La Siringa 24 - novembre 2012 - Liceo Scientifico Galeazzo Alessi

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La Siringa 24 - novembre 2012 - Liceo Scientifico Galeazzo Alessi
Mb!opuj{jb!qvohfouf"!
Mb!opuj{jb!qvohfouf"!
Numero 24; novembre 2012
Giornalino degli studenti del Liceo scientifico “Galeazzo Alessi” PG
“La filosofia si occupa solo della verità, ma spesso dice fantasie. La letteratura si occupa solo di fantasie, ma
spesso dice la verità.”
A.Tabucchi Sostiene Pereira
Editoriale
Ben tornato popolo della Siringa! Come va? Inizia così un nuovo anno
scolastico e la Siringa è
pronta a riprendere la
sua attività. Tra new
entry e non, i caporedattori confidano in una
grande partecipazione
da parte di tutti. In passato il lavoro è stato notevole e il nostro obiettivo è quello di portare
avanti questo impegno
come l’anno scorso… se
non meglio. Come ripetiamo tutti gli anni, l’attività della siringa è aperta
a scambi di idee ed opinioni e potete farne parte tutti, basta mandare
l’articolo al nostro sito.
Ah dimenticavamo, quest’anno ci troverete anche su Perugia Notizie!
Speriamo di fare un
buon lavoro, che coinvolga tutti e vi auguriamo un buon primo trimestre !!! Buona lettura!
Carmen IV F
Marco V L
SEDE UNICA:UNA SPERANZA ANCORA VIVA
“PORTERO’ 11 MILA
FIRME IN PROVINCIA”
FELIX: L’UOMO PIÙ
VELOCE DEL SUONO
Se a qualcuno cinque anni
possono sembrare pochi, di
certo non lo sono per noi,
studenti del liceo più grande dell’Umbria che, già da
tempo, chiedono a gran
voce una sede unica, appropriata, decorosa, nonché
funzionale; infatti, già a
partire dal 2007, alcune
classi che non trovavano
posto in via Ruggero d’Andreotto, erano ospitate in
aule dell’ex istituto Capitini,
e 2 anni dopo venivano
trasferite presso la sede
succursale di Elce..
Dalla documentazione si
può vedere che in seguito
alle nostre lamentele, la
Provincia ha dotato la nostra
scuola di nuove finestre e
condizionatori, che non
risolvono e a volte peggiorano il disagio degli studenti.
Possiamo desumere che
nessuno ha intenzione di
darci una nuova sede. Perché allora continuiamo questa battaglia?
Esordisco con questa frase:
“ogni battaglia non è vinta
finchè non è finita”..
NEW MESSICO 15 Ottobre
– “ Quando sei lì in piedi in
cima al mondo, diventi così
umile che non pensi più a
battere i record o ad ottenere dati scientifici. L’ unica
cosa che vuoi è tornare vivo”. Queste sono le parole
cariche di gioia pronunciate , dall’ austriaco paracadutista Felix Baumgartner,
dopo essere entrato nella
leggenda come primo uomo
ad aver abbattuto il muro
del suono..
Continua a pag. 5
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BAMBINI: UN’ARMA IN MANO AI GENITORI?
Era una comune mattina di
ottobre, tutto andava per il
meglio: la mamma che accompagna il figlio a scuola e
che tranquillamente se ne
va al lavoro quando, d’improvviso, quella che si pensava fosse solo una notizia
passata di avvocato in avvocato, si è trasformata in
spietata realtà. Pochi istanti
e un piccolo bambino di
dieci anni viene strappato
dalla propria vita, dalla pro-
prende in affidamento? Il
papà o la mamma? Sceglie il
giudice … giustissimo, perché la felicità di un bambino
la decide un giudice, un
avvocato o un assistente
sociale… ma stiamo scherzando? E dopo l’affidamento
iniziano i veri problemi …
il figlio tenuto dalla madre
perde il rapporto con il
padre, o viceversa. I genitori
non si sopportano, ripicche
su ripicche, la madre istiga il
macchina! Queste sono
situazioni dove l’ opinione
di un bambino può cambiare tutto. Basterebbe solo
prestargli ascolto e prenderne atto: così come gli
viene insegnato a scuola
dove, una semplice alzata
del ditino gli permette di
parlare, di poter esprimere
il proprio volere; e così
mettere la parola fine a una
sentenza, chiusa da un giudice emotivamente estraneo
mantenimento, per i padri
che possono vedere i figli
regolarmente, ma sicuramente non lo è per i bambini. L’allontanamento dalla
figura materna o paterna,
per un bambino, è un trauma psicologico che si protrarrà negli anni e, proprio
per questo motivo, i genitori hanno il “dovere” di preservare il benessere del proprio figlio. Il diritto di vivere
la propria età con spensiera-
pria normalità. Grida e pianti di un bambino, grida di
dolore della zia che assisteva alla scena senza avere la
possibilità di poter aiutare
quello che è stato trasformato in un sacco di iuta, trascinato a terra. Tutto parte da
un matrimonio che non
funziona, litigi su litigi, fino
ad arrivare ad un punto
d’accordo: il divorzio. Niente di più semplice per quanto riguarda il rapporto tra i
genitori… ma ai figli chi ci
pensa? Ovviamente nessuno… o per lo meno nessuno pensa a quel-lo che il
proprio figlio vuole. Chi lo
figlio contro il padre e, forse, lui le dà ascolto. Allora
ecco che, piano piano, si
arriva a un punto ormai non
più sopportabile: il padre si
attacca a tutto per poter
riacquistare il rapporto padre-figlio, ormai svanito
negli anni. Adesso, giunto
all’esasperazione, esplode:
ecco la rivincita! Rivincita
che, però, si traduce in un
ulteriore danno per il figlio.
Davanti alla scuola una scena atroce, un bambino che
viene portato via a strascico
dal padre e dagli agenti
delle forze dell’ordine che
aiutano a scaraventando in
ai fatti. Ed ecco che il bambino diventa un piccolo
leone, si difende in una
sorta di giungla, troppo
grande e pericolosa per lui.
Una giungla piena di tranelli, doppie vie, finte vittorie,
che lo conducono in un
posto sconosciuto, estraneo
proprio come una casa famiglia. Un bene non dato da
nessuno dei due genitori,
che hanno fatto del figlio
uno scudo, un ricatto per
raggiungere i propri interessi. La giustizia non è uguale
per tutti, e questa ne è la
certezza… è uguale per le
mamme che prendono il
tezza presuppone il non
essere coinvolti in problemi
che riguardano gli adulti e
basta. L’episodio accaduto
deve essere un insegnamento per tutti i genitori che
stanno affrontando una
separazione; non bisogna
usare i propri figli come
scudo per raggiungere i
propri “maledetti” interessi.
I bambini vanno ascoltati,
amati e soprattutto RISPETTATI.
Carmen Paciotti IV F
CINGUETTANDO ALLEGRAMENTE
<<just setting on my
twttr>>
Quello sopra riportato non
è un errore di battitura,
bensì un “pezzo d’epoca”.
Risale al 21 marzo 2006
quando Jack Dorsey, alle
ore 12:50, pubblicò il sopracitato tweet (breve messaggio composto da un massimo di 140 caratteri) che
diede il via a uno dei più
grandi programmi di social
network in voga sulla piattaforma di internet: Twitter.
Quel “twttr” è nient’altro
che il nome iniziale che si
diede al progetto durante lo
sviluppo del programma,
nome ispirato ai 5 caratteri
di lunghezza dei numeri
brevi per l'invio degli SMS
negli USA.
Infatti Twitter (da to tweet:
cinguettare) nacque dall’idea di permettere la comunicazione tra un ristretto
numero di persone attraverso gli SMS.
Questa ovviamente fu la
prima idea alla base di Twitter. Dal 2007, durante il
South from Southwest festival, avvenne la rivoluzione.
Il numero di tweet pubblicati nei giorni della rassegna
triplicò e l’utilizzo del programma andò crescendo nei
mesi a venire.
La semplicità alla base della
struttura del social network
ne rende l’utilizzo molto
intuitivo.
Tutto ruota attorno al conc e t t o
d e i
“followers” (seguaci).
Nel momento in cui si segue
una persona, i tweet di questa appaiono nella schermata principale in ordine cronologico inverso. Da qui si
può scegliere se far apparire
un certo tweet sul proprio
profilo (Retweet), metterlo
fra i “Preferiti” o semplicemente rispondere all’utente
che ha pubblicato il messaggio.
Ma Twitter non si limita
solo a dare la possibilità di
poter comunicare con gente
proveniente da ogni angolo
della Terra (nel mondo sono circa 29 milioni gli utenti), infatti sul proprio profilo
(personalizzabile con nome,
titolo, sfondo e numerose
altre applicazioni) si possono pubblicare foto e immagini di qualunque genere,
tenute in ordine di divulgazione a lato della pagina.
“Un network di informazioni” così si autodefinisce lo
stesso Twitter, e non ci sono parole più giuste.
D’altronde, fu proprio un
Tweet quello che, il 22 gennaio 2010, l’astronauta Timothy Creamer inviò dalla
Stazione Spaziale Internazionale in orbita intorno alla
terra e il suo esempio fu
seguito da numerosi altri
astronauti che diedero notizie della loro vita in orbita
tramite un account comune:
@NASA_Astronauts.
Alla fine di questa descrizione tecnica ci si può porre
una domanda legittima:
Facebook o Twitter?
Forse non si dovrebbe parlare di aut aut, ma di due
forme di comunicazione
simili con differenze strutturali. Questi due network
sembrano entrambi trarre la
loro origine da tecniche artistiche come la “scrittura
creativa” e ancora più indietro il “cadavre exquisi ”dei
Surrealisti, dove si partiva
da un argomento e ognuno
aggiungeva idee ed emozioni proprie. Alla fine l’argo-
mento iniziale poteva essere
completamente trasformato.
Però, mentre Twitter dà
un’idea di un materiale più
informe, che assume un’identità a mano a mano che
viene plasmato e quindi è il
gruppo che crea la forma
l’identità del messaggio,
Facebook ha una struttura
più rigida con delle forme
ben definite e scarsamente
malleabili in cui prevalgono
i singoli profili e in cui
l’identità del nuovo gruppo
risulta meno evidente.
Si può concludere quindi
dicendo che Facebook appare più strutturato a livello di
identità dei singoli individui
e perciò i prodotti finali
sono più asettici, mentre
Twitter appare più semplice
ma può dare dei prodotti
più complessi e nei quali
più persone possono rispecchiarsi.
Alessandra Cenci II H
LA FACCIAMO VINCERE, CON LA NOSTRA OMERTA’
Giovedì 27 Settembre 2012
l’associazione “Libera Umbria” ha tenuto una conferenza riguardo il rapporto
tra giornalismo e Mafia: il
giornalista è libero di scrivere ciò che preferisce riguardo la Mafia? È libero di scrivere la verità? La risposta
che ci è stata data non è né
una negazione né un’affermazione: solitamente non si
ricevono minacce dirette,
ma chi non vuole che la
verità esca alla fine ci riesce
per vie traverse. Inoltre
bisogna distinguere la libertà di stampa in giornali locali e in testate nazionali. Nel
giornalismo locale c’è meno
libertà di scrivere la verità
riguardo la criminalità organizzata, specialmente dove è
presente. C’è invece più
libertà di stampa nelle testate nazionali.
Nonostante questo i giornalisti percepiscono che rispetto agli anni ’80-’90, ora
è molto più difficile
“raccontare la Mafia”. Questa è una difficoltà che riscontrano un po’ tutti i giornalisti.
Ora la criminalità organizzata in alcune città e regioni è
al potere, da quando si è
istituzionalizzata è cambiato
anche il modo di fare giornalismo. È diventato quasi
impossibile fare un’inchiesta sul crimine
organizzato,
perché bisognerebbe farla sulla
sua economia:
la sua attività si
basa sullo spostamento di
enormi somme
di denaro, accumulato con lo
spaccio degli
anni ’80. Non si
parla più tanto
di spargimento
di
sangue,
quanto di soldi, ingenti
quantità di soldi. Un’altra
cosa che è cambiata della
Mafia è che 25 anni fa i criminali rimanevano per la
maggior parte fedeli all’organizzazione. Oggi dicono
che “la Mafia fa schifo”, la
insultano e condannano per
farsi alleggerire la pena, o
per creare una faccia
ciata rispettabile.
Un’altra domanda interessante:”che differenza c’è tra
criminalità comune e criminalità mafiosa?” Non è che ci
sia differenza tra queste
due, sono proprio due con-
degli avvenimenti. Non cercano più le VERE informazioni, ma si accontentano di
quelle che gli vengono fornite.
E i giovani non si rendono
davvero conto di cosa sia la
cetti opposti! Quella comune è vissuta ai margini della
società ed è sempre stata
combattuta dal potere, quella mafiosa, invece, è vissuta
e vive al’interno della società ed è aiutata dal potere.
Non c’è posto in Italia dove
non ci sia la mafia. È arrivata
persino al Nord. I relatori
dicono “a Milano fanno finta
di non sapere
che i loro soldi
sono sporchi e
credono ancora
che Palermo sia
la capitale della
Mafia!”. Tutti in
Italia fanno finta
di non vedere,
né sapere, né
sentire nulla. I
giornalisti ci
hanno rinunciato, la maggior
parte di loro sta
al gioco. Non
scrivono articoli
ma descrizioni
Mafia perché ne sentono
parlare, ma da chi? Dai quotidiani, dai telegiornali..
dalle fiction che non sempre sono vere, anche se a
volte lo sono più delle notizie scritte. I giovani non
hanno la possibilità di capire la mafia in tutta la sua
entità perché non la vivono,
né riescono a comprenderla
attraverso le parole di chi
invece l’ha vissuta. Dopo
tutti questi anni c’è ancora
mancanza di informazione
sulla Mafia.
Senza conoscere qualcosa
non la si può combattere,
ma allora come potranno in
futuro i giovani di oggi combatterla? La stiamo facendo
vincere, con la nostra omertà.
Claudia Gasperini IV F
SEDE UNICA: UNA SPERANZA ANCORA VIVA
Da 5 anni maturiamo la convinzione che ogni promessa diventi realtà.
Se a qualcuno cinque anni
possono sembrare pochi,di
certo non lo sono per noi,
studenti del liceo più grande dell’Umbria che, già da
tempo, chiedono a gran
voce una sede unica, appropriata, decorosa,n onché
funzionale; infatti, già a
partire dal 2007, alcune
classi che non trovavano
posto in via Ruggero d’Andreotto, erano ospitate in
aule dell’ex istituto Capitini,
e 2 anni dopo venivano
trasferite presso la sede
succursale di Elce, tutt’ora
adibita a tale scopo. Problema risolto per la provincia,
ma non per noi, visto che
gli studenti del biennio vivono in una condizione né
confortante, né tanto meno
adeguata: mancano gli spazi
per i laboratori di fisica,
scienze e informatica, assolutamente necessari per un
liceo che deve rispondere
alle nuove esigenze della
riforma scolastica. Inoltre, il
disagio si estende anche al
normale svolgimento delle
lezioni di educazione fisica,
per le quali i ragazzi sono
costretti a spostarsi con
mezzi pubblici per raggiungere la palestra. Non solo gli
studenti, ma anche gli insegnanti sono costretti a spostarsi durante le ore di lezione da una sede all’altra; e
questo, oltre ad essere una
perdita di tempo prezioso, è
anche spreco di denaro. Il
rapporto che si va a creare
tra studenti del biennio e
quelli del triennio è ostacolato dal distaccamento delle
2 sedi: si perde il confronto, perchè i ragazzi sono
costretti a rapportarsi solo
con studenti coetanei. Tra
poco sarà inverno: brrr…
che freddo! Ragazzi costretti
ad assistere alle lezioni bardati di piumuni e sciarpe;in
compenso d’estate le aule
diventano veri e propri forni
crematori. Nella nostra sede
centrale abbiamo tetti non
coibentati e mura che cadono a pezzi per l’umidità,
di ottobre) e in primo piano
invece, già scarsamente
areato, sono state in-stallate
finestre che non rispettano
le norme di sicurezza. Siamo una scuola che ospita
quasi 1500 persone tra studenti, professori, tecnici e
collaboratori ATA, una scuola a cui i genitori affidano
per non parlare delle palestre, che in inverno si allagano regolarmente e che per
tutto l’anno sono dei freezer, con temperature che
oscillano tra i 12 e i 18 gradi. Anche a questo proposito in terzo piano, abbiamo
trovato, quest’anno, un
soffitto fatto di cartongesso
e condizionatori, mal funzionanti (attivati nel mese
l’educazione dei propri figli
e che da ben 7 anni si afferma tra i primi posti, sul
piano nazionale e regionale,
in abito scientifico, sportivo
e umanistico. Inoltre, a dispetto dalla fatiscenza della
struttura scolastica, i ragazzi
riescono ad impegnarsi ogni
giorno in numerose attività
pomeridiane, conseguendo,
nel loro piccolo, ottimi ri-
sultati sotto gli occhi di tutti. La volontà non ci manca
e l’impegno non viene meno, ma la sede non ci dà la
possibilità di esprimere le
nostre potenzialità al meglio. Cosa ci possiamo aspettare? Come già detto e
ripetuto questa estenuante
e deleteria attesa non porta
altro che disagi. Nel 2009 ci
è stata assicurata, dalla Presidenza dell’ Amministrazione Provinciale,la costruzione di un nuovo complesso
scolastico nel territorio di
Pian di Massiano; solo un
anno dopo la provincia ha
ristretto il suo piano progettuale facendo riferimento ad
un’ipotesi che prevede la
realizzazione di un ampliamento della sede di Via
Ruggero d’Andreotto; soluzione che, però, comporta
diversi svantaggi, non solo
economici ma anche pratici,
dal momento che i lavori
intralcerebbero il regolare
svolgimento dell’attività
didattica. Vogliamo una
sede unica, adatta alle nostre esigenze e rifiutiamo
quindi l’idea di una doppia
sede o di un ampliamento
di quella attualmente in
nostro possesso. Chiediamo
una giusta ricollocazione
delle scuole di Perugia in
funzione dei criteri più equi
e razionali, per poter rispondere al meglio alle
esigenze formative di tutti.
Quella che per adesso è una
speranza, speriamo diventi
concretezza!
Carmen Paciotti IV F
Emanuele Polidori V H
“PORTERO’ 11 MILA FIRME IN PROVINCIA”
“Il Preside del Liceo Alessi, professore Alberto Stella, ha promosso una raccolta di firme per chiedere all’Amministrazione Provinciale una nuova sede per la nostra scuola”
E’ da diverso tempo che il
Liceo Scientifico Galeazzo
Alessi richiede una sistemazione più consona di quella
attuale: questa esigenza è
nata dall’elevato numero di
studenti e dalla mancanza di
strutture adeguate, come
laboratori e palestre, richieste dal nuovo ordinamento
scolastico.
Nel corso degli anni le richieste del Liceo hanno
ottenuto scarsa attenzione e
scarsi risultati. La scuola ha
così promosso una raccolta
di firme, che ha avuto un
grande successo, allo scopo
di sostenere la richiesta di
una sede unica, adeguata e
subito disponibile per il
nostro Liceo. La Redazione
de “La siringa” ha intervistato il Preside del liceo, Alberto Stella, che nei prossimi
giorni consegnerà le firme
raccolte alla Provincia.
Da chi è partita l’idea e a
che punto siamo con la
raccolta di firme?
Questa proposta è nata
dalla concordanza tra docenti, studenti e genitori. Lo
scopo di quest’iniziativa
non è di pubblicizzare la
scuola, ma di riuscire a far
capire il nostro effettivo
bisogno. Abbiamo sensibilizzato la cittadinanza
perché la Provincia non ha
mantenuto né la promessa
di costruire una nuova sede
né quella di ampliare di 25
spazi quella attuale.. Le
firme attualmente raccolte
sono 11672, delle quali
10424 raccolte fino a giugno e le restanti 1248 fino
ad ottobre.
Perché la raccolta di firme è
stata prolungata fino all’inizio di quest’anno?
Questo perché abbiamo
dato la possibilità anche
alle classi prime di esprimere la loro opinione e dare il
loro contributo al miglioramento della qualità della
vita di questa scuola.
Dalla documentazione si
può vedere che, in seguito
alle nostre lamentele, la
Provincia ha dotato la
nostra scuola di nuove
finestre e condizionatori, che non risolvono e a
volte peggiorano il disagio degli studenti. Possiamo desumere che
nessuno ha intenzione
di darci una nuova sede.
Perché allora continuiamo questa battaglia?
Esordisco con questa
frase: “ogni battaglia
non è vinta finchè non è
finita”.
La Provincia ha agito
senza il parere della
scuola, secondo propri
progetti di intervento,
ma il degrado è purtroppo strutturale. Non
possiamo continuare a
lungo a fare scuola con
due sedi: insistiamo su
questo punto anche
perché professori, dirigenza, tecnici e segreteria devono dividersi
continuamente tra centrale
e succursale e questo implica una perdita di tempo nei
cambi dell’ora, un disagio
per i docenti e per gli studenti e numerose complicazioni di gestione.
Nel sito della scuola sarà
aperta una sezione, “dossier
edilizia”, nella quale saranno pubblicate tutte le informazioni inerenti a questa
vicenda, come la corrispondenza epistolare con la Provincia.
Tra pochi giorni il preside
andrà a chiedere in provincia per l’ennesima volta una
soluzione definitiva al problema della collocazione
della nostra scuola: non da
solo, ma forte del sostegno
espresso nelle oltre 11 mila
firme raccolte. Ci auguriamo
di essere presi in considerazione. Ringraziamo tutti
coloro che hanno contribuito a questa iniziativa. In
bocca al lupo, Alessi!
Marco Angelici V L
Claudia Gasperini IV F
HEY TU! TI RICORDI I PRIMI GIORNI DI SCUOLA?
Vi ricordate i primi giorni di
scuola del primo superiore?
Si, quelli dove vi sedevate
nel grigio di quel banco
cercando di spiccicare una
parola con il vostro compagno di banco senza però
mai riuscirci a causa della
timidezza, quando la Prof.
faceva domande e nessuno
rispondeva?
Per scoprire un po’ come
vanno le cose tra le prime di
quest’anno siamo andati ad
intervistare a campione
ragazzi per entrambi i sessi
rivolgendo loro 5 semplici
domande riguardanti la
scelta della scuola, eventuali
aspetti positivi e negativi e
come vivevano i primi giorni
di scuola.
Purtroppo tutti gli intervistati sono voluti restare,
come loro lecito, anonimi.
Ma, bando alle ciance, iniziamo a scoprire il meraviglioso mondo delle prime.
La prima domanda che è
forse quella più importante
riguardava il motivo della
scelta di questo fantastico
liceo: quello che ne è emerso sono risposte pressoché
uguali, tutti infatti affermano che hanno effettuato
questa scelta perché amano
le materie scientifiche e
considerano questo liceo
come il più adatto per la
loro formazione e per la
preparazione all’università,
e tutti, chi più chi meno,
sono rimasti soddisfatti.
Più vari, invece, sono gli
aspetti che non piacciono
della scuola: le risposte più
frequenti sono la pulizia
delle aule, la mancanza di
materiale, sia scolastico che
per la cura della persona
(ad esempio sapone e carta
igienica nei bagni), l’assenza
di una “vera” palestra, di
laboratori degni di questo
nome e di una sede unica.
Se da un lato registriamo
tutti questi aspetti negativi,
dall’altro lato della medaglia
ai nostri ragazzi piace l’uscita alle 12.10 diversi giorni
alla settimana, l’organizzazione di un sito aggiornato
e all’avanguardia sul quale
si può sempre contare e la
piacevole presenza del bar,
assente nelle scuole medie,
che rappresenta, in un certo
senso un ulteriore passo di
indipendenza nei confronti
delle famiglie.
Un’altra domanda che ha
prodotto risultati interessanti è stata quella riguardante le nuove materie quali Fisica, Chimica e Latino.
Qui abbiamo una distinzione abbastanza netta tra maschi e femmine: i primi,
nella quasi totalità hanno
incontrato già le prime difficoltà in Latino, mentre per
le seconde è stato più difficile iniziare a studiare Fisica
e Chimica. Tutte queste
materie, sono state, però,
giudicate da tutti molto
interessanti, soprattutto la
Fisica e la Chimica.
Prima di congedare ognuno
di questi fortunati candidati
ho posto loro un’ ultima
grande domanda riguardante eventuali problemi di
ambientazione e/o di rapporti con compagni e insegnanti e devo dire che me li
aspettavo meno sinceri ;D.
C’è chi ha risposto che sta
facendo amicizia, chi invece
con i nuovi compagni non si
trova affatto bene e invece si
è trovato a suo agio con gli
insegnanti, chi non ha legato con nessuno ma porta
rispetto per tutti e chi, infine, soprattutto le femmine
più carine, ha già una marea
di amici e capirete anche
perché :D.
Guido Bircolotti I F
MARCHIO DI PRODUZIONE: LICEO ALESSI
Tra venti o trenta anni cosa
ricorderemo di questi cinque anni passati tra le mura
del liceo? Quando saremo
arrivati “nel mezzo del cammin di nostra vita” ci ricorderemo solo opacamente di
tutto il tempo speso in questo luogo sconosciuto chiamato scuola o saremo fieri,
anche a distanza di anni, di
essere stati degli studenti
del Liceo scientifico Galeazzo Alessi? Probabilmente
tutte le ore, i giorni e gli
anni lasciati in questa comunità saranno fruttati a tal
punto da farci considerare
ancora parte integrante
dell’Alessi. Questa è una
palestra di vita nella quale si
entra ragazzini e si esce
adulti e dove si impara soprattutto cosa significa rapportarsi con altri esseri umani.
Il trucco per migliorare questa vita all’interno dell’istituto sta nell’andare a ricercare
nell’albo del passato espedienti e modi di fare di un
periodo migliore o forse di
un periodo in cui chi andava all’Alessi amava il proprio
liceo. Questi individui del
passato corrispondono ai
nostri predecessori, coloro
che hanno frequentato l’Alessi nell’omonima via. La
prima e forse più rilevante
differenza sta nel fatto che,
grazie al non troppo
elevato numero
di studenti, la
scuola era percepita come una
realtà più umana, nella quale
parlare, esprimersi e allo stesso tempo fare
“amicizia” con i
diversi ruoli
della scuola
risultava un processo più facile e
fruttuoso. Il
dialogo tra le
varie parti era
più concreto, ma
allo stesso tempo cordiale anche grazie ad un
maggiore controllo ed una
diffusa responsabilità. Inoltre il diverso rapporto con
l‘edificio ha contribuito a
formare l’identità dello studente del liceo. Nella scuola
in via Alessi, l’educazione
fisica si svolgeva all’esterno,
nel cortile interno alla scuola. Le competizioni sportive,
tra gli studenti dell’istituto e
tra quelli di diversi contesti
sociali, erano perciò occasione di fervente tifoseria
“W Alessi e abbasso tutti gli
altri”.Anche i nostri “avi”
scolari hanno lasciato sudore e lacrime di sangue sopra
i libri. A questo proposito,
per alleviare le fatiche della
conoscenza, hanno deciso
di utilizzare anche il classico
latino come mezzo di ilarità.
Infatti ci sono stati alunni
che, all’uscita dai corsi curricolari, salendo stremati per
la via perugina, recitavano
da una parte all’altra della
strada frasi di autori quali
Sallustio, Cicerone o Cesare, pur non sapendo neanche lontanamente il loro
significato. Così, partecipando responsabilmente, ma
anche gioiosamente alla
comunità scolastica, gli
alunni hanno elaborato una
ferrea identità del liceo che
anche a distanza di anni
permette loro di indossare
fieramente la t-shirt: “made
in Alessi”.
Laura Pascucci III C
500 ANNI: E’ ANCORA VIVO TRA NOI
A 500 anni dalla sua nascita,
ancora vive il ricordo di
Galeazzo Alessi.
Nato a Perugia nel 1512,
apparteneva all’aristocrazia
dell’epoca. Nel 1536 , al
seguito del Cardinale di
Rimini, Ascanio Parisani, di
cui era “cameriero”, cioè
segretario personale, conobbe Roma. Qui entrò in contatto con la famiglia dei
Sangallo, famiglia di architetti e ingegneri militari.
L’ architetto perugino si
inserisce armonicamente
nel clima rinascimentale,
con una progettazione essenziale e razionale, sulla
base di numeri interi, e di
proporzioni naturali.
La sua formazione teorica lo
porta a concepire l’architettura in termini matematici e
non empirici: egli non nasce
“scalpellino”, ma è un nobile perugino che studia proporzioni vitruviane. Si riconosce in quello che fa ed è
uno dei primi professionisti.
Secondo Alessi il disegno è
cruciale. Attraverso i disegni
infatti poteva inviare i progetti all’esecutore, che operava direttamente senza la
sua supervisione. Alessi inizia il suo primo periodo
d’intensiva attività in patria,
impegnandosi nella realizza-
zione della parte civile della
Rocca Paolina, che avrà il
suo termine nel periodo che
va dal 1545 al 1548. Altre
importanti opere umbre
sono: il loggiato del Palazzo
dei Priori, la chiesa di S.
metricamente. Il fornice
centrale è calibrato con
dettagli aurei.. “Con proporzioni et misure, […] con
tutto l’ordine, è decoro e
d’architettura che si conviene”. Alessi prende tutti i
Angelo della Pace e la sistemazione urbanistica di via
Mazzini (ex via Nuova). Anche il Belvedere di Porta
Sole è tutto progettato geo-
rapporti e li segue, allo stesso tempo però porta innovazioni al canone: tutto ciò
che è costruito è prima misurato. Dimostra di cono-
scere gli ordini e contemporaneamente li modifica, li
rende più complessi: molte
delle sue opere sono un
incontro di diversi stili.
Il nostro Liceo, intitolato
all'illustre architetto, si è
attivato affinché gli studenti
possano conoscere, almeno
in parte, l'opera di questo
protagonista dell'Arte del
Cinquecento. Dopo la visita
del 13 settembre, delle classi prime , ai luoghi perugini
del grande architetto, lunedì 8 ottobre, alcune delle
classi quarte hanno potuto
visitare la mostra “Galeazzo
Alessi e l’Umbria: dal rilievo
delle opere alla ricerca delle
geometrie compositive" ,
presso S.Maria del Popolo.
La visita è stata guidata dalla
Dott.ssa Paola Mercurelli
Salari della Direzione Regionale dei Beni Culturali e
Paesaggistici e dall'Ing. Luca
Martini, curatore della mostra. Galeazzo Alessi ha lasciato, quindi, un segno
indelebile nella storia dell’
architettura Rinascimentale,
e noi come scuola siamo
onorati di portare il suo
nome.
Carmen Paciotti IV F
CARA PROF...
È vero, il rapporto tra alunni e insegnanti non è sempre perfetto: ci saranno
sempre alti e bassi, ma quello che rimane alla fine dell’anno, quello che ci portiamo dentro il cuore è al di
sopra di qualsiasi tipo di
incomprensione. Questa
lettera è un chiaro esempio
di quello che un insegnante
può lasciare ai propri ragazzi al termine di un anno
scolastico, o in alcuni casi,anche qualcosa in più..
Cara professoressa,
al termine di quest’anno
scolastico ci viene in mente
una frase della pubblicità
dell’Amaro Montenegro:
“sembrava impossibile, ma
ce l’abbiamo fatta!”.
In effetti è vero, chi più chi
meno tutti quest’anno si
sono impegnati, e anche (o
forse soprattutto) grazie a
lei, che ha preso molto e ha
dato tanto.
Tra commenti, parafrasi,
riassunti e tante altre cose
dobbiamo proprio ammettere che quest’anno ce l’ha
fatta sudare, ma sappiamo
anche che l’ha fatto per il
nostro bene perché, come
dice sempre lei, “il nostro
compito è formarvi”. Giunti
al termine di questi due
anni trascorsi insieme tra
gioie, dolori, delusioni e
successi sia per noi che per
lei, va a lei un ringraziamento speciale in primo luogo
per averci sopportato così a
lungo e in secondo luogo
per averci insegnato, anche
grazie alla sua intransigenza
e alla sua autorevolezza, a
dare il meglio di noi stessi
o, se non ci riusciamo, a
provarci almeno, valutando
sempre il nostro progresso
ed essendo sempre fiduciosi. Noi tutti sappiamo che
essere un educatore non è
affatto facile, soprattutto
perché si viene a contatto
con un branco di adolescenti che hanno tanta voglia di
crescere ma certamente non
di studiare ma, nonostante
tutto, questi numerosi momenti passati insieme hanno
contribuito alla nostra crescita, aumentato il nostro
desiderio di conoscenza e ci
hanno sollecitato a maturare.
Noi ci stiamo preparando a
non fermarci alla superficie
delle cose ma ad approfondirle, continuando ciò che
lei ha cominciato, tenendo
bene a mente che educare
ed insegnare significa soprattutto preparare le nuove
generazioni alle difficili, ma
anche meravigliose, sfide
del futuro.
P.S. GRAZZIE PER AVERCI
INPARATO LITALIANO!
“ È bello cercare di capire il mondo, ma è anche bello raccontarlo;
cercare insomma di avvicinare la Terra alla Luna.”
ABBASSARE LE MASCHERE
Sessanta (e spiccioli) voci
all’unisono, un’unica voce.
Sessanta voci distinte, di
distinti elementi, un’unica
voce.
No, non sono matto, era
proprio quello che volevo
dire; magari vi starete chiedendo dov’è il senso del
discorso, o dove voglia arrivare, e anche se non ve lo
state chiedendo ve lo dico
lo stesso: parlo del Teatro
Carthago, attività che il vostro liceo mette a disposizione per insegnare, ai te-
merari che decidono di partecipare, a togliere la maschera che ognuno di noi
indossa natural durante, ed
essere se stessi sopra il palco, davanti al pubblico. Se
stessi nella parte di un coraggioso guerriero, di una
dolce fanciulla dispersa in
un mondo di sogni, di un
vecchio saggio affranto dalla
vita o persino di un carismatico sovrano. Capisco, sto
scrivendo un paradosso, un
nonsense dopo l’altro, ma il
teatro è anche questo, e
fintanto che non lo si prova,
non lo si comprende.
Non perderei un’esperienza
del genere, un’occasione
più unica che rara, che la
scuola che odiate tanto vi
concede. Alla fine qualcosa
di buono se ne tira fuori dal
liceo, fidatevi, e il corso
teatrale col Maestro Kraiem
e i Professori Angelini, Carletti e Porciello è stato fin
troppo importante nella mia
vita, temprata dalla presenza
dei miei compagni e del
bellissimo pubblico che
ogni anno ci troviamo di
fronte, dietro il sipario.
Ci si innamora del teatro,
delle persone con cui reciti,
delle persone per le quali
reciti e infine anche di voi
stessi.
State ancora leggendo? Se
sì, sappiate che si tiene ogni
Giovedì alle 14:30, non
tagliatevi le ali.
Un ex studente
ALZIAMO LA VOCE
Esiste davvero a scuola un
posto dove è possibile rilassarsi e divertirsi, imparare e
fare amicizia, coltivando
uno degli hobby maggiormente diffusi tra noi ragazzi:
la musica. C’è infatti un
gruppo che non aspetta
altro che condividere la
propria energia ed esternare
la propria allegria e simpatia
Ecco quindi la nostra intervista al coro del nostro liceo, che oggi ci ha proprio
ducazione al canto che può
essere naturalmente corretta attraverso volontà, impegno, concentrazione oltre ai
preziosi suggerimenti. È
quindi un’attività aperta a
tutti, soprattutto a quelli
volenterosi.
Ora chiediamo alla responsabile del gruppo
corale, professoressa Rita
Floridi: quali sono gli incontri e le proposte extrascolastiche alle quali il
coro partecipa?
segna dei cori” alla quale il
Liceo Alessi partecipa da
parecchi anni.
Ora chiediamo ai cantanti
stessi quale sono le loro
impressioni sull’attività di
gruppo
Naturalmente ogni anno è
una nuova esperienza perché dà la possibilità di socializzare con nuovi ragazzi,
anche di età differenti. “Ciò
che ci unisce fortemente è
la musica.”
Quali generi comprende il
Come dovrebbe cambiare,
secondo voi, il rapporto
scuola musica?
L’attività corale aiuta notevolmente l’apprendimento
della lingua inglese e perciò
può essere un mezzo per il
miglioramento della lingua.
Ma soprattutto la musica
dovrebbe essere trattata
ancora come una materia
come tutte le altre, non solo
per la sua storia ma anche
per l’impatto che ha in particolare modo oggi.
meravigliato…
Al Professore Sergio
Schioppa, nonché direttore del coro, prima di tutto
chiediamo se per far parte
del coro stesso occorrano
innate doti vocali
A differenza di molti luoghi
comuni, tutti possono imparare a cantare e a riprodurre
con la voce dolci suoni. C’è
piuttosto una diffusa dise-
Da molti anni il coro partecipa ad uno stage a Montecatini, dove si svolge il festival dei cori, durante il quale
è possibile apprendere nuove tecniche canore. Sarà
inoltre proposta per il nuovo anno uno stage a Salerno
e persino un concorso vero
e proprio a Vittorio Veneto.
Da ricordare sono anche i
concorsi regionali e la “ras-
vostro repertorio e quali
invece vorreste apportare?
Nessun genere è escluso.
Infatti il repertorio include
canti provenienti da varie
realtà culturali e dalle più
differenti parti del globo.
Inoltre gli alunni suggeriscono di ampliare il loro
canzoniere con canzoni pop
e gospel, pur essendo più
articolate.
Un ultimo appello?
Aspettiamo tutti coloro che
voglio divertirsi e fare nuove
amicizie in un ambito sereno all’insegna della musica
italiana e mondiale.
Raoul Cardellini III C
Laura Pascucci III C
RICOMINCIAMO DALL’INIZIO…
“Ricominciamo da capo.
Dall’inizio. Facciamo conto
che voi l’anno prima non
abbiate fatto nulla, riprendiamo dalle basi, ripassiamo, rivediamo, anzi, partiamo da zero, tabula rasa”…
ah, già: prima di dire tabula
rasa devo rifare la morfologia di prima declinazione, i
participi passati, la sintassi
dell’ablativo. Siamo in terzo
liceo, in quarto, in quinto.
E’ colpa del collega dell’anno scorso, non hanno fatto
niente! Ma ero io l’insegnante dell’anno scorso: è
la mia classe.
Mi è capitato troppe volte di
cedere all’evidente smarrimento degli studenti di
fronte alle richieste anche
più banali, al rientro dalle
vacanze: gente che ti guarda
come se fosse appena sbarcata dalla luna e non capisse
la lingua (- Ma chi sarà questa qui? Cosa vorrà da me? E
dove mi trovo poi? Ma io, a
pensarci bene… Chi sono?). Ci provi, caro docente, a
collegarti ai concetti fondati
in anni di paziente lavoro, ci
provi a fare appello alle
competenze già costruite
nel percorso compiuto: gli
studenti davanti a te hanno
se lo dicono anche ai loro
genitori. Chissà se studenti
e genitori vivono nell’eterno
presente e credono davvero
nella necessità di una eterna
rifondazione di ogni e qual-
bevuto all’acqua del Lete,
lasciandosi per sempre alle
spalle l’anno precedente. Ti
dicono, senza battere ciglio,
che l’anno prima non hanno fatto niente, o se hanno
fatto qualche cosa, non lo
ricordano. Perfetto. Chissà
sivoglia sapere. Primo giorno di scuola, ogni anno;
ogni anno in prima elementare, a spiegare dove si mette il punto e dove la virgola,
quando va l’apostrofo, o
magari le proprietà delle
addizioni. Noia. Noia esa-
sperante del docente, morte
cerebrale dello studente.
Cari ragazzi bisognosi di
rifare sempre tutto daccapo… E’ ora di finirla. E’ una
vostra responsabilità portarvi dietro il bagaglio della
vostra formazione, è una
vostra responsabilità ricordare, collegare il presente
con il passato, modificare
ed arricchire la vostra cultura con i continui apporti
dell’esperienza scolastica e
personale. Pretendete dagli
insegnanti il nuovo, non il
ripasso dell’anno precedente e il recupero di quello
che avete rimosso e resettato. Buon anno scolastico,
dunque, un nuovo anno
scolastico che cresca sulle
radici di tutti quelli che
avete già vissuto.
La Sirilla
CHI HA DISTRUTTO LA BIBLIOTECA DI ALESSANDRIA?
A questa domanda che costituisce il titolo del mio contributo, centrato su un tema
a me caro e cioè la trasmissione della cultura da una
generazione all’altra, non vi
è una risposta sicura. Pare
che sia stato un processo
protrattosi nel tempo, lungo
vari secoli, e che gli Arabi,
accusati di esserne stati gli
autori all’atto della conquista dell’Egitto, abbiano solo
dato il colpo di grazia ad
una illustre istituzione culturale ormai moribonda. E
però qualcosa è rimasto ed
è pervenuto sino a noi tramite l’opera paziente di
tanti artisti della scrittura
che, nei secoli del medioevo, hanno provveduto a
conservare e a trasmettere
questo tesoro che ha fornito
le fondamenta culturali
della nostra civiltà.
Noi invece, temo, saremo
molto più rapidi e radicali
nell’azzerare l’intero patrimonio culturale ereditato
dai nostri avi: sembra infatti
ormai che l’aggettivo sostantivato “cartaceo”, in quanto
sinonimo di inutile ed ingobrante spreco, faccia parte
ormai degli ostacoli da abbattere definitivamente per
la piena affermazione di una
civiltà totalmente “digitale”
e quindi “virtuale”, in cui
faremo tutto stando comodamente seduti di fronte al
nostro PC, anche votare e
formulare programmi politici (Grillo docet). Pure le
care, vecchie banconote
sembra siano sulla strada di
essere mandate in soffitta,
per far posto appunto ai
soldi anche loro “virtuali”.
Sono ben consapevole di
andare contro corrente ma
del resto, essendo nato nel
1950 ed avendo avuto quindi 18 anni nel 1968, lottare
contro ogni conformismo ce
l’ho nel DNA della mia formazione e non posso fare
diversamente. Riprendendo
dunque il filo del discorso,
vedo profilarsi il rischio
altissimo che, andando avanti di questo passo, fra
qualche decennio il tanto
denigrato “cartaceo” si andrà sempre più rarefacendo
in tutti i campi. La conseguenza sarà che il complesso delle conoscenze su cui
si fondano tutti gli aspetti
del nostro mondo verrà
affidato a delle macchine in
misura sempre maggiore e da esse dipenderà in tutto e
per tutto. Ognuno
quindi si renderà
conto dei rischi enormi che tutto ciò
comporta, impliciti
nella profonda fragilità della basi su cui
tutto questo organismo si fonda: vortic
o
s
o
“invecchiamento”
delle tecnologie, che
inevitabilmente comporta la perdita di
una considerevole
frazione di saperi
ogni volta che si
passa da un procedimento tecnologico a un
altro, dipendenza totale
dalla disponibilità di quantità enormi di energia, vulnerabilità rispetto ad attacchi
di ogni genere rivolti alle
centrali che gestiscono l’intero sistema a vari livelli…...
Credo ce ne sia abbastanza
per alimentare serie preoccupazioni sul futuro della
nostra civiltà, che va nella
direzione di rendere sempre
più marginale il documento
che i nostri occhi, da soli o
al massimo con l’aiuto di un
paio di occhiali, possono
leggere e decifrare. Non
vorrei quindi che, tra due o
tre secoli, o anche meno,
dovessimo ritrovarci con un
deficit globale di conoscenze, incrementatosi progressivamente nel corso dei
decenni e divenuto di una
tale entità da mettere in
crisi il sistema nel suo complesso. Ciò potrebbe innescare un processo involutivo
tale da autoalimentarsi e da
determinare un definitivo e
totale collasso dell’intera
società. Insomma, riprendendo una tematica sicura-
pienza degli antichi, costui
non avrebbe altro in mano
che rottami inservibili e
irrimediabilmente muti.
Sto forse scrivendo il soggetto di un romanzo fantastorico, nemmeno poi così
originale? Vorrei che fosse
così, ma purtroppo non ne
sono tanto sicuro. Infatti i
rischi di una sottovalutazione dei risvolti negativi della
“rivoluzione informatica”
dentro la quale stiamo tutti
dentro fino al collo, volenti
o nolenti, ritengo siano
mente abusata e fraintesa,
ma non del tutto priva di
fondamento, cioè quella dei
“corsi e ricorsi storici”, intravvedo all’orizzonte un
nuovo “alto medioevo” in
cui qualcuno dovrebbe ancora una volta raccogliere le
sparse reliquie di un antico
sapere ormai remoto, per
trasmetterlo alle future generazioni…..Solo che questo “qualcuno” non saprebbe dove cercare perché, a
differenza dei monaci che
mille anni fa nei loro scriptoria disponevano se non
altro di vecchie carte su cui
ritrovare le tracce della sa-
molto elevati e sarebbe
sciocco voltare la testa dall’altra parte, ignorandone la
pericolosità nel lungo periodo. Il problema però è che
si è messo in moto un meccanismo ormai inarrestabile
che ha una sua logica stringente e che tende inesorabilmente a permeare di sé
ogni aspetto della vita. Urge
quindi creare gli anticorpi
sociali perché ciascuno di
noi, per quanto possibile, si
svincoli dalla totale servitù
nei confronti della macchina, la quale è fatta per servire l’uomo non per divenirne
padrona. Chi dovrebbe as-
sumersi questo compito? È
arduo dirlo anche perché
anche la scuola, che pure è
la trincea avanzata dell’educazione umana e politica del
cittadino, pare in qualche
misura soggiacere alla moda
del momento, e non potrebbe essere diversamente.
Non quindi, luddisticamente, mettere al bando una
tecnologia che peraltro può
rendere e di fatto rende
enormi servizi alla cultura;
ma promuoverne un uso
responsabile, suggerendo
comportamenti tali
da combattere la
“dipendenza” e la
sudditanza rispetto
allo strumento. A
questo scopo, è
anche indispensabile riscoprire la gioia
di stare insieme e
di rapportarci con
le persone in carne
ed ossa, non con i
simulacri che ci
appaiono sullo
schermo dei PC. E
questo sarebbe
compito non solo
della scuola, ma
anche delle altre
forze sociali, tra cui
i partiti, che però
da molto tempo hanno abdicato a questa responsabilità, che pure in passato hanno sostenuto anche egregiamente. Quindi, parafrasando uno slogan coniato in
altri contesti (ma non poi
tanto, tutto sommato!) bisogna “resistere, resistere e
ancora resistere” contro le
lusinghe delle vie troppo
facili perché in genere esse
non portano da nessuna
parte, o peggio conducono
al fallimento.
Sandro Tiberini
FELIX: L’UOMO PIU’ VELOCE DEL SUONO
NEW MESSICO 15 Ottobre
– “ Quando sei lì in piedi in
cima al mondo, diventi così
umile che non pensi più a
battere i record o ad ottenere dati scientifici. L’ unica
cosa che vuoi è tornare vivo”. Queste sono le parole
cariche di gioia pronunciate , dall’ austriaco paracadutista Felix Baumgartner,
dopo essere entrato nella
leggenda come primo uomo
ad aver abbattuto il muro
del suono. Cinque anni di
studi ininterrotti hanno
permesso al team center
Red Bull Stratos di allestire
il jumper spaziale da cui è
stato effettuato il salto record. Una volta raggiunta la
stratosfera per mezzo di una
capsula, sollevata da un
pallone ad elio, Felix si lancia nel vuoto. All’ incredibi-
le altezza di 39000 metri , in
caduta libera riesce a raggiungere la velocità di 1173km/h , oltre la barriera del
suono. Durante quegli interminabili 4 minuti
di volo si sono
creati inevitabilmente forti attimi
di tensione: prima
quando il paracadutista ha cominciato a roteare
vorticosamente su
se stesso come
quasi fosse senza
controllo, a causa
di una momentanea perdita dell’
assetto, e dopo, quando si
sono iniziate a nutrire alcune preoccupazioni riguardo
la difettosa pressurizzazione
della tuta, che provvedeva a
riscaldarlo quel
quel tanto da affrontare i
meno 68 °C esterni. L’ impresa è stata finalmente
portata a temine dopo due
precedenti tentativi, effet-
rilasciate dal team di esperti
e dallo stesso Baumgartner ,
lo scopo principale di questo progetto rimane quello
di sostenere la ricerca scien-
tuati rispettivamente il 6 e
9 Ottobre, non andati a
buon fine a causa delle pessime condizioni metereologiche che si erano create.
Secondo le dichiarazioni
tifica. Il lancio, inoltre, ha
coinciso con il 65° anniversario del memorabile volo
dell’ americano Chuck Yeager, che è entrato nella storia come il primo uomo ad
aver superato la velocità del
suono a bordo di un aereo.
Oggi, finalmente, il sogno
dell’ austriaco 43enne si è
coronato: condiviso da oltre
3 milioni di spettatori che,
incollati ai teleschermi dalle
varie piattaforme interattive,
hanno seguito in diretta alle
ore 20.06, le gesta di quest’
uomo dal grande coraggio.
Con i piedi a terra e i pugni
sollevati al cielo, ha gridato
al mondo intero “Ce l’ ho
fatta!”.
Alessia Pellegrini IV A
Giada Colori IV A
ANNO SCOLASTICO ALL’ESTERO: IL SOGNO DI OGNI TEEN AGER
A chi di voi guardando un
film americano, non è mai
venuto in mente di frequentare uno dei famigerati
college? Chi non si è mai
immaginato di preparare le
valigie, pronto per partire
verso una città dall’altra
parla la vostra lingua, sono
senz’altro i costi, alcune
volte proibitivi. Questi variano in base alla meta: si passa dai 6000€ per i paesi
europei, ai 13000€ per stati
come l’Australia; costi che,si
aggirano sempre e comun-
parte del globo? Nonostante
social network e live chat
annullino le distanze, riducendole a un click, realizzare l’esperienza di un anno
all’estero resta
ancora un po’
complicato. Per
vivere questa
esperienza, infatti, si devono soddisfare requisiti
specifici e superare test psicoattitudinali e
linguistici per
valutare se si è
davvero in grado
di sopravvivere,
per l’intera durata, a quest’avventura. Ciò che può
scoraggiare i
tanti sognatori,
oltre alle responsabilità cui si va
incontro, vivendo in un paese
dove nessuno
que,attorno ai 10000 euro.
Preparatevi dunque a rompere il vostro maialino di
coccio! A escludervi dalla
corsa della realizzazione del
grande sogno, potrebbe
anche essere la media scolastica, che non deve essere
inferiore agli 8/10; viene
tagliato fuori anche chi è
stato bocciato negli ultimi
3anni. Nel fortunato caso in
cui foste idonei sotto tutti
questi aspetti, vi attendono
ancora due scelte ardue: la
durata dell’esperienza, e,
chiaramente, la meta. Si può
scegliere un periodo di permanenza che va dai tre ai
dodici mesi, ma come fare?
Semplice! Basta pensare a
quanto sapete stare lontani
da casa, amici, e ovviamente, dal cibo della mamma!
Attenzione a non sopravvalutarvi, rischiereste di restare bloccati in un paese in
cui non vi trovate per niente bene. Vietato anche scegliere permanenze troppo
brevi: a cose fatte, infatti,poterebbe sembrarvi di
non aver avuto abbastanza
tempo. Passiamo alle mete.
Le agenzie migliori offrono
una vasta gamma di destinazioni, si parla di Europa,
Oriente, Sud Africa, Australia, Nuova Zelanda e America, compreso il Canada.
Purtroppo non si sa con
certezza dove andrete a
finire. Al momento dell’iscrizione, infatti, si danno tre
preferenze, è l’agenzia che
poi deciderà per voi. Certo,
la gara è dura, e potrebbe
sembrare un salto nel vuoto, ma ad aspettarvi in un
Year Abroad ci sono mille
esperienze, posti da vedere
e persone da conoscere, che
senz’altro non vi verranno a
trovare sul vostro comodo
divano.
Ora sapete tutto, o quasi! Io
vado a fare le valigie. Voi?
Raoul Cardellini III C
LE QUATTRO MELE CHE CAMBIARONO IL MONDO
Il frutto per antonomasia, la
mela, piccola e apparentemente insignificante, eppure capace di cambiare la
storia e il corso della nostra
vita. In ordine cronologico
la sua prima apparizione la
fa quando Eva, offrendone
una ad Adamo, ci condanna
ad una vita terrena ed imperfetta.
ne assembla il primo computer della storia nel garage
di casa dei genitori. Dopo
10 anni costruisce il Macintosh, un computer rivoluzionario su cui si può disegnare, scrivere e impaginare
anche senza conoscere niente di programmazione. I
suoi prodotti, tutti marchiati
dalla celeberrima mela morsicata, passeranno alla storia
per aver creato il mercato
dei personal computer e
diventeranno oggetti di
culto nelle mani di milioni
di persone.
Giulio Cavicchi II D
1600 anni dopo torna a fare
storia, stavolta dettando le
leggi della fisica, colpendo
in testa un pensieroso Isaac
Newton, suggerendogli la
famosa legge della gravità.
Torna rumorosamente in
auge negli anni ’60 quando
4 ragazzi di Manchester si
preparano a diventare una
della band più famose al
mondo con le loro canzoni
cantate dalle successive
generazioni fino ai nostri
giorni, i Beatles.
L’ultima mela della storia
arriva 30 anni dopo con
Steve Jobs. Appena trenten-
IN VIAGGIO CON BAUDOLINO
Baudolino è un romanzo
storico-fantastico, ambientato nel medioevo . Scritto da
Umberto Eco, dopo l’esordio del grande successo :”il
Nome della rosa”. Pubblicato nel 2000 dalla casa editrice Bompiani, il romanzo è
suddiviso in 40 capitoli. È
un romanzo picaresco che
accompagna il lettore in un
viaggio avventuroso dalla
campagna Piemontese, luogo di nascita del protagonista Baudolino, alla corte di
Federico I Bar-
barossa, dalla Parigi cosmopolita all’estremo oriente ,
terra di crociate e di ricerca.
Baudolino, ragazzo di famiglia contadina, nasce in un
oscuro villaggio del basso
Piemonte, zona dove successivamente sorgerà Alessandria. Il suo animo fantastico e spavaldo conquisterà
anche Federico I Barbarossa, al quale in precedenza
egli aveva salvato la vita. Per
perfezionare la sua cultura
Federico spedisce Baudolino a Parigi, dove però non
terminerà mai il suo ciclo di
studi, ma inizierà a scrivere
su carta le incredibili avventure della sua fantasia, e
conoscerà quelli che, successivamente, diventeranno
i suoi compagni di viaggio.
La creazione fantasiosa per
antonomasia è la lettera del
Prete Giovanni, re cristiano
a capo di un leggendario
regno del lontano oriente.
Ed è per trovare questo
fantasioso luogo che Federico Barbarossa decide di
partire per la terza crociata,
al fine di riconsegnare al
sovrano orientale il sacro
Graal. L’ormai anziano imperatore morirà però nel
corso del viaggio. Sarà infatti Baudolino che cercherà di
arrivare alla meta, affrontando un percorso in cui saranno presenti tutte le mitiche
creature dei bestiari medievali. Baudolino racconta le
complesse vicende della sua
vita a Niceta Coniate, nel bel
mezzo dell’assedio di Costantinopoli. Il dialogo iniziale si apre con la presenza
di una pergamena con su
scritta la prima “bozza”
dei suoi raccanti, alla
quale, successivamente,
come spiegherà Baudolino, succederanno altre.
Le vicende descritte giocano su due piani narrativi: il primo è quello della
sua vita, che è proprio il
protagonista a raccontare
a Niceta in una lunga
analessi; il secondo è il
dialogo e le vicende che
avvengono durante il
sacco e la distruzione di
Costantinopoli. Il linguaggio che viene utilizzato
nel primo capitolo è un
“composto” di più lingue
che vanno dal latino al
volgare. Per quanto riguarda invece i capitoli
successivi si ha una lingua
più accessibile, con termini che appartengono alla
tradizione popolare medievale. È molto usato il
discorso diretto soprattutto tra Bauodolino e Niceta. Il romanzo è ambientato
in più luoghi: in osterie, a
Costantinopoli, in zone nei
pressi di Alessandria,nel
regno del Prete Giovanni,
meta del grande e fantasioso viaggio,e alla corte di
Federico Barbarossa. I personaggi princiapali sono 2:
Baudolino e Niceta Coniate
(storico della fine del IV
secolo d.C,al quale Baudolino aveva salvato la vita durante il saccheggio di Costantinopoli); mentre i personaggi secondari sono:
Federico Barbarossa, Abdul,
Beatrice, Ipazia, Zosimo e
Poeta. Un personaggio che
come già detto è secondario
nella vicenda, ma primario
per capire la situazione storica, sociale, politica, e cul-
urale dell’epoca è Federico I Barbarossa. Fu imperatore del Sacro Romano
Impero.
Salì al trono il 4 marzo
1152, succedendo a Corrado III, e fu incoronato
imperatore il 18 giugno
1155. Nel romanzo egli è
il padre adottivo di Baudolino, lo accoglie infatti
nella sua corte, si interessa della sua cultura,lo
manda in Francia a studiare e lo porta con sé nelle
sue avventure. Il romanzo
si sviluppa su un sottofondo storico, ma è pieno di
elementi del genere fantasy, come nell’episodio
del capitolo 33, capitolo
nel quale Baudolino incontra il terzo e ultimo
grande amore della sua
vita, la dolce Ipazia, che è
mezza donna e mezza
capra. Baudolino, quindi,
è un romanzo misto che
ha diversi registri: quello
fantastico, quello gotico,
quello avventuroso, narrando di volta in volta, in 40
capitoli, genesi di reliquie,
amori impossibili, viaggi
picareschi, battaglie, storie
di odio e di amicizia. Un’avventura sospesa tra realtà e
menzogna, tra realtà e fantasia, dove la realtà e la menzogna fanno la storia, in un
romanzo che nasconde sotto una robusta vena comica
diverse allusioni alla vita
comune.
Carmen Paciotti IV F
“DIECI PICCOLI INDIANI” – AGATHA CHRISTIE
"Dieci poveri negretti se
ne andarono a mangiar:
uno fece indigestione,
solo nove ne restar. "
Sono questi i primi versi
della filastrocca che fa da
sfondo a tutto il romanzo e
che accompagnerà i nostri
protagonisti, i quali non
potranno far altro che assistere, inermi e indifesi, al
raccapricciante spettacolo
che ha come fine ultimo
una cosa sola: la morte.
Ci troviamo all’incirca nel
1940. Otto persone vengono
invitate a soggiornare in
una splendida e lussuosa
villa in un’ isola, Nigger
Island, al largo delle coste
del Devon, e tutti, chi per
curiosità, chi per lavoro,
chi con la speranza di ritrovare vecchie conoscenze,
accettano. Al loro arrivo gli
ospiti, che non si conoscono
tra di loro, trovano ad a-
spettarli solamente il maggiordomo e la cuoca, i quali annunciano l’assenza del
misterioso anfitrione per
motivi non meglio precisati. Un anfitrione assai insolito poiché, oltre che farsi
soprannominare in modo
del tutto sibillino U.N.Owen
(in lingua inglese la pronuncia intera suona simile
ad
“unknown”,
“sconosciuto”), egli si era
spacciato, nelle varie lettere
rivolte agli invitati, come
amico o datore di lavoro.
Inutile sottolineare l’indignazione, per la beffa ricevuta, che pervade le dieci
persone e le porta a discutere tra di loro animatamente sul vero motivo della
loro presenza, il tutto vivificato dall’anonima ed inquietante voce, partita dal
disco di un vecchio grammofono, che li accusa, nessuno escluso, di essere degli
assassini mai
consegnati
alla giustizia.
Quella sera
stessa, dopo
cena, un giovane muore
soffocato dopo aver ingoiato una
bibita: nello
stesso modo
descritto dalla filastrocca.
Per gli ospiti è
l’inizio di un
interminabile
incubo che li
vedrà assoluti
protagonisti
di un ben congegnato eccidio, al quale
non potranno sottrarsi.
Rappresentante esemplare
dell’enigma a “camera
chiusa”, questo romanzo
incarna in modo perfetto,
elaborato e
soffocante.
Credo sia superfluo aggiungere qualcosa a ciò che è
stato detto in precedenza,
ma colgo l’occasione per
le caratteristiche del tipico
giallo classico, durante il
periodo d’oro degli anni
’20-’40, grazie alla sua assoluta capacità di trascinare il lettore verso un epilogo
del tutto inaspettato e rendendolo partecipe in modosublime dell’ansia e del
senso di impotenza che
caratterizza ogni singolo
protagonista che si ritrova,
volente o nolente, ad incarnare ogni volta il ruolo di
assassino, investigatore o
ipotetica vittima, in un
gioco psicologico fittamente
prendermi una piccola libertà e spiattellare qualche
informazione non proprio
essenziale, ma assai piacevole: più di 110 milioni di
copie nel mondo e il giallo
più famoso di sempre, nonché il 3° romanzo più venduto nella storia.
Con questo vi lascio, augurandovi buona lettura.
Emanuele Polidori V H
“IL BAR SOTTO IL MARE” – STEFANO BENNI
Non credo sia conveniente,
da parte mia, iniziare con
una presentazione dell’autore. Il mio compito è quello
di invogliarvi alla lettura di
questo libro, perciò
fare leva sulla fama
dello scrittore non mi
è d’aiuto, o quantomeno credo sia piuttosto superfluo. Purtroppo questo Stefano
Benni, un genio, ammettiamolo, è tristemente misconosciuto
rispetto ad un Moccia
o ad un Fabio Volo,
ma questa è un’altra
s t o r i a …
Bando alle ciance o
ciancio alle bande!
Siamo sulle rive del
mare di Brigantes,
dove l’io narrante
passeggia una notte, a
malapena cosciente
della sua meta, quando dal nulla si profila
ai suoi occhi una figura eretta, composta,
elegante, un signore
d’altri tempi, assai
singolare. Il tempo di
tracciare in aria qualche confuso gesto con
la mano, e il vecchio
si ritrova sommerso in
acqua. Completamente sconvolto, il nostro
protagonista lo segue,
fino a giungere ai
piedi di un’insegna
luminosa di un Bar,
dove viene fatto entrare. In questo antro
sommerso e surreale,
l’eterogeneità dei vari
clienti presenti corrisponde
alla molteplicità delle storie
che verranno raccontate.
Come in una sorta di Decamerone, a turno i misteriosi
avventori si fanno avanti
alternandosi nella narrazione. Ma non siamo nel ‘300,
e neppure bisogna sfuggire
ad un’epidemia di peste:
stante, un idilliaco rifugio di
curiosi personaggi lontani
dal tempo, dallo spazio, e
del tutto estranei al solito e
banale immaginario colletti-
per loro è semplice routine,
un puro svago, e il loro
compito è strettamente legato alla necessità dell’autore
di creare un mondo a sé
vo di un qualunque luogo
d i
r i t r o v o .
Benni si diverte, ci fa divertire, crea dal nulla una serie
di storie oltremodo bizzar-
re, assolutamente sconnesse
tra di loro, in un divertentissimo gioco col lettore che,
estasiato e rapito da tanta
maestria, non chiede altro e
partecipa; vengono
così a configurarsi dei
racconti originali,
pieni di situazioni
strampalate e paradossali, infarcite da
estrosi neologismi,
con dialoghi, alle
volte, al limite della
comicità. E neppure i
vari generi letterari
vengono risparmiati:
ognuno passa al vaglio della dissacrante
ironia dello scrittore,
dal racconto d’avventura al poliziesco,
dalle storie d’amore
al fantastico. I maggiori punti di forza di
Benni sono le innovazioni stilistiche, il suo
italiano ricco, la magistrale capacità nel
mutare linguaggio
per adattarsi alle diverse situazioni pres e n t a t e .
Raccomando vivamente la lettura di
questo volumetto,
uno dei capolavori
dello scrittore più
“pazzamente geniale”
del momento. Non
dico di evitare i soliti
best-seller in cima
alle classifiche settimanali, ma nel mondo ci sarebbero tante
di quelle opere che
aspettano solo di
essere scoperte. Beh… “Il
bar sotto il mare” è una di
queste.
Emanuele Polidori V H
GALILEO : SCIENZA E FEDE , I DUE GIGANTI A CONFRONTO
Anno:1968
Genere : Biografico – drammatico
La pellicola curata dalla
regia di Liliana Cavani,
“Galileo”, si propone di
raccontare al pubblico attraverso un tono biografico e
drammatico le vicende più
significative della vita del
padre della scienza moderna, Galileo Galilei, le quali
hanno segnato profondamente non solo la sua umile
esistenza , ma anche la storia del progresso scientifico
dell’umanità. Attraverso
questo film viene sfiorato il
labile e delicato confine che
separa e, allo stesso tempo,
unisce la scienza alla fede
che dà inizio ad una disputa
che perdurerà nel tempo,
fino ad interessare i giorni
nostri.
Imperniato sul tema del
dialogo e del conflitto tra
uomo di cultura e dogmatismo della Chiesa, la prima
scena si apre con un Galileo
maturo non solo in età, ma
anche nelle proprie convinzioni e capacità, che inizia a
nutrire i primi dubbi sulla
veridicità del sistema Tolemaico-Aristotelico, il quale
descriveva la struttura dell’
intero universo. Dividendosi
tra le lezioni che teneva
come insegnante all’ università di Padova e tra i numerosi studi che intraprendeva
nel suo laboratorio personale (facilitati dalla scoperta di
un nuovo strumento di indagine, il telescopio), Galileo giunge con suo grande
stupore alla conclusione di
essere il primo uomo ad
aver visto come veramente
fosse fatto l’universo.
Egli nota che non era minimamente simile al modello
assolutizzato dagli aristotelici, in cui era il Sole che girava intorno ad un Terra immobile e corruttibile , ma
che in realtà si presentava
come un insieme di altri
mondi fatti di materia come
il nostro, il quale ruotava
intorno al Sole. Tuttavia l’
sui massimi sistemi”, la quale raccoglieva tutte le sue
osservazioni. Pertanto il
Tribunale dell’Inquisizione
non tarda ad agire, costringendo con la minaccia di
morte Galilei ad abiurare.
Film di grande impatto ideologico, fermo e sicuro nella stesura del proprio teorema, “ Galileo”, al contrario
entusiasmo per la nuova
scoperta non dura a lungo,
poiché lo scienziato viene
presto sospettato dalla Santa Inquisizione di eresia, in
seguito alla diffusione delle
sue ipotesi non ortodosse,
attraverso le sue lezioni
universitarie e la pubblicazione dell’ opera “ Dialogo
dell’ omonimo romanzo di
Bertolt Brecht, il quale mette in evidenza le responsabilità che uno scienziato ha
nei confronti dell’umanità,
pone un’ attenzione piuttosto meditata sulla funzione
della Chiesa. Viene sottolineata la sua posizione conservatrice ed intransigente
attraverso l’orgoglio del
Papa ( Urbano VIII) , il
quale rifiuta di appoggiare l’amico Galileo e le sue
valide teorie, ponendosi
a diesa della legittimizzazione del proprio potere.
Questa scelta del regista
la si può notare grazie alle
precise e frequenti inquadrature effettuate dal basso verso l’alto che vengono proposte nelle scene
in cui appare il pontefice.
Un altro esempio lo ritroviamo durante la scena
dell’abiura, in cui, mentre
Galileo ritratta le sue convinzioni inginocchiato al
centro del tribunale, vicino al posto in cui siede il
Papa con i suoi seguaci,
gironzola liberamente
una scimmia. Questa immagine apparentemente
illogica, vuole invece far
intendere la mancanza di
razionalità che la Chiesa
cattolica, con la sua politica di oppressione , stava
dimostrando in quel momento.
Il film, dunque, rispecchia
l’ aspro conflitto seicentesco tra fede e ragione
( motore della rivoluzione
scientifica) e la volontà di
un uomo di scienza di far
conoscere al mondo la
verità e allentare il controllo assoluto che il potere religioso deteneva,
poiché come afferma lo
stesso Galilei: “ La Bibbia
ci insegna come andare in
cielo e non come vanno i
cieli “.
Giada Colori IV A
FLYING BACH: DIETRO IL PALCOSCENICO
Per la prima volta in italia
la musica classica incontra la breakdance!
Il Red Bull Flying Bach si
appresta a girare il mondo
con il suo spettacolo: i berlinesi Flying Steps, ballerini
quattro volte campioni del
mondo di breakdance, insieme al direttore d’ Orchestra
Christoph Hagel, hanno
dimostrato che la breakdance e la
musica
del celebre compositore
tedesco
Johann
Sebastian
B a c h
po sson o
f on der si
perfettamente. La
performance,
unica nel
suo genere,
dà
nuova vita al “WellTemperedClavier” di Bach,
miscelando la musica
“colta” alla cultura giovanile. Nota dopo nota. Passo
dopo passo.
Protagonisti dello
show, in una trama di 70
minuti, sono un pianoforte
e un clavicembalo, beat
elettronici e i passi acrobati-
ci della breakdance, mentre
sullo sfondo scorrono immagini audiovisive. Il fondatore e mente creativa della
crew è Vartan Bassil che ha
portato i Flying Steps ad
aggiudicarsi 4 titoli mondiali
di breakdance (due per
“Battle Of The Year”, due
per “Red Bull Beat Battle”).
Il suo marchio di fabbrica è
la combinazione di foo-
realtà!
La tua preparazione prima
dello show: Ripasso lo
spettacolo nella mia testa e
immagino quanto ci divertiremo. Inoltre faccio un po’
di
stretching.
I tuoi rituali: Prima di uno
show importante, ci mettiamo sempre in cerchio e ci
auguriamo l’un l’altro di
divertirci un sacco. Poi, arri-
twork e power moves. Come coreografo del “Red Bull
Flyng Bach” combina, con
un approccio unico, una
grande varietà di stili di
danza urbani. In questa
intervista ci espone il cambiamento che ha avuto con
questa nuova esperienza:
Per te, Red Bull Flying
Bach è: Un sogno diventato
va la frase più importante:
“Cos’è che dice Mikel?”, e
tutti noi urliamo: “LESCH!”
La musica che ascolti
mentre ti prepari: Ascolto
la musica del ”Red Bull
Flying Bach”, e durante il
riscaldamento ascolto breakbeat, musica funk, soul,
hip-hop e pop.
Il tuo rapporto con la mu-
sica classica prima del
“Red Bull Flying Bach”:
Sentivo la musica classica
solo marginalmente. Non
mi interessava molto, sebbene avessi sempre nutrito il
desiderio di esibirmi accompagnato dalla musica
classica. E dopo: Da quando
è iniziato il “Red Bull Flying
Bach” la ascolto molto più
dall’ interno. E ho iniziato a
raccogliere nuove
idee per
altri spettacoli con
la musica
classica.
Il progetto
“Redbull
Flying
Bach “ ci
ha dimostrato come
un
genere di
musica
scartato
dai giovani, come quella classica,
possa benissimo adattarsi ai
nuovi gusti della musica
contemporanea .
(l’intervista
da
ww.redbull.it)
Giovanni Buzzao III F
Stefano Mingo III F
50 SOTTOMARINI GIALLI
Londra 1962, 4 giovani ragazzi di nome Paul, George,
John e Ringo vengono respinti dallo studio di registrazione “Decca” per un
provino andato male. Lì
dentro nessuno si sarebbe
Solo 8 anni sono bastati per
far sì che loro componessero le musiche più importanti del nostro secolo: Help,
Yellow Submarine, Don't let
me down e Let it be, sono
solo l'un percento dei capo-
mai aspettato che quattro
ragazzetti di Liverpool un
giorno avrebbero cambiato
il mondo con la loro musica.
Esattamente 50 anni fa usciva il primo 45 giri ufficiale
“Love Me Do” dei Beatles,
oggettivamente il più grande gruppo rock della storia.
Rivoluzionari e puri: nessuno aveva mai portato in
scena canzoni così musicali
e alternative tanto da cambiare radicalmente ogni
espressione artistica del
secolo.
lavori da loro scritti e, ancora oggi, non c'è uomo o
donna, vecchio o
giovane, bello o
brutto che non li
conosca .
La storia dei quattro “scarafaggi” è
fatta di oltre 200
canzoni racchiuse
in 13 album tutti
registrati nello
storico studio di
Abbey Road usando, da veri pionieri, tecniche di
registrazione
innovative e all'avanguardia.
È inutile ricordare la quantità di premi vinti dal gruppo:
tra dischi di platino,
grammy, e chi più ne ha più
ne metta, si è finito col perdere il conto.
Ma purtroppo questo magico viaggio finì lì dove era
iniziato, era il gelido mattino del 30 gennaio 1969
quando i Beatles,ormai divenuti 30enni barbuti, salirono sul tetto della Apple
Records senza avvertire nessuno, Jhon Lennon e George Harrison impugnarono le
loro chitarre, Paul McCarteny il suo basso, Ringo
Starr si sedette alla sua batteria e tutti insieme regalarono al mondo i 20 minuti
di concerto più famosi della
storia, quello fu il loro addio. Pochi giorni dopo uscì
il loro ultimissimo album
“Let it be” e lì, tutto finì.
Tutti e quattro intrapresero
carriere da solista, ma nessuno riscosse tanto successo. Tutti sappiamo cosa
accadde a John Lennon
davanti a quel maledetto
hotel nel 1980 e sappiamo
anche della fine di George
Harrison. Ma nonostante
tutto ciò, possiamo liberamente dire che i Beatles
rappresentano la storia di
tutto il secolo passato e di
sicuro non vi è più stato
gruppo così importante e
significativo fino ad oggi.
Adesso, possiamo ricordarli
solo con una delle loro citazioni più conosciute “Ora
siamo più popolari di Gesù,
ma non sappiamo cosa passerà prima, se il rock and
roll o il cristianesimo”.
Alessandro Piria IIIG
HACHIM MASTOUR: IL 14ENNE CHE HA INCANTATO IL CALCIO
Dalla Reggio Calcio al Milan ,passando per la Reggiana,la storia del baby fenomeno classe 98’ che sta sorprendendo molti addetti ai lavori.
L’attesa è finita,finalmente il
momento dell’esordio con
la maglia del Milan è arrivato: il quattordicenne bagna
la prima con una doppietta
e tanti spunti di classe, mostrando di meritare l’etichetta di predestinato che gli è
stata appiccicata addosso da
qualche anno.
Domenica 14 ottobre è sceso in campo con i Giovanissimi nazionali, ma per quello che si è visto la categoria
è troppo bassa e sarebbe
opportuno aggregarlo agli
allievi di Filippo Indaghi:in
90 minuti ha segnato 2 gol
aiutando i suoi compagni a
piegare i pari età dell’Albinoleffe con un rotondo 7-0.
Ma chi è Hachim Mastour?
Riavvolgiamo il nastro e
raccontiamo dall’inizio la
storia di questo baby fenomeno. Hachim nasce a Reggio Emilia da genitori marocchini, come si dice in
questi casi il pallone tra i
piedi ce l’ha ancora prima
di imparare a camminare.
Inizia a giocare a calcio con
la maglia dell’US Reggio
Calcio, scuola di calcio di
Reggio Emilia affiliata all’Inter.
La Reggiana lo nota e lo
blocca quando Bachi aveva
ancora 8 anni.
Non potendolo tesserare,
vista l’età, viene lasciato alla
sua società di origine.
Solo nel 2008, poi, Mastour
si trasferisce alla Reggiana,
dove parte dalla categoria
Esordienti.
Hachim affronta tutte le
categorie sotto età, giocan-
do contro avversari di uno o
addirittura due anni superiori a lui, sui campi giovanili della Reggiana s’ intravedono osservatori dei principali club italiani ed europei.
L’eco della classe di Bachi
arriva fino in Inghilterra:lo
seguono il Manchester City
e le due regine spagnole:
Barcellona e Real Madrid.
L’esplosione arriva solo
nella scorsa
stagione,
nel campionato Giovanissimi
nazional i,
dove Mastour realizza 25 gol.
E incanta
davvero
tutti.
In
Italia
finisce sui
taccuini
della Juventus ma la
società che
punta in
maniera
più convinta su Mastour
è
l’Inter.
Bachi, sin da quando aveva
dodici anni, è monitorato
dai dirigenti delle giovanili
nerazzurre che lo convocano più volte ad Interpello.
Viste le regole che limitano i
trasferimenti degli under 14
fuori regione, l’idea è di
custodire Mastour fino al
compimento dei quattordici
anni d’età.
Per poi fargli firmare un
contratto.
L’ accordo con la Reggiana
sembra solido e Mastour,
seguito dall’agente Dario
Paolillo, è destinato a trasferirsi dalle parti di Interello.
A gennaio Hachim partecipa
con l’Inter al “Memorial
Roberto Ielasi” a Roma.
I nerazzurri dominano la
competizione e Mastour
realizza quattro gol in cinque partite, mettendo la sua
firma anche
in semifinale e finale.
Uno spettacolo. Così
però, mentre l’Inter
aspetta il
momento
giusto per
concludere
l’ operazione, s’inserisce il Milan,
per il quale
scende in
campo direttamente
Adriano
Galliani,
convinto da
Arrigo Sacchi,
che
mette sul piatto 500 mila
euro e spiazza la concorrenza: Hachim Mastour è del
Milan e il 2 luglio in via
Turati firma il suo primo
“contratto rossonero” in
presenza proprio dell’amministratore delegato vicario.
Così il ragazzino comincia
ad allenarsi, purtroppo però
il responso delle visite mediche non è positivo come
ci si aspetterebbe.
Il ragazzino non ottiene
l’idoneità medico sportiva e
lo stesso Milan fa sapere che
si tratta di una cosa risolvibile in un paio di mesi.
Vista la giovane età del giocatore non è possibile sapere di cosa si sia trattato,
problemi di privacy, sta di
fatto che davvero dopo due
mesi Mastour è finalmente
sceso in campo con la maglia del Milan e ha subito
dimostrato che i soldi investiti su di lui non sono stati
sprecati, il tutto sotto gli
occhi attenti di Indaghi che
a questo punto molto probabilmente lo vorrà con sé
negli Allievi.
Mastour è un fantasista dotato di caratteristiche tecniche non comuni per la sua
età, assolutamente imprendibile nell’uno contro uno,
fenomenale nello stretto ma
anche quando ha campo e
può esprimersi in velocità.
Forse eccede un po’ troppo
con i giochetti, un aspetto
che migliorerà crescendo,
quando di fronte si troverà
avversari più ostici.
Ma in fondo le immagini
valgono più delle parole e il
video della sua prestazione
dimostra in maniera chiarissima di cosa sia capace questo ragazzino.
Se sia o no un vero campione è ancora presto per dirlo
ma indubbiamente i numeri
e il tempo per diventare un
calciatore fuori dal comune
sono tutti dalla sua parte.
Federico Fumanti III G
I GABBIANI
Non vedo l’ora di andarmene da qui, perché per me
morire significa rinascere,
non sono come tutte le altre
persone che soffrono della
fobia di dover prima o poi
chiudere gli occhi e iniziare
qualcosa di completamente
nuovo. Sono stata una donna di strada e precisiamo,
non per scelta, non pensiate
che tutti i lavori vengano
scelti, soprattutto un lavoro
come il mio, se così si può
chiamare; io lo definirei
schifo, orrore, perché è
stato proprio concedere il
mio corpo che mi ha fatto
morire, mi ha rovinato la
vita, i miei sogni sono svaniti come fumo e ne è rimasta
solo la cenere. Oggi mi sono
svegliata e ho capito che,
arrivata all’età di 65 anni,
tutto sta per ricominciare e
ne sono veramente felice;
forse “lassù” potrò realizzare i miei progetti, potrò
sorridere, potrò finalmente
vivere! Dovrebbe essere
bellissimo sentirsi parte del
mondo… mi ricordo che
quando ero piccola i miei
genitori mi portavano sempre al mare e io desideravo
essere come i gabbiani che
volavano liberi nel cielo
terso; ogni volta che incontravano una nuvola sapevano superarla con una tale
leggerezza da suscitarmi una
grande serenità, così io con
l’ingenuità di una bambina
chiedevo a mia madre:”
mamma, ma potrò mai diventare un gabbiano?” e
lei:”certo amore, basta volerlo e si può fare tutto”…
Ecco, solo ora mi rendo
conto che la donna che amo
di più al mondo mi ha mentito, perché io ho cercato e
ho desiderato essere felice,
ho desiderato una vita vera,
però non ci sono mai riusci-
ta, tanto da arrivare, a soli
venti anni, a pensare al suicidio. Gli unici bei ricordi
risalgono appunto alla mia
infanzia, nonostante siano
molto sfocati; vorrei tanto
tornare indietro per non
ripetere niente di quello
che ho fatto. Sono stata
sempre una ragazza più
matura delle altre e capivo
lo scempio che mi circondava, invidiavo gli altri che
sorridevano alla vita, mentre
io la rifiutavo, pur sentendomi in colpa, perché sapevo
e so benissimo che essere al
mondo è il dono più bello
che Dio abbia mai dato a
perché purtroppo loro non
c’erano, sono morti quando
avevo solo dieci anni, quindi ho vissuto con mia zia
per nove anni, fino a quando lei non mi ha lasciato
nelle mani di due mafiosi in
cambio di un’ingente somma di denaro, se non ricordo male circa 500 mila lire
che a quel tempo volevano
dire una fortuna.. evidentemente non mi voleva bene ,
ero solo un peso inutile,
però, se ci fossero stati i
miei genitori, sarebbe stato
diverso, avrebbero continuato a portarmi al mare
per guardare i gabbiani, mi
noi uomini. Al liceo la mia
materia preferita era italiano, ancora ho in testa una
poesia di Pavese, l’avevo
imparata a memoria di mia
scelta, perché mi avevano
colpito due versi in cui mi
rispecchiavo pienamente:”i
tuoi occhi saranno una vana
parola, un grido taciuto in
silenzio”, io volevo urlare,
ero come una pentola a
pressione che non riusciva
ad esplodere, mi tenevo
tutto dentro con l’angoscia
nel cuore. Forse vi chiederete cosa ne pensassero i miei
genitori, anche io ancora
tante volte me lo domando,
avrebbero reso felice. Chiedo scusa se racconto tutto
in modo frammentario, ma i
ricordi fanno male, ogni
volta che esco di casa ho
paura che qualcuno per
strada possa abusare di me
come è accaduto per venti
anni, anche se ora sono
vecchia e brutta, perché
tutto il dolore e la vergogna
che ho provato mi hanno
tolto tutto: la bellezza, l’allegria, la vita. Mi sovviene
spesso l’immagine di persone che mi incontravano:
spalancavano gli occhi, mi
indicavano senza pudore e
poi confabulavano tra loro,
si giravano e sghignazzavano. Come biasimarli? Si
capiva lontano da un miglio
che ero una prostituta, dai
vestiti, dal trucco, dall’atteggiamento che dovevo, e
sottolineo, dovevo tenere.
La cosa che mi sconvolge
ancora di più è il fatto che
all’inizio ero quasi fiera di
essere sempre al centro
dell’attenzione, di essere
voluta da tutti gli uomini,
che mi riempivano di complimenti con la loro voce
eccitata, ma dopo pochi
mesi di questa “vita” ho
iniziato a capire che non era
ciò che volevo, che stavo
andando incontro alla morte. Ed infatti avevo ragione:
basta guardare adesso come
mi sono ridotta, priva di
autostima, con una voglia
pazza di fuggire invece di
rimanere così, morta dentro. A venticique anni sono
rimasta incinta di un giovane uomo con cui sono stata
solo una notte, ma mi hanno fatto abortire forzatamente, mi dicevano:”il tuo
corpo deve essere perfetto!”. In questo modo ho
perso per sempre anche mia
figlia, avrei tanto desiderato
diventare mamma.. sono
sempre stata trattata come
un oggetto e mai come una
persona con un cuore e
un’anima, sfruttamenti su
sfruttamenti, arrivando anche ad avere timore del solo
contatto umano. La vita è
bella solo se vissuta bene, io
non l’ho mai vissuta e non
mi resta che aspettare la
morte per poter finalmente
rinascere e vivere davvero,
perché qui sulla Terra, imprigionata in un corpo violentato, sono sempre stata
nell’Inferno.
Daniel Taccucci V E
DUE MINUTI SOTTO ZERO
Una serie di freddure da mettere i brividi!
“Ieri mi sono scontrato con un edicola, sono finito su
tutti i giornali.”
“è morto un lattaio, è stato parzialmente cremato.”
“Non si giudica un libro dalla copertina, ma tu sei
stato rilegato proprio male.”
Tra matematici:
S:”Uffa, non mi dai mai retta!”
D:”Ma se ti ho dato tre segmenti ieri, accontentati!”
Thanks
To:
Così si conclude il primo numero de “La Siringa” e i ringraziamenti da fare sono numerosi.
Cominciamo con un saluto agli ex membri, che
tutt’ora danno un forte contributo alla redazione grazie alla loro esperienza. Tante sono le
nuove leve… l’impegno finora dimostrato è stato notevole nonostante siamo solo al primo numero. Grazie a Emanuele, Laura, Raoul, Alessia,
Giada, Giulia, Alessandro, Giovanni, Stefano,
Federico, Daniel, Francesco , Samuele, Aurora e
al piccolo Guido. Non ci dimentichiamo dei più
vecchi: Giulio, Alessandra e della nostra
“fantastica” impaginatrice Claudia. Un saluto anche a voi lettori dai vostri caporedattori Carmen
e Marco.
Carmen IV F