la relazione di cui all’art. 2429 c.c.» (77). Il Cndcec ritiene inoltre opportuno che il collegio sindacale informi il commissario giudiziale di eventuali irregolarità riscontrate nella gestione per consentirgli la
tempestiva informazione al tribunale ai sensi degli
Note:
(76) Caterino, op. loc. citt.
(77) Afferma che l’organo di controllo interno mantiene intatte
le sue funzioni anche quando la società sia stata ammessa al
concordato preventivo Boggio, Amministrazione e controllo delle società di capitali in concordato preventivo (dalla domanda all’omologazione), in AA.VV., Amministrazione e controllo nel diritto delle società, Torino, 2010, 880 ss.
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Prassi
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artt. 173 (revoca dell’ammissione al concordato) e
185 l.fall. (esecuzione del concordato) (78). Nel
documento in esame si esclude per converso che il
collegio sindacale abbia la facoltà di vigilare sull’operato del commissario liquidatore, perché sottoposto al controllo del tribunale e del commissario giudiziale.
La ‘‘Norma’’ 11.6 dispone che «durante la procedura di fallimento le funzioni del collegio sindacale
sono sospese». Viene in tal modo chiarito che la dichiarazione di fallimento della società non comporta la decadenza degli organi sociali, vicenda invece
conseguente all’estinzione della società. Come si
desume a contrario dagli artt. 118, commi 1, nn. 3 e
4, e 2 - che dispongono la cancellazione della società dal Registro delle imprese soltanto in talune ipotesi di chiusura del fallimento - e 124 l.fall. - che
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ammette, al ricorrere di determinate condizioni, la
legittimazione dell’impresa fallita a presentare la
proposta di concordato - la procedura fallimentare
non si traduce automaticamente nell’estinzione della società. In linea teorica sussiste pertanto la possibilità (non frequente nella prassi) di riprendere lo
svolgimento dell’attività sociale con il conseguente
ritorno del collegio sindacale all’espletamento delle
funzioni che gli sono proprie. Come già segnalato
supra, la sospensione delle funzioni durante la procedura di fallimento della società fa sı̀ che gli incarichi qui ricoperti dai sindaci non vengano computati ai fini del cumulo degli incarichi medesimi.
Nota:
(78) In questa direzione Boggio, op. cit., 883.
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