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n° 347 - ottobre 2010 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it Pier Luigi Nervi e l’arte della scienza delle costruzioni L’opera di un progettista atipico in possesso dell’audacia dell’ingegnere, della fantasia dell’architetto e della concretezza dell’imprenditore La scienza delle costruzioni ha democratizzato e popolarizzato il fatto statico, mettendo in grado molti progettisti di affrontare correttamente, con formule predisposte, alcuni temi prima riservati a una minoranza di persone eccezionalmente dotate. Questa la sintesi di un pensiero di Pier Luigi Nervi che, laureatosi in ingegneria, si forma e inserisce la sua opera in un ambiente di innovazioni e sperimentazioni, quello del secondo decennio del Novecento, un periodo fecondo di suggestioni scientifiche, tecniche ed architettoniche, nel quale si è appena affacciata la tecnologia del cemento armato che sta rinnovando il modo di progettare e costruire. Col lavoro di studiosi, progettisti e costruttori la nuova tecnica si diffonde velocemente e fin dall’inizio le ardite costruzioni di pionieri come Hennebique o Maillart denotano un’attenzione per i valori espressivi delle strutture e, in un certo modo, una ricerca di risultati stilistici. Su questo sfondo ha inizio la carriera professionale di Nervi, che nel 1920 fonda la sua prima impresa, la Società Ing. Nervi e Nebbiosi che Sala Paolo VI - Città del Vaticano nel ‘32 diventerà Nervi e Bartoli, scegliendo il calcestruzzo armato come principale tecnica costruttiva. L’attività di progettista e di costruttore caratterizza tutto il suo lavoro facendo di lui un personaggio atipico nell’ambiente, tanto che in seguito sarà definito come colui che era in possesso dell’audacia dell’ingegnere, della fantasia dell’architetto e della concretezza dell’imprenditore: l’utilizzazione delle tecniche più avanzate non trascurava infatti la ricerca di un’armonia con l’eleganza formale e non si faceva nemmeno sfuggire gli aspetti tecnici ed economici del cantiere e dell’attività dell’impresa. Insieme ad altri autori Pier Luigi Nervi contribuisce, nella metà del secolo scorso, alla rottura dei paradigmi formali del razionalismo. È uno dei maggiori artefici di architetture strutturali nel panorama del ‘900, frutto di una speciale coniugazione fra arte e scienza del costruire che diventano icone, a livello mondiale, di un nuovo modo di fare architettura. La prima opera che lo pone al centro dell’attenzione della critica e del pubblico internazionale è il concorso per lo stadio Berta di Firenze del 1930, che vince per la particolare bellezza del progetto, caratterizzato dalla slanciata raffinatezza strutturale e dal forte impatto visivo, una costruzione che al tempo stesso teneva in considerazione anche il contenimento dei costi. Controllo tecnico-economico che rende vincenti anche i progetti per i grandi hangar per l’Aviazione italiana a Orvieto e Orbetello. In questi Nervi progetta pag. 2 uno spazio con una copertura geodetica, costituita da una struttura ad archi incrociati. Dopo una prima realizzazione con tecniche tradizionali di gettate su centine, in quelle successive utilizza per le nervature dei conci prefabbricati che vengono resi solidali in opera. L’impiego di componenti prefabbricati sarà poi una consuetudine nelle sue opere, dove sempre ricercherà il massimo sfruttamento delle opportunità concesse da questo nuovo procedimento tecnico. Nel dopoguerra, la prima opera di rilievo è il Salone per Torino Esposizioni del 1949, dove utilizza la nuova tecnologia del ferro-cemento per realizzare la grandiosa volta a botte trasparente. I conci prefabbricati sono realizzati con un sottile strato di calcestruzzo con una fitta rete di armature fini adatte a plasmare qualsiasi conformazione geometrica che vengono collegate con getti di solidarizzazione nella messa in opera. Inizia poi a lavorare anche all’estero dove realizza la sede dell’UNESCO a Parigi (1953-58); con l’affermarsi della sua immagine di progettista sulla scena internazionale questa è seguita da una serie di incarichi prestigiosi che si somma a quella degli incarichi italiani, tra cui il Grattacielo Pirelli di Milano con A. Danusso e G. Ponti, il complesso di opere per le olimpiadi di Roma del 1960 e il Palazzo del Lavoro di Torino. Da sottolineare è la costante attenzione verso il rapporto tra architettura e ingegneria, il linguaggio architettonico, il rapporto tra forma e struttura e sui valori etici del costruire correttamente, atteggiamento che lo distingue anche nel suo insegnamento universitario presso la Facoltà di Architettura di Roma e nella produzione dei suoi scritti. Il 28 agosto scorso a Venezia nel Palazzo Giustinian Lolin è stata inaugurata una mostra dedicata al “più geniale modellatore di cemento armato della nostra epoca”, per usare una definizione di Nikolaus Pevsner, intitolata “Pier Luigi Nervi - Architettura come sfida” che resterà aperta fino alla metà di novembre e che fa parte di un’ampia serie di esposizioni, di respiro internazionale, dedicata all’opera dell’ingegnere valtellinese. Il ciclo, partito da Bruxelles, sta quindi facendo tappa a Venezia inserendosi nelle manifestazioni della 12a Mostra Internazionale di Architettura, collegamento non casuale dato il tema della Biennale: “People meet in Architecture” che rende gli spazi del vivere sociale progettati da Nervi decisamente attuali. Dopo il passaggio veneziano la mostra si sposterà a Roma nella rassegna del MAXXI, con un approfondimento sul cinquantenario delle Olimpiadi del 1960, e successivamente sarà a Torino per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia per poi lasciare l’Italia e proseguire in altre capitali d’Europa e d’America. La tappa veneziana costituisce perciò il secondo appuntamento: dopo la presentazione della figura di Pier Luigi Nervi a Bruxelles, in questa sede si affrontano problematiche più ampie, come lo stato attuale delle sue opere e la questione, dove e per quanto possibile, del loro recupero insieme a un’indagine sui rapporti tra il progettista e i suoi contemporanei. L’intento è quello di dare il via a una serie di approfondimenti che attenderanno di essere allargati e di porre due problemi critici molto importanti: esiste un recupero possibile di opere di queste dimensioni che hanno esaurito il loro ciclo di vita? E poi, qual era la cultura di Nervi e del suo tempo, di fronte a interventi non sul nuovo, ma su architetture già esistenti? francesca bardi Stadio Comunale Giovanni Berta (oggi Artemio Franchi) - Firenze