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COMMISSIONE SOCIETÀ COOPERATIVE
Documento n. 1
MUTUALITÀ: DETERMINAZIONE DELLA PREVALENZA E
DEFINIZIONE DEI REQUISITI
COMPONENTI
ANDREA DILI – PRESIDENTE
EDMONDO BELBELLO
MARCO BENNI
ANDREA CICCARELLI
SEBASTIANO DI DIEGO
CLARA GRANDIS
ALESSANDRO FICICCHIA
VERSIONE FINALE – OTTOBRE 2005
________________________________________
UGDC Roma - Via Latina 57/i – 00179 Roma
Documento n. 1
MUTUALITÀ: DETERMINAZIONE DELLA PREVALENZA E DEFINIZIONE
DEI REQUISITI
Indice
1) Introduzione: definizione di mutualità
2) Modalità di rappresentazione in bilancio dei parametri di prevalenza
3) La costruzione degli indici di mutualità
4) L’impatto dei ristorni
5) La dimostrazione della prevalenza
6) Regimi derogatori al requisito della prevalenza
7) La perdita della mutualità
8) Correlazione tra gli artt. 2512 e 2513 C.C., l’art. 5 DM 23/06/2004, l’art. 4 D.Lgs.
220/2002 e l’art. 7 DM 23/12/2004
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1) Introduzione: definizione di mutualità
Le società cooperative, secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, si distinguono
dagli altri tipi di società per il particolare fine perseguito ossia lo scopo mutualistico, del
quale la legge non fornisce espressamente alcuna definizione.
In dottrina la mutualità si distingue in “interna” (o “egoistica”), rivolta esclusivamente
ai soci, ed “esterna”, rivolta a terzi.
La mutualità “interna” consiste, secondo la definizione contenuta nel testo della
Relazione al Codice Civile, “nel fornire beni o servizi od occasioni di lavoro
direttamente ai membri dell’organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che
otterrebbero sul mercato”. Il perseguimento dello scopo mutualistico viene raggiunto,
dunque, attraverso il conseguimento di un vantaggio differenziale, misurabile in un
beneficio economico realizzato attraverso l’ottenimento da parte dei soci di un
risparmio di spesa (nelle cooperative di utenza) o di un maggior corrispettivo per i beni
o servizi apportati (nelle cooperative di conferimento) o di una migliore remunerazione
delle prestazioni lavorative fornite (nelle cooperative di produzione e lavoro), rispetto
alle condizioni praticate sul mercato.
Il vantaggio mutualistico viene conseguito realizzando una razionalizzazione
dell’organizzazione nelle varie fasi del processo produttivo ed evitando il ricorso
all’intermediazione di terzi nell’acquisizione dei fattori di produzione. Il risparmio, in
termini di minori costi di intermediazione, libera risorse destinabili al miglioramento
delle condizioni offerte ai soci. Lo scambio mutualistico, nell’ambito del quale i soci
conseguono il vantaggio economico, è momento essenziale per la realizzazione dello
scopo mutualistico.
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L’attribuzione del vantaggio mutualistico può avvenire nel momento dello scambio tra
socio e cooperativa ovvero in una fase successiva, attraverso la tecnica dei ristorni. Il
ristorno costituisce, infatti, una sorta di conguaglio, giacché permette alla società di
restituire ai soci una parte del prezzo pagato per acquistare beni o servizi da essa ceduti
ovvero incrementare i corrispettivi pagati ai soci che abbiano fornito beni o servizi alla
cooperativa. In ogni caso, il vantaggio mutualistico, ceteris paribus, sarà tanto maggiore
quanto maggiore sarà stato lo scambio mutualistico.
Lo scopo mutualistico, così definito, differenzia le società cooperative dalle società
lucrative, in quanto le prime tendono alla realizzazione di condizioni vantaggiose per i
soci, mentre le seconde hanno come scopo la massimizzazione del profitto (lucro
oggettivo) da distribuire tra i soci (lucro soggettivo), generalmente in proporzione alle
quote di capitale possedute.
Occorre precisare, al riguardo, come lo scopo di lucro non sia del tutto assente nelle
società cooperative, le quali ben possono realizzare un utile ripartibile tra i soci.
La distinzione tra scopo mutualistico e scopo lucrativo si riflette immediatamente nella
distinzione tra ristorni e dividendi. Mentre i primi sono uno strumento di attribuzione
del vantaggio mutualistico e sono commisurati all’entità degli scambi intervenuti tra il
singolo socio e la società cooperativa, i dividendi costituiscono la remunerazione del
capitale e sono distribuiti generalmente in proporzione al capitale conferito. Tale
distinzione, in assenza di una definizione legislativa dei ristorni, i quali sono ora
disciplinati all’art. 2545-sexies del Codice Civile, è condivisa da dottrina e
giurisprudenza prevalenti.
La mutualità “esterna” viene realizzata prevalentemente attraverso:
•
il riconoscimento a terzi del vantaggio mutualistico;
4
•
la destinazione a terzi degli utili, al fine di promuovere e sviluppare la
cooperazione (mutualità “altruistica” o “di sistema”).
Il riconoscimento a terzi del vantaggio mutualistico è stato raramente applicato nella
pratica (cfr. articolo 9, R.D. 12 febbraio 1911, n. 278); la mutualità “altruistica” (o “di
sistema”) ha trovato, da ultimo, applicazione con l’istituzione dei fondi mutualistici per
la promozione e lo sviluppo della cooperazione, previsti dagli articoli 11 e 12 della L.
31 Gennaio 1992, n. 59. Infatti, le società cooperative sono obbligate a concorrere al
finanziamento del sistema cooperativo sia durante la vita della società, destinando parte
degli utili d’esercizio realizzati ai predetti fondi (ovvero, ove non aderiscano ad alcuna
associazione di categoria, al Ministero delle Attività Produttive), che al momento del
loro scioglimento o dell’eventuale trasformazione in ente non cooperativo, devolvendo
agli stessi soggetti il patrimonio sociale, detratti i dividendi maturati ed il capitale
versato e rivalutato.
La mutualità “altruistica”, oggetto di alcune norme contenute nel Codice Civile, è volta,
dunque, alla promozione ed al rafforzamento dell’intero settore cooperativo, attraverso
l’apposita destinazione di risorse finanziarie accumulate in seno alle singole società
cooperative.
Il quadro di riferimento, appena delineato, risulta dalle norme di legge e
dall’accoglimento delle interpretazioni più diffusamente, ma non unanimemente,
accettate da dottrina e giurisprudenza.
Gli interventi legislativi che hanno preceduto la riforma del diritto societario hanno
privilegiato la mutualità “altruistica”, mentre il legislatore della riforma ha tenuto in
debita considerazione anche la mutualità “interna”.
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Con riferimento a quest’ultima, è stata disciplinata la distinzione tra società cooperative
a mutualità prevalente e società cooperative diverse, distinzione che rileva
sostanzialmente solo sul piano dell’accesso alle agevolazioni tributarie. La circostanza
che la società cooperativa che rispetti la prevalenza sia considerata meritevole
dell’accesso ai benefici fiscali è, dunque, un chiaro incentivo al perseguimento della
mutualità “interna”. La società a mutualità prevalente, pertanto, rappresenta un
sottoinsieme della società cooperativa: la relazione al disegno di legge di riforma ne ha
dato conferma riferendosi “ad una visione fondamentalmente unitaria del fenomeno”.
2) Modalità di rappresentazione in bilancio dei parametri di prevalenza
Prima di affrontare nel dettaglio i temi relativi all’applicazione degli articoli 2512 e
2513 del Codice Civile, si ritiene opportuno far riferimento ad alcuni argomenti di
carattere generale evidenziati nella Relazione al Decreto Legislativo che ha introdotto il
nuovo diritto societario:
•
la cooperativa è a mutualità prevalente quando rispetta sia un’“opzione
statutaria” (clausole ex articolo 2514 del Codice Civile), che un’“opzione
gestionale” (prevalenza mutualistica ex articoli 2512 e 2513 del Codice Civile);
•
l’opzione gestionale richiede un raffronto numerico tra vari indici di riferimento,
per cui è rispettata quando l’attività mutualistica con i soci è superiore alla metà
dell’intera attività svolta dalla società (per tipi di operazioni omogenee con
quelle di scambio mutualistico).
L’opzione gestionale, inoltre, è stata “costruita” dal legislatore della Riforma in due
passaggi:
6
•
il primo, realizzato dal primo comma dell’articolo 2512 del Codice Civile,
stabilisce un principio generale di “prevalenza” evidenziando adeguatamente, in
modo specifico per ogni genus di società cooperativa, i rapporti ai quali debba
essere riferito tale criterio;
•
il secondo, stabilito dall’articolo 2513 del Codice Civile, costituisce una
specificazione della norma precedente, indicando ben definiti parametri contabili
idonei a documentare la condizione di prevalenza di cui all’articolo 2512, primo
comma, del Codice Civile.
In particolare, l’articolo 2512 del Codice civile individua tre diverse tipologie di
cooperative che si diversificano non in base al settore economico di appartenenza, ma in
ragione della forma con cui si realizza lo scambio mutualistico. Si distinguono, infatti,
tre grandi categorie:
1) cooperative in cui lo scambio mutualistico si realizza nell’area ricavi–soci
clienti: si tratta di soggetti che svolgono la propria attività di cessione di beni o
prestazioni di servizi prevalentemente in favore di soci consumatori o utenti;
2) cooperative in cui lo scambio mutualistico si realizza nell’area costi del lavoro–
soci lavoratori: si tratta di soggetti che si avvalgono prevalentemente delle
prestazioni lavorative dei propri soci, regolate dalla disciplina introdotta dalla
Legge 3 aprile 2001, n. 142. I soci di tali cooperative intrattengono con le
medesime anche un rapporto di lavoro in forma subordinata, autonoma o con
qualsiasi altra modalità, ivi comprese le collaborazioni coordinate non
occasionali;
3) cooperative in cui lo scambio mutualistico si realizza nell’area costi per
materie/servizi–soci fornitori. Si tratta di cooperative che:
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•
acquisiscono beni prevalentemente dai propri soci per la successiva
trasformazione e/o rivendita;
•
si avvalgono prevalentemente delle prestazioni di servizi dei propri soci
(cooperative di servizi).
Il successivo articolo 2513 del Codice Civile individua ben definiti parametri contabili,
idonei a documentare le condizioni di prevalenza previste dal precedente articolo 2512,
primo comma, del Codice Civile. Si sottolinea che la condizione di prevalenza deve
essere valutata, non con riguardo al mero raffronto numerico fra soci e terzi, bensì con
riferimento a quelle voci del conto economico nelle quali si concretizza e si esprime il
rapporto di scambio mutualistico con i soci.
Al fine di una corretta contabilizzazione dei fatti di gestione nel conto economico
occorrerà fare riferimento ai principi contabili generalmente accolti che precisano le
regole da osservarsi nella redazione del bilancio nel suo complesso e nella
determinazione delle singole voci. Si ottiene così una ragionevole certezza
nell’individuazione dei singoli termini di paragone da considerare nel calcolo dei
rapporti fissati dall’articolo 2513 del Codice Civile.
Ricordato che la norma in commento definisce in modo puntuale quali sono le voci da
prendere in considerazione ai fini del calcolo, va altresì precisato che nel conto
economico non è richiesto che vengano indicati in modo separato gli elementi di costo o
di ricavo riferibili agli scambi mutualistici intrattenuti con i soci. D’altra parte, gli
amministratori nella nota integrativa ed i sindaci nella relazione al bilancio devono
documentare la condizione di prevalenza in modo da fornire un’adeguata informativa.
L’articolo 2545-sexies del Codice Civile, nel disciplinare i ristorni, richiede di riportare
separatamente in “bilancio” i dati relativi all’attività svolta con i soci, con distinzione
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delle diverse gestioni mutualistiche. Tale generico richiamo fa sorgere il dubbio se per
rappresentazione in “bilancio” debba essere intesa la mera collocazione in nota
integrativa, in linea con il disposto dell’articolo 2513, o, al contrario, venga richiesta
un’esposizione diretta nel conto economico.
Si ritiene, al riguardo, che l’esposizione diretta in conto economico, oltre ad appesantire
la rappresentazione dei numeri, potrebbe non essere opportuna, stante la disposizione
dell’articolo 2423-ter, secondo comma, del Codice Civile.
Fatte queste premesse, è necessario chiedersi se sia consigliabile agire direttamente a
livello di contabilità generale, attraverso specifici innesti nel piano dei conti, oppure
limitarsi a riclassificazioni extra contabili di fine esercizio. É preferibile integrare il
piano dei conti piuttosto che procedere ogni anno al reperimento delle informazioni
mediante analisi delle schede di mastro e riclassificazione dei dati. Ciò garantisce
maggior precisione del lavoro, maggiore chiarezza e continuo monitoraggio delle
informazioni. Amministratori e sindaci, potranno così verificare costantemente la
sussistenza dei requisiti per il mantenimento della qualifica di cooperativa a mutualità
prevalente e, quindi, delle agevolazioni fiscali.
Si suggerisce, pertanto, di inserire nel piano contabile i seguenti nuovi sottoconti,
direttamente collegabili con la riclassificazione del bilancio secondo quanto previsto dal
Codice Civile (le numerazioni sono puramente indicative):
Tipologia cooperativa
Struttura del piano dei conti
Collegamento a bilancio CEE
Cooperativa agricola di
conferimento
01 – Costi per acquisto materie prime
0101 – acquisti per conferimento soci
0102 – acquisti da non soci
voce B6 del conto economico
Cooperativa di lavoro
02 – Salari e stipendi
0201 – salari e stipendi soci
0202 – salari e stipendi non soci
03 – Oneri sociali
0301 – oneri sociali soci
0302 – oneri sociali non soci
voce B9 del conto economico
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04 – Tfr
0401 – tfr soci
0402 – tfr non soci
Cooperativa di lavoro
05 – servizi e collaborazioni
0501 – servizi e collaborazioni da soci
0502 – servizi e collaborazioni da non soci
voce B7 del conto economico
Cooperative di utenza o
consumo
10 – ricavi per vendite e servizi
1001 – ricavi e corrispettivi da soci
1002 – ricavi e corrispettivi da non soci
voce A1 del conto economico
Il conto economico recepirà direttamente i saldi dei sottoconti nelle voci di costo o
ricavo specifiche e la nota integrativa indicherà l’apposito dettaglio direttamente fornito
dalla contabilità, senza bisogno di ulteriori elaborazioni.
La nota integrativa conterrà un apposito prospetto ai fini sia dell’articolo 2513 del
Codice Civile che dell’articolo 2545-sexies del Codice Civile. A tale proposito, si
propone il seguente schema:
Tipologia cooperativa
Dettaglio dei conti
Cooperativa agricola di
conferimento
01 – Costi per acquisto materie prime
0101 – acquisti per conferimento soci
0102 – acquisti da non soci
150.000
95.000
55.000
63%
Cooperativa di lavoro
02 – Salari e stipendi
0201 – salari e stipendi soci
0202 – salari e stipendi non soci
03 – Oneri sociali
0301 – oneri sociali soci
0302 – oneri sociali non soci
04 – Tfr
0401 – tfr soci
0402 – tfr non soci
250.000
200.000
50.000
90.000
70.000
20.000
20.000
16.000
4.000
79%
45.000
40.000
5.000
89%
1.350.000
620.000
730.000
46%
Cooperativa di lavoro
Cooperative di utenza o
consumo
Valori contabili % prevalenza
05 – servizi e collaborazioni
0501 – servizi e collaborazioni da soci
0502 – servizi e collaborazioni da non soci
10 – ricavi per vendite e servizi
1001 – ricavi e corrispettivi da soci
1002 – ricavi e corrispettivi da non soci
Più complessa appare la problematica connessa alla provenienza dei dati necessari al
calcolo della prevalenza. Infatti, mentre in taluni casi (ad es. cooperative di lavoro) le
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fonti sono del tutto attendibili (ad es. buste paga o documenti equipollenti, combinate
con il libro soci, da cui si ricava l’elenco dei soci lavoratori), in altre tipologie di
cooperative ciò potrebbe essere non sempre vero. Si pensi alle cooperative di consumo,
che quotidianamente eseguono numerosissime transazioni, con soci e terzi, di norma
certificate da documenti fiscali non intestati e non nominativi.
In tal caso, solo appositi strumenti informatici (ad es. carte magnetiche) possono
contribuire a rilevare, anche in contabilità, il dato relativo alle transazioni effettuate con
i soci, in modo da verificare, al momento dell’acquisto, la partecipazione del
consumatore alla compagine sociale. In tale ultimo caso, sarebbe apprezzabile un
intervento amministrativo che meglio precisi tali aspetti, riconoscendo la validità
dell’utilizzo di ben appropriati strumenti.
3) La costruzione degli indici di mutualità
Cooperative di consumo e di utenza
Rientrano in questa categoria le cooperative di consumo e le cooperative edilizie di
abitazione.
In queste cooperative lo scambio mutualistico si realizza attraverso l’acquisto da parte
dei soci dei beni e/o dei servizi, forniti dalla società.
Le cooperative che si collocano in tale ambito, fatta eccezione per le cooperative di
credito, dimostrano la prevalenza attraverso il calcolo del seguente indice:
Ricavi delle vendite e delle prestazioni nei confronti dei soci X 100 > 50%
Totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni
Il seguente esempio chiarisce le modalità di calcolo dell’indice.
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Dati rilevanti
Calcolo della prevalenza
Conto economico
A) Valore della produzione
1) Ricavi delle vendite e delle prestazioni €. 1.500
a) Ricavi delle vendite verso i soci €. 1.000
b) Ricavi delle vendite verso terzi €. 500
1000
x 100= 66,67%
1500
Nelle cooperative di abitazione i parametri economici per la determinazione dell’indice
di mutualità sono rappresentati dai corrispettivi dei fabbricati assegnati ai soci in
rapporto al totale dei ricavi della cooperativa comprensivi, a mero titolo esemplificativo,
di quelli derivanti della vendita a terzi di eventuali locali commerciali.
Cooperative di lavoro
Lo scambio mutualistico nelle cooperative di lavoro è costituito dalle prestazioni
lavorative effettuate dai soci. Rientrano in questa categoria anche le cooperative
portuali, di pulizia e di facchinaggio.
Per tali cooperative la condizione di prevalenza è soddisfatta se il costo del lavoro dei
soci è superiore al 50% del totale del costo del lavoro di cui all'articolo 2425, primo
comma, del Codice Civile.
In considerazione della circostanza che, in base alla Legge 142/2001, il rapporto di
lavoro in cooperativa può attuarsi anche secondo modalità diverse dal contratto di
lavoro subordinato, il legislatore con l’articolo 25 del D.Lgs. n. 310/2004 ha
opportunamente aggiunto alla lett. b) del primo comma dell’articolo 2513 del Codice
Civile l’inciso “computate le altre forme di lavoro inerenti lo scopo mutualistico”.
Occorre, dunque, considerare sia il costo delle prestazioni lavorativa dei soci espresso al
punto B9 del conto economico, sia quello relativo alle altre forme di lavoro dei soci
riportato nella voce B7 del conto economico.
L’indice per le cooperative di lavoro è il seguente:
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Costo delle prestazioni lavorative dei soci
Totale B9 + altri costi del lavoro inerenti il rapporto mutualistico
X 100 > 50%
Tra i costi del lavoro di terzi collocati nella voce B7 del conto economico, dovranno
essere presi in considerazione soltanto quelli relativi a rapporti di lavoro “inerenti lo
scopo mutualistico”, aventi cioè ad oggetto prestazioni omogenee con quelle dei soci
lavoratori e, quindi, direttamente strumentali allo svolgimento delle attività della
cooperativa.
Ad esempio, in una cooperativa di lavoro che svolge attività di pulizie non dovranno
essere considerati i compensi per prestazioni professionali (es. onorari notarili, di
commercialisti, ecc.) che, non essendo sostitutive di quelle dei soci, nulla hanno a che
fare con lo scopo mutualistico della società.
Cooperative di conferimento
In queste cooperative lo scambio mutualistico si realizza attraverso l’acquisizione da
parte delle stesse dei beni o delle merci prodotti dai soci.
Le cooperative che si collocano in tale ambito si considerano prevalenti qualora
rispettino la seguente condizione:
Costi per l’acquisto di materie prime, suss., di cons. e di merci dei soci X 100 > 50%
Totale dei costi per l’acquisto di materie prime, suss., di cons. e di merci
L’esempio seguente, chiarisce le modalità di calcolo dell’indice.
Dati rilevanti
Conto economico
B) Costi della produzione
6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e
di merci 1.000
a. da soci €. 606
Calcolo della prevalenza
606
x 100= 60,60%
1.000
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b. da terzi €. 394
Cooperative agricole
In deroga a quanto detto sopra, il terzo comma dell’articolo 2513 del Codice Civile,
individua uno speciale metodo di calcolo della prevalenza per le cooperative agricole,
intendendosi come tali le cooperative che esercitano le attività di cui all’articolo 2135
del Codice civile.
Per tali cooperative, l’indice di riferimento non è quello previsto dalla lettera c)
dell’articolo 2513 del Codice Civile, ma il rapporto fra le quantità o il valore dei
prodotti conferiti dai soci e le quantità o il valore totale dei prodotti acquisiti.
Le cooperative agricole, quindi, sono facilitate nella dimostrazione della prevalenza,
essendo svincolate dal riferimento alle voci complessive (A1, B6, B7 e B9) del conto
economico e potendo scegliere, tra due diversi indici, quello più favorevole:
Quantità dei prodotti conferiti dai soci
Quantità totale dei prodotti acquisiti
X 100 > 50%
oppure:
Valore dei prodotti conferiti dai soci
Valore totale dei prodotti acquisiti
X 100 > 50%
Si suggerisce di adottare l’indice a quantità quando i beni conferiti sono tra loro
omogenei e di scarsa variabilità nel valore; contrariamente, si ritiene preferibile
l’adozione del parametro “valore” per conferimenti di beni che possono avere
valutazioni estremamente differenti (uva, olive, malto, ecc).
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Cooperative di servizi
In queste cooperative lo scambio mutualistico è costituito dalle prestazioni di servizi
fornite dai soci a favore della società (ad esempio le cooperative di autotrasporto, che si
avvalgono delle prestazioni dei soci imprenditori artigiani).
Le cooperative che si collocano in tale ambito si considerano prevalenti a condizione
che il risultato del rapporto fra costi della produzione per servizi forniti dai soci e il
totale della voce costi della produzione per servizi (B7) sia superiore al cinquanta per
cento.
Anche in questo caso è evidente che la voce B7 del conto economico costituisce un
aggregato eterogeneo che, tra gli altri costi, può includere anche:
•
trasporti;
•
assicurazioni;
•
servizi postali;
•
energia elettrica, telefono, telex, acqua, gas ed altre utenze;
•
trasferte e viaggi;
•
consulenze tecniche, legali, fiscali, amministrative, commerciali e revisione
contabile;
•
pubblicità e promozione;
•
provvigioni e rimborsi spese ad agenti e rappresentanti;
•
servizi esterni di vigilanza;
•
servizi esterni di pulizia;
•
compensi e rimborsi spese ad amministratori, sindaci e revisori esterni.
È chiaro, dunque, che se ci si limita ad una interpretazione meramente letterale della
norma, si giunge ad elaborare un rapporto che non esprime in modo corretto la
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sussistenza o meno della prevalenza, in quanto comprensivo di costi che non hanno
alcuna attinenza con l’attività svolta tramite lo scambio mutualistico con i soci. Di
conseguenza, anche in tale caso, occorre considerare elementi del tutto omogenei al fine
di verificare correttamente l’effettiva esistenza del requisito di prevalenza.
In breve, le cooperative di servizi si considerano prevalenti qualora verifichino la
seguente condizione:
Costo per prestazioni servizi dei soci
Totale dei costi per servizi inerenti il rapporto mutualistico
X 100 > 50%
Cooperative miste
Le cooperative miste, realizzando contestualmente più tipi di scambio mutualistico,
sono chiamate a documentare la prevalenza attraverso il calcolo della media ponderata
degli indici calcolati con riferimento alle diverse gestioni mutualistiche. In altre parole,
supponendo che la cooperativa svolga tutte le possibile gestioni mutualistiche, il
parametro da calcolare dovrà essere il seguente:
A1 SOCI + B6 SOCI + B7 SOCI + B9 SOCI
A1 TOT + B6 TOT + B7 TOT + B9 TOT
X 100 > 50%
Il seguente esempio può aiutare a comprendere il meccanismo di calcolo nell’ipotesi di
una cooperativa mista di consumo e di servizi:
Dati rilevanti
Conto economico
A) Valore della produzione
1) Ricavi delle vendite e delle prestazioni €.
5.600
a) Ricavi delle vendite verso soci €. 2.900
b) Ricavi delle vendite verso terzi €. 2.700
Calcolo della prevalenza
2.900 + 750 X 100 = 50,69%
5.600 + 1.600
B) Costi della produzione
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7) Costo per servizi €. 1.600
a) Servizi dei soci €. 750
b) Servizi di terzi €. 850
Cooperative di diritto esonerate
Alcune cooperative, in considerazione delle caratteristiche soggettive e della specifica
rilevanza sociale, sono esonerate dal dare dimostrazione del rispetto della prevalenza.
Si tratta, in particolare:
•
delle cooperative sociali, a condizione che rispettino le norme contenute nella
legge 8 novembre 1991, n. 381;
•
delle banche di credito cooperativo, a condizione che rispettino le leggi speciali
ad esse relative;
•
delle banche popolari e consorzi agrari, cui continuano ad applicarsi le norme
vigenti alla data di entrata in vigore della legge delega n. 366/2001 e non le
nuove disposizioni civilistiche.
4) L’impatto dei ristorni
Al di là di un commento specifico sui singoli parametri scelti dal legislatore, ci si chiede
se essi siano sempre e in ogni caso appropriati a svolgere correttamente la funzione loro
assegnata dalla legge o se, in alcuni casi, sia più corretta un’interpretazione dell’articolo
2513 del Codice Civile non meramente letterale; a tale riguardo, eclatante sembra il
caso dell’incidenza dei ristorni sui parametri stessi.
Si nota, infatti, come, interpretando letteralmente la norma, il valore dei parametri di
mutualità possa essere influenzato, anche sensibilmente, da una semplice deliberazione
dell’assemblea dei soci (ad es. distribuzione di ristorni piuttosto che destinazione delle
stesse somme a riserva indivisibile) e non da una situazione oggettiva, così come
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indicato nella Relazione al Decreto Legislativo che ha introdotto il nuovo diritto
societario (attività mutualistica con i soci superiore alla metà dell’intera attività svolta
dalla società).
Inoltre, al di là del dibattito sulla natura del ristorno, si evidenzia come proprio
dall’adozione di un mero comportamento formale (ristorno a conto economico)
piuttosto che un altro (ristorno come destinazione di utile) discenda ancora, stando di
nuovo alla lettera della norma, una differente valorizzazione dei parametri di prevalenza
mutualistica. In poche parole, sarebbero teoricamente verificabili casi limite in cui il
realizzarsi dello status di cooperativa a mutualità prevalente diviene esclusiva funzione,
ceteris paribus, proprio di una scelta meramente formale. Al riguardo, si veda il
seguente esempio.
Esempio
Cooperativa di produzione e lavoro α.
Costi per il personale complessivi = 100
Costi per il personale da soci = 49
Costi per il personale da non soci = 51
Massimo ristorno distribuibile = 10
A questo punto si possono verificare più casi:
Caso 1
L’assemblea decide di non distribuire ristorni e di destinare tutto l’utile residuo,
deliberati gli accantonamenti obbligatori, a riserva indivisibile.
Il parametro di prevalenza mutualistica è pari al 49%, per cui la cooperativa non è a
mutualità prevalente.
Caso 2
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L’assemblea decide di distribuire il massimo possibile di ristorni (10), contabilizzati
come una destinazione di utile.
Il parametro di prevalenza mutualistica rimane al 49%, per cui la cooperativa non è a
mutualità prevalente.
Caso 3
L’assemblea decide di distribuire il massimo possibile di ristorni (10), contabilizzati a
conto economico, alla voce B9 - costi per il personale.
Quindi si avrà:
Costi per il personale complessivi = 110
Costi per il personale da soci = 59
Costi per il personale da non soci = 51
Il parametro di prevalenza mutualistica è pari al 53,63% (59/110), per cui la
cooperativa è a mutualità prevalente.
Per contro, la distorsione che si può verificare in cooperative di utenza o di consumo è
di segno opposto. Se si pensa infatti che il ristorno in una cooperativa di consumo si
sostanzia con la restituzione di una parte del prezzo pagato in corso d’anno per
l’acquisizione dei beni o servizi, e che contabilmente ciò avviene mediante una rettifica
in diminuzione del fatturato realizzato dalla cooperativa (nello specifico nei confronti
dei soci), si ha il paradosso secondo cui quanto più la cooperativa realizza una politica
di mutualità estesa nei confronti dei soci, tanto più ne viene penalizzata in termini di
percentuale di prevalenza.
Posto che entrambi i comportamenti (ristorno costo e ristorno destinazione di utile)
sembrerebbero consentiti, si sollecita una chiara presa di posizione del legislatore sulla
materia al fine di eliminare questa distorsione.
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Una delle soluzioni del problema potrebbe essere neutralizzare l’effetto dei ristorni sui
parametri di mutualità, nel caso in cui essi siano stati computati nel conto economico.
Infatti, nel verificare che la cooperativa svolge la propria attività prevalentemente con i
propri soci, è opportuno che tali scambi vengano misurati in modo quanto più
omogeneo possibile rispetto a quelli effettuati con i terzi.
5) La dimostrazione della prevalenza
In base all’articolo 2513, primo comma, del Codice Civile gli amministratori ed i
sindaci devono documentare la condizione di prevalenza nella nota integrativa al
bilancio, evidenziando contabilmente i suddetti parametri quantitativi.
Curioso appare il richiamo del legislatore al ruolo del collegio sindacale in sede di
elaborazione del bilancio, essendo la responsabilità della predisposizione e della
completezza
dell’informazione
del
bilancio
di
esclusiva
competenza
degli
amministratori. In merito, va dunque precisato che gli amministratori avranno il dovere
di documentare adeguatamente la nota integrativa ed i sindaci dovranno dare atto nella
propria relazione di fine anno della effettiva veridicità dei dati riportati in relazione al
corretto calcolo matematico e soprattutto alla procedura utilizzata in corso d’anno per
l’identificazione e la rilevazione contabile degli scambi con soci e con non soci. Il
legislatore ha, in altri termini, richiesto una specifica responsabilizzazione dell’organo
di controllo nella attestazione dei dati contabili relativi alla prevalenza, vista l’
importanza e la rilevanza fiscale delle informazioni richieste.
In assenza di collegio sindacale è dubbio se tale competenza debba essere assolta dal
revisore contabile: in considerazione delle implicazioni sulle imposte dell’esercizio si
20
ritiene, comunque, che egli debba procedere alla verifica del parametro, soprattutto
qualora nell’esercizio precedente il parametro stesso non sia stato rispettato.
Nulla verrà verificato in ipotesi di assenza di funzioni di controllo.
6) Regimi derogatori al requisito della prevalenza
L’articolo 111-undecies disp. att. è una delle disposizioni introdotte nell’ambito della
riforma del diritto societario la cui interpretazione suscita più di un problema e sulla
quale la gran parte della dottrina non si è ancora espressa. L’importanza della
disposizione in commento è, tuttavia, tale che si ritiene opportuno azzardare alcune
soluzioni interpretative, certamente da approfondire in futuro.
La norma citata prevede la possibilità che il Ministro delle Attività Produttive, di
concerto con il Ministro dell’Economia, possa emanare, con apposito decreto, regimi
derogatori al requisito della prevalenza, così come previsto dall’articolo 2513 del
Codice Civile. Va sottolineato come tale facoltà assuma assoluta rilevanza, considerato
che, altrimenti, soltanto le cooperative che rispettano i parametri di cui all’articolo 2513
del Codice Civile potrebbero essere considerate a “mutualità prevalente”, usufruendo,
come tali, delle agevolazioni fiscali previste dalle leggi speciali in materia. Proprio per
questa ragione, la norma prevede che il decreto venga emesso di concerto con il
Ministro dell’Economia.
In primo luogo, va sottolineato che, ai fini della qualifica di “cooperativa a mutualità
prevalente”, non possono esservi eccezioni al rispetto dei parametri, se non in base ad
un provvedimento formale, ovvero il decreto emesso dal Ministro competente. In
mancanza, le cooperative che desiderino usufruire delle agevolazioni fiscali non
possono far altro che rispettare i parametri economico-gestionali, quantomeno ad
21
esercizi alterni.
Successivamente, si rileva come il decreto, stante la terminologia utilizzata dal
legislatore, non può che avere portata generale. Inoltre, non si ritiene che possano essere
stabiliti “regimi derogatori” con provvedimenti ad hoc, ossia validi per una singola
società cooperativa. Tale conclusione, infine, discende dalla lettura della norma che, in
particolare, utilizza espressioni come “struttura dell'impresa e del mercato in cui le
cooperative operano”, ”specifiche disposizioni normative cui le cooperative devono
uniformarsi” e “circostanza che la realizzazione del bene destinato allo scambio
mutualistico richieda il decorso di un periodo di tempo superiore all'anno di esercizio”.
Motivo di ulteriore riflessione è la questione se i presupposti per l’emanazione del
decreto debbano tutti coesistere, ovvero sia sufficiente che se ne verifichi soltanto uno.
In sostanza, si pone il dubbio se la norma stabilisca una serie di alternative ovvero
imponga la presenza concomitante di tutte le condizioni (particolare struttura
dell’impresa e del mercato, presenza di disposizioni normative obbligatorie e
realizzazione in più anni del bene oggetto dello scambio mutualistico). A tale proposito,
si rileva, preliminarmente, come detti presupposti siano collegabili a fattispecie la cui
concomitanza rappresenta un evento se non proprio impossibile, almeno piuttosto raro.
Orbene, se è vero che l’esercizio della deroga ai parametri è una facoltà riservata
all’Autorità amministrativa in casi eccezionali, è però improbabile che il legislatore
abbia regolamentato una fattispecie di fatto pressoché impossibile da verificarsi. Tale
conclusione viene avvalorata dalla considerazione che, come si vedrà, ciascuna delle tre
fattispecie è di per sé meritevole di considerazione ai fini della deroga.
La prima di esse si collega alla “struttura dell’impresa ed al mercato in cui le
cooperative operano”: a titolo esemplificativo, nel sottolineare come la prima delle due
22
condizioni sia del tutto soggettiva – al contrario della seconda, che invece è
riconducibile a fattori esterni all’impresa stessa (sui quali l’impresa non può
assolutamente agire) – si ritiene di poter verificare tale ipotesi laddove la cooperativa
opera in un settore economico particolare, nel quale, per ragioni indipendenti dalla
propria volontà, le prestazioni mutualistiche relative ai soci assumono, in termini
economici, una valorizzazione notevolmente inferiore rispetto a quella legata allo
scambio con i terzi.
La seconda ipotesi – specifiche disposizioni normative cui le cooperative devono
uniformarsi – potrebbe essere collegata alla presenza di norme speciali che pongono
limiti allo scambio mutualistico, ovvero influiscono, direttamente o indirettamente, sulla
determinazione dei corrispettivi da applicarsi alle transazioni effettuate con soci o terzi,
rispettivamente al ribasso o al rialzo. Esempio di tale fattispecie potrebbe essere quello
di una cooperativa di produzione e lavoro che partecipi ad un appalto per il quale
vigono disposizioni tese all’assunzione obbligatoria di determinati soggetti1 e questi non
intendano partecipare al sodalizio.
Entrambe le fattispecie possono determinare, in via stabile, uno sbilancio “strutturale”
dei parametri mutualistici.
L’ultima ipotesi, infine, anch’essa riconducibile alla tipologia di attività svolta dalla
cooperativa, si verifica quando lo scambio mutualistico non si compie nell’arco di un
singolo esercizio, ma richiede il decorso di un periodo di tempo maggiore: è il caso di
quelle commesse pluriennali che consentono di realizzare il rapporto di scambio con i
terzi con tempistiche differenti rispetto a quello con i soci, così che la cooperativa
1
Si pensi all’art. 10, comma4, della L.R. per l’Abruzzo n. 55 del 10/07/1998 per i portatori di handicap,
all’art. 3, comma 1, della L.R. per il Lazio n. 21 del 22/07/2002 in merito alla riserva obbligatoria di
assunzioni nominative ovvero, infine, all’art. 8 del Decreto del Ministro del Lavoro del 21/05/1998 per
i lavori socialmente utili.
23
rischia di accertare parametri mutualistici al di sotto dei limiti fissati dall’articolo 2513
del Codice Civile (ad esempio, è quanto potrebbe avvenire nel settore delle cooperative
edilizie). In quest’ultimo caso, si potrebbe determinare un disallineamento dei parametri
per più esercizi, anche se in via temporanea e non continuativa.
In presenza dei necessari presupposti, ci si domanda se i regimi derogatori, così come
voluti dalla norma, saranno rappresentati da una semplice disapplicazione dei parametri
(analogamente a quanto previsto dall’art. 111-septies disp. att. per il settore delle
cooperative sociali), ovvero riferendosi ad indici economici o quantitativi peculiari. Il
dubbio nasce dalla lettura della circolare del Ministero delle Attività Produttive –
Direzione Generale per gli Enti cooperativi – Divisione IV del 06/12/2004, prot.
1579682, nella parte in cui reca le istruzioni per la compilazione del modello C17 2. Tali
istruzioni includono i regimi derogatori della mutualità ex articolo 111-undecies disp.
att. tra le ipotesi di mutualità prevalente di diritto: interpretazione che, per quanto sopra
precisato, si riteneva di dover escludere anche in funzione della locuzione “regimi
derogatori”3.
A titolo esemplificativo, si propongono, di seguito, due ipotetici regimi derogatori per il
settore delle cooperative edilizie di abitazione e per quello delle cooperative di pulizia.
Nel primo caso, il provvedimento potrebbe prevedere che, in deroga all’articolo 2513
del Codice Civile, le cooperative edilizie di abitazione ed i loro consorzi, che realizzano
programmi pluriennali di edilizia a proprietà divisa in convenzione urbanistica,
documentino le condizioni di prevalenza evidenziando che il costo dei manufatti
2
3
Tale modello deve essere utilizzato dalla cooperative per trasmettere alla C.C.I.A.A. competente la
domanda di iscrizione all’Albo Nazionale delle Società Cooperative e sue eventuali variazioni, nonché i
bilanci d’esercizio con i parametri mutualistici.
Si ritiene che se il legislatore avesse voluto escludere l’applicazione dell’art. 2513 del Codice Civile
nelle fattispecie in precedenza previste avrebbe utilizzato una terminologia differente da “regimi
derogatori” come, ad esempio, “casi di inapplicabilità dei parametri” ovvero semplicemente “casi di
deroga ai parametri”.
24
realizzati da assegnare ai soci è superiore al cinquanta per cento del totale del costo dei
manufatti eseguiti. Tale sistema, utilizzabile se più conveniente rispetto al criterio
fissato dall’articolo 2513 del Codice Civile, potrebbe neutralizzare l’effetto distorsivo
derivante dall’utilizzo dei ricavi per la costruzione del parametro che, nel settore in
questione, sono rappresentati dal prezzo di vendita al pubblico per i locali commerciali e
dal valore di assegnazione ai soci per le unità abitative. Il criterio del costo, che implica
la necessità di distinguere il costo specifico delle unità immobiliari da assegnare ai soci
e di ripartire i costi comuni di tutti i manufatti, comporta la necessità di fare riferimento
al punto C)I) dell’attivo patrimoniale, dove viene iscritto il valore delle rimanenze e dei
lavori in corso su ordinazione, da correlare con le voci della lettera A) del conto
economico. Tale correlazione potrebbe essere utilmente effettuata in apposito prospetto
della nota integrativa, soprattutto nel caso in cui, prima della fine dell’esercizio sociale,
la cooperativa abbia già provveduto ad alienare parte delle unità immobiliari.
In alternativa al sistema proposto, si potrebbe prevedere la perdita del requisito della
mutualità prevalente in un arco di tempo più lungo di due esercizi, ovvero
l’applicazione del parametro di cui all’articolo 2513 del Codice Civile per ogni singolo
programma edilizio. Si ritiene, tuttavia, che tali soluzioni siano molto più complesse di
quella per prima proposta.
Relativamente alle cooperative di pulizia si potrebbe invece prevedere l’esclusione dal
denominatore del parametro di cui all’articolo 2513, lettera b), del Codice Civile del
costo dei lavoratori subordinati che “certificano” di non voler partecipare al sodalizio.
7) La perdita della mutualità
25
Si ha perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente quando non sia
rispettata per due esercizi consecutivi la condizione di prevalenza di cui all’articolo
2513 del Codice Civile, ovvero in caso di modifica delle previsioni statutarie di cui
all’articolo 2514 del Codice Civile.
In tali casi, sentito il parere del revisore esterno, ove presente, gli amministratori
redigono un apposito bilancio, con lo scopo di determinare il valore effettivo dell’attivo
patrimoniale da imputare alle riserve indivisibili. Tale bilancio deve essere verificato
senza rilievi da una società di revisione per poi essere notificato, entro 60 giorni
dall’approvazione, al Ministero delle Attività Produttive.
Lo scopo del bilancio è tracciato nello stesso articolo 2545-octies del Codice Civile
secondo cui deve essere identificato il valore effettivo dell’attivo patrimoniale che dovrà
essere imputato alle riserve indivisibili. Esso deve definire, in modo preciso e
tempestivo, l’importo delle riserve indivisibili che deve ritenersi generato dalla gestione
mutualistica precedente, con emersione degli effettivi valori economici degli elementi
dell’attivo patrimoniale in base a criteri differenti da quelli meramente contabili o di
libro.
Il decreto correttivo ha integrato la precedente previsione con la parola “apposito”
proprio a ribadire, semmai ce ne fosse stata l’esigenza, che non si deve trattare di un
bilancio ordinario, ma di una specifica rendicontazione, sia pure con natura di bilancio.
Non si tratterebbe, dunque, di una perizia o di una valutazione d’azienda, ma di un vero
e proprio bilancio (con tutti i requisiti in termini di struttura e contenuto delle voci),
seppur formato con criteri di valutazione differenti da quello d’esercizio, vista la diversa
finalità. Verosimilmente, pertanto, da tale bilancio dovranno emergere non solo gli
eventuali plusvalori latenti relativi alle poste già iscritte nell’attivo (soprattutto per gli
26
immobili), ma anche gli eventuali “intangibili” - come l’avviamento o la valorizzazione
di un marchio - non definiti in precedenza.
Il bilancio straordinario si affiancherà all’ordinario, che non sarà minimamente
influenzato dalle valutazioni fatte. Esso continuerà a rappresentare il patrimonio
“contabile” a valori di libro e con i criteri di valutazione di cui all’articolo 2426 del
Codice Civile.
Il decreto correttivo ha precisato la necessaria approvazione di tale bilancio, come atto
autonomo e distinto dall’approvazione del bilancio ordinario d’esercizio. Tale
chiarimento ha di fatto puntualizzato che la competenza della decisione è dei soci della
cooperativa, eliminando eventuali incertezze originate dalla precedente formulazione
della norma, in cui venivano chiamati in causa solo gli amministratori.
L’approvazione seguirà lo stesso iter del bilancio ordinario, anche in riferimento ai
tempi di consegna alla società di revisione, per permettere un completo e tempestivo
controllo.
L’articolo 2545-octies del Codice Civile prevede espressamente tre gradi di verifica:
oltre al parere del revisore contabile, se nominato, la disposizione prevede una verifica
del bilancio senza rilievi da parte di una società di revisione ed una notifica dello stesso
bilancio al Ministero delle Attività Produttive4.
Il parere del revisore esterno rappresenta un punto interrogativo, sia in termini di
competenza nella procedura che soprattutto per il contenuto dello stesso. In primo
luogo, sembra che venga richiesto un parere “preventivo” rispetto alla predisposizione
4
Ci si chiede quale sia la reale portata di un simile adempimento, ossia se esso si sostanzi o no in un vero
e proprio deposito del bilancio stesso. Considerata l’importanza che l’Autorità di vigilanza sia a
conoscenza dell’ammontare complessivo del patrimonio “indivisibile”, si propende per la soluzione
positiva. Di conseguenza, per adempiere a tale obbligo, sarà probabilmente necessario fare ricorso ad
una procedura analoga a quella già prevista per il deposito del bilancio ordinario, con la differenza che
quest’ultimo sarà effettuato com’è logico anche presso il Registro delle imprese, mentre quello
27
del bilancio. In secondo luogo, vista la lettera della norma ed il ruolo della società di
revisione, si ritiene che esso debba intendersi come un parere sulla realizzazione o meno
della fattispecie. Il revisore, dunque, dovrebbe accertare l’effettiva sussistenza della
perdita della prevalenza, fornendo l’input definitivo all’avvio della procedura di cui al
secondo comma della norma in esame.
Anche se non espressamente richiamato, non sembra potersi escludere un
coinvolgimento del collegio sindacale nella procedura. Esso, responsabile insieme agli
amministratori della corretta definizione dei requisiti gestionali di prevalenza (ai sensi
del primo comma dell’articolo 2513 del Codice Civile), deve vigilare sul rispetto dello
statuto e, dunque, controllarne attentamente le modificazioni, nonché partecipare
all’assemblea di approvazione dell’apposito bilancio e verificarne l’effettivo invio al
Ministero, in quanto specifico adempimento di legge.
Non sembrano sussistere vincoli al fatto che, in presenza di società di revisione
incaricata del controllo contabile ai sensi dell’articolo 2409-bis del Codice Civile, essa
stessa si occupi della verifica del bilancio straordinario.
La società di revisione dovrà rilasciare un apposito giudizio “senza rilievi” separato e
distinto dal giudizio sul bilancio ordinario. Il controllo andrà effettuato sulla base di
criteri di valutazione diversi rispetto al bilancio ordinario della cooperativa: detti criteri
potrebbero essere mutuati dai principi contabili internazionali, dovendo essere tali da
permettere di risalire quanto più possibile al valore effettivo del patrimonio e, quindi,
delle riserve indivisibili.
straordinario riguarderà soltanto il Ministero delle Attività Produttive. In merito saranno opportune le
istruzioni amministrative del caso.
28
8) Correlazione tra gli artt. 2512 e 2513 C.C., l’art. 5 DM 23/06/2004, l’art. 4 D.Lgs.
220/2002 e l’art. 7 DM 23/12/2004
A differenza di quanto avviene per le società di capitali, che vedono la loro nuova
disciplina nell’ambito del solo dettato civilistico, la regolamentazione attuale delle
società cooperative emerge dal coordinamento della nuova normativa del Codice Civile
con quella di molteplici provvedimenti speciali, tra cui si evidenziano in particolare la
Legge n. 142/2001 ed il D.Lgs. n. 220/2002. Il provvedimento del 2001, infatti, non
soltanto ha disciplinato i rapporti di lavoro nelle cooperative che si avvalgono delle
prestazioni lavorative dei soci, ma ha anche concesso al Governo la delega per
rinnovare la disciplina della vigilanza amministrativa sul settore, delega che è stata, per
l’appunto, esercitata con il D.Lgs. n. 220/2002. Con tale ultimo provvedimento, tra le
altre cose, sono state distinte le funzioni e le modalità di svolgimento della revisione
cooperativa da quelle dell’ispezione straordinaria; mentre, sul piano dell’organizzazione
dell’attività di vigilanza, è stato istituito, in luogo del Registro Prefettizio, l’Albo
Nazionale delle Cooperative presso la Direzione Generale degli Enti Cooperativi,
nell’ambito del Ministero delle Attività Produttive (Albo disciplinato dal D.M.
23/06/2004). Ciò posto, si può facilmente comprendere come sia fondamentale
coordinare i diversi provvedimenti normativi introdotti, al fine di trarre una disciplina
unitaria del fenomeno cooperativo.
Da un’analisi combinata delle disposizioni normative sopra richiamate emerge come il
genus della cooperazione, contraddistinto dalla caratteristica della mutualità, sia
attualmente diviso in due sottocategorie:
•
quella delle cooperative a mutualità prevalente, cui si applicano tutte le
agevolazioni tributarie vigenti;
29
•
quella delle cooperative diverse, che usufruiscono di benefici fiscali più limitati.
Come ampiamente visto nei paragrafi precedenti, per appartenere alla prima categoria le
cooperative devono, da un lato, prevedere alcuni requisiti statutari, che si sostanziano
nel recepimento delle cosiddette “clausole mutualistiche” di cui all’articolo 2514 del
Codice Civile; dall’altro, accertare i parametri di bilancio ex articolo 2513 del Codice
Civile.
Da tale quadro normativo sembrerebbe desumersi che, a differenza di quanto avveniva
in precedenza con l’iscrizione al Registro Prefettizio, non siano necessarie altre
condizioni al fine di conseguire le agevolazioni fiscali. Tale conclusione è, invece
assolutamente errata: infatti, senza considerare il disposto dell’articolo 14 D.P.R.
601/19735, tanto l’articolo 15, comma 3, del D.Lgs. n. 220/2002, quanto il tenore
letterale dell’intero D.M. 23/06/2004 chiariscono, inequivocabilmente, che l’iscrizione
al neo istituito Albo Nazionale sia indispensabile, oltreché per esigenze anagrafiche,
anche ai fini della spettanza delle agevolazioni tributarie.
Ulteriore elemento di novità nella disciplina attuale della società cooperativa è costituito
dalla circostanza che, se nella riforma non è stata prevista alcuna definizione puntuale
del concetto di mutualità, è altresì innegabile come la Legge n. 142/2001 ed il D. Lgs. n.
220/2002 ne abbiano individuato alcuni tratti caratteristici, la cui mancanza porta ad
escludere l’appartenenza dell’ente al genus della società cooperativa. Ci si riferisce, in
particolare, alla democrazia interna, all’effettività della base sociale, alla partecipazione
dei soci alla vita sociale ed allo scambio mutualistico, all’assenza o alla limitazione
dello scopo di lucro.
5
Il primo comma dell’articolo in commento prevede che le agevolazioni previste dal D.P.R. si applicano alle
società cooperative, e loro consorzi, che siano disciplinate dai principi della mutualità previsti dalle leggi dello
Stato e siano iscritte nei registri prefettizi o nello schedario generale della cooperazione (sostituiti dall’Albo
Nazionale delle società cooperative).
30
Il revisore, quindi, in sede di verifica, dovendo accertare la natura mutualistica dell’ente,
esaminerà, in primis, la gestione amministrativa al fine di controllare il rispetto dei tratti
caratteristici sopra indicati. Successivamente, egli dovrà verificare la legittimazione
della cooperativa a beneficiare delle agevolazioni fiscali e, a tale proposito, non potrà
che controllare la correttezza dell’impostazione e del calcolo degli indici di mutualità di
cui all’articolo 2513 del Codice Civile.
Orbene, è ben possibile che una cooperativa rispetti appieno gli indici di mutualità
sostanziale di bilancio e, al contempo, non sia caratterizzata dalla partecipazione
sociale, dalla democrazia interna e così via. In questo caso ci si chiede quale dei
provvedimenti sanzionatori ex articolo 12 D. Lgs. n. 220/2002 possa essere adottato.
A tale riguardo, si sottolinea che, a norma dell’articolo 5 del D.M. 23/06/2004, la
Direzione Generale degli Enti Cooperativi “verifica l’iscrizione dell’ente in una delle
due sezioni … e in una delle categorie previste …” anche sulla base “delle risultanze
dell’attività di vigilanza”. In sostanza, tenuto conto della disposizione testé citata e
prescindendo dalle ipotesi di commissariamento e di insolvenza, dalla vigilanza operata
potrebbero conseguire i seguenti effetti:
•
il cambiamento di categoria;
•
il cambiamento di sezione;
•
la cancellazione tout court;
•
lo scioglimento per atto d’autorità, nei casi più gravi.
In realtà, da questo punto di vista, le modifiche rispetto alla disciplina previgente sono
soltanto apparenti: infatti, come in precedenza, il cambiamento di categoria può
determinare conseguenze di rilevo solo nei confronti delle cooperative sociali, laddove
in sede di verifica vengano accertati la modifica delle clausole statutarie connesse alla
31
loro qualifica, ovvero il mancato rispetto del rapporto tra persone svantaggiate e
normodotati di cui all’articolo 4 della Legge 381/1991.
Inoltre, a ben vedere, il cambiamento dalla sezione “cooperative a mutualità prevalente”
a quella “cooperative diverse” produce gli stessi effetti della semplice cancellazione
dall’Albo e dovrebbe essere applicato quando si ritiene opportuno privare delle
agevolazioni, nella loro misura massima, gli enti che non ne appaiono meritevoli. Tipico
esempio è quello del riscontro, in sede ispettiva, del mancato rispetto degli indici di
mutualità, effettuato sulla scorta di una corretta ricostruzione delle scritture contabili. A
tale proposito, in considerazione della singolare evoluzione temporale della normativa
di riferimento6, si potrebbe riferire il termine “cancellazione” previsto dall’articolo 12
del D. Lgs. 220/2002 alla sola sezione delle cooperative a mutualità prevalente, anche in
considerazione del disposto dell’articolo 2512, ultimo comma, del Codice Civile, che
prevede l’obbligo di iscrizione all’Albo solo per tali enti7.
Da ultimo, lo scioglimento d’ufficio, al di là dei casi di inattività o di impossibilità di
funzionamento, verrà riservato alle cooperative che non rispettano i requisiti fissati dalla
legge ed operano come vere e proprie società lucrative, a dispetto dei principi di
mutualità generale previsti per tutti gli enti cooperativi, a mutualità prevalente e non. A
tale fattispecie andrebbero ricondotte tutte le ipotesi nelle quali la cooperativa si
manifesti come uno strumento “artificiosamente” creato per conseguire scopi egoistici o
lucrativi di una minoranza di soci a dispetto dei principi di democrazia interna, di
partecipazione alla vita dell’ente e di effettività della compagine sociale. Si sottolinea
come non possa affatto escludersi che tale ultimo provvedimento possa essere applicato
6
Si noti che il decreto legislativo di riordino dell’attività di vigilanza sulle cooperative è precedente
all’introduzione della riforma del diritto societario.
7
In realtà è l’ultima parte dell’art. 223-sexiesdecies Disp. Att. che, evidentemente per ragioni anagrafiche,
estende l’obbligo in argomento anche alle cooperative non prevalenti.
32
anche nei confronti degli enti che, da un punto di vista formale, rispettano appieno gli
indici di mutualità previsti dall’articolo 2513 del Codice Civile. Tale fattispecie appare
del tutto singolare ove si consideri come, secondo la migliore dottrina, in una simile
ipotesi l’Autorità di vigilanza difficilmente potrebbe cancellare l’ente dalla sezione delle
cooperative a mutualità prevalente e sarebbe costretta a ricorrere ad un provvedimento
ben più grave, senza concedere alla cooperativa alcuna possibilità di regolarizzazione.
Si ribadisce, pertanto, come tale “anomalia” non sia altro che la conseguenza delle
difficoltà di coordinamento tra le nuove disposizioni codicistiche - legate agli indici di
mutualità ed alla suddivisione delle cooperative in due sottocategorie - e quelle sulla
vigilanza previste dal D.Lgs. 220/2002, più vicino ad un’impostazione tradizionale del
fenomeno cooperativo.
Ad ogni buon conto, è necessario sottolineare che il semplice rispetto dei parametri
indicati all’articolo 2513 del Codice Civile non mette al riparo gli enti cooperativi da
qualsiasi eccezione da parte dei soggetti deputati alla vigilanza: restano, infatti,
pienamente validi i principi di mutualità generale previsti dalla normativa e ciò ancor
più oggi alla luce della definizione delle manifestazioni in cui la mutualità si esplica,
così come previste dalla Legge 142/2001 e dal D.Lgs. 220/2002.
Ulteriore considerazione merita, inoltre, il disposto dell’articolo 2545 del Codice Civile,
che, nel recepire il disposto dell’articolo 2 della Legge 59/1992 all’interno delle
disposizioni codicistiche, imprime nuovo vigore ad un adempimento che sin da
principio si è posto come una sorta di “certificazione della mutualità”. Va, da ultimo,
considerato come a suo tempo il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale –
Direzione Generale della Cooperazione abbia indicato con apposita circolare che, ove la
normativa permetta l’omissione della relazione sulla gestione, l’obbligo previsto
33
dall’articolo 2 della Legge 59/1992 deve essere assolto dagli amministratori in nota
integrativa. In tal caso si rendono, pertanto, applicabili alla relazione annuale sul
carattere mutualistico della cooperativa non soltanto i principi di veridicità e correttezza
previsti dal secondo comma dell’articolo 2423 del Codice Civile, ma anche il disposto
del successivo terzo comma che riguarda l’obbligo di fornire nel bilancio d’esercizio
tutte le informazioni complementari necessarie a raggiungere la rappresentazione
veritiera e corretta.
34