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Lavoro mercato, tendenze e offerte email: [email protected] Donne in azienda Assolombarda vuole colmare il gap di genere L’European Policy Center promuove il Pirellone Alternanza fra scuola e lavoro Lombardia ai vertici in Europa Oltre che nel collocamento la regione più ricca d’Italia ora è diventata un modello anche nel sistema duale. Maroni: «Le nostre politiche hanno anticipato il Jobs Act» ::: ATTILIO BARBIERI ■■■ La quarta rivoluzione indu- striale è più dura del previsto e sta producendo effetti indesiderabili. Basta guardare a quel che accade nel pianeta della sharing economy. Negli ultimi due anni l’economia della condivisione ha determinato una crescita del 35% delle piattaforme che offrono servizi di questo tipo. E si prevede che nel 2025 i fatturato complessivo della sharing economy raggiunga i 300 miliardi di euro. Ma non sono tutte rose e fiori, come possono testimoniare i fattoriniutilizzati da Foodora per recapitare a casa i piatti dei migliori ristoranti nelle grandi città. O le migliaia di persone che hanno aperto fra le mura domestiche un home restaurant. «Domani, anzi oggi, è già tutto diverso e il cambiamento sarà ancor più radicale per chi non riuscirà a comprenderlo», scrive Stefano Cianciotta, un’autorità in materia, nell’ultimo libro «Studiare in azienda, lavorare a scuola», scritto assieme a Valentina Aprea. «Le nuove generazioni cambieranno dai cinque ai sette lavori. E l’ultimo che svolgeranno, a fine carriera», dice Cianciotta, «non è stato ancora inventato quando si affronta il primo». Ma se il Belpaese è in ritardo quanto a capacità di innovazione e creazione di nuove opportunità di lavoro, vi sono realtà che vanno in direzione esattamente opposta. Come la Lombardia che ha saputo accompagnare il cambiamento anziché opporvisi. Così Milano si riscopre molto più vicina alle metropoli che precedono il resto del mondo sulla strada della moder- “ ■ Siamo impegnati per evitare il disallineamento tra le competenze richieste dalle imprese e quelle conseguite dai giovani lombardi a scuola. Soprattutto grazie all’apprendistato Roberto Maroni [LaPresse] nizzazione. A cominciare da New York.«Cambiano i contrattidilavoro», aggiunge Cianciotta, «la flessibilità e il cosiddetto smart working faranno sì che anche chi lavora per, con o dentro un’organizzazione di qualsiasi dimensione, tenderà a operare come un imprenditore». Il segreto infatti è il cambio di prospettiva. Che vale soprattutto nei giovani e spiega il successo del modello lombardo. A cominciare dall’alternanza scuola-lavoro che aiuta i ragazzi a capire cosa serva in azienda. Quali competenze siano davvero spendibili. E in definitiva quelche conviene imparare prima e meglio per non rimanere poi marginalizzati al momento di cercarsi un’occupazione. È lo stesso presidente della regione, Roberto Maroni, a spiegare a Libero quali siano state le premesse di questo successo. «Ho voluto tenere assieme le materie dell’i- VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfTGliZXJvIyMjZy5yZXp6b25pY28jIyNMaWJlcm8jIyMxOC0xMS0yMDE2IyMjMjAxNi0xMS0xOFQwOTo1Njo0M1ojIyNWRVI= struzione, della formazione e del lavoro, sotto la responsabilità di un unico assessore, per garantire l’integrazione anche funzionale delle politiche formative con quelle del lavoro. I fatti mi danno ragione:è stata una felice intuizione perché, grazie all’impegno di Valentina Aprea, siamo stati capaci di realizzare politiche che hanno anticipato il Jobs Act e l’impianto attuativo della Garanzia Giovani. Ora siamo impegnati nel rilancio dell’istruzione e formazione professionale, per evitare il disallineamento tra le competenze richieste dalle imprese e quelle conseguite dai giovani lombardi, soprattutto grazie ai risultati importanti realizzati con l’apprendistato duale». E probabilmente proprio qui sta il segreto della marcia in più che tiene agganciata la regione più ricca d’Italia all’Europa che corre. Non a caso, spiega ancora Maroni, «la Regione Lombardia ha costrui- to un modello così efficace, da essere riconosciuto come best practice a livello comunitario dall’European Policy Center. A Valentina va riconosciuto il merito non solo di essersi fatta promotrice di questo moderno modo di interpretare le politiche formative, in stretta connessione con quelle del lavoro, ma anche di averle sintetizzate e averne raccontato gli esiti nel suo libro Studiare in azienda, lavorare a scuola». Stante le difficoltà che incontra il Registro nazionale delle imprese gestito da Unioncamere su cui le aziende dovrebbero segnalare le opportunità di lavoro e vista la partenza al rallentatore dell’Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive, l’unico modello che funziona davvero nel placement è sempre quello lombardo, con il sistema concorrente composto da agenzie private accreditate e centri pubblici per l’impiego. Pagati entrambi a risultato raggiunto. Quando cioè il disoccupato trova un lavoro. Dopo ilLazio, a copiare ilsistema lombardo sono stati Abruzzo e Toscana. E vi sono tutte le premesse perché anche nell’alternanza fra scuola e lavoro accada lo stesso. Dopo aver tenuto le imprese fuori dalla porta per decenni, in nome del principio sempre più astratto dell’indipendenza della scuola, ora ci si accorge che per dare un futuro ai giovani il ponte fra istruzione e lavoro è indispensabile. Chi lo ha compreso prima, com’è accaduto a Palazzo Lombardia, è già avanti. E corre. Per non marginalizzarsi il resto del Belpaese farebbe bene a copiare quel che si fa a Milano. © RIPRODUZIONE RISERVATA ■■■ Negli ultimi anni,i tassi di attività femminili si sono avvicinati a quelli maschili, ma la distanza che separa l’Italia dagli altri Paesi europei resta ancora siderale: nel 2015, il «gap gender», ovvero la differenza in punti percentuali tra uomini e donne nel mercato del lavoro,in Italia era al 20%, contro l’8,7% della Catalogna e il 9,4% della Baviera e BadenWürttemberg. Lo ha detto il presidente di Assolombarda Gianfelice Rocca, intervenendo all’incontro «Steamiamoci, le donne tra science, technology, environments, arts, manufacturing». Nel 2015, degli oltre 3 milioni di donne tra i 15 e i 64 anni, sono state 2 milioni quelle attive, con un tasso di partecipazione femminile nel mondo del lavoro del 62,7%. «Se fossimo però in linea con la media del BadenWürttemberg, della Catalogna e della Baviera, i principali benchmark europei con cui ci confrontiamo, che è pari al 74% - osserva Rocca - conteremmo ben 360mila donne in più nel mercato del lavoro. Oltre un terzo delle donne attualmente inattive». Per colmare questo gap, Assolombarda ha avviato «Milano città Steam», pilastro su cui si fondano i 50 progetti del piano Far Volare Milano che l’associazione ha stilato per il futuro della città. Un progetto per cambiare i numeri, già a partire dalla formazione e dall’orientamento delle ragazze nelle scuole. Anche se va detto che in Lombardia, su 116.000 universitari iscritti alle facoltà Steam le donne sono già il 47,6%, cioè oltre 55.000. Solo a ingegneria la percentuale si ferma al 22%. Università migliori I neolaureati più richiesti sono americani ■■■ Gli Stati Uniti sono il Paese che sforna i laureati destinati a inserirsi più facilmente nel mondo del lavoro, davanti a Germania e Gran Bretagna. È il risultato della Global University Employability Survey pubblicata dalTimes Higher Education. Sui 13 Paesi presi in considerazione, riferisce l’agenzia Radiocor, l’Italia è penultima, davanti alsolo Brasile, preceduta anche da Spagna (11esima), Singapore, Svizzera, India (ottava) e Francia (sesta). La classifica degli atenei migliori per trovare lavoro è guidata dal California Institute of Technology, davanti a Mit, Harvard, Cambridge,Stanford, Yale, Oxford e - prima delle europee - la Technical University di Monaco di Baviera. Chiudono la top 10 Princeton e l’Università di Tokyo. Sui 150 atenei presi in considerazione compaiono la Bocconi (78esima), il Politecnico di Milano (106esimo) e la Normale di Pisa (137esima). Wolfgang Herrmann, presidente della Technical University di Monaco sottolinea che il successo dell’università è legato dalla profonda relazione tra l’ateneo e l’industria bavarese. Anche il CalTech, il Mit e Stanford sono noti per le loro strette connessioni con l’industria e il mondo imprenditoriale. Secondo la maggior parte degliimprenditori sono l’esperienza professionale e l’alto livello di specializzazione a rendere più facile l’assunzione di un neolaureato. Ma la classifica sembra smentirlo. Il paradosso è che mentre le aziende dicono che la laurea di un’università al top non è indicativa del fatto che il laureato abbia le competenze richieste, molti datori di lavoro finiscono per basarsi sul ranking di un’università come primo criterio quando devono scegliere tra un ampio numero di candidati.