Medicina Celiachia News Catassi

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Medicina Celiachia News Catassi
Celiachia
All’interno:
Carenze
di nutrienti specifici
nella malattia celiaca:
possibili fattori di rischio
per il concepito
Celiachia a
… 90 anni
Una epidemia
di celiachia
nei bambini svedesi
1
ws
New
A cura del dr. Carlo Catassi
Consulente Scientifico di Celiachia Notizie
C
on questo numero la rubrica scientifica di
Celiachia Notizie “cambia pelle”.
L’obiettivo di questa metamorfosi è quello di rendere più “appetitosa” questa parte per i molti medici che apprezzano, ormai da molti anni, la nostra Rivista quale strumento di aggiornamento
professionale. In questa nuova veste la rubrica
scientifica potrà essere facilmente isolata dal fascicolo e collezionata. Novità di “forma”, che vuole essere anche un contributo alla “sostanza”,
con l’attivazione di nuove rubriche, quali il commento ad articoli apparsi nella recente letteratura internazionale, ed il ripristino del riassunto in
inglese dei lavori principali, per rispetto e simpatia nei confronti degli amici, sempre più numerosi, che ci leggono all’estero.
Saremo poi ben lieti di vivacizzare ulteriormente l’inserto con “forum” di discussione, che
invitiamo tutti a proporre, e risposte ad eventuali
quesiti specialistici.
Quanto sopra non vuole essere un tentativo di
scoraggiare il lettore non-medico, che rimane il
nostro interlocutore privilegiato almeno sul piano numerico, ad aggiornarsi sui temi della ricerca scientifica. È peraltro nostra convinzione che
una delle chiavi del successo degli articoli scientifici di Celiachia Notizie sia proprio la semplicità del linguaggio, caratteristica che si impone per
una piena comprensione del testo da parte dei
“non addetti ai lavori”, ma che risulta (ovviamente) gradita anche ai “tecnici” della salute.
Carlo Catassi
Celiachia news 2/2000
3
Anna Velia Stazi, Alberto Mantovani Lab. Tossicologia Comparata ed Ecotossicologia, Ist. Sup. di Sanità, Roma
Carenze di nutrienti specifici nella malattia celiaca:
possibili fattori di rischio per il concepito
Abstract
In the past coeliac disease was considered a rare disease of infancy, characterized
by chronic diarrhea with malabsorption and
impaired growth. Besides this classical
form, there are a number of other clinical
and subclinical cases which may appear
even in adult life without any overt intestinal sign.
The alterations may affect, e.g., the liver, thyroid, skin and the female and male
reproduction. The aim of this work is to describe and evaluate the effects of coeliac disease on female reproduction. Such effects
include delayed menarche, amenorrhea, infertility and early menopause. Epidemiological studies show that besides reduced fertility, affected women are at higher risk of
reproductive problems such as pregnancy
loss, low birthweight of offspring and reduced duration of breastfeeding.
There are not enough data to suggest a
possible increase of birth defects; nevertheless, coeliac disease induces malabsorption, with secondary deficiencies of nutritional factors essential to prenatal development such as iron, folic acid and vitamin K.
The mechanisms underlying the reproductive alterations are still awaiting clarification; however, an interaction among specific nutritional deficiencies, endocrine imbalances and immune disturbances is suspected. As for the other effects associated
to the coeliac disease, the possible prevention or treatment of the reproductive effects
is only the lifelong maintenance of a glutenfree diet.
Key words:
coeliac disease, malabsorption, pregnancy,
infertility, abortion, malformations.
L
a malattia celiaca (MC), o intolleranza al glutine, è una malattia cronica dell'intestino tenue caratterizzata da malassorbimento: le caratteristiche generali
della MC sono state illustrate in (1).
L'innesco dell'intolleranza al glutine richiede elementi sia esogeni (il glutine) che endogeni (controllo genetico).
Per ciò che riguarda il fattore esogeno, il
glutine, esso risulta tossico solo per gli individui predisposti. Il glutine è presente in numerosi cereali, tra cui il grano, ed è quindi
un componente alimentare importante nella
dieta di molte popolazioni, fra cui quella italiana la quale, per le caratteristiche proprie
della sua alimentazione, risulta esserne uno
dei maggiori consumatori. Il glutine comprende una famiglia di proteine vegetali, le
prolammine, contenute nel frumento (gliadine), nell'orzo (ordeine), e nella segale (secaline). Per quello che riguarda la tossicità
delle prolammine presenti nell'avena (avenine), rimangono dei dubbi ancora oggi. Riso e mais sono alimenti privi di glutine e perciò vengono utilizzati nelle diete dei pazienti con MC.
Il controllo genetico della malattia è indicato dal fatto che l'8-10% dei familiari delle persone con MC è affetto da questa patologia, per quanto i sintomi clinici possano
essere molto variabili; inoltre quando uno
di una coppia di gemelli omozigoti è affetto
da MC, la patologia è presente nell'altro gemello nel 75% dei casi. Il controllo genetico dell'intolleranza al glutine è correlato ad
uno specifico complesso genetico, lo Human Leukocyte Antigen (HLA) legato alle
sottoclassi DR3-5-7 ed a quelle DR4-7. Lo
HLA è il principale fattore genetico coinvolto nella MC; esistono probabilmente altri fattori genetici predisponenti non correlati a tale complesso, tuttavia i loro singoli
contributi sono modesti (1, 2).
L'espressione del complesso HLA è fortemente aumentata nell'intestino nei casi di
MC (3). Gli stessi alleli sono osservati anche nel 25-30% dei familiari sani; infatti la
presenza degli alleli HLA è un indicatore di
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predisposizione alla MC ed è essenziale per
la patogenesi dell'intolleranza, ma non spiegano l'intero meccanismo della risposta immunitaria. Il coefficiente del contributo genetico del complesso HLA alla MC è di circa il 30%; al contrario un coefficiente del
60% è stato stimato per il diabete mellito insulino-dipendente, un'altra malattia correlata all'espressione di HLA (4).
Nell'individuo portatore degli alleli
HLA, la proteina codificata forma un eterodimero proteico con due unità alfa-beta destinato al riconoscimento degli antigeni
estranei: la presenza del glutine e dei suoi
derivati peptidici innesca una specifica reazione immunitaria di intolleranza che viene
indirizzata contro le cellule della mucosa intestinale, alla cui superficie viene presentato il complesso antigene-unità alfa-beta
dell'HLA.
Al momento l'unica via di trattamento
per la MC risulta la dieta priva di glutine
(DPG), che deve essere mantenuta per tutta
la vita. Riguardo al danno intestinale,
l'effetto della DPG si osserva nel giro di
qualche mese; nei casi classici di enteropatia conclamata la sintomatologia scompare
ed anche i villi si ricostituiscono, fino alla
completa normalizzazione della mucosa.
In passato la MC era considerata una malattia rara e tipica dell' infanzia, in cui i sintomi più frequenti erano la diarrea cronica
con malassorbimento, il rallentamento della crescita, l' inappetenza ed anche il vomito. Negli ultimi anni il problema della MC
sta diventando sempre più importante, dato
il crescente numero di casi evidenziati. Questo apparente incremento è dovuto probabilmente sia ad una diagnosi più sensibile,
grazie alla presenza di metodologie più sofisticate (dosaggio sierologico di anticorpi anti-gliadina ed anti-endomisio, rispettivamente AGA ed EMA), sia al fatto che la MC
sta risultando una intolleranza non solo legata alla forma classica di enteropatia
nell'età infantile, ma anche a numerosi disturbi di varia natura ad insorgenza più tardiva, anche nell'età adulta. Infatti, la MC è
messa sempre più in associazione con altre
patologie per le quali in passato non si presupponeva una relazione, quali malattie endocrinologiche (ad es., diabete mellito, morbo di Addison, tiroiditi a base autoimmune), epatiti croniche attive, cirrosi biliare
6
primitiva, forme cutanee (ad es., dermatite
erpetiforme) e neurologiche (ad es., epilessia) e linfoma non-Hodgkin soprattutto a carico dell'intestino. Inoltre, si osservano con
frequenza forme caratterizzate solo da manifestazioni subcliniche o completamente
silenti. Perciò, il problema di sanità pubblica non è solo rappresentato dalla minoranza
di casi conclamati, ma dalle decine di migliaia di persone che presentano patologie
croniche legate alla MC, ma senza evidenti
segni di enteropatia. Infatti la prevalenza
della MC, nelle sue svariate presentazioni
cliniche e subcliniche, è stata stimata ad almeno 1:300 nelle popolazioni dell'Europa
occidentale (5).
Le forme subcliniche e silenti della MC
hanno una maggiore prevalenza nelle donne rispetto agli uomini (6); in particolare,
svariati studi clinici ed epidemiologici mostrano che la MC rappresenta un importante
fattore di rischio per la fertilità femminile e
per la gravidanza.
Malattia celiaca, aborto spontaneo,
peso alla nascita e lattazione
Dall'esame degli studi clinici ed epidemiologici disponibili in letteratura, si ottiene un
quadro coerente del complesso dei disturbi
riproduttivi che fanno parte della MC.
Le alterazioni riproduttive più frequentemente riscontrate nelle donne affette da
MC sono: minore durata della vita riproduttiva (ritardo nella comparsa della prima mestruazione, menopausa precoce), infertilità,
ed amenorrea (7). Nelle donne con CD, gli
effetti osservati sulla gravidanza sono:
! Aborto spontaneo. In una indagine (8) viene identificato un notevole aumento dell'incidenza con rischio relativo di 8,9; questo
dato conferma quanto rilevato in uno dei primi studi sugli effetti della MC sulla gravidanza (9), in cui il rischio relativo per gli
aborti spontanei nelle pazienti non trattate
era di 7 rispetto alle gravidanze delle donne
celiache che seguivano la DPG. Un aumento dell'incidenza è stato osservato anche da
altri autori (10), pur con un rischio relativo
minore, pari a 2,5 %. Quattro donne con una
storia clinica di aborto spontaneo sono state
osservate fra 12 pazienti affette da MC subclinica (33%) individuate in una corte di
donne italiane con problemi ostetrici-
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ginecologici (11). Va notato che la frequenza di donne con MC in tale coorte era pari a
1,42%, molto superiore alla frequenza attesa nella popolazione generale.
! Basso peso alla nascita. In un lavoro (8) è
stato osservato un rischio relativo di 5,8 per
questo effetto. Un dato interessante è stato
osservato in precedenza da Ogborn e coll.
(9), il quale non rilevava differenze significative riguardo alla incidenza di neonati sottopeso prima (16%) e dopo (18%) l'inizio
della DPG. Nel gruppo di 12 donne con MC
osservate da Martinelli e coll. (11) sono stati osservati 3 neonati gravemente prematuri
e non vitali (25%) e 5 neonati sottopeso
(41%). Inoltre nello stesso gruppo erano
presenti tre casi di presentazione podalica
al parto (25%) e uno di pre-eclampsia.
! Durata dell'allattamento. L'unico dato, peraltro di notevole interesse, viene riportato
da Ciacci e coll. (8): nelle madri non trattate, la durata è ridotta di circa 2.5 volte rispetto alle madri che seguivano la DPG.Sui
miglioramenti apportati dalla DPG, i dati
non sono completamente concordi. Ad
esempio uno studio caso-controllo effettuato in Argentina (12) ha riportato che le donne celiache che seguivano la DPG da lungo
tempo avevano una storia ginecologica ed
ostetrica completamente paragonabile a
quella delle donne non affette. Per contro,
uno studio inglese (10) non ha osservato
una significativa differenza nell'incidenza
di aborti spontanei e nel numero medio di
nati vivi per donna nelle pazienti esaminate
prima e dopo l'inizio della DPG. I risultati
di questi studi possono essere correlati a differenze socio-economiche e culturali delle
popolazioni prese in esame, compresa una
maggiore consapevolezza della MC e perciò della importanza di seguire strettamente
la DPG.
Dagli studi disponibili emergono alcuni elementi interessanti:
>
in primo luogo, vi è la mancanza di correlazione tra la gravità delle manifestazioni
cliniche della MC e le alterazioni riproduttive (8);
>
l'anemia da carenza di ferro può essere un
indicatore per identificare i casi di MC subclinica, di cui rappresenta il segno più evidente e frequente (6, 11,13)
>
inoltre, alcuni rapporti clinici evidenziano
che durante la gravidanza od il puerperio
la MC conclamata può apparire o riattivarsi, rispettivamente, in donne con forma
subclinica (14) o che hanno intrapreso da
tempo la DPG (15).Un solo studio casocontrollo, effettuato in Finlandia (16), non
ha mostrato una associazione fra MC e aumentato rischio di aborto ricorrente. Va notato che in questo studio la prevalenza di
MC, evidenziata con gli EMA, fra i controlli (donne senza alterazioni riproduttive) era notevolmente alta (2%) rispetto a
quella attesa nella popolazione generale
(circa 0,3%); inoltre non era possibile effettuare una reale analisi statistica, poiché
in ciascun gruppo in esame era presente
una sola donna celiaca e la consistenza numerica dei gruppi indagati era di 51 (controlli) e 63 (aborto ricorrente).
Sebbene il meccanismo patogenetico
non sia stato ancora chiarito, uno stato di
malnutrizione generale o la carenza di fattori specifici come ferro, acido folico e zinco possono essere causa della infertilità e
dei problemi ostetrici e ginecologici associati alla MC. Tuttavia, la presenza di alterazioni riproduttive nei casi di MC subclinica suggerisce un ruolo importante delle
carenze di fattori nutrizionali specifici.
Malattia celiaca,
carenze di fattori specifici ed
esiti sfavorevoli della gravidanza
La MC è un plausibile fattore di rischio
per le malformazioni congenite, giacché induce malassorbimento e specifiche carenze
di nutrienti come minerali (ferro, zinco) e vitamine (acido folico, B12, K, B6) che sono
importanti per lo sviluppo prenatale.
Non esistono dati epidemiologici adeguati circa l'incidenza delle malformazioni
congenite nelle donne con MC, ma solo alcuni rapporti di casi clinici isolati. Un unico
studio è stato effettuato sul ruolo della MC
come fattore di rischio materno per i difetti
del tubo neurale (17). La prevalenza della
positività sierologica agli EMA era di 1:60
(1,6%) fra le madri di bambini affetti dalla
malformazione, quindi superiore alla prevalenza attesa nella popolazione generale;
il campione era tuttavia troppo limitato per
effettuare una valutazione statistica. Durante il follow-up del gruppo di 12 donne
con problemi riproduttivi studiato da Mar-
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tinelli e coll. (11), è stato osservato un bambino con una grave malformazione cardiaca su sette gravidanze a termine; può essere
degno di nota che la madre del bambino era
l'unica a non seguire la DPG.
Di seguito verranno illustrati i dati relativi a carenze di singoli fattori nutrizionali
che hanno un ruolo riconosciuto per lo sviluppo intrauterino.
Ferro. La carenza di ferro con conseguente
anemia è frequente nei pazienti con MC e
può essere il solo segno nei casi subclinici
(6, 11, 13). È stata descritta una paziente di
29 anni, con recenti attacchi diarroici e una
storia medica caratterizzata da anemia ferropriva e tre gravidanze concluse, rispettivamente, con aborto spontaneo, natimortalità ed interruzione per distacco della placenta. La diagnosi di MC fu eseguita mediante i test sierologici e confermata con
biopsia duodenale. Iniziata la DPG, dopo
due anni la paziente portò a termine con successo la sua quarta gravidanza; gli Autori attribuiscono tale esito favorevole alla correzione dello stato di malassorbimento della
paziente, per quanto esso fosse apparentemente lieve e circoscritto principalmente alla carenza di ferro (18).
Zinco. L'assorbimento di zinco (come per altri elementi in traccia) è un processo attivo
che avviene nell'intestino tenue; quando
questo tratto intestinale è danneggiato, come nella MC, si ha una riduzione dell'assorbimento; la carenza di zinco è quasi sempre accompagnata dalla carenza di acido folico. Bassi livelli sierici materni di zinco sono stati associati con abortività precoce, parto prematuro, ritardato o distocico, immaturità neonatale e malformazioni, in particolare con aumentato rischio di difetti del tubo neurale (19). Tuttavia, i livelli sierici di
vitamine e degli elementi in traccia possono
non essere il miglior indicatore per predire
il rischio teratogeno; per lo zinco la sua concentrazione nei leucociti, capelli ed unghie
risulta essere più affidabile (20).
Acido folico. Bassi livelli sierici materni di
acido folico sono associati all'aumento del
rischio di aborti spontanei, ipotizzando che
il concepimento sia avvenuto nel periodo di
maggiore carenza. Le carenze in particolari
fasi organogenetiche hanno un ruolo nella
patogenesi di numerose malformazioni come i difetti del tubo neurale, schisi orofac-
8
ciale, difetti cardiaci, anomalie del tratto urinario, difetti della riduzione degli arti, stenosi ipertrofica congenita del piloro. Oltre
che con le malformazioni, l'inadeguata assunzione è associata con un aumentato rischio di ritardo di crescita intrauterina, distacco ed infarto della placenta e parto prematuro (21).
È stato suggerito che il ridotto apporto di
acido folico abbia un ruolo nell'au-mento di
aborti spontanei osservato nelle donne celiache (9). Nelle donne celiache che seguono la DPG una supplementazione dietetica
con tale vitamina dovrebbe essere considerata nel periodo periconcezionale, perché
anche modeste carenze di acido folico possono essere dannose per il concepito. Va notato che la concentrazione di acido folico negli eritrociti è un migliore indicatore del rischio di malformazioni congenite rispetto
ai livelli sierici (20).
Vitamina B12. Le carenze di acido folico e
di vitamina B12 possono essere fattori di rischio indipendenti per i difetti del tubo neurale; bassi livelli di vitamina B12 sono stati
trovati nel liquido amniotico di feti che presentavano questo tipo di malformazioni
(22). La carenza di vitamina B12 può essere
associata ai bassi livelli di acido folico negli
eritrociti, ma non a quelli sierici (20). Riguardo alla salute materna la carenza di vitamina B12 è legata all'insorgenza di anemia
megaloblastica, che può portare ad un progressivo danno neurologico. L'anemia può
essere prevenuta dalla supplementazione di
acido folico; questo però può mascherare
l'insorgenza a più lungo termine di eventuali sintomi neurologici. Questo problema va
considerato per gli anziani, i vegetariani e
le donne con MC che assumono acido folico nel periodo periconcezionale (21, 23).
Vitamina K. Anche carenze di vitamina K,
da parte della madre, possono danneggiare
il concepito. Infatti, il malassorbimento cronico durante l'organo-genesi, compreso
quello causato dalla MC, può provocare
condrodisplasia puntata con ipoplasia nasale e malformazioni della spina dorsale, simili a quelle causate dall'anticoagulante warfarin, come dal caso clinico riportato da
Mengel e coll. (24). Perciò la MC inadeguatamente trattata può essere una ulteriore possibile causa di tale malformazione; infatti la
carenza di vitamina K è particolarmente im-
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portante in tale malattia (25).
Vitamina B6. Uno studio ha dimostrato un
minore assorbimento di vitamina B6 nelle
persone affette da MC (26). I livelli plasmatici di tale vitamina sono più bassi durante
la gravidanza, perciò nelle donne con MC il
problema della possibile carenza è maggiore; il migliore indicatore plasmatico è il piridossale-5-fosfato che risulta la forma metabolicamente attiva della vitamina (27). La
vitamina B6 può essere un importante fattore antiteratogeno. In ratte gravide, a seguito di somministrazioni combinate di vitamina B6 e beta amminoproprionitrile
(BAPN), il trattamento con solo BAPN induceva palatoschisi; la gravità e l'incidenza
della malformazione erano diminuite dalla
precedente o concomitante somministrazione di vitamina B6 (28). La carenza di vitamina B6 nei pazienti con MC potrebbe
quindi aumentare la suscettibilità agli agenti embriotossici.
Conclusioni
Studi clinici ed epidemiologici indicano
chiaramente che la MC è un fattore di rischio per la fertilità femminile e la gravidanza (7). Gli esiti avversi in gravidanza associati alla MC sono aborto spontaneo e ritardo di crescita intrauterina (8, 11, 18);
inoltre, è stata osservata una ridotta durata
dell'allattamento (8). La gravità degli effetti
non è direttamente collegata a quella della
sintomatologia intestinale (8, 11). Infatti, tali effetti si possono osservare anche nei casi
di MC subclinica o silente e perciò diagnosticabili solo con i test sierologici (6, 13).
La presenza di disturbi riproduttivi nella
MC subclinica, cioè in assenza di enteropatia evidente, indica il ruolo patogenetico delle carenze di specifici nutrienti; questi potrebbero essere usati come indicatori nei disordini riproduttivi nelle donne con MC, misurandone i livelli non solo nel siero ma anche in altre sedi come eritrociti (acido folico), capelli, unghie e leucociti (zinco) (20).
I meccanismi delle alterazioni riproduttive correlate alla MC non sono ancora chiariti: si presuppone che il malassorbimento,
inducendo sia uno stato di malnutrizione generale che carenze di specifici nutrienti, interagisca con l'apparato ormonale ed immunitario. Infatti malattie come il diabete mel-
lito, disordini tiroidei e surrenali e malattie
autoimmuni sono spesso associate con la
MC (1, 6).
Considerando la complessità delle manifestazioni cliniche e dei fattori genetici (2,
4) coinvolti nella MC, si può ipotizzare che,
oltre alle carenze di fattori nutrizionali, altri
meccanismi possano contribuire agli effetti
riproduttivi della MC, tra cui:
! meccanismi immunitari: va ricordato che
il locus HLA coinvolto nella predisposizione alla MC è importante anche per altre
malattie a base autoimmune, tra cui il diabete mellito insulino-dipendente (4). La
DPG potrebbe ripristinare solo il normale
assorbimento dei micronutrienti ma non
altri meccanismi ormai innescati. Inoltre
la MC conclamata si può riattivare o apparire durante l'ultimo periodo di gravidanza
o durante l'allattamento suggerendo che,
anche in questi casi, possono intervenire
alterazioni immunitarie ed ormonali proprie dello stato di gravidanza e del puerperio (14, 15); inoltre, è dimostrato che carenze specifiche di vitamine ed oligoelementi possono portare ad alterazioni immuitarie (29).
! Stress ossidativo: può essere associato alle forme croniche di MC, con conseguente
aumento di radicali liberi di origine lipidica e proteica. L'attività del sistema xantina
ossidoriduttasi a livello intestinale è una
delle principali fonti di radicali liberi, ed è
molto più evidente nella forma classica di
MC (30). Tuttavia, anche nelle forme subcliniche di MC può essere presente uno
squilibrio ossido-riduttivo evidenziato da
indicatori plasmatici, quali ad es. gruppi
carbonilici di derivazione proteica (31).
Può essere importante valutare la variazione di tali indicatori in relazione con gli
effetti riproduttivi.
Non vi sono dati epidemiologici adeguati
circa la possibile associazione tra la MC e
un aumento del rischio di malformazioni
congenite in generale o di uno specifico difetto, tuttavia tale associazione può essere
plausibile. Infatti la MC induce carenze di
vitamine specifiche ed oligoelementi che
sono correlate con un aumento del rischio teratogeno, sia nell'uomo che negli animali
da laboratorio. Esempi ne sono le carenze
di acido folico, vitamina B12 e/o zinco associate soprattutto con i difetti del tubo neura-
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9
le (20-22), e la carenza di vitamina K, associata con specifiche malformazioni scheletriche (24). Inoltre, il concepito di madri affette da MC può essere più sensibile ad
agenti teratogeni, poiché ha una inadeguata
assunzione di fattori protettivi come la vitamina B6 (28). Va ricordato ancora che la
MC è associata con un aumentato rischio di
disendocrinopatie, tra cui ipotiroidismo e
diabete mellito; queste malattie sono associate di per sé con un aumentato rischio teratogeno (32, 33). Inoltre, è interessante notare che lo stress ossidativo è coinvolto nella
patogenesi dell'embriopatia diabetica (34);
questo campo è degno di ulteriori ricerche
riguardo al suo possibile ruolo nella patogenesi di malformazioni, considerando che
anche nella MC vi è un aumento dello stress
ossidativo (31). Inoltre, carenze specifiche
di nutrienti, quali la vitamina B6, possono
aggravare il diabete durante la gravidanza
(35).
Le malformazioni congenite sono degli
eventi rari e per effettuare adeguati studi epidemiologici occorrono campioni di dimensioni rilevanti per determinare un aumento
del rischio; le donne con MC hanno una minore fertilità, che potrebbe in parte ridurre
la possibilità di osservare un aumento delle
malformazioni congenite nella prole.
Al momento la diagnosi precoce ed il
conseguente inizio della DPG sono i soli approcci per prevenire seri danni alla salute riproduttiva delle donne con MC. Tuttavia un
lieve malassorbimento cronico può sempre
insorgere, probabilmente a causa di bassi livelli di ingestione continuata di glutine, intenzionale o non intenzionale, attraverso ad
es. additivi alimentari e/o eccipienti dei farmaci (31). In ogni caso le donne affette da
MC sono un sottogruppo a rischio la cui vita riproduttiva e gravidanza dovranno essere assistite e monitorate clinicamente e nutrizionalmente.
Inviare la corrispondenza a:
Dr. Anna Velia Stazi
Istituto Superiore di Sanità,
Laboratorio di Tossicologia Comparata
ed Ecotossicologia
V.le Regina Elena, 299 00161 Roma
Tel. 06/49902529 Fax 06/49387139
E-mail: [email protected]
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Celiachia news 2/2000
Italo De Vitis, Giovanni Gasbarrini Ist. Medicina Interna e GeriatriaUniv. Cattolica del Sacro Cuore, Roma
Celiaco a…90 anni!
I
n un precedente numero di Celiachia
Notizie (1/99) è stata data la notizia
nell'ambito del resoconto sulla tavola rotonda tenutasi a Napoli nell'aprile u.s. riguardante la qualità di vita del paziente a
dieta priva di glutine della possibilità di porre diagnosi di malattia celiaca (MC) anche
in età geriatrica (oltre il 65° anno di età, secondo i dettami della Soc. Ital. Geriatria).
Ma che senso ha fare diagnosi a questa età?
È quello che ci siamo chiesti anche nel
nostro gruppo di studio coordinato e stimolato dal prof. G .Gasbarrini. E soprattutto ci
siamo domandati se il paziente cui viene posta diagnosi in età geriatrica non sia piuttosto un celiaco “sfuggito” alle opportune indagini e quindi alla diagnosi o per trascuratezza del curante o perché portatore forse di
uno di quei sintomi meno frequenti e pertanto meno noti come espressione clinica
della malattia.
A tal proposito la letteratura non ci ha
fornito particolare aiuto dal momento che i
pochi casi riportati da vari Autori riguardavano forme aneddotiche con percentuali di
prevalenza molto disparate.
Per tale motivo sono stati contattati diversi
centri italiani di gastroenterologia particolarmente dedicati alla celiachia dell'adulto, chiedendo:
1. se avessero, ed eventualmente in quanti
casi, diagnosi di MC in età geriatrica;
2. quale fosse la modalità di presentazione
della malattia;
3. se ed in quanti casi era stato possibile stabilire l'epoca di esordio della patologia .
Solo nove dei centri contattati hanno risposto all'appello, ma hanno permesso di
raccogliere complessivamente circa 1300
casi di MC dell'adulto (che risulta essere fino ad oggi la più ampia popolazione di celiaci adulti studiata) e tra questi sono stati individuati 60 casi di soggetti che hanno avuto la diagnosi oltre il 65° anno di età.
Analizzando la modalità di presentazione della MC si è visto che il sintoma più frequente è la diarrea (70%), seguita dal dimagramento e dal… malassorbimento.
A ben vedere tali sintomi sono proprio
quelli ritenuti come segni tipici di malattia
celiaca dell'adulto tanto da farli inquadrare
nella cosiddetta forma classica di presentazione della malattia.
Per quanto riguarda i segni bioumorali
più rappresentati in questa categoria di celiaci anziani, l'anemia e l'ipoalbuminemia
sono le alterazioni più frequenti ed anche
questi sono segni ematologici riconosciuti
negli ultimi anni come markers biochimici
tipici della malattia celiaca in età adulta.
Quindi a ben vedere non si tratta di casi
di celiachia dalle modalità di presentazione
“strana”, insolita o addirittura rara, ma di
forme che oggi, “da occhi esperti”, possono venire catalogate come forme con tipologia di presentazione clinica tipica .
Andando poi a verificare l'epoca di insorgenza dei sintomi che hanno condotto il
paziente dal medico, ci siamo accorti che
nei 45 casi in cui potevamo individuare con
precisione quel periodo, ben 18 (40%) avevano avuto un esordio sintomatologico oltre il 65° anno di età. Dunque se è vero che
celiaci si nasce, si può diventare celiaco in
qualunque momento della vita!
Al momento non abbiamo dati di follow-up tali da poter avanzare delle ipotesi
circa la durata della vita nei soggetti posti a
dieta in età geriatrica…ma sicuramente abbiamo denotato nella maggior parte dei pazienti un miglioramento della qualità della
vita, con recupero in taluni casi di capacità
cognitive (documentate da opportuni test
ed appropriate indagini strumentali) ormai
date ineluttabilmente per perse.
Come si vede, l'iceberg della celiachia
ha ancora tanti mondi da mostrare: ma la
maniera più semplice di scoprirli, e quindi
di porre diagnosi di celiachia, è ancor oggi
quella di … pensarci!
Celiachia news 2/2000
11
Una epidemia di celiachia nei bambini svedesi
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t
in
Ivarsson A, Persson LA, Nyström L et al. Acta Paediatr 2000; 89: 165-71
Epidemic of coeliac disease in Swedish children
G
li autori di questo lavoro analizzano l'andamento dell'incidenza della
celiachia, limitatamente ai casi sintomatici,
in soggetti di età pediatrica diagnosticati tra
il 1973 ed il 1997 nei reparti pediatrici svedesi. Nel suddetto periodo venivano diagnosticati, in totale, 2151 casi di celiachia.
L'incidenza veniva posta in correlazione
con i dati nutrizionali, raccolti sempre su base nazionale, riguardanti la durata
dell'allattamento al seno, la quantità di glutine introdotto durante il primo anno di vita
e le raccomandazioni dietetiche fornite dai
Comitati Pediatrici svedesi. Durante il periodo in questione si registrava in Svezia
una vera e propria “epidemia” di celiachia,
iniziata attorno agli anni 1982-83 e “spentasi” poi attorno al 1995 (Figura). Mentre negli anni 1973-1984 l'incidenza cumulativa
di celiachia all'età di 2 anni si manteneva assai stabilmente attorno a 1.4 casi x 1000 nati, durante gli anni 1987-94 raggiungeva valori prossimi a 4 casi x 1000 per poi discendere nuovamente a quote simili a quelle registrate negli anni '70. L'età media alla dia-
gnosi, dal 1973 al 1994, si manteneva assai
stabilmente attorno ad un valore medio di
1.1 anni di vita. Per quanto riguarda gli
aspetti nutrizionali indagati si rilevavano:
a) tendenza all'aumento della durata dell'allattamento al seno, con una percentuale
di bambini allattati al seno all'età di 6 mesi
negli anni '90 all'incirca doppia (76 %) rispetto alla decade precedente ( 37-51 %);
b) notevole aumento nella quantità di glutine introdotto durante il secondo semestre di
vita con il latte di proseguimento (followon formulas) negli anni 1980-85, con successiva riduzione della stessa di circa un terzo dal 1995 in poi, a seguito delle più recenti raccomandazioni fornite dalla Società
svedese di pediatria.
Nella discussione gli autori rilevano innanzitutto l'assoluta singolarità del fenomeno, ben documentata da registri sanitari
nazionali notoriamente molto efficienti,
quali sono quelli svedesi. In mancanza di altri elementi ambientali in grado di spiegare
l' “epidemia celiaca” degli anni 1980-90, ad
esempio una maggiore diffusione di patolo-
Cases per 1000 births
7
6
5
4
3
2
1
0
1975
1980
1985
1990
1995
Year of birth
Celiachia news 2/2000
13
gia intestinale infettiva, essi avanzano
l'ipotesi che il suddetto fenomeno fosse collegato alle già citate modificazioni
nell'alimentazione infantile: aumento marcato della quantità di glutine introdotto con
le formule di proseguimento utilizzate durante il secondo semestre di vita e, paradossalmente, tendenza all'introduzione tardiva
del glutine (attorno ai 6 invece che ai 4 mesi). Tali trend alimentari avrebbero determinato la “slatentizzazione” di forme silenti di celiachia, con comparsa dei classici segni del malassorbimento e conseguente diagnosi clinica. L'attuale drastica riduzione
della frequenza delle forme sintomatiche sarebbe, sempre secondo gli autori, da collegare invece alla maggiore incidenza
dell'allattamento al seno prolungato, ma soprattutto alla riduzione della quantità di glutine introdotto con i latti di proseguimento
ed alla raccomandazione, fornita oggi dai
pediatri svedesi, di cominciare l'introduzione di piccole quantità di glutine precocemente, attorno ai 4 mesi, quando il bambino
è ancora allattato al seno.
liachia e diagnosticarla precocemente, evitando in tal modo i possibili danni di una
diagnosi tardiva? O meglio invece una introduzione “soft” del glutine, come quella
raccomandata attualmente dai pediatri svedesi, che riduca al minimo gli eventuali sintomi del malassorbimento intestinale? La
seconda delle ipotesi formulate è la risposta fornita dagli autori svedesi, in qualche
modo compiaciuti dalla osservazione che
la frequenza della celiachia sintomatica in
Svezia sia rientrata attualmente nel range
osservato negli altri paesi europei. Condividiamo a pieno questa scelta. Troveremmo
assai originale, e poco ortodossa rispetto
ai canoni della medicina tradizionale,
l'idea di “prevenire” le complicanze della
malattia celiaca “scatenandone” i sintomi
più “feroci” nel piccolo lattantino.
Commento.
Questa indagine, peraltro ben nota agli
addetti ai lavori che da anni discutevano
del cosiddetto “caso svedese”, apre inquietanti interrogativi sui rapporti tra la alimentazione infantile e la celiachia. È bene
notare, in via preliminare, che il fenomeno
indagato ha a che fare con l'incidenza dei
casi sintomatici di celiachia, ma nulla ci dice su eventuali variazioni della prevalenza
di questa condizione, cioè del numero globale dei casi, notoriamente assai più ampio
perché comprensivo di quelli atipici o silenti che sfuggono alla diagnosi e possono essere individuati solo attraverso uno screening sierologico. Verosimilmente i fattori
dietetici “incriminati”, soprattutto quantità ed epoca di introduzione del glutine, possono favorire la comparsa dei sintomi della
celiachia senza tuttavia modificare la “vera” frequenza di malattia.
Anche ammettendo che i fattori alimentari precoci possano condizionare solo la
presentazione clinica della celiachia, si pone un dubbio “amletico”: meglio “caricare” il lattante con glutine durante il secondo semestre di vita per slatentizzare la ce-
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Celiachia news 2/2000
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Associazione Italiana Celiachia