La Siringa 24 - novembre 2012 - Liceo Scientifico Galeazzo Alessi
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La Siringa 24 - novembre 2012 - Liceo Scientifico Galeazzo Alessi
Mb!opuj{jb!qvohfouf"! Mb!opuj{jb!qvohfouf"! Numero 24; novembre 2012 Giornalino degli studenti del Liceo scientifico “Galeazzo Alessi” PG “La filosofia si occupa solo della verità, ma spesso dice fantasie. La letteratura si occupa solo di fantasie, ma spesso dice la verità.” A.Tabucchi Sostiene Pereira Editoriale Ben tornato popolo della Siringa! Come va? Inizia così un nuovo anno scolastico e la Siringa è pronta a riprendere la sua attività. Tra new entry e non, i caporedattori confidano in una grande partecipazione da parte di tutti. In passato il lavoro è stato notevole e il nostro obiettivo è quello di portare avanti questo impegno come l’anno scorso… se non meglio. Come ripetiamo tutti gli anni, l’attività della siringa è aperta a scambi di idee ed opinioni e potete farne parte tutti, basta mandare l’articolo al nostro sito. Ah dimenticavamo, quest’anno ci troverete anche su Perugia Notizie! Speriamo di fare un buon lavoro, che coinvolga tutti e vi auguriamo un buon primo trimestre !!! Buona lettura! Carmen IV F Marco V L SEDE UNICA:UNA SPERANZA ANCORA VIVA “PORTERO’ 11 MILA FIRME IN PROVINCIA” FELIX: L’UOMO PIÙ VELOCE DEL SUONO Se a qualcuno cinque anni possono sembrare pochi, di certo non lo sono per noi, studenti del liceo più grande dell’Umbria che, già da tempo, chiedono a gran voce una sede unica, appropriata, decorosa, nonché funzionale; infatti, già a partire dal 2007, alcune classi che non trovavano posto in via Ruggero d’Andreotto, erano ospitate in aule dell’ex istituto Capitini, e 2 anni dopo venivano trasferite presso la sede succursale di Elce.. Dalla documentazione si può vedere che in seguito alle nostre lamentele, la Provincia ha dotato la nostra scuola di nuove finestre e condizionatori, che non risolvono e a volte peggiorano il disagio degli studenti. Possiamo desumere che nessuno ha intenzione di darci una nuova sede. Perché allora continuiamo questa battaglia? Esordisco con questa frase: “ogni battaglia non è vinta finchè non è finita”.. NEW MESSICO 15 Ottobre – “ Quando sei lì in piedi in cima al mondo, diventi così umile che non pensi più a battere i record o ad ottenere dati scientifici. L’ unica cosa che vuoi è tornare vivo”. Queste sono le parole cariche di gioia pronunciate , dall’ austriaco paracadutista Felix Baumgartner, dopo essere entrato nella leggenda come primo uomo ad aver abbattuto il muro del suono.. Continua a pag. 5 Continua a pag. 6 Continua a pag. 13 BAMBINI: UN’ARMA IN MANO AI GENITORI? Era una comune mattina di ottobre, tutto andava per il meglio: la mamma che accompagna il figlio a scuola e che tranquillamente se ne va al lavoro quando, d’improvviso, quella che si pensava fosse solo una notizia passata di avvocato in avvocato, si è trasformata in spietata realtà. Pochi istanti e un piccolo bambino di dieci anni viene strappato dalla propria vita, dalla pro- prende in affidamento? Il papà o la mamma? Sceglie il giudice … giustissimo, perché la felicità di un bambino la decide un giudice, un avvocato o un assistente sociale… ma stiamo scherzando? E dopo l’affidamento iniziano i veri problemi … il figlio tenuto dalla madre perde il rapporto con il padre, o viceversa. I genitori non si sopportano, ripicche su ripicche, la madre istiga il macchina! Queste sono situazioni dove l’ opinione di un bambino può cambiare tutto. Basterebbe solo prestargli ascolto e prenderne atto: così come gli viene insegnato a scuola dove, una semplice alzata del ditino gli permette di parlare, di poter esprimere il proprio volere; e così mettere la parola fine a una sentenza, chiusa da un giudice emotivamente estraneo mantenimento, per i padri che possono vedere i figli regolarmente, ma sicuramente non lo è per i bambini. L’allontanamento dalla figura materna o paterna, per un bambino, è un trauma psicologico che si protrarrà negli anni e, proprio per questo motivo, i genitori hanno il “dovere” di preservare il benessere del proprio figlio. Il diritto di vivere la propria età con spensiera- pria normalità. Grida e pianti di un bambino, grida di dolore della zia che assisteva alla scena senza avere la possibilità di poter aiutare quello che è stato trasformato in un sacco di iuta, trascinato a terra. Tutto parte da un matrimonio che non funziona, litigi su litigi, fino ad arrivare ad un punto d’accordo: il divorzio. Niente di più semplice per quanto riguarda il rapporto tra i genitori… ma ai figli chi ci pensa? Ovviamente nessuno… o per lo meno nessuno pensa a quel-lo che il proprio figlio vuole. Chi lo figlio contro il padre e, forse, lui le dà ascolto. Allora ecco che, piano piano, si arriva a un punto ormai non più sopportabile: il padre si attacca a tutto per poter riacquistare il rapporto padre-figlio, ormai svanito negli anni. Adesso, giunto all’esasperazione, esplode: ecco la rivincita! Rivincita che, però, si traduce in un ulteriore danno per il figlio. Davanti alla scuola una scena atroce, un bambino che viene portato via a strascico dal padre e dagli agenti delle forze dell’ordine che aiutano a scaraventando in ai fatti. Ed ecco che il bambino diventa un piccolo leone, si difende in una sorta di giungla, troppo grande e pericolosa per lui. Una giungla piena di tranelli, doppie vie, finte vittorie, che lo conducono in un posto sconosciuto, estraneo proprio come una casa famiglia. Un bene non dato da nessuno dei due genitori, che hanno fatto del figlio uno scudo, un ricatto per raggiungere i propri interessi. La giustizia non è uguale per tutti, e questa ne è la certezza… è uguale per le mamme che prendono il tezza presuppone il non essere coinvolti in problemi che riguardano gli adulti e basta. L’episodio accaduto deve essere un insegnamento per tutti i genitori che stanno affrontando una separazione; non bisogna usare i propri figli come scudo per raggiungere i propri “maledetti” interessi. I bambini vanno ascoltati, amati e soprattutto RISPETTATI. Carmen Paciotti IV F CINGUETTANDO ALLEGRAMENTE <<just setting on my twttr>> Quello sopra riportato non è un errore di battitura, bensì un “pezzo d’epoca”. Risale al 21 marzo 2006 quando Jack Dorsey, alle ore 12:50, pubblicò il sopracitato tweet (breve messaggio composto da un massimo di 140 caratteri) che diede il via a uno dei più grandi programmi di social network in voga sulla piattaforma di internet: Twitter. Quel “twttr” è nient’altro che il nome iniziale che si diede al progetto durante lo sviluppo del programma, nome ispirato ai 5 caratteri di lunghezza dei numeri brevi per l'invio degli SMS negli USA. Infatti Twitter (da to tweet: cinguettare) nacque dall’idea di permettere la comunicazione tra un ristretto numero di persone attraverso gli SMS. Questa ovviamente fu la prima idea alla base di Twitter. Dal 2007, durante il South from Southwest festival, avvenne la rivoluzione. Il numero di tweet pubblicati nei giorni della rassegna triplicò e l’utilizzo del programma andò crescendo nei mesi a venire. La semplicità alla base della struttura del social network ne rende l’utilizzo molto intuitivo. Tutto ruota attorno al conc e t t o d e i “followers” (seguaci). Nel momento in cui si segue una persona, i tweet di questa appaiono nella schermata principale in ordine cronologico inverso. Da qui si può scegliere se far apparire un certo tweet sul proprio profilo (Retweet), metterlo fra i “Preferiti” o semplicemente rispondere all’utente che ha pubblicato il messaggio. Ma Twitter non si limita solo a dare la possibilità di poter comunicare con gente proveniente da ogni angolo della Terra (nel mondo sono circa 29 milioni gli utenti), infatti sul proprio profilo (personalizzabile con nome, titolo, sfondo e numerose altre applicazioni) si possono pubblicare foto e immagini di qualunque genere, tenute in ordine di divulgazione a lato della pagina. “Un network di informazioni” così si autodefinisce lo stesso Twitter, e non ci sono parole più giuste. D’altronde, fu proprio un Tweet quello che, il 22 gennaio 2010, l’astronauta Timothy Creamer inviò dalla Stazione Spaziale Internazionale in orbita intorno alla terra e il suo esempio fu seguito da numerosi altri astronauti che diedero notizie della loro vita in orbita tramite un account comune: @NASA_Astronauts. Alla fine di questa descrizione tecnica ci si può porre una domanda legittima: Facebook o Twitter? Forse non si dovrebbe parlare di aut aut, ma di due forme di comunicazione simili con differenze strutturali. Questi due network sembrano entrambi trarre la loro origine da tecniche artistiche come la “scrittura creativa” e ancora più indietro il “cadavre exquisi ”dei Surrealisti, dove si partiva da un argomento e ognuno aggiungeva idee ed emozioni proprie. Alla fine l’argo- mento iniziale poteva essere completamente trasformato. Però, mentre Twitter dà un’idea di un materiale più informe, che assume un’identità a mano a mano che viene plasmato e quindi è il gruppo che crea la forma l’identità del messaggio, Facebook ha una struttura più rigida con delle forme ben definite e scarsamente malleabili in cui prevalgono i singoli profili e in cui l’identità del nuovo gruppo risulta meno evidente. Si può concludere quindi dicendo che Facebook appare più strutturato a livello di identità dei singoli individui e perciò i prodotti finali sono più asettici, mentre Twitter appare più semplice ma può dare dei prodotti più complessi e nei quali più persone possono rispecchiarsi. Alessandra Cenci II H LA FACCIAMO VINCERE, CON LA NOSTRA OMERTA’ Giovedì 27 Settembre 2012 l’associazione “Libera Umbria” ha tenuto una conferenza riguardo il rapporto tra giornalismo e Mafia: il giornalista è libero di scrivere ciò che preferisce riguardo la Mafia? È libero di scrivere la verità? La risposta che ci è stata data non è né una negazione né un’affermazione: solitamente non si ricevono minacce dirette, ma chi non vuole che la verità esca alla fine ci riesce per vie traverse. Inoltre bisogna distinguere la libertà di stampa in giornali locali e in testate nazionali. Nel giornalismo locale c’è meno libertà di scrivere la verità riguardo la criminalità organizzata, specialmente dove è presente. C’è invece più libertà di stampa nelle testate nazionali. Nonostante questo i giornalisti percepiscono che rispetto agli anni ’80-’90, ora è molto più difficile “raccontare la Mafia”. Questa è una difficoltà che riscontrano un po’ tutti i giornalisti. Ora la criminalità organizzata in alcune città e regioni è al potere, da quando si è istituzionalizzata è cambiato anche il modo di fare giornalismo. È diventato quasi impossibile fare un’inchiesta sul crimine organizzato, perché bisognerebbe farla sulla sua economia: la sua attività si basa sullo spostamento di enormi somme di denaro, accumulato con lo spaccio degli anni ’80. Non si parla più tanto di spargimento di sangue, quanto di soldi, ingenti quantità di soldi. Un’altra cosa che è cambiata della Mafia è che 25 anni fa i criminali rimanevano per la maggior parte fedeli all’organizzazione. Oggi dicono che “la Mafia fa schifo”, la insultano e condannano per farsi alleggerire la pena, o per creare una faccia ciata rispettabile. Un’altra domanda interessante:”che differenza c’è tra criminalità comune e criminalità mafiosa?” Non è che ci sia differenza tra queste due, sono proprio due con- degli avvenimenti. Non cercano più le VERE informazioni, ma si accontentano di quelle che gli vengono fornite. E i giovani non si rendono davvero conto di cosa sia la cetti opposti! Quella comune è vissuta ai margini della società ed è sempre stata combattuta dal potere, quella mafiosa, invece, è vissuta e vive al’interno della società ed è aiutata dal potere. Non c’è posto in Italia dove non ci sia la mafia. È arrivata persino al Nord. I relatori dicono “a Milano fanno finta di non sapere che i loro soldi sono sporchi e credono ancora che Palermo sia la capitale della Mafia!”. Tutti in Italia fanno finta di non vedere, né sapere, né sentire nulla. I giornalisti ci hanno rinunciato, la maggior parte di loro sta al gioco. Non scrivono articoli ma descrizioni Mafia perché ne sentono parlare, ma da chi? Dai quotidiani, dai telegiornali.. dalle fiction che non sempre sono vere, anche se a volte lo sono più delle notizie scritte. I giovani non hanno la possibilità di capire la mafia in tutta la sua entità perché non la vivono, né riescono a comprenderla attraverso le parole di chi invece l’ha vissuta. Dopo tutti questi anni c’è ancora mancanza di informazione sulla Mafia. Senza conoscere qualcosa non la si può combattere, ma allora come potranno in futuro i giovani di oggi combatterla? La stiamo facendo vincere, con la nostra omertà. Claudia Gasperini IV F SEDE UNICA: UNA SPERANZA ANCORA VIVA Da 5 anni maturiamo la convinzione che ogni promessa diventi realtà. Se a qualcuno cinque anni possono sembrare pochi,di certo non lo sono per noi, studenti del liceo più grande dell’Umbria che, già da tempo, chiedono a gran voce una sede unica, appropriata, decorosa,n onché funzionale; infatti, già a partire dal 2007, alcune classi che non trovavano posto in via Ruggero d’Andreotto, erano ospitate in aule dell’ex istituto Capitini, e 2 anni dopo venivano trasferite presso la sede succursale di Elce, tutt’ora adibita a tale scopo. Problema risolto per la provincia, ma non per noi, visto che gli studenti del biennio vivono in una condizione né confortante, né tanto meno adeguata: mancano gli spazi per i laboratori di fisica, scienze e informatica, assolutamente necessari per un liceo che deve rispondere alle nuove esigenze della riforma scolastica. Inoltre, il disagio si estende anche al normale svolgimento delle lezioni di educazione fisica, per le quali i ragazzi sono costretti a spostarsi con mezzi pubblici per raggiungere la palestra. Non solo gli studenti, ma anche gli insegnanti sono costretti a spostarsi durante le ore di lezione da una sede all’altra; e questo, oltre ad essere una perdita di tempo prezioso, è anche spreco di denaro. Il rapporto che si va a creare tra studenti del biennio e quelli del triennio è ostacolato dal distaccamento delle 2 sedi: si perde il confronto, perchè i ragazzi sono costretti a rapportarsi solo con studenti coetanei. Tra poco sarà inverno: brrr… che freddo! Ragazzi costretti ad assistere alle lezioni bardati di piumuni e sciarpe;in compenso d’estate le aule diventano veri e propri forni crematori. Nella nostra sede centrale abbiamo tetti non coibentati e mura che cadono a pezzi per l’umidità, di ottobre) e in primo piano invece, già scarsamente areato, sono state in-stallate finestre che non rispettano le norme di sicurezza. Siamo una scuola che ospita quasi 1500 persone tra studenti, professori, tecnici e collaboratori ATA, una scuola a cui i genitori affidano per non parlare delle palestre, che in inverno si allagano regolarmente e che per tutto l’anno sono dei freezer, con temperature che oscillano tra i 12 e i 18 gradi. Anche a questo proposito in terzo piano, abbiamo trovato, quest’anno, un soffitto fatto di cartongesso e condizionatori, mal funzionanti (attivati nel mese l’educazione dei propri figli e che da ben 7 anni si afferma tra i primi posti, sul piano nazionale e regionale, in abito scientifico, sportivo e umanistico. Inoltre, a dispetto dalla fatiscenza della struttura scolastica, i ragazzi riescono ad impegnarsi ogni giorno in numerose attività pomeridiane, conseguendo, nel loro piccolo, ottimi ri- sultati sotto gli occhi di tutti. La volontà non ci manca e l’impegno non viene meno, ma la sede non ci dà la possibilità di esprimere le nostre potenzialità al meglio. Cosa ci possiamo aspettare? Come già detto e ripetuto questa estenuante e deleteria attesa non porta altro che disagi. Nel 2009 ci è stata assicurata, dalla Presidenza dell’ Amministrazione Provinciale,la costruzione di un nuovo complesso scolastico nel territorio di Pian di Massiano; solo un anno dopo la provincia ha ristretto il suo piano progettuale facendo riferimento ad un’ipotesi che prevede la realizzazione di un ampliamento della sede di Via Ruggero d’Andreotto; soluzione che, però, comporta diversi svantaggi, non solo economici ma anche pratici, dal momento che i lavori intralcerebbero il regolare svolgimento dell’attività didattica. Vogliamo una sede unica, adatta alle nostre esigenze e rifiutiamo quindi l’idea di una doppia sede o di un ampliamento di quella attualmente in nostro possesso. Chiediamo una giusta ricollocazione delle scuole di Perugia in funzione dei criteri più equi e razionali, per poter rispondere al meglio alle esigenze formative di tutti. Quella che per adesso è una speranza, speriamo diventi concretezza! Carmen Paciotti IV F Emanuele Polidori V H “PORTERO’ 11 MILA FIRME IN PROVINCIA” “Il Preside del Liceo Alessi, professore Alberto Stella, ha promosso una raccolta di firme per chiedere all’Amministrazione Provinciale una nuova sede per la nostra scuola” E’ da diverso tempo che il Liceo Scientifico Galeazzo Alessi richiede una sistemazione più consona di quella attuale: questa esigenza è nata dall’elevato numero di studenti e dalla mancanza di strutture adeguate, come laboratori e palestre, richieste dal nuovo ordinamento scolastico. Nel corso degli anni le richieste del Liceo hanno ottenuto scarsa attenzione e scarsi risultati. La scuola ha così promosso una raccolta di firme, che ha avuto un grande successo, allo scopo di sostenere la richiesta di una sede unica, adeguata e subito disponibile per il nostro Liceo. La Redazione de “La siringa” ha intervistato il Preside del liceo, Alberto Stella, che nei prossimi giorni consegnerà le firme raccolte alla Provincia. Da chi è partita l’idea e a che punto siamo con la raccolta di firme? Questa proposta è nata dalla concordanza tra docenti, studenti e genitori. Lo scopo di quest’iniziativa non è di pubblicizzare la scuola, ma di riuscire a far capire il nostro effettivo bisogno. Abbiamo sensibilizzato la cittadinanza perché la Provincia non ha mantenuto né la promessa di costruire una nuova sede né quella di ampliare di 25 spazi quella attuale.. Le firme attualmente raccolte sono 11672, delle quali 10424 raccolte fino a giugno e le restanti 1248 fino ad ottobre. Perché la raccolta di firme è stata prolungata fino all’inizio di quest’anno? Questo perché abbiamo dato la possibilità anche alle classi prime di esprimere la loro opinione e dare il loro contributo al miglioramento della qualità della vita di questa scuola. Dalla documentazione si può vedere che, in seguito alle nostre lamentele, la Provincia ha dotato la nostra scuola di nuove finestre e condizionatori, che non risolvono e a volte peggiorano il disagio degli studenti. Possiamo desumere che nessuno ha intenzione di darci una nuova sede. Perché allora continuiamo questa battaglia? Esordisco con questa frase: “ogni battaglia non è vinta finchè non è finita”. La Provincia ha agito senza il parere della scuola, secondo propri progetti di intervento, ma il degrado è purtroppo strutturale. Non possiamo continuare a lungo a fare scuola con due sedi: insistiamo su questo punto anche perché professori, dirigenza, tecnici e segreteria devono dividersi continuamente tra centrale e succursale e questo implica una perdita di tempo nei cambi dell’ora, un disagio per i docenti e per gli studenti e numerose complicazioni di gestione. Nel sito della scuola sarà aperta una sezione, “dossier edilizia”, nella quale saranno pubblicate tutte le informazioni inerenti a questa vicenda, come la corrispondenza epistolare con la Provincia. Tra pochi giorni il preside andrà a chiedere in provincia per l’ennesima volta una soluzione definitiva al problema della collocazione della nostra scuola: non da solo, ma forte del sostegno espresso nelle oltre 11 mila firme raccolte. Ci auguriamo di essere presi in considerazione. Ringraziamo tutti coloro che hanno contribuito a questa iniziativa. In bocca al lupo, Alessi! Marco Angelici V L Claudia Gasperini IV F HEY TU! TI RICORDI I PRIMI GIORNI DI SCUOLA? Vi ricordate i primi giorni di scuola del primo superiore? Si, quelli dove vi sedevate nel grigio di quel banco cercando di spiccicare una parola con il vostro compagno di banco senza però mai riuscirci a causa della timidezza, quando la Prof. faceva domande e nessuno rispondeva? Per scoprire un po’ come vanno le cose tra le prime di quest’anno siamo andati ad intervistare a campione ragazzi per entrambi i sessi rivolgendo loro 5 semplici domande riguardanti la scelta della scuola, eventuali aspetti positivi e negativi e come vivevano i primi giorni di scuola. Purtroppo tutti gli intervistati sono voluti restare, come loro lecito, anonimi. Ma, bando alle ciance, iniziamo a scoprire il meraviglioso mondo delle prime. La prima domanda che è forse quella più importante riguardava il motivo della scelta di questo fantastico liceo: quello che ne è emerso sono risposte pressoché uguali, tutti infatti affermano che hanno effettuato questa scelta perché amano le materie scientifiche e considerano questo liceo come il più adatto per la loro formazione e per la preparazione all’università, e tutti, chi più chi meno, sono rimasti soddisfatti. Più vari, invece, sono gli aspetti che non piacciono della scuola: le risposte più frequenti sono la pulizia delle aule, la mancanza di materiale, sia scolastico che per la cura della persona (ad esempio sapone e carta igienica nei bagni), l’assenza di una “vera” palestra, di laboratori degni di questo nome e di una sede unica. Se da un lato registriamo tutti questi aspetti negativi, dall’altro lato della medaglia ai nostri ragazzi piace l’uscita alle 12.10 diversi giorni alla settimana, l’organizzazione di un sito aggiornato e all’avanguardia sul quale si può sempre contare e la piacevole presenza del bar, assente nelle scuole medie, che rappresenta, in un certo senso un ulteriore passo di indipendenza nei confronti delle famiglie. Un’altra domanda che ha prodotto risultati interessanti è stata quella riguardante le nuove materie quali Fisica, Chimica e Latino. Qui abbiamo una distinzione abbastanza netta tra maschi e femmine: i primi, nella quasi totalità hanno incontrato già le prime difficoltà in Latino, mentre per le seconde è stato più difficile iniziare a studiare Fisica e Chimica. Tutte queste materie, sono state, però, giudicate da tutti molto interessanti, soprattutto la Fisica e la Chimica. Prima di congedare ognuno di questi fortunati candidati ho posto loro un’ ultima grande domanda riguardante eventuali problemi di ambientazione e/o di rapporti con compagni e insegnanti e devo dire che me li aspettavo meno sinceri ;D. C’è chi ha risposto che sta facendo amicizia, chi invece con i nuovi compagni non si trova affatto bene e invece si è trovato a suo agio con gli insegnanti, chi non ha legato con nessuno ma porta rispetto per tutti e chi, infine, soprattutto le femmine più carine, ha già una marea di amici e capirete anche perché :D. Guido Bircolotti I F MARCHIO DI PRODUZIONE: LICEO ALESSI Tra venti o trenta anni cosa ricorderemo di questi cinque anni passati tra le mura del liceo? Quando saremo arrivati “nel mezzo del cammin di nostra vita” ci ricorderemo solo opacamente di tutto il tempo speso in questo luogo sconosciuto chiamato scuola o saremo fieri, anche a distanza di anni, di essere stati degli studenti del Liceo scientifico Galeazzo Alessi? Probabilmente tutte le ore, i giorni e gli anni lasciati in questa comunità saranno fruttati a tal punto da farci considerare ancora parte integrante dell’Alessi. Questa è una palestra di vita nella quale si entra ragazzini e si esce adulti e dove si impara soprattutto cosa significa rapportarsi con altri esseri umani. Il trucco per migliorare questa vita all’interno dell’istituto sta nell’andare a ricercare nell’albo del passato espedienti e modi di fare di un periodo migliore o forse di un periodo in cui chi andava all’Alessi amava il proprio liceo. Questi individui del passato corrispondono ai nostri predecessori, coloro che hanno frequentato l’Alessi nell’omonima via. La prima e forse più rilevante differenza sta nel fatto che, grazie al non troppo elevato numero di studenti, la scuola era percepita come una realtà più umana, nella quale parlare, esprimersi e allo stesso tempo fare “amicizia” con i diversi ruoli della scuola risultava un processo più facile e fruttuoso. Il dialogo tra le varie parti era più concreto, ma allo stesso tempo cordiale anche grazie ad un maggiore controllo ed una diffusa responsabilità. Inoltre il diverso rapporto con l‘edificio ha contribuito a formare l’identità dello studente del liceo. Nella scuola in via Alessi, l’educazione fisica si svolgeva all’esterno, nel cortile interno alla scuola. Le competizioni sportive, tra gli studenti dell’istituto e tra quelli di diversi contesti sociali, erano perciò occasione di fervente tifoseria “W Alessi e abbasso tutti gli altri”.Anche i nostri “avi” scolari hanno lasciato sudore e lacrime di sangue sopra i libri. A questo proposito, per alleviare le fatiche della conoscenza, hanno deciso di utilizzare anche il classico latino come mezzo di ilarità. Infatti ci sono stati alunni che, all’uscita dai corsi curricolari, salendo stremati per la via perugina, recitavano da una parte all’altra della strada frasi di autori quali Sallustio, Cicerone o Cesare, pur non sapendo neanche lontanamente il loro significato. Così, partecipando responsabilmente, ma anche gioiosamente alla comunità scolastica, gli alunni hanno elaborato una ferrea identità del liceo che anche a distanza di anni permette loro di indossare fieramente la t-shirt: “made in Alessi”. Laura Pascucci III C 500 ANNI: E’ ANCORA VIVO TRA NOI A 500 anni dalla sua nascita, ancora vive il ricordo di Galeazzo Alessi. Nato a Perugia nel 1512, apparteneva all’aristocrazia dell’epoca. Nel 1536 , al seguito del Cardinale di Rimini, Ascanio Parisani, di cui era “cameriero”, cioè segretario personale, conobbe Roma. Qui entrò in contatto con la famiglia dei Sangallo, famiglia di architetti e ingegneri militari. L’ architetto perugino si inserisce armonicamente nel clima rinascimentale, con una progettazione essenziale e razionale, sulla base di numeri interi, e di proporzioni naturali. La sua formazione teorica lo porta a concepire l’architettura in termini matematici e non empirici: egli non nasce “scalpellino”, ma è un nobile perugino che studia proporzioni vitruviane. Si riconosce in quello che fa ed è uno dei primi professionisti. Secondo Alessi il disegno è cruciale. Attraverso i disegni infatti poteva inviare i progetti all’esecutore, che operava direttamente senza la sua supervisione. Alessi inizia il suo primo periodo d’intensiva attività in patria, impegnandosi nella realizza- zione della parte civile della Rocca Paolina, che avrà il suo termine nel periodo che va dal 1545 al 1548. Altre importanti opere umbre sono: il loggiato del Palazzo dei Priori, la chiesa di S. metricamente. Il fornice centrale è calibrato con dettagli aurei.. “Con proporzioni et misure, […] con tutto l’ordine, è decoro e d’architettura che si conviene”. Alessi prende tutti i Angelo della Pace e la sistemazione urbanistica di via Mazzini (ex via Nuova). Anche il Belvedere di Porta Sole è tutto progettato geo- rapporti e li segue, allo stesso tempo però porta innovazioni al canone: tutto ciò che è costruito è prima misurato. Dimostra di cono- scere gli ordini e contemporaneamente li modifica, li rende più complessi: molte delle sue opere sono un incontro di diversi stili. Il nostro Liceo, intitolato all'illustre architetto, si è attivato affinché gli studenti possano conoscere, almeno in parte, l'opera di questo protagonista dell'Arte del Cinquecento. Dopo la visita del 13 settembre, delle classi prime , ai luoghi perugini del grande architetto, lunedì 8 ottobre, alcune delle classi quarte hanno potuto visitare la mostra “Galeazzo Alessi e l’Umbria: dal rilievo delle opere alla ricerca delle geometrie compositive" , presso S.Maria del Popolo. La visita è stata guidata dalla Dott.ssa Paola Mercurelli Salari della Direzione Regionale dei Beni Culturali e Paesaggistici e dall'Ing. Luca Martini, curatore della mostra. Galeazzo Alessi ha lasciato, quindi, un segno indelebile nella storia dell’ architettura Rinascimentale, e noi come scuola siamo onorati di portare il suo nome. Carmen Paciotti IV F CARA PROF... È vero, il rapporto tra alunni e insegnanti non è sempre perfetto: ci saranno sempre alti e bassi, ma quello che rimane alla fine dell’anno, quello che ci portiamo dentro il cuore è al di sopra di qualsiasi tipo di incomprensione. Questa lettera è un chiaro esempio di quello che un insegnante può lasciare ai propri ragazzi al termine di un anno scolastico, o in alcuni casi,anche qualcosa in più.. Cara professoressa, al termine di quest’anno scolastico ci viene in mente una frase della pubblicità dell’Amaro Montenegro: “sembrava impossibile, ma ce l’abbiamo fatta!”. In effetti è vero, chi più chi meno tutti quest’anno si sono impegnati, e anche (o forse soprattutto) grazie a lei, che ha preso molto e ha dato tanto. Tra commenti, parafrasi, riassunti e tante altre cose dobbiamo proprio ammettere che quest’anno ce l’ha fatta sudare, ma sappiamo anche che l’ha fatto per il nostro bene perché, come dice sempre lei, “il nostro compito è formarvi”. Giunti al termine di questi due anni trascorsi insieme tra gioie, dolori, delusioni e successi sia per noi che per lei, va a lei un ringraziamento speciale in primo luogo per averci sopportato così a lungo e in secondo luogo per averci insegnato, anche grazie alla sua intransigenza e alla sua autorevolezza, a dare il meglio di noi stessi o, se non ci riusciamo, a provarci almeno, valutando sempre il nostro progresso ed essendo sempre fiduciosi. Noi tutti sappiamo che essere un educatore non è affatto facile, soprattutto perché si viene a contatto con un branco di adolescenti che hanno tanta voglia di crescere ma certamente non di studiare ma, nonostante tutto, questi numerosi momenti passati insieme hanno contribuito alla nostra crescita, aumentato il nostro desiderio di conoscenza e ci hanno sollecitato a maturare. Noi ci stiamo preparando a non fermarci alla superficie delle cose ma ad approfondirle, continuando ciò che lei ha cominciato, tenendo bene a mente che educare ed insegnare significa soprattutto preparare le nuove generazioni alle difficili, ma anche meravigliose, sfide del futuro. P.S. GRAZZIE PER AVERCI INPARATO LITALIANO! “ È bello cercare di capire il mondo, ma è anche bello raccontarlo; cercare insomma di avvicinare la Terra alla Luna.” ABBASSARE LE MASCHERE Sessanta (e spiccioli) voci all’unisono, un’unica voce. Sessanta voci distinte, di distinti elementi, un’unica voce. No, non sono matto, era proprio quello che volevo dire; magari vi starete chiedendo dov’è il senso del discorso, o dove voglia arrivare, e anche se non ve lo state chiedendo ve lo dico lo stesso: parlo del Teatro Carthago, attività che il vostro liceo mette a disposizione per insegnare, ai te- merari che decidono di partecipare, a togliere la maschera che ognuno di noi indossa natural durante, ed essere se stessi sopra il palco, davanti al pubblico. Se stessi nella parte di un coraggioso guerriero, di una dolce fanciulla dispersa in un mondo di sogni, di un vecchio saggio affranto dalla vita o persino di un carismatico sovrano. Capisco, sto scrivendo un paradosso, un nonsense dopo l’altro, ma il teatro è anche questo, e fintanto che non lo si prova, non lo si comprende. Non perderei un’esperienza del genere, un’occasione più unica che rara, che la scuola che odiate tanto vi concede. Alla fine qualcosa di buono se ne tira fuori dal liceo, fidatevi, e il corso teatrale col Maestro Kraiem e i Professori Angelini, Carletti e Porciello è stato fin troppo importante nella mia vita, temprata dalla presenza dei miei compagni e del bellissimo pubblico che ogni anno ci troviamo di fronte, dietro il sipario. Ci si innamora del teatro, delle persone con cui reciti, delle persone per le quali reciti e infine anche di voi stessi. State ancora leggendo? Se sì, sappiate che si tiene ogni Giovedì alle 14:30, non tagliatevi le ali. Un ex studente ALZIAMO LA VOCE Esiste davvero a scuola un posto dove è possibile rilassarsi e divertirsi, imparare e fare amicizia, coltivando uno degli hobby maggiormente diffusi tra noi ragazzi: la musica. C’è infatti un gruppo che non aspetta altro che condividere la propria energia ed esternare la propria allegria e simpatia Ecco quindi la nostra intervista al coro del nostro liceo, che oggi ci ha proprio ducazione al canto che può essere naturalmente corretta attraverso volontà, impegno, concentrazione oltre ai preziosi suggerimenti. È quindi un’attività aperta a tutti, soprattutto a quelli volenterosi. Ora chiediamo alla responsabile del gruppo corale, professoressa Rita Floridi: quali sono gli incontri e le proposte extrascolastiche alle quali il coro partecipa? segna dei cori” alla quale il Liceo Alessi partecipa da parecchi anni. Ora chiediamo ai cantanti stessi quale sono le loro impressioni sull’attività di gruppo Naturalmente ogni anno è una nuova esperienza perché dà la possibilità di socializzare con nuovi ragazzi, anche di età differenti. “Ciò che ci unisce fortemente è la musica.” Quali generi comprende il Come dovrebbe cambiare, secondo voi, il rapporto scuola musica? L’attività corale aiuta notevolmente l’apprendimento della lingua inglese e perciò può essere un mezzo per il miglioramento della lingua. Ma soprattutto la musica dovrebbe essere trattata ancora come una materia come tutte le altre, non solo per la sua storia ma anche per l’impatto che ha in particolare modo oggi. meravigliato… Al Professore Sergio Schioppa, nonché direttore del coro, prima di tutto chiediamo se per far parte del coro stesso occorrano innate doti vocali A differenza di molti luoghi comuni, tutti possono imparare a cantare e a riprodurre con la voce dolci suoni. C’è piuttosto una diffusa dise- Da molti anni il coro partecipa ad uno stage a Montecatini, dove si svolge il festival dei cori, durante il quale è possibile apprendere nuove tecniche canore. Sarà inoltre proposta per il nuovo anno uno stage a Salerno e persino un concorso vero e proprio a Vittorio Veneto. Da ricordare sono anche i concorsi regionali e la “ras- vostro repertorio e quali invece vorreste apportare? Nessun genere è escluso. Infatti il repertorio include canti provenienti da varie realtà culturali e dalle più differenti parti del globo. Inoltre gli alunni suggeriscono di ampliare il loro canzoniere con canzoni pop e gospel, pur essendo più articolate. Un ultimo appello? Aspettiamo tutti coloro che voglio divertirsi e fare nuove amicizie in un ambito sereno all’insegna della musica italiana e mondiale. Raoul Cardellini III C Laura Pascucci III C RICOMINCIAMO DALL’INIZIO… “Ricominciamo da capo. Dall’inizio. Facciamo conto che voi l’anno prima non abbiate fatto nulla, riprendiamo dalle basi, ripassiamo, rivediamo, anzi, partiamo da zero, tabula rasa”… ah, già: prima di dire tabula rasa devo rifare la morfologia di prima declinazione, i participi passati, la sintassi dell’ablativo. Siamo in terzo liceo, in quarto, in quinto. E’ colpa del collega dell’anno scorso, non hanno fatto niente! Ma ero io l’insegnante dell’anno scorso: è la mia classe. Mi è capitato troppe volte di cedere all’evidente smarrimento degli studenti di fronte alle richieste anche più banali, al rientro dalle vacanze: gente che ti guarda come se fosse appena sbarcata dalla luna e non capisse la lingua (- Ma chi sarà questa qui? Cosa vorrà da me? E dove mi trovo poi? Ma io, a pensarci bene… Chi sono?). Ci provi, caro docente, a collegarti ai concetti fondati in anni di paziente lavoro, ci provi a fare appello alle competenze già costruite nel percorso compiuto: gli studenti davanti a te hanno se lo dicono anche ai loro genitori. Chissà se studenti e genitori vivono nell’eterno presente e credono davvero nella necessità di una eterna rifondazione di ogni e qual- bevuto all’acqua del Lete, lasciandosi per sempre alle spalle l’anno precedente. Ti dicono, senza battere ciglio, che l’anno prima non hanno fatto niente, o se hanno fatto qualche cosa, non lo ricordano. Perfetto. Chissà sivoglia sapere. Primo giorno di scuola, ogni anno; ogni anno in prima elementare, a spiegare dove si mette il punto e dove la virgola, quando va l’apostrofo, o magari le proprietà delle addizioni. Noia. Noia esa- sperante del docente, morte cerebrale dello studente. Cari ragazzi bisognosi di rifare sempre tutto daccapo… E’ ora di finirla. E’ una vostra responsabilità portarvi dietro il bagaglio della vostra formazione, è una vostra responsabilità ricordare, collegare il presente con il passato, modificare ed arricchire la vostra cultura con i continui apporti dell’esperienza scolastica e personale. Pretendete dagli insegnanti il nuovo, non il ripasso dell’anno precedente e il recupero di quello che avete rimosso e resettato. Buon anno scolastico, dunque, un nuovo anno scolastico che cresca sulle radici di tutti quelli che avete già vissuto. La Sirilla CHI HA DISTRUTTO LA BIBLIOTECA DI ALESSANDRIA? A questa domanda che costituisce il titolo del mio contributo, centrato su un tema a me caro e cioè la trasmissione della cultura da una generazione all’altra, non vi è una risposta sicura. Pare che sia stato un processo protrattosi nel tempo, lungo vari secoli, e che gli Arabi, accusati di esserne stati gli autori all’atto della conquista dell’Egitto, abbiano solo dato il colpo di grazia ad una illustre istituzione culturale ormai moribonda. E però qualcosa è rimasto ed è pervenuto sino a noi tramite l’opera paziente di tanti artisti della scrittura che, nei secoli del medioevo, hanno provveduto a conservare e a trasmettere questo tesoro che ha fornito le fondamenta culturali della nostra civiltà. Noi invece, temo, saremo molto più rapidi e radicali nell’azzerare l’intero patrimonio culturale ereditato dai nostri avi: sembra infatti ormai che l’aggettivo sostantivato “cartaceo”, in quanto sinonimo di inutile ed ingobrante spreco, faccia parte ormai degli ostacoli da abbattere definitivamente per la piena affermazione di una civiltà totalmente “digitale” e quindi “virtuale”, in cui faremo tutto stando comodamente seduti di fronte al nostro PC, anche votare e formulare programmi politici (Grillo docet). Pure le care, vecchie banconote sembra siano sulla strada di essere mandate in soffitta, per far posto appunto ai soldi anche loro “virtuali”. Sono ben consapevole di andare contro corrente ma del resto, essendo nato nel 1950 ed avendo avuto quindi 18 anni nel 1968, lottare contro ogni conformismo ce l’ho nel DNA della mia formazione e non posso fare diversamente. Riprendendo dunque il filo del discorso, vedo profilarsi il rischio altissimo che, andando avanti di questo passo, fra qualche decennio il tanto denigrato “cartaceo” si andrà sempre più rarefacendo in tutti i campi. La conseguenza sarà che il complesso delle conoscenze su cui si fondano tutti gli aspetti del nostro mondo verrà affidato a delle macchine in misura sempre maggiore e da esse dipenderà in tutto e per tutto. Ognuno quindi si renderà conto dei rischi enormi che tutto ciò comporta, impliciti nella profonda fragilità della basi su cui tutto questo organismo si fonda: vortic o s o “invecchiamento” delle tecnologie, che inevitabilmente comporta la perdita di una considerevole frazione di saperi ogni volta che si passa da un procedimento tecnologico a un altro, dipendenza totale dalla disponibilità di quantità enormi di energia, vulnerabilità rispetto ad attacchi di ogni genere rivolti alle centrali che gestiscono l’intero sistema a vari livelli…... Credo ce ne sia abbastanza per alimentare serie preoccupazioni sul futuro della nostra civiltà, che va nella direzione di rendere sempre più marginale il documento che i nostri occhi, da soli o al massimo con l’aiuto di un paio di occhiali, possono leggere e decifrare. Non vorrei quindi che, tra due o tre secoli, o anche meno, dovessimo ritrovarci con un deficit globale di conoscenze, incrementatosi progressivamente nel corso dei decenni e divenuto di una tale entità da mettere in crisi il sistema nel suo complesso. Ciò potrebbe innescare un processo involutivo tale da autoalimentarsi e da determinare un definitivo e totale collasso dell’intera società. Insomma, riprendendo una tematica sicura- pienza degli antichi, costui non avrebbe altro in mano che rottami inservibili e irrimediabilmente muti. Sto forse scrivendo il soggetto di un romanzo fantastorico, nemmeno poi così originale? Vorrei che fosse così, ma purtroppo non ne sono tanto sicuro. Infatti i rischi di una sottovalutazione dei risvolti negativi della “rivoluzione informatica” dentro la quale stiamo tutti dentro fino al collo, volenti o nolenti, ritengo siano mente abusata e fraintesa, ma non del tutto priva di fondamento, cioè quella dei “corsi e ricorsi storici”, intravvedo all’orizzonte un nuovo “alto medioevo” in cui qualcuno dovrebbe ancora una volta raccogliere le sparse reliquie di un antico sapere ormai remoto, per trasmetterlo alle future generazioni…..Solo che questo “qualcuno” non saprebbe dove cercare perché, a differenza dei monaci che mille anni fa nei loro scriptoria disponevano se non altro di vecchie carte su cui ritrovare le tracce della sa- molto elevati e sarebbe sciocco voltare la testa dall’altra parte, ignorandone la pericolosità nel lungo periodo. Il problema però è che si è messo in moto un meccanismo ormai inarrestabile che ha una sua logica stringente e che tende inesorabilmente a permeare di sé ogni aspetto della vita. Urge quindi creare gli anticorpi sociali perché ciascuno di noi, per quanto possibile, si svincoli dalla totale servitù nei confronti della macchina, la quale è fatta per servire l’uomo non per divenirne padrona. Chi dovrebbe as- sumersi questo compito? È arduo dirlo anche perché anche la scuola, che pure è la trincea avanzata dell’educazione umana e politica del cittadino, pare in qualche misura soggiacere alla moda del momento, e non potrebbe essere diversamente. Non quindi, luddisticamente, mettere al bando una tecnologia che peraltro può rendere e di fatto rende enormi servizi alla cultura; ma promuoverne un uso responsabile, suggerendo comportamenti tali da combattere la “dipendenza” e la sudditanza rispetto allo strumento. A questo scopo, è anche indispensabile riscoprire la gioia di stare insieme e di rapportarci con le persone in carne ed ossa, non con i simulacri che ci appaiono sullo schermo dei PC. E questo sarebbe compito non solo della scuola, ma anche delle altre forze sociali, tra cui i partiti, che però da molto tempo hanno abdicato a questa responsabilità, che pure in passato hanno sostenuto anche egregiamente. Quindi, parafrasando uno slogan coniato in altri contesti (ma non poi tanto, tutto sommato!) bisogna “resistere, resistere e ancora resistere” contro le lusinghe delle vie troppo facili perché in genere esse non portano da nessuna parte, o peggio conducono al fallimento. Sandro Tiberini FELIX: L’UOMO PIU’ VELOCE DEL SUONO NEW MESSICO 15 Ottobre – “ Quando sei lì in piedi in cima al mondo, diventi così umile che non pensi più a battere i record o ad ottenere dati scientifici. L’ unica cosa che vuoi è tornare vivo”. Queste sono le parole cariche di gioia pronunciate , dall’ austriaco paracadutista Felix Baumgartner, dopo essere entrato nella leggenda come primo uomo ad aver abbattuto il muro del suono. Cinque anni di studi ininterrotti hanno permesso al team center Red Bull Stratos di allestire il jumper spaziale da cui è stato effettuato il salto record. Una volta raggiunta la stratosfera per mezzo di una capsula, sollevata da un pallone ad elio, Felix si lancia nel vuoto. All’ incredibi- le altezza di 39000 metri , in caduta libera riesce a raggiungere la velocità di 1173km/h , oltre la barriera del suono. Durante quegli interminabili 4 minuti di volo si sono creati inevitabilmente forti attimi di tensione: prima quando il paracadutista ha cominciato a roteare vorticosamente su se stesso come quasi fosse senza controllo, a causa di una momentanea perdita dell’ assetto, e dopo, quando si sono iniziate a nutrire alcune preoccupazioni riguardo la difettosa pressurizzazione della tuta, che provvedeva a riscaldarlo quel quel tanto da affrontare i meno 68 °C esterni. L’ impresa è stata finalmente portata a temine dopo due precedenti tentativi, effet- rilasciate dal team di esperti e dallo stesso Baumgartner , lo scopo principale di questo progetto rimane quello di sostenere la ricerca scien- tuati rispettivamente il 6 e 9 Ottobre, non andati a buon fine a causa delle pessime condizioni metereologiche che si erano create. Secondo le dichiarazioni tifica. Il lancio, inoltre, ha coinciso con il 65° anniversario del memorabile volo dell’ americano Chuck Yeager, che è entrato nella storia come il primo uomo ad aver superato la velocità del suono a bordo di un aereo. Oggi, finalmente, il sogno dell’ austriaco 43enne si è coronato: condiviso da oltre 3 milioni di spettatori che, incollati ai teleschermi dalle varie piattaforme interattive, hanno seguito in diretta alle ore 20.06, le gesta di quest’ uomo dal grande coraggio. Con i piedi a terra e i pugni sollevati al cielo, ha gridato al mondo intero “Ce l’ ho fatta!”. Alessia Pellegrini IV A Giada Colori IV A ANNO SCOLASTICO ALL’ESTERO: IL SOGNO DI OGNI TEEN AGER A chi di voi guardando un film americano, non è mai venuto in mente di frequentare uno dei famigerati college? Chi non si è mai immaginato di preparare le valigie, pronto per partire verso una città dall’altra parla la vostra lingua, sono senz’altro i costi, alcune volte proibitivi. Questi variano in base alla meta: si passa dai 6000€ per i paesi europei, ai 13000€ per stati come l’Australia; costi che,si aggirano sempre e comun- parte del globo? Nonostante social network e live chat annullino le distanze, riducendole a un click, realizzare l’esperienza di un anno all’estero resta ancora un po’ complicato. Per vivere questa esperienza, infatti, si devono soddisfare requisiti specifici e superare test psicoattitudinali e linguistici per valutare se si è davvero in grado di sopravvivere, per l’intera durata, a quest’avventura. Ciò che può scoraggiare i tanti sognatori, oltre alle responsabilità cui si va incontro, vivendo in un paese dove nessuno que,attorno ai 10000 euro. Preparatevi dunque a rompere il vostro maialino di coccio! A escludervi dalla corsa della realizzazione del grande sogno, potrebbe anche essere la media scolastica, che non deve essere inferiore agli 8/10; viene tagliato fuori anche chi è stato bocciato negli ultimi 3anni. Nel fortunato caso in cui foste idonei sotto tutti questi aspetti, vi attendono ancora due scelte ardue: la durata dell’esperienza, e, chiaramente, la meta. Si può scegliere un periodo di permanenza che va dai tre ai dodici mesi, ma come fare? Semplice! Basta pensare a quanto sapete stare lontani da casa, amici, e ovviamente, dal cibo della mamma! Attenzione a non sopravvalutarvi, rischiereste di restare bloccati in un paese in cui non vi trovate per niente bene. Vietato anche scegliere permanenze troppo brevi: a cose fatte, infatti,poterebbe sembrarvi di non aver avuto abbastanza tempo. Passiamo alle mete. Le agenzie migliori offrono una vasta gamma di destinazioni, si parla di Europa, Oriente, Sud Africa, Australia, Nuova Zelanda e America, compreso il Canada. Purtroppo non si sa con certezza dove andrete a finire. Al momento dell’iscrizione, infatti, si danno tre preferenze, è l’agenzia che poi deciderà per voi. Certo, la gara è dura, e potrebbe sembrare un salto nel vuoto, ma ad aspettarvi in un Year Abroad ci sono mille esperienze, posti da vedere e persone da conoscere, che senz’altro non vi verranno a trovare sul vostro comodo divano. Ora sapete tutto, o quasi! Io vado a fare le valigie. Voi? Raoul Cardellini III C LE QUATTRO MELE CHE CAMBIARONO IL MONDO Il frutto per antonomasia, la mela, piccola e apparentemente insignificante, eppure capace di cambiare la storia e il corso della nostra vita. In ordine cronologico la sua prima apparizione la fa quando Eva, offrendone una ad Adamo, ci condanna ad una vita terrena ed imperfetta. ne assembla il primo computer della storia nel garage di casa dei genitori. Dopo 10 anni costruisce il Macintosh, un computer rivoluzionario su cui si può disegnare, scrivere e impaginare anche senza conoscere niente di programmazione. I suoi prodotti, tutti marchiati dalla celeberrima mela morsicata, passeranno alla storia per aver creato il mercato dei personal computer e diventeranno oggetti di culto nelle mani di milioni di persone. Giulio Cavicchi II D 1600 anni dopo torna a fare storia, stavolta dettando le leggi della fisica, colpendo in testa un pensieroso Isaac Newton, suggerendogli la famosa legge della gravità. Torna rumorosamente in auge negli anni ’60 quando 4 ragazzi di Manchester si preparano a diventare una della band più famose al mondo con le loro canzoni cantate dalle successive generazioni fino ai nostri giorni, i Beatles. L’ultima mela della storia arriva 30 anni dopo con Steve Jobs. Appena trenten- IN VIAGGIO CON BAUDOLINO Baudolino è un romanzo storico-fantastico, ambientato nel medioevo . Scritto da Umberto Eco, dopo l’esordio del grande successo :”il Nome della rosa”. Pubblicato nel 2000 dalla casa editrice Bompiani, il romanzo è suddiviso in 40 capitoli. È un romanzo picaresco che accompagna il lettore in un viaggio avventuroso dalla campagna Piemontese, luogo di nascita del protagonista Baudolino, alla corte di Federico I Bar- barossa, dalla Parigi cosmopolita all’estremo oriente , terra di crociate e di ricerca. Baudolino, ragazzo di famiglia contadina, nasce in un oscuro villaggio del basso Piemonte, zona dove successivamente sorgerà Alessandria. Il suo animo fantastico e spavaldo conquisterà anche Federico I Barbarossa, al quale in precedenza egli aveva salvato la vita. Per perfezionare la sua cultura Federico spedisce Baudolino a Parigi, dove però non terminerà mai il suo ciclo di studi, ma inizierà a scrivere su carta le incredibili avventure della sua fantasia, e conoscerà quelli che, successivamente, diventeranno i suoi compagni di viaggio. La creazione fantasiosa per antonomasia è la lettera del Prete Giovanni, re cristiano a capo di un leggendario regno del lontano oriente. Ed è per trovare questo fantasioso luogo che Federico Barbarossa decide di partire per la terza crociata, al fine di riconsegnare al sovrano orientale il sacro Graal. L’ormai anziano imperatore morirà però nel corso del viaggio. Sarà infatti Baudolino che cercherà di arrivare alla meta, affrontando un percorso in cui saranno presenti tutte le mitiche creature dei bestiari medievali. Baudolino racconta le complesse vicende della sua vita a Niceta Coniate, nel bel mezzo dell’assedio di Costantinopoli. Il dialogo iniziale si apre con la presenza di una pergamena con su scritta la prima “bozza” dei suoi raccanti, alla quale, successivamente, come spiegherà Baudolino, succederanno altre. Le vicende descritte giocano su due piani narrativi: il primo è quello della sua vita, che è proprio il protagonista a raccontare a Niceta in una lunga analessi; il secondo è il dialogo e le vicende che avvengono durante il sacco e la distruzione di Costantinopoli. Il linguaggio che viene utilizzato nel primo capitolo è un “composto” di più lingue che vanno dal latino al volgare. Per quanto riguarda invece i capitoli successivi si ha una lingua più accessibile, con termini che appartengono alla tradizione popolare medievale. È molto usato il discorso diretto soprattutto tra Bauodolino e Niceta. Il romanzo è ambientato in più luoghi: in osterie, a Costantinopoli, in zone nei pressi di Alessandria,nel regno del Prete Giovanni, meta del grande e fantasioso viaggio,e alla corte di Federico Barbarossa. I personaggi princiapali sono 2: Baudolino e Niceta Coniate (storico della fine del IV secolo d.C,al quale Baudolino aveva salvato la vita durante il saccheggio di Costantinopoli); mentre i personaggi secondari sono: Federico Barbarossa, Abdul, Beatrice, Ipazia, Zosimo e Poeta. Un personaggio che come già detto è secondario nella vicenda, ma primario per capire la situazione storica, sociale, politica, e cul- urale dell’epoca è Federico I Barbarossa. Fu imperatore del Sacro Romano Impero. Salì al trono il 4 marzo 1152, succedendo a Corrado III, e fu incoronato imperatore il 18 giugno 1155. Nel romanzo egli è il padre adottivo di Baudolino, lo accoglie infatti nella sua corte, si interessa della sua cultura,lo manda in Francia a studiare e lo porta con sé nelle sue avventure. Il romanzo si sviluppa su un sottofondo storico, ma è pieno di elementi del genere fantasy, come nell’episodio del capitolo 33, capitolo nel quale Baudolino incontra il terzo e ultimo grande amore della sua vita, la dolce Ipazia, che è mezza donna e mezza capra. Baudolino, quindi, è un romanzo misto che ha diversi registri: quello fantastico, quello gotico, quello avventuroso, narrando di volta in volta, in 40 capitoli, genesi di reliquie, amori impossibili, viaggi picareschi, battaglie, storie di odio e di amicizia. Un’avventura sospesa tra realtà e menzogna, tra realtà e fantasia, dove la realtà e la menzogna fanno la storia, in un romanzo che nasconde sotto una robusta vena comica diverse allusioni alla vita comune. Carmen Paciotti IV F “DIECI PICCOLI INDIANI” – AGATHA CHRISTIE "Dieci poveri negretti se ne andarono a mangiar: uno fece indigestione, solo nove ne restar. " Sono questi i primi versi della filastrocca che fa da sfondo a tutto il romanzo e che accompagnerà i nostri protagonisti, i quali non potranno far altro che assistere, inermi e indifesi, al raccapricciante spettacolo che ha come fine ultimo una cosa sola: la morte. Ci troviamo all’incirca nel 1940. Otto persone vengono invitate a soggiornare in una splendida e lussuosa villa in un’ isola, Nigger Island, al largo delle coste del Devon, e tutti, chi per curiosità, chi per lavoro, chi con la speranza di ritrovare vecchie conoscenze, accettano. Al loro arrivo gli ospiti, che non si conoscono tra di loro, trovano ad a- spettarli solamente il maggiordomo e la cuoca, i quali annunciano l’assenza del misterioso anfitrione per motivi non meglio precisati. Un anfitrione assai insolito poiché, oltre che farsi soprannominare in modo del tutto sibillino U.N.Owen (in lingua inglese la pronuncia intera suona simile ad “unknown”, “sconosciuto”), egli si era spacciato, nelle varie lettere rivolte agli invitati, come amico o datore di lavoro. Inutile sottolineare l’indignazione, per la beffa ricevuta, che pervade le dieci persone e le porta a discutere tra di loro animatamente sul vero motivo della loro presenza, il tutto vivificato dall’anonima ed inquietante voce, partita dal disco di un vecchio grammofono, che li accusa, nessuno escluso, di essere degli assassini mai consegnati alla giustizia. Quella sera stessa, dopo cena, un giovane muore soffocato dopo aver ingoiato una bibita: nello stesso modo descritto dalla filastrocca. Per gli ospiti è l’inizio di un interminabile incubo che li vedrà assoluti protagonisti di un ben congegnato eccidio, al quale non potranno sottrarsi. Rappresentante esemplare dell’enigma a “camera chiusa”, questo romanzo incarna in modo perfetto, elaborato e soffocante. Credo sia superfluo aggiungere qualcosa a ciò che è stato detto in precedenza, ma colgo l’occasione per le caratteristiche del tipico giallo classico, durante il periodo d’oro degli anni ’20-’40, grazie alla sua assoluta capacità di trascinare il lettore verso un epilogo del tutto inaspettato e rendendolo partecipe in modosublime dell’ansia e del senso di impotenza che caratterizza ogni singolo protagonista che si ritrova, volente o nolente, ad incarnare ogni volta il ruolo di assassino, investigatore o ipotetica vittima, in un gioco psicologico fittamente prendermi una piccola libertà e spiattellare qualche informazione non proprio essenziale, ma assai piacevole: più di 110 milioni di copie nel mondo e il giallo più famoso di sempre, nonché il 3° romanzo più venduto nella storia. Con questo vi lascio, augurandovi buona lettura. Emanuele Polidori V H “IL BAR SOTTO IL MARE” – STEFANO BENNI Non credo sia conveniente, da parte mia, iniziare con una presentazione dell’autore. Il mio compito è quello di invogliarvi alla lettura di questo libro, perciò fare leva sulla fama dello scrittore non mi è d’aiuto, o quantomeno credo sia piuttosto superfluo. Purtroppo questo Stefano Benni, un genio, ammettiamolo, è tristemente misconosciuto rispetto ad un Moccia o ad un Fabio Volo, ma questa è un’altra s t o r i a … Bando alle ciance o ciancio alle bande! Siamo sulle rive del mare di Brigantes, dove l’io narrante passeggia una notte, a malapena cosciente della sua meta, quando dal nulla si profila ai suoi occhi una figura eretta, composta, elegante, un signore d’altri tempi, assai singolare. Il tempo di tracciare in aria qualche confuso gesto con la mano, e il vecchio si ritrova sommerso in acqua. Completamente sconvolto, il nostro protagonista lo segue, fino a giungere ai piedi di un’insegna luminosa di un Bar, dove viene fatto entrare. In questo antro sommerso e surreale, l’eterogeneità dei vari clienti presenti corrisponde alla molteplicità delle storie che verranno raccontate. Come in una sorta di Decamerone, a turno i misteriosi avventori si fanno avanti alternandosi nella narrazione. Ma non siamo nel ‘300, e neppure bisogna sfuggire ad un’epidemia di peste: stante, un idilliaco rifugio di curiosi personaggi lontani dal tempo, dallo spazio, e del tutto estranei al solito e banale immaginario colletti- per loro è semplice routine, un puro svago, e il loro compito è strettamente legato alla necessità dell’autore di creare un mondo a sé vo di un qualunque luogo d i r i t r o v o . Benni si diverte, ci fa divertire, crea dal nulla una serie di storie oltremodo bizzar- re, assolutamente sconnesse tra di loro, in un divertentissimo gioco col lettore che, estasiato e rapito da tanta maestria, non chiede altro e partecipa; vengono così a configurarsi dei racconti originali, pieni di situazioni strampalate e paradossali, infarcite da estrosi neologismi, con dialoghi, alle volte, al limite della comicità. E neppure i vari generi letterari vengono risparmiati: ognuno passa al vaglio della dissacrante ironia dello scrittore, dal racconto d’avventura al poliziesco, dalle storie d’amore al fantastico. I maggiori punti di forza di Benni sono le innovazioni stilistiche, il suo italiano ricco, la magistrale capacità nel mutare linguaggio per adattarsi alle diverse situazioni pres e n t a t e . Raccomando vivamente la lettura di questo volumetto, uno dei capolavori dello scrittore più “pazzamente geniale” del momento. Non dico di evitare i soliti best-seller in cima alle classifiche settimanali, ma nel mondo ci sarebbero tante di quelle opere che aspettano solo di essere scoperte. Beh… “Il bar sotto il mare” è una di queste. Emanuele Polidori V H GALILEO : SCIENZA E FEDE , I DUE GIGANTI A CONFRONTO Anno:1968 Genere : Biografico – drammatico La pellicola curata dalla regia di Liliana Cavani, “Galileo”, si propone di raccontare al pubblico attraverso un tono biografico e drammatico le vicende più significative della vita del padre della scienza moderna, Galileo Galilei, le quali hanno segnato profondamente non solo la sua umile esistenza , ma anche la storia del progresso scientifico dell’umanità. Attraverso questo film viene sfiorato il labile e delicato confine che separa e, allo stesso tempo, unisce la scienza alla fede che dà inizio ad una disputa che perdurerà nel tempo, fino ad interessare i giorni nostri. Imperniato sul tema del dialogo e del conflitto tra uomo di cultura e dogmatismo della Chiesa, la prima scena si apre con un Galileo maturo non solo in età, ma anche nelle proprie convinzioni e capacità, che inizia a nutrire i primi dubbi sulla veridicità del sistema Tolemaico-Aristotelico, il quale descriveva la struttura dell’ intero universo. Dividendosi tra le lezioni che teneva come insegnante all’ università di Padova e tra i numerosi studi che intraprendeva nel suo laboratorio personale (facilitati dalla scoperta di un nuovo strumento di indagine, il telescopio), Galileo giunge con suo grande stupore alla conclusione di essere il primo uomo ad aver visto come veramente fosse fatto l’universo. Egli nota che non era minimamente simile al modello assolutizzato dagli aristotelici, in cui era il Sole che girava intorno ad un Terra immobile e corruttibile , ma che in realtà si presentava come un insieme di altri mondi fatti di materia come il nostro, il quale ruotava intorno al Sole. Tuttavia l’ sui massimi sistemi”, la quale raccoglieva tutte le sue osservazioni. Pertanto il Tribunale dell’Inquisizione non tarda ad agire, costringendo con la minaccia di morte Galilei ad abiurare. Film di grande impatto ideologico, fermo e sicuro nella stesura del proprio teorema, “ Galileo”, al contrario entusiasmo per la nuova scoperta non dura a lungo, poiché lo scienziato viene presto sospettato dalla Santa Inquisizione di eresia, in seguito alla diffusione delle sue ipotesi non ortodosse, attraverso le sue lezioni universitarie e la pubblicazione dell’ opera “ Dialogo dell’ omonimo romanzo di Bertolt Brecht, il quale mette in evidenza le responsabilità che uno scienziato ha nei confronti dell’umanità, pone un’ attenzione piuttosto meditata sulla funzione della Chiesa. Viene sottolineata la sua posizione conservatrice ed intransigente attraverso l’orgoglio del Papa ( Urbano VIII) , il quale rifiuta di appoggiare l’amico Galileo e le sue valide teorie, ponendosi a diesa della legittimizzazione del proprio potere. Questa scelta del regista la si può notare grazie alle precise e frequenti inquadrature effettuate dal basso verso l’alto che vengono proposte nelle scene in cui appare il pontefice. Un altro esempio lo ritroviamo durante la scena dell’abiura, in cui, mentre Galileo ritratta le sue convinzioni inginocchiato al centro del tribunale, vicino al posto in cui siede il Papa con i suoi seguaci, gironzola liberamente una scimmia. Questa immagine apparentemente illogica, vuole invece far intendere la mancanza di razionalità che la Chiesa cattolica, con la sua politica di oppressione , stava dimostrando in quel momento. Il film, dunque, rispecchia l’ aspro conflitto seicentesco tra fede e ragione ( motore della rivoluzione scientifica) e la volontà di un uomo di scienza di far conoscere al mondo la verità e allentare il controllo assoluto che il potere religioso deteneva, poiché come afferma lo stesso Galilei: “ La Bibbia ci insegna come andare in cielo e non come vanno i cieli “. Giada Colori IV A FLYING BACH: DIETRO IL PALCOSCENICO Per la prima volta in italia la musica classica incontra la breakdance! Il Red Bull Flying Bach si appresta a girare il mondo con il suo spettacolo: i berlinesi Flying Steps, ballerini quattro volte campioni del mondo di breakdance, insieme al direttore d’ Orchestra Christoph Hagel, hanno dimostrato che la breakdance e la musica del celebre compositore tedesco Johann Sebastian B a c h po sson o f on der si perfettamente. La performance, unica nel suo genere, dà nuova vita al “WellTemperedClavier” di Bach, miscelando la musica “colta” alla cultura giovanile. Nota dopo nota. Passo dopo passo. Protagonisti dello show, in una trama di 70 minuti, sono un pianoforte e un clavicembalo, beat elettronici e i passi acrobati- ci della breakdance, mentre sullo sfondo scorrono immagini audiovisive. Il fondatore e mente creativa della crew è Vartan Bassil che ha portato i Flying Steps ad aggiudicarsi 4 titoli mondiali di breakdance (due per “Battle Of The Year”, due per “Red Bull Beat Battle”). Il suo marchio di fabbrica è la combinazione di foo- realtà! La tua preparazione prima dello show: Ripasso lo spettacolo nella mia testa e immagino quanto ci divertiremo. Inoltre faccio un po’ di stretching. I tuoi rituali: Prima di uno show importante, ci mettiamo sempre in cerchio e ci auguriamo l’un l’altro di divertirci un sacco. Poi, arri- twork e power moves. Come coreografo del “Red Bull Flyng Bach” combina, con un approccio unico, una grande varietà di stili di danza urbani. In questa intervista ci espone il cambiamento che ha avuto con questa nuova esperienza: Per te, Red Bull Flying Bach è: Un sogno diventato va la frase più importante: “Cos’è che dice Mikel?”, e tutti noi urliamo: “LESCH!” La musica che ascolti mentre ti prepari: Ascolto la musica del ”Red Bull Flying Bach”, e durante il riscaldamento ascolto breakbeat, musica funk, soul, hip-hop e pop. Il tuo rapporto con la mu- sica classica prima del “Red Bull Flying Bach”: Sentivo la musica classica solo marginalmente. Non mi interessava molto, sebbene avessi sempre nutrito il desiderio di esibirmi accompagnato dalla musica classica. E dopo: Da quando è iniziato il “Red Bull Flying Bach” la ascolto molto più dall’ interno. E ho iniziato a raccogliere nuove idee per altri spettacoli con la musica classica. Il progetto “Redbull Flying Bach “ ci ha dimostrato come un genere di musica scartato dai giovani, come quella classica, possa benissimo adattarsi ai nuovi gusti della musica contemporanea . (l’intervista da ww.redbull.it) Giovanni Buzzao III F Stefano Mingo III F 50 SOTTOMARINI GIALLI Londra 1962, 4 giovani ragazzi di nome Paul, George, John e Ringo vengono respinti dallo studio di registrazione “Decca” per un provino andato male. Lì dentro nessuno si sarebbe Solo 8 anni sono bastati per far sì che loro componessero le musiche più importanti del nostro secolo: Help, Yellow Submarine, Don't let me down e Let it be, sono solo l'un percento dei capo- mai aspettato che quattro ragazzetti di Liverpool un giorno avrebbero cambiato il mondo con la loro musica. Esattamente 50 anni fa usciva il primo 45 giri ufficiale “Love Me Do” dei Beatles, oggettivamente il più grande gruppo rock della storia. Rivoluzionari e puri: nessuno aveva mai portato in scena canzoni così musicali e alternative tanto da cambiare radicalmente ogni espressione artistica del secolo. lavori da loro scritti e, ancora oggi, non c'è uomo o donna, vecchio o giovane, bello o brutto che non li conosca . La storia dei quattro “scarafaggi” è fatta di oltre 200 canzoni racchiuse in 13 album tutti registrati nello storico studio di Abbey Road usando, da veri pionieri, tecniche di registrazione innovative e all'avanguardia. È inutile ricordare la quantità di premi vinti dal gruppo: tra dischi di platino, grammy, e chi più ne ha più ne metta, si è finito col perdere il conto. Ma purtroppo questo magico viaggio finì lì dove era iniziato, era il gelido mattino del 30 gennaio 1969 quando i Beatles,ormai divenuti 30enni barbuti, salirono sul tetto della Apple Records senza avvertire nessuno, Jhon Lennon e George Harrison impugnarono le loro chitarre, Paul McCarteny il suo basso, Ringo Starr si sedette alla sua batteria e tutti insieme regalarono al mondo i 20 minuti di concerto più famosi della storia, quello fu il loro addio. Pochi giorni dopo uscì il loro ultimissimo album “Let it be” e lì, tutto finì. Tutti e quattro intrapresero carriere da solista, ma nessuno riscosse tanto successo. Tutti sappiamo cosa accadde a John Lennon davanti a quel maledetto hotel nel 1980 e sappiamo anche della fine di George Harrison. Ma nonostante tutto ciò, possiamo liberamente dire che i Beatles rappresentano la storia di tutto il secolo passato e di sicuro non vi è più stato gruppo così importante e significativo fino ad oggi. Adesso, possiamo ricordarli solo con una delle loro citazioni più conosciute “Ora siamo più popolari di Gesù, ma non sappiamo cosa passerà prima, se il rock and roll o il cristianesimo”. Alessandro Piria IIIG HACHIM MASTOUR: IL 14ENNE CHE HA INCANTATO IL CALCIO Dalla Reggio Calcio al Milan ,passando per la Reggiana,la storia del baby fenomeno classe 98’ che sta sorprendendo molti addetti ai lavori. L’attesa è finita,finalmente il momento dell’esordio con la maglia del Milan è arrivato: il quattordicenne bagna la prima con una doppietta e tanti spunti di classe, mostrando di meritare l’etichetta di predestinato che gli è stata appiccicata addosso da qualche anno. Domenica 14 ottobre è sceso in campo con i Giovanissimi nazionali, ma per quello che si è visto la categoria è troppo bassa e sarebbe opportuno aggregarlo agli allievi di Filippo Indaghi:in 90 minuti ha segnato 2 gol aiutando i suoi compagni a piegare i pari età dell’Albinoleffe con un rotondo 7-0. Ma chi è Hachim Mastour? Riavvolgiamo il nastro e raccontiamo dall’inizio la storia di questo baby fenomeno. Hachim nasce a Reggio Emilia da genitori marocchini, come si dice in questi casi il pallone tra i piedi ce l’ha ancora prima di imparare a camminare. Inizia a giocare a calcio con la maglia dell’US Reggio Calcio, scuola di calcio di Reggio Emilia affiliata all’Inter. La Reggiana lo nota e lo blocca quando Bachi aveva ancora 8 anni. Non potendolo tesserare, vista l’età, viene lasciato alla sua società di origine. Solo nel 2008, poi, Mastour si trasferisce alla Reggiana, dove parte dalla categoria Esordienti. Hachim affronta tutte le categorie sotto età, giocan- do contro avversari di uno o addirittura due anni superiori a lui, sui campi giovanili della Reggiana s’ intravedono osservatori dei principali club italiani ed europei. L’eco della classe di Bachi arriva fino in Inghilterra:lo seguono il Manchester City e le due regine spagnole: Barcellona e Real Madrid. L’esplosione arriva solo nella scorsa stagione, nel campionato Giovanissimi nazional i, dove Mastour realizza 25 gol. E incanta davvero tutti. In Italia finisce sui taccuini della Juventus ma la società che punta in maniera più convinta su Mastour è l’Inter. Bachi, sin da quando aveva dodici anni, è monitorato dai dirigenti delle giovanili nerazzurre che lo convocano più volte ad Interpello. Viste le regole che limitano i trasferimenti degli under 14 fuori regione, l’idea è di custodire Mastour fino al compimento dei quattordici anni d’età. Per poi fargli firmare un contratto. L’ accordo con la Reggiana sembra solido e Mastour, seguito dall’agente Dario Paolillo, è destinato a trasferirsi dalle parti di Interello. A gennaio Hachim partecipa con l’Inter al “Memorial Roberto Ielasi” a Roma. I nerazzurri dominano la competizione e Mastour realizza quattro gol in cinque partite, mettendo la sua firma anche in semifinale e finale. Uno spettacolo. Così però, mentre l’Inter aspetta il momento giusto per concludere l’ operazione, s’inserisce il Milan, per il quale scende in campo direttamente Adriano Galliani, convinto da Arrigo Sacchi, che mette sul piatto 500 mila euro e spiazza la concorrenza: Hachim Mastour è del Milan e il 2 luglio in via Turati firma il suo primo “contratto rossonero” in presenza proprio dell’amministratore delegato vicario. Così il ragazzino comincia ad allenarsi, purtroppo però il responso delle visite mediche non è positivo come ci si aspetterebbe. Il ragazzino non ottiene l’idoneità medico sportiva e lo stesso Milan fa sapere che si tratta di una cosa risolvibile in un paio di mesi. Vista la giovane età del giocatore non è possibile sapere di cosa si sia trattato, problemi di privacy, sta di fatto che davvero dopo due mesi Mastour è finalmente sceso in campo con la maglia del Milan e ha subito dimostrato che i soldi investiti su di lui non sono stati sprecati, il tutto sotto gli occhi attenti di Indaghi che a questo punto molto probabilmente lo vorrà con sé negli Allievi. Mastour è un fantasista dotato di caratteristiche tecniche non comuni per la sua età, assolutamente imprendibile nell’uno contro uno, fenomenale nello stretto ma anche quando ha campo e può esprimersi in velocità. Forse eccede un po’ troppo con i giochetti, un aspetto che migliorerà crescendo, quando di fronte si troverà avversari più ostici. Ma in fondo le immagini valgono più delle parole e il video della sua prestazione dimostra in maniera chiarissima di cosa sia capace questo ragazzino. Se sia o no un vero campione è ancora presto per dirlo ma indubbiamente i numeri e il tempo per diventare un calciatore fuori dal comune sono tutti dalla sua parte. Federico Fumanti III G I GABBIANI Non vedo l’ora di andarmene da qui, perché per me morire significa rinascere, non sono come tutte le altre persone che soffrono della fobia di dover prima o poi chiudere gli occhi e iniziare qualcosa di completamente nuovo. Sono stata una donna di strada e precisiamo, non per scelta, non pensiate che tutti i lavori vengano scelti, soprattutto un lavoro come il mio, se così si può chiamare; io lo definirei schifo, orrore, perché è stato proprio concedere il mio corpo che mi ha fatto morire, mi ha rovinato la vita, i miei sogni sono svaniti come fumo e ne è rimasta solo la cenere. Oggi mi sono svegliata e ho capito che, arrivata all’età di 65 anni, tutto sta per ricominciare e ne sono veramente felice; forse “lassù” potrò realizzare i miei progetti, potrò sorridere, potrò finalmente vivere! Dovrebbe essere bellissimo sentirsi parte del mondo… mi ricordo che quando ero piccola i miei genitori mi portavano sempre al mare e io desideravo essere come i gabbiani che volavano liberi nel cielo terso; ogni volta che incontravano una nuvola sapevano superarla con una tale leggerezza da suscitarmi una grande serenità, così io con l’ingenuità di una bambina chiedevo a mia madre:” mamma, ma potrò mai diventare un gabbiano?” e lei:”certo amore, basta volerlo e si può fare tutto”… Ecco, solo ora mi rendo conto che la donna che amo di più al mondo mi ha mentito, perché io ho cercato e ho desiderato essere felice, ho desiderato una vita vera, però non ci sono mai riusci- ta, tanto da arrivare, a soli venti anni, a pensare al suicidio. Gli unici bei ricordi risalgono appunto alla mia infanzia, nonostante siano molto sfocati; vorrei tanto tornare indietro per non ripetere niente di quello che ho fatto. Sono stata sempre una ragazza più matura delle altre e capivo lo scempio che mi circondava, invidiavo gli altri che sorridevano alla vita, mentre io la rifiutavo, pur sentendomi in colpa, perché sapevo e so benissimo che essere al mondo è il dono più bello che Dio abbia mai dato a perché purtroppo loro non c’erano, sono morti quando avevo solo dieci anni, quindi ho vissuto con mia zia per nove anni, fino a quando lei non mi ha lasciato nelle mani di due mafiosi in cambio di un’ingente somma di denaro, se non ricordo male circa 500 mila lire che a quel tempo volevano dire una fortuna.. evidentemente non mi voleva bene , ero solo un peso inutile, però, se ci fossero stati i miei genitori, sarebbe stato diverso, avrebbero continuato a portarmi al mare per guardare i gabbiani, mi noi uomini. Al liceo la mia materia preferita era italiano, ancora ho in testa una poesia di Pavese, l’avevo imparata a memoria di mia scelta, perché mi avevano colpito due versi in cui mi rispecchiavo pienamente:”i tuoi occhi saranno una vana parola, un grido taciuto in silenzio”, io volevo urlare, ero come una pentola a pressione che non riusciva ad esplodere, mi tenevo tutto dentro con l’angoscia nel cuore. Forse vi chiederete cosa ne pensassero i miei genitori, anche io ancora tante volte me lo domando, avrebbero reso felice. Chiedo scusa se racconto tutto in modo frammentario, ma i ricordi fanno male, ogni volta che esco di casa ho paura che qualcuno per strada possa abusare di me come è accaduto per venti anni, anche se ora sono vecchia e brutta, perché tutto il dolore e la vergogna che ho provato mi hanno tolto tutto: la bellezza, l’allegria, la vita. Mi sovviene spesso l’immagine di persone che mi incontravano: spalancavano gli occhi, mi indicavano senza pudore e poi confabulavano tra loro, si giravano e sghignazzavano. Come biasimarli? Si capiva lontano da un miglio che ero una prostituta, dai vestiti, dal trucco, dall’atteggiamento che dovevo, e sottolineo, dovevo tenere. La cosa che mi sconvolge ancora di più è il fatto che all’inizio ero quasi fiera di essere sempre al centro dell’attenzione, di essere voluta da tutti gli uomini, che mi riempivano di complimenti con la loro voce eccitata, ma dopo pochi mesi di questa “vita” ho iniziato a capire che non era ciò che volevo, che stavo andando incontro alla morte. Ed infatti avevo ragione: basta guardare adesso come mi sono ridotta, priva di autostima, con una voglia pazza di fuggire invece di rimanere così, morta dentro. A venticique anni sono rimasta incinta di un giovane uomo con cui sono stata solo una notte, ma mi hanno fatto abortire forzatamente, mi dicevano:”il tuo corpo deve essere perfetto!”. In questo modo ho perso per sempre anche mia figlia, avrei tanto desiderato diventare mamma.. sono sempre stata trattata come un oggetto e mai come una persona con un cuore e un’anima, sfruttamenti su sfruttamenti, arrivando anche ad avere timore del solo contatto umano. La vita è bella solo se vissuta bene, io non l’ho mai vissuta e non mi resta che aspettare la morte per poter finalmente rinascere e vivere davvero, perché qui sulla Terra, imprigionata in un corpo violentato, sono sempre stata nell’Inferno. Daniel Taccucci V E DUE MINUTI SOTTO ZERO Una serie di freddure da mettere i brividi! “Ieri mi sono scontrato con un edicola, sono finito su tutti i giornali.” “è morto un lattaio, è stato parzialmente cremato.” “Non si giudica un libro dalla copertina, ma tu sei stato rilegato proprio male.” Tra matematici: S:”Uffa, non mi dai mai retta!” D:”Ma se ti ho dato tre segmenti ieri, accontentati!” Thanks To: Così si conclude il primo numero de “La Siringa” e i ringraziamenti da fare sono numerosi. Cominciamo con un saluto agli ex membri, che tutt’ora danno un forte contributo alla redazione grazie alla loro esperienza. Tante sono le nuove leve… l’impegno finora dimostrato è stato notevole nonostante siamo solo al primo numero. Grazie a Emanuele, Laura, Raoul, Alessia, Giada, Giulia, Alessandro, Giovanni, Stefano, Federico, Daniel, Francesco , Samuele, Aurora e al piccolo Guido. Non ci dimentichiamo dei più vecchi: Giulio, Alessandra e della nostra “fantastica” impaginatrice Claudia. Un saluto anche a voi lettori dai vostri caporedattori Carmen e Marco. Carmen IV F